L’islam fondamentalista aggredisce i simboli della nostra civiltà, e noi ci allarmiamo ovviamente per l’attacco materiale mentre ci sfugge quello simbolico. L’attentato all’aereo per Detroit era stato programmato per il giorno di Natale: un aereo doveva saltare per aria nel nome di Allah. L’attentato è fallito; l’aggressione al fondamentale simbolo della cristianità rimane - anche se l’azione, cioè l’atto materiale, non ha raggiunto il suo scopo - come un gesto altamente significativo per quel mondo islamico che tanto ci odia.
Se noi volgiamo lo sguardo alle più clamorose iniziative terroristiche dell’islam (come a quelle apparentemente di minor rilievo) ci accorgiamo che innanzitutto l’attacco è rivolto a un simbolo dell’Occidente, a uno di quei simboli più detestati dal fondamentalismo islamico. Si pensi per esempio, alla distruzione delle Torri Gemelle newyorchesi, simboli della potenza economica americana, quella potenza che gli arabi considerano la prima ragione dell’imperialismo espansionistico occidentale.
Sebbene l’area sia sotto una neve altissima, si attendono migliaia di fedeli per i funerali. Il governo non permette l’esposizione delle insegne episcopali; vieta la pubblicazione di necrologi e permette solo a tre sacerdoti di presenziare al rito. Nel 2009 sono morti 7 vescovi cinesi. In Cina rimangono 94 pastori.
Riedificare la società attraverso l’amore, incoraggiare i cristiani ad assumere un ruolo attivo nella fede per diffondere il messaggio di speranza del Vangelo ed esprimere la presenza viva di Cristo. Queste le sfide contenute nel nuovo libro di Carl Anderson “Una civiltà dell’amore. Ciò che ogni cattolico può fare per trasformare il mondo”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. In occasione della presentazione del volume, avvenuta recentemente presso la Sala Marconi della nostra emittente, è giunto anche il messaggio di saluto del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone.
I Re Magi hanno fatto visita ai bambini della Galilea, ai bambini ebrei e a quelli arabi: due incontri di festa, che si sono svolti per il quinto anno consecutivo alla Domus Galileae, centro internazionale gestito nei pressi di Korazim dal Cammino Neocatecumenale. Circa 800 gli ebrei riuniti sabato nell’Auditorium di questo centro, che sorge sul monte delle Beatitudini, accanto al luogo dove Giovanni Paolo II celebrò la Messa nel 2000 insieme a circa 100 mila fedeli: giovani e bambini, famiglie giunte dai kibbutz della zona di Tiberiade, ma anche da Tel Aviv, Gerusalemme, Ashkelon.
L’arcivescovo di Lima, cardinale Juan Luis Cipriani, nel suo programma radiofonico “Dialoghi di fede”, rivolgendosi ai candidati delle prossime elezioni politiche ha chiesto loro, sabato scorso, di “pensare di più alle leggi e provvedimenti che possono rinforzare la famiglia”.
“Un passo indietro per quanto riguarda la protezione della vita”: la Conferenza episcopale spagnola ribadisce quanto affermato, in merito alla riforma della legge sull'aborto, nella dichiarazione pubblicata il 17 giugno dalla Commissione permanente e fatta propria dall’Assemblea plenaria il 27 novembre. Secondo i vescovi spagnoli, la riforma inizia a trattare l’aborto come un diritto della donna, si impone nel sistema educativo la propaganda dell’aborto, e inoltre si definisce la salute della donna – che, posta in pericolo, sarebbe una delle ragioni per abortire - come “benessere sociale”, oltre che “fisico e psichico”.