(1) Stavo facendo compagnia al mio Gesù agonizzante nell’orto di Getsemaní, e per quanto mi era possibile lo compativo, lo stringevo forte al mio cuore cercando di tergergli i sudori mortali, ed il mio dolente Gesù, con voce fioca e spirante mi ha detto:
(2) “Figlia mia, dura e penosa fu la mia agonia nell’orto, forse più penosa di quella della croce, perché se questa fu compimento e trionfo su tutti, qui nell’orto fu principio, ed i mali si sentono più prima che quando sono finiti, ma in questa agonia la pena più straziante fu quando mi si fecero innanzi uno per uno tutti i peccati, la mia Umanità ne comprese tutta l’enormità, ed ogni delitto portava l’impronta “morte ad un Dio”, armato di spada per uccidermi. Innanzi alla Divinità la colpa mi compariva così orrida e più orribile della stessa morte; nel capire solo che significa peccato, Io mi sentivo morire e ne morivo davvero, gridai al Padre e fu inesorabile; non ci fu uno che almeno mi desse un aiuto per non farmi morire, gridai a tutte le creature che avessero pietà di Me, ma invano, sicché la mia Umanità languiva e stavo per ricevere l’ultimo colpo della morte, ma sai tu chi ne impedì l’esecuzione e sostenne la mia Umanità a non morire? Prima fu la mia inseparabile Mamma, Lei nel sentirmi chiedere aiuto volò al mio fianco e mi sostenne, ed Io poggiai il mio braccio destro su di Lei, la guardai quasi morente e trovai in Essa l’immensità della mia Volontà integra, senza mai esserne stata rottura tra la Volontà mia e la sua. La mia Volontà è Vita, e siccome la Volontà del Padre era irremovibile, e la morte mi veniva dalle creature, un’altra creatura che racchiudeva la Vita della mia Volontà mi dava la vita, ed ecco che la Mamma mia, nel portento della mia Volontà, mi concepì e mi fece nascere nel tempo ed ora mi dà una seconda volta la vita per farmi compiere l’opera della Redenzione. Poi guardai a sinistra e trovai la piccola figlia del mio Volere, trovai te come prima, col seguito delle altre figlie della mia Volontà; e siccome la mia Mamma la volli con Me come primo anello della misericordia, cui dovevamo aprire le porte a tutte le creature, perciò volli poggiare la destra; a te ti volli come primo anello di giustizia, per impedire che si sgravasse su tutte le creature come si meritano, perciò volli poggiare la sinistra, affinché la sostenessi insieme con Me. Onde, con questi due poggi Io mi sentii ridare la vita, e come se nulla avessi sofferto, con passo fermo andai incontro ai nemici, ed in tutte le pene che soffrii nella mia Passione, molte di esse capaci di darmi la morte, questi due poggi non mi lasciavano mai, e quando mi vedevano pressoché a morire, con la mia Volontà che contenevano mi sostenevano e mi davano come tanti sorsi di vita. Oh! i prodigi del mio Volere, chi mai può numerarli e calcolarne il valore? Perciò amo tanto chi vive del mio Volere, riconosco in lei il mio ritratto, i nobili miei lineamenti, sento il mio stesso alito, la mia voce, e se non l’amassi defrauderei Me stesso, sarei come un padre senza generazione, senza il nobile corteggio della sua corte e senza la corona dei suoi figli, e se non avessi la generazione, la corte, la corona, come potrei chiamarmi Re? Sicché il mio regno viene formato di quelli che vivono nella mia Volontà, da questo regno scelgo la Madre, la Regina, i figli, i ministri, l’esercito, il popolo, Io sono tutto per loro e loro sono tutti per Me”.
(3) Ora dopo stavo pensando a ciò che Gesù mi diceva, e dicevo tra me: “Come si fa a mettere in pratica?” E Gesù ritornando ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, le verità per conoscerle, è necessario che ci stia la volontà, il desiderio di conoscerle. Supponi una stanza cui stanno chiuse le imposte, per quanto sole stia fuori la stanza si rende sempre all’oscuro; ora, aprire le imposte significa voler la luce, ma ciò non basta, se non profitta della luce per riordinare la stanza, spolverarla, mettersi al lavoro, quasi per non ammazzare la luce che le viene data e rendersi ingrato. Così non basta tenere volontà di conoscere le verità, se alla luce della verità che lo illumina non cerca di spolverarsi delle sue debolezze e di riordinarsi secondo la luce della verità che conosce, ed insieme con la luce della verità mettersi al lavoro, facendone sostanza propria, in modo da trasparire dalla sua bocca, dalle sue mani, dal suo portamento la luce della verità che ha assorbito, allora sarebbe come se ammazzasse la verità, e col non metterla in pratica sarebbe starsi in pieno disordine innanzi alla luce. Povera stanza piena di luce ma tutta scompigliata, sottosopra ed in pieno disordine, ed una persona dentro che non si cura di riordinarla, quale pietà non farebbe? Tale è chi conosce le verità e non le mette in pratica.
(5) Sappi però che in tutte le verità come primo alimento entra la semplicità, se le verità non fossero semplici, non sarebbero luce e non potrebbero penetrarvi nelle menti umane per illuminarle, e dove non c’è luce non si possono discernere gli oggetti; la semplicità non solo è luce, ma è come l’aria che si respira, che mentre non si vede dà la respirazione a tutto, e se non fosse per l’aria, la terra e tutti resterebbero senza moto, sicché, se le virtù, le verità non portano l’impronta della semplicità, saranno senza luce e senza aria”.