MaM
Messaggio del 2 dicembre 2007:La Madonna era molto triste. Per tutto il tempo aveva le lacrime negli occhi. Cari figli, mentre guardo nei vostri cuori, il mio cuore si riempie di dolore e fremito. Figli miei fermatevi per un attimo e guardate nei vostri cuori. Il mio Figlio, vostro Dio, è veramente al primo posto? Sono veramente le sue leggi la misura della vostra vita? Vi avverto di nuovo. Senza fede non c'è la vicinanza di Dio, non c'è la parola di Dio che è la luce della salvezza e la luce del buon senso. Mirjana ha aggiunto: io con dolore ho pregato la Madonna di non lasciarci, di non togliere le mani da noi. Alla mi richiesta, Lei ha fatto un sorriso doloroso e se ne è andata. Questa volta non ha detto "Vi ringrazio". Ha benedetto tutti noi e tutti gli oggetti sacri.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - 18-10 Novembre 1, 1925 La pena della privazione di Gesù supera la stessa pena dell’inferno. La Volontà di Dio si offre in aiuto e tutto il Cielo è rivolto verso dell’anima.

(1) Ho passato giorni amarissimi priva del mio dolce Gesù, il pensiero di non vederlo più martellava il mio povero cuore, come sull’incudine, a ripetuti colpi crudeli di martello. Ah! Gesù, mi hai messo in un inferno vivente, anzi le mie pene superano le stesse pene infernali; ahi! i dannati non ti amano e siccome manca il germe dell’amore fuggono da Te, né sospirano il tuo amplesso, le loro pene si rincrudirebbero di più con la tua presenza; un amore odiato non sopporta la presenza della persona che odia, perciò per loro è più sopportabile la tua privazione, ma per me, infelice, è tutto il contrario, io ti amo, sento il germe dell’amore fin nelle mie ossa, nei nervi, nel sangue. Ah! non ti ricordi che con l’avere vissuto per ben quarant’anni insieme, Tu mi riempivi di Te le ossa, i nervi, il sangue, tutta me stessa? Io mi sentivo come una veste che ti copriva e ti nascondeva in me, e ora, priva di Te mi sento svuotata di tutto, sicché le mie ossa gridano, i miei nervi, il mio sangue, gridano che vogliono Colui che li riempiva, sicché dentro di me è un grido continuo che mi lacera, mi strazia, che vogliono Te che riempivi la mia vita. Vedi dunque quanti strappi crudeli soffre la mia povera esistenza? Ah! nell’inferno non ci sono queste pene atroci, questi strappi crudeli, questo svuoto d’un Dio posseduto e amato! Ah! Gesù, ritorna a chi ti ama, ritorna all’infelice degli infelici, ma resa infelice solo per Te, solo per causa tua; ah! lo posso dire, Tu solo mi hai reso infelice, altre infelicità io non conosco!. Ora, mentre nuotavo nel mare amaro della privazione del mio Gesù, mi son messa a considerare le pene del cuore del mio Gesù per farne un confronto con le pene del povero mio cuore, ma invece di trovare un conforto nelle pene di Gesù, le mie pene più si rincrudivano pensando tra me che le mie pene superavano le pene del mio Gesù, perché le pene del cuore di Gesù, per quanto grandi, erano pene dategli dalle creature, e se queste, ingrate, l’offendono e fuggono da Lui, sono sempre creature finite, non l’Essere Infinito; invece per me sono pene che mi dà un Dio, non è una creatura che mi fugge, ma è un Dio, l’Essere Infinito. Gesù non ha un altro Dio che lo possa lasciare, né può averlo, quindi non può soffrire la pena che oltrepassa ogni pena, quella d’essere privo d’un Dio. Invece la mia pena d’essere priva d’un Dio è grande, è infinita, per quanto è grande ed infinito Dio. Ah! il suo cuore trafitto non ha sofferto questa pena, e manca la trafittura della pena della privazione divina al suo cuore trafitto; e poi, per quante pene le creature gli diano, il mio Gesù non perde mai la sua sovranità, il suo dominio, anche su quelli che lo offendono, né lo impiccoliscono, né lo scoloriscono, nulla perde di quello che è, sempre dominante su tutto, è sempre l’Essere Eterno, Immenso, Infinito, amabile e adorabile. Invece io non ho sovranità, né dominio, e con l’essere priva di Gesù m’impiccolisco, mi scolorisco, mi sento risolvere nel nulla, divento nauseante ed insopportabile anche a me stessa. Vedi dunque, oh! Gesù, come le mie pene sono più grandi delle tue; ah! Tu sai le pene che ti danno le creature, ma non sai le pene che può dare un Dio, e quanto pesa la tua privazione.

(2) La mia povera mente spropositava; sentivo che non c’è pena che possa stare a confronto della pena della privazione di Gesù, è una pena senza principio e senza fine, incalcolabile ed irrimediabile, qual è Gesù, tale si rende la pena. Il mio povero cuore era affogato e senza vita, e per non più spropositare mi sono sforzata di non più confrontare le mie pene con quelle di Gesù, ma di passare ad altro, solo pregavo che mi desse la forza, e siccome la pena della sua privazione era tanto grande e aveva un suono misterioso e divino che non hanno le altre pene, e un peso che supera il peso di tutte le altre pene insieme, che per bontà sua accettasse la mia pena, ed in vista di questa mi desse la grazia più grande: Che tutti conoscessero la sua Santissima Volontà, e col suo suono misterioso e divino risuoni in tutti i cuori e chiamasse tutti a compire la Santissima Volontà, schiacciando col suo peso la volontà umana, le passioni, il peccato, affinché tutti ti conoscano, ti amino, e comprendano che significa la perdita d’un Dio. Ma chi può dire tutto ciò che pensavo? Sarei troppo lunga; anzi, avrei voluto passare tutto in silenzio e non affidare alla carta i miei segreti, ma l’ubbidienza si è imposta e ho dovuto dire Fiat.

(3) Onde mi sentivo sfinita e non ne potevo più, ed il mio dolce Gesù avendo di me compassione, è uscito da dentro il mio interno, tutto affannato, con la bocca tutta piena di sangue, ed era tanto il sangue che l’impediva la parola, ma col suo sguardo mesto mi chiedeva aiuto. Innanzi alle pene di Gesù ho dimenticato le mie, anzi, stando Lui io non avevo più pena, e l’ho pregato che soffrissimo insieme. Quindi, dopo aver sofferto un poco insieme, il sangue della bocca si è arrestato, e guardandomi il modo come mi aveva ridotto per la sua privazione mi stringeva a Sé, si stendeva in me per riempirmi di Lui, e poi mi ha detto:

(4) “Povera figlia, come ti sei ridotta. Hai ragione, la pena della privazione d’un Dio è la più grande, e siccome è grande ci voleva tutta la forza della mia Volontà a sostenerti. Ma tu non sai che significa soffrire nella mia Volontà; dovunque c’era la mia Volontà correva la tua pena, in terra, in Cielo, nei santi e angeli; e come giungeva ad essi tutti si mettevano in atto di guardarti e di aiutarti, sicché tutti erano rivolti a te, e se il paradiso fosse capace di pena, avrebbe cambiato in dolore tutte le loro gioie e felicità, ma non essendo capace di pena, tutti imploravano grazie per ricambio d’una pena sì grande. Quindi, le pene dell’anima che vive nella mia Volontà sono la croce di tutti, che soddisfano per tutto, e convertono in celeste rugiada il furore della giustizia divina. Perciò, fatti coraggio e non voler uscire mai dalla mia Volontà”.

(5) Io sono rimasta confusa, aspettavo da Gesù un rimprovero ai miei spropositi, ma nulla, e siamo restati in perfetta pace.