Ha raccontato la sua conversione e la sua uscita dal mondo omosessuale: «Dio mi ha guidato, anche attraverso i consigli dei sacerdoti che ho consultato consultato. Una vita sessuale attiva con una persona del mio stesso sesso non mi ha potuto portare la felicità. A poco a poco mi sono reso conto che più tempo passavo senza fare sesso, e più mi sentivo meglio, ero felice, ero una persona stabile. Così ho cominciato ad essere attento e sono stato attratto dalla vita di castità. È stato un percorso lungo, a volte difficile, ma di certo emotivo e spirituale».
Questo percorso -racconta Márquez su http://www.religionenlibertad.com/articulo.asp?idarticulo=14794 - gli ha permesso di trovare finalmente quello che stava cercando rifugiandosi nelle braccia di altri uomini. Ricordando il suo passato, ha affermato: «la Chiesa cattolica non mi ha mai respinto, né abbandonato. L’omosessualità non è genetica e non si nasce omosessuali. Non ci sono i gay o gli omosessuali, ci sono uomini e donne che hanno attrazione verso lo stesso sesso. Conosco entrambi i mondi, quello omosessuale e quello eterosessuale, e so che nel cosiddetto “stile di vita gay” nessuno può essere felice».
Definisce il mondo omosessuale come pieno di «insicurezza, paura, insoddisfazione, rabbia, vuoto profondo e in molti casi, riempito con la promiscuità, la dipendenza dal sesso, la pornografia, la droga, l’alcol e l’infinita ricerca di amore attraverso relazioni distruttive e co-dipendenti».
Secondo P. D’Ambra, missionario Pime a Zamboanga, la situazione è sotto controllo e la maggioranza dei musulmani è disinteressata all’accaduto. Prosegue a Zamboanga il dialogo interreligioso fra cristiani e musulmani organizzato dal movimento di Silsilah.
Il Paese si confronta con le conseguenze del terremoto e dello tsunami. Almeno 25mila morti o dispersi; 126mila persone senza casa e senza lavoro vivono in ricoveri temporanei, senza un “dignitoso livello di vita”, come garantito dalla costituzione. Va ripensata anche la politica energetica nucleare.
Il matrimonio come via alla santità, al pari della vocazione alla verginità, è l’assunto centrale della Bottega dell’orefice, il magnifico testo teatrale di Papa Giovanni Paolo II, scritto nel 1960, quando Karol Wojtyla era ancora Vescovo di Cracovia. Tre dialoghi tra altrettante coppie si succedono secondo il ritmo paziente della coscienza che riflette sul passato e sulle scelte decisive per l’esistenza. Un personaggio accomuna le tre storie, quell’orefice che non prende mai direttamente la parola. La verità delle sue parole è rievocata nei dialoghi delle coppie.
Nell’enciclica Caritas in veritate Benedetto XVI ha denunciato «un eclettismo culturale assunto spesso acriticamente», in cui all’insegna del relativismo le culture sono «considerate come sostanzialmente equivalenti e tra loro interscambiabili». In realtà, secondo il Pontefice, le culture possono e devono essere oggetto di un «discernimento» alla luce della «legge morale universale», che la ragione può conoscere anche a prescindere dall’insegnamento religioso e che vale per ogni cultura. Una delle forme più aggressive del moderno relativismo culturale, promossa soprattutto da alcune tendenze dell’antropologia che hanno però contagiato anche missionari cristiani, è il relativismo antropologico, secondo cui non esistono verità e valori universali. Ogni verità presunta universale sarebbe un semplice prodotto di una determinata cultura e varrebbe solo all’interno di quella cultura. Chi volesse perciò proporre verità e valori nati in Occidente a popolazioni di altre zone della Terra, soprattutto «primitive», si renderebbe colpevole di genocidio culturale e di «etnocidio».
l parroco della cattedrale di Kathmandu all’inizio del mese di aprile, ha chiesto a tutti i cattolici di non introdurre borse e contenitori all’interno delle Chiese, dopo una serie di esplosioni contro auto pubbliche registrate nella regione del Terai (Nepal meridionale), costate un morto e oltre 50 feriti. Negli ultimi anni, in questa regione si è registrata una grande attività degli estremisti indù legati al Nepal Defence Army (Nda). Il gruppo è responsabile dell’attentato alla cattedrale dell’Assunzione di Kathmandu - il 23 maggio 2009, persero la vita tre cristiani e tredici rimasero feriti - degli attacchi alla sede del Congress Central Party dell’11 agosto 2010 ed alla moschea di Birantnagar del 26 aprile 2010 ed è anche sospettato della morte di padre John Prakash, di origine indiana, rettore della scuola salesiana di Sirsya (Morang) - “primo martire della Chiesa nepalese” - ucciso nel luglio 2007 a Bandel, villaggio a 45 chilometri dalla città di Kolkata.
Caro Vittorio, mi sembra doveroso dedicare il nostro «A Tavola» alla notizia della settimana, e probabilmente dell’anno: l’uccisione di Osama Bin Laden il re del terrore, l’ispiratore degli attentati dell’11 settembre. È stato «giustiziato» da un commando americano ad Abbotabad, non lontano dalla capitale pakistana Islamabad. Che cosa pensi di questo blitz che il 1° maggio ha tolto di mezzo il terrorista più famoso e ricercato del mondo?
Caro Andrea, a me tutta questa vicenda è parsa al contempo ridicola e tragica…