Siamo nel 1872 in America, precisamente a Santa Fe, capitale del New Mexico.
Il vescovo locale, Jean Baptiste Lamy, decide di far costruire una cappella, precisamente la cappella di Loretto (sì, con due T, il nome inglese infatti suona come: Sisters of Loretto) per poter fornire un luogo di culto alle suore appena stabilitesi, dopo una peregrinazione che le vide attraversare il Sud-Ovest degli Stati Uniti, il Kentucky, il Missouri ed il Kansas.
Le suore (quattro, la superiora suor Madeleine, suor Catherine, suor Hilaire e suor Robert) appena giunte sul posto iniziarono dunque ad appaltare i lavori adiacenti alla loro semplice abitazione, affinché, oltre al convento, potesse essere eretta una struttura simile alla “Sainte Chapelle” di Parigi, dunque, la prima cappella gotica ad ovest del Mississippi. Il progetto fu affidato all’architetto P. Mouly, noto per la sua perizia e capacità: aveva, tra l’altro, realizzato la cattedrale di Santa Fe. I lavori durarono cinque anni. La cappella misurava 22,5 metri di lunghezza, era larga metri 7,5 ed alta metri 25,5.
L’opera terminata era esteticamente ammirevole. La galleria, gli archi, la navata riuscivano a dare il senso del divino, a coinvolgere e a creare l’idoneo raccoglimento. Ciò che sconvolse le suore fu il doversi accorgere, di colpo, che il coro non era accessibile, dal momento che non era stata né progettata né dunque costruita una scala apposita per potervi accedere dalla tribuna. D’acchito si cercò l’architetto progettista, nel tentativo di riuscire a tamponare l’errore, ma questi era da poco deceduto.
“In Europa viene soppresso un bambino ogni 11 secondi”. È il dato agghiacciante che risuona nel colloquio con don Maurizio Gagliardini, presidente dell’Associazione “Difendere la vita con Maria” che dal 21 al 23 marzo si occuperà di riflettere sul destino dei bambini non nati nel convegno che si terrà a Roma presso la facoltà di Bioetica di Regina Apostolorum. “Nel concepito il voltto di Gesù”, questo il titolo del convegno, si propone di discutere gli aspetti etici, scientifici, giuridici ma soprattutto pastorali che ruotano intorno all’embrione e alla nascita riflettendo sugli aspetti umani che spesso spingono molte donne ad interrompere la gravidanza, sugli aspetti più cristiani di chi, a volte, tende a banalizzare l’aborto stesso senza dimenticare quelli scientifici e più ideologici di chi etichetta la nascita solo con termini biologici.
Forse nei libri di storia, fra cinquant’anni o fra un secolo ci sarà scritta la verità su pagine dolorose e ancora buie della nostra storia, come l’omicidio Moro. Più in generale, ci si augura che la storiografia d’impronta marxista che ha dominato incontrastata il mondo dell’istruzione (e della distruzione…) di diverse generazioni di giovani possa arretrare di fronte a un’ auspicabile affermazione del pluralismo ideologico e culturale.
Alcuni anni fa, eravamo riusciti a concretizzare una stupenda iniziativa di accoglienza alla coppia che avesse deciso di far nascere il proprio figlio. Si trattava di un’accoglienza “pilota” e lo sarebbe ancora se fosse andata avanti, visto che a tutt’oggi non esiste qualcosa di simile. Ma quei benedetti quattrini che non ci sono, hanno messo la parola “fine” e l’impresa resta un “sogno nel cassetto” che vorremmo tentare ancora di rendere realtà.
Lo scorso 7 marzo una ricerca che ho condotto per La nuova Bussola quotidiana ha rivelato che nel 75% delle parrocchie italiane i divorziati risposati si comunicano regolarmente, senza attendere che il Sinodo cambi eventualmente la dottrina. Dopo questa ricerca sono stato contattato da molti lettori, e anche da diversi vescovi, i quali mi hanno confermato che lo studio fotografa esattamente quanto accade nelle loro diocesi. Alcuni mi hanno indotto a riflettere su un problema più generale. I divorziati risposati sono solo la punta di un iceberg. Il vero problema è che la maggioranza di coloro che si comunicano non frequentano il sacramento della Confessione.
“La misericordia è più grande del pregiudizio”, lasciate da parte le anfore interiori, quella che vi pesano, quella che vi allontanano da Dio.
Lo ha detto papa Francesco stamane, dalla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, prima della preghiera mariana dell’Angelus.
Di fronte ad una piazza San Pietro stracolma di gente, il Pontefice ha ricordato il passaggio del Vangelo di Giovanni (Gv 4,6) in cui si racconta dell’incontro che Gesù ebbe con una donna samaritana nei pressi di un pozzo.
Gesù chiese da bere alla donna, superando le ostilità che esistevano tra giudei e samaritani e rompendo gli schemi del pregiudizio nei confronti delle donne.
Secondo le abitudini sociali del tempo, Gesù non avrebbe dovuto nemmeno rivolgergli la parola.
L'annuncio dato da papa Francesco dopo l'Angelus di oggi. "Il perdono che ci dà il Signore si deve festeggiare", come ha fatto "il padre del figliol prodigo". Nell'incontro di Gesù con la samaritana, egli "rompe gli schemi del pregiudizio nei confronti delle donne". I pellegrini invitati a ripetere: "Ogni incontro con Gesù ci cambia la vita; ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia". La Giornata mondiale della Tubercolosi e il saluto a una scuola del Giappone.