Novena a San Gaetano Thiene

Terzo giorno
I. O viva immagine di angelica illibatezza, glorioso patriarca s. Gaetano, che, affidato fin dall'infanzia alla custodia d'un Serafino, e visibilmente investìto dallo Spirito Santo, vi deste a conoscere con ogni genere di virtù, per un apostolo destinato ariformare i costumi, e ristorare la pietà nei tempi i più difficili della Chiesa, impetrate a noi tutti la grazia di cancellare con efficace contrizione o con costante penitenza tutti quei falli che possono avere contaminata l’anima nostra in passato, affinché a vostra imitazione possiamo conservarci giusti fino alla morte.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
II. O infaticabile apostolo dell’Italia, glorioso patriarca S. Gaetano, che tutte le sostanze e tutta la vita consacraste a promuovere la gloria di Dio con l'erezione di nuove chiese e con l'istituzione di nuove compagnie, a sovvenire i bisogni del prossimo con la fondazione degli ospedali e con la personale assistenza ai poveri ed agli infermi, convertire i peccatori con la predicazione la più eloquente, con le lettere le più edificanti, e con gli esempi i più luminosi, impetrateci dal Signore uno zelo simile al vostro, affinché possiamo ancor noi con la santità della vita guadagnare tante anime a Gesù Cristo, quante ne avessimo da lui allontanato con i nostri scandali per il passato.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
III. O invitto martire dì pazienza e di spontanea mortificazione, glorioso patriarca s. Gaetano, che, non contento di tollerar sempre in pace le persecuzioni e le calunnie, quindi la ingiusta prigionia e i più crudeli tormenti, mortificaste ancora i vostri sensi a segno tale da non compiacere il vostro odorato se non con il fetore degli ospedali, da non accordare, nemmen di passaggio, ai vostri occhi la vista degli spettacoli i più innocenti, da non appagare il vostro gusto se non con lunghi digiuni, da non vezzeggiare le vostre carni se non con catene di ferro e con asprissime discipline, impetrate a noi tutti la grazia di soffrire pazientemente le persecuzioni dei nostri nemici e di mortificare in ogni cosa i nostri sentimenti, affinché giubilando come voi in mezzo ai patimenti, possiamo un giorno partecipare a quella gloria che vi beatifica come martire in paradiso.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
IV. O serafico amante di Gesù Cristo,glorioso patriarca s. Gaetano, che, inebbriato dalle dolcezze della santissima Eucaristia, non perdonaste mai a fatica per riaccendere la divozione in un secolo in cui era con infinito pregiudizio delle anime dimenticata; per quella purità, per quel fervore con cui vi accostaste ogni giorno al santo altare, preparandovi spesse volte con più ore d’orazione, per quelle lacrime di tenerezza che versaste nel celebrare il santo Sacrificio, per quella carità che vi mosse a predicar tante volte con il Santissimo fra le mani, e a combattere gli eretici sacramentarii con l’instituzione dei Chierici Regolari tutti dediti all’amministrazione dei santi Sacramenti, impetrate a noi tutti una fervidissima divozione a Gesù Cristo sacramentato, affinché in avvenire attendiamo con ogni impegno a glorificarlo sugli altari con frequenti adorazioni, e riceverlo con profitto nella santissima Comunione.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
V. O specchio di vera perfezione, glorioso patriarca s. Gaetano, che, sapendo fin da fanciullo i sublimi esempi di Gesù Cristo, d’ altro mai non vi curaste che di conformare la vostra condotta a questo divino modello, specialmente con l’esercizio della santa umiltà, abitando sempre fra i poveri, intitolandovi sempre peccatore, eleggendo l’infimo luogo in quella medesima Congregazione della quale eravate il fondatore, otteneteci colla vostra intercessione la grazia di detestare con vero dolore la passata nostra superbia, affinchè in avvenire seguiamo instancabilmente gli esempi luminosi di Gesù Cristo, che si dichiarò special modello di mansuetudine e di umiltà.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
VI. O vero figlio di Maria, glorioso patriarca san Gaetano, che a lei consacrato prima di nascere, metteste la vostra delizia nell'onorare le sue immagini, visitare lo sue chiese, consacrano ogni mattina il vostro innocentissimo cuore, recitandole poi ogni giorno l’Ufficio o la Corona, salutandola ogni momento come vostra signora, vostra madre e vostra sposa; per più i privilegi singolarissimi con cui la medesima premiò il fervoro della vostra pietà, degnandovi spesso dello sue visite, abbevorandovi al suo seno con liquore tutto celeste, presentandovi più volte da vagheggiare o da abbracciare il bambinello Gesù, intercedete a noi tutti il perdono delle passate irriverenze all’adorabile Suo Nome, ed impegnatela con le vostre preghiere a proteggerci come madre, mentre da questo momento pretestiamo di uniformarci fino alla morte ai suoi santissimi voleri con la divozione di veri figli.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
VII. O prodigio di umiltà e di confidenza, glorioso patriarca s. Gaetano, che dispensando ai poverelli tutte le vostre sostanze, e rifiutando le cariche più luminose a voi offerte spontaneamente dagli stessi sommi Pontefici, non che le eredità le più pingui a Voi assegnate dai grandi e dai potenti, sapeste confondere col vostro esempio la dominante avarizia del secolo, o rinnovare nei vostri compagni lo spogliamento e il disinteresse degli Apostoli, e infondere in tutte le persone la confidenza più cieca nella provvidenza di Dio, impotrato a noi tutti la grazia di staccare il nostro cuore dai beni miserabili della terra per consacrarlo tutto a Gesù, affinchè vivendo sempre lontani da ogni mondano desiderio, più facilmente ci solleviamo coi nostri pensieri alla patria beata.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
VIII. O terrestre Serafino, glorioso patriarca s. Gaetano, che tutto acceso di santo ardore foste in procinto di morire nel considerare come la divina bontà veniva indonamente oltraggiata dall’ingratitudine degli uomini, quindi vi desto a scorrere come un angelo le città, le provincie, gl’impegni,per riaccendere nel cuore di tutti la carità quasi spenta, deh! da quel trono di gloria in cui sedete beato, comunicate a noi tutti un raggio di luce che illumini il nostro intelletto a ben conoscere le divine perfezioni, ed una scintilla del vostro ardore partecipato all’anima nostra, affinchè in altro non ci occupiamo per l’avvenire che nel piangere le passate ingratitudini e nell’amare quel Dio che è l'unico sommo bene meritevole del nostro amore.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
IX. O ammirabile taumaturgo, glorioso patriarca s. Gaetano, che, sempre obbedito da tutta la natura, vedeste ad un vostro cenno rassodarsi le acque, svanire le tempeste, estinguersi gli incendii, quindi ritornare la serenità ai tribolati, la sanità agli infermi, la vita ai morti, anzi fuggire il demonio all’invocazione del vostro nome, mentre eravate ancora in vita, e quel che è più, convertirsi a penitenza sincera i peccatori i più ostinati; deh! rinnovate di grazia sopra di noi i prodigi di vostra potenza, toglieteci questo cuore prodominato da tanto passioni, macchiato di tanti peccati, e dateci un cuore somigliante in tutto al vostro, umile, rassegnato, confidente o fervoroso, affinchè, imitando gli esempi delle vostre grandi virtù in questa terra, venir possiamo dopo morte a partecipare alla vostra gloria nel paradiso.
Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
Responsorio di s. Gaetano.
Chi vuoi godere le grazie
Che Gaetan dispensa,
Alla sua destra affidisi,
Che nel potere è immensa,
Sia nel guarir le fracide
Piaghe e i dolor più acuti,
Sia nel prestar ai miseri
I più potenti aiuti.
Basta una stilla d’olio,
Un fior de’ suoi altari
A fugar Morte e Satana,
A far tranquilli i Mari.
Gli infermi si risanano,
Torna ai dementi il senno
Solo che dì lui facciasi
Con viva prece un cenno.
Che Gaetano eserciti
Su tutto un tanto impero
Lo dice non sol Napoli
Ma l’Universo intero.
Che in Lui il Padre venera
Della fiducia in Dio,
E per lui vede compiersi
Qualunque buon desìo.
Deh! mano sì benefica
Sempre su noi si stenda,
E operatori assidui
D’ogni virtù ci renda:
Onde al primier discioliersi
Del nostro mortal velo,
Da Gaetano ai gaudii
te Partecipiam su in cielo.
Inno a s. Gaetano.
E pur provvida la mano
Che governa l’universo
Non v’ha caso così avverso
Cui non valga a temperar.
Mentre a far de li’almescempio
Manda Satana in Lutero
il più orribile Sparviero
Che apparise in terra e in mar.
A far salvi i figli suoi,
Dio spedisce in Gaetano
Un celeste Pellicano Strugge.
Caro a tutti in ogni età.
Quei bestemmia, abbatte e
Quanto v’ha più venerando
Questi intima eterno bando
ogni specie d’ empietà.
L’uno sparge di disprezzo
Sacerdoti e Sacramenti,
L’altro fa che dei ferventi
Sempre cresca il santo stuol.
L’un trascina i suoi sedotti
Fra i burroni della morte:
L’altro fa la sua coorte
Steminar pei cielo a voi.
L’uno i vergini discaccia
Dai più santi monasteri,
L’altro popola di veri
Serallni ogni città.
L’un denuda i sacri templi
Come le aule del foro;
L’altro cluplica il decoro
D’ogni asil della pietà.
L'un si gloria d’aver tratto
Il saper dal Re d’abisso;
L’altro addda il Crocefisso
Per suo primo precettor.
L’un si vanta d’aver seco
La più perfida genìa;
L’altro ha gli Angioli e Maria
Sempre intenti a fargli onor.
L’uno ha sempre fra Le mani
Ampie tazze spumeggianti,
L’altro ha in braccio il Re dei santi
In sembianza di bambin.
L’uno tenta sempre indarno
D’operar qualche prodigio;
L’altro ha sempre a suo servigio
Quel poter che è senza fin.
L’un produce un nuovo mostro
Nell’ apostata Calvino;
L’altro sa nell’Avellino
Sè medesimo replicar.
Quegli nega ogni soccorso
Che s’attende dall’Eterno;
Questi vince anche l’inferno
Col soltanto in Dio sperar.
Ma, alla fin, che mai veggio
L’un scompar quasi cometa,
L’altro resta, qual pianeta,
In sua luce sempre egual.
Questi ovunque è riverito
Come il simbolo del bene,
Quegli in odio ognor più viene
Come il simbolo del mal.
Oh, beato chi s’affida
All’eterna Provvidenza
Sempre estranea alla temenza,
Spunta espezza ogn’arma ostil.
Poi, correndo pei sentieri
Sparsi ognor d’empirea luce,
Seco tragge e a Dio conduce
L’età verde e la senil.
Deh, dal sen della tua gloria
Noi riguarda, o Tieneo,
Perche ognor, del secol reo
Sprezziàm teco il rio furor.
E affidati a quella destra
Che i potenti ognor protegge,
Di Dio solo amiam la legge,
A Dio sol sacriamo il cor.
Tenuto conto delle conoscenze di famiglia, nel 1506 divenne segretario di papa Giulio II. In questo periodo di permanenza romana ebbe modo di accostare ed ammirare i migliori artisti del tempo e nello stesso tempo la miseria morale presso la curia papale e quindi della città stessa di Roma. Una situazione che lo portò a scrivere: “Roma, un tempo santa, ora è una Babilonia”. Comprese che la migliore riforma era cominciare da se stessi. S’impegnò così nel suo servizio di Curia e si dedicò molto all’oratorio del Divino Amore, sorto da poco a Roma, dedicandosi in particolare ai malati poveri presso l’ospedale di san Giacomo, dove conobbe altri che condividevano il suo stesso desiderio di riforma.
Il 30 settembre 1516 venne ordinato sacerdote, anche se non era un suo espresso desiderio, celebrando la sua prima Messa solo a Natale, in Santa Maria Maggiore. In una lettera a suor Laura Mignani, a cui era legato da amicizia spirituale, scrisse: “Durante la celebrazione eucaristica mi apparve la Vergine, la quale depose tra le mia braccia il suo Bambino”. Col tempo comprese che quel “dono” era la chiesa, che egli doveva salvare dall’immoralità del tempo. Nel 1518 rientrò a Vicenza per assistere la mamma malata e si dedicò al ministero sacerdotale. Qui prese atto che la povertà, l’immoralità e l’ignoranza del popolo erano dovuti alla mancanza di preti o all’incapacità del clero stesso. Cercò in ogni modo di assistere i poveri, di fondare ospedali, di soccorrere quanti erano nel bisogno.
Nel frattempo si faceva spazio in lui la convinzione che non bastava vivere le opere di misericordia, soccorrendo i poveri. Era necessario prevenire queste situazioni e la via maestra era formare i pastori, perché, scrive in una lettera, “Non vi è chi cerchi Cristo crocifisso… mentre Cristo aspetta, nessuno si muove!”. Ed è questa sua premura che lo porterà a implorare da Dio – così scrivono i primi biografi – una richiesta: “Se Dio mi facesse la grazia di trovare tre quattro persone disposte a vivere apostolicamente nella osservanza del vangelo, noi potremmo portare nella chiesa di Dio la riforma da tutti desiderata”.
Tornato a Roma nel 1523, confidò ad alcuni amici - tra i quali Gianpietro Carafa, vescovo di Chieti e poi papa Paolo IV (1555-1559) - questo suo proposito che trovò accoglienza sia in loro che in papa Clemente VII. Il 14 settembre 1525 i primi quattro religiosi fecero la professione in san Pietro. Nasceva la Congregazione dei chierici regolari conosciuti dal popolo come “teatini”, da Teate (Chieti), diocesi del Carafa, primo superiore.
In occasione del Sacco di Roma (1527), Gaetano e i suoi compagni abbandonarono la città e si rifugiarono a Venezia. Qui la congregazione si consolidò, Gaetano divenne ministro generale e dette in questo modo la sua impronta. Vangelo e povertà dovevano camminare insieme, evitando l’elemosina ma sapendo accogliere quanto la Provvidenza donava loro: “Nulla chiedere e nulla possedere… per servire Cristo crocifisso nei poveri”; “Dobbiamo in questa croce crocifiggere i nostri desideri e voleri. E siccome chi sta inchiodato sulla croce non si può muovere da sé, ma col muoversi della stessa croce, così un cristiano crocifisso con Gesù non si deve muovere più di proprio volere, ma ricevere il moto dalla volontà di Cristo”. Questa loro sensibilità li porterà a coltivare una profonda devozione all’Eucaristia, alla Vergine Maria e alla liturgia. Divenuto papa, il Carafa chiese ai Teatini di porre mano alla riforma liturgica del breviario e del messale romano, riconoscendo la loro sensibilità e formazione in materia.
Sarà sempre papa Carafa a chiedere a Gaetano di fondare una casa a Napoli, per risollevare la città. Da Venezia si trasferirono lo stesso Gaetano e alcuni compagni: l’inizio non fu dei più facili: la gente era perplessa di questo mite agire dei “nuovi religiosi” presenti in città, e questa diffidenza non garantiva entrate sufficienti per mantenersi, ma Gaetano invitò a perseverare. Solo col tempo i napoletani compresero la forza e il dono di Dio alla città: l’intensa vita di preghiera e l’attenzione ai singoli poveri e alle loro necessità, fece breccia nei loro cuori. Si pensi solo al diffuso problema dell’usura, una vera piaga della città e in particolare dei poveri, strozzati dai debiti. Insieme al Morinoni, nel 1539 fondò il “Monte di Pietà”, da cui nacque poi il Banco di Napoli. Avviata la Casa di Napoli, Gaetano continuerà ad operare tra Venezia e Napoli, dove morirà il 7 agosto 1547.
Beatificato l’8 ottobre 1629 fu canonizzato il 12 aprile 1671.
Fonte: https://www.vaticannews.va