Interpellato dalla stampa sul situazione migrazioni in Europa, l’arcivescovo di Vienna afferma: “Dal Ccee né una parola forte, né un’analisi delle cause di quello che è un dramma”
La situazione degli abitanti di Aleppo, è sempre più drammatica. Alle bombe che minacciano quotidianamente la città (ieri colpita la chiesa Armena Evangelica, per fortuna senza vittime), si aggiunge la mancanza di energia elettrica, l’interruzione dell’erogazione dell’acqua e infine il freddo intenso di questo periodo.
Il villaggio ospita decine di famiglie cristiane fuggite dalla piana di Ninive. Protesta del patriarcato caldeo all’ambasciata turca a Baghdad.
Quando San Luca inizia a narrare la vita pubblica di Cristo, dice che “Gesù quando incominciò il suo ministero aveva circa trent’anni” (Lc 3,23).
Trent’anni. Quando Gesù ha iniziato ad attirare le folle con la sua parola e i suoi segni miracolosi, quelli che lo avevano conosciuto in precedenza rimanevano stupiti: “Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria?” (Mt 13,55).
Capite cosa significa? Per almeno trent’anni, la vita di Gesù ha avuto – con l’eccezione di qualche mese di esilio in Egitto – la normalità della vita quotidiana di rapporto familiare e lavoro propria di una famiglia modesta. Si vede che quando ha iniziato la sua vita pubblica Giuseppe era già morto, perché viene menzionato solo indirettamente, mentre la madre viene presentata come la persona conosciuta, Maria.
Due organizzazioni cattoliche, l’Istituto di politica familiare e Mas Libres per la libertà religiosa, hanno preso una posizione pubblica, criticando aspramente il gesto compiuto dal Maliorca Gay Men’s Chorus con la loro esibizione, travestiti da monache, in concerto per i festeggiamenti di San Sebastiano, patrono di Palma di Maiorca.
Già in passato l’edificio ha avuto attacchi analoghi. Mons. Twal: “Deplorevole che questi episodi di odio arrivino 50 anni dopo la Nostra Aetate”
Nel ricordo delle visite di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Francesco incontra gli ebrei di Roma e, rammentando commosso la Shoah, condanna ogni forma di “violenza dell’uomo sull’uomo” contraria ad ogni religione
Sabato c’è stato a Roma all’Auditorium Antonianum il primo congresso nazionale del Comitato “Difendiamo i nostri figli”. Ha aperto la giornata il presidente Massimo Gandolfini che ha ricordato con gioia la manifestazione del 20 giugno scorso a piazza San Giovanni, convocata dal Comitato per riaffermare il diritto dei genitori ad educare i figli e fermare la “colonizzazione ideologica” della teoria Gender nelle scuole. L’incontro di sabato, a poco più di cinque mesi da quella bellissima piazza, è stato organizzato per valutare il lavoro svolto fino ad oggi nella difesa dei più piccoli e della famiglia, per definire le linee operative comuni per i prossimi mesi e per conoscere e incontrare i rappresentati dei Comitati Locali DFN (Difendiamo i nostri figli) nati sulla scia del Comitato Nazionale permanente.
Il ddl Cirinnà bis, già ddl 14 depositato nel 2013, alla quarta riscrittura e senza aver ottenuto neanche mezzo minuto di passaggio in commissione (procedura platealmente anticostituzionale) approderà il 26 gennaio 2016 nell’aula del Senato della Repubblica. Tutti i mezzi di comunicazione, con rarissime eccezioni, lavorano con tonalità diverse per far capire che la sua approvazione è auspicabile o per certi versi inevitabile. Non è così, è una bugia. Il ddl Cirinnà si può fermare, anche agevolmente, a patto di compiere sette atti decisivi che facciano leva sulla debolezza intrinseca di un testo ideologico e scritto male, denso di imbrogli: un colossale inganno verso gli italiani che sono genericamente favorevoli alle unioni civili per omosessuali, ma in stragrande maggioranza contrari a assegnare loro i figli.
??Il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili e sulla stepchild adoption è "una distrazione grave e irresponsabile" rispetto "ai veri problemi dell'Italia" e la manifestazione prevista il 30 gennaio a Roma è "condivisibile". La voce del cardinale Angelo Bagnasco si è levata alta e netta nel giorno tradizionalmente dedicato ai migranti ed ai rifugiati.
A breve, fra qualche giorno, al massimo qualche settimana, il popolo delle famiglie tornerà in piazza. Lo farà in coincidenza dei lavori al Senato sul disegno di legge sulle unioni civili, che parifica al matrimonio la convivenza fra persone dello stesso sesso e apre la strada all’adozione da parte di una coppia dello stesso sesso e all’utero in affitto. Lo farà ripetendo l’esperienza del 20 giugno scorso, non perché trovi gusto nel trascorrere due notti in viaggio, pagare il biglietto del treno per sé e per i suoi senza un centesimo di sconto, e dedicare un fine settimana a questo invece che ad attività più riposanti: lo farà perché lo ritiene necessario. Userà lo stesso metro di responsabilità con il quale quando in una famiglia il padre o la madre, o entrambi, perdono la testa e iniziano a compiere azioni dissennate, gli altri sentono il dovere di prendere in mano una situazione che mai in passato avrebbero immaginato di guidare.
Il Family Day del 30 gennaio è un’iniziativa «a difesa della famiglia, del sostegno pieno alla famiglia che non può essere uguagliata da nessun’altra istituzione o situazione. L’obiettivo è decisamente buono» e «assolutamente necessario perché le politiche familiari sono piccolissime»: «la famiglia è il fondamento di tutta la società». Le dichiarazioni fatte ieri dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), a margine della messa celebrata in Duomo a Genova, segnano una svolta radicale nell’atteggiamento ufficiale della CEI nei confronti di movimenti e associazioni che sono mobilitati a difesa della famiglia naturale, contro il ddl Cirinnà che vuole il riconoscimento delle unioni civili. «La promozione della famiglia – ha detto Bagnasco - e l’invocazione di sostegni reali, che fino ad adesso sembra che non ci siano, dovrebbe essere una voce unitaria di tutto il Paese, di tutte le famiglie italiane, anche in modo diversificati».