Novena a San Charbel (Giuseppe) Makhluf

Nono giorno
O Padre San Charbel, eccomi alla fine della novena. Il mio cuore si rallegra quando ti parlo. Ho piena fiducia che mi otterrai da Gesù la grazia che chiedo per tua intercessione. Mi pento dei miei peccati e propongo di non ricadervi più.
Ti prego di ottenermi la grazia che ardentemente chiedo…. (esprimerla).
San Charbel, coronato di gloria, intercedi per me!
Signore, che ascolti le preghiere di San Charbel, e gli hai accordato la grazia di unirsi a Te, abbi pietà di me nell’afflizione e salvami da ogni male. A Te Gloria, lode e azioni di grazie nei secoli eterni. Amen
Padre nostro - Ave Maria - Gloria al Padre.
Meditazione: tutta la vita di San Charbel fu un riflesso delle eccelse virtù della Santissima Vergine Maria. Possa la devozione alla Vergine garantire anche la nostra salvezza.
San Charbel (Giuseppe) Makhluf
“Ogni uomo è una fiamma, creata da nostro Signore per illuminare il mondo. Ogni uomo è una lampada, che Dio ha fatto per brillare e dare luce”.
Youssef Antoun è figlio di contadini e vive con i quattro fratelli in un villaggio del Libano. La sua infanzia finisce presto: a tre anni muore il padre, ma la madre si risposa con un uomo pio che alla fine, secondo l’usanza orientale, diventa sacerdote. Per Youssef è una gioia ascoltarlo, come è una gioia parlare dei due zii eremiti nella Valle dei Santi. Per lui sono supereroi e vorrebbe seguirne l’esempio, ma non può: deve aiutare la famiglia, gli dicono, e così a dieci anni inizia a fare il pastore, ma trascorre tutto il suo tempo libero e pregare in una grotta, oggi meta di pellegrinaggi e chiamata “la grotta del Santo”. Fino a quella notte.
Non è che prima Youssef non avesse sentito il Signore che lo chiamava a sé, solo non voleva disobbedire al volere della famiglia. Quella notte, però, la voce del Signore è particolarmente nitida, insistente… non ce la fa più: si alza, e senza salutare nessuno, prima che faccia giorno è già in viaggio verso il monastero di Nostra Signora di Mayfouq. È il 1851 e lui ha 23 anni. In pochi mesi diventa monaco dell’Ordine libanese maronita e cambia il proprio nome in Charbel, che in siriaco significa “il racconto di Dio”. Viene trasferito un paio di volte, studia assiduamente teologia e si occupa di poveri e ammalati, in obbedienza alle missioni che via via gli vengono affidate, compreso il lavoro nei campi. Ma sono la preghiera e la contemplazione, le attività che preferisce.
Nel 1875 frate Charbel si sente pronto a vivere secondo la Regola degli eremiti dell’Ordine maronita, che prevede i monaci divisi in piccole comunità di massimo tre. Per lui è come una seconda nascita: può lavorare, pregare, osservare la penitenza, il digiuno e il silenzio. Le testimonianze riferiscono di un monaco zelante, spesso sorpreso a pregare con le braccia aperte, in una cella poverissima, che lascia solo per celebrare la Messa o quando gli viene espressamente ordinato. Fino a quel giorno, a Natale. È proprio durante la Messa che Charbel si sente male, al momento dell’elevazione. Dopo un’agonia di otto giorni in cui gli altri monaci lo sentono pregare e in cui continua a osservare la Regola – rifiutando, ad esempio, del cibo più nutriente – si spegne. È il 1898.
Ma la morte, come sappiamo, non è la fine. Dopo qualche mese iniziano a verificarsi prodigi. Molti monaci giurano di vedere la tomba di frate Charbel, di notte, illuminata da luci non naturali, così un giorno viene aperta e il suo corpo viene ritrovato intatto, con la temperatura corporea di un vivente. E questo accadrà altre due volte, quando sarà aperta di nuovo perché il corpo trasuda un misto di sangue e acqua. Durante l’ultima ricognizione, nel 1950, il suo volto rimane impresso su un panno e si verificano molte guarigioni istantanee tra i presenti intervenuti. Si diffonde la fama di santità di questo piccolo monaco silenzioso che inizia a essere invocato e, per sua intercessione, si moltiplicano le guarigioni miracolose. La Chiesa non ha più dubbi: è Paolo VI a beatificarlo e poi a canonizzarlo. Lo ricorda così: “Egli può farci capire, in un mondo affascinato dal comfort e dalla ricchezza, il grande valore della povertà, della penitenza, dell’ascetismo, per liberare l’anima nella sua ascensione a Dio”. Dopo la beatificazione, il corpo di frate Charbel non ha più trasudato.
Fonte: https://www.vaticannews.va