(1) Siccome nei giorni passati il mio diletto Gesù si è fatto vedere in qualche modo adirato col mondo, e questa mattina, non vedendolo venire, andavo pensando fra me: “Chi sa che non viene ché vuol mandare qualche castigo? E che colpa ne ho io? Siccome vuol mandare i castighi non si benigna di venire a me; sarebbe bello che mentre vuol punire gli altri, fa toccare a me il più grande dei castighi, qual’è la sua privazione”. Ora, mentre dicevo questi ed altri spropositi, il mio amabile Gesù, quando appena si è fatto vedere e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tu formi per Me il più grande martirio, perché dovendo mandare qualche castigo non posso teco mostrarmi, perché mi leghi da per tutto, e non vuoi che faccia niente; e non venendo, tu mi assordi con le tue querele, coi tuoi lamenti ed aspettazioni, tanto, che mentre mi occupo a castigare sono costretto a pensare a te, a sentirti, ed il mio cuore viene lacerato nel vederti nel tuo stato doloroso della mia privazione, perché il martirio più doloroso è il martirio dell’amore, e quanto più si amano due persone, tanto più riescono dolorose quelle pene, che non da altri, ma da mezzo loro stesse si suscitano, perciò statti quieta, calma, non voler accrescere le mie pene, per mezzo delle tue pene”.
(3) Onde Lui è scomparso ed io sono lasciata tutta mortificata, nel pensare che io formo il martirio del mio caro Gesù, e che per non farlo tanto soffrire, quando non viene debbo starmi quieta, ma chi può farlo questo sacrificio? Mi pare impossibile, e sarò costretta a continuare a martirizzarci a vicenda.