(1) Stavo con ansia aspettando il bambinello Gesù e dopo molti sospiri finalmente è venuto e gettandosi da piccolo bambino nelle mie braccia mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vuoi tu vedere come Mi vide la mia inseparabile Mamma quando uscii dal seno Materno? Guardami e vedi”.
(3) Io l’ho guardato e lo vedevo piccolo bambinello, d’una bellezza rara e rapitrice, da tutta la sua piccola Umanità, dagli occhi, dalla bocca, dalle mani e piedi uscivano raggi fulgidissimi di luce che non solo involgevano Lui, ma si allungavano tanto da poter ferire ogni cuore di creatura, come per darle il primo saluto della sua venuta sulla terra, il primo picchio per bussare ai cuori, per farsi aprire e chiedergli un ricetto in loro, quel picchio era dolce ma penetrante, però siccome era picchio di luce non faceva strepito, ma si faceva sentire forte, più di qualunque rumore. Sicché in quella notte tutti sentivano una cosa insolita nei loro cuori, ma pochissimi furono quelli che aprirono i loro cuori per dargli un piccolo alloggio. Ed il tenero infante nel sentirsi non ricambiato nel saluto, né aperto dai suoi ripetuti bussi, incominciò il suo pianto con le labbra livide e tremanti dal freddo, singhiozzava, vagiva e sospirava; ma mentre la luce che usciva da Lui faceva tutto ciò con le creature, avendo i primi rifiuti, con la sua Mamma Celeste appena uscito dal suo seno, si gettò nelle sue braccia materne per dargli il primo abbraccio, il primo bacio e siccome le sue piccole braccia non giungevano ad abbracciarla tutta, la luce che usciva dalle sue manine la cinse tutta in modo che Madre e Figlio restarono investiti della stessa luce. Oh! come la Mamma Regina ricambiò il Figlio col suo abbraccio e bacio, in modo che restarono tanto stretti insieme, che parevano uno fuso nell’altra. Col suo amore ricambiò il primo rifiuto ricevuto da Gesù dai cuori delle creature, ed il caro e vezzoso bambinello depose il suo primo atto di nascere nel cuore della sua Mamma, le sue grazie, il suo primo dolore per fare che ciò che si vedeva nel Figlio si potesse vedere nella sua Mamma.
(4) Onde dopo di ciò il grazioso bambinello è venuto nelle mie braccia e stringendomi forte, forte, mi sentivo che Lui entrasse in me ed io in Lui e poi mi ha detto:
(5) “Figlia mia, ti ho voluto abbracciare come abbracciai la mia cara Mamma appena nato, affinché anche tu ricevi il mio primo atto di nascere ed il mio primo dolore, le mie lacrime, i miei teneri vagiti, affinché ti muovi a compassione del mio stato doloroso della mia nascita. Se non avessi la mia Mamma in cui deporre tutto il bene della mia nascita e affissare in Lei la luce della mia Divinità, che Io, Verbo del Padre contenevo, non avrei trovato nessuno, né dove deporre il tesoro infinito della mia nascita, né dove affissare la luce della mia Divinità, che dalla mia piccola Umanità traspariva fuori. Perciò vedi come è necessario che quando si decide dalla Maestà Suprema un bene grande da fare alle creature, che può servire come bene universale, che scegliamo una da darle tanta grazia da poter ricevere tutto in sé quel bene che devono ricevere tutti gli altri, perché se gli altri non lo ricevono in tutto o in parte, l’opera nostra non lascia sospesa e senza il suo frutto; ma l’anima eletta riceve tutto in sé quel bene, e l’opera nostra riceve il ricambio del frutto, sicché la Mamma mia fu non solo la depositaria della mia vita, ma di tutti gli atti miei. Quindi in tutti gli atti miei, primo vedevo se potevo depositarli in Lei e poi li facevo, onde in Lei depositai le mie lacrime, i miei vagiti, il freddo e le pene che pativo, ed Essa faceva l’eco a tutti gli atti miei e con incessanti ringraziamenti riceveva tutto, c’era una gara tra Madre e Figlio, Io a dare, Lei a ricevere. Questa mia piccola Umanità facendo il primo ingresso sulla terra, la mia Divinità volle trasparire fuori di Essa per girare ovunque e fare la prima visita sensibile a tutta la Creazione, cieli e terra, tutti ricevettero questa visita del loro Creatore, fuori dell’uomo, mai avevano ricevuto tanto onore e gloria come quando si videro in mezzo a loro il loro Re, il loro Fattore, cui tutti si sentivano onorati ché dovevano servire Colui da cui avevano ricevuto l’esistenza, perciò tutti fecero festa. Perciò la mia nascita da parte della mia Mamma e di tutta la Creazione mi fu di grande gioia e gloria; da parte delle creature mi fu di grande dolore. Ecco perciò son venuto da te, per sentirmi ripetere le gioie della mia Mamma e deporre in te il frutto della mia nascita”.
(6) Onde dopo di ciò stavo pensando com’era infelice quella grotta dove il bambinello Gesù era nato, com’era esposta a tutti i venti, al freddo, da intirizzire dal gelo, invece di uomini c’erano le bestie che gli facevano compagnia. Perciò pensavo quale potesse essere più infelice e dolorosa, la prigione della notte della sua Passione o la grotta di Betlemme? Ed il mio dolce bambino ha soggiunto:
(7) “Figlia mia, non c’è da paragonarsi l’infelicità della prigione della mia Passione, con la grotta di Betlemme. Nella grotta tenevo la mia Mamma vicino, anima e corpo, era insieme con Me, quindi tenevo tutte le gioie della mia cara Mamma e Lei teneva tutte le gioie di Me, figlio suo, che formavano il nostro Paradiso. Le gioie di Madre col possedere il figlio sono grandi, le gioie di possedere una Madre sono più grandi ancora, Io trovavo tutto in Lei e Lei trovava tutto in Me. Poi c’era il mio caro padre San Giuseppe che mi faceva da padre ed Io sentivo tutte le sue gioie che sentiva per causa mia. Invece nella mia Passione furono tutte interrotte le nostre gioie, perché dovevamo dare luogo al dolore e sentivamo tra Madre e Figlio il grande dolore della vicina separazione, almeno sensibile, che doveva succedere con la mia morte. Nella grotta le bestie mi riconobbero e onorandomi cercavano di riscaldarmi col loro fiato, nella prigione neppure gli uomini mi riconobbero e per insultarmi mi coprirono di sputi e di obbrobri, perciò non c’è da paragonarsi l’una con l’altra”.