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Messaggio del 30 marzo 1985:Quando siete umili, quando pregate fervidamente e quando amate il vostro prossimo, Satana non può neanche avvicinarsi a voi.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - 17-14 Settembre 18, 1924 Differenza che passa tra il vivere nella Volontà di Dio ed il fare la Volontà di Dio. Per capire che cosa vuol dire vivere nella Divina Volontà, si deve disporre al più grande dei sacrifici, qual è quello di non dar vita, anche nelle cose sante, alla propria volontà.

(1) Stavo impensierita di ciò che sta scritto sul vivere nel Divino Volere, e pregavo Gesù che mi desse più luce per spiegarmi meglio, onde poter più chiarire, a chi sono in obbligo di farlo, questo benedetto vivere nella Divina Volontà, ed il mio dolce Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, non si vuol capire. Il vivere nella mia Volontà è regnare, il fare la mia Volontà è stare ai miei ordini; lo primo è possedere, lo secondo è ricevere i miei ordini ed eseguirle. Il vivere nel mio Volere è far sua la mia Volontà come cosa propria, è disporre di Essa; il fare la mia Volontà è tenerla in conto come Volontà di Dio, non come cosa propria, né poter disporre di Essa come si vuole. Il vivere nella mia Volontà è vivere con una sola Volontà, qual è quella di Dio, la quale, essendo una Volontà tutta santa, tutta pura, tutta pace, ed essendo una sola Volontà che regna, non ci sono contrasti, tutto è pace; le passioni umane tremano innanzi a questa Suprema Volontà, e vorrebbero fuggirla, né ardiscono di muoversi, né di opporsi, vedendo che innanzi a questa Santa Volontà tremano Cieli e terra. Sicché il primo passo del vivere nel Voler Divino, che fa? Gettare l’ordine divino nel fondo dell’anima, svuotarla di ciò che è umano, di tendenze, di passioni, d’inclinazioni ed altro. Invece, il fare la mia Volontà è vivere con due volontà, e quando do gli ordini di eseguire la mia, sente il peso della sua volontà che le mette contrasti, e ad onta che segua gli ordini della mia Volontà con fedeltà, sente il peso della natura ribelle, le sue passioni ed inclinazioni. E quanti santi, ad onta che siano giunti alla perfezione più alta, sentono questa loro volontà che gli fa guerra, che li tiene oppressi, e tanti che sono costretti a gridare: “Chi mi libererà da questo corpo di morte? Cioè, da questa mia volontà che vuol dare morte al bene che voglio fare?”. Il vivere nella mia Volontà è vivere da figlio, il fare la mia Volontà è vivere da servo, nel primo, ciò che è del padre è del figlio, e molte volte fanno più sacrifici i servi che i figli, a loro spetta esporsi a servizi più faticosi, più umili, al freddo, al caldo, a viaggiare a piedi; infatti, quanto non hanno fatto i miei santi per eseguire gli ordini della mia Volontà? Invece, il figlio sta con suo padre, tiene cura di lui, lo rallegra coi suoi baci e con le sue carezze, comanda ai servi come se comandasse suo padre, se esce non va a piedi, ma viaggia in carrozza; e se il figlio possiede tutto ciò che è del padre, ai servi non si da altro che la mercede del lavoro che hanno fatto, e restano liberi di servire o non servire il loro padrone, e se non servono non hanno più diritto di ricevere nessun altro compenso. Invece, tra padre e figlio nessuno può togliere questi diritti: che il figlio possiede i beni del padre, nessuna legge, né celeste né terrestre può togliere questi diritti, né svincolare la figliolanza tra padre e figlio. Figlia mia, il vivere nella mia Volontà è il vivere che più si avvicina ai beati del Cielo, ed è tanto distante da chi fa la mia Volontà e sta fedelmente ai miei ordini, quanto è distante il Cielo dalla terra, quanta distanza passa tra figlio e servo, tra re e suddito. E poi, questo è un dono che voglio fare in questi tempi sì tristi: Che non solo facciano la mia Volontà ma che la posseggano. Non sono forse Io padrone di dare ciò che voglio, quando voglio, e a chi voglio? Non è padrone un signore di dire ad un servo: “Vivi in casa mia, mangia, prendi, comanda come un altro me stesso? E per fare che nessuno possa impedirgli il possesso dei suoi beni, si legittima questo servo per figlio e gli dà il diritto di possedere. Se ciò può fare un ricco, molto più posso farlo Io. Questo vivere nel mio Volere è il dono più grande che voglio fare alle creature, la mia bontà vuole sempre più sfoggiare in amore verso le creature, ed avendole dato tutto, né avendo più che dar loro per farmi amare, voglio far dono della mia Volontà, affinché possedendola, amino il gran bene che possiedono.

(3) Né ti meravigliare se vedi che non capiscono, per capire dovrebbero disporsi al più grande dei sacrifici, qual è quello di non dar vita, anche nelle cose sante, alla propria volontà, allora sentirebbero il possesso della mia e toccherebbero con mano che significa vivere nel mio Volere. Tu, però, sii attenta né t’infastidire delle difficoltà che fanno, ed Io a poco a poco mi farò strada per far capire il vivere nella mia Volontà”.