Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».
In Nigeria sperano di rientrare fra qualche mese, in estate: «Lì Dio parla in modo speciale: quando hai paura, ti appoggi davvero a Lui», dice Andrea Macina, 48 anni, da 19 missionario itinerante in varie diocesi nigeriane con la moglie Francesca e quattro dei dieci figli.
«I più grandi vivono a Roma e ci raggiungono quando vogliono, mentre i più piccoli stanno con noi», racconta. Una passione e una vocazione, quella missionaria, che vive nella coppia ancor prima del matrimonio. Lei ex hostess, lui impiegato «con lunghe aspettative» in uno studio notarile, fanno parte di una comunità neocatecumenale, nella parrocchia dei Martiri Canadesi.
I cristiani nella penisola araba sono una minoranza che vive la propria fede con difficoltà. Spesso lavoratori immigrati in Paesi musulmani, che non riconoscono loro la cittadinanza, sono scarsamente tutelati e hanno pochi luoghi dove riunirsi. Sulle condizioni in cui la Chiesa cattolica opera, Michele Raviart ha intervistato mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale, un’area che conta circa due milioni e mezzo di cattolici in Yemen, Oman ed Emirati Arabi Uniti
Una delle realtà particolarmente attive a Cuba è la Caritas locale, che opera in collaborazione con le 11 circoscrizioni ecclesiastiche dell’isola. In prima linea – nell’aiuto alle fasce più vulnerabili della popolazione, come gli anziani ed i bambini, soprattutto quelli con difficoltà di apprendimento – Caritas Cuba ha allestito mense, progetti di educazione e formazione, programmi per la salute, seminari volti ad aumentare la consapevolezza sociale degli abitanti, operando in tutti i campi dell’assistenza umanitaria. Ma la povertà è un problema per il Paese?
Figlio di un musulmano e di una cattolica convertita all’islam, un’infanzia vissuta a contatto con il cristianesimo e una moglie cattolica. La sua scelta arriva dopo il suicidio dell’unica figlia, a 16 anni. Oggi, dice, “so che Cristo mi ha guidato attraverso i momenti bui e difficili della mia vita”.
Vescovo di Tripoli racconta i preparativi della Pasqua della piccola comunità cattolica libica. Otto persone dell'Africa sub-sahariana saranno battezzate alla messa di Pasqua. Le celebrazioni avverranno tutte di giorno. Il difficile ritorno alla normalità dopo 42 anni di dittatura e un anno di guerra civile.
Il padre domenicano Wolfgang Ockenfels, nato nel 1947), oltre perché docente di Dottrina sociale ed etica cattolica alla Facoltà Teologica di Treviri, è noto in Germania per i suoi frequenti interventi pubblici su temi sociali e politici. È anche direttore della rivista Die neue Odnung.
Benedetto XVI ha lasciato Cuba il 28 marzo, invocando la benedizione di Dio sul futuro dell'isola, dopo l'atteso incontro con Fidel Castro - caratterizzato dall'attenzione a non offrire al regime nessuno spunto per una facile propaganda, che peraltro non è mancata, ripresa acriticamente anche da organi di stampa di casa nostra - e soprattutto la Messa di fronte a trecentomila persone sulla Piazza della Rivoluzione a L'Avana.
Di mamma ce n'è una sola. Ma di famiglia invece a dar retta agli italiani ce ne possono essere più di una. E’ ciò che emerge da un’indagine ad ampio spettro condotta dalla Fondazione Censis in occasione del centocinquantenario dell’Unità di Italia, i cui risultati sono stati presentati il 13 marzo scorso. Il dato su cui più hanno stillato miele i giornali laici e cattolici è il seguente: per il 65% dei nostri connazionali la famiglia è il valore più importante. Questa percentuale ha aperto le danze più sfrenate sulla carta stampata qualificando la famiglia come “faro” per gli italiani e sottolineando che nel Bel Paese tira un’aria nuova, aria di riscoperta di valori e sani principi.