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Messaggio del 26 aprile 1982:Tanti, che si dicono credenti, non pregano mai. La fede non può mantenersi viva senza la preghiera.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - 6-72 Settembre 26, 1904 Tutte le pene che Gesù soffrì nella sua Passione furono triplici. Questo non fu per caso, ma tutto fu per rendere completa la gloria dovuta al Padre, la riparazione che gli si doveva dalle creature, ed il bene da meritare alle stesse creature.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, sentivo una voce che mi diceva: “Vi sta un lume che chiunque s’avvicina può accendervi quante fiammelle vuole, e queste fiammelle servono a fare corona d’onore al lume, e dar luce a chi accese”. Io dicevo tra me stessa: “Che bel lume che è questo, che tiene tanta luce e tanta potenza, che mentre dà agli altri quanta luce vogliono, lui resta sempre quello che è, senza impoverire di luce; ma chi sarà colui che lo tiene?” Mentre ciò pensavo, mi sono sentita ripetere:

(2) “Il lume è la Grazia e la tiene Iddio, e l’avvicinarsi significa la buona volontà dell’anima di far del bene, ché quanti beni si vogliono attingere dalla Grazia, si attingono, e la fiammella che vi si forma sono le diverse virtù, che mentre danno gloria a Dio danno luce all’anima”.

(3) Onde dopo ciò, quando appena ho visto il benedetto Gesù che mi ha detto: “Figlia mia; e questo perché stavo pensando che Nostro Signore non solo una volta, ma per ben tre volte si fece coronare di spine, e come quelle spine restavano rotte dentro della testa, e nel conficcarla di nuovo, più dentro entravano le già rimaste, e dicevo: “Dolce amor mio, e perché per ben tre volte volesti soffrire sì doloroso martirio, non bastava una volta scontare i tanti nostri rei pensieri?” Onde facendosi vedere ha detto:

(4) “Figlia mia, non solo la coronazione di spine fu triplice, ma quasi tutte le pene che soffrii nella mia Passione furono triplici. Triplici furono le tre ore dall’agonia dell’orto; triplice fu la flagellazione, flagellandomi con tre specie di diversi flagelli; triplice volte mi spogliarono; per ben tre volte fui condannato a morte: Di notte, di presto mattino, e di pieno giorno; triplici furono le cadute sotto la croce; triplici i chiodi; triplice volte il cuor mio versò sangue, cioè, nell’orto da per sé stesso, e dal proprio suo centro nell’atto della crocifissione, quando fui stirato ben bene sopra la croce, tanto che tutto il mio corpo vi restò tutto slogato, ed il mio cuore si sconquassò dentro, e versò sangue, e dopo la mia morte quando con una lancia mi fu aperto il costato; triplici le tre ore dell’agonia sulla croce. Se tutto si volesse ruminare, oh! quanti triplici si troverebbero. E questo non fu per caso, ma tutto fu per ordinazione divina, e per rendere completa la gloria dovuta al Padre, la riparazione che gli si doveva dalle creature, ed il bene da meritare alle stesse creature, perché il dono più grande che la creatura ha ricevuto da Dio è stato il crearla a sua immagine e somiglianza, e dotarla con tre potenze, intelletto, memoria e volontà, e la creatura non c’è colpa che commette, che queste tre potenze non vi concorrano, e quindi macchia, deturpa la bella immagine divina che contiene in sé stessa, servendosi del dono per offendere il donatore; ed Io per rifare di nuovo questa immagine divina nella creatura, e per dare tutta quella gloria che la creatura gli doveva a Dio, vi ho concorso con tutto il mio intelletto, memoria e volontà, ed in modo speciale in questi triplici da Me sofferti, per rendere completa, tanto la gloria che gli si doveva al Padre, quanto il bene che era necessario alle creature”.