Sotto il Tuo Manto

Sabato, 6 settembre 2025 - San Zaccaria Profeta (Letture di oggi)

Ciò che manda più gente all'inferno è la mancanza di fermo proponimento nelle confessioni. (San Giovanni Bosco)

Madre Teresa di Calcutta - Giorno 6

Obbedienza



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Ecco, io vengo, o Dio, per fare, la tua volontà (Eb 10, 7). La sottomissione, per chi ama, più che un dovere è una gioia.

Gesù Figlio Unigenito del Padre, uguale al Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, non senti l'obbedienza al di sotto della sua dignità.

Perciò:

- accetteremo, ameremo e rispetteremo tutti i nostri legittimi superiori;

- pregheremo sinceramente per loro;

- dimostreremo loro gioiosa fiducia e lealtà;

- offriremo un'obbedienza lieta, pronta, semplice e costante senza discussioni né scuse.

Dovremmo obbedire non solo agli ordini dei supe­riori, ma, se li conosciamo, anche ai loro desideri, in spirito di fede. Essi possono sbagliare nel coman­dare, ma noi non possiamo sbagliare nell'obbedire.

Ogni volta che i superiori ritengono necessario, per la maggior gloria di Dio, cambiare la nostra residen­za, il lavoro, le compagne, accoglieremo questo cam­biamento come vera volontà di Dio e mostreremo un'obbedienza umile e gioiosa.

Ricordi la superiora che ella è prima per le Suore, poi per il lavoro. Perciò tratti le Sorelle materna­mente, senza scoraggiarle mai, specialmente quan­do sbagliano. Abbia speciale cura delle anziane e delle malate e di quelle che non si prendono dovu­ta cura di se stesse. Nei lavori domestici sia sempre la prima a metter mano all'opera. Non abbia niente di speciale o di diverso per quanto riguarda il vitto, il vestiario e l'alloggio. Abbia piena fiducia nelle Sorelle. Sia generosa quando osservano con fervo­re la povertà. Sia, la sua casa, una casa di amore, di gioia e di pace.

La vera obbedienza è un genuino atto di amore che ci fa praticare le altre virtù. Essa ci rende simili ai martiri, perché è un martirio molto più grande per­severare nell'obbedienza per tutta la vita che morire in un momento solo per un colpo di spada.

La superiora è nel posto di Dio. Il posto che le è stato assegnato è come una cattedra. La cattedra ri­mane, ma la persona può cambiare. Oggi sei seduta tu, su quella cattedra; domani potrebbe esserci sedu­ta qualche altra. Ma la cattedra è la stessa. La catte­dra non si adatta bene a tutte nello stesso modo. Alcune sono troppo piccole, altre troppo alte, men­tre ad alcune si addice perfettamente. La cattedra spetta a Dio, il quale ha conferito ai tuoi superiori questa posizione. Devo sottomettermi se desidero progredire nella pace.

È impossibile che una Sorella obbediente non si fac­cia santa. L'obbedienza ci dà intima gioia e pace. Es­sa è la sola condizione per una stretta unione con Dio.

Se vogliamo farci sante dobbiamo essere completa­mente obbedienti. Dio non ci prende mai ciò che non siamo disposte a dare. Dobbiamo dare tutto a Lui liberamente e spontaneamente.

Affinché la nostra obbedienza sia gioiosa e pronta, dobbiamo essere convinte che obbediamo a Gesù. E come si arriva a questa convinzione? con la pratica del­l'eroica virtù dell'obbedienza. Amore per amore. Se volete sapere se amate Dio, fatevi questa domanda:

«Obbedisco?». Se obbedisco, va tutto bene. Per­ché? Perché tutto dipende dalla mia volontà. Se diven­to santa o peccatrice, dipende da me. Vedi dunque come è importante l'obbedienza. La nostra santità, ol­tre che dalla grazia di Dio, dipende dalla nostra volon­tà. Non perdere tempo in attesa di fare grandi cose per Dio. Non avrai la prontezza di dire sì nelle grandi cose se non ti eserciti a dire sì nelle mille e una occasioni di obbedienza che ti capitano durante la giornata.

A una delle Sorelle che era stata mandata a studiare accadde una cosa. Il giorno in cui doveva ricevere il suo diploma, mori. Mentre stava per morire doman­dò: «Perché Gesù mi ha chiamato per così poco tem­po?». E la Madre rispose: «Gesù vuole te, non il tuo lavoro». Dopo questo fu perfettamente felice. Cono­scenza di Dio, amore di Dio, servizio di Dio: sono il fine della nostra vita e l'obbedienza ci dà le chiavi di tutto ciò.

Un sacerdote amava i cinesi e voleva fare qualcosa per loro. Si impegnò talmente nel lavoro da sembra­re che anche i suoi occhi fossero diventati obliqui, e' come quelli dei cinesi. Se vivremo costantemente in compagnia di Gesù, assomiglieremo a Lui e faremo ciò che Egli faceva. Nulla piace di più a Dio del no­stro obbedire. Amiamo Dio non per quello che ci dà, ma per quello che si degna di prendere da noi. I no­stri piccoli atti di obbedienza ci danno occasione di provare il nostro amore per Lui.

E molto più facile conquistare un paese che conqui­stare se stessi. Ogni atto di disobbedienza indeboli­sce la mia vita spirituale. E come una ferita che lascia sgorgare il sangue goccia a goccia. Nella no­stra vita spirituale non c'è nulla come la disobbe­dienza che possa causare più velocemente tanta rovina.

Nel Vangelo si trovano tante prove dell'obbedienza di Cristo. Se ci trovassimo a Nazareth in spirito, po­tremmo innanzitutto sentire la risposta della Madon­na all'angelo: «Sia fatto di me secondo la tua parola». Poi sentiremmo dire di Gesù: «Tornò a Nazareth e stava loro sottomesso» - a un carpentiere e a una semplice ragazza di paese. Poi udremmo Gesù di-re: «Sono venuto per fare la volontà del Padre mio, di Colui che mi ha mandato». Infine vedrem­mo Gesù durante la passione, obbedire ciecamente ai suoi carnefici.

Dobbiamo costruire la nostra obbedienza sull'esempio di Gesù nel Vangelo. Che cos'è questa obbedienza? Con questo voto di obbedienza io dono a Dio qualco­sa che Egli non può prendere da me senza il mio con­senso: la mia volontà, di cui ho pieno controllo.

Per considerare la nostra obbedienza dobbiamo astenerci dalla critica. Devo tenermi lontana da qual­siasi cosa, anche piccola, che indebolisca la mia obbe­dienza. Se non obbediamo, siamo come un edificio senza cemento. Per noi l'obbedienza è come il cemen­to. L'obbedienza è irrazionale per un'anima superba, ma non per un' anima umile.

L'obbedienza è qualche cosa che mi rende simile a Cristo. Le rinunce che facciamo per la povertà sono qualcosa che ognuno nel mondo secolare può com­piere. Lo stesso si può dire per la castità. Ma amare e stimare il privilegio di vivere sotto obbedienza èdi pochi eletti. Perché l'amiamo e la stimiamo? Per­ché non è solo un mezzo sicuro per compiere la vo­lontà di Dio, ma anche una grazia e un onore molto particolare.

Che cosa ci porta l'obbedienza peffetta? È una sor­gente inestinguibile di pace. La gioia interiore viene soltanto dall'obbedienza peffetta, il cui risultato è una stretta unione con Dio.

Se desideriamo fare qualcosa di grande per la Chie­sa, dobbiamo prima essere obbedienti. Gesù è il no­stro modello. Egli era povero, obbediente, caritate­vole. «In te, Gesù, desidero essere pura; desidero ob­bedire; desidero essere povera». Non posso dire se troverò il cammino. No, devo rinunciare totalmente a me stessa, affinché unicamente Gesù lo possa com­piere m me.

La povertà e l'obbedienza sono unite molto stretta­mente infatti si completano. L'una non può sussistere senza l'altra: si completano. Ecco perché la Scrittura dice: «Essendo ricco, si fece povero» e anche: «Ec­co, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà». «il mio cibo è fare, la volontà di Colui che mi ha mandato». Io penso che Gesù non sarebbe stato capace di vive­re la sua vita se non avesse accettato questo. Egli ha dovuto farsi povero e obbedire a suo Padre pienamen­te. Si fece povero sia materialmente che spiritualmen­te. Se, invece, siamo superbe e manchiamo di carità, invece di essere vuote, non possiamo obbedire real­mente.

L'obbedienza è più difficile della povertà. La nostra volontà è l'unica cosa a cui possiamo aver diritto. Nella povertà nulla è nostro. Nell'obbedienza entra in gioco la mia volontà, di cui Dio non si appropria per forza. Quanto più ameremo Dio, tanto più obbe­diremo.

Molte Congregazioni hanno abbandpnato il voto di obbedienza. Non hanno più superiori. Ogni mem­bro prende da sé le decisioni. Hanno rinunciato completamente all'obbedienza. Sapete che cosa èsuccesso per questo? Solo negli Stati Uniti 50.000 suore hanno lasciato la vita religiosa. Questa distru­zione della vita religiosa viene principalmente dalla mancanza di obbedienza. La pura casualità distrug­ge completamente la vita religiosa.

L'obbedienza è l'atto più perfetto di amore di Dio. Obbedisco non perché ho paura, ma perché amo Gesù. Allora soltanto potrò compiere grandi pro­gressi nella santità. Se trascuro l'obbedienza, anche la povertà finirà. Quando non c e poverta, non c'è più nemmeno la castità. Dice la tradizione che agli angeli era stato detto di adorare il Bambino. «Non servirò» fu il primo atto di disobbedienza. Avevano avuto libertà di scelta.

«Essendo ricco, si fece povero». Per una persona superba è difficilie obbedire. Non amiamo piegar­ci, essere umili. Per essere santi abbiamo bisogno di obbedienza. Il Vangelo è pieno dell'umiltà di Ma­ria. Pur essendo immacolata, pur essendo santa, ella obbediva. «Umiltà del cuore di Gesù, riempi il mio cuore». Durante il giorno, diciamo spesso questa preghiera. Se c’è risentimento nel nostro cuore e se non abbiamo accettato l'umiliazione, non imparere­mo l'umiltà. Non possiamo imparare l'umiltà dai li­bri. Gesù accettò l'umiliazione. Il nulla non può disobbedire. Nella nostra vita di Missionarie della Carità l'obbedienza è il dono più grande che possia­mo fare a Dio. Gesù venne per fare la volontà del Padre suo e la fece dal principio alla fine.

Se desideriamo veramente sapere se qualcosa èuna tentazione, esammiamo la nostra obbedienza. È la luce più sicura nei momenti di tentazione e ci farà conoscere esattamente dove siamo e che cosa stiamo facendo. E la luce migliore in quella terribile oscurità. Anche per Gesù, il diavolo cercava di sco­prire chi fosse. Non era sicuro. Il diavolo si piegherà a qualsiasi cosa pur di scoprire qual è il nostro punto debole. Farà qualunque cosa per indurci ad accettare quel cattivo pensiero, a dire quella parola scortese, a compiere quell'atto impuro, quell'atto di disobbe­dienza, a presentarci l'occasione di fare una cosa sen­za chiedere il permesso, quella negligenza nella pre­ghiera - proprio quella sola cosa. Se ci fosse un pre­mio da dare per la pazienza, dovrebbe essere dato al diavolo. Egli ha moltissima pazienza.

Questa forza di cui abbiamo bisogno, dobbiamo im­pararla da Gesù. Ecco perché abbiamo bisogno del­l'Eucaristia. Guarda come il diavolo agiva con Gesù. Andava passo passo: una tentazione, poi un'altra. Non riusciva, ma ricominciava da capo. Per questo Gesù sapeva quanto abbiamo bisogno di Lui ed è per questo che dovremmo pregare. Guarda gli ini­zi. Le tentazioni - come le tentazioni contro la pu­rezza quando vengono - hanno soltanto lo scopo di' aiutarci a raggiungere un amore più grande per la purezza. L'obbedienza è la protettrice di tutti i vo­ti e di tutte le virtù. Per questo facciamo i voti secon­do l'obbedienza. Il diavolo non si preoccupa su cosa tentarci, gli basta distoglierci da Gesu.

Uno degli architravi della santità è l'obbedienza. Per poter obbedire, dobbiamo essere liberi. Ecco perché facciamo voto di povertà pur non avendo niente. «Ge­sù tornò a Nazareth e stava loro sottomesso» (Lc 2, 51). Noi dobbiamo scendere nella profondità del nostro cuore per fare in modo di portare la santità attorno a noi.

Molte volte Gesù ha detto: «Sono venuto a fare la vo­lontà del Padre mio. Il Padre ed io siamo una cosa sola». Quando punisce il Signore nell'Antico Testamento? Quando il suo popolo non obbedisce; quando non mantiene la parola data ed è infedele all'alleanza.

Per quanto tempo si assoggettò, Gesù? per trenta lunghi anni. Era venuto a portare il lieto annunzio eppure trascorse trenta anni facendo il lavoro di fa­legname. Era così chiamato il «figlio del falegname».

Esamina la tua povertà. È qùalcosa di gioioso? Esa­mina la tua obbedienza. E abbandono totale? Sono due gemelli. La povertà è la sorella e l'obbedienza il fratello. Se conoscerai la povertà e l'obbedienza, le amerai. Se le amerai, le osserverai.

È difficile, sì. Si intende che è difficile. Gesù dice:

«Se vuoi essere mio discepolo, prendi la tua croce e seguimi». Egli non ci costringe. Dice: «Se vuoi». Non siamo i soli a dover obbedire. Anche i taxisti devono obbedire. Semaforo rosso, semaforo verde, anche questa è obbedienza.

Non ho mai ricevuto tante grazie quanto attraverso l'obbedienza. Riceverai molte grazie di più se ti ab­bandonerai totalmente.

L'amore per l'obbedienza è amore per la volontà di Dio.

A tutte le superiore della nostra Congregazione: Sia­te ciò che il nostro Santo Padre disse in pubblico: le serve delle serve di Dio. Voi siete qui per servire, non per essere servite: la parola «collaboratrice» si addice più a voi che a qualsiasi altra Sorella. Ricorda­tevelo, voi siete le prime fra le vostre Sorelle. Aiuta­tele quindi a crescere nella somiglianza con Cristo. Cercate di conoscere meglio ognuna di loro. Allora le amerete e le servirete con amore di dedizione, proprio come Cristo ama ognuno di noi.

L'obbedienza ben vissuta ci libera' dall'egoismo e dalla superbia e ci aiuta a trovare Dio e, in Lui, il mondo intero. L'obbedienza porta con sé una gra­zia particolare che genera indefettibile pace, gioia in­tenore e stretta unione con Dio.

L'obbedienza trasforma piccole cose e occupazioni banali in atti di fede viva; la fede in azione è amore e l'amore in azione è servizio. L'obbedienza vissuta con gioia crea una viva coscienza della presenza di Dio; e così la fedeltà a semplici atti di obbedienza diventa come goccia d'olio che mantiene accesa la luce di Gesù nella nostra vita. Il nostro servizio consacrato ai più poveri tra i più poveri è una chiamata che Cristo ci ha rivolto per mezzo della sua Chiesa:

- per amarlo generosamente e liberamente nei dise­redati con i quali Egli si identifica e si evidenzia, per­ché in loro noi possiamo amare e servire la Sua t)resenza;

- per riparare tutti i peccati di odio, di freddezza, di mancanza di attenzione e di amore che si commetto­no in tutto il mondo di oggi verso di Lui nella perso­na dei fratelli, dei più poveri tra i poveri.

Con questo voto ci impegnamo a prestare un servi­zio dedito e libero ai più poveri fra i poveri secondo l'obbedienza.

Dedito significa: con cuore ardente di zelo e di amo­re per le anime, con indivisa devozione, interamente radicata nella nostra profonda unione con Dio nella preghiera e nell'amore fraterno; libero significa che offriamo loro non solo le nostre mani per servirli, ma anche il nostro cuore per amarli con bontà e umiltà, interamente a disposizione dei poveri.

Dobbiamo dare servizio immediato ed effettivo ai più poveri fra i poveri, per tutto il tempo in cui non hanno nessuno per aiutarli:

- dando da mangiare agli affamati: non solo di cibo, ma anche della Parola di Dio;

- dando da bere agli assetati: non solo di acqua, ma anche di conoscenza, di fraternità, di pace, di verità, di giustizia e di amore;

- vestendo gli ignudi: non solo con abiti, ma anche di dignità umana;

- dando alloggio ai senzatetto: non solo un rifugio fatto di mattoni, ma un cuore che comprende, che pro­tegge, che ama;

- curando i malati e i moribondi: n6n solo il corpo, ma anche lo spirito e la mente.

I più poveri fra i poveri, senza riguardi a quale cate­goria, credo o nazionalità appartengano, sono: gli af­famati, gli assetati, i nudi, i senza tetto, gli ignoranti, i carcerati, gli storpi, i lebbrosi, gli alcolizzati, gli indi­genti malati o moribondi, i non amati, gli abbando­nati, gli esclusi, tutti coloro che sono un peso per la società umana, che hanno perso la fede e la speranza nella vita; ogni membro della nostra famiglia religio­sa che accetta di vivere la vita di povertà evangelica proprio per il fatto della sua fragilità umana; così co­me i peccatori induriti, ostinati; coloro che sono sot­to il potere del maligno, quelli che inducono altri al peccato, all'errore, alla confusione; gli atei, gli erran­ti, quelli che vivono nell'equivoco e nel dubbio, i ten­tati, i ciechi spiritualmente, i deboli, i tiepidi e gli ignoranti; quelli non ancora toccati dalla luce di Cri­sto; quelli affamati della Parola di pace di Dio; i dif­ficili, i repellenti, i rifiutati, gli afflitti e le anime del Purgatorio.

La nostra vocazione è una chiamata a seguire l'umil­tà di Cristo. Manteniamoci ben con i piedi per terra, nel vivere l'attenzione di Gesù per i più poveri e i più umili in modo da poter recare loro un servizio immediato ed effettivo, finché non abbiano trovato altri che possano aiutarli in maniera migliore e più duratura.

Come ami Dio, così devi amare i poveri nelle loro sof­ferenze. L'amore per i poveri deve traboccare dal tuo amore per Dio. Devi cercare i poveri e servirli. Quan­do li hai trovati devi prenderteli a cuore. Dobbiamo essere molto grate verso questa nostra gente, perché ci permette in coro di toccare Cristo. Dobbiamo ama­re i poveri come Lui.

Un indù mi diceva: «So che cosa fate in Nirmal Hriday (la casa dei moribondi): li sollevate dalle strade e li por­tate in cielo».

La differenza fra la nostra opera e il lavoro sociale sta nel fatto che noi doniamo un servizio libero e ge­neroso per amore di Dio. All'inizio, quando sorse l'opera, mi venne una febbre e feci un sogno: sognai San Pietro, che mi disse: «No, non c'è posto per te, qui. Non ci sono agglomerati di baracche in cielo». «Va bene» gli risposi «allora continuerò a lavorare. Porterò la gente dalle baracche al cielo».

La nostra vocazione non è il lavoro: la fedeltà ad umili servizi è piuttosto la maniera in cui mettiamo in atto l'a­more. «Che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una sola cosa, per­ché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 14,21). Se rimarrete uniti Dio si prenderà cura di voi.

Essendo una comunità religiosa modellata sulla prima Comunità cristiana, la nostra prima grande responsabi­lità è quella di essere comunità. Rivelando innanzitutto gliuni agli altri qualcosa dell'amore, della premura e del­la tenerezza di Dio; cosa significa conoscere ed essere conosciuti, amare ed essere amati, e così essere un se­guodi testimonianza della vocazione più profonda della Chiesa, che è diriunire gli uomini diogni tribù elingua e popoli e nazioni, redenti dal sangue di Cristo, per for­mare la famiglia di Dio, dove regna l'amore. «Guardate come si amano».

Proprio come Gesù mandava i suoi discepoli a due a due, anche noi andremo a due a due con il permesso e con una Sorella come compagna. Per la strada re­citeremo il rosario incoraggiandoci allo zelo e al fer­vore e proteggendoci a vicenda.

La superiora di ogni casa ricorderà che la sua dispo­nibilità sarà rivolta prima di tutto alle Sorelle e poi al lavoro.

Perciò:

- nei suoi rapporti con le Suore si comporterà mater­namente, mai scoraggiandole specialmente negli insuccessi;

- mi coraggerà e inviterà gioiosamente ogni Sorella af­finché dia un contributo personale valido al bene dell'istituto e della Chiesa. Ciò ci guiderà a prendere decisioni più sagge che si concretizzeranno a benefi­cio di tutti;

- sarà sempre la prima a dedicarsi ai lavori domestici;

- non avrà niente di speciale o di diverso in fatto di vitto, vestiario o alloggio;

- avrà completa fiducia nelle Sorelle e sarà sempre generosa, specialmente quando osservano veramente la povertà;

- rispetterà con la massima discrezione quanto le Suore le confidano e desiderano che non sia rivela­to, specialmente casi personali. Non le costringerà mai a rivelarle i loro segreti;

- soprattutto mediante il suo esempio di umiltà, di obbedienza e di unione con i superiori maggiori, insegnerà alle Sorelle l'arte di «fare sempre le cose che piacciono al Padre».

Memori che la nostra comunità non è composta di persone già sante, ma da individui che si sforzano nel farsi santi, saremo estremamente pazienti nel tol­lerare gli errori e le mancanze reciproche.

Il nostro amore reciproco sarà:

- altruista, generoso, tenero, personale e rispettoso;

- al di là di simpatie o antipatie, amicizie ed inimici­zie, meriti o demeriti;

- fedele, profondo e liberante;

- un non scendere a compromessi per mostrarsi at­tento, ma compassionevole e capace di perdonare per­ché comprensivo;

- sempre pronto ad infondere speranza, incoraggian­te, fiducioso, dedito e disposto al sacrificio fino alla morte di croce.

I miei voti mi legano alla mia Sorella perché è molto più povera del povero della strada. Se non sono gen­tile verso il povero della strada e se non gli sorrido, qualche altro lo farà. Ma per le mie Sorelle non c'e nessun altro.

Potrà capitare che, nei suoi momenti di debolezza, la tua superiora ti appaia come Gesù nelle sue appa­renze più miserevoli: ella ha bisogno allora del tuo amore, della tua umiltà, della tua fiducia. Stimala con amorosa fiducia lei malgrado, perché Gesù non è cam­biato, in lei è sempre lo stesso perché di Gesu ce n e uno solo.

La nostra Congregazione è ancora giovane. Le nostre superiore non hanno ancora molta esperienza. Sii comprensiva, sii buona. Vedi la mano di Dio che cer­ca di scrivere un messaggio meraviglioso di amore a te personalmente usando una matita impeffetta o an­che spuntata.

Anche così la mano e la mente di Dio si servono di lei e tu devi cercare di capire e astenerti dall'esami­nare la matita. Oggi si serve di una matita inappro­priata, però il messaggio di amore è ugualmente là

- sempre bello, sempre vero, sempre accorto - sol­tanto per te. Cristo per te si servirà solo di quella ma­tita nel luogo dove ti trovi. Allora bacia la mano, ma non cercare di spezzare la matita.