(1) Il mio povero stato si fa più penoso per le privazioni del mio dolce Gesù. Che duro martirio e morte senza la dolce e cara speranza di ritrovare la vita. Il dolore d’averlo perduto m’intontisce, m’impietrisce e spande sulla povera anima mia una rugiada malefica, la quale esposta ai raggi d’un sole ardente, invece di vivificarmi mi secca, che togliendomi gli umori vitali, come le gelate alle piante, se non mi fa morire mi appasisce e mi toglie il più bello della vita. Oh! come mi sarebbe più dolce la morte, anzi sarebbe per me la festa più bella, perché troverei Colui che amo, che rimarginerebbe tutte le mie ferite. Oh! privazione del mio Sommo Bene Gesù, quanto sei dolorosa e spietata, perciò nell’adorabile Volere chiamo tutti a piangere la mia dura sorte: Chiamo il cielo con la sua immensità a piangere per Colui che tanto sospiro; chiamo le stelle col loro tremolio scintilante a piangere insieme con me, affinché col loro pianto muovano i passi di Gesù a la volta mia per non farmi più penare; chiamo il sole affinché converta la sua luce in lacrime ed il suo calore in dardi infocati per assalire Gesù e dirgli: “Fa’ presto, non vedi che non ne può più e come tutti versiamo lacrime amare per colei che ti ama e che essendo una la sua volontà con la nostra siamo costretti tutti a piangere insieme con essa?” Chiamo tutto il creato a dolersi e piangere insieme con me ad una pena sì grande, incalcolabile e senza misura, qual’è la tua privazione; chi non dovrebbe piangere? Oh! come vorrei convertire il mormorio del mare in voci pietosi per chiamarti, i guizzi dei pesci per assordarti, vorrei convertire il canto degli uccelli in singulti per intenerirti. Gesù! Gesù! quanto mi fai penare, oh! quanto mi costa il tuo amore. Ma mentre sfogavo il mio dolore, la dolce mia Vita si è mosso nel mio interno e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, sono qui, non temere, se sapessi quanto soffro nel vederti penare per causa mia, sento più pena per il tuo patire, che di quelle di tutte le altre creature unite insieme, perché le tue pene sono pene della figlia nostra, membro della nostra Famiglia Celeste e le sento tanto più che se fossero mie, quando c’è la nostra Volontà nella creatura tutto si rende in comune ed inseparabile da Noi”.
(3) Ed io nel sentire ciò, dolente come stavo ho detto che ciò era vero in parole, ma coi fatti mi sembra di no. Come? Mi fai tanto spasimare per farti ritornare e quando più stai, tanto la prendi per le lunghe per venire, tanto che io stessa non so più che fare, né a chi altro ricorrere, mi metti nell’impotenza di poterti trovare, neppure nella tua stessa Volontà mi riesce di rintracciarti, perché Essa è immensa e Tu ti nascondi nella sua immensità ed io perdo la via dei tuoi passi e ti smarrisco, quindi è bello il dire ed i fatti, dove sono? Se tanto soffrivi per le mie pene avresti fatto i fatti di darti premura di venire a colei che non conosce né altro amore, né altra vita se non la Tua. E Gesù stringendomi a Sé, tutto commosso ha soggiunto:
(4) “Povera figlia, coraggio, tu non tutto sai che significa vivere nella mia Volontà, Essa possiede il perfetto equilibbrio e tutti gli attributi stanno insomma concordia, né l’uno è inferiore all’altro e quando è necessario punire i popoli per i tanti peccati, la mia giustizia esige questi vuoti che tu sei priva di Me, per potersi equilibrare col mandare i flaggelli che meritano, quindi ti mette come da parte nella mia Volontà e fa il suo corso. Quante volte si trovò la mia gemente Umanità con questi intoppi della mia giustizia ed Io dovetti cedere per amore dell’equilibrio della mia Volontà. Vorresti tu che col tenerte in Essa squilibrare l’ordine dei miei attributi? No, no figlia mia, lascia che la mia giustizia faccia il suo corso ed il tuo Gesù sarà come prima, sempre da te. Non sai tu che nella mia Volontà devi subire ciò che subì la mia Umanità, che fu tanto esigente ed inesorabile con Me per causa della Redenzione? Così per te, si rende esigente ed inesorabile per causa del regno del Fiat Supremo. Ecco perciò la mia Umanità si nasconde, perché la mia giustizia vuol fare il suo corso e mantenere il suo equilibrio”.
(5) Gesù benedetto ha fatto silenzio e poi ha soggiunto:
(6) “Figlia mia, nel mettere fuori la Creazione, la mia Volontà mise in vincoli d’unione tutti gli esseri, sicché tutti stavano in rapporti tra loro, ognuno possedeva il suo filo elettrico di comunicazione tra l’una e l’altra, l’uomo possedeva tanti fili elettricci per quante cose create esistevano, perché essendo il re di tutto, era giusto e necessario che tenesse le comunicazioni con tutta la Creazione per possederne il dominio. Ora come si sottrasse dalla Divina Volontà, ruppe il primo filo di comunicazione e rimase come una città che se si rompe il filo primario che comunica la luce elettrica, resta all’oscuro e ad onta che esistono i fili elettrici non hanno più virtù di dare luce a tutta la città, perché la fonte da dove viene la luce, essendo rotta, né essa può darle, né i fili elettrici riceverla. Quindi rimase come una città all’oscuro, i suoi rapporti, i fili elettrici di comunicazione non funzionavano più. La fonte della luce s’era ritirata da lui, perché lui stesso ne aveva rotto la comunicazione e rimase come un re spodestato, detronizato e senza dominio, la sua città era spenta d’ogni luce, avvolto nel tenebrio della propria volontà. La mia Volontà quando è posseduta dall’anima, simboleggia una città piena di luce e che tiene le comunicazioni per tutte le parti del mondo, anzi le sue comunicazioni si stendono nel mare, nel sole, nelle stelle, nel cielo, a questa città giungono da tutte le parti provizioni d’ogni genere, sicché è la più ricca, provista di tutto e per mezzo delle comunicazioni è la più conosciuta, dal Cielo e dalla terra, tutti ad essa affluiscono ed è la più amata. Tutto al contrario chi non possiede la mia Volontà: Vive di stenti, soffre la fame, appena le bricciole le vengono per pietà concesse, spesso è saccheggiata dai nemici, soffre l’oscurità e vive nella più squallida miseria”.
(7) Onde dopo di ciò sentendomi opressa per la privazione del mio dolce Gesù, coll’aggiunta d’altre mie pene, stavo offerendo tutto nell’adorabile Volere e per ottenere il trionfo del regno suo. Ora mentre ciò facevo ho guardato il cielo cosparso di nubi bianche e lucenti ed il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
(8) “Figlia mia, guardale come sono belle quelle nubi, come tapezzano il cielo e formano un bello ornamento alla volta azzurra, ma chi è stato che ha cambiato l’oscurità ed ha messo in fuga da dentro quelle nubi il tenebrio, le ombre nere e le ha trasformate in bianche e fulgide nubi? Il sole, investendole con la sua luce le ha fatto perdere l’oscurità e le ha trasformate in nubi di luce. Sicché sono nubi, ma non più nubi che danno tenebre ed oscurano la terra, ma nubi che danno luce e mentre prima che le investisse il sole sembravano che facessero sfregio al cielo con la loro oscurità, togliendole il bello dell’azzurro, ora le fanno onore e le formano un bello ornamento. Ora figlia mia le pene, le mortificazioni, le mie privazioni, le circostanze dolorose, sono come nubi per l’anima, che danno tenebre, ma se l’anima fa scorrere il tutto nella mia Volontà, questa più che sole le investe e le converte in nubi di luce fulgidissima, in modo da formare il più bello ornamento per il cielo dell’anima. Nella mia Volontà tutte le cose perdono la parte oscura che opprime e pare che sfregia la povera creatura e tutto serve come dargli luce e fregiarla di fulgida bellezza ed Io vado ripetendo a tutto il cielo: “Guardatela com’è bella la figlia della mia Volontà, ornata da queste nubi bianche e fulgide. Essa si nutre di luce ed il mio Volere investendola con la sua luce la converte in luce splendidissima”.