Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 2 giugno 2025 - Santi Marcellino e Pietro (Letture di oggi)

Quelli che sperano non in sé, ma nel Signore che è il Dio della speranza, riacquisteranno forza, per essere forti in lui e deboli di fronte al mondo. Metteranno le ali della duplice carità , con le quali volare nel cielo come aquile. Correranno per conquistare il premio dell'eterna felicità  e non si stancheranno, perché per colui che ama nulla è difficile. (Sant'Antonio di Padova)

Novena a San Carlo Borromeo

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Primo giorno

I. O glorioso s. Carlo, che prevenuto delle più eletto benedizioni, faceste vostra delizia, anche nell’infanzia, gli esercizii più sodi della pietà, otteneteci, vi preghiamo, un santo abborrimento a tutti i piaceri del mondo, ed un tenero e costante affetto a tutte le pratiche della religione.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

II. O glorioso s. Carlo, che, appena vestito l’abito clericale, diveniste il modello di tutti gli ecclesiastici, con il distacco il più generoso da tutte le cose del mondo, con le zelo il più puro della gloria di Dio, con la sollecitudine la più indefessa per il soccorso dei poveri, otteneteci, vi preghiamo, la grazia che adempiamo come voi fedelmente a tutti i doveri che sono proprii di quello stato in cui piacque al Signore di collocarci.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

III. O glorioso s. Carlo, che elevato ai posti più sublimi della Chiesa, vi sollevaste ancora ad una più intima comunicazione con Dio per mezzo di lunghe meditazioni, di fervorose preghiere, di continui digiuni, di copiose elemosine, o con il disimpegno il più esatto dei pastorali vostri doveri, otteneteci, vi preghiamo, la grazia di crescer sempre ogni giorno nella santità e nella perfezione, che è l’unico mezzo per corrispondere degnamente al beneficio inestimabile della nostra vocazione alla fede.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

IV. O glorioso s. Carlo; che ogni vostro studio impiegaste per fare da tutti osservare esattamente la disciplina di Santa Chiesa, otteneteci, vi preghiamo, la grazia che, amando sempre con tenerezza questa Madre santissima di tutti quanti i fedeli, crediamo sempre fermamente tutto ciò ch’essa insegna, e fedelmente eseguiamo tutto ciò ch’essa comanda.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

V. O glorioso s. Carlo, che, preservato prodigiosamente dalla morte, foste il primo e il più impegnato a perorare la causa di quell’inifluo che aveva lanciato contro di voi il corpo micidiale di una palla infuocata, otteneteci, vi preghiamo, la grazia che siamo sempre i primi ad offrire la pace ai nostri - offensori, o corrispondiamo sempre ai loro indegni trattamenti con altrettanti beneficii.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

VI. O glorioso s. Carlo, che, nelle circostanze le più critiche della vostra diocesi esponeste tante volte la vita per la salvezza delle anime a voi affidate, otteneteci, vi preghiamo, uno zelo somigliante al vostro per la salute spirituale dei nostri fratelli, affinché, amandoli sempre con l'efficacia della carità cristiana, indirizziamo tante animo al cielo, quante ne avessimo sgraziatamente allontanato con la nostra passata condotta.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

VII. O glorioso s. Carlo, che sempre disposto alla morte con la santità di vostra vita, l’accettaste con santa allegrezza, allorquando venne a colpirvi nel mezzo il più glorioso della vostra carriera, otteneteci, vi preghiamo, la grazia di accettare sempre con cristiana rassegnazione tutto quello che di spiacevole al senso piacerà al Signore di mandarci, e fate che la nostra vita sia una continua preparazione alla morte, affinché, quando ci troveremo a quel gran passo, lungi dal provare le angustie desolantissime dei peccatori, godiamo invece quella pace che propria dello anime giusto, o preludio sicuro di quella eterna beatitudine che ci è promessa nel cielo.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

Chi si trova sulle sponde del Lago Maggiore, la vede subito: è la statua di San Carlo Borromeo che domina le acque da Arona. Alta 35 metri, compreso il basamento, costruita nel XVII sec. in rame e ferro, la scultura rappresenta l’Arcivescovo di Milano in atto benedicente. Ma soprattutto, il monumento ha una particolarità: è visitabile al suo interno, grazie ad una lunga scala. Chi si arrampica sui tanti gradini, quindi, può guardare il mondo sottostante attraverso due feritoie poste proprio sugli occhi del Borromeo. Ed ecco l’insegnamento che questo Santo ha lasciato: guardare il mondo attraverso i suoi occhi, ovvero attraverso la carità e l’umiltà.

“Vescovo ragazzino” prima, “gigante della santità” poi, la vita di San Carlo Borromeo scorre tra questi due poli, in un’accelerazione dei tempi direttamente proporzionale alla sua azione pastorale. Brucia le tappe, infatti, il piccolo Carlo: nato il 2 ottobre 1538 ad Arona nella nobile famiglia Borromeo, secondogenito di Gilberto e Margherita, a soli 12 anni riceve il titolo di “commendatario” di un’abbazia benedettina del luogo. Il titolo onorifico gli frutta una notevole rendita, ma il futuro Santo decide di destinare i suoi averi alla carità dei poveri.

Studia diritto canonico e diritto civile a Pavia e nel 1559, a 21 anni, diventa dottore in utroque jure. Pochi anni dopo muore il fratello maggiore, Federico. In molti gli consigliano lasciare l’ufficio ecclesiastico per porsi a capo della famiglia. Carlo decide invece di continuare il cammino sacerdotale: nel 1563, a 25 anni, viene ordinato presbitero e subito dopo consacrato vescovo. In questa veste, partecipa alle ultime fasi del Concilio di Trento (1562-1563), divenendo uno dei principali promotori della così detta “Controriforma” e collaborando alla stesura del “Catechismo Tridentino”.

E mettendo subito in pratica le indicazioni del Concilio, che impone ai Pastori di risiedere nelle rispettive diocesi, nel 1565, a soli 27 anni, Carlo prende possesso dell’Arcidiocesi di Milano, della quale è stato nominato arcivescovo. Totale la sua dedizione alla Chiesa ambrosiana: per tre volte compie una visita pastorale su tutto il territorio, organizzandolo poi in circoscrizioni. Fonda seminari per aiutare la formazione dei sacerdoti, fa costruire chiese, scuole, collegi, ospedali, istituisce la Congregazione degli Oblati, preti secolari, dona ai poveri le ricchezze di famiglia.

Al contempo, Carlo si dedica a riformare profondamente la Chiesa dal suo interno: in un’epoca particolarmente delicata per la cristianità, il “vescovo ragazzino” non ha timori a difendere la Chiesa contro le ingerenze dei potenti e non gli manca il coraggio di rinnovare le strutture ecclesiali, sanzionandone e correggendone le mancanze. Consapevole del fatto che la riforma della Chiesa, per essere credibile, deve iniziare proprio dai Pastori, il Borromeo incoraggia sacerdoti, religiosi e diaconi a credere di più nella forza della preghiera e della penitenza, trasformando la loro vita in un vero cammino di santità. "Le anime – ripete spesso – si conquistano in ginocchio".

L’azione pastorale così realmente stimolata dall’amore di Cristo non gli risparmia ostilità e resistenze. Contro di lui i cosiddetti “Umiliati” – ordine religioso a rischio di derive dottrinali – organizzano un attentato, sparandogli alle spalle un colpo di archibugio, mentre il futuro Santo è raccolto in preghiera. L’attacco fallisce e Carlo continua la sua missione, perché “desiderava Pastori che fossero servi di Dio e padri per la gente, soprattutto per i poveri” (Papa Francesco, Udienza alla Comunità del Pontificio Seminario Lombardo in Roma, 25.01.2016).

Arrivano gli anni ’70 del 1500 e, soprattutto, dilaga la peste: Milano è in ginocchio, piegata dall’epidemia e dalla carestia, può contare solo sul suo arcivescovo. E lui non si risparmia: fedele al suo motto episcopale, “Humilitas”, tra il 1576 e il 1577 visita, conforta e spende tutti i suoi beni per aiutare gli ammalati. La sua presenza tra la gente è talmente costante che il periodo storico verrà ricordato come la “peste di San Carlo” e secoli dopo anche Alessandro Manzoni ne parlerà nel romanzo “I Promessi Sposi”.

L’arcivescovo di Milano gioca un ruolo fondamentale anche nell’arrivo della Sindone in Italia: è per rispondere al suo intenso desiderio di pregare davanti al Sacro Lino che i duchi di Savoia, nel 1578, decidono di spostare il sudario di Cristo dal Castello di Chambéry, in Francia, a Torino, dove poi rimarrà per sempre. Il Borromeo vi si reca in pellegrinaggio a piedi, camminando per quattro giorni, in digiuno e preghiera.

Ma il suo fisico, provato da tante fatiche, comincia a cedere e nel novembre del 1584 si arrende: Carlo muore a soli 46 anni, lasciando però un’eredità morale e spirituale immensa. Viene beatificato nel 1602 da Clemente VIII e poi canonizzato nel 1610 da Paolo V. Da allora, le sue spoglie riposano nella Cripta del Duomo di Milano, nel così detto “Scurolo”, ricoperto da pannelli in lamina d’argento che ne ripercorrono la vita.

Fonte: https://www.vaticannews.va/
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