Carissimi, ecco le parole di Ivan sull'apparizione da lui avuta stasera, 5 Agosto 2013, sul Podbrdo alle ore 23:00:
«Anche stasera, come ogni giorno dopo l'incontro con la Madonna,vorrei avvicinare anche a voi l'incontro di stasera, descrivervelo, anche se è molto difficile descrivere l'incontro con Lei: è difficile trovare le parole giuste e descrivere la bellezza della Madonna, descrivere l'incontro con Lei, quel sentimento, quell'esperienza. Ciò che è sempre la cosa più difficile è descrivere in particolare l'amore della Madre, quanto la Madre ci ama, quanto desidera aiutarci, la sua perseveranza nel guidare tutti noi verso Suo Figlio. Perciò, con queste parole che io ho, desidero dirvi ciò che è più importante dell'incontro di stasera.
Anche stasera la Madonna è venuta a noi molto molto gioiosa e felice, ha salutato tutti noi col suo materno saluto: "Sia lodato Gesù, cari figli miei!". Poi ha steso le mani qui su tutti noi ed ha pregato per un tempo prolungato nella sua lingua aramaica. Ha pregato particolarmente qui su voi malati presenti e su voi sacerdoti. Poi la Madonna ha detto:
"Cari figli, anche oggi, in questa mia grande gioia, guardando tutti voi con cuore aperto e con cuore gioioso, vi invito tutti a pregare responsabilmente per la pace. Pregate, cari figli, affinché la pace regni nel mondo, affinché la pace regni nel cuore degli uomini, nel cuore dei miei figli. Perciò siate i miei portatori di pace in questo mondo inquieto; siate il mio segno vivo, un segno di pace là dove vi incontrate con gli uomini, nella vostra parrocchia. Siate il mio segno, siate la mia luce, il mio specchio per gli altri. Sappiate, cari figli, che sono sempre con voi, che prego per tutti voi e che intercedo per tutti voi presso Gesù, presso mio Figlio. Perciò perseverate nella preghiera. Grazie per aver detto sì anche oggi alla mia chiamata".
Poi la Madonna ci ha benedetto tutti con la sua benedizione materna ed ha benedetto anche tutto quello che avete portato perché fosse benedetto. Ho anche raccomandato tutti voi, tutti i vostri bisogni, le vostre intenzioni, le vostre famiglie. In particolare tutti gli ammalati e tutti coloro che si sono raccomandati in modo particolare nella preghiera. La Madre intercede per tutti noi dinanzi a suo Figlio. Poi la Madonna ha continuato a pregare su tutti noi in questa sua grande gioia ed in questa preghiera se n'è andata, se n'è andata nel segno della luce e della croce col saluto: "Andate in pace, cari figli miei!".
Ecco questo è ciò che è più importante di questo incontro di stasera, di un incontro pieno di gioia. Grazie!».
Il quarto Vangelo narra che presso la croce stavano Maria, la madre di Gesù, Maria di Cleofa e Maria di Màgdala. Sebbene ciò venga riferito prima che si racconti della morte del nostro Salvatore, si deve comprendere che l'invitta Regina vi restò anche dopo, sempre in piedi accanto al duro legno, adorando su di esso l'Unigenito già spirato e la divinità che era ancora unita al suo corpo. Ella rimaneva salda tra le onde impetuose di afflizione che penetravano fino nell'intimo del suo castissimo petto, e con la sua eminente scienza meditava i misteri della redenzione e l'armonia con la quale la sapienza superna li ordinava. La sua maggiore sofferenza era la sleale ingratitudine che con tanto danno sarebbe stata mostrata verso un beneficio così raro e meritevole di infinita riconoscenza. Era allo stesso tempo preoccupata di come dare sepoltura al sacro corpo di suo Figlio e di chi lo avrebbe deposto dalla croce, verso la quale teneva sempre alzati i suoi occhi. Con questo inquietante pensiero parlò così agli angeli che l'assistevano: «Ministri dell'Altissimo e miei amici nella tribolazione, sapete bene che non vi è alcun dolore pari al mio. Ditemi, dunque: in che modo tirerò giù il diletto dell'anima mia? Come e dove troverò un sepolcro degno di lui? In quanto sua madre, questo spetta a me. Ditemi che cosa io debba fare ed aiutatemi con la vostra diligenza».
Si è appena conclusa la XXXIII Marcia Francescana che ha visto protagonisti migliaia di giovani marcianti provenienti da ogni regione d’Italia, camminare per centinaia di chilometri con il desiderio di arrivare ad Assisi il 2 agosto, varcare la soglia della Porziuncola, cuore spirituale della Basilica di Santa Maria degli Angeli, e ricevere l’indulgenza del Perdono: un tesoro che San Francesco chiese una notte dell’anno 1216 al Signore Gesù Cristo e a Sua Madre Maria, mentre era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola.
Ultimamente si parla molto di matrimonio. Sembra che sia un diritto di tutti e, allo stesso tempo, si ha l’impressione che si sappia sempre meno che cosa sia esso veramente. Sono tanti i matrimoni che si rompono e ancor più il numero delle persone che non riescono a prendere la decisione di sposarsi.
La Parola di Dio parla molto anche del matrimonio nel contesto sella rivelazione dell’amore di Dio verso la famiglia umana. Gesù insegna che il matrimonio è qualcosa di santo, un gesto per il quale un uomo e una donna diventano una cosa sola, per tutta la vita (Mt. 19). E Lui sempre accoglieva e benediceva i bambini, frutto naturale del matrimonio. Dio si mostra allora come colui che ama e benedice le famiglie, infatti, ha voluto che l’uomo venisse al mondo per mezzo delle famiglie e Lui stesso si è fatto uomo in mezzo a una famiglia umana. Dio che è grande e onnipotente si è fatto bambino in Gesù, vivendo per trent’anni "sottomesso" ai suoi genitori.
Il 14 agosto, vigilia dell’Assunzione di Maria Santissima in cielo, ricorrono 72 anni dalla morte di Padre Massimiliano Kolbe, frate francescano conventuale polacco. Morì ad Auschwitz, il famigerato campo di sterminio costruito dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale nei pressi della cittadina polacca di Oswiecim, a 51 chilometri da Cracovia. Padre Kolbe aveva 47 anni. Era stato arrestato dai nazisti il 28 maggio e immatricolato nel Lager con il numero 16670. Morì compiendo un grandissimo atto di amore: si offrì di prendere il posto di un padre di famiglia, destinato al bunker della fame.
In materia di rivendicazioni omosessuali l’esperienza di altri Paesi è una lezione da tenere sempre presente in Italia. Le leggi sull’omofobia servono a preparare il terreno per il riconoscimento legale delle unioni omosessuale: chi protesterà a voce troppo alta sarà arrestato come omofobo. Una volta riconosciute le unioni civili, dopo qualche anno – è successo da poco in Gran Bretagna – si cambierà loro nome in «matrimonio»: la notizia finirà in quinta pagina, perché ormai l’opinione pubblica si sarà abituata a considerare le unioni civili fra gay, per cui esistono in municipio cerimonie identiche alle nozze, come veri e propri «matrimoni», comunque li chiami la legge. A un certo punto si aggiungerà anche la possibilità per coppie dello stesso sesso di adottare bambini.
Più di 400 i manifestanti presenti ieri a Roma, in Piazza di Pietra, a due passi da Montecitorio. Nonostante il periodo estivo, hanno partecipato molte famiglie, bambini, ragazzi e ragazze di ogni età. L’obiettivo della manifestazione (qui accanto una foto twittata ieri sera da @ManifPourTousIt) era quello di informare i cittadini sulla proposta di legge Scalfarotto-Leone “contro l’omofobia e la transfobia” discussa in contemporanea alla Camera dei Deputati; una vera e propria “legge bavaglio” che, se approvata, impedirebbe nei fatti ad associazioni e liberi cittadini di opporsi in modo civile e argomentato a provvedimenti riguardanti il matrimonio omosessuale e l’adozione di figli da parte di coppie dello stesso sesso. Chi sostenesse l’unicità della famiglia quale unione naturale tra un uomo e una donna potrebbe essere accusato di omofobia ed essere punito con la reclusione.
A Barrie Drewitt-Barlow, 44 anni, e al suo compagno Tony, 49, non resta che sfidare in tribunale la Chiesa d’Inghilterra che si rifiuta di sancire il loro matrimonio. Dopo la legalizzazione delle nozze gay in Inghilterra e Galles, per questa coppia di Danubry, nell’Essex, unita in civil partnership da ormai sette anni, con cinque figli ottenuti da madri surrogate, è questo l’«unico modo per andare avanti», come riporta il Telegraph.
Intervista a monsignor Cárcel Ortí che ci racconta le storie dei cattolici spagnoli uccisi nella guerra civile a causa della loro fede. «Allora il nemico aveva il fucile in mano, oggi è la mentalità mondana»