Novena a San Vincenzo de Paoli

Primo giorno
I. Ammirabile s. Vincenzo, che, malgrado i vostri meravigliosi progressi nello studio o nella pietà, per cui, se ancora studente vi venne affidata l’altrui istruzione, ancor giovinetto eravate additato come modello dei più perfetti, aveste sempre un sentimento così basso del vostro merito da non ascendere ai sacri Ordini che per principio di obbedienza; per quella eroica rassegnazione con cui nei primi anni del vostro sacerdozio, aggresso, ferito, imprigionato, e per tre volte venduto, sosteneste tutti i disagi della schiavitù la più dura, ora fra le barche di un pescatore, ora fra i fornelli di un farmacista, ora nell’impuro deserto di un rinnegato cristiano, o per quella edificazione che voi desto a diversi vostri padroni, giungendo fino a convertirli l’uno dal maomettismo e l’altro dall’apostasia,impetrate a noi tutti la grazia di tanto più crescere nella virtù, quanto più ci avanziamo negli anni, o di aver sempre il concetto più basso di noi medesimi, onde non lagnarci giammai dei torti a noi fatti dai nostri prossimi, anzi di sempre più edificarli con la nostra rassegnazione, quanto più essi ci andassero travagliando con le loro ingiuste persecuzioni.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
II. Ammirabile s. Vincenzo, che intenerito alla vista dei mali orrendi ond’erano desolati tutti i vostri connazionali, ridotti a tanta miseria da mangiare la terra dei campi, rosicchiare la scorza degli alberi, divorare gli stracci che li coprivano, e poi disotterrare i cadaveri per triturarne le ossa e farne pane, procuraste con tanta efficacia il loro sollievo da sostentare con le vostre elemosine, non solo più di trenta città, duecento paesi nel Bearneso, nella Lorena, nella Piccardia, e nella Sciampagna, ma ancora la stessa metropoli del vostro regno, provvedendo di nutrici e di madri i bambini abbandonati lungo le vie, sottraendo alle miserie od ai pericoli più dì novecento fanciulle esposto alla militare licenza ed ai vizi che sono proprii dell’oziosità mendicante,più di quarantamila accattoni vagabondi per le vie di Parigi, oltre il dispensare della vostra casa venticinquemila braccia di panno per ricoprire gli ignudi, e quindicimila refezioni ogni giorno per satollare gli affamati, mentre voi, fatto arbitro delle reali ricchezze in qualità di elemosiniere generale, vi contentaste d’orzo e di biada pel vostro ordinario sostentamento, degnatevi di riguardare con occhio di compassione i tanti urgenti bisogni della nostr’anima, e di perorare per modo la di lei causa appresso Dio, da farla ricca di grazie ed abbondante di meriti, onde assicurarci il possesso della felicità sempiterna.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
III. Ammirabile s. Vincenzo, che non contento di adoperarvi per cinquanta e più affili al sollievo e alla santificazione dei fanciulli, dei vecchi, degli ammalati e fin dei prigionieri i più delinquenti, dispensando loro immensi sussidi pei corporali bisogni, e istituendo confraternite destinate a porgerli loro perpetuamente, soccorreste a guisa di apostolo i più abbandonati paesi, onde erudirli con le missioni nella scienza divina della salute, mentre più di ottocento persone in ogni anno si raccoglievano d’intorno a voi in spirituale ritiro nella celebre casa di s. Lazzaro; e risoluto di estendere a tutti i luoghi e a tutti i tempi così insigni beneficenze, trasfondeste il vostro spirito in un numero infinito di sacerdoti e di vergini che tutto giorno rinnovando in ogni parte del mondo i prodigi della vostra carità, raccogliendo abbandonati, assistendo infermi, istruendo ignoranti, evangelizzando poveri, convertendo peccatori, e spargendo dappertutto il buon odore di Cristo, impetrate a noi tutti la grazia di adoperarci sempre nel miglior modo per la salute così temporale come spirituale di tutti i nostri fratelli, onde assicurarci quella gloria particolare che è promossa ai più distinti campioni della virtù la più bella, qual è la evangelica carità.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
In un piccolo paese della Guascogna, in Francia, da una famiglia di contadini, nel 1581 viene alla luce Vincenzo de’ Paoli. Nonostante la sua adolescenza trascorra nei campi, il suo acume viene notato da un benefattore che gli offre la possibilità di studiare, tanto che nel 1600, a soli 19 anni di età, è ordinato sacerdote, mentre la laurea in teologia arriverà nel 1604. Apre una scuola privata ma contrae molti debiti; inoltre, durante un viaggio in nave da Marsiglia a Narbona, la sua nave viene assalita dai pirati; Vincenzo è fatto prigioniero e venduto come schiavo a Tunisi. Riuscirà a riconquistare la libertà e a tornare in Francia due anni più tardi grazie al suo terzo padrone, che nel frattempo si è convertito al cristianesimo.
Nel 1612 a Vincenzo viene finalmente affidata la parrocchia di Clichy, alla periferia di Parigi. Questo incarico gli consente di conoscere il cardinale Pierre de Bérulle che sarà per molto tempo il suo padre spirituale. Inizia quindi la sua attività di catechista, ma l’anno successivo diventa precettore dei figli dei marchesi di Gondi, dove rimane quattro anni. È qui che Vincenzo si rende per la prima volta conto dell’enorme divario esistente tra ricchi e poveri, non solo da un punto di vista materiale e sociale, ma anche dal punto di vista culturale e morale. Le sue preoccupazioni sono condivise dalla marchesa Gondi che gli mette a disposizione un’ingente somma di denaro affinché venga istituita una missione di predicazione quinquennale tra i contadini delle sue terre. Vincenzo però non trova altri sacerdoti che lo affianchino in questo incarico e rinuncia, abbandonando temporaneamente il castello e andando a lavorare nella parrocchia di campagna di Chatillon-le-Dombez. Ma qui il contatto con le miserie dei contadini lo scuote ancora più nel profondo.
Come primo atto da parroco, Vincenzo si prende carico di una famiglia ammalata che non ha di che mangiare: organizza, allora, una catena di solidarietà tra i parrocchiani che riesce alla perfezione. Si rende conto, però, che finita questa elemosina, la famiglia sprofonderà nuovamente nell’indigenza: si rende necessaria, pertanto, un’organizzazione più efficiente, a lungo termine, che serva questa e le altre famiglie bisognose del territorio. Il 20 agosto 1617 prende vita così la prima cellula della Carità vincenziana. A occuparsene, come la società impone, sono tutte donne, che si chiameranno “Serve dei poveri”. L’associazione cresce a livello esponenziale e in tempi record ottiene l’approvazione del vescovo di Lione. Vincenzo ha capito che è l’amore a muovere tutte le cose e ha scelto di dedicarsi interamente a questo: trasmettere agli altri almeno un po’ di quell’amore con cui sente di essere profondamente amato da Dio.
Vincenzo torna al castello di Gondi, ma stavolta per occuparsi solo della promozione umana e materiale dei contadini. Poi si trasferisce a Parigi, perché è nelle città che le differenze sociali tra chi ha tutto e chi non ha niente sono maggiori: sente che è qui che deve intervenire. Nella capitale presto molte nobildonne ansiose di fare beneficenza e di contribuire economicamente alle sue opere, cercano “Monsieur Vincent”: nascono così le Dame della Carità, che nelle loro fila annoverano addirittura la futura regina di Polonia. L’opera più importante che riescono a realizzare, nel 1634, è l’apertura di un ospedale cittadino. Ma le Dame non bastano: sia come numero sia perché, data la loro posizione sociale, non possono attendere alle occupazioni più umili. Nel 1633, allora, Vincenzo fonda una Congregazione femminile innovativa per l’epoca: le Figlie della carità, che non saranno “monache”, lontane dal mondo e dedite alla contemplazione, bensì “suore”, sorelle degli ultimi, che vivono accanto a loro nel mondo e di loro si occupano quotidianamente. Insomma, anche le consacrate, per la prima volta, prendono parte all’apostolato attivo. Ancora oggi le Figlie della Carità sono la famiglia religiosa femminile più grande della Chiesa.
Ma l’opera di Vincenzo non si limita solo alle suore. Già dal 1618 aveva iniziato a predicare la Parola di Dio nei villaggi e molti sacerdoti si erano uniti a lui: ne era nata una nuova comunità, che godeva del supporto economico della famiglia Gondi; tra le regole, la necessità di fare vita comune, rinunciare alle cariche ecclesiastiche più ambite, occuparsi dell’assistenza spirituale dei galeotti e dell’insegnamento del catechismo. Si tratta della Congregazione della Missione, più tardi detta dei Lazzaristi, dal priorato di San Lazzaro in cui aveva sede. Vincenzo si rende conto che spesso all’ignoranza dei contadini si associa una cattiva preparazione dei sacerdoti che dovrebbero occuparsi di loro: così si impegna anche nella formazione del clero, promuovendo gli esercizi spirituali e dando vita alle “conferenze del martedì”: incontri in cui i sacerdoti raccontano le proprie esperienze di apostolato attivo e stimolano vicendevolmente le loro vocazioni alla santità.
Vincenzo muore a Parigi il 27 settembre 1660. Ha 79 anni. Non lascia nessun’opera scritta: il suo capolavoro è stato la Carità. Una carità che è amore che non distingue tra quello verso Dio e quello verso il prossimo. Una spiritualità, quella vincenziana, che si fonda sulla duplice scoperta di Cristo e dei poveri, sulla coincidenza tra preghiera e azione, un impegno che è nel mondo e per il mondo e si concretizza nell’evangelizzazione come nella promozione umana. I suoi figli religiosi, perciò, si rifanno solo alle “Regulae” che incarnano le caratteristiche dello spirito vincenziano: semplicità, umiltà, mansuetudine, mortificazione e zelo per la salvezza delle anime. San Vincenzo de‘ Paoli viene canonizzato da Clemente XII nel 1737, mentre nel 1885 Papa Leone XIII lo proclama patrono di tutte le Associazioni cattoliche di carità.
Fonte: https://www.vaticannews.va/