(1) Continua il benedetto Gesù a non venire. Oh! Dio, che pena indicibile è la sua privazione! Cercavo quanto più potevo di starmene in pace e tutta abbandonata in Lui, ma che! Il mio povero cuore non ne poteva più, facevo quanto più potevo per calmarlo, dicevo: “Cuor mio, aspettiamo un altro poco, chi sa viene, usiamo qualche stratagemma per tirarlo a venire”. Onde, rivolta a Lui gli dicevo: “Signore, venite, l’ora si fa tarda e Voi non ci venite ancora? Questa mattina cerco per quanto posso a starmi quieta, eppure non vi fate trovare? Signore, vi offro il martirio della tua privazione come attestato d’amore e come farvi un presente per attirarvi a venire. E’ vero che non sono degna, ma non è perché sono degna che vi cerco, ma per amore, e perché senza di Voi mi sento mancare la vita”. E siccome non ci veniva, gli dicevo: “Signore, o venite o vi stancherò col mio dire, e quando vi sarete stancato, neppure allora ci dovrete venire?” Ma chi può dire tutti i miei spropositi? Gliene dicevo tanti, che andrei troppo per le lunghe se volessi dire tutto.
(2) Dopo ciò, quando appena vedevo il mio dolce Gesù che si muoveva dentro il mio interno, come se si risvegliasse da un sonno, onde si è fatto vedere più chiaro, e trasportandomi fuori di me stessa, mi ha detto:
(3) “Come l’uccello quando deve volare batte le ali, così l’anima ai voli dei desideri, batte le ali dell’umiltà, ed in quei battiti vi manda una calamita che mi attira, in modo che mentre lei prende il suo volo per venire a Me, Io prendo il mio per andare a lei”.
(4) Ah, Signore, si vede che mi manca la calamita dell’umiltà! Se io nel mio cammino spandessi ovunque la calamita dell’umiltà, non stenterei tanto ad aspettare e riaspettare la tua venuta!