Le unioni civili sono state approvate. Mentre si attende l’intervento del Presidente Mattarella che deciderà se firmare il provvedimento o rimandarlo alle Camere, il popolo della famiglia corre un grosso rischio: quello dello scoraggiamento. Dopo le grandi manifestazioni di piazza, le conferenze, dopo i Family day, le mobilitazioni, le ore di preghiera offerte, corriamo il rischio di pensare che sia stato tutto inutile, che in fondo tutto sia caduto nel nulla.
Se non si mette a tema l’omosessualità, poco si capisce delle diverse posizioni – anche tra cattolici – sulle unioni civili. O meglio: si deve dire con chiarezza se si ritiene che l’omosessualità sia una tendenza contro natura oppure una delle possibili variabili della sessualità umana. L’equivoco cattolico nasce proprio da qui.
Papa Francesco raccoglie l’assist di una superiora generale ed appare possibilista circa una riscoperta del diaconato femminile secondo quanto era nella chiesa primitiva. Probabilmente, l’intento di Bergoglio è quello di rilanciare la vita consacrata femminile che appare ai suoi occhi un po’ stantia e persino deprimente: «troppe donne consacrate sono “donnette” piuttosto che persone coinvolte nel ministero del servizio. La vita consacrata è un cammino di povertà, non un suicidio». Ma il futuro sembra, invece, aprire prospettive più gratificanti; auspica, infatti, «che le donne entrino nel processo decisionale, anche che possano guidare un ufficio in Vaticano».
Non è vero che Dio sceglie i santi o i peggiori peccatori al solo fine di mostrare la sua potenza. No, Dio sceglie chi vuole, come vuole e quando vuole, anche le persone più normali e magari pure tiepide. E lo fa solo per rivelare all'uomo il suo amore. Il resto è una conseguenza, per enorme che sia, in cui questa predilezione si ripete.
A dimostrarlo è la storia (raccontata nel libro Sei mesi di vita, edito da Ares) di uno dei miracoli più grandi e dagli effetti più dirompenti avvenuti a Medjugorje tramite la potente intercessione della Madre di Dio, che da 35 anni appare ai veggenti del paesino bosniaco. La guarigione di Arthur P. Boyle, ormai in fin di vita a causa di un tumore, avvenne nel 2000 riconducendolo a una fede autentica, vissuta fino a quel momento come un'abitudine domenicale senza alcuna incidenza sulla vita. Arthur si sposa, infatti, con sua moglie Judy quando entrambi sono giovanissimi.