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Messaggio del 4 agosto 1986: Desidero che per voi il rosario diventi vita!

Notizie dai giornali cattolici



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Nei giorni scorsi è stato a Medjugorje Andrea Bianco, un pellegrino quarantacinquenne di Bolzano, una città del Nord Italia. Egli è stato ospite di un programma di Radio “Mir” Medjugorje ed ha condiviso con noi la storia della sua vita. A ventun anni ha subito un grave incidente stradale, a causa del quale ha perso la vista. Lui crede di essere sopravvissuto per grazia di Dio. Dopo quell’evento, la sua vita è cambiata. Lui però non è caduto nella disperazione, ha invece interpretato l’accaduto come una grande grazia. Ci ha detto che colui che più l’ha aiutato nel cammino spirituale è stato un religioso carmelitano, che gli diceva: “Come sei fortunato tu, che hai la croce!”. In quei momenti, Andrea pensava che avrebbe fatto volentieri cambio con lui. Tuttavia, con l’andar del tempo, ha capito perché quel religioso gli diceva quella frase.
Combattere la povertà e sanare le profonde ferite nel cuore della popolazione. Sono queste le due principali sfide che la Chiesa in Centrafrica affronta oggi, come racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre monsignor Cyr-Nestor Yapaupa, vescovo di Alindao. Il presule, a Roma per partecipare al Sinodo sulla famiglia, ha visitato ieri la sede italiana della fondazione pontificia e descritto le gravi difficoltà vissute dalla sua diocesi negli ultimi due anni. «È nel nostro territorio che la Seleka ha iniziato la sua ribellione. Il 2013 è stato un anno terribile per noi». Nei primi mesi la coalizione ribelle ha preso di mira le strutture della Chiesa, saccheggiando sistematicamente presbiteri, centri sanitari, strutture della Caritas. Tutti i veicoli appartenenti alla diocesi sono stati rubati, inclusa l’unità mobile che forniva assistenza medica agli abitanti dei villaggi. «La comunità cristiana ha sofferto moltissimo, perché molti parroci sono stati costretti a lasciare le loro parrocchie: i ribelli li avevano derubati di tutto e non avevano più niente di che vivere». La diocesi è riuscita comunque a mettersi in piedi, anche grazie al sostegno di Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha donato 40 mila euro per le riparazioni di emergenza. «Così abbiamo potuto almeno rifare le porte delle canoniche. Anche la comunità di fedeli si è molto adoperata per i suoi sacerdoti, privandosi di quel poco che aveva per acquistare dei materassi per le canoniche».
E meno male che il Papa lo scorso 6 ottobre aveva invitato a «evitare l’ermeneutica cospirativa» riguardo al Sinodo. Da due giorni tg e giornaloni italiani – cattolici e laici - sono pieni di teorie della cospirazione, ovviamente ordita da elementi conservatori per delegittimare il Papa. Non è la prima volta che accade durante questo Sinodo, ma il can can di questi giorni lascia a dir poco perplessi. Tutto nasce dal presunto scoop di due giorni fa del Quotidiano Nazionale circa il presunto tumore (benigno) al cervello di papa Francesco. Immediata la smentita del portavoce vaticano padre Lombardi (addirittura a mezzanotte e mezzo: visto che quando vogliono in Vaticano sono tempestivi?), ripetuta nelle ore successive e molto dura nei contenuti. Tutto sommato poteva anche finire lì. Speculazioni e falsi scoop sulla salute dei Papi non sono certo una novità: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ne hanno subiti diversi. Si è sempre smentito, magari qualche nota di rimprovero per un certo modo di fare giornalismo, e chiusa lì.
Gertrud von le Fort è una delle grandi figure letterarie di convertiti del ventesimo secolo. Era figlia del barone Lothar, luterano e discendente di un’antichissima famiglia savoiarda che nel XVI secolo era diventata calvinista emigrando a Ginevra. Uno dei suoi componenti era stato braccio destro dello zar Pietro il Grande e poi si era spostato in Germania, dove il casato aveva messo radici. La madre di Gertrud era la nobile brandeburghese Elsbeth Wedel-Parlow. Gertrud, d’ingegno vivacissimo, aveva studiato nelle migliori scuole tedesche ed era stata allieva e infine collaboratrice del grande storico Ernst Troelsch.
Non si esagera troppo se si definisce quella omosessuale come la questione del nostro tempo. Il fuoco mediatico che la sta imponendo in modo dirompente all’attenzione di tutti è tale (si veda ad esempio il caso della rete generalista per eccellenza, Rai 1, che lo propone a ciclo continuo), che diventa impossibile evadere l’argomento. L’aspetto paradossale della faccenda è, però, che, nelle migliaia di discussioni in cui ogni risvolto gay è esaminato, mai e poi mai viene sfiorato il cuore della questione omosessuale, ovvero la tesi che provoca a cascata tutte le conseguenze nei svariati campi politico, giuridico, sociale e simili.
Nelle coppie irregolari etero e anche in quelle omo ci sono tanti atti buoni perché nessuno nella vita - per fortuna! - pecca al 100%. Da qui si sta facendo strada in modo trasversale una metodologia pastorale o nuovo approccio, che si caratterizza dal partire dal positivo: «dal desiderio profondo inscritto nel cuore di ognuno ... vedere quello che c’è di positivo nelle situazioni più difficili ... spesso nelle famiglie patchwork si trovano esempi di generosità sorprendente ... i veri cristiani sanno guardare e discernere in una coppia, in un’unione di fatto, dei conviventi, gli elementi di vero eroismo, di vera carità, di vero dono reciproco, anche se dobbiamo dire: non è ancora una piena realtà del sacramento». Chi fa altrimenti corre il rischio di parlare «con una lingua fatta di concetti vacui», mentre invece «bisogna staccarsi dai nostri libri per andare in mezzo alla folla e lasciarsi toccare dalla vita delle persone».