MaM
Messaggio del 6 febbraio 1984:Se voi sapeste come il mondo di oggi pecca! I miei vestiti, una volta splendidi, ora sono bagnati dalle mie lacrime! A voi sembra che il mondo non pecca perché qui vivete in un ambiente tranquillo, dove non c’è tanta cattiveria. Ma guardate un po’ più attentamente il mondo e vedrete quanta gente oggi ha una fede tiepida e non dà retta a Gesù! Se voi sapeste come soffro non pecchereste più. Pregate! Ho tanto bisogno delle vostre preghiere.

Notizie dai giornali cattolici



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Gv 4, 5-42: Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.
[ In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». ] Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, [ vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». ] In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». [ Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». ]
Era il giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994, quando don Peppe Diana venne ucciso nella sua parrocchia, la chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, nel casertano, dove don Peppino era nato e cresciuto. Fu assassinato da un clan rivale dei Casalesi, cosca che dominava quella terra, per le sue denunce, per il rischio che risvegliasse le coscienze, perché sottraeva i giovani alle mani mafiose, e perché aveva osato rifiutare i funerali in Chiesa di un camorrista morto ammazzato. Oggi il Paese e la zona tutta ricordano il sacerdote con molte manifestazioni, aperte dalle Messa delle 7.30, quella che quel mattino di venti anni fa don Diana non riuscì a celebrare.
Per i serbi rimasti nel Kosovo questo è un triste decimo anniversario. Tra il 17 e il 19 marzo 2004, hanno subito un pogrom di vaste dimensioni ad opera di militanti indipendentisti albanesi, musulmani. Si è trattato di un grave episodio di violenza religiosa, oltre che etnica. Un tipo di evento che, ormai, siamo purtroppo abituati a vedere in India o in Nigeria, ma non nel cuore dell’Europa. In soli due giorni, 28 serbi ortodossi sono stati assassinati, un altro migliaio ha dovuto abbandonare la propria casa distrutta. Le milizie ortodosse, rispondendo agli attacchi, avevano a loro volta provocato la morte di 11 albanesi. Il danno al patrimonio artistico, culturale e religioso alla comunità ortodossa è stato immenso: 35 chiese dissacrate, bruciate o completamente distrutte. Fra queste figurano, nella città di Prizren, anche la cattedrale di Nostra Signora di Ljevis, la chiesa della Santissima Salvazione, il monastero dei Santi Arcangeli (tutti costruiti nel XIV Secolo), la chiesa di San Giorgio Runovic (XV Secolo), che facevano parte del patrimonio sopravvissuto alla lunga occupazione turca, iniziata nel 1389 e finita appena due secoli fa.
"Ha saputo attraversare il buio del dubbio, l'esperienza dell'esilio e della fuga da casa, senza perdere mai la fiducia in Dio e nel Suo amore". Gli auguri a "tutti i papà". "Chiedo per voi la grazia di essere sempre molto vicini ai vostri figli, lasciandoli crescere, ma vicini".
Dal momento della morte dipende la eternità. Coloro che seguono gl'insegnamenti di Gesù e credono nella vita futura, vivono nella aspettazione della beata speranza; spesso richiamano alla mente l'ora della morte, sia per perseverare nel bene e sia per assicurarsi un buon passaggio alla eternità. La Chiesa, considerando l'importanza dell'ora della morte, ha scelto come Protettore per l'ora dell'agonia San Giuseppe. Chi meglio di lui potrebbe compiere quest'ufficio? San Giuseppe infatti spirò felicemente tra le braccia di Gesù e della Madonna. Da questo fatto deriva il fondamento del suo particolare patrocinio sui moribondi. Il Santo Patriarca perciò è chiamato «Speranza degl'infermi » e « Patrono dei moribondi». Questo è l'aspetto più diffuso della devozione a San Giuseppe. ...
Geremia 18,18-20 Si rende forse male per bene?

Salmo 30,5-6.14-16
5 Mi trarrai fuor dal laccio, che nascostamente m'han teso, perché tu sei il mio protettore. 6 Nelle tue mani raccomando lo spirito mio; tu mi libererai, o Signore, Dio di verità. 14 Poichè sento lo sparlar di molti che mi stanno intorno; mentre insieme si radunan contro di me, di toglier la mia vita congiurano. 15 Ma io spero in te, o Signore. Dico: «Il mio Dio se' tu!». 16 Nelle tue mani son le mie sorti; liberami dalla mano de' miei nemici e da' miei persecutori.

Matteo 20,17-28 Noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato.
Strategia che vince non si cambia. Uno dei mezzi che i radicali da sempre hanno usato per sdoganare alcuni “diritti civili” è quello dell’indagine conoscitiva per poi arrivare a dire: “Quanti aborti clandestini! Legalizziamo l’aborto. Quante giovani fanno uso di droghe! Legalizziamole. Quante coppie vanno all’estero per accedere all’eterologa! Legalizziamola”. A questo giochino – quasi sempre basato su dati mendaci - ovviamente non si sottrae nemmeno l’eutanasia. In una conferenza stampa tenuta ieri, l'associazione Luca Coscioni e il Comitato promotore EutanaSia Legale hanno annunciato l’avvio di una ricerca sul campo per verificare “come si muore in Italia” e - citando le parole di Marco Cappato - per “spingere il Parlamento ad esaminare il progetto di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione della eutanasia per il quale l'Associazione ha raccolto 67mila firme autenticate''. Per l’occasione i radicali si sono fatti accompagnare dai familiari di personalità note che si sono uccise oppure hanno chiesto con successo l’eutanasia: Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Piergiorgio Welby e Lucio Magri. Non è mancato il vivente oncologo Umberto Veronesi il quale ha sentenziato che “abbiamo l'ovvio diritto di programmare la vita e anche il termine della vita''.