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Messaggio del 28 marzo 1988: Pregate il più possibile prima di Pasqua. In questa settimana pregate tutti i giorni due ore davanti alla croce.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - 25-20 Gennaio 6, 1929 Turba di gente che non è giunta a debita statura, perché uscita dalla eredità del Fiat Divino. Dove c’è il Fiat Divino c’è la forza comunicativa dei beni divini.

(1) Continuo il mio solito abbandono nel Fiat Divino, e mentre seguivo i suoi atti, vedevo una turba di gente tutta di bassa statura, mal nutriti, malaticci, rachitici e alcuni piagati, in questa turba non c’era né freschezza infantile, né bellezza d’età giovanile, né dignità d’uomo maturo, sembravano un’accozzaglia di gente senza regime, senza cibi sufficienti, affamati; e se mangiavano non si saziavano mai, quanta compassione destava questa grande turba, che pareva che fosse quasi tutto il mondo intero. Io non sapevo chi fossero, né il significato di natura, che nessuno avevano raggiunto la loro debita statura, ed il mio amato Gesù sospirando è uscito da dentro il mio interno e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, che turba infelice, essa non è altro che la grande turba uscita dalla paterna eredità datogli dal loro Celeste Padre, poveri figli senza eredità paterna, non hanno le loro terre dove starsi al sicuro, non hanno cibi sufficienti per nutrirsi e sono costretti a vivere di latrocini e di rapina, e di cibi senza sostanza, e perciò le riesce quasi difficile di crescere a debita statura, perché le loro membra non hanno forza sufficiente per svilupparsi, e perciò sono rachitici, infermi, affamati, senza mai saziarsi, tutto ciò che prendono non si adatta alla loro crescenza, perché non sono cibi adatti e stabiliti per essi, né della loro eredità. Figlia mia, l’eredità data dal mio Celeste Padre a questa turba di gente era la mia Divina Volontà, in Essa dovevano trovare cibo per crescere a debita statura, aria balsamica per renderli sani e forti, la quale doveva dipingere sul volto la freschezza infantile, la bellezza giovanile e la dignità e grazia dell’uomo maturo, non c’era bene che questa eredità non possedeva, cui l’uomo doveva essere il padrone e tenere a sua disposizione tutti i beni che voleva nell’anima e nel corpo. Onde come l’uomo uscì dall’eredità della mia Divina Volontà, non trovò più le cose a sua disposizione, non fu più padrone, ma servo, ed è costretto a vivere di stenti, come può crescere a debita statura? Ecco perciò aspetto con tanto amore la turba di chi deve vivere nella nostra eredità del Fiat Divino. Essa ci formerà la bella turba di giusta statura, bella e fresca, che sarà nutrita di cibi sostanziosi che li renderà forti e sviluppati e formeranno tutta la gloria della nostra opera creatrice. Il nostro dolore è grande nel guardare questa turba infelice e deformata, e nel nostro dolore ripetiamo: “Ah! non uscì dalle nostre mani creatrici inferma, senza bellezza e freschezza l’opera nostra, ma era un’amore solo guardarla, anzi ci rapiva, tanto era bella”. Ma mentre ciò diciamo il nostro Amore si gonfia e vuole straripare fuori, e vuol mettere in via il nostro Voler Divino per farlo regnare in mezzo alle creature, per farci ripristinare bella e graziosa l’opera nostra, come uscì dalle nostre mani creatrici”.

(3) Onde seguivo a pensare al Fiat Supremo, e oh! quante cose comprendevo sopra di Esso, mi pareva di vederlo tutto maestà, tutto luce, sboccando felicità, fortezza, santità, amore, e questi sbocchi formavano mari interminabili che volevano versarsi sopra delle creature, ma ahimè! esse non si davano pensiero di riceverli, e questi mari restavano sospesi sul loro capo. Ma mentre la mia mente era immersa nel Fiat Divino, il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(4) “Figlia mia, dove c’è il mio Voler Divino c’è la forza comunicativa di tutti i beni divini, e come onde impetuose scorrono sulla creatura che lo possiede i nostri sbocchi di felicità, di luce, di fortezza, eccetera, e tiene virtù di cambiare natura alle cose più dure, più dolorose, più amare, dove c’è il mio Fiat Divino le cose più dure si fanno morbidissime, i dolori si cambiano in gioie, le amarezze in dolcezze, la terra si fa Cielo, i -sacrifici conquiste. Il tuo esempio è più che bastante per convincerti di ciò che ti dico, vedi, se non ci fosse in te il mio Volere, inchiodata come sei, per sì lunghi anni dentro d’un letto, senza vedere e godere né sole, né aria, né piacere di terra, anzi puoi dire che non la conosci, saresti stata la più infelice creatura, oh! come ti sarebbe stato duro e amaro il tuo stato. Invece il mio Fiat Divino, possedendo la sorgente della felicità, sboccando sopra di te e scorrendo fin nelle midolle delle tue ossa, ti comunica la sua felicità, e con la sua fortezza ti addormenta tutti i mali e ti rende felice, e se tu sapessi come Io sono contento nel vederti felice? E poi aggiungi vederti felice, non in uno stato di piacere, di divertimento, ma confinata dentro d’un letto, questo mi rapisce, mi fa dare in smanie d’amore, mi tira tanto a te, e nel mio delirio d’amore ti dico: “Oh! prodigio del mio Fiat Divino, che mi rende felice la figlia mia in uno stato che il mondo avrebbe gridato infelicità, sventura, e forse non mai vista ed intesa. Invece col mio Voler Divino è la più felice delle creature, la più pacifica, la dominatrice di sé stessa, perché dentro di essa scorre la vena della felicità del mio Fiat, che tutte le cose sa convertire in gioie e felicità senza fine”. Figlia mia, è l’unico mio contento veder felice la creatura, e siccome quello che la rende infelice è l’umano volere, tolto questo tutte le infelicità finiscono, né hanno più ragione d’esistere, ma quello che fa morire tutte le infelicità umane è la sola mia Volontà, innanzi ad Essa tutti i mali si sentono morire, Essa è come il sole che sorge il mattino, che tiene virtù di mettere in fuga le tenebre della notte, le tenebre innanzi alla luce muoiono, né hanno più diritto d’esistere. Così è della mia Divina Volontà”.