A Lassa, vicino a Jbeil, gli sciiti impediscono con le armi i rilievi catastali per impadronirsi di appezzamenti di terreno della Chiesa maronita. Un incontro al patriarcato di Bkerke per risolvere pacificamente il problema. La forza trionferà sulla giustizia?
Agli occhi di uno studioso dei fenomeni religiosi l’Italia affascina e delude. Troppo spesso alle immagini delle devozioni, ai consensi di massa legati alla figura del Pontefice, agli spettacolari raduni nazionali si aggiunge la sensazione di una dimensione religiosa parziale dove, anche tra il 32% di quanti dichiarano di frequentare regolarmente la messa domenicale, i principi sono scelti in modo selettivo secondo il tribunale ultimo della propria coscienza, l’etica viene ridotta a principi di buon vicinato, mentre il messaggio di salvezza viene usato in funzione meramente consolatoria e di rassicurazione.
Una religione ridotta a pratiche superficiali e incostanti, che supporta un insieme di credenze incerte, dove l’avvenimento vertiginoso di un Dio incarnato sembra sfociare in una generica morale del rispetto universale è, di fatto, qualcosa di significativamente riduttivo e, per molti versi, di preoccupante (almeno sotto il profilo pastorale).
Nel campo profughi di Dadaab, in Kenya, continua l’afflusso inarrestabile di persone, per lo più somale, che giungono in condizioni disperate per trovare riparo e cibo. I bambini, quando sopravvivono agli attacchi di iene e leoni, arrivano malnutriti. Gli adulti sono stremati dalla fame. Sono ormai decine di migliaia le persone che lasciano la propria terra, costrette dalla tremenda siccità che tre anni ha colpito la Somalia. Arrivano al ritmo di 1400-1500 al giorno per cercare rifugio nel nostro campo, dichiarato saturo già nel 2008, dove stiamo operando in accordo con l’agenzia ONU per i rifugiati e in cooperazione con il governo locale.
Da questo lunedì a mercoledì 27 luglio, migliaia di “dalit”, la casta degli “intoccabili”, stanno svolgendo un digiuno di massa nelle vie della capitale indiana, Nuova Delhi, in segno di protesta verso le discriminazioni di cui sono oggetto.
Anche se la Costituzione indiana riconosce uguaglianza di diritti ai cittadini, i “dalit” continuano ad essere discriminati nelle pratiche sociali. Le difficoltà, poi, aumentano se questi si dichiarano cristiani o musulmani.
“Benedetto sei tu, Signore, per il nuovo giorno che ci fai vivere nel tuo amore. Dà la tua forza ai cristiani nel mondo, che non possono professare la loro fede!”. Un’intenzione di preghiera semplice, a mezza voce, di suor Suzanne del Mali apre le lodi della domenica, dopo un lungo silenzio. Già in questo appare una nota caratteristica della Chiesa del Marocco: umiltà e universalità. Con altre tre suore del Mali vive a Notre Dame de la paix la disponibilità e il servizio di una casa diocesana di accoglienza nel quartiere europeo di Agdal.
Recentemente un giornalista mi ha chiesto se la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), che si terrà tra meno di un mese a Madrid, possa essere considerata come un antidoto o una forma di prevenzione rispetto al fenomeno delle sette e delle nuove religiosità. La mia risposta affermativa è stata semplice, ma penso che una domanda così intelligente e profonda come questa meriti una risposta più estesa, che vorrei dare qui in qualche modo.
Nell’agosto del 2010, Papa Benedetto XVI, principale promotore di questo evento ecclesiale, ha pubblicato un lungo messaggio per invitare i giovani di tutto il mondo alla GMG di agosto del 2010. Questo documento può darci un’idea del perché la GMG può rappresentare un buon elemento di prevenzione (e guarigione) di fronte alla realtà delle sette.
La società narcisista in cui viviamo valorizza l'efficacia e rende culto a ciò che è giovane e bello. La vecchiaia è un controvalore e non viene stimata la “saggezza del cuore” rappresentata dagli anni. A causa di questa cultura e di altri fattori sociali, a volte gli anziani sono per alcuni figli un peso che ci si passa dagli uni agli altri, e molti finiscono per essere abbandonati. In questa stessa società, tuttavia, i nonni sono più protagonisti di quanto sembra, perché non pochi di loro sono attualmente un aiuto imprescindibile per quelle coppie giovani che, visto che sia il marito che la moglie lavorano fuori casa, vedono nei genitori la migliore assicurazione dell'educazione dei propri figli.
Un cospiratore capace e astuto che ha fondato una potente organizzazione cattolica? No, un prete con una profonda umanità che ha fatto del perdono, della compassione, della bontà, la sua missione e la sua testimonianza.
Questo è quanto emerge da “There Be Dragons” una pellicola sul fondatore dell'Opus Dei, che verrà presentata in anteprima il 30 luglio prossimo al Fiuggi Family Festival.
Il film diretto da Roland Joffé, già regista di “Mission” e “Urla del silenzio”, narra la storia di san Josemaría Escrivá de Balaguer nel contesto della guerra civile spagnola.
l Servizio Gesuita per i Rifugiati (Jesuit Refugee Service, JRS) ha chiesto aiuto per portare avanti un progetto di estensione dei servizi che realizza attualmente con i rifugiati somali in Etiopia e Kenya.
In un comunicato, il direttore del JRS per l'Africa Orientale, padre Frido Pflueger, spiega che il progetto concreto d'azione consiste nell'estendere l'assistenza ai rifugiati del campo di Dollo Ado, in Etiopia.
Per questo, il JRS “si sta accordando con l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNCHR) per iniziare a fornire servizi psicosociali ed educativi nel campo”.
Le vite cambiano. Nel 1999, Paolo Vigevano – storico editore di Radio Radicale e, insieme a Sergio Stanzani, costruttore principe dell’«impresa radicale» per conto di Pannella – vince più di un terno al lotto. Gli viene presentato un mecenate, il cui intervento, in termini di apporti economici, può evitare di rendere fallimentare la situazione debitoria in cui versano i radicali: sono circa 30 i miliardi di vecchie lire da pagare ai fornitori delle iniziative dell’ultimo anno volute da Pannella.
Proprio ieri si rifletteva su queste colonne a proposito dei fermenti nel mondo cattolico e dei pensieri su una eventuale aggregazione politica. E allo stesso tempo si registrava una certa qual confusione tra i politici cattolici – ma anche tra i vescovi – sui criteri di una tale eventuale aggregazione. Si chiariva allora che nulla c’è da inventare perché il Magistero ha già indicato molto chiaramente i princìpi non negoziabili – vita, famiglia, libertà di educazione – quale fondamento di ogni serio impegno politico per l’edificazione del bene comune.
Due (anzi, una coppia di) omosessuali palestinesi hanno ottenuto lo status di rifugiati in Italia, il bengodi dell’accoglienza. Dice l’Ansa (26 luglio 2011) che il Tribunale di Roma, «dopo numerose udienze», ha riconosciuto la «particolarità» del caso di due «omosessuali visibili in un contesto di guerra e occupazione militare». I due, attraverso la Germania, avevano cercato di raggiungere il Nord Europa. Nel 2005. Però, «bloccati», erano stati «dirottati su Verona». Qui avevano fatto la loro prima richiesta di asilo politico. Richiesta respinta. Ma non avevano demorso e, finalmente, ce l’hanno fatta. La cosa è riferita dal Circolo Pink di Verona e da Antagonismo Gay di Bologna. Fin qui la notizia. Ma diverse domande sorgono spontanee.
E’ insopportabile che, per superficialità o frettolosità, si sia fatto passare il folle assassino norvegese per un “cristiano”. Cristiane semmai sono le sue vittime (“non potevo nuotare, i vestiti mi trascinavano… ho pregato, pregato, pregato” ha riferito Roset, uno studente liceale).
In odio all’Islam peraltro ha ucciso dei cristiani.
Non si può e non si deve uccidere nessuno, chiunque esso sia. Questa è la base del cristianesimo. Non ci voleva tanto a capire che l’universo spirituale e morale di Anders Breivik è all’opposto del cristianesimo.
Perché mai dunque definirlo “cristiano”? Perché lui si definiva “cristiano culturale”? Beivik si diceva anche “massone”, essendo affiliato – a quanto pare – a una loggia di Oslo (del resto ricava dalla letteratura esoterica i suoi deliranti riferimenti a templari e cose simili).