MaM
Messaggio del 15 agosto 2005:Cari figli, anche oggi vi invito con gioia, cari figli, pregate in questi giorni per le mie intenzioni. Pregate per i miei progetti che ho col mondo, pregate per la pace. La pace, la pace, la pace. Cari figli, pregate insieme con la Madre per la pace nel mondo e nelle famiglie. Grazie, cari figli, perché avete accettato i miei messaggi.

Notizie dai giornali cattolici



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[ In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece ri! ponètelo nel mio granaio”». ] Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
“Pray that I have made the right decision” Pope Francis recently said to Fr. Miljenko Steko who had introduced himself to the Pope as the Franciscan Provincial in the area where Medjugorje is located. Exchange of words was passed on by US priest who has led English Mass in Medjugorje for years.
Una «N» per marchiare, per umiliare, per discriminare, per derubare legalmente. La impongono – in carattere arabo, lo stesso che affianca il titolo che apre questa pagina – i fondamentalisti musulmani sunniti dell’Isis a Mosul, in Iraq. «N» come «nasara», seguace del Nazareno, cioè cristiano. «N» come marchio di vergogna. Ma vergogna solo e soltanto per coloro che lo usano, che si proclamano credenti in Dio e si dimostrano feroci portatori e servi di odio, sopraffazione e violenza. Quella «N» la portiamo anche noi, con disarmato e dolente orgoglio, con consapevole partecipazione alla sorte delle donne e degli uomini cristiani di Mosul e di ogni altro perseguitato a ragione della propria fede. Questo è il giorno giusto per dirlo, e – speriamo – non da soli. Perché quella «N» la portiamo nell’anima, nel cuore, sulla pelle, e non come una cicatrice amara o una bandiera di guerra, ma come l’inizio di una parola di fraternità e di libertà.
Dieci anni fa è stata introdotta nell’arcidiocesi di Vienna la «chiamata d’emergenza al sacerdote». «Se qualcuno ha bisogno urgentemente di un prete, di solito chiama nella parrocchia e sul messaggio registrato trova l’indicazione del numero di telefono 142 che è il riferimento alla chiamata di emergenza sacerdotale per la consulenza», spiega Bernhard Linse, segretario del Vicariato per la città di Vienna.
È un caso che la Santa Sede considera chiuso ma che in Slovacchia rimane ancora aperto: libri, interviste, manifestazioni di piazza. La destituzione «per gravi motivi» del giovane arcivescovo di Trnava, il religioso redentorista Robert Bezák, continua a infiammare gli animi. Bezák venne sollevato dall'incarico per decisione di Benedetto XVI il 2 luglio 2012. Nel comunicato diffuso dalla nunziatura apostolica di Bratislava si leggeva: «Sulla base di numerose segnalazioni riguardanti la situazione pastorale nell’arcidiocesi di Trnava inviate da sacerdoti e fedeli direttamente alla Santa Sede, il Segretario di Stato vaticano aveva autorizzato la Congregazione per il clero a condurre una visita apostolica in quella Chiesa particolare allo scopo di verificare le lamentele... In seguito, la Congregazione per i vescovi ha informato monsignor Bezák delle questioni più importanti relative alla sua persona e alle sue attività pastorali, chiedendo al vescovo di esaminare quanto emerso e di spiegare la sua posizione. Il Santo Padre, dopo un’attenta riflessione, ha deciso di chiedere a Bezak di dimettersi dal suo incarico pastorale nell’arcidiocesi di Trnava. Dopo il rifiuto del vescovo, il Santo Padre ha deciso di sollevarlo dal suo incarico».
Nei primi venticinque secondi sembrerebbe un filmato del National Geographic. Poi compare un ragazzo armato di fucile con alle spalle la bandiera dello Stato Islamico e si intuisce che le bellezze naturali del Canada non hanno nulla a che vedere con quanto sta per dire. Il protagonista del video è Andre Poulin, un canadese arruolatosi nelle fila dei terroristi islamici e ucciso l’anno scorso in Siria. Il filmato è stato pubblicato l’altro ieri da Al-Hayat Media Center, una delle emittenti dello Stato Islamico, l’organizzazione terroristica che ha conquistato parte dell’Iraq e della Siria, sotto l’egida del califfo Ibrahim, alias Abu Bakr al-Baghdadi. Il video – uno dei tanti diffusi dai terroristi per accreditarsi agli occhi dei musulmani occidentali e invogliarli a collaborare con il califfato – è stato ripreso ieri dal New York Times.
Un lungo viaggio di due settimane attraverso numerosi paesi del Sudest asiatico in cerca di libertà religiosa. È una vera odissea quella vissuta da Zhang “Yunyun” Huixin, suo marito Sun Zhulei e la loro figlia di un anno Sun Jiexi per scappare dalla persecuzione dei cristiani in Cina e raggiungere finalmente «esausti» il 14 luglio scorso gli Stati Uniti. La loro fuga è stata resa possibile da Bob Fu (nella foto sopra, con i tre cristiani fuggiti alla sua destra), scappato a sua volta dalla persecuzione in Cina nel 2002 e fondatore di ChinaAid per aiutare dagli Stati Uniti i cristiani perseguitati sotto il regime comunista.
Se non sei gay friendly non sei nessuno e non puoi certo pretendere che ti votino. E se non ti votano non puoi fare l’assessore, il sindaco oppure il senatore. E se non hai un posto in Parlamento non puoi portarti a casa una bella bustona da 14mila euro e passa al mese, indennità inclusa e pensione garantita. E nemmeno sperare di fare il relatore di qualche progetto di legge e lucrare così qualche soldino in più. Ecco, in sintesi, il teorema, mai confessato ma tenacemente praticato, di tanti peones e parvenu alla politica, soprattutto quelli che siedono negli scranni della sinistra.
Ricordo bene quel giorno di febbraio. Ero all'università. Ogni tanto guardavo fuori dalla finestra e mi chiedevo se Sara fosse già partita. Sara era rimasta incinta durante un rapida storia chiusa con un test di gravidanza positivo. Si era rivolta a me per un aiuto, non sapeva che fare. "È solo un grumo di cellule" dicevamo. Poi arrivò quella decisione. Mi sentivo fiera di aver consigliato Sara di abortire. Credevo fermamente in quella libertà che concede alla donna di gestire la propria sessualità e di controllare la maternità, fino a eliminarla del tutto. Figli compresi.