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Messaggio del 9 marzo 1985:Io non ho bisogno di cento o duecento Padre Nostro. E’ meglio pregarne uno solo ma col desiderio di incontrare Dio. Dovete cercare di fare tutto con amore!

Notizie dai giornali cattolici



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Con monotona ripetizione, come un ex libris della causa a favore della depenalizzazione dell'aborto, vengono mostrate foto di pance di donne con la scritta: “Qui comando io!” Sembra un'affermazione indiscutibile. È interessante mostrare su quale principio si basa e a quali conseguenze può portare questa idea. La morale non è fatta di frasi isolate: i principi morali devono essere alla base delle nostre azioni, perché in caso contrario diventiamo persone o “moralmente schizofreniche” o senza principi. Difendo l'idea per la quale ritenere incondizionato il principio per il quale “Qui (nel mio corpo) comando io” è semplicemente un errore.
Ricorrono oggi i 500 anni dalla nascita dell'"Apostolo di Roma". Papa Francesco: "Rifuggiva i toni foschi e accigliati, amava la spontaneità"
Dopo tante prove, finalmente il Santo Padre ha voluto dirmi che questa opera è di Dio. «Grazie padre e avanti». Mi sono messo a piangere come un bambino
Dopo sei anni - che significano oltre 2200 giorni trascorsi in carcere - per Asia Bibi è arrivato il momento del giudizio davanti alla Corte Suprema. L'udienza è fissata per domani a Islamabad - salvo nuovi rinvii dell'ultim'ora in questa terribile vicenda giudiziaria. Sarà la Corte federale del Pakistan ad essere chiamata ad esprimersi dopo che a Lahore - il 16 ottobre 2014 - la locale Alta Corte del Punjab ha confermato la condanna a morte per questa mamma cristiana oggi quarantaquattrenne accusata (senza prove) di aver accusato il Profeta dell'islam. Un'accusa inverosimile, frutto di un diverbio con altre donne musulmane davanti a un recipiente per l'acqua durante il lavoro nei campi. Un'accusa e una carcerazione divenute in questi anni il simbolo più eclatante degli abusi commessi in Pakistan nel nome delle leggi contro la blasfemia.
La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu) “Oliari e altri contro Italia”. - sentenza di primo grado, dunque non definitiva è suscettibile di appello - che, sulla base del ricorso di cittadini italiani omosessuali, impone al nostro Paese di riconoscere in qualche modo le convivenze omosessuali, è una sentenza aberrante e pessima, ma non impone al Parlamento italiano di approvare la legge Cirinnà, come molti - per ignoranza o malizia - sostengono. La sentenza può essere spiegata in tre passaggi.