Novena a San Matteo apostolo

Primo giorno
I. Per quell’ammirabile prontezza, con cui voi, o glorioso s. Matteo, abbandonaste l’impiego, la casa e la famiglia per conformarvi agli inviti di Gesù Cristo, ottenete a noi tutti la grazia di approfittar sempre con giubilo di tutte le divine ispirazioni.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
II. Per quell’ammirabile umiltà con cui voi, o glorioso s. Matteo, scrivendo prima d’ogni altro il Vangelo di Gesù Cristo, non vi qualificaste altrimenti che col nome di pubblicano, impetrate a noi tutti la grazia di sprezzare la vana stima e i falsi onori del mondo per non apprezzare che la grazia divina e tutto quello che serve a conservarcela.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
III. Per quell’ammirabile mortificazione in cui voi, o glorioso s. Matteo, passaste tutti i giorni di vostra vita non alimentandovi mai che di erbe selvatiche e di legumi, ottenete a noi tutti la grazia di mortificare continuamente il nostro spirito e la nostra carne per viver sempre obbedienti ai’precetti santissimi dell’Evangelo.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
IV. Per quell’ammirabile potere che voi, o glorioso s. Matteo, esercitaste sopra la morte e l'inferno, richiamando a nuova vita la defunta figlioola del re d’Etiopia, e liberando il popolo da quei mali con cui l’opprimevano, col soccorso del demonio, i Gentili impostori, ottonete a noi tutti la grazia di scoprir sempre le insidie dell’infernale nemico per sempre trionfare completamente dei suoi assalti.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
V. Per quell’ammirabile predilezione che voi, o glorioso s. Matteo, professaste mai sempre alla virtù della castità, onde induceste a professarla con voto, non solamente la real principessa Ifigenia, ma ancora un numero assai grande di donzelle che si unirono a lei, per cui meritaste di soffrire il martirio in quel momento in cui offrivate sopra l’altare l’Ostia immacolata, ottenete a noi tutti la grazia di custodire sempre gelosamente una virtù così bella, e di inculcarne la pratica ai nostri prossimi, onde assicurarci quel premio che è specialmente riservato a tutti i mondi di cuore.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
Levi organizzò un grande banchetto per Gesù che vi andò con i suoi discepoli suscitando sconcerto tra scribi e farisei perché vi erano alla mensa anche pubblicani e peccatori. La risposta di Gesù colpì molto Matteo. “Non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati”, disse il Nazareno aggiungendo: “infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Matteo, che era un peccatore, lasciò tutto e si mise a seguire Gesù, divenendo uno dei Dodici. Viene nominato alcune volte anche negli Atti degli Apostoli. L’annuncio di Cristo sarà la sua missione. Secondo alcune fonti, sarebbe morto per cause naturali mentre, secondo alcune tradizioni considerate poco attendibili, la sua vita ebbe termine in Etiopia. Nella descrizione dei quattro esseri dell’Apocalisse (aquila, bue, leone, uomo) San Matteo viene associato a quello dall’aspetto d’uomo. Le sue reliquie si trovano nella cripta della Cattedrale di Salerno, dove viene festeggiato il 21 settembre con una solenne processione.
E’ l’autore del Vangelo di Matteo, che venne scritto non in greco ma quasi sicuramente in aramaico. Il Vangelo di Matteo è scritto pensando ai cristiani di origine ebraica: nel testo si sottolinea che Gesù è il Messia che realizza le promesse dell’Antico Testamento.
La sua figura è cara all’iconografia. Particolarmente nota la “Vocazione di San Matteo” dipinta dal Caravaggio fra il 1.599 e il 1.600, custodita nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. Un dipinto suggestivo nel quale gioca un ruolo fondamentale la luce, simbolo della grazia, che non proviene dalla finestra ma da Gesù. Una scena che coinvolge particolarmente nell’azione drammatica: il dito di Gesù indica Matteo che a sua volta indica se stesso come a chiedere una conferma della chiamata. La vicenda di San Matteo e il dipinto di Caravaggio hanno segnato la vita di Papa Francesco. Lo racconta lui stesso nell’intervista del 2013 con padre Antonio Spadaro su La Civiltà Cattolica, nella quale, proprio in rapporto alla figura di San Matteo, si definisce “un peccatore al quale il Signore ha rivolto i suoi occhi”.
Fonte: https://www.vaticannews.va/