(1) Il mio sempre amabile Gesù, tirandomi nella sua adorabile Volontà, mi faceva vedere e sentire le condizioni dolorose in cui lo mettono l’ingratitudini delle creature e sospirando di dolore mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le pene della mia Volontà Divina sono inenarrabili ed inconcepibili all’umana natura. Essa sta in tutte le creature, ma sta sotto l’incubo d’una tremenda e straziante agonia, perché invece di darle dominio per farle svolgere la sua vita in loro, la tengono repressa senza darle libertà di agire, di respirare, di palpitare. Sicché la volontà umana agisce, respira liberamente, palpita come vuole e la mia sta solo per servirla, per contribuire agli atti loro e stare dentro agli atti loro agonizzante, soffocata sotto il rantolo d’una agonia di lunghi secoli. La mia Volontà si dibatte nella creatura sotto l’incubo d’una agonia sì straziante ed i suoi dibattiti sono i rimorsi di coscienza, le disillusioni, i rovesci, le croci, la stanchezza della vita e tutto ciò che può dare molestia alle povere creature, perché è giusto che, tenendo loro una Volontà Divina in croce e sempre sotto il rantolo dell’agonia, Essa coi suoi dibattiti li richiami, non potendo fare diversamente perché non ha dominio, chi sa entrando in loro stessi, nel vedere l’infelicità che le porta la loro cattiva volontà, possano darle un po’ di respiro e di tregua alla sua spasimante agonia. E’ tanto dolorosa quest’agonia della mia Volontà, che la mia Umanità che la volle soffrire nell’orto del Getsemani, giunse a cercare aiuto dai stessi miei apostoli, che neppure ottenni e fu tanto lo spasimo, che sudai vivo sangue e sentendomi soccombere sotto il peso enorme d’una agonia sì lunga e tremenda della mia Volontà Divina, invocai il mio Padre Celeste che mi aiutasse, dicendogli: “Padre, se è possibile passe da me questo calice”. E tutte le altre pene della mia Passione, per quanto atroci, non dissi mai: “Se è possibile passe questa pena,” anzi sulla croce gridai “sitio”, ho sete di pene. Invece in questa pena dell’agonia della Volontà Suprema, sentii tutto il peso d’una agonia sì lunga, tutto lo strazio d’una Volontà Divina che agonizza, che spasima nelle umane generazioni. Che dolore! né c’è dolore che può pareggiarlo. Ora il Fiat Supremo vuole uscire, è stanco e a qualunque costo vuole uscire da quest’agonia sì prolungata e se tu senti i flagelli, le città crollate, le distruzioni, non sono altro che i forti dibattiti della sua agonia, che non potendone più, vuol far sentire all’umana famiglia il suo stato doloroso e come fortemente si dibatte in loro, senza che nessuno le ha compassione e facendo violenza coi suoi dibattiti vuol far sentire che esiste in loro, ma non vuole stare più in agonia, vuole la libertà, il dominio, vuole svolgere la sua vita in loro. Che disordine figlia mia nella società perché non regna la mia Volontà! Le loro anime sono come abitazioni senza ordine, tutto sotto sopra, la puzza è tanto orribile, più che cadavere putrefatto e la mia Volontà con la sua immensità, che non li è dato di ritirarsi neppure da un palpito di creatura, agonizza in mezzo a tanti mali, e questo è nell’ordine generale di tutti; nell’ordine particolare, c’è più ancora nei religiosi, nei cleri, in chi si dice cattolico, la mia Volontà non solo agonizza, ma la tengono in stato di letargo come se non avesse vita. Oh! com’è più dura, perché nell’agonia almeno mi dibatto, ho uno sfogo, mi faccio sentire che esisto in loro, sebbene agonizzante, ma nello stato di letargo c’è la totale immobilità, lo stato di morte continuato e perciò si veggono le sole apparenze, le vesti di vita religiosa, perché la mia Volontà la tengono in letargo e siccome la tengono in letargo, il loro interno sta assopito, come se la luce, il bene non è per loro e se qualche cosa fanno all’esterno, è vuoto di Vita Divina e si risolve in fumo di vana gloria, di stima propria e di piacere alle altre creature ed Io, ed il mio Supremo Volere, mentre sta dentro esce fuori dal loro operato. Figlia mia che affronto, come vorrei far sentire a tutti la mia tremenda agonia, il rantolo continuato, il letargo in cui mettono la mia Volontà, causa perché vogliono far la loro e non la mia, non la vogliono far regnare, non la vogliono conoscere, e perciò vuol rompere le dighe coi suoi dibattiti, affinché se non la vogliono conoscere e ricevere per vie d’amore, la conoscano per via di giustizia. Sicché la mia Volontà stanca d’una agonia di secoli vuole uscire e perciò prepara due modi: Il modo trionfante che sono le sue conoscenze, i suoi prodigi e tutto il bene che porterà il regno del Fiat Supremo ed il modo di giustizia per chi non la vuole conoscere trionfante, quindi starà alle creature scegliere il modo come la vogliono ricevere”.