Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 2 giugno 2025 - Santi Marcellino e Pietro (Letture di oggi)

Signore, ogni giorno la mia vita è attraversata da prove di ogni genere. Se mi ami, perché non mi preservi dal male e dal dolore? Tu sai che la mia fede è debole. Perdonami se, da stolto, oso contestare il Tuo modo di fare. Nell'ora della prova, rivestimi di silenzio umile e sussurra al mio cuore la frase che sola può donarmi pace: "Non temere! Io sono con te!" Gesù, mio dolce ospite e mendicante d'amore, fa che nulla mi sia più desiderabile che camminare con Te è in Te dimorare. Mi aiuti Maria, Tua e mia Madre, a credere fermamente che tutto a Te è possibile, che tutto è bene se da Te proviene, che tutto con Te è grazia. Così sia. (Don Nikola Vucic)

Novena a San Camillo de Lellis

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Primo giorno

I. Per quella speciale predilezione che ebbe di voi il Signore nel farvi venire alla luce da madre sessagenaria, e nel far precedere la vostra nascita dalla visione di un fanciullo che portava innanzi a degli altri una croce sul petto, otteneteci, o glorioso S. Camillo, di sempre corrispondere fedelmente a tutti i disegni di Dio sopra la terra.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

II. Per quell’eroica risoluzione che voi faceste nell’età di venticinque anni di abbandonare tutte le pompe e tutti i piaceri del secolo per dedicarvi agli esercizi della più austera penitenza nell’ordine di san Francesco, otteneteci, o glorioso s. Camillo, di convertirci almeno adesso sinceramente al Signore per non applicarci nell’avvenire che alla crocifissione dei nostri appetiti e alla santificazione dell’anima nostra.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

III. Per quell'inalterabile pazienza con cui tolleraste per ben quarant’anni gli spasimi di quella piaga che vi stette sempre aperta e sanguinosa in una gamba, otteneteci, o glorioso s. Camillo, di soffrir sempre in pace tutte le infermità e traversie con le quali piacesse al Signore di mettere alla prova la nostra fedeltà.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

IV. Per quell’ardentissima carità per cui faceste vostra delizia il servire personalmente agli infermi più schifosi, fino a rinunziare perciò il supremo grado dell’Ordine da voi istituito, otteneteci, o glorioso s. Camillo, la grazia di sempre riconoscere Gesù Cristo nei bisognosi nostri fratelli, onde prestar loro sollecitamente ogni possibile soccorso.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

V. Per quello speciale aggradimento che mostrò Iddio del vostro Ordine con lo spedire i suoi Angeli a suggerire ai vostri compagni lo parole più opportune al conforto dei moribondi, come li vide s. Filippo, impetrateci, o glorioso s. Camillo, la grazia di operar sempre in maniera da meritarci con il compiacimento di Dio tutti gli speciali favori della sua particolare assistenza.

Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

Nato a Bucchianico, in provincia di Chieti, il 25 maggio del 1550 e morto a Roma il 14 luglio 1614, la sua figura è emblematicamente legata alla croce rossa che egli ottenne di portare cucita sull'abito religioso da papa Sisto V nel 20 giugno 1586. In particolare, come riferisce nel 1620 padre Sanzio Cicatelli, primo biografo del Santo, “per tre ragioni piacque al padre nostro che portassimo la Croce ne' vestimenti, tenendola per nostra impresa e insegna. La prima, per far distinzione dall'abito della Compagnia di Gesù. La seconda, per far conoscere al mondo che tutti noi segnati di questo impronto di Croce siamo come schiavi venduti e dedicati per servigio de' poveri infermi. E la terza, per dimostrare che questa è religione di croce, cioè di morte, di patimenti e di fatica, acciò quelli che vorranno seguitar il nostro modo di vita, si presuppongano di venir ad abbracciare la Croce, di abnegar se stessi e di seguitar Gesù Cristo fino alla morte”.

La grazia di Dio raggiunse Camillo nel 1575. Durante un viaggio al convento di San Giovanni Rotondo, incontrò un frate che lo prese in disparte per dirgli: “Dio è tutto. Il resto è nulla. Bisogna salvare l’anima che non muore…”. Chiese di diventare cappuccino, ma per due volte venne dimesso dal convento a causa di una piaga nella gamba, apertasi al tempo delle sue scorribande militari. Per tale motivo fu ricoverato nell’ospedale romano di San Giacomo. Qui l’intuizione: unire la pregressa disciplina del soldato alla carità cristiana dando vita ai "Ministri degli infermi". Quattro i voti per entrare a farne parte: obbedienza, povertà, castità, servizio ai malati.

E’ considerato il primo grande riformatore della professione infermieristica e dell’organizzazione assistenziale negli ospedali. Oltre alla cura del corpo, chi assiste il malato, secondo San Camillo, avrebbe dovuto farsi carico dello spirito. Qualcosa di radicalmente diverso da quanto accadeva negli ospedali dell’epoca, dove i malati erano abbandonati a loro stessi. Uomo eminentemente pratico e semplice, non certo privo di cultura né d’interessi, nel suo apostolato educativo non ricercò squisitezze teoriche. Gli bastavano poche linee direttive. E poi un acuto discerni­mento dei cuori di cui fu eccezionalmente dotato, un grande buon senso unito a paterna dolcezza.
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