MaM
Messaggio del 13 settembre 1984:Cari figli, le vostre preghiere mi sono ancora necessarie. Voi vi interrogate: perché tante preghiere? Guardatevi intorno, cari figli, e vedrete quanto è grande il peccato che domina su questa terra. Perciò pregate perché Gesù trionfi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Notizie dai giornali cattolici



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Ho scoperto di essere lesbica quando lavoravo negli ambienti universitari. Mi occupavo di scienze sociali perciò, un po’ per lavoro, un po’ per interesse, iniziai a frequentare movimenti femministi. Provenivo da un ambiente sociale e famigliare segnato da un forte clima di individualismo (ognuno deve sapersela cavare da solo e bene), perciò non fu difficile per me sposare ciò che il femminismo radicale insegna: la donna basta a se stessa e l’uomo rappresenta un nemico. Nei numerosi circoli culturali che frequentavo, notavo che i dibattiti, l’arte, le presentazioni librarie, la moda, la comunicazione, gli eventi avevano un filo comune che tesseva l’immagine della donna di oggi: difenditi e aggredisci per sopravvivere al maschio dominatore e trova solidarietà e protezione nelle donne.
Don Duilio Mengozzi, nome che ai più non dice nulla, è uno dei tanti che nel corso della Seconda guerra mondiale si adoperarono per salvare vite umane. A costo di mettere a repentaglio la propria, di vita. Parroco a Sansepolcro, don Duilio, orfano, fece di un’anziana ebrea triestina sua madre, salvandola così dai rastrellamenti. Martedì scorso, nel cinquecentesco Palazzo delle Laudi, ove sono gli uffici comunali della cittadini toscana, lo Stato di Israele ha conferito alla memoria di questo parroco l’onorificenza di “Giusto tra le nazioni”, titolo che viene assegnato ai non ebrei che abbiano agito in modo eroico per aiutare ebrei perseguitati. La sala era gravida di emozione, riconoscibile negli sguardi della signora Giuseppina Mengozzi, nipote del sacerdote, e in quelli della famiglia della donna “adottata” da don Duilio, la signora Nidia Vanardi Foa e sua figlia Giovanna.
Sembrava essere finalmente giunta al termine la diatriba in Malaysia sull'uso del termine "Allah" da parte dei cristiani. Invece si è rivelata un'altra attesa inutile. Come riferisce l'agenzia Misna, sette giudici della Corte federale malese avrebbero dovuto decidere ieri se procedere verso un nuovo giudizio sulla questione oppure confermare la sentenza precedente. Invece, dopo ore di tensione, mentre all’esterno centinaia di musulmani reclamavano l’uso esclusivo di “Allah” e mostravano striscioni in cui consigliavano a non musulmani che volessero usare il termine di convertirsi all’Islam, i giudici hanno deciso di posporre il loro parere. Una non-decisione che ha creato ovvia delusione tra i cristiani che in tutto il Paese avevano accompagnato la giornata con iniziative di digiuno e di preghiera.
Ho dovuto recentemente parlare del “Sessantotto”, un tempo di ubriacatura ideologica nefasta per la fede, quando molti pensavano che l’ideologia marxista, la “rivoluzione comunista” e le varie correnti del socialismo fossero “l’unica speranza per i poveri”; quando non pochi “intellettuali” e anche teologi cattolici scrivevano che è sbagliato parlare di “Dottrina sociale della Chiesa”, perchè l’unica autentica e scientifica “analisi della società” era quella del marxismo. Negli suoi ultimi anni di pontificato (1963-1977), Paolo VI, spesso contestato e deriso, non osava più parlare di “Dottrina sociale della Chiesa”. Il termine è stato ripreso con forza da Giovanni Paolo II nel suo primo grande viaggio internazionale a Puebla in Messico (gennaio 1979), per la terza Assemblea dei vescovi latino-americani (Celam) , e oggi è usato da tutti, Avendo visto come sono finiti i circa trenta paesi governati dal comunismo o “socialismo reale”, oggi è difficile capire perché a quel tempo nasceva addirittura l’associazione “Cristiani per il socialismo”!
La religiosa, 96 anni, fa parte dell'ordine della Sacra Famiglia. La sua "missione più importante" è stata al fianco di ragazzi e ragazze che lavoravano nella Zona di libero mercato di Katunayake, sfruttati dai loro datori di lavoro. Suor Clarice ricorda con affetto le centinaia di buddisti, indù e musulmani a cui ha fatto catechismo.
"Noi non possiamo pensare la vita cristiana fuori da questa strada. Sempre c'è questo cammino che Lui ha fatto per primo: il cammino dell'umiltà, il cammino anche dell'umiliazione, di annientare se stesso, e poi risorgere".
Incontrando il clero romano Francesco dice che "la Chiesa oggi possiamo pensarla come un 'ospedale da campo'". "Io sempre porto qui una busta di stoffa piccola" con la croce, in ricordo di un grande confessore, "E quando mi viene un cattivo pensiero contro qualche persona, la mano mi viene qui". I confessori non debbono essere "lassisti", né "rigoristi".
Il 6 marzo 2014 Papa Francesco ha incontrato i parroci di Roma per l’inizio della Quaresima, e ha loro tenuto uno dei discorsi più lunghi del suo pontificato, incentrato su un tema che gli sta a cuore: la misericordia. Partendo dal Vangelo del giorno, il Papa ha rilevato un fatto «curioso. Qual è il posto dove Gesù era più spesso, dove lo si poteva trovare con più facilità? Sulle strade». Non si tratta di una curiosità, perché permette di «cogliere la profondità del suo cuore, ciò che Lui prova per le folle, per la gente che incontra: quell’atteggiamento interiore di “compassione”, vedendo le folle, ne sentì compassione. Perché vede le persone “stanche e sfinite, come pecore senza pastore”». Questa espressione è molto attuale per i parroci e i sacerdoti. Dipinge bene «tante persone che voi incontrate oggi per le strade dei vostri quartieri», non solo a Roma.
Nell’intervista a papa Bergoglio, pubblicata ieri da Ferruccio De Bortoli sul “Corriere della sera”, ci sono notizie sorprendenti su quello che sta accadendo nella Chiesa e sul bivio davanti al quale si trova questo pontificato. Che si annuncia drammatico.