(1) Passo giorni amarissimi per la privazione del mio dolce Gesù, e se si fa vedere è quasi come lampo che sfugge, che pena! che strazio! La mia mente era funestata dal pensiero che non sarebbe più ritornata la mia vita, il mio tutto, ah! tutto per me è finito, che farò per ritrovarlo? A chi mi rivolgerò? Ah! che nessuno si muove a pietà di me. Mentre ciò ed altro pensavo, il mio amabile Gesù è venuto e mi ha detto:
(2) “Povera figlia mia, povera figlia mia, quanto soffri, il tuo stato doloroso oltrepassa lo stesso stato delle anime purganti, perché se queste sono prive di Me, sono le colpe con cui si veggono imbrattate che le impedisce di vedermi, e che loro stesse non ardiscono di venire innanzi a Me, perché innanzi alla mia santità infinita non c’è piccolo neo che possa resistere alla mia presenza; e se ciò Io permettessi, di stare innanzi a Me, per loro sarebbe il più gran tormento, da superare le stesse pene dell’inferno. La più gran tortura che potrei dare ad un’anima sarebbe tenerla macchiata innanzi a Me, ed Io per non torturarla maggiormente, la lascio prima purgare e poi l’ammetto alla mia presenza. Ma tra Me e la piccola figlia del mio Volere non sono le colpe che m’impedisce di farmi vedere, è la mia giustizia che si frappone tra Me e lei, perciò la tua pena di non vedermi supera qualunque pena. Povera figlia, coraggio, ti è toccata la mia stessa sorte, come sono terribili le pene della giustizia, e posso farne parte a chi vive nella mia Volontà, perché ci vuole una forza divina per sostenerle, ma non temere, ritornerò subito secondo il solito. Lasci che i raggi della giustizia tocchino le creature; anche la mia giustizia deve fare il suo corso, né tutta potrai tu sostenerla, e poi sarò da te come prima. Ma con ciò non ti lascio, lo so anch’Io, che non puoi stare senza di Me, perciò starò nel fondo del tuo cuore e peroreremo insieme”.
(3) Onde, poi ho seguito le ore della Passione, e seguivo il mio dolce Gesù nell’atto quando fu vestito e trattato da pazzo. La mia mente si perdeva in questo mistero, e Gesù mi ha detto:
(4) “Figlia mia, il passo più umiliante della mia Passione fu proprio questo, l’essere vestito e trattato da pazzo, divenni il trastullo dei giudei, lo straccio loro; umiliazione più grande non poteva sostenere la mia infinita sapienza. Eppure, era necessario che Io, Figlio d’un Dio, soffrissi questa pena. L’uomo, peccando, diventa pazzo, pazzia più grande non può darsi, e da re qual è, diventa schiavo e trastullo di vilissime passioni che lo tiranneggiano, e più che pazzo lo incatenano a loro bell’agio, gettandolo nel fango e coprendolo delle cose più sporche, oh! che gran pazzia è il peccato, in questo stato l’uomo mai poteva essere ammesso innanzi alla Maestà Suprema, perciò volli Io sostenere questa pena così umiliante, per impetrare all’uomo che uscisse da questo stato di pazzia, offrendomi Io al mio Celeste Padre a sostenere le pene che meritava la loro pazzia. Ogni pena che soffrii nella mia Passione non era altro che l’eco delle pene che meritavano le creature, quel eco rimbombava su di Me e mi sottoponeva a pene, a schermi, a derisioni, a beffe, ed a tutti i tormenti”.