Ci farà bene "fare memoria di tante vicende che noi abbiamo ogni giorno: a casa, nel lavoro, con i figli, con la gente che abita con noi, con i compagni di lavoro, con tutti" per chiederci se "mi lascio portare da ognuna". "L'unico che dà fermezza al nostro cuore è lo Spirito Santo".
«Il futuro dei cristiani in Medio Oriente coincide col futuro dei cristiani in Occidente. Se saremo costretti ad andarcene dalla Siria e dagli altri paesi, anche il destino del cristianesimo in Europa sarà segnato: nel giro di trent’anni finirà». Ghassan Chahin, rappresentante della Chiesa melkita presso il Comitato per gli aiuti agli sfollati del ministero degli Affari sociali, scandisce bene le parole in inglese e guarda in faccia la ventina di giornalisti sparsi nella sala del Club suisse de la Presse di Ginevra per vedere che effetto ha prodotto. Gli altri membri della delegazione – la più importante e ampia delegazione di responsabili cristiani siriani che si sia recata all’estero da quando è scoppiato il conflitto nel 2011 – annuiscono convinti.
La notizia dell’imminente apertura del Centro Islamico “Sultan Mehmed Fatih II” a Goražde, in Bosnia, porta nuovamente all’attenzione generale il fenomeno della moltiplicazione dei luoghi di culto per fedeli Musulmani costruiti con fondi esteri. In questo caso, come riporta il quotidiano Avaz, la struttura è stata realizzata grazie al contributo del TIKA, l’Agenzia di Cooperazione e Coordinamento Turca. Questo ente finanzia operazioni simili in varie parti del mondo, ma ha fra i propri obiettivi principali proprio il paese balcanico, come si può facilmente constatare leggendo la dichiarazione del Premier Erdogan che campeggia nella homepage del sito: “con TIKA noi saremo sempre al fianco dei nostri fratelli Bosniaci in Bosnia Herzegovina.” L’evento assume ancora maggiore importanza se collegato ai dati forniti dai principali quotidiani bosniaci nelle edizioni uscite il 7 maggio scorso, proclamato “Giorno della Moschea”. Secondo tali cifre, infatti, ad oggi sono stati rinnovati 452 moschee (quelle distrutte dal conflitto sarebbero 614) e 64 masjid, mentre ne sono stati edificati rispettivamente 367 e 172 nuovi. A questi numeri vanno aggiunti anche una decina di luoghi di culto in via di completamento e oltre un centinaio in attesa degli interventi necessari a renderli agibili ai fedeli. A tal proposito sono interessanti le parole di Fatima Šiši?, direttrice del Centro per l’Architettura Islamica, che, intervistata dalla testata Oslobodjenje, ha affermato che tutto ciò è stato reso possibile dalle donazioni di privati cittadini, anche emigrati all’estero, e dai fondi concessi dalla Comunità islamica di Bosnia Herzegovina, dai paesi arabi e dalla Turchia.