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Messaggio del 23 febbraio 1984:«Vi tengo tutti sulle mie braccia. Desidero essere per voi tutto e che voi siate tutti miei. Ma ho bisogno delle vostre preghiere perché mi possiate appartenere completamente».

Notizie dai giornali cattolici



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In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
E' questa la verità: i frati e le suore sapevano di rischiare la vita, non erano ingenui. Ma hanno scelto di stare da cristiani ai piedi della Croce, fedeli al voto dell'Ordine dei Frati ospedalieri di San Giovanni di Dio (Fatebenefratelli) e al carisma della cura dei pazienti. Quando si è diffuso il virus Ebola, tutti gli ospedali liberiani hanno chiuso perché il personale aveva paura di contrarre la malattia; noi abbiamo continuato ad accogliere chi lamentava febbre e diarrea, possibili sintomi dell’ebola». Sono le parole commosse del frateo spedaliere Pascal Ahodegnon riportate da Famiglia Cristiana il 12 agosto. Lui è tornato a Roma dalla Liberia, insieme alla salma di un suo confratello, fra Georges Combey, 47 anni, morto l'11 agosto. «Frequentava Farmacia e come studente avrebbe potuto non seguire i pazienti. Invece piombava in reparto non appena finiva l’università».
Le statistiche sui divorzi nelle moderne società occidentali sono catastrofici. Esse mostrano che il matrimonio non è più visto come una nuova, indipendente realtà che trascende le individualità dei coniugi, una realtà che non può essere dissolta dalla volontà di un solo partner. Ma può essere dissolta dal consenso di entrambe le parti, oppure dalle disposizoni di un Sinodo o del Papa? La risposta è no, per ciò che Cristo stesso ha detto: l’uomo non divida ciò che Dio ha unito. Questo è l’insegnamento della Chiesa cattolica. La visione cristiana della vita buona ha la pretesa di essere valida per tutti. Anche i discepoli di Gesù furono molto colpiti dalle parole del Maestro: sarebbe meglio – replicarono – non sposarsi? Lo stupore dei discepoli sottolinea il contrasto tra la visione cristiana della vita e quella dominante nel mondo. Che si voglia o no, la Chiesa in occidente sta diventando una controcultura, e il suo futuro dipende primariamente dal fatto di essere in in grado – come sale del mondo – di mantenere il suo sapore senza essere messa sotto i piedi dagli uomini.
Si può risorgere dall’inferno della dipendenza alle droghe? Possono la preghiera e l’amore curare corpo e anime disperate? Come fa a credere nella preghiera uno che è schiavo delle droghe e che prova rancore verso il Creatore? E come si fa a convincere chi è schiavo della tossicodipendenza a offrire le proprie sofferenza per la salvezza delle anime? Chi è in grado di sciogliere cuori induriti, ridare il sorriso a genitori disperati, ristabilire relazioni di amore con chi ha tradito fino all’inverosimile? A queste e ad altre domande hanno risposto Suor Elvira e la Comunità Cenacolo, testimoniando con parole e azioni come sofferenza e servizio sono le strade su cui cammina la Misericordia di Dio, che libera e risuscita a vita nuova anche coloro che vivono nel buio più profondo tra freddo e disperazione. Rita Agnese Petrozzi, più conosciuta come Madre Elvira è una che si considera la più povera tra i poveri.
James Foley, il reporter americano ucciso dai terroristi islamici, apparteneva a una famiglia profondamente religiosa. Il rapimento di cui è stato vittima in Siria e che lo ha portato alla morte, non era il suo primo rapimento. Durante la rivolta anti Gheddafi in Libia infatti era stato arrestato dai militari governativi a Tripoli insieme a una collega donna. In una lettera aperta inviata alla sua ex università dopo quell'esperienza, Foley racconta come durante la prigionia si scoprì a recitare il Rosario, una preghiera, dice, che cominciò a dire perché sapeva che sua mamma e sua nonna al suo posto avrebbero detto anche loro. "Dicevo dieci Ave Maria dopo ogni Padre Nostro. Mi ci voleva un sacco di tempo, almeno un'ora, per contare tutte e cento le Ave Maria, cosa che mi aiutò a tenere la mia mente concentrata durante la prigionia". Lui e la collega, dice ancora, pregavamo insieme a voce altra: ci dava forza gridare insieme la nostra debolezza e le nostre speranze, dice, come se stessimo conversando con Dio invece che in silenzio e da soli.
Il nunzio di Baghdad: «È difficile poter pensare ad un negoziato; qui al momento si tratta di proteggere persone inermi affinché non vengano uccise». L’islam tace: «Sì, mi pare proprio di sì»
Mitsutoki Shigeta, giapponese di 24 anni, è stato a Bangkok 65 volte per alimentare il business della fecondazione. Ma la pratica della maternità surrogata è legale
Una giovane nelle mani dei jihadisti è riuscita a contattare l’emittente tv curda Rudaw: «Ci scelgono per i loro emiri. Vengono tre o quattro volte al giorno. Le ragazze li implorano di sparargli in testa e liberarle dalla miseria»
Il grande successo della visita di papa Francesco in Corea ci fa capire che ogni uomo ha bisogno di dare un senso alla propria vita. Le filosofie e le tradizioni popolari non riescono più a colmare questo vuoto
È l'indifferenza che uccide due volte i martiri. L'indifferenza generata dall'omertà. Lo sanno bene i cristiani dell'Iraq che vengono allontanati dalla loro terra dalle milizie islamiche dell'Isis. Un'indifferenza di cui l'Occidente si sta rendendo sempre più responsabile fino a rasentare la complicità. Eppure quello che sta accadendo alle vittime della barbarie del nuovo Califfato iracheno sembra ripercorrere, nello svolgimento, la stessa dinamica di tante altre vittime dell'odium fidei. Verrà un giorno in cui anche per i bambini e le donne irachene sarà riconosciuto l'appellativo di martire. Ma prima il loro ricordo dovrà cristallizzarsi fino quasi a scomparire come un seme, che poi, quando sarà il momento, potrà ridare nuovi frutti. È successo così anche per Rolando Rivi, il seminarista beato ucciso a 14 anni dai partigiani comunisti alle Piane di Monchio in provincia di Modena il 13 aprile 1945. Per la sua elevazione agli altari ci sono voluti 70 anni. 70 anni di silenzi, di omertà, di paure.
Elham Manea è una delle voci più coraggiose e brillanti dell’islam contemporaneo. Da anni si batte per una riforma dell’islam dall’interno che trova come punto di partenza una profonda dell’islam politico a favore di un islam del singolo e dell’essere umano. Elham Manea ha la doppia cittadinanza, yemenita e svizzera. È politologa, scrittrice e attivista per i diritti umani. Attualmente è professore associato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Zurigo e consulente del governo svizzero e di organizzazioni internazionali per i diritti umani. È una delle principali sostenitrici della causa del giovane blogger saudita Raif Badawi, condannato a dieci anni di carcere e a mille frustate per avere fondato un sito di intellettuali liberali nel proprio paese.