CAPO XIII. RICONOSCIMENTO DELLE OSSA E DELLE RELIQUIE DEI SANTI.

1. Insieme al lume di profezia Anna Caterina aveva pure ricevuta l'attitudine e la potenza di riconoscere e distinguere tutto quanto è sacro col mezzo dei sensi esterni corporei. Così ella udiva il suono delle campane consacrate come essenzialmente diverso da qualsiasi altro suono con simile per quanto armonioso si fosse. Col gusto ella riconosceva l'acqua consacrata o benedetta, e la distingueva così sicuramente e sensibilmente da quella che non lo era, come qualsiasi altro individuo distingue il vino dall'acqua. Le ossa e reliquie dei santi le riconosceva così distintamente coll'olfatto, come coll'occhio, ovvero col senso del tatto. Essa sentiva la benedizione sacerdotale anche quando le era inviata dalla più remota distanza, con altrettanta vivacità come quando le veniva compartita nell'immediata vicinanza, e seguiva involontariamente nell'estasi l'accenno e la rezione delle dita sacerdotali consacrate, come nello stato naturale di veglia, essendo questa una sacra potenza da cui in lei derivava forza e benedizione. I di lei sensi però non ricevevano quelle impressioni ed infusioni di forze soprannaturali e spirituali come conseguenza di un atto precedente di spirituale riconoscimento, ovvero di una visione, ma precedevano colla loro azione ed affatto involontariamente all'attività dello spirito propriamente detta come la precedono nell'ordine abituale, in ogni caso di riconoscimento e distinzione per mezzo dei sensi. Cotesta capacità o attitudine a distinguere corporalmente per mezzo dei sensi ciò che è posto al disopra dei medesimi, aveva in lei, del pari che il lume di profezia, per fondamento e base preliminare la grazia del battesimo e il dono infuso della fede divina.
« Tu hai ricevuto, le disse una volta l'angelo, il senso della luce che deriva dalle reliquie dei santi per mezzo della suscettibilità che ti è stata data di sentire la comunione dei membri del corpo della Chiesa. La fede per altro è la condizione necessaria ad ogni sensibilità proveniente da sacra azione ed influenza. »
Tutto ciò che è sacro essa lo vedeva come luce, o come raggi di luce.
« Io veggo ( diceva essa ) quando son desta, talvolta un corpo luminoso e mille strali di luce che derivano e si sollevano dalla terra e che con quel corpo si unificano; spesso vedo un di quei fili luminosi spezzarsi ed in giù ricadere, ed allora in quel punto nasce un'ombra. » (Quadro e simbolo della spiritual Comunione dei fedeli per mezzo della preghiera e e delle buone opere).
Essa poi sentiva e provava l'azione di cotesta luce siccome ristoro, nuovo vigore, gioia, e come un'attrazione, anzi trasporto ed assorbimento nella medesima; come al contrario sentivasi subitaneamente ed involontariamente respinta e ripiena di ripugnanza e di orrore, quando in di lei prossimità veniva recato alcunchè d'impuro, di colpe vole o di maledetto, o quando giungeva in un luogo ove fosse stato commesso un delitto, e dove ancora pesavano le conseguenze di colpa non espiata.
« Mi riesce difficile lo spiegarlo distintamente ( rispose essa una volta al Pellegrino ). Sento la benedizione e gli effetti della cosa benedetta come santificanti e ristoranti, e vedo cotesti oggetti lucidi e moltiplicanti la luce; e veggo il male, la colpa e la maledizione essere oscure e prodacenti effetti di oscarità e di perdizione. Veggo la luce e la oscurità attive e viventi produr luce ed oscurità. Posseggo il senso della verità ed autenticità delle reliquie già da lungo tempo, e siccome temo talmente onorarne delle false, così ne ho già sotterrate di molte. La mia Guida mi disse essere un grand'abuso lo spacciare per autentiche e vere reliquie certi oggetti che sono stati semplicemente toccati da reliquie vere ed autentiche. Allorchè una volta in convento era occupata nel preparare ostie, provai un grandissimo desiderio d'accostarmi ad un armadio e vi fui con forza condotta. Vi trovai dentro una scatola rotonda piena di reliquie, nè potei aver più tranquillità sinchè non venner di nuovo venerate. » Ai 19 luglio 1820 partecipò al Pellegrino quanto segue: « Mi fu anche detto che niun individuo aveva mai posseduto il dono del riconoscimento delle reliquie nella misura che Iddio me lo ha accordato, e che ciò accade perchè cotesta cosa è così deplorabilmente decaduta e deve esser di bel nuovo ravvivata. »
2. Queste ultime parole ottengono più ampia e precisa spiegazione e vengono illustrate dalle partecipazioni che fece Anna Caterina circa quanto erale accaduto in occasion della festa delle sacre reliquie negli anni 1819 e 1820. Nella prima domenica del mese di luglio 1819 raccontò quanto segue:
Dovetti fare un gran viaggio (1).
( 1 ) · Questa visione mi riuscì affatto meravigliosa (osserva il Pellegrino), allorchè venni a scoprire che oggi si celebra nella diocesi di Münster la festa delle reliquie, del che io nulla sapova. È veramente misteriosa e mirabil cosa in lei che ella debba espiare e soddisfare per tutto ciò che vien negletto ed omesso nel seno della Chiesa.
Fui trasportata dalla mia Guida in ogni punto del nostro paese ove stanno nascoste ossa di santi. Vidi interi corpi santi, al disopra dei quali sono stati innalzati edifizi, e vidi anche alcuni luoghi ove in passato hanno esistito chiese e conventi. Costà giacciono intere file di cadaveri e fra questi alcuni santi corpi. Anche qui in Dülmen, fra la chiesa e la casa di scuola, ho veduto giacere ossa sacre. Quei santi a cui hanno apparte nuto vennero sempre a me dai cori celesti e mi dissero: queste sono le ossa mie! Vidi pure come cotesti tesori cosi sprezzati, arrechino pur sempre salute e benedizione dei luoghi ove riposano, ed allontanino i mali influssi di Satana. Ho veduto luoghi che grazie alla presenza di quelle ossa sono stati liberati da gravi guai, ed altri luoghi di più recente esistenza, i quali, non possedendo niente di simile, hanno gravemente sofferto. Non posso dire in quanti mai mirabili e deserti luoghi, sotto i muri, le case e gli angoli io sia stata, dove giacciono nascosti e sprezzati i più magnifici tesori di reliquie. Le venerai tutte, e supplicai quei cari santi a non ritogliere il loro amore alla nostra gente. Fui anche nell'anfiteatro dei martiri di Roma, e vidi le grandi schiere di santi che ivi hanno sofferto la morte per mezzo del martirio. Era ivi presente pure il mio Sposo celeste sotto le sembianze che io gli veggo nel duodecimo anno della sua vita. La chiesa dei santi mi apparve infinitamente grande, ed era divisa in molti cori, alla testa dei quali stavano sempre coloro che li aveano ammaestrati e confortati. Questi portavano sul capo una specie di mitra, da ambedue i lati della quale pendevano lunghe bende ricadenti sulle spalle. Del resto vestivano lunghi e grandi mantelli ornati di croci. Penetrai con loro nelle volte sotterranee. Ivi erano corridoi », stanze, spazi rotondi a guisa di cappelle, e dove molti di cotesti spazi si combinavano, eravi nel mezzo una colonna che sosteneva la volta. Quelle colonne erano spesso ornate di belle figure. Nei muri eran praticate certe cavità quadrangolari, in cui spesso vedevansi ossa. Mentre quei sant? qua e là mi conducevano, or l'uno or l'altro di quei miei conduttori mi diceva nei diversi luoghi: vedi, qui abbiam vissuto nella persecuzione; qui insegnavamo, e si celebravano i misteri della redenzione! Mi mostrarono pure alcuni altari di pietra di forma quadrata, ma alquanto più lunga, che sporgevano dalla parete, ed anche altri di forma rotonda scolpiti di belle figure, sui quali avevano celebrato il servizio divino, e mi dissero: vedi, altre volte vivevamo qui nell'oscurità e spogliati di ogni pompa, ma la luce e la forza della fede era in noi. In questa guisa e sempre parlando meco poche parole, i singoli conduttori insieme coi loro cori disparvero in quei luoghi ove avevano esercitato i loro doveri. Talvolta venivamo su alla luce, e dipoi si visitavano altri sotterranei, e non poteva mai comprendere come vedessi giardini e muri, e palagi al disopra di noi, e come quella gente che abitava là sopra niente di tutto ciò sapesse, e come tutti quei sotterranei fossero stati scavati. Alla fine non rimanevano presso di me che un unico vecchio ed il giovane (la Guida celeste). Venimmo in un vastissimo e lungo spazio, di cui non posso indicare la forma con precisione, perchè non l'osservai attentamente. Posava sopra quattro colonnette, che al disopra mostravano ogni sorta d'ornamenti e di statue. Bellissime colonne scolpite e più grosse di un uomo, giacevano per terra. Quello spazio da un lato si concentrava siccome in un angolo, ed ivi non già appoggiatoal muro, ma affatto isolato sorgeva un altare, e dietro a quello vedevansi presso il muro altre colonne scolpite. Osservai nelle pareti certi sepolcri incavati,nei quali posavano ossa, che per altro non risplendevano. Vidi pure negli angoli giacere ammucchiati molti rotoli lunghi circa un braccio, e corti e densi come un involto di pannilini. Pensai che fossero libri. Quando vidi tutto ciò sì ben conservato, e quello spazio sì netto ed acconcio che non destava il minimo ribrezzo, pensai entro di me: qui potresti viver benissimo e tutto esaminare e porre alquanto in ordine: e mi meravigliai che coloro che sopra abitavano non ne avessero alcun sentore. Al disopra estendevansi giardini, muri, ed anche un gran palagio. Mi venne pure all'improvviso l'idea che per causa di un gran rovescio e e distruzione quel sotterraneo dovesse venire un'altra volta alla luce. Se fossi costà, vorrei cercare il modo che si venisse a conoscerlo e renderlo accessibile, senza nulla rompervi e guastarvi. In cotesto luogo non mi fu detta cosa alcuna: doveva soltanto vedere: perchè? nol so. Il vecchio qui scomparve. Aveva anch'egli una mitra colle due bende cadenti sugli omeri ed una lunga barba; quindi il giovane mi ricondusse a casa.
Festa delle reliquie, 1820.
« Sono stata dibel nuovo in infiniti luoghi, ove riposano reliquie nascoste fra le rovine, sotterrate, ed in completa noncuranza ed oblio. Sono stata per lungo e per largo nelle cantine, fra il putridume, il frantume e la polvere, nei sotterranei di antiche chiese, nelle sagrestie e nei sepolcri, ed ho venerato quelle sacre cose dimenticate e disperse. Le ho vedute luminose ed attraenti salute e benedizione, ed ho veduto pur crescere il disprezzo e la negligenza in cui eran tenute in proporzione della decadenza di quelle chiese. Vidi le chiese fabbricate al disopra di quelle reliquie divenir nere e deserte, dappoichè i santi che vi posavano non venivano più in esse onorati. Vidi come la venerazione dei santi e delle ossa loro decadesse nella stessa proporzione in cui sminuiva l'adorazione del SS. Sacramento venerato soltanto per esterna abitudine. Mi vennero addossati gravi patimenti per espiar cotesto disprezzo, e nella solennità della chiesa spirituale mi furon mostrati il valore e gli effetti di quelle sante reliquie che sono ora disprezzate in terra. »
« Vidi una chiesa ottangolare. Essa germogliava e cresceva come un giglio dallo stelo, ed era circondata ed avviluppata da una vite. Non eravi dentro alcun altare, ma nel mezzo, da an candelabro di molti bracci, sporgevano i più magnifici tesori della chiesa, come cespugli di fiori che si dischiudano. Vidi quelle sacre cose a misura che venivano raccolte e riconosciute per degne, da quei santi medesimi che le aveano riunite venir disposte e messe in ordine, come ornamenti preziosi che sempre più si sviluppavano e crescevano intorno a quel candelabro. Quei santi che arrecavano alcuna reliquia prendevano il loro posto nel recinto della chiesa, e ben sovente i loro stessi avanzi o reliquie corporee venivano portati da un santo che più tardi giungeva nel sacro edifizio, Vidi anche dei discepoli che portavano il capo ed altre reliquie di S. Giovanni, e vidi la ss. Vergine che portava piccoli vasi ripieni del Sangue di Gesù. Vidi che quei vasetti erano di cristallo, ed in uno di essi eravi sangue che ancor chiaramente splendeva. Il tutto veniva riposto in quei preziosi reliquiarii in cai la Chiesa suol conservare. Vidi santi uomini e donne contemporanei della SS. Vergine, deporre in preziosissimi vasi le reliquie. Coteste venivan riposte insieme colla prima, e sulla dritta nel centro del reliquiario. Vidi un vaso cristallino in forma di mammella, in cui era una reliquia di latte della SS. Vergine; vidi pure un frammento di veste della medesima, ed un recipiente in cui contenevansi i di lei capelli. Dipoi vidi innanzi alla chiesa un albero, e mi fu mostrato un quadro in cui quell'albero venne da alcuni tagliato, e ridotto ed ornato come una croce; e vidi la croce nella forma in cui sempre la vedo, venir portata in chiesa da una donna incoronata, e cotesta croce si librò in aria e rimase sospesa nel mezzo, al disopra delle reliquie di Maria. Stavano in quella croce piantati tre chiodi; così pure quel frammento di tavola che serviva di appoggio ai piedi e la iscrizione; e vi vidi con bell'ordine disposti attorno tutti gli strumenti della passione, cioè la scala, la lancia, la spugna, le verghe, le sferze, le mazze, la colonna, le funi, i martelli, e molte altre cose. La corona di spine pendeva sospesa nel centro della croce. Durante il trasporto e la esposizione di queste singole sacre cose, ebbi continuamente visioni fuor della Chiesa, sì vicine come lontane, dei diversi luoghi in cui trovavasi alcuno di cotesti sacri strumenti della passione, e provai l'interna certezza che di tutto ciò ch'io vedeva, esistevano ancora alcuni oggetti ben custoditi e venerati. Havvi ancora molto di conservato della corona di spine, ma in diversi luoghi. Vidi che la particella di ferro ch'io posseggo è veramente del ferro della sacra lancia. Vidi pure in infinite direzioni, e sugli altari, e nelle rovine, e nei muri, e sotto e sopra la terra, parti e frammenti di ciascuna di quelle sante ossa e reliquie che vedeva esposte nella chiesa spirituale. Vidi pure portare entro quella chiesa da vescovi più ostie consacrate e racchiuse in calici e ciborii, come pure corporali spruzzati del sacro Sangue di Gesù in Sacramento; tutto ciò stava riposto in alto al disopra della croce. Poi venner recate le ossa dei primi martiri e degli apostoli, e venner distribuite e disposte ai piedi della croce; e poi le reliquie di intere schiere di martiri, sacerdoti, confessori, papi, vergini, eremiti, monaci, monache, e simili; e vennero tutte esposte in preziosi vasi, casse ben ornate, reliquiarii a forma di torre, ed ammirabili opere di cesellatura. Cosi finalmente si accrebbe e si formò un intero monte di tesori ai piedi della croce, e quella croce ascese con quel monte in alto, e finalmente si fermò sopra un punto illuminato e splendente come un nuovo monte Calvario. Tutti coloro poi che avevano arrecato quelle ossa sacre, eran quelli che le aveano esaltate e messe in venerazione in terra presso i fedeli; e per la maggior parte eran tali, che le loro proprie ossa erano alla loro volta venute in pubblica venerazione. Tutti coloro le di cui ossa e reliquie trovavansi nella chiesa spirituale presenti, si ordinarono secondo il loro rango e condizione in diversi cori, e così la chiesa si riempi sempre di più, e al disopra splendeva il cielo aperto, e tutto era pieno di gloria, ed era la Gerusalemme celeste. Tutte coteste reliquie erano raggianti del colore proprio della gloria di quei santi cui appartenevano, come pure quei santi medesimi raggiavano di quelli stessi colori, e così apparivano essere in invisibile meraviglioso rapporto colle loro ossa, e e queste con loro. »
« Vidi quindi accorrere alla solennità di quella chiesa molte creature umane splendidamente vestite, e circondarla venendo dal di fuori. Vidi cotesti individui vestiti in differenti modi ed abbigliamenti secondo i tempi, dall'epoca più antica sino ai nostri giorni, nei quali cotesti abbigliamenti son divenuti molto meschini. Tutta questa era gente che avea onorato nel vero e conveniente modo i santi e le loro reliquie, siccome membri del corpo di Gesù Cristo, vasi santificati dalla grazia divina per mezzo di Gesù ed in Gesù; ed io vidi come i santi reagissero beneficamente verso costoro, e diffondessero sopra di essi prosperità e benedizioni come rugiada celeste. Mi rallegrai perchè in questi ultimi tempi ho veduto qua e là individui che in parte conosco, i quali con semplicità onorano le reliquie. Essi appartenevano per la più parte alla condizione di agricoltori, e veneravano e salutavano con filiale semplicità tutte le ossa sante che si racchiudevano in quella chiesa. Vidi fra gli altri con gran gioia come mio fratello venerasse con semplicità in chiesa le sacre reliquie, e vidi come da quelle piovesse in contraccambio prosperità sopra i suoi campi. Vidi pure lo stato attuale della venerazione dei santi e delle reliquie qui in terra, sotto l'immagine simbolica di una chiesa decaduta. Vidi le reliquie abbandonate, polverose, disperse, anzi gettate nelle immondezze e nel putridume, e nondimeno le vidi diffonder luce all'intorno ed attrarre benedizioni. Vidi per altro la Chiesa medesima in uno stato tanto tristo quanto quello delle ossa sacre. È ben vero che vi entravano ancora individui, ma apparivano scuri e grigi, e soltanto qua e là vedevasi ancora alcuna anima semplice e commossa che appariva luminosa. ? peggiori fra essi erano moltissimi preti. Mi apparivano continuamente involti nella nebbia, nè potevano in niuna guisa andare avanti. Sembrava come se non avesser potuto trovar le porte della chiesa, quando, a malgrado la loro poca fede, non fossero a loro pervenuti alcuni tenui raggi, che derivanti dalle reliquie spezzate, sino a loro penetravano attraverso la nebbia. Vidi allora quadri della storia della venerazione delle reliquie. Vidi elevare al disopra di esse altari, che poi per celeste benedizione divennero cappelle e chiese, ma che in seguito per il successivo disprezzo delle reliquie medesime caddero distrutte.Vidi che in quel tempo in cui tutto divenne nebbia ed oscurità, le reliquie vennero qua e là gettate e disperse, ed i bei vasi in cui erano riposte vennero fusi per farne danaro. Vidi decadere e talvolta affatto distruggersi quelle chiese, in cui le sacre ossa furono disperse, gettate via, e maltrattate. Fui in Roma, in Colonia, in Aquisgrana, ed in quelle città vidi luoghi pieni di reliquie,che ancora erano tenute in sufficiente venerazione. »
3. In conseguenza della distruzione dei conventi e della devastazione di tante chiese, innumerevoli reliquie eran cadute in preda alla dispersione e al dispregio e venute, siccome cose senza verun prezzo ed importanza, in mano di ognuno. Questo era un gran dolore per Anna Caterina, ed essa afferrò ogni occasione per ravvivare la venerazione di coteste sacre cose, e e porre un argine all'ulteriore mal uso delle medesime. Cosi venne presto conosciuto anche dai lontani che non si potea cagionarle gioia maggiore che col portarle reliquie, e col dimandarle consiglio sul dove e a chi consegnarle onde venisser rimesse in onore e in venerazione (1), e così a poco a poco venne in di lei possesso gran quantità di sante ossa e reliquie.
(1) Allorchè una volta la Söntgen arrecò un piccolo involto contenente reliquie, Anna Caterina lo prese in mano e disse: « Questo è un gran tesoro; vi sono dentro reliquie di S. Pietro, della sua figliastra Petronilla, di S. Lazzaro, di Marta e Maddalena. Questo vero gioiello è da lungo tempo venuto da Roma. Ma così succede delle ossa dei Santi quando non trovansi più in possesso della Chiesa, ma di private persone. È stato ereditato, donato, gettato in mezzo a vecchi oggetti di niun valore, finchè finalmente a caso è pervenuto in mano alla Søntgen, Debbo aver cura che venga degnamente onorato. Un'ebrea aveva trovato un piccolo reliquiario fra vecchi vestimenti da lei comprati e lo aveva da quelli strappato; ma fu presa però datale inquietudine di spirito, che lo fece presentare ed offrire all'inferma, la quale avea già in visione conosciuto tutto l'avvenimento, e sorrise dell'inquietudine dell'ebrea.
All'epoca della sua morte esse ammontavano a più di trecento, insieme ad altri oggetti sacri, dei quali aveva veduto in visione ed anche in parte raccontato tutta la storia sino al momento in cui vennero in di lei possesso. Oltre le sue antiche consorelle ed il Pellegrino, era principalmente dall'Overberg, dal P. Limberge e da altri sacerdoti che ella di tempo in tempo, a cominciar dall'epoca in cui fu conosciuta pel suo straordinario dono di riconoscere e distinguere le cose sacre,soleva ricever molte reliquie.Tutte quelle che non riconosceva per vere ed autentiche, le faceva portare e seppellire in terra consacrata; le altre poi formavano il di lei tesoro spirituale, circa il quale sempre più chiaramente manifestavasi che le cagioni apparentemente accidentali di quella sua raccolta, venivano preordinate da Dio stesso, onde con la loro conservazione e la pratica del dono gratuito a lei accordato, venissero espiate le inonoranze e gli oltraggi fatti ai santi, e rinnovata e restaurata la vera venerazione. La ricognizione di ogni reliquia era in Anna Caterina una grazia preordinata da Dio, che stava in intimo rapporto coll'intera missione della sua vita, e con tutti gli altri doni gratuiti a lei impartiti; ed è perciò che la sua Guida celeste sì severamente vegliava onde il capriccio, la vana curiosità, la falsa mania del meraviglioso e degli esperimenti, non venissero a tentare e compromettere quel dono da lui con tanta cura guardato e conservato. È perciò che soltanto dopochè l'inquisizione ecclesiastica circa anna Caterina venne ad esser chiusa, e che la sua vita interna ed esterna fu commessa alla competente autorità spirituale, Iddio fece nascer le occasioni per le quali doveva manifestarsi la moltiplicità e la grandezza dei suoi doni a quella serva fedele che si era sì pienamente sottoposta alla sua volontà, onde la perfezione della di lei virtù, e non già ciò che in lei si osservava di straordinario, divenisse la prova della verità dei suoi doni gratuiti, e per così dire la pietra di paragone della di lei pietà e santità. Il primo esempio di un tentativo fatto presso di lei con false reliquie, e dall'angelo suo custode smentito e respinto,lo riferisce il Pellegrino in data del 30 agosto 1820.
Il parroco di N. per mezzo del fratello del Pellegrino, il quale a quel parroco aveva raccontato lo straordinario dono di Anna Caterina nel riconoscere le reliquie, avea inviato tre piccoli involti con frammenti di ossa. Anna Caterina ad insinuazione del Pellegrino ne ritenne uno presso di sè, ma il susseguente giorno raccontò quanto segue: «Ho visto in lontananza deserte ed oscure tombe e nere ossa; di sacro o di santo non ho sentito nulla. Vidi il parroco prendere alcuni frammenti di quelle ossa, e dopo mi trovai in un'oscura cappella sopra un'elevazione; all'intorno regnava freddo, nebbia ed oscurità. Costà mi lasciò la mia Guida e e vidi avvicinarmisi una figura molto avvenente e benevola. Sul principio credetti che fossi un angelo, ma bentosto tremai e mi prese un senso di spavento: domandai a quell'ombra: chi sei tu? Ma essa mi rispose con due parole in linguaggio straniero. Per tutta la mattina non ho potuto capirne il significato e me ne sono stopita: ora però le comprendo. Significano distruttore di Babilonia, seduttore di Giuda. Quell'ombra nel medesimo istante mi disse: Io son quello spirito che ho elevata la babilonica Semiramide, e formato il suo impero; son pur quegli che ha dato origine alla tua redenzione, giacchè ho fatto in modo che Giuda tradisse e facesse prendere Colui!.....
Non nominò Cristo. Mi disse ambedue queste cose, come con ciò volesse farmi sapere di aver fatto opere estremamente buone. Io per altro mi segnai tosto la fronte col legno della croce, ed allora l'aspetto suo divenne orrendo, e con fremiti di rabbia mi rimproverò di avergli sottratta una giovine fanciulla che egli avea a sè convertita; e finalmente sparì minacciando. Quand'ei pronunziò quelle straniere parole, vidi Semiramide come piccola fanciulletta starsene all'ombra di begli alberi, e vidi quel medesimo spirito starle dinanzi e porgerle ogni sorta di frutti. La bambina lo guardava arditamente in faccia. Essa aveva alcunchè che destava ribrezzo. Era in apparenza bellissima, ma pur sembrava che tutte le sue forme andassero a trasformarsi e finire in artigli, e come se fosse tutta ricoperta di punte. Vidi che egli nutrì la bambina e la provvide d'ogni sorta di ninnoli e bagattelle. Intorno estendevasi una vaga contrada; vidi tende, bei prati, ed armenti interi d'elefanti e di altri animali guidati da pastori. Vidi pure con uno sguardo come Semiramide infuriasse contro quella pia stirpe di gente che Melchisedecco condusse fuori dal suo impero: vidi quali abominii e delitti ella commettesse, e come nondimeno fosse quasi adorata. Così pure alla seconda parola pronunziata da quello spirito, vidi un quadro di Gesù Cristo sul monte Oliveto, del tradimento di Giuda e della intera Passione. Non potei comprendere perchè cotesto spirito mi fosse comparso. Forse quelle ossa son di pagani, e perciò il nemico ha avuto il potere di accostarsi a me. Mi è stato severamente proibito dalla mia Guida di toccar più frammento alcuno di quelle ossa. Te l'ordino, disse egli, in nome di Gesù! Vi è in cotesta cosa una grave tentazione e tradimento. Potresti perciò incorrere in gravi perdite e danni. Non si debbon gettar le perle dinanzi ai porci, cioè a quelli che non credono. Le perle debbono essere rilegate in oro. Continua a riconoscere quelle ossa che ti vengono arrecate per volontà di Dio. »
Allorchè nel susseguente settembre le vennero inviate reliquie da un sacerdote della Svizzera che l'aveva precedentemente visitata in Dülmen, essa narrò: « Non ho ve duto alcun quadro preciso relativo alle reliquie. Ho peraltro'veduto quel sacerdote che le ha inviate essere buono e pio; per altro nella sua comunità vi sono persone che inclinano a un non cattolico e e falso pietismo. Ei non le sa distinguere e le ritiene per buonissime. Vidi cotesti individui diffondere oscurità e tenebre; non si attengono e non valutano assai gli usi della Chiesa; per altro non l'hanno ancora manifestato e la cosa sta dell'animo loro nascosta.
In quel tempo sentii presso di me più volte queste parole: tu ti scordi di noi! Questo era un avviso delle altre ossa che presso di me si trovavano. E mi fu di bel nuovo detto di non prender più affatto ossa straniere, ma di esaminare prima completamente le mie antiche reliquie, e guardarmi dal ricevere da chiunque siasi reliquie da riconoscere, quand'anche mi fossero arrecate dal più santo sacerdote, giacchè da ciò potea provenirmene gran nocumento. »
Per opera del Pellegrino per altro venne ben presto violata cotesta severa proibizione. Un amico gli aveva arrecato alcune reliquic da due monasteri renani, che egli senza pur dire di dove l'avea ricevute, consegnò all'inferma precisamente allorchè trovavasi immersa in una visione. Le prese volentieri opinando che fosser reliquie del suo proprio tesoro ? e le ritenne presso di sè; però nel giorno seguente dovè narrare al Pellegrino quanto segue:
« La mia Guida mi ha severamente rimproverata e punita perchè ho agito contro la sua proibizione, ed ho ritenuto le reliquie. Ho dimenticato interamente ciò che intorno a quelle ho veduto. Mi ha di bel nuovo detto non essere adesso il tempo di riconoscere ossa estranee; questo mio spensierato ricevere (1) di reliquie potere facilmente imbrogliarmi; il distinguer o riconoscer reliquie non esser cosa che possa a capriccio farsi ad ogni minuto; ciò è una grazia, ed è prossimo il tempo in cui dovrò riconoscere altre ossa oltre quelle che presso di me si trovano; dover io pensare alla storia da me veduta a proposito del piccolo involto.
(1) Vale a dire con più chiare parole: · Questo continuo porgermi di reliquie per parte del Pellegrino, che punto curasi degli ammonimenti.
Mi rammentò ch'io aveva veduto del parroco N. relativamente a ciò, un quadro in cui cotesto parroco dicea con leggerezza in certo luogo che non eravi nulla di vero in quanto raccontavasi del mio dono relativo al riconoscimento delle reliquie, ed in cui vidi ciò che da questi suoi detti risulterebbe. Mi disse ch'io doveva per ora rifiutare di ricevere coteste ossa, nè prenderne presso di me altre, fuor di quelle che mi appartenevano. » L'istesso ammonimento le fu più tardi ripetuto, e le fu detto che anche quell'amico del Pellegrino aveva con ciò voluto far soltanto delle prove e dei tentativi, pei quali ella avrebbe potuto venire in grave imbarazzo, giacchè non accadeva già relativamente a cotesto suo dono ciò che costui s'immaginava; i doni da lei ricevuti non dipendevan punto dalla di lei volontà o capriccio, e non eran cosa di natura tale da potere esser dati in preda alla temeraria curiosità di chiunque.
Il Pellegrino alla fine capi l'avviso, ma non già così il suo amico, che tanto più allora pretese aver motivo di mettere la inferma alla prova. Quindi ai 12 di decembre essa dovette di bel nuovo dichiarare: « Il giudizio dell'amico intorno a me ed ai fenomeni che mi succedono è falso. Quindi mi è stato espressamente proibito dalla mia Guida il ricevere da lui alcuna sacra reliquia, giacchè egli non disegna altro che prove e tentativi. Mi è stato detto che potrei per coteste prove cadere in gravi imbarazzi, giacchè egli di ciò parla dinanzi ad altre persone, e vuole con ciò sostenere e provare cose affatto estranee (1).
( 1 ) Cotesto amico era un entusiastico sostenitore del magnetismo animale.
La cosa non va per altro com ei se l'immagina relativamente ai doni ed al potere di riconoscere e distinguere che mi è concesso. Veggo a fondo nella sua opinione quando egli mi parla, e questa è affatto stravolta ed inesatta in ciò che mi riguarda, e ne sono stata già da lungo tempo informata ed ammonita in visione.»
Ai 16 decembre disse così: «Ho avuto una meravigliosa chiarezza intorno al vedere e al riconoscer reliquie. Ho veduto tutto a me intorno. Ho veduto anche molte chiese sul Reno ed un quadro del come una carrozza fu sorpresa dai ladri, e come una cassetta con reliquie fu gittata in un campo e quindi ivi ritrovata da altri. Il proprietario che ripassò per quei luoghi non la riebbe più,e quelle reliquie rimasero in quel paese ove erano state trovate. In cotesta cassetta ho veduto anche le ossa che un amico ha portate insieme ad altre; ma non oso nominarle e dir quali siano; l'amico deve aspettare, e prima di tutto mutarsi un poco. Egli è ancora sorprendentemente alto e largo; anche la fede è invero molto di sua natura alta e larga, ma pure spessissimo è costretta a passare per una piccolissima larghezza come quella di un buco di chiave. L'amico in quanto riguarda me ed il mio destino persiste ancora ostinatamente nell'errore. Di tutte coteste cose ne ba un'opinione affatto stravolta e tutta sua propria. Ho avuto il preciso ammonimento di non aver che fare nulla con lui intorno a reliquie, perchè il suo modo di veder intorno a ciò è falso, perchè ne parla e lo propaga senza alcun necessità e ciò potrebbe attirarmi dei guai, giacchè il mio tempo non è ancora venuto. »
Annunziò dipoi che nel giorno della festa di S. Tommaso apostolo scoprirebbe molte antiche reliquie, ed in fatti in data del 21 decembre così vien riferito: « Il Pellegrino la trovò in quella mattina colla cassa delle reliquie sul letto. Era sorprendente il vedere con qual bell'ordine essa durante la notte ed essendo in visione, avesse distribuito quelle ossa, e ricoperto le interne pareti della cassa con vecchia stoffa di seta, in modo tale che non l'avrebbe potuto fare vegliando. Avea più specialmente involto le cinque reliquie delle ossa di S. Giacomo il minore, di Simone Cananeo, di Giuseppe d'Arimatea, di S. Dionigi l'Areopagita, e di un discepolo di S. Giovanni che essa disse aver nome Eliul. Ho avuto (disse ella) una ben luminosa notte. Ho risaputo i nomi di tutte le reliquie che presso di me si trovano, ed ho pure veduto l'andamento dei viaggi degli apostoli e dei discepoli dei quali posseggo reliquie; in quanto a san Tommaso poi ho veduto un quadro festivo e solenne. Ho pure veduto come queste ossa degli antichi tempi sieno venote in Münster, come un vescovo straniero le abbia di buon'ora raccolte, e come poi siano pervenute a un vescovo di questa diocesi. Ho veduto tutto ciò colle loro epoche ed i nomi. Confido in Dio che tutto ciò non andrà perduto.....
Ho ottenuto anche il permesso di svelare al mio confessore i vari nomi delle reliquie portate dall'amico ond'ei glieli possa indicare, ma non mi è permesso direttamente nomi narli all'amico medesimo. » Quest'ultimo non volle capire il senso di cotest'ammonimento, in cui era sì chiaramente espressa la ragione naturale e soprannaturale di quel di lei dono gratuito, e come Anna Caterina si fu accorta della contrarietà che egli di ciò provava, ne nacque nell'animo suo il più vivace desiderio di poter una volta svelargli quei nomi.
« Ah! pensava in me stessa (così narrò in seguito) se pur potessi dirgli il nome di quelle reliquie! Lo aveva già sulla lingua, ma ecco che subitaneamente si avanzò a dritta fuor dell'armadio che sta presso di me, una candida e luminosa mano e mi chiuse la bocca, e mi rattenne quel nome. Ciò avvenne in modo così subitaneo e sorprendente che quasi ho dovuto riderne. » Un simile ammonimento si ripetè alcuni giorni più tardi, allorchè essa si lasciò andar al desiderio di pronunziar quei nomi per contentar l'amico.
« Provai di bel nuovo un gran desiderio di nominare quei santi circa le cui ossa è nato tanto rammarico. Ma quand'io stava per parlare, intesi battere nell'armadio, e mi riuscì impossibile pronunziare quei nomi: non li sapeva più. Non lo posso e non l'oso. Ho avuto più volte la parola sulla lingua, ma non la posso pronunziare, e questa impotenza non è già riposta nella mia volontà. » Anche il confessore e l'amico aveano del pari sentito quei colpi nell'armadio, senza poterseli per altro spiegare, ed allorchè il confessore disse: « Credo che il diavolo non oserà far qui una delle sue, » Anna Caterina prese una reliquia dall'armadio e e disse: «Egli è quel santo la di cui reliquia ha qui portata l'amico del Pellegrino. »
Ciò che per altro potesse sopra di lei il comando ecclesiastico anche in questa occasione, apparisce dai fatti seguenti. Al 18 gennaio 1821 il confessore, in presenza del Pellegrino, depose un pacchetto sigillato in vicinanza di Anna Caterina e ad un tempo disse al medesimo: « Non sa cosa vi sia dentro: quando per altro Anna Caterina abbia parlato, allora le dirò dove io l'abbia ritrovato. »
Quindi parlando alla medesima disse: « Il pacchetto proviene da quel pio uomo che è nel Seminario a Parigi, e son cose che ha portate seco da Gerusalemme e da Roma; vi sono capelli del Papa, una piccola particella delle ossa di un nuovo Santo morto in un convento in Palestina, un frammento di pietra del S. Sepolcro, terra di un luogo su cui ha giaciuto il Salvatore, ed anche capelli di un'altra persona.
Il Pellegrino disse allora al confessore: Sicuramente ella ha trovato cotesto pacchetto presso il Lambert, che lo deve aver ricevuto da Parigi? Si (rispose il confessore), nel mettere in ordine le carte del Lambert, ho trovato questo pacchetto sigillato. » Mentre il confessore si allontanava, la inferma disse pure: « Chi è mai quella monachina che giace costà in istato sì miserabile? Il padre confessore non me ne ha detto nulla. Deve per altro andar da lei: essa è in molto più misero stato di me medesima: se ne sta là giacente, affatto inviluppata nelle spine »
La inferma vedea sè stessa in cotesto quadro, perchè eranvi in quel pacchetto certi di lei capelli che il vecchio Lambert avea voluto mandare al suo amico in Parigi.
Una volta aveva riconosciuto una reliquia di un santo Papa, ma ne avea dimenticato il nome. Il Pellegrino prego il confessore a sottoporle di bel nuovo quella reliquia domandandone il nome. Questi vi consenti, ed appena l'ebbe ella tenuta per alcuni momenti fra le mani esclamo: « È di Papa Bonifazio I. »
Ai 9 d'agosto 1821 disse: « Ho avuto nella decorsa notte molto che fare colle sacre reliquie che presso di mesi trovano. Vidi tutti quei santi, e fui avvertita di dover recitare tanti Pater quante sono le reliquie che presso di mesi trovano. Io dovea pure offrire queste preci in pro delle anime di coloro che riposano in questo nostro cimitero. »
4. Quanto fossero involontarie e potenti le impressioni che Anna Caterina suoleva ricevere dagli oggetti sacri e non sacri, appare in modo più speciale e distinto dal fatto seguente, riferito dal Pellegrino in data 9 maggio 1820.
«Il dottor Wesener avea scavato da un sarcofago pagano un'urna ripiena di ceneri ed in questa trovò alcuni frammenti di un cranio, de'quali il Pellegrino depose uno sul letto della inferma, mentre essa trovavasi immersa in estatica orazione. Essa non appressò in alcun modo la mano a quel frammento di osso, mentre al contrario viene sempre potentemente attratta dalla luce che scaturisce dalle ossa sacre, e la segue col capo o colla parte superiore del corpo anche nell'estasi, anzi coi piedi e col vibrare dei muscoli e e delle dita, laddove essa giunge in contatto con quelle ossa. Essa lasciò quel frammento posare vicino alle dita della sua mano sinistra sulla coperta del letto, nè si mosse affatto; talmentechè il Pellegrino crede che quel frammento le fosse del tutto indifferente, nè le producesse la minima impressione. Finalmente disse: -Che mai vuole cotesta vecchia Rebecca presso di me? Quando il Pellegrino seguitò ad appressarle quell'osso, essa nascose le mani sotto la coperta e disse che le correva dattorno una vecchia, bruna e selvaggia donna con dei fanciulli nudi come ranocchi, che non potea guardarli, e che le destavano spavento. Che avea bensì veduto in Egitto gente così bruna e selvaggia, ma che non sapeva cosa volesser costoro presso di lei, e cose simili. Siccome quell'osso fu lasciato più a lungo in di lei vicinanza, afferrò senza destarsi dall'estasi la cassetta delle reliquie che le stava vicina, la tenne stretta con ambedue le mani dinanzi al petto, e disse: « Adesso quella donna non mi può far più alcun male. » Così dicendo si strisciò, rimanendo irrigidita ed immobile nello stato estatico, sotto le coperte; ed allorchè il Pellegrino che le stava da presso prese e mise quell'osso pagano nella tasca del suo petto, ella rivolse il capo in direzione contraria, e quando il Pellegrino cambiando le pose quel frammento d'ossa dall'altro lato, essa di nuovo rivolse il capo in direzione opposta. Quand'ei finalmente rimosse ed allontando affatto quell'osso, ella disse che quell'oggetto si era nascosto per fuggire la prossimità dei santi. Intanto il di lei confessore le teneva dinanzi stese le dita consacrate, cui ella immediatamente si avvicinò colla testa in modo da suggerle colla più grande vivacità. Ei le dimandò: che è mai questo? Ed essa le diè la sorprendente e tremenda risposta: « È più di quel che tu capisci! » Egli ritirò il dito e pose la sua mano sull'estremità del letto ove posano i piedi. Ma la inferma lo seguì anche colà. Si sollevò con la parte superiore del corpo, conservando tutta la sua rigida immobilità e sempre ritenendo la cassa delle reliquie, e passò dalla posizione del giacere a quella del sedere, ? col capo e colla bocca andò in cerca delle dita consacrate.»
Il Pellegrino avvicinò in seguito alla di lei mano, colla quale riteneva la cassetta delle reliquie e che era affatto irrigidita, una scheggia di un osso petrificato di animale, che il dottor Wesener avea trovato entro il fiume Lippa.
Essa afferro quella scheggia e disse: « Questo piuttosto può star qui convenientemente; non fa alcun danno, è una buona bestia, e non ha fatto alcun peccato. » Esortò ancor più volte il Pellegrino ad allontanare da sè quell'osso, ea non portarlo insieme con quelli dei santi. « Vattene (disse ella ), liberati da quella vecchia, sta in guardia contro di lei: ti può fare qualche male. » Ciò ripetè più volte con istanza pregando, e sempre in estasi. Allorchè il Pellegrino nel giorno seguente condusse il discorso sull'andamento delle cose sopraindicate, la inferma gli dichiarò con severissime parole l'inconvenienza e il danno di avvicinarle cose simili e di sottoporla a così imbarazzanti prove e tentativi, di mescolare il sacro col profano, e di procurarle in tal modo impressioni affatto scovenienti e indegne, e si lagnò assai che il Pellegrino non si fosse lasciato tenere indietro e rimuovere dal confessore insieme con quell'osso.
Essa ripetè di bel nuovo: « Quell'osso pagano mi respinse ed eccitò in me repug anza e contrarietà. Non posso dire che sentissi che quella donna era dannata, ma sentiva in quell'osso alcunché di tenebroso, di lontano da Dio, di propagante tenebre o piuttosto di emanante oscurità, e precisamente l'opposto ed il rovescio dell'effetto luminoso, attraente, benefico delle ossa dei santi. Vidi quella vecchia paurosamente guardare a a sè dattorno; sembrava come se fosse collegata con maligne e cattive potenze, e come se potesse cagionar danno. Vidi tutto oscuro a lei dintorno. Lo spazio era un bosco ed un prato; ma tutto era oscuro non già come la notte,ma piuttosto come vedo la spirituale oscurità di cattive dottrine, la rimozione ed allontanamento dalla luce del mondo, la correlazione ed i rapporti colle tenebre. La vidi sola coi figli », ma all'intorno vedevansi disperse miserabili capanne di svariata forma, tutte incavate sotterra e coperte per di sopra con una specie di tetto; alcune erano rotonde ed aveano per di sopra tettoie erbose, altre quadrate ed erano ricoperte di giunchi intessuti. Ne vidi anche alcune, ma poche, con tetti più alti, acuti di forma ed intessuti con ordine. Fra alcune di coteste capanne vidi anche vie di sotterranea comunicazione, che erano coperte.Cotesta disaggradevole azione ed effetto pagano risultante da cattive ossa, pud cagionar molto male quando la gente se ne serva come di un mezzo profano e superstizioso; giacchè quegli individui che cosi ne usano, partecipano senza saperlo alle loro emanazioni, e nasce una sorta di comunicazione fra loro e quelle ossa; come al contrario nasce dalla venerazione delle ossa dei santi una partecipazione alle benedizioni ed agli effetti di grazia che emanano da tutto ciò che è redento e beato. »
5. Che per altro anche nello stato di veglia naturale ella venisse attratta dalle sacre reliquie, le vedesse effondere luce e ne riconoscesse il nome, il Pellegrino potè assicurarsene ed esserne testimonio anche durante il primo soggiorno in Dülmen. In data 31 decembre 1818 egli così riferisce nel suo Diario:
« L'antica maestra delle novizie, che fra queste ebbe pure la inferma, la sorella Neuhaus, venne portando un pacchetto. Allorchè entrò in camera, Anna Caterina provò come disse, un gioioso fremito ed ottenne la intima certezza che in quel pacchetto eranvi reliquie.
Ah (pensò essa) tu porti il tesoro fuori della tua camera e vi lasci addietro la polvere! — E quando la Neuhaus ebbe posato quell'involto sulla tavola, la inferma ne fu talmente commossa ed agitata che ad ogni momento temeva di esser rapita in ispirito. Sembravale come se un'interna voce la chiamasse e le dicesse: Ecco qui Ludgario! È qui! E mentre parlava colla Neuhaus, sentivasi sempre talmente attratta dalle reliquie, che gran fatica provava a resistere onde non essere rapita in estasi, talmentechè quella monaca le domandò se si sentiva male; la inferma rispose: non mi sento interamente bene, ed espressamente si sforzò a parlare di altre cose per non cadere in visione. In seguito raccontò al Pellegrino: – Vidi sempre intorno a quelle reliquie una apparenza di luce, uno splendore candido come il latte, ma più luminoso e più acuto della luce stessa del giorno, ed allorchè un piccolissimo frammento de cadde sul suolo vidi come se una scintilla di luce volasse sotto l'armadio (1).
(1) Lo povero cieco lo cercai e lo trovai. » ( Il PELLEGRINO)
Allorchè il Pellegrino in seguito si mise ad osservare quelle reliquie, fui tosto rapita in visione ed una voce mi disse: questo è un osso di Ludgario, e tosto vidi il santo vescovo colla sua infula ed il bastone pastorale starsi nella comunione dei santi. Dipoi mi furon mostrati subito l'uno dopo l'altro molti santi, e prima degli altri santa Scolastica al disopra di molte monache, e sulla tavola un frammento delle ossa sue. Quindi vidi Afra in mezzo alle monache ed un suo osso al disotto in prossimità del Pellegrino. Dopo mi fa mostrata una monaca in mezzo ad altre e mi fa detto: costei è Emerenzia e sotto havvi il di lei osso!
E me ne meravigliai, giacchè mai avea inteso pronunziare quel nome. Poi vidi una vergine con un serto di spesse rose sal capo, e che teneva dinanzi a sè con ambe le mani un bel mazzo di fiori ed una corona di rose. Mi fu detto: costei è Rosalia, che tanto ha fatto per i poveri! Tiene in mano quella corona di fiori come altre volte vi teneva le elemosine da lei distribuite, e costà è un frammento delle ossa sue. Poi vidi una monaca brillare in mezzo ad una schiera di altre e mi fu detto: costei è Ludovica e e là è la sua reliquia. Vedi come distribuisce le sue limosine! E vidi come ella avesse il grembiule pieno di pane e lo distribuisse a molti miserabili. Quindi vidi un vescovo e mi fu detto che aveva vissuto ai tempi di Ludgario, e che aveano d'accordo operato e si erano conosciuti; ma li vidi per altro star molto lungi l'uno dall'altro. Quindi vidi una vergine secolare ancor molto giovine, vestita con abbigliamento del medio evo, ma puramente aereo e spirituale, starsi in mezzo ad altre beate vergini. Vedi meraviglia! il di lei corpo era stato ritrovato intero ed incorrotto, e la sua santità era stata riconosciuta, e le ossa sue deposte presso quelle di altri santi. Mentre così mi si diceva vidi aperto un sepolcro che era stato prima murato. Dipoi vidi più oltre, nei primi tempi del Cristianesimo, un giovinetto delicato e non ancora adulto, ed accanto a lui ne vidi altri sei con una donna. Mi fu pronunziato il nome di Felicita e mi fu mostrata una piazza quasi rotonda con muri sostenuti da archi, e mi fu detto: là da quel lato in quelle caverne stavano le bestie feroci, e laggiù in quelle carceri dall'altro lato venivano tenuti prigioni e martiri, e rilegati alle catene che là pendevano per essere poi dalle bestie di lapiati. Vidi anche gente che di notte tempo colà scavava e portava via le ossa, e mi fu detto: cid fanno segretamente: sono gli amici dei martiri, » e cosi le sacre ossa son venute sino a Roma e sono state poi divise. Ed io vidi Felicita starsi presso i sette suoi giovanetti.
Una settimana dopo il Pellegrino portò le reliquie che ancora restavano in quel piccolo involto della Neuhaus, dinanzi ad Anna Caterina. « Io le diedi ( così riferisce il suo Diario) sette particelle o frammenti. Li riconobbe tutti per appartenenti a santa Elisabetta di Turingia e disse: Veggo Elisabetta con una corona in una mano ed una piccola cesta nell'altra. Dalla cestina cadono grosse e piccole rose d'oro: al di sotto veggo un povero, verso cui cadono quelle rose. » Quindi la inferma medesima accennò un frammento d'osso e disse: « Ecco Barbara. La veggo con una corona sul capo ed un calice col Sacramento in mano. »
Dipoi si rivolse verso un piccolo cumulo di altre reliquie e disse: « Queste sono ossa raccolte dal luogo di Roma ove si eseguivano i martirii! » Ed allora venne costà portata in visione, e descrisse al Pellegrino le località ed i tormenti dei santi martiri, mentre nello stesso tempo ne nominava le singole ossa, e gliele porgeva per involgerle e contrassegnarle. Rimase talmente sorpreso dalla vivacità delle di lei partecipazioni che lo confessò in questa guisa: « A mia vergogna debbo dire che di tutte queste cose non so nulla affatto. » Ove si pensi che quella povera figlia di contadini ha dinanzi agli occhi l'intero e distrutto mondo romano con tutti i suoi usi e costumi, e non ha al tempo medesimo niuna idea o intelligenza di ciò che vede fuorchè dello stato spirituale dei martirizzati, e per dipiù non è punto esercitata a descrivere la parte materiale e locale e istrumentale, giacchè finora non ha mai ragionato che di cose spirituali, allora diventerà comprensibile come il Pellegrino possa notare sì poche cose. Quando sul finire della visione ella domandò alla sua Guida celeste come coteste sacre ossa fossero venute sin qui e fossero così poco venerate, si ebbe in risposta: « Sono state da lungo tempo scavate dai luoghi dei martirii, e passando di luogo in luogo son venute sino in Münster, ma respinte indietro da cose sempre nuove e sopravvegnenti, sono state messe affatto da parte.
Mi trovai (disse ella) ad un tratto in una stranierà città affatto meravigliosa, e mi stava sulla superficie dell'orlo superiore del muro di un edifizio circolare che conteneva una rotonda piazza. Io era collocata al di sopra dell'ingresso, da cui a ritta ed a manca partendosi certe interne scale conducevano a quell'altezza ove mi trovava; da un lato eranvi prigioni, le cui porte si aprivano su quella piazza; l'altro lato conteneva certi spazi ove eran racchiuse le belve. Dietro cotesti spazi eranvi degli angoli ove si strisciavano i carnefici allorchè liberavano le bestie feroci. Posto di faccia all'ingresso ed in prossimità del muro, sorgeva sulla piazza un elevato marmoreo seggio, a cui da due lati conducevano gradini. Costà sedeva la moglie dello scellerato imperatore, e presso di lei eranvi due altre donne di molto tirannico aspetto. Precisamente dietro a cotesta tribuna, sulla sua superficie superiore, sedeva un uomo che avea aria di poter dare comandi. Ei gestiva da una parte e dall'altra come se desse ordini. Dapprima venne aperto uno degli antri delle bestie, e ne uscì una belva che rassomigliavasi a un grosso gatto, ma maculato. I carnefici per altro stavansi dietro le porte e si rifuggivano nelle cavità per essere sicuri; poi correndo salivano le scale e si rifugiavano in alto sull'orlo dell'anfiteatro. Nel medesimo tempo due altri carnefici aveano trascinato fuori dalle porte del carcere situato in faccia una vergine, strappandole da dosso la sopravveste, che era biancastra.
Essa risplendeva per altro come tutti i martiri e stavasi tranquilla, cogli occhi elevati e le mani incrociate dinanzi il petto,e senza la minima inquietudine,in mezzo alla piazza. La belva non le fece alcun male, ma anzi dopo essersi umiliata davanti a lei, si gittò sui carnefici, che col gettarle sassi e colle grida tentavano di aizzarla. Ma siccome la belva non volle attaccar quella vergine, fu richiamata, ed effettivamente, non so come ciò avvenisse, si ritrasse indietro. Quella vergine poi venne condotta in altro luogo destinato ai martirii, che era prossimo e circondato soltanto da palizzate. Costà venne collocata sopra un sasso in cui era piantato un palo e vi fu legata colle mani dietro il dorso e decapitata. Da sè medesima distese addietro le mani; aveva icapelli intrecciati; era molto graziosa, nè si scorgeva in lei alcuna traccia di angoscia o di paura.
Allora fu condotto un uomo nell'anfiteatro delle belve e gli fu pure strappato il mantello; aveva soltanto una sotto veste, che gli scendeva sino al ginocchio. Le belve non gli fecero alcun male. Venne decapitato. Egli fu pure, come prima di lui lo era stata la vergine, qua e là gittato e punto con aguzze verghe di ferro. Cotesti martirii turbano talmente e nel medesimo tempo cagionano sì gran gioia, sono sì orrendemente gravi, eppure commuovono ed eccitano si potentemente, che l'animo è indotto ad affiliggersi e deplorare di non esservi sempre presente. I tormentatori vengono bene spesso si possentemente presi e commossi dal magnifico e grandioso contegno dei martiri, che si precipitano verso di loro e li abbracciano, confessano ad alta voce Gesù, e sovente vengon tosto martirizzati con loro. Vidi un martire nell'anfiteatro: una leonessa si gettò sopra di lai, lo trascinò qua e là,e tosto lo mise in pezzi. Ne vidi anche molti venire arsi entro un altro anfiteatro, ed uno da cai, mentre ardeva, le fiamme si precipitaron sui suoi carnefici e molti ne divorarono. Vidi un sacerdote che avea segretamente assistito e consolato molti martiri, in mano a due carnefici che incominciando dai piedi gli recisero membro per membro e facendoglielo vedere, gli domandavano se volesse ritrattarsi, ma il tronco di quel pio martire rimase ancora pieno di gioia e lodante Iddio, finchè non gli fu reciso il capo. Discesi pur nelle catacombe e vidi innanzi ad una tavola ricoperta di lumi molta gente, uomini e donne, genuflessi ed oranti. Un sacerdote orava ad alta voce, ed un altro con un turibolo incensava. Sembrava che tutti offrissero alcunchè, deponendo in una tazza posata sulla tavola. Quelle preghiere erano come di preparazione all'imminente martirio. Poi vidi nna nobile donna con tre figlie dai sedici ai venti anni esposta nell'anfiteatro. Il giudice che presiede è un altro.Molte belve vengono liberate e lanciate sulle martiri, ma non fanno loro alcun male, anzi amichevolmente lambiscono colla lingua la più giovine. Vennero allora condotte innanzi al giudice e di là solla minor piazza dei martirii. La maggiore delle figlie venne dapprima abbruciata con nere faci sulle gote, alle mammelle, e sotto le braccia, quindi dilaniata con tanaglie nel corpo intero, e poi di nuovo ricondotta dinanzi al giudice. Essa per altro non gli volse mai un guardo, ma al contrario guardava sempre indietro verso le sorelle che in quel frattempo venivan martoriate. Dopochè tutte furon trattate nell'istessa guisa, venner decapitate sedendo, e la madre per l'ultima, che aveva sofferto incredibili dolori nel veder cosi martoriate le povere sue figlie. Vedo anche un santo Pontefice tradito, ritratto dalle catacombe e martirizzato. Uno dei romani, il più furibondo fra i persecutori, gittossi pentito dal lato dei cristiani e morì della morte dei martiri. Provai un desiderio sì ardente del martirio che ad alta voce sclamai invocandolo, ma mi fu detto: ognuno ha la sua propria via: noi abbiamo sopportato il martirio una sol volta, tu per altro sarai costantemente martirizzata; noi avevamo un solo nemico, tu poi ne hai molti. »
6. In tempo posteriore il Pellegrino le porse un numero di reliquie, che ella prese l'una dopo l'altra e depose sul suo cuore. Quindi le mise in ordine, di nuovo le strinse sul cuore, e le considerò attentamente. Ne rese quindi alcune indietro, ne indicò una fra esse come non vera nè autentica: le altre poi le dichiarò autentiche con queste parole: « Son così magnifiche, non si può dire quanto sien belle! » Interrogata poi con maggiore accuratezza circa la sensazione da lei provata alla vista di quelle sante reliquie, si espresse cosi: « Io veggo e sento la luce; è come uno strale, un raggio che in me penetra e seco mi rapisce, e quindi sento la dipendenza e correlazione di quel raggio di luce con quel corpo luminoso da cui deriva e e coll'intero mondo della luce, e poi innanzi a me si appresentano i quadri della vita terrena di quel luminoso corpo, e la sua posizione nelle file della Chiesa trionfante. Havvi una meravigliosa relazione tra il corpo e l'anima, relazione che non cessa nemmeno colla morte, talmentechè gli spiriti beati per mezzo di ogni particella del loro corpo, proseguono sempre ad aver azione sui fedeli. Nel giorno del giudizio riuscirà molto facile agli angeli il separare i buoni dai cattivi, giacchè tutto è o sarà luce o tenebre. »
Ai 31 luglio 1821. Ella avea essendo in visione trascelto fra più di cento frammenti una particella come apparte nente a sant'Ignazio di Loiola. Destandosi dall'estasi prese di bel nuovo in mano la scatola che conteneva quelle reliquie, per ricercar tutte quelle particelle che avevano l'una all'altra correlazione. Appena le aveva per alcuni momenti contemplate, che ne fece circa sei mucchietti separati. Riunendo uno di cotesti cumuli disse: « Di queste ne devo aver dicci,» e dopo averne trovate a poco a poco nove, ripetè di bel nuovo: « Debbono esser dieci, » ed ecco che finalmente ritrovò anche la decima. Tutto ciò lo fece in circa quattro minuti di tempo, e quindi disse: « Non posso più, non le vedo più, » e cesso come esausta e stanca. Disse più tardi: « Mi sentii un interno impulso a guardare quelle reliquie, ne aveva proprio ardente desiderio, » mi attraevano. Il riconoscerle e distinguerle riesce facile; esse effondono luce diversa. Veggo piccoli quadri come fossero i ritratti dei volti delle differenti persone cui appartengono; da quei frammenti di ossa sgorgano fili di luce che si collegano con questi quadri. Non posso esprimerlo, è uno stato meraviglioso; è come se qualcosa fosse racchiuso entro il nostro individuo, e che cotesta cosa volesse ad ogni costo uscir fuori: ciò stanca moltissimo, ed alla fine si cade esausti di forze. Durante cotesta ricerca, come pure sul principio e nel seguito di tutta cotesta faccenda, ella trovavasi in istato di piena veglia, e non apparve in lei alcuna esterna alterazione, tranne una specie di più profondo ed intimo concentramento. Cotesta attenzione principiò coll'apertura dei piccoli involti di carta, mentre disse: « Qua dentro havvi una pietruzza, e la trovò e la trascelse quantunque fosse commista a molti altri simili frammenti. Non abbisogna punto della luce del giorno per simil lavoro, giacchè lo fa spesso anche in sen della notte. Quando una volta il vicario. Hilgenberg arrecò due lunghe striscie ricoperte di reliquie cucitevi sopra e leggiadramente ornate, per fargliele vederé, ella ne fu molto commossa e disse: « Veggo molte di queste reliquie ornate di un nimbo di luce variopinto, ed effondenti luce. Se in esse più mi approfondo col guardo, mi si appresenta tosto nel seno di ciascuna una piccola figura, ed in seguito cotesta figura si accresce, ed io penetro in lei e ne veggo le sembianze, la forma, e il vestiario, e tutto il modo di essere, e la vita, e il nome, e la storia del santo. I nomi, se si tratta di uomini, si veggon sempre sotto i piedi; nelle donne poi si veggono situati dal lato destro. Cotesti nomi non sono interamente scritti, ma solo le prime sillabe. Le altre vengono pronunziate ed intese internamente (1).
( 1 ) Ogni qualvolta Anna Caterina, consenziente alle preghiere del Pellegrino si affaticava a segnare col lapis i nomi delle sante reliquie che le venivano rivelate in visione, scriveva soltanto la prima sillaba del nome, e cid con lettere romane.
Le lettere hanno lo stesso colore della luce della reliquia e del nimbo dei santi cui appartengono. Sembra che questi nomi siano alcunchè di essenziale, come se avessero una sostanza; vi è in essi un mistero. Quando veggo i santi, non già per rapporto alla distinzione delle reliquie, ma così in generale, li veggo pure distribuiti in ordini e in cori secondo il loro merito, e vestiti secondo il grado e condizione loro, ma vestiti per altro in forma essenziale, con vesti della Chiesa celeste, non già con quelle del tempo transitorio. Veggo allora tutti i vescovi, Papi, martiri, individui consacrati ed unti, re, vergini, e così di seguito, in vesti proprie del regno dei cieli, e sempre però col nimbo di gloria. I sessi non sono separati. Le vergini hanno un grado mistico ed affatto distinto. Veggo le vergini come vergini per desiderio e volontà; fra loro vi sono anche donne maritate e martiri alle quali fu fatta violenza dai carnefici. Non veggo Maddalena fra le vergini, ma la vedo starsi in alto grado. Essa era grande, bella, e si energica, che senza la sua conversione a Gesù avrebbe potuto divenire un mostro femminile. Essa ha ottenuto un gran trionfo sopra sè stessa. »
« Talora io non veggo dei santi che il solo capo circondato di splendore, talora veggo anche il petto. Cotesta luce la veggo di diversi colori. Presso le vergini e quegli individui che han vissuto affatto tranquillamente, e la di cui lotta consisteva soltanto nella pazienza necessaria ai pesi giornalieri ed alle pene domestiche, quello splendore è bianco come neve, e così è pure nei giovanetti; questi li veggo pure sovente con gigli in mano. Di un rosso pallido veggo risplendere coloro che sono stati martoriati da segreti ed intimi patimenti in onore di Gesù Cristo; di un rosso fulgore apparisce la luce dei martiri, che inoltre portano una palma ?; ? i dottori poi ed i confessori li veggo circondati da splendore giallo e verde, e portar in mano rami ondeggianti. I santi martiri li veggo in differente natura di gloria secondo il grado dei loro tormenti. Fra quelle sante reliquie che presso di me si ritrovano, ne veggo anche quelle di alcuni che sono divenuti martiri per interno martirio dell'anima, senza effusione di sangue. »
« Gli angeli li veggo senza nimbo. Li veggo invero in forma umana ed anche con sembianze e capelli, ma molto più svelti, nobili, e di sembianze molto più fine ed intelligenti delle creature umane. Li veggo tutti trasparenti, tutti luce, ma pure in grado differente. Gli individui umani che sono giunti alla celeste beatitudine li veggo involti in una luce corporea che è più candida che risplendente, ed intorno a loro veggo una sfera di splendore, una gloria, un'apparenza di santità diversamente colorata, e il cui colore sta in rapporto col grado e genere della loro parificazione. Non veggo gli angeli muovere i piedi in alcuna maniera, e così nemmeno i santi, tranne nei quadri storici che si riferiscono alla loro umana carriera ovvero alla loro azione fra gli uomini. Veggo pure tutte coteste apparizioni nel loro stato perfetto mai parlar l'una all'altra per mezzo delle labbra, mentre veggo nel medesimo tempo che gli uni si rivolgono agli altri e si compenetrano, ed intimamente penetrandosi leggono l'uno nell'altro. »
Aveva due frammenti di ossa di santa Ildegarda, cioè uno piccolo ed un altro maggiore, il quale derivava dal femore della Santa. Un giorno mostrossi affatto sorpresa, come se alcuno inaspettatamente le si accostasse, ed esclamò: « Chi è costà in quel lungo e candido ammanto? » Ciò dicendo guardò verso l'armadio a muro che le stava vicino. « È Ildegarda; ho due ossa di lei; il più grosso non vien mai fino a me, l'altro più piccolo viene spesso. L'osso maggiore risplende meno, perchè deriva da una parte men nobile. Le ossa diversificano nella loro dignità. Così anche le vesti che hanno appartenuto a santa Maria Maddalena prima della sua conversione, risplendono meno. Anche le membra di un santo perdute prima del suo rinascimento o conversione, sono reliquie, precisamente come tutta l'intera umanità anche anteriore alla venuta di Gesù Cristo è stata da lui redenta. Le sante ossa che hanno appartenuto ad anime pure, pudiche e forti?, sono sempre più forti e più dure delle ossa di individui umani che si sono abbandonati alle passioni; quindi avviene che le ossa dei semplici antichi tempi sono più forti e producono impressione più aggradevole, di quelle dei tempi posteriori.
Il Pellegrino le arrecò una scatoletta intera ripiena di cinquanta commisti frammenti di reliquie. La inferma era desta ed in istato perfetto di veglia naturale. Ei le disse che sarebbe stato bene che avesse potuto l'una dall'altra separare e trascegliere quelle reliquie. Appena le ebbe contemplate per un minuto, che si accinse a farlo. Sempre desta e parlando, riunì assieme quelle particelle che appartenevano ad un medesimo corpo, anzi, facendolo, designò le singole membra da cui derivavano. Disse pure: «Queste qui sono state nel fuoco; le veggo ricercare in mezzo alle ceneri. Queste qui furono in una chiesa di città: le veggo purificare ed ornare. Quelle laggiù risplendono di maggior luce. Queste qui risplendono meno, ed eccone una che risplende specialmente di un bel rosso dorato.» A queste parole ella cadde in visione estatica, ma bentosto rientrò nello stato veglia e disse: « Veggo un vecchio oppresso da reumi giacente sopra un letticciuolo in piazza ed all'aria aperta. Un vescovo che porta il pastorale s'inclina sopra di lui e posa il capo sulla sua spalla. Vi son presenti individui che portano faci. » Indicò quell'osso che risplendeva di un color rosso d'oro come appartenente a quel vescovo e lo nominò Servulo; inoltre nominò pure S. Quirino come se una di lui reliquia si trovasse fra quelle ossa. Allorchè il Pellegrino le presentò un involto di reliquie appartenenti alla casa ducale di Dülmen, involto che conteneva circa otto ritagli di antica stoffa, essa li separò l'uno dall'altro e disse: Questo è stato portato da un santo: questo un frammento di una stola. Questo un avanzo di paramento da Messa che ha toccato cose sante. »
E alla domanda del come ella avesse tutto ciò conosciuto, rispose che dal momento in cui quell'involto trovavasi nella sua stanza, avea veduto presso di sè quattro santi rivestiti di coteste stoffe, ed avea veduto anche quel tagliare e quei contatti, e li aveva di bel nuovo veduti adesso nel distinguere un oggetto dall'altro. Il Pellegrino le domandò in seguito se ella pur forse vedesse santa Tecla, la di cui reliquia presso di lei si trovava. Rispose: « Si, la veggo ora qui, ora là in un quadro, spiare attentamente in un carcere in cui si trova racchiuso S. Paolo. La veggo talora strisciarsi lungo un muro, tal'altra sotto un arco, come chi inquieto cerca alcuna cosa. » Allorchè il Pellegrino le porse un piccolo frammento o scheggia di un legno piuttosto bruno inviluppato in una stoffa celeste, e che egli avea preso dal mucchio di tutti quei frammenti di stoffa, essa disse subito: « Questa scheggia è di quella sorta di legno di cui era fatta la croce, e che Maria avea presso di sè in Efeso; è legno di cedro. Quel frammento di stoffa di seta appartiene a un piccolo manto, con cui una volta era vestita una statua di Maria; è antichissimo. »
Ai 6 di novembre 1821 trovò fra le sue reliquie un piccolo frammento di legno, che porse al Pellegrino con queste parole:« Questo, molto tempo fa, è stato portato di Palestina da un eremita. Ho veduto che è di un albero che era piantato nell'antico giardino di un Esseno. Per sopra quest'albero alla fine del suo digiuno di 40 giorni fu Gesù trasportato dal tentatore. Quindi porse al Pellegrino un piccolo involto con queste parole: « Questa è terra del monte Sinai.Viveggo accanto quel monte. Quindi afferrò un osso e disse: «Questo appartiene a un santo la cui solennità corre nel mese di luglio. Il di lui nome principia con un E. L'ho veduto in carcere con due altri che per fame suggevano ossa. Condotto al martirio, venne a causa dei suoi meravigliosi discorsi intorno a Dio ritenuto per pazzo, e volevasi lasciarlo andar libero. Un soldato per altro disse: Lasciate un po'vedere se egli possa chiamare il suo Dio dal cielo, perchè allora è buono ad esser martoriato come tutti gli altri! Quel soldato venne colpito dal fulmine. Vidi il santo celebrare un'altra volta in chiesa il servizio divino e quindi venir martirizzato. »
Storia di una croce piena di reliquie.
Agli 8 di novembre 1819 il Pellegrino arrecò una vecchia croce piena di reliquie che Anna Caterina non aveva mai veduta, e la portò nella tasca del petto; quand'ei le fu vicino ella disse: « Ma in verità ecco che viene un'intera processione! » e stese la mano verso quella croce che stava ancora nella tasca, la prese ed aprendola disse: « Eccoli qua tutti! E fra gli altri un vecchio puro e sincero come l'eremita di Svizzera.» Il Pellegrino le lasciò quella croce ed essa raccontò nel giorno seguente cosi: «Allorchè questa croce mi fu recata vicina, vidi in fila e precisamente nella disposizione in cui stanno qua dentro le reliquie, tutti questi santi stare in forma di croce sa in aria, e sotto di loro una contrada selvaggia e boschereccia, un folto spinaio, ed alcune persone fra le quali un uomo somigliante al vecchio eremita della Svizzera. Di poi ebbi una visione circa quella croce. Vidi nella valletta di un bosco situata in un paese montuoso e non lontano dal mare, un romitorio in cui vivevano raccolte sei donne che si erano dedicate alla vita solitaria. Vidi tutta la loro vita. Eran tutte di un'età che poteano ancora l'una e l'altra fra loro aiutarsi. Eran tutte molto raccolte e silenziose, e vivevano poverissimamente: non aveano mai provvigioni e andavano questuando elemosine. Avean fra loro una superiora e recitavano le ore caponiche. Portavano una tunica rozza e bruna con un cappuccio. Ne vidi andare nei giardinetti che erano disposti dinanzi alle celle, e dove ciascuna penetrava per un uscio particolare. I giardinetti erano molto leggiadri, ma piccoli. Eranvi dentro anche alberi di melarance. Li coltivavano da loro. Le vidi anche occupate di un lavoro a me incognito; avevano una macchina somigliante a un telaio da tessere, ove vedevansi tese certe corde colle quali esse tessevano tappeti variopinti e grossolani, ma pur fatti con gran cura. Vidi che col mezzo di una certa paglia bianca e sottile tessevano un leggiadro lavoro d'intreccio. I loro letti posavano sulla nuda terra e consistevano in una nuda tavola, su cui eravi un cattivo pagliericcio ed un paio di coperte. Costà non si cucinava molto. Prendevano le loro refezioni in comune, e nella loro tavola alta e profonda eran praticate certe cavità che servivano loro di piatti. A dritta e a sinistra di coteste cavità pendevano sospese certe assi celle che venivano abbassate su quelle cavità medesime, e così ricoprivano quella bizzarra specie di piatti. Le vidi mangiare insieme una zuppa di erbe piuttosto bruna. Anche nella cappella regnava la maggiore semplicità. Quanto eravi là dentro di ornamenti, consisteva in lavori di paglia. Pensai quindi fra di me: qua dentro havvi orazione d'oroe vi sono utensili di paglia: così era allora! adesso però si usa invece orazione di paglia ed utensili dorati! L'altare di pietra era coperto di una bella stuoia tessuta in paglia, intagliata e fregiata a dritta e a sinistra ed in giù pendente. Nel mezzo posava un piccolo tabernacolo, e sopra di esso quella croce, che ora ha il Pellegrino.
Eranvi a dritta e a sinistra due candelabri di legno e due urne o vasi pure di legno, che contenevano mazzi di fiori ordinati regolarmente a forma di ostensorio. Quel romitorio consisteva in una fabbrica quadrata di pietra con tetto costrutto in legno. Gli spazi interni eran divisi da scheggie intrecciate larghe un palmo, di un legno simile a quello con cui si fabbricano le scatole. Queste pareti fatte di lavoro intrecciato erano di diversa altezza; nella cappella erano più alte della statura d'un uomo, ma non giungevano per altro sino al tetto del romitorio; fra le celle poi eran più basse. Le romite potevano guardarvi per di sopra. Erano sostenute da aste che erano piantate e rafforzate nei muri. L'ingresso, dal lato del mare conduceva nella cucina; a questa seguiva il refettorio con quelle bizzarre tavole, e dietro eravi la cappella. A sinistra e a diritta eranvi tre celle, e dinanzi a queste i giardinetti. Le porte che dalle celle si aprivano sui giardinetti eran fatte a forma d'arco, basse e piccole, e la finestra che stava al disopra della porta era fatta in guisa che non potevasi guardare dentro. Dinanzi a quelle finestre eranvi piccole stuoie di paglia che per mezzo di stanghe potevansi tener sollevate a foggia di tende. Le seggiole tessute in paglia erano senza appoggio, ed avean soltanto un manico di legno. Il pavimento della cappella era ricoperto con un tappeto variopinto, ma grossolano, come appunto li fabbricavano. Non tutte le domeniche eravi la santa Messa, che un eremita veniva a celebrarvi e che comunicava quelle donne; peraltro esse avevano il SS. Sacramento nella loro cappella. »
« Le vidi una sera in orazione nella loro chiesicciuola, quando furono sorprese ed assalite dai pirati. Essi erano armati di scimitarre corte e verso la estremità inferiore assai larghe, avevano una specie di turbante intorno al capo, e parlavano una lingua straniera. Rubavano uomini per farne schiavi. Erano feroci e selvaggi quasi come le belve. Il loro vascello era grosso ed ancorato a qualche distanza dalla riva; eran venuti a terra in un palischermo. Devastarono il romitorio e trascinarono con loro quelle povere romite; per altro non vidi che lor facessero oltraggio. Una di quelle vergini ancora giovine e forte prese a sua difesa quella croce di reliquie dall'altare, ed implorò con ogni forza del cuore Iddio in aiuto. Prima che quei pirati giungessero al mare vennero a contesa circa il loro bottino, ed intanto quella vergine riuscì a strisciarsi colle mani e coi piedi nel folto di quella boscaglia e fece voto di servire a Dio solitaria nel deserto, se si degnasse di liberarla. I pirati la cercarono per lungo tempo invano, ed essa sull'albeggiare li vide imbarcarsi. Allora rese grazie a Dio genuflessa innanzi a questa croce. La selvaggia e densa boscaglia stendevasi separata e distante affatto da ogni via per entro un burrone situato frammezzo ad alte ghiacciaie. Niun uomo, niun cacciatore vi penetrava. Cercò a lungo un sito conveniente, sinchè lo trovò nel profondo del bosco. Era un sito piccolo, ma affatto libero e sgombro, ricinto da alberi e da roveti, ma però sufficiente per potervi erigere una casipola. Per disopra era quasi interamente ricoperto dagli alberi, ed il suolo era tutto attraversato dalle radici di quegli alberi medesimi. Decise di servire a Dio costà, separata affatto dagli uomini e senza alcun aiuto ecclesiastico o profano. Avea soltanto seco la croce, che piantò sopra un altare da lei edificato con sassi e dietro di cui dispose il suo giaciglio. Non avea fuoco: esso le ardeva soltanto nel cuore. Durante trent'anni non vide mai pane. »
« In quelle vicinanze vidi su in alto nei monti certi animali somiglianti alle capre balzare da uno scoglio all'altro; intorno all'abitazione dell'eremita vidi anche lepri bianche ed uccelli grossi come galli. Vidi venirvi in prossimità un cacciatore coi suoi cani. Egli era al servigio di un gentil uomo che possedeva un castello sopra di un monte, alla distanza di alcune miglia. Ho visto in seguito quel castello distrutto, ed ora vi rimane soltanto un frammento di torre ricoperto dall'edera e dalle piante selvatiche. Quel cacciatore aveva una tunica grigia affatto chiusa, ed intorno ai fianchi una cintura trapunta e della larghezza di una mano. Portava un piccolo cappello rotondo, uno spuntone, e sotto il braccio una balestra. I suoi cani penetrarono abbaiando nel folto dei cespugli, ed il cacciatore si accostò e vide alcunchè di risplendente, cioè questa croce. Quand'ei riusci a giungervi vicino, chiamò ad alta voce all'intorno. La romita per altro erasi nascosta e sul principio non volle rispondervi con alcun segno. Finalmente gli gridò che non si spaventasse nel vedere che non aveva quasi più sembianze umane. Allora egli la vide, ed io pure la vidi in visione. La vidi circondata di splendore. Essa era grande, ricinta e ricoperta intorno al corpo, e lunghi e grigi capelli le pendevano sul petto e sugli omeri. Ruvidi erano i di lei piedi, brune affatto le sue braccia, e procedeva curva sotto il peso dell'età; per altro, malgrado questa strana apparenza, avea alcunché di nobile e e di severo in sè stessa. Sul principio non volle dire chi fosse; ma quando si fu accorta che quel cacciatore era uomo pio gli disse: vedo che tu sei un servo di Dio, e gli raccontò come essa fosse venuta in quel luogo. Rifiutò di andar via con lui, ma volle restare, e disse al cacciatore di ritornar di nuovo fra un anno insieme con un sacerdote eremita, e la vidi ricevere il SS. Sacramento; dipoi volle restare alquanto sola, e quando quei due di nuovo si approssimarono, era morta. Vollero portarne via il corpo, ma nol poterono; non fu possibile il moverlo. Quindi lo seppellirono in quel luogo, ed il cacciatore prese segretamente quella croce per memoria del fatto. In seguito sulla di lei tomba situata in mezzo a un cespuglio, venne fabbricata una cappella ad onore di un santo da lei venerato in un modo speciale e che anche avea nominato. Da ogni lato eranyi porte che introducevano in quella cappella. »
« Quella vergine avea vissuto affatto in Dio e nella povertà. Prima dell'assalto dei pirati avea avuto una visione in sogno, e veduto come se con violenza dovesse essere trasportata sul mare. Essa pure in visione fece il voto alla Madonna di Einsiedeln, che se venisse salvata da quel periglio, avrebbe sempre digiunato in solitudine. Ed allora leparve di cadere in un canale o corso di acqua, e si striscio sà a lungo dibattendosi per quelle acque, sinchè uscendone pervenne in una solitudine, che poi in seguito trovò esser precisamente quale l'aveva veduta in visione. Allora le fa detto che là dovesse restare. Allorchè dimandò di che avrebbe vissuto, molti fichi e castagne vennero a cadere dagli alberi, e mentre essa raccoglieva quei frutti, essi divennero pure pietre preziose, simboleggianti i frutti della di lei penitenza e mortificazione. Vidi questa visione in sogno tal quale la raccontò al cacciatore. Essa era svizzera di nascita. Quando il cacciatore la ritrovò in quella solitudine, eravi già da trent'anni precisi, Gli disse che proveniva dalla Svizzera, e che ei dovesse informarsene per convincersi. Gli nominò il suo luogo natìo, e gli disse di aver sempre avuto una gran fiducia in Maria SS. di Einsiedeln. Sin dalla prima gioventù aveva sempre inteso una voce interna che le ingiungeva di lasciare la patria e di servire a Dio in solitudine. Non vi avea mai fatto attenzione, ma una volta erale sembrato vedere come se un giovinetto a lei si accostasse e le dicesse: sei tu ancor qui? non sei anche partita? E che così dicendo l'avesse portata via; avea creduto di sognare, ma destandosi erasi trovata lontana da casa in diversa contrada, ed era venuta a quel romitorio ove era stata ben ricevuta. »
« Il cacciatore ebbe per lungo tempo devozione a quella croce, ma finalmente con spensieratezza la cedette ad un abitante di una cittaduzza situata ai piedi di quel monte. Costui la venerò altamente e vi orava sempre dinanzi, ed in un grand'uragano che devastò tutta quella città, ne venne insieme colla sua casa preservato. Dopo la sua morte cadde quella croce in possesso dei suoi eredi e passò di mano in mano. Finalmente cadde nelle mani a un contadino che la vendè insieme ad altri oggetti, e quindi ne perdette e casa e podere. Allora vidi quella croce preziosa star negletta e disprezzata in mezzo a mille cose d'ogni genere, presso gente che non avea più alcun timore di Dio. Da questa gente la comprò uno straniero che non aveva più nell'animo principio alcuno, cui realmente si attenesse. La comprò non già per devozione, ma per semplice curiosità, e senza punto conoscere il valore di quel tesoro che ei possedeva, e cið nondimeno quella croce gli fu di grandissimo vantaggio. »
A quest'ultima circostanza il Pellegrino aggiunge la seguente osservazione: « Quest'ultimo caso è successo al Pellegrino medesimo, che ha comprato cotesta croce in Landshut da un rigattiere, » mentre ei viveva in gran miseria e cecità spirituale. La inferma non poteva saperlo in alcun modo, e quindi tutta la storia anteriore della croce, era al trettanto sincera e veridica, quanto lo era quest'ultimo caso. »
Commosso dall'udire cotesta precisa ed accurata cognizione di quest'ultima circostanza, ei disse ad Anna Caterina: «Oh come meravigliosamente vien tutto conservato, ed anche la minima cosa, nel tesoro del Signore! Non va dunque nulla perduto, nulla annientato, nulla diviene inutile! Tutto è eterno nella scienza del Signore! Ora capisco perchè il Signore debba giudicare ogni parola oziosa ed inutile Mi turba il pensiero di aver fatto tanto male, e bramerei molto sapere se anche questo male da me fatto rimarrà così eternamente! Quei peccati di una creatura umana de'quali si è pentita e che ha espiati, son dunque eglino ancora visibili?
Essa gli rispose:
No! Per quelle mancanze e peccati ha soddisfatto Gesù Cristo: non esistono più. Non li posso vedere, a meno che non siano un esempio presso a poco come il peccato di Davide. Quelle mancanze per altro che non sono state espiate e che l'uomo seco porta ed in sè racchiude, le veggo benissimo. Quelle espiate divengono come un'orma impressa nell'arena, che il susseguente passo del pentimento di nuovo cancella. La penitente confessione del peccato cancella la colpa.
Un fanciullo martire in Sachsenhausen.
Il Pellegrino le porse una reliquia che già anteriormente ella avea dichiarato appartenere ad un eremita. La ritenne presso di sè, e dopo alcuni giorni raccontò una visione che per mezzo di quella reliquia aveva avuto circa an bambino martirizzato dai giudei, ed in qualche modo parente di quel vecchio eremita. « Ebbi (cost disse) l'apparizione di un bambino di circa quattro anni, incoronato di un rosso nimbo di martire. La sembianza di cotesto bambino era oltremodo graziosa. Le sue parole eran molto brevi e profonde. Feci con lui lungo viaggio, e mi destò strana impressione il vedere quel fanciulletto sì luminoso, sì serio, sì saggio. Passammo per sopra una città e rapidamente nacque in me la coscienza, la cognizione dello stato morale di quella. Sentii in me che vi erano ben poche anime pie. Quel fanciulletto mi condusse sopra un ponte e m'indicò la casa ov'era nato. Era un'antica casa di cittadini di media grandezza, non per anco alterata dallo stato in cui era nei tempi antichi. Tutto era affatto tacito e tranquillo, ma al nostro avvicinarsi gli attuali possessori pensavano a quel fanciullo, ed una debole ricordanza della sua storia viveva ancora in loro. Allora ebbi pure l'avvertimento che bene spesso l'istantanea ricordanza d'un defunto è effetto del suo approssimarsi. Quel fanciullo m’indicò che come la correlazione dell'anima col corpo non cessa mai fino alla loro riunione nella risurrezione,così pur non cessa mai l'azione di un'anima santa su tutti coloro che per vincolo di sangue e di parentela trovansi con lei in relazione. Così un beato segue sempre ad agire, aiutando e giovando, sopra la sua famiglia secondochè questa dalla fede e dal timor di Dio è resa suscettibile di ricevere quell'aiuto. Ei mi disse pure come avesse operato in pro dell'eterna salute dei suoi parenti, e come fosse giunto per mezzo del martirio a quella perfezione alla quale sarebbe giunto se la sua vita non fosse stata interrotta dall'iniquità altrui, e che i meriti delle azioni che avrebbe fatte se fosse rimasto in vita e non così rapito nel quarto suo anno, ei pure poteva in modo spirituale applicarli a vantaggio dei suoi. Quantunque ogni male che succede non è certo per volontà, ma per semplice permissione di Dio che viene a compirsi, conciò per altro non viene a togliersi o a cessare il compimento e la perfezione del bene operato da un individuo per effetto del peccato di un altro, ma viene soltanto mutato ed alterato; e il delitto nelle sue conseguenze effettive colpisce soltanto essenzialmente il peccatore medesimo, mentre all'innocente che viene offeso e danneggiato, le pene ed il martirio servono di mezzo a più rapido perfezionamento.
Quand'anche il peccato commesso contro di altri sia cosa contraria alla volontà di Dio, non viene per ciò cotesta volontà di Dio frastornata dal suo disegno finale, giacchè tutto ciò che l'acciso sarebbe stato per fare nel mondo, viene da lui raggiunto, fatto, e compiuto in modo spirituale per mezzo della libertà del volere. Vidi allora la storia di quel fanciullo martirizzato. I suoi genitori vivevano circa tre secoli or sono in Sachsenhausen presso Francoforte ed erano piissima gente. Avevano un prossimo parente che viveva in Egitto come romito, e di cui spesso si rammentavano con grande affetto e venerazione. Spesso pure guardando il loro bambino, dicevano fra loro quanto si stimerebbero felici quando anch'egli giungesse un giorno a simile stato di vita beata, servendo a Dio nella solitudine. Genitori che formano innanzi a Dio un simile desiderio per il loro unico figlio non peranco giunto all'età di un anno debbono al certo essere pie persone, Cotesto desiderio si rinnovava spessissimo nell'animo loro. Quando quel bambino ebbe compiuto un anno, venne a morte uno dei suoi genitori; il sopravvivente contrasse di nuovo matrimonio e portò quei discorsi circa il romito ed il desiderio che divenisse anch'egli tale, in seno della nuova famiglia. Il bambino crescendo fu spesso trattenuto e divertito con simili discorsi. Venne allora a morire anche l'altro dei suoi genitori, talmentechè il fanciullo non avea più nè padre, ne madre veramente tali. Quella tradizione del romito era per altro rimasta in famiglia, ed il fanciullo ora quadrienne provava bene spesso il più vivo desiderio di vederlo e conoscerlo. Mi disse pure che al certo sarebbe divenuto alcun chè di buono se fosse rimasto in vita, forse sarebbesi anch'egli fatto romito in solitudine; e che era stato vivendo un bel bambino, quantunque ben lungi dall'essere si bello quale ora io lo vedeva. I suoi nuovi parenti, che in lui ora vedevano un erede della casa, sarebbero stati ben contenti di liberarsene, e collegavano segretamente questo lor desiderio ai discorsi che tenevano circa il lontano romito.
Il fanciullo non avea peranco finito il quarto anno, quando essi lo consegnarono a certi ebrei stranieri che dovean portarlo in Egitto presso il suo parente. Essi cið fecero per altro per isbarazzarsi di lui, ed usaron soltanto di quel discorso per velare al fanciullo il loro tradimento. Quantunque il fanciullo per ciò venisse ad esser martire, pur nondimeno non omise mai e costantemente continuava ad esercitare amore e carità verso la sua famiglia e quella città che gli fa patria. Mi mostrò anche una casa vasta e non interamente costrutta secondo l'uso moderno, in cui avea luogo una festa; io credo che fosservi nozze, ma quel fanciullo mi disse ivi spesso aver luogo feste consimili.
Vidi una quantità di stanze illuminate da lampadarii, e molta gente ben vestita e adorna occupata a banchettare ed a ballare. Ciò fanno, mi disse quel fanciullo, precisamente al disopra delle ossa di un loro antenato, che colla sua pietà ha stabilito il primo fondamento al loro benessere. Allora il fanciullo mi condusse entro una cantina murata, ove in doppio feretro posava in perfetta e ordinata posizione uno scheletro bianco e ben conservato. Il feretro interno era in piombo, e lo esterno mi pareva fatto di un legno oscuro. Quel fanciullo mi disse esser costui il fondatore di quella casa ed aver con lui parentela; essere stato uomo pio, ed aver guadagnato grandi ricchezze restando però sempre buon cristiano. Quando fu distrutta la chiesa ov'era stato sepolto, i suoi figli ne avean fatto deporre il cadavere in cotesto sotterraneo. Ora per altro l'avevano affatto dimenticato. Penetrai per tutti gli appartamenti di quella casa. Vidi in quella città ancora molte altre ossa di santi e di beati riposare in sotterranei al disotto di chiese distrutte e di monasteri, al di sopra dei quali erano state edificate case e palagi. Quel fanciullo mi disse che anche questa città molto decadrebbe, mentre ora era giunta al culmine dell'orgoglio. Feci pure un gran viaggio per sopra il mare in contrade calde ed arenose. Quel fanciullo mi avea lasciata. Venni dipoi in una città deserta ove le case cadevano in ruina una sopra l'altra, e là ritrovai quel fanciullo, e vidi in una spelonca al disotto di una collina il luogo del suo martirio, e il suo martirio medesimo. Quel luogo avea l'aria di una stanza di macello a ciò destinata. Alle pareti stavano sospesi alcuni uncini di ferro, ai quali quel fanciullo venne sospeso da'giudei a forma di crocifisso, facendone stillare il sangue da ogni singolo membro. Sul suolo giacevano disperse molte ossa luminose di bambini anteriormente martirizzati ed ivi sepolti, e coteste ossa rilucevano siccome scintille. Così pure il martirio di cotesto fanciullo non è mai stato conosciuto, nè punito dal braccio secolare. Pareva che laggiù non vi fosse alcun cristiano, tranne alcuni eremiti che talvolta dal deserto venivano nella città. Posteriormente fui anch'io nel deserto e rividi quel martire fanciullo presso la tomba dell'eremita suo parente. Egli era stato sepolto là dove avea vissuto. Era morto prima che quel fanciullo fosse stato portato via da Francoforte. Le ossa sue rilucevano. Eranvi ancora molti altri sepolcri nel deserto. In quell'arena biancastra vedevansi neri frammenti come di vasellami spezzati. Vi crescevano delle palme. Costà quel fanciullo mi lasciò di bel nuovo ed io fui per sopra mare trasportata in altro luogo. Questo luogo era una collina nella città or'è il grande anfiteatro dei martiri (Roma). Sopra un lato di quella collina eranvi case, e qua e là vi crescevano delle viti. Al disotto estendevasi una grande caverna sostenuta da colonne. L'ingresso n'era chiuso ed ingombro da rottami: niuno ne sapeva più cosa alcuna. Quando vi giunsi, quel martire fanciullo si trovò di nuovo presso di me. Costà trovai un gran tesoro di ossa sacre, e l'intera caverna ne risplendeva. Eranvi corpi interi entro feretri deposti nelle pareti, e poi ossa singole racchiuse in piccoli sarcofagi in grandissima quantità. lo vuotai e lavorai qua e là ed aprii quei sarcofagi. Costà vidi alcuni corpi sui quali il pannolino nei punti in cui li toccava, rimaneva ancora in tatto, mentre all'intorno era consunto e putrefatto. Ne vidi alcuni che erano affatto disseccati e divenuti di un bel bianco.Vidi pure molti quadri della vita di quei santi, che per la più parte appartenevano ai primi tempi della Chiesa. Così pure vidi individui che erano stati martirizzati perchè aveano portato offerte a sacerdoti cristiani. Li vidi andare con piccoli volatili sotto le braccia, e pareva fossero stati traditi da parenti pagani. Ne vidi anche moltissimi che per mezzo del voto di castità erano divenuti come membri di un ordine religioso, e mariti e mogli che per amor di Gesù erano vissuti nella continenza. Penetrai attraverso tutte coteste cose sacre sino ad una cassa quadrangolare e non profonda, e fatta di materia sottile, Mi sentiva come attirata verso di quella e pensava che mi appartenesse, giacchè eranvi dentro riposti tutti i santi di cui io qui posseggo le ossa. Voleva prenderla meco, ma quel fanciullo mi disse: ciò non conviene, deve restar qui. Le reliquie racchiuse eran là dentro tutte ornate e ben disposte sopra piccoli cuscinetti. Poichè non poteva prenderla meco, la ricoprii con un velo azzurro. Quel fanciullo mi disse che coteste ossa erano state costà nascoste nei tempi primitivi della Chiesa, che doveano restarvi, ma che per altro sarebbero venute a suo tempo alla luce. »
Riconoscimento delle reliquie tratte dalle chiese di Münster ed inviate dall'Overberg
L’Overberg aveva in diverse epoche inviato a Dülmen molti piccoli involti di reliquie, in parte contenute in adatti recipienti e distinte coi nomi, in parte innominate e prive del loro recipiente. Anna Caterina ebbe sulle prime intorno a ciò una visione generale, e più tardi, a seconda degli avvisi della sua Guida celeste, ed in occasione delle ricorrenti feste ecclesiastiche, riconobbe e distinse una ad una tutte quelle reliquie.
« Quando mi pervennero le reliquie inviate dall'Overberg (così narrò essa) ebbi una visione del come coteste:sante cose venissero con grande solennità, nella maggior parte per opera dei primi vescovi, da Roma trasportate a Münster, e del come con grandissima riverenza venissero nei reliquiarii racchiuse e quindi fra le varie chiese spartite. Vidi pie daine riunite adóprarsi ad involgerle e adornarle, e nel farlo dovevano aver gran cura di mantenersi molto pure e per così dire sante. Eranvi presso di loro alcuni sacerdoti che dividevano quelle sacre ossa. Venivano attaccate nei reliquiarii, contornate di ricami e di fiori, e disposte a piramidi. Quando furono per la prima volta esposte alla venerazione, venne celebrata una gran solennità e tutto il paese si reputò felice. Vidi che molte sacre ossa furono murate negli altari nella chiesa di Ueber Owasser. Vidi in seguito alcuni pii canonici del Capitolo del duomo, i quali quando sentivano parlare di alcun santo o beato, davanti tosto ogni cura di ottenerne una reliquia, e quindi la veneravano come un gran tesoro. Vidi pure come in seguito nell'ampliare o ristaurare le chiese e gli altari, vi venissero collocate e disposte le une sotto l'altre ossa di santi delle epoche le più diverse. Vi furono anche trovati molti sacri corpi, dai quali furono estratte alcune membra e riposte fra le altre reliqnie. Cosi venne trovato anche il corpo di una vergine, di cui posseggo un piccolo ossicello. Le grandi benedizioni che da quelle reliquie erano derivate, le vidi affievolirsi e venire a mancare col crescer della noncuranza e disdoro in cui venner posteriormente tenute. Vidi che non già senza divino disegno quelle sacre ossa vennero in mano dell'Overberg, che senza pure conoscerle aveva loro accordato un decente ripostigiio. »
« Oh quanto sono meravigliose le vie del Signore! (nota il Pellegrino riferendo questa descrizione) coteste ossa dovevano andar disperse, per poi ricadere sotto un occhio veggente, che in modo si miracoloso sa peva onorarle! »
Una volta quand'ella avea preso fra le braccia la piccola cassa in cui conservava coteste reliquie, e che soleva chiamare la sua chiesa, vide dapprima l'apparizione dell'apostolo S.Tommaso e on lungo quadro dei suoi viaggi e soggiorno nelle Indie. « Egli andò (disse ella) da un re all'altro ed operò molti miracoli; fece pure molte profezie prima della sua morte. Vidi più specialmente come egli erigesse una pietra assai lungi dal mare, v'imprimesse alcuni segni e dicesse: quando il mare giungerà sino a qui, verrà un altro che propagherà la dottrina di Gesù. Vidi che ciò si riferiva a S. Francesco Saverio. Vidi l'apostolo trafitto da colpi di lancie e sepolto; come pure vidi quando il suo corpo venne dissotterrato e posto in onoranza. Credo che fra le mie reliquie vi sian pure quelle dei santi Mattia e Barsaba, giacchè mi fu mostrato un breve quadro della loro elezione all'apostolato. Mattia quantunque smunto e debole, pure a causa della maggior forza e potenza del suo spirito venne da Dio preferito a Barsaba che era fiorente di gioventù. Vidi intorno a ciò molte cose. Vidi pure un quadro circa Simeone consanguineo di Gesù, e che dopo Giacomo fu vescovo in Gerusalemme, e che ivi fu martirizzato in età di cent'anni. Anche di lui debbe esservi una reliquia fra queste mie. »
Nel susseguente giorno le fu mostrata in visione una reliquia di S. Tommaso. Essa vi scrisse il nome inviluppandola nella carta, « Vidi in quest'occasione (narrò essa) di nuovo un quadro dei suoi viaggi, che vidi collettivamente press'a poco come una carta geografica. Mi furon pure mostrate le ossa di Simone e di Giuda Taddeo. Vidi inoltre l'intera famiglia di sant'Anna. Gioacchino mori prima della nascita di Cristo. In questa occasione pensai alla profetessa Anna e la vidi, come pure le abitazioni di tutte le vedove e vergini appartenenti al tempio. Simone e e Giuda Taddeo sono fratelli. La prima figlia di sant'Anna è Maria moglie di Alfeo. Costei all'epoca della nascita della Vergire SS. aveva già una figliuoletta piuttosto grandicella, che fu in seguito Maria moglie di Cleofa, cui partorì quattro figli: Giacomo il minore, Simone, Giuda Taddeo, e Giosè Barsaba. Ho presso di me reliquie di questi tre ultimi. Al contatto delle ossa di Giuda Taddeo come pure a quelle dei suoi fratelli, sentii che egli era consanguineo di Gesù. Vidi pure un quadro del come egli venisse presso Abgaro in Edessa. Ei portava in mano un'epistola che gli aveva consegnata Tommaso. Quando fu entrato, vidi presso di lui la luminosa apparizione del Salvatore. L'infermo re s'inchinò dinanzi a quella apparizione e non vide affatto l'apostolo. Questi per altro gli impose la mano e tosto lo guarì. In seguito insegnò in quella città, e convertì l'intero popolo..... »
Vidi di nuovo quadri relativi a a vari santi. Vidi il martirio di sant'Evodio che ei soffrì in Sicilia insieme ad Ermogene suo fratello e con una sorella. Vidi pure molti quadri relativi ad una santa monachella vestita di bianco, la Cisterciense Caterina di Parcum. La vidi mentre era ancora ebrea, chè tale era nata, leggere ogni sorta di cose relative a Gesù in certi inviluppi di carta, e venirne commossa. Vidi che alcuni fanciulli cristiani le raccontarono di Gesù bambino e e di Maria e del presepio, e che da essi venne segretamente condotta a vedere un presepio, e che da ciò ne venne a rivolgersi sempre maggiormente verso Gesù. La vidi venir istruita nascostamente, e quindi da una apparizione di Maria decisa a rifugiarsi in un chiostro. Vidi inoltre intorno a a lei molte cose commoventi, e soprattutto la sua ardente brama di venire disprezzata. » La reliquia di cotesta santa era cucita ad un frammento di rosso velluto; quando Anna Caterina in istato di visione estatica voleva involgerla in una carta e scrivervi il nome, le fu internamente detto che trovavansi a quella reliquia uniti alcuni piccoli brandellini che avean toccato il santo Presepio, ed anche alcuni frammenti del legno della vera culla del Signore, ed un piccolo frammento di carta in cui ciò stava scritto. Le fu detto di più che quelle cose sacre eran quelle che la santa monaca aveva maggiormente venerate, che essa dall'immagine del Presepio, mentre era ancora una fanciulletta ebrea, era stata mossa a farsi cristiana che spesso aveva avuto visioni del Salvatore nel presepio, e spesso ancora aveva per grazia ottenuto di portare in braccio Gesù bambino. Anna Caterina racconto tutto ciò al Pellegrino, che riusci ad aprire quella reliquia strettamente cucita,ed in un bruno brandello di velo ritrovò quel frammento di legno ed una piccola carta su cui stava scritto: De praesepio Christi. Ei rimase da ciò piacevolmente sorpreso, e siccome trovò di bel nuovo la inferma immersa nell'estasi, le porse quel frammento del presepio involto in una cartuccia, ed essa lo afferrò sorridendo e disse: « Questo poi viene dalla culla del Signore; questo è stato venerato dalla monachina. » Quand'egli commosso volle baciarle la mano, ella la ritrasse e disse: « Bacia la reliquia di santa Chiara, in essa non havvi più nulla di terrestre: questa è ancora commista alla terra.» Il Pellegrino sentissi a queste inaspettate parole ancor più commosso, giacchè portava nella tasca del petto una reliquia, che solo più tardi contava mostrare alla inferma. Allora la trasse fuori ed a lei la porse. Essa la baciò e disse: « Ecco che Chiara è presso di me. » Più tardi uscendo dall'estasi disse: « Ho veduto un piccolo quadro relativo a santa Chiara. In prossimità del di lei convento ardeva la guerra. Era molto ammalata e nondimeno si fece portare alla porta del monistero ? e così pure vi fece portare il SS. Sacramento. Questo era racchiuso in una pisside d'argento rivestita d’avorio: e dinanzi a quello essa si genuflesse insieme con tutte le monache ed implorò il Signore: e sentì un'interna voce che le disse di consolarsi. Allora vidi pure i nemici allontanarsi dalla città. »
Un giorno, senza che ella lo sapesse, il Pellegrino le arrecò una reliquia sottratta alla cassetta e che avea presso di sè ritenuta, e quando si accostò al di lei letto essa esclamò lietamente: « Afra! Abbiamo noi sant'Afra? La veggo colle mani e coi piedi legata a un palo. Oh come le fiamme intorno a lei si avvivano e si uniscono! Essa col capo si volge e guarda a sè dattorno! » E con queste parole afferrò quella reliquia, la onorò, la baciò quale frammento di un osso di sant'Afra.
Allorchè nel più tardo crepuscolo il Pellegrino aprì un involto colla soprascritta: Dalla veste di un santo, vi trovò dentro anche un frammento d'osso ed una piccola indicazione pure scritta. Ei non poteva al certo pensare che vista l'oscurità e la piccolezza dell'oggetto, Anna Caterina avesse avvertito l'apertura di quell'involto, ma invece essa subitaneamente sclamò: « Non perda quel foglietto! L'indicazione è scritta a dovere! Quella carta risplende! » Allora il Pellegrino le porse la reliquia che vi era racchiusa, ed essa tosto cadde in visione. Quando rientrò in sè raccontò: « Ho viaggiato molto lungi di qui, sono stata in Betania, in Gerusalemme ed in Francia. L'osso è di Marta, la veste è di Maddalena ed è di color azzurro con fiori gialli, ed alcunchè di verde. È un resto della sua antica vanità. Portava ancora coteste veste sotto un ammanto di lutto in Betania, al momento della risurrezione di Lazzaro. Tutte coteste vesti rimasero nella camera di Lazzaro, quand'ella passò in Francia. Alcuni pii amici ne presero e ne conservarono frammenti per memoria. Certi pellegrini che sono andati a a visitare la di lei tomba in Francia, hanno in cotesti brandelli avviluppata la reliquia, e ritenuto che tanto l'osso quanto quei frammenti di veste appartenessero a Maddalena; ma la veste sola è di lei; l'osso è di Marta. »
Quando il Pellegrino esamino quell'indicazione scritta vi trovò effettivamente segnato: S. Maria Magdalena.
Riconobbe pure fra le reliquie inviate dall'Overberg
« un vero frammento di osso di Papa Sisto ottavo Pontefice, ed uno del terzo Papa dopo S. Pietro. » Si rallegro perchè avea potuto osservare e ritenere quelle cifre numeriche, ma nel giorno susseguente racconto: « Quando vidi di bel nuovo le ossa di quei santi mi fu detto: « non del terzo, ma bensì del decimoterzo, ed il suo nome vuol dire Salvatore. » Ed il Pellegrino aggiunge la seguente osservazione: « Ciò è meraviglioso e di fedele accuratezza. Il decimoterzo Papa si chiamava Sotero, parola greca che significa Salvatore. »
Il confessore le porse un involto con scrittavi sopra l'indicazione: San Clemente, e le domandò se ella effettivamente riconoscesse quell'osso come appartenente al Santo indicato. Essa lo prese presso di sè e nel giorno susseguente dichiarò che quella reliquia non era già di S. Clemente, ma bensì di santa Marcella vedova. Siccome il confessore non si diè per soddisfatto, ma mostrò di desiderare più precise relazioni, essa ritenne quella reliquia e dopo due giorni narrò così: « Ho di bel nuovo veduta la vita di santa Marcella. L'ho veduta da vedova molto ritirata abitare in un vasto e bel palagio costrutto secondo l'uso romano, come quello di santa Cecilia. Eranyi dentro vasti cortili e giardini con fontane e zampilli d'acqua.Vidi bene spesso presso di lei S. Girolamo e che insieme spiegavano dei rotoli e vi leggevano. La vidi tutto distribuire ai poveri ed ai prigionieri, e di notte la vidi andare alle porte delle carceri, e quelle aprirsi dinanzi a lei. Vidi che avendo avuto notizia del genere di vita di sant'Antonio, si veld e si vesti in modo affatto monastico, e indusse a farlo anche altre vergini. Vidi che in Roma erasi introdotto un popolo straniero che saccheggiava, e che alcuni di quella gente s'introdussero anche a a forza nel di lei palagio, e con minaccie ed armata mano vollero estorcere da lei danaro, mentre ella tutto aveva distribuito ai poveri. Questo è ciò che ancor rammento. Quando la vidi per la prima volta, la santa mi consolo ed animò intorno alle mie visioni relative alla Sacra Scrittura, e mi disse alcunchè pel mio confessore, che ho per altro interamente dimenticato. »
Riconobbe una reliquia come appartenente al Pontefice S. Marcello e narrò così: « Ho veduto un quadro relativo a questo Santo, e come egli con molti altri di notte tempo andasse in cerca dei sacri corpi dispersi e qua e là giacenti, e desse loro miglior sepoltura, e vi scrivesse sopra anche il nome. Lo vidi a notte avvolto nel suo mantello qua e là errare seco portando molte ossa. Ei trasportò pare molti santi corpi nelle catacombe e e vi collocò accanto rotoli e scritture, e li distinse gli uni dagli altri; fra quegli scritti vi sono pure atti dei martiri.Credo che in un gran sotterraneo ove ho visti conservati tanti rotoli, se ne trovi una buona parte che v'è stata da lui trasportata. In questa occasione ho di nuovo veduto che noi possediamo le più preziose reliquie, e che fra queste ve ne sono molte dei corpi da lui descritti e e distinti. Vidi come la pia vedova Lucina lo pregasse a seppellire due infelici morti di fame in carcere già da qualche tempo. Lo fecero di notte e trasportarono i cadaveri di un uomo e di una donna in quel luogo ove giaceva sepolto Lorenzo. Quando volevano deporli, le ossa di S. Lo euzo si mossero e si ritrassero indietro come se non volessero aver quei cadaveri nella lor vicinanza; per lo che essi vennero sepolti altrove. Vidi anche Marcello addotto dinanzi all'imperatore, e siccome non volle sacrificare agli idoli, lo vidi flagellato a sangue, e quindi trasportato a servire come schiavo entro una gran stalla di bestie. Cotesta stalla era fabbricata in circolo intorno ad un cortile, e vi erano dentro non solo bestie da soma, ma vi erano altresì i serbatoi ?i quelle belve che venivano adoprate contro i martiri. Ei doveva governare e nutrire anche queste, ed esse mostravansi molto miti verso di lui. Anche qui egli era nascostamente utile e soccorrevole, e colla mediazione e i donativi distribuiti da Lucina ai guardiani, spesso riusciva di nottetempo a sottrarsi furtivamente dal carcere per andare a seppellire i morti e confortare i fedeli. Vidi pure che riceveva il Sacramento da altri sacerdoti, e che di notte da sè medesimo lo distribuiva. Vidi pure che venne ritolto da quella stalla, e di bel nuovo messo in prigione, ma che dopo aver guarito la moglie di un personaggio di alto affare, venne rimesso in libertà. Da allora in poi egli visse in casa di Lucina, e la trasformò segretamente in una chiesa, e continuò in tutte le sue opere di beneficenza. Ma furono sorpresi un'altra volta: quel palagio venne mutato in una stalla, ed ei dovè di bel nuovo servirvi. Mentre esercitava anche in quella stalla in segreto i suoi doveri spirituali, venne nel più orribil modo dilaniato a furia di percosse in un angolo di quella stalla e lasciato morto sul nudo terreno. I cristiani seppellirono il sacro suo corpo. Vidi in seguito anche quadri relativi ad Ambrogio, a Liborio, ed al governo della Chiesa sotto S. Gregorio, e in modo speciale mi rammento che cotesti quadri si riferivano alle relazioni di quei santi colle donne, e che a causa di questo pio ed innocente commercio essi erano stati molto calunniati. Gregorio aveva fondato molti monasteri di donne, e sempre in quei giorni altre volte consacrati a a festività pagane, induceva molte centinaia di quelle donne in vestiario di penitenti ad orare pubblicamente, ed a compensare espiando nella Chiesa i peccati che altre volte in quei giorni commettevansi. Vidi che così facendo riuscì a produrre molto bene che così quelle solennità del diavolo e del peccato vennero molto diminuite. Vidi pure che a causa di ciò dovette molto patire. Vidi anche un quadro relativo al diacono Ciriaco, che soffrì inenarrabilmente molto. Una volta rimanendo nascosto per lungo tempo in una catacomba situata non molto lungi dal luogo dove ora sorge la chiesa di san Pietro, quasi vi morì di fame. In seguito egli venne martirizzato. Mi rammento che il diacono Ciriaco era stato consacrato da Marcello e che egli con due altri cristiani per nome Largus e Smaragdus aiutò e protesse i fedeli che doveano lavorare alle trincee, e che ei stesso fu costretto a quei lavori forzati, e che liberò dal demonio la figlia di un cristiano. »
« Ho riconosciuto le ossa di Placido e di Donato. Ho veduto che Placido nel suo modo di essere era gentile come il Salesio. Fu massacrato in Sicilia insieme ai suoi fratelli. Vidi molte cose relative alla sua vita, e più specialmente la sua infanzia. Era il minore di due fratelli e una sorella, e fu sin da fanciullo ritenuto da tutti per santo. Lo vidi mentre era ancora nelle braccia materne afferrare rotoli scritti, e posare le sue manine sui nomi di Gesù e di Maria, e dar segni di grande esultanza. Lo vidi generalmente amato, e come spesso intere famiglie si riunissero intorno a quel bambino che sua madre teneva sulle ginocchia. Lo vidi da fanciulletto col suo pio precettore entro un giardino ov'egli scherzando disegnava croci ed anche ne intrecciava con fiori e con foglie. Vidi pure che era molto familiare cogli aug?lletti. Fa quindi condotto in un altro luogo per stadiarvi, e poi venne menato in monistero a S. Benedetto che aveva peranco pochi discepoli. Lo vidi gentile e delicato e rapidamente sviluppantesi, siccome suole succedere in fanciullo di alto lignaggio. Vidi poi un quadro relativo ad un altro Santo che fu molto umilmente educato in una capanna, eppure divenne Papa. Vidi un quadro relativo al destino di ambedue. Parlai con Placido ed egli mi promise di bel nuovo il suo aiuto. Mi disse che io doveva soltanto invocarlo ed egli mi aiuterebbe. »
Essa era in istato di veglia e pienamente desta, ed allorchè il Pellegrino avvertì che si accostava la festa di santa Teresa, disse: « Abbiamo di lei una reliquia, ed anche una di santa Caterina da Siena. Eccole qua unite a molte altre. »
Allora più volte pronunziò gli uni dopo gli altri e sempre nel medesimo ordine, i nomi dei Santi le di cui reliquie eran racchiuse entro una croce sospesa ai piedi del suo letto. Disse: « Veggo i nomi in parte sotto i loro piedi, in parte accanto a loro, e ne veggo pure gli attributi. Veggo Ediltrude colla deposta corona, Teresa, Radegonda, Genoveffa, Caterina, Foca, Maria di Cleofa; essa è di statura più alta di Maria Vergine, e vestita all'istessa foggia; è figlia della maggior sorella di Maria. Veggo anche Ambrogio, Urbano, Silvano. » Allora il Pellegrino domando: « E dov'è Pelagia? » Essa rispose: « Non è più accanto a me, ma è costà (e indicò la tasca da petto del Pellegrino). Senza che l'inferma lo sapesse egli aveva ritenuto presso di quella reliquia siccome già riconosciuta, per invilupparla e controsegnarla. Il Pellegrino poi si approssimò a lei con altra reliquia nella tasca, ma prima che potesse mostrargliela essa sclamò: « Veggo Enghelberto! Abbiamo, adunque una reliquia anche di lui? » Allora il Pellegrino le porse quella reliquia, ed il susseguente giorno essa narrò così: « Ho riconosciuto quell'osso come appartenente a S. Enghelberto di Colonia, e nella notte ho molto veduto circa la sua vita. Enghelberto era uomo di molta potenza ed occupato in gravi affari dell'impero. Viveva invero con molta severità e giustizia, ma non già come altri santi, ? cagione dei molti suoi affari. Egli ebbe sempre grande venerazione verso Maria. Vidi che ei fece lavorare al Duomo e molte preziose reliquie, che ora più non si conoscono riunì entro certi sarcofagi e le depose al disotto degli altari. Ciò non era conveniente. Vidi anche la sua morte. Era stato insidiato da un suo parente che avea dovuto castigare. Costui lo sorprese in un viaggio e lo maltratto terribilmente. Contai sul suo corpo più di settanta ferite. Enghelberto divenne santo per mezzo della seria sua preparazione alla morte, giacchè poco innanzi aveva fatto penitentissima confession generale, e specialmente per mezzo della indicibile pazienza con cui sopportò quel suo lento assassinio, mentre sempre continuò a pregare per i suoi accisori. Vidi che la Madre di Dio gli comparve durante il martirio, e lo consolò, e lo esortò a patire ed a morire con pazienza, e che al di lei aiuto dovette la santa sua morte. »
« Ho riconosciuto pure la reliquia di S. Cuniberto di Colonia. Lo vidi come paggio presso il re Dagoberto, e che dormiva entro la sua camera. »
San? Agnese e Sant'Emerenziana
« Ho veduta una graziosissima e delicata vergine venire trascinata in mezzo ai soldati. Era inviluppata in una lunga veste di lana di color bruno, ed aveva il capo, le di cui chiome erano intrecciate, ricoperto da un velo. I soldati la trascinavano innanzi traendola per le alde del suo mantello, talmentechè le parti della sua veste erano l'ana dall'altra quasi stracciate. Molto popolo correale dietro e fra questo anche alcune donne. Passando attraverso un'alta muraglia e penetrando per entro un cortile quadrato venne condotta in una stanza ove non era altro mobile fuorchè una lunga cassa con alcuni cuscini. Vi gettaron dentro la santa vergine e traendola in qua e in là le strapparono il manto ed il velo. Essa era un agnello d'innocenza e di pazienza nelle mani di quegli sgherri, e muovevasi leggiera e lesta come un uccello. Mentre qua e là la sospingevano, pareva che volasse. Le tolsero il mantello e poi la lasciarono. Agnese rimase allora in un angolo remoto di quella stanza, involta in una bianca sottoveste senza maniche ed aperta dai lati, tenendo sollevato il volto, e con le mani alzate tranquillamente pregando. Le donne che erano accorse non furon lasciate penetrare entro il cortile. Ma ogni razza d'uomini stava dinanzi alla porta del carcere come se la Santa dovesse essere data loro in preda. Le vidi intorno al collo quella bianca veste insanguinata da una ferita che aveva forse ricevuta durante la via. »
« Dapprima entraron presso di lei due o tre giovinastri che rabbiosamente si gittarono su quella vergine, la trascivarono in qua e in là e le strapparono dal delicato corpo la semiaperta veste. Le vidi sangue intorno al collo e sul seno, ma non ebbe già da difendersi perchè nel medesimo istante i di lei capelli si disciolsero ed in giù caddero a coprirla, e vidi un luminoso giovane comparire al disopra di lei volando, che le diffuse dattorno un'onda di luce quasi come un vestimento. Quei malandrini se ne spaventarono e fuggirono. Allora un temerario di lei amante, deridendo la loro viltà, si precipito dentro. Volle impadronirsene, ma ella oppose con forza ambe le mani e lo respinse. Ei cadde a terra, ma si riebbe e furioso le si precipitò addosso. La vergine per altro lo respinse di bel nuovo sino alla soglia, ed ivi ei cadde immobile sul suolo. Essa poi se ne stette ferma come prima seguitando ad orare, luminosa e fiorente, e il di lei volto rassomigliavasi a fulgida rosa. Alle grida del caduto accorsero alcuni personaggi, uno dei quali era il padre di quel giovinetto che giaceva per terra. Mostrò mala voglia e collera e parlò di magia, ma quando sentissi dir dalla vergine che ove egli lo chiedesse nel nome di Gesù, ella era pronta ad implorar la vita per quell'infelice, ei si placò e la pregò a farlo. Allora essa chiamò quel caduto, che tosto si sollevd, ed ancor vacillante fu dagli altri portato via. Anche diversi altri uomini venner verso di lei, ma tutti spaventati si dileguarono. Dopo alcun tempo vidi di bel nuovo accostarsi alcuni sgherri, che le arrecarono una veste di color bruno, aperta, e sospesa da un lato, ed un velo vilissimo come usavano rivestirne i destinati al martirio. Essa se ne rivesti, si ravvolse le chiome intorno al capo, e venne così condotta al pretorio. Era uno spazio quadrato circondato da muri e da fabbriche, in cui trovavansi camere o carceri; sull'alto potevasi stare in piedi e vedere in giù sulla piazza, ed anche in quel momento eravi gente. Anche molte altre persone venner condotte al giudizio, estraendole da un carcere che sembrava non esser molto lontano dal luogo ove Agnese venne così maltrattata. Credo che quei prigioni fossero un vecchio avo coi suoi due generi ed i loro figliuoli; erano insieme legati con ritorte di funi. Allorchè furono in presenza del giudice che sedeva in quel cortile quadrato sopra elevato marmoreo seggio, anche Agnese vi fu condotta dinanzi, e da lui molto amichevolmente esortata ed ammonita; poi vennero interrogati ed ammoniti anche gli altri. Erano stati soltanto colà condotti per essere esaminati ed assistere ai martirii. Le mogli di cotesti uomini erano ancora pagane. Dopochè molti, l'un dopo l'altro, vennero dal giudice esaminati, gli fu di bel nuovo presentata Agnese, e così per tre volte di seguito. Fu di là poi condotta in luogo di tre gradini più alto, ove sorgeva piantato un palo,ed ivi volevasi legarla, ma essa nol volle soffrire. Intorno a lei sorgeva un rogo o catasta di legna che venne accesa. Vidi però al di sopra di lei un'aleggiante apparizione, che diffondeva sulla paziente una gran quantità di raggi luminosi che le servivano come di scudo, e facevano sì che tutte le fiamme si rovesciavano verso gli sgherri e molti ne danneggiavano. Essa rimase affatto illesa. Allora altri sgherri la trassero di là, e la condussero anche una volta dinanzi al giudice. Venne allor collocata in prossimità di un ceppo o di un sasso: vollero legarle le mani, ma essa nol permise e le teneva riunite sul seno. Vidi per altro ana figura luminosa che le stava dinanzi e la teneva per le braccia.
Allora un carnefice l'afferrò pei capelli, e le mozzò il capo come a Cecilia. Il capo pendeva da una spalla quasi interamente separato dal busto. In seguito il di lei corpo rivestito com'era fu gittato sopra il rogo, e gli altri esaminati vennero di bel nuovo ricondotti in carcere. Durante il giudizio e l'esecuzione vidi alcuni di lei amici che stavansi lontani e piangevano. Mi è spesso sembrato meraviglioso in simili martirii che nulla accadesse di sinistro agli amici che vi prendevano parte, o aiutavano, o consolavano. Il corpo d'Agnese, per altro, e credo anche le vesti, non arsero. Aveva veduta la di lei anima separata dal corpo, librarsi aleggiando verso il cielo, candida e e luminosa come la luna. Cotesta esecuzione accadde, come mi parve, prima del meriggio, e prima che finisse il giorno i di lei amici ne ritrassero il santo corpo dal rogo e lo seppellirono con molta onoranza. Molti assistevano a quelle esequie, ma avviluppati ed immantellati forse per non esser riconosciuti. Mi sembra come se anche quel giovane che ella avea guarito, si trovasse sul luogo del martirio, ma non peranco convertito. La vidi poi fuori del quadro generale e come isolata apparizione, starsi presso di me in modo straordinario luminoso e splendente colla palma in mano. Quel nimbo di gloria che circondava raggiante la sua figurâ, era internamente rossiccio e finiva in raggi di color azzurro. Essa mi consolò molto amichevolmente nei miei intensi dolori e disse:patire con Gesù e patire in Gesù è cosa dolce. Io non posso abbastanza esprimere quanto sia grande il divario fra quegli antichi Romani, e le nostre genti d'oggigiorno. Fra loro non eravi miscuglio: erano di una specie o dell'altra semplicemente e assolutamente. Al contrario fra noi tutto è sì tiepido, tutto sì imbrogliato, e sembra come se nello spirito nostro vi fossero mille cellette o nascondigli, dalle quali ne derivassero altre mille. »
« Vidi anche un quadro relativo ad un'altra vergine e come essa di notte spesso visitasse la tomba di sant'Agnese, vi si prostrasse dinanzi e vi orasse. Ella si era avviluppata nei suoi veli, e muoveva strisciando così di nascosto, come Maddalena quando recossi al sepolcro del Signore. La vidi anche sorpresa costà dai persecutori dei cristiani, che stavano spiando e che la condussero prigione. Vidi in seguito una piccolissima ottangolare chiesetta e al disotto di quella un altare. Al disopra dell'altare i Santi celebravano una festa onomastica, con gioia infantile, con innocenza e con graziosa eleganza celebrata. Una leggiadra ed amabile vergine e martire venne collocata sopra un trono, ed ornata di corone di fiori da altri martiri romani d'ambidue i sessi ed appartenenti ai primi tempi della Chiesa. Vidi assistervi anche sant'Agnese che aveva presso di sè un agnelletto.
Il Pellegrino le diè una reliquia, sotto la quale a chiare lettere stava scritto il nome dell'apostolo Matteo, ma che per lo innanzi essa aveva già una volta dichiarato appartenere a sant'Emerenziana. Appena la ebbe toccata che sclamò: « Oh che cara bambina! E d'onde viene sì bella bambina? Ed ecco che vien pure una donna con un altro bambino!
Nel giorno susseguente narrò così: Nella decorsa notte ho avuto da fare con due amabili bambini ed anche con una fantesca. Dapprima vidi un bambino di circa quattro anni, passar per la porta dischiusa in un muro che dalla parte interna si apriva verso un colonnato. Poi venne una donna di una certa età col naso adunco che usciva di casa; aveva qualche cosa d'ebreo nella faccia, era coperta di larga veste, avea intorno alla gola un collare tagliuzzato, ed ai polsi dei gheroni somiglianti a manipoli. Una bambina che la vecchia conduceva per mano, sembrava essere in età di circa cinque anni e mezzo. Venne con essa sotto il colonnato, » e costà i bambini cominciarono a giuocare. In cotesta riunione di colonne, quelle che sorgevano nel mezzo erano di forma rotonda ed aveano al disopra i capitelli ricoperti d'increspate e tagliuzzate foglie, ed inoltre eran tutte contornate d'immagini o bassi rilievi a forma di serpi, che nell'estremità superiore mostravano una bella figura umana che avea l'aria di guardare all'ingiù. Le colonne poi degli angoli eran quadrate, e nei due lati interni mostravano verso la cima larghe figure fantastiche come teste di bove scolpite, e al disotto di quelle vedevansi tre aperture rotonde poste l'una sopra dell'altra, ed aperte precisamente nell'angolo. Il muro posteriore a cotesto colonnato era interrotto da pilastri, ed in un punto di cotesto muro eravi un ballatoio che sporgeva in fuori con superficie piana, sulla quale potevasi stare comodamente e dove dai due lati conducevano gradini. Nel centro eravi alcunché di somigliante ad un tabernacolo, aprendo il quale sembrava che si potesse estrarre alcuna cosa che stava riposta nel muro. Intorno a quello poi vedevansi varii seggi che quasi formavano la parte posteriore del colonnato. Eranvi poi al disotto ed all'intorno di quei seggi alcuni ripostigli, ove i bambini riponevano i loro giuocarelli. La fantesca si assise sopra uno di quei seggi. Ambedue quei cari fanciulli portavano piccole tuniche fatte a maglia o tessute, lunghe come camicie, e ritenute da una cintura. Sopravvennero inoltre molti fanciullidel vicinato e cominciarono i loro giuochi con molta grazia scambievole, specialmente in prossimità di quel tabernacolo che essi facevan girare e dove avevano raccolto i loro ninnoli. Cotesti ninnoli consistevano in fantoccini fatti con molta arte e guarniti di fili che i bambini tiravano, mettendo cosi in moto le membra di quei fantocci. Saltellavano pure quei fanciulli in su e in giù pei gradini che conducevano al tabernacolo, e montavano anche sul ripiano del ballatoio.
Avevan pure piccoli vasi ed utensili e giocavano intorno ai seggi, ove per disotto disponevano i loro utensili nelle cavità semicircolari. Io presi una volta una delle bambine e la collocai per traverso sul mio grembo, ma non volle starvi quieta e si contorse, e me ne turbai, e credetti di non essere degna di ritenerla sopra di me. Dipoi gli altri bambini se n'andarono di nuovo verso casa, e la fantesca o bambolaia rientro coi due fanciulli per la porta in casa, traversando un cortile, e montando ad un piano più alto, in una stanza dove sedeva la madre di uno di quei bambini e sembrava che leggesse in certi fogli. Era donna di forte apparenza, vestita di un abito a larghe pieghe ), con andatura piuttosto lenta e trascinata e con aspetto severo, nè molto lasciavasi andare a familiarità coi fanciulli; non li accarezzava, ma pure parlava e porgeva loro alcuni cibi e piccole figurine colorate e variopinte. In quella stanza eranvi sedili a foggia di cuscini con un solo manubrio per prenderli. Sembrava che fossero fatti in modo da poterli rendere più alti e più bassi. I cuscini erano di pelle bruna ed anche di lana. Il soffitto ei muri di quella stanza erano interamente dipinti; alle finestre non eranvi nè vetri nè cristalli, ma eran ricoperte da una specie di rete ove vedevansi intessute figure di ogni sorta. Negli angoli della camera sorgevano statuette sopra piedistalli. Quella dama sembrava occuparsi del bambino straniero molto meno ancor che del suo. Vidi pure l'aia andarsene con quei fanciulletti entro un piccolo giardino che, quasi fosse un cortile, era situato nel centro dell'edifizio. Attorno attornoeranvi delle stanze, e nel bel mezzo zampillava una fontana. In cotesto giardino incominciarono a scherzare i fanciulli e mangiarono dei frutti che vi erano. Non vidi il padre. Vidi un altro quadro; vidi quei due fanciulli di alcuni anni maggiori. Erano soli ed oravano. Sentii internamente che l'aia era segretamente cristiana e proteggeva e dirigeva gli andamenti di quei fanciulli. La vidi pure nascostamente convenire con molte altre vergini in una di quelle piccole case che vedevansi fabbricate lateralmente al gran palagio; e vidi di notte tempo alcune persone che di nascosto approssimavansi ai muri di quella parte del palagio, nel di cui interno quelle donne dormivano, e che afferrando alcunchè in un forame del muro, davano un segnale agli abitatori interni che allora dal sonno sorgevano ed uscivano fuori. L'aia le accompagnava sempre per un corridoio finchè fuori giungessero e quindi rimaneva addietro. Le vidi andare immantellate con altri lungo un antico muro e venire entro uno spazio sotterraneo ove molti erano già riuniti. Vidi due spazi di questo genere; nell'uno non vi era alcun altare e vi si orava ed insegnava soltanto; nell'altro eravi un altare sul quale coloro che arrivavano deponevano un'offerta. Vidi quei due fanciulli andarsene nascostamente e di notte tempo a coteste sotterranee e segrete assemblee dei cristiani. »
« Mi trovai di bel nuovo dinanzi a quel palagio ove avea veduto giuocare insieme quei due fanciulletti, e desiderava ardentemente di rivederli. Vidi allora un fanciullo che avea partecipato ai loro giuochi, e l'inviai in casa onde pregasse l'aia a venir fuori coi bambini. Venne e portava Agnese fra le sue braccia, che era ancora bambina lattante di circa un anno e mezzo: mi disse però che l'altro bambino non vi era. Le soggiunsi che al certo verrebbe presto.
Ed allora venne meco all'ombra di un grand'albero che somigliava ad un tiglio, e l'altro bambino bentosto mi fu portato da una giovine fanciulla che uscì da una casa più piccola delle vicinanze. Le due aie per altro non vollero restare a lungo, giacchè avean da fare in casa, ed io molto le pregai che volesser lasciarmi ancora per un poco i bambini; al che consentirono e quindi si recarono a casa loro. Io teneva quei fanciulli sulle mie ginocchia e li accarezzava, ma tosto divennero inquieti ed incominciarono a gridare. Non aveva nulla con che quietarli, e siccome ne era venuta in grande imbarazzo me li strinsi ambedue al petto, e così si quietarono. Distesi sopra di loro un largo mantello che io portava, e sentii con gran stupore che effettivamente essi ricevevano nutrimento dal mio seno. Di poi ritornarono le aie ed io consegnai loro le bambine, e bentosto vennero seguite da ambedue le madri. Quella di Emerenziana era più piccola di statura, più vivace e più nobile, ed anche più simpatica. Portò da per sè stessa la sua bambina a casa, mentre l'altra si fece seguire dall’aia che portava la sua. Provai allora con mio gran spavento un senso nel mio seno come se col suggere di quelle bambine fosse ingrossato e divenuto pieno di latte, e provava nel medesimo tempo un senso di oppressione e di ardore e ne era piena di inquietudine. Era per altro giunta appena a metà della via per tornarmene a casa, allorchè a me vennero due poveri bambini ch'io conosceva e fra molti dolori mi vuotarono le mammelle, e ne vennero dipoi molti altri che fecero lo stesso, e su questi osservai una quantità d'insetti che uccisi, cosicchè ne vennero ad un tempo putriti e nettati. Io stessa venni con ciò liberata dal peso che mi gravava, e siccome temeva che ciò mi fosse provenuto dalle reliquie, le riposi di bel nuovo entro l'armadio. »
Allorchè il Pellegrino nel giorno susseguente mentre era in estasi le appressò le reliquie di sant'Agnese e di sant'Emerenziana, essa allontanandolo disse: «No, no non posso più farlo! Amo queste bambine, ma non posso più farlo!
Santa Paola
Il P. Limberg tenne dinanzi all'inferma un frammento di stoffa bruna d'un vestito, sottratto da un involto di reliquie, domandandole se lo riconoscesse. Essa l'osservò accuratamente e disse con assoluta precisione: « Appartiene al velo di quella dama che è andata in pellegrinaggio da Roma a Gerusalemme e Betlemme. È del velo di santa Paola. Ecco la santa, che mi sta vicina! Quel velo è lungo e le pende in giù scendendo dal volto. Tiene in mano un bastone con grosso pomo. » Riconobbe un altro frammento di serica stoffa come derivante dalla cortina che santa Paola aveva tenuta nella sua piccola cappella dinanzi all'immagine del presepio. « La santa (disse ella ) ha spesso colla sua figlia pregato dietro cotesta cortina, ed anche Gesù bambino le è ?? spesso comparso in quel luogo. » A tali parole domandò il Pellegrino: « Cotesta cortina è stata dinanzi al vero presepio, ovvero soltanto nella grotta del presepio? » Essa rispose: «No, era dinanzi al piccolo presepio che le monache di santa Paola avevano nella loro cappella. Il convento era sì presso alla sacra grotta del presepio in Betlemme, che sembrava come se la cappella vi fosse fabbricata accanto, e si appoggiasse al punto preciso ove nacque Gesù. La cappella era costrutta in legno a lavoro intrecciato, e dentro guarnita di tappeti. Da essa si diramavano quattro linee di celle esigue e leggiere come sono fabbricati gli alloggi nella Terra promessn. Ogni cella avea dinanzi a sè un giardinetto. Costà Paola e la sua figlia riunirono le loro prime compagne. Nella cappella sorgeva un altare isolato con un tabernacolo, e dietro cotesto altare separato soltanto da un cortinaggio tessuto in seta rossa e bianca, vedevasi il luogo ove stava il presepio eretto da santa Paola, diviso soltanto per mezzo di una parete dalla grotta del Presepio, che fu il vero luogo ove nacque Gesù. Cotesto presepio di santa Paola era stato esattamente imitato dal vero, non per altro sì grande, e costrutto in pietra bianca; ma pure sì precisamente scolpito, che vi era rappresentato anche il fieno. Il bambino Gesù vi era esposto vestito di strette fascie azzurre. Santa Paola in orazione spesso lo prendeva fra le sue braccia. Colà ove il presepio si appoggiava alla parete, scendeva in giù una tettoia, alla quale era legato l'asinello col capo rivolto verso il presepio; esso era fatto di legno dipinto ed il suo pelame era imitato e composto di fili. Al disopra del presepio stava fissamente sospesa una stella. Dinanzi alla cortina a dritta e a sinistra dell'altare pendevano lampade.»
Sant'Agata.
« Fui nella notte decorsa in quella città ove ho veduta la gran sommossa (Palermo ). Vidi ancora molta desolazione e devastazione nelle chiese e e nelle case, come pure una grande e curiosa festa ecclesiastica. Nella chiesa pendevano dalle mura tappeti, e nel centro della medesima pendeva dall'alto una coperta o tenda, come da noi in quaresima quella che chiamasi la tenda della fame o del di giuno. Vidi sopra una piazza acceso un gran fuoco, come da noi suol farsi la baldoria di S. Giovanni, e vidi che i sacerdoti andavano verso quel fuoco in processione portando un tappeto. Era una festa meravigliosa con molti preparativi e pompe. Il popolo di laggiù mostra sempre molto zelo e ardore, ed intanto sempre gli uni cogli altri si bastonano. Nella chiesa regnava pure gran pompa e splendore, e durante la Messa solenne vi vidi presente sant'Agata con altri santi.
« Vidi che era stata martirizzata in un altro luogo, cioè in Catania. I di lei genitori abitavano a Palermo, sua madre era segretamente cristiana, suo padre pagano. Vidi che la madre la istruiva sin da bambina segretamente nel Cristianesimo. Aveva due aie, e sino dai primi anni godeva di gran familiarità con Gesù. L'ho vista spesso sedere nel giardino, e presso di lei un fanciullo tutto splendore e bellezza, che con essa parlava e giuocava. Vidi come ella gli preparasse un seggio sull'erba e come giacendo a lui vicina colle mani conserte sul petto, colla maggiore e più attenta riflessione lo ascoltasse. Lo vidi giuocare con piccole verguzze e con fiori, e come quel fanciullo a poco a poco crescesse accanto a lei. A misura che ella crebbe, ei le si presentò sempre più grande, ma soltanto quando ella stavasi affatto sola. Credo che anch'ella se n'accorgesse, giacchè la vidi disporre e preparare ogni genere di cose in correlazione colla di lui presenza. L'ho veduta divenire meravigliosamente pura e forte, e decisa nell'animo suo. È impossibile dire come ciò si vegga: accade come se si vedesse una cosa divenire sempre più splendida e magnifica, esempligrazia un fuoco che divenisse un sole, un lume che divenisse una stella, o come se l'oro divenisse sempre più oro. Vidi anche come ella straordinariamente vi cooperasse, come costantemente da sè rimuovesse anche la minima imparità ed imperfezione, e sopra sè medesima la punisse. Quando a sera si disponeva a coricarsi, le stava dappresso il di lei angelo custode, soventi volte visibile, e le rammentava alcuna cosa che avesse a sorte obliata, ed essa tosto s'affrettava a farla: ciò consisteva o in orazione, o in elemosina, o in qualsiasi altra cosa che spetti alla carità, alla purità, all'umiltà, all'obbedienza, alla misericordia, ed all'allontanamento del male. L'ho veduta spesso nascostamente da sua madre ed essendo ancor bambina, dileguarsi furtivamente con elemosine ed alimenti pei poveri. Essa era si magnanima e sì amata da Gesù, e combattente con si continua lotta, che spesso la vidi in caso del benchè minimo appetito di tentazione, o delle minime mancanze, flagellarsi e pizzicar sè stessa. Ed in tatto poi mostravasi si libera e coraggiosa, e di animo affatto sincero ed aperto. Vidi che circa l'anno ottavo dell'età sua venne con molte altre fanciullettetrasportata in cocchio a Catania. Ciò avvenne per volontà del padre suo, che volea farla educare alla libera e paganamente. Venne costà rimessa ad una donna, nei modi e e nell'animo assai libertina, che avea in casa cinque figliuole. Non posso dire che fosse quella casa di mala vita secondo l'uso comune, come d'altronde ne ho vedute in quei tempi, ma la padrona mi parve piuttosto una donna di mondo, di modi assai liberi e galante. Ho veduto Agata abitarvi per lungo tempo. Quella casa era bellissima e tutto quanto eravi dentro prezioso, ma non poteva per altro uscirne liberamente. La vidi per lo più con altre allegre fanciullette, starsene in uno spazio dinanzi al quale era uno stagno o laghetto, in cui specchiavasi l'intero palagio, che dall'altro lato era chiuso e guardato. Quella donna e le sue cinque figlie si dierono ogni pena immaginabile per distogliere Agata dall'abitudine della virtù. La vidi passeggiare con loro in graziosi giardini e mostrarle ogni sorta di eleganti abbigliamenti ed oggetti, ma rimase sempre uguale a sè stessa, e sdegnò e volse lo sguardo lontano da tutte coteste cose. Anche costà vidi sovente presso di lei il celeste giovanetto, e che essa diveniva sempre più seria e coraggiosa nel suo proposito. Era divenuta veramente una bellissima fanciulla, non grande ma perfetta. Avea scuri capelli, grandi occhi neri, un bel paso, un volto piuttosto rotondo ed un modo di essere dolcissimo, ma fermo ad un tempo, ed una espressione affatto meravigliosa nelle sembianze, che derivava dalla forza e generosità dell'animo suo. Vidi che la madre mori di dolore per la lontananza della diletta figlia.
« In casa di quella donna vidi Agata nel modo il più speciale con perseveranza e coraggio combattere le inclinazioni della propria natura, e lottare contro ogni seduzione. Quinziano,che poi più tardi la fece martirizzare, veniva spesso in quel palagio. Egli era ammogliato, ma non poteva soffrire la propria donna. Era individuo che ispirava repugnanza, e molto volgare nei modi ed altero; circuiva tutta la città, tutto spiava, ed annoiava e tormentava quindi la gente. Lo vidi presso quella donna ed osservai che talvolta guardava Agata di soppiatto, ed in quel modo con cui suolsi guardare una bella bambina; per altro non si permise nulla di sconveniente verso di lei. Vidi che le stava dappresso il di lei celeste Sposo, solo per lei visibile, ed intesi che le disse: la nostra sposa è piccola; non ha mammelle e quando le abbia le verranno tolte, giacchè qui non havvi alcuno che ne possa suggere il latte. Il celeste giovane disse queste parole guardando Agata, e ciò significa: perchè qui vi sono si pochi sacerdoti e cristiani (1).
(1) Agata è la sposa, cioè la Chiesa ancor giovanetta della Sicilia. A lei è rivelata la profezia del suo martiri per mezzo del quale deve divenire la madre spirituale di anime innumerevoli, mentre il iatte delle di lei mammelle, cioè la copia delle benedizioni derivanti dal di lei martirio, procaccia per quelle anime la grazia dell'eterna salute.
Ho pureveduto che dal celeste Sposo le furono mostrati gli strumenti del suo martirio: credo anzi che si mettessero a giuocare con cotesti strumenti. Più tardi l'ho veduta di bel nuovo nella sua nativa città, dopochè suo padre più non vivea. Era in età di circa tredici anni. Professava pubblicamente la fede cristiana ed aveva intorno a sè buona gente. La vidi portar via di casa da alcuni individui che Quinziano aveva spediti da Catania, e vidi come uscendo dalla città si piegasse per legare più stretti i suoi sandali, ed allora volgendosi addietro vedesse che tutti i di lei amici l'aveano abbandonata, ed erano rientrati in città. Pregò Iddio che volesse con un segno evidente lasciar memoria di cotesta ingratitudine, e nel medesimo istante ivi spuntò e crebbe un olivo sterile ed infruttuoso.
« L'ho veduta di nuovo presso quella cattiva donna, come pure l'apparizione del suo celeste Sposo, che una volta le disse: quando il serpente parlò, ei che prima non avea mai parlato, Eva avrebbe dovuto accorgersi che era il diavolo. Vidi pure come quella rea donna tentasse in tutti i modi di sedurre Agata a gran rinforzo di lusinghe e di piaceri, ed intesi come Agata a lei applicasse gli insegnamenti del suo Sposo celeste, giacchè quando quella donna mondana volea a forza di parole persuaderla alla rilassatezza, ella le disse: La tua carne ed il tuo sangue son creature di Dio appunto come il serpente, ma quegli che nella tua carne parla è il diavolo.
Vidi gli andamenti di Quinziano presso cotesta donna e conobbi anche benissimo due amici suoi. Vidi in seguito Agata venir cacciata in prigione, e la vidi esaminare e flagellare. Dipoi le recisero le mammelle: un carnefice la teneva ed un altro le strappava le mammelle con uno strumento che somigliava ad una testa di papavero. Cotesto arnese era congegnato in modo che dilatandosi si dischiudeva in tre gambi, presso a poco come si apre una bocca umana, e quindi richiudendosi dilaniava e portava via la mammella che vi era dentro racchiusa, quasi come con un morso. I carnefici ebbero di più la rivoltante crudeltà di tenerle dinanzi agli occhi schernendola le divelte mammelle, e poi gliele gittarono ai piedi quasi come sopra una tavola. In mezzo a cotesti martirii Agata disse a Quinziano:
Non inorridisci tu nello strappare da una creatura umana una parte che già servì a nutrirti sul petto di tua madre?
Mostravasi per altro forte e tranquilla, e soggiunse: - L'anima mia ha più nobili mammelle, che tu non puoi strapparmi.
Coteste sue mammelle eran piccole, ed essa era appena in età pubere. Le ferite erano affatto rotonde: non eravi alcun altro dilaniamento: il sangue spillava da molti piccoli fori come zampilli. Ho visto sovente cotesto strumento impiegato nei martirii; ne usavano per strappare interi pezzi di carne dai corpi dei santi. È mirabile l'aiuto e la forza che essi ricevono da Gesù. Spesso veggo lui stesso starsi presso di loro e ristorarli; non cadono in isvenimento in casi in cui qualsiasi altra creatura umana cadrebbesi tramortita. Ho di poi veduto Agata nel carcere, ove le comparve un santo vecchio che le disse di voler guarire il di lei seno. Gli rispose che lo ringraziava, che non aveva mai impiegato medicina umana, che avea il suo Signor Gesù Cristo il quale potea guarirla, se lo voleva. Ei le soggiunse: Io son vecchio e cristiano, non aver vergogna dinanzi a me! Ma essa rispose: - Le mie ferite non han nulla che offenda la pudicizia, Gesù mi guarirà se lo vuole: ha creato il mondo e può anche creare le mie mammelle. - Allora vidi quel vecchio sorridere e e dire: -Io sono il suo servo Pietro, e vedi il tuo seno è già guarito.
Disse e sparì. Vidi poi come un angelo attaccasse nella parte superiore del di lei carcere una striscia su cui stavano scritte alcune parole, ma non so più quale ne fosse il senso. Essa poi aveva ambedue le mammelle perfettamente ristabilite come lo eran dapprima. Non era già una semplice guarigione dell'epidermide, erano mammelle nuove e perfette. Intorno a ciascuna di esse vidi un nimbo di luce e tutto l'interno circolo di cotesto nimbo era pieno e raggiante di strali colorati di tutti i colori dell'iride. Vidi Agata condotta di bel nuovo al martirio. In un sotterraneo fatto a volta eranyi dei focolari, sotto i quali venivano accese le fiamme; eran profondi come casse ed internamente nel fondo ricoperti di ferri acuti ed angolosi e di altri frammenti laceranti disposti gli uni accanto agli altri. Eranvi molte di coteste casse riunite. Spesso accadeva che molti ad un tempo vi fossero martoriati; eravi fra l'una e l'altra un varco. Al disotto di quelle casse aggiravasi intorno la fiamma, talmentechè coloro che dentro vi erano distesi,su quelle acute punte venivano arrostiti. Quando sant'Agata fu gittata in una di quelle orribili ceste, si fe'sentire un terremuoto: un muro precipitò e schiacciò due amici di Quinziano. Nacque una sommossa popolare e tale che Quinziano se ne fuggi. La vergine venne di bel nuovo condotta in carcere ove spird. Vidi Quinziano annegarsi miserabilmente in un fiume, mentre era in viaggio per impadronirsi dei beni di sant'Agata. Vidi dipoi come un monte vomitasse fuoco, e come la gente salvandosi da quel liquido fuoco si rifuggisse alla tomba di Agata, e ne opponesse il coperchio alla lava infiammata che tosto si spense. »
Santa Dorotea.
« Ho di bel nuovo riconosciuta la reliquia deila santa, e vidi una città considerabile situata in contrada montuosa. Costà vidi entro il giardino di una casa fabbricata alla foggia romana tre fanciullette dai cinque agli otto anni che fra loro scherzavano. Si tenevan per mano, danzando in circolo, fermavansi di bel nuovo, e e quindi cantavano cogliendo fiori. Dopo che ebbero così scherzato diverso tempo, vidi le due maggiori fanciullette separarsi dalla più giovine portando via i fiori, che lacerarono. Sembrò che cagionasse molto cordoglio alla più piccola il vedere che le altre due si allontanavano andando verso un altro lato del giardino. Vidi la bambina che era rimasta provar nel cuore una lacerante doglia, ch'io stessa seco provai. Il suo volto impallidì e nel medesimo tempo le sue vesti divennero candide come la neve, e la bambina cadde sul suolo come morta. Frattanto io intesi una interna voce che mi disse: costei è Dorotea i Tosto vidi l'apparizione di un luminoso garzoncello a lei approssimarsi, tenendo in mano un mazzo di fiori. Ei la sollevò, la condusse in un altro luogo del giardino, e le porse quel mazzolino e quindi spari. La bambina divenne di nuovo affatto allegra, ed accorrendo verso le altre due mostrò loro i suoi fiori, e disse chi li aveva a lei dati. Costoro molto si meravigliarono, si strinsero al cuore la fanciulletta, e parve si pentissero di averla offesa, talmentechè l'unione fu tra loro ristabilita. A cotesta vista destossi in me la brama di avere anch'io una volta simili fiori per ristorarmi, ma all'improvviso mi apparve Dorotea come vergine, mi fece un bel discorso preparatorio alla Comunione, e disse: Che hai tu mai tanta bramosia di fiori, tu che si spesso ricevi il fiore di tutti i fiori? Mi spiegò pure il significato del quadro simbolico delle tre fanciullette, che riferivasi alla caduta ed alla conversione delle due maggiori sorelle. In seguito vidi un quadro del di lei martirio. La vidi colle due maggiori sorelle entro un carcere, e vidi fra loro nascer contrasto. Le altre due non vollero morir per Gesù e vennero rimesse in libertà. Al lora vidi Dorotea dinanzi al giudice, che la fece condurre presso le due già cadute, nella speranza che seguirebbe il loro esempio e le loro esortazioni. Ma Dorotea le condusse invece alla fede. Fu quindi legata colle membra distese ad una colonna, dilaniata con uncini, arsa con faci, e finalmente decapitata. Dopo che ciò fu accaduto, vidi un giovine che le avea parlato deridendola sulla via del martirio, ed a cui essa avea brevemente risposto, subitaneamente convertirsi. Gli si fece dinanzi l'apparizione di un luminoso garzoncello che portava rose e frutti, ed ei rientro in sè stesso, confessò la fede, e soffri il martirio venendo decapitato. Insieme a Dorotea vennero pure martirizzati molti altri, arsi o squartati per mezzo di animali attaccati alle loro membra. »
Sant'Apollonia.
« Aveva presso di me la di lei reliquia, e vidi anche la città ove fumartirizzata. È situata sopra un promontorio, e le molte bocche per cui il Nilo sgorga nel mare, non ne sono molto lontane. È una grande e bella città, in cui la casa di Apollonia circondata da cortili e da giardini, sorge situata sopra un'alta piazza. Al momento del di lei martirio ella era vedova già inoltrata neglianni,ma di grande e bella sembianza (1).
(1) Il Martirologio ed il Breviario Romano la dicono Vergine e Martire.
I genitori eran pagani, ma essa sin da bambina era stata convertita dall'aia sua, che era segreta cristiana. Poichè fu cresciuta venne data dai genitori in matrimonio a a marito pagano e visse con lui nella casa paterna. Ebbe molto a patire », e la vita coniugale fu per lei una severa penitenza. L'ho veduta giacente sul suolo, piangente, orante, aspergente il suo capo di cenere. Suo marito era molto scarno e pallido, e morì lungo tempo prima di lei. Visse ancora per ben trent'anni come vedova senza figliuoli. Mostrò verso i poveri segreti cristiani moltissima misericordia, ed era la consolazione e la speranza di tutti i bisognosi; anche la di lei nutrice pati lungo tempo prima di essa il martirio. Ciò accadde in occasione d'un tumulto, in cui le case dei cristiani vennero saccheggiate ed arse, e molti ne furono uccisi. Vidi più tardi Apollonia per ordine del giudice rapita dalla sua casa, condotta al pretorio, e quindi gettata in carcere. La vidi ripetutamente condotta dinanzi al giudice, ed a cagione dei suoi gravi e decisi cristiani discorsi orribilmente maltrattata. Era una vista che spezzava il cuore, ed assistendovi dovei dirotta mente piangere, mentre poteva con bastante tranquillità essere spettatrice di altri più gravi martirii. Forse era l'età sua ed il suo nobile contegno ciò che tanto mi commuoveva. La batterono con verghe, la percossero in faccia con sassi, e cosi pure sul capo. Il naso le fu schiacciato e reso deforme, il sangue le scorreva a torrenti dal capo, le avevano lacerato le gote ed il mento, e divelto i denti dalla bocca. Portava quella bianca veste aperta sul fianco,di cui spesso soglio vedere rivestiti i martiri; per disotto era coperta di una tunica di lana colorata. Sedeva sopra un seggio di pietra senza appoggio: avea le mani dietro il dorso legate a quella pietra, ed anche i piedi erano legati. Le avean lacerato e tolto il velo, ed i suoi lunghi capelli pendevan disciolti sugli omeri. Le di lei sembianze erano tutte alterate e deformate dalle percosse, e coperte di sangue. Uno sgherro la teneva per di dietro sospingendole il capo verso la parte posteriore del collo, mentre un altro le dischiudeva a forza la dilaniata bocca, sospingendovi dentro un cepperello di piombo. Allora il carnefice le spezzò è divelse l'un dopo l'altro i denti con rozza tanaglia, e coi denti le strappò pure alcuni frammenti di mascelle. Durante cotesto martirio, in cui vidi Apollonia patire sino avenirne meno, vidi che gli angeli ed altre anime di martiri, ed anche l'apparizione di Gesù la fortificarono e la consolarono, e che colle sue preghiere ottenne la grazia di divenire l'ausiliatrice di tutti coloro che soffrono di dolori nei denti e nel volto. Siccome non si ristava dal lodare Gesù e dallo sdegnare ogni offerta agli dei, il giudice ordinò che venisse condotta al rogo, e che se non cambiasse sentimento vi fosse dentro gettata. Vidi che non potea più camminare da per 'sè sola, giacchè era mezzo morta. Due carnefici la trascinarono sostenendola sotto le braccia verso un luogo elevato, ma pianeggiante, ove in una fossa ardeva un gran fuoco. Quando vi fu dinanzi, parve che domandasse con preghiera alcuna cosa. Non poteva più sostener dritta la testa. I pagani s'immaginarono che volesse rinnegar Gesù, o che almeno vacillasse nelle sue convinzioni, e la lasciarono andare. Essa cadde per altro accosciata sul suolo e parea che morisse. Pregava invece, e si alzò subitaneamente e balzò in mezzo alle fiamme. Vidi durante tutto il suo martirio molti poveri cui per lungo tempo avea fatto tanto bene, contorcersi le mani e lamentarsi ed urlare. Da sè sola non avrebbe potuto balzare nel fuoco. Forza ed impulso a ciò le venne da Dio. Vidi che non fu arsa, ma soltanto come arrostita. Quando fu estinta i pagani lasciarono quella piazza. I cristiani si appressarono segretamente, s'impadronirono di quel santo corpo, e lo seppellirono in un sotterraneo. »
Santa Scolastica e San Benedetto.
« Per mezzo di una reliquia di santa Scolastica vidi molti quadri relativi alla di lei vita ed a quella di S. Benedetto. Vidi la di lei casa paterna in una gran città non lontana da Roma. Non era più fabbricata interamente al modo romano. Dinanzi al lato che dava sulla strada eravi uno spazio lastricato e racchiuso entro un muro più basso, che sopportava una specie d'inferriata rossiccia. Dietro la casa eravi un cortile, ed un giardino con acqua zampillante. In cotesto giardino eravi un grazioso casinetto di piacere, in cui vidi Benedetto e Scolastica sua sorella sollazzarsi di buon accordo e innocentemente sin da bambini. Quel casinetto era esteriormente ricoperto di piante rampicanti sempre verdi. Il soffitto era piano ed ornato da colorate figure. M'immagino che coteste figure venissero prima ritagliate e poi costà sovrapposte, talmente pareami che avessero un deciso ed apparente rilievo. Fratello e sorella amavansi molto e mi pareano di pari età, talmentechè li riteneva per gemelli. Alla finestra venivano augelletti, che mi parevano molto famigliari con loro. Cotesti aug?lletti portavano nel becco fiori e piccoli ramicelli e guardavano attorno cercando i bambini, i quali scherzavano pure coi fiori e colle piante, e figgevano nel suolo ogni sorta di frammenti di legno, formandone piccoli giardini. Li vidi anche scrivere ed intagliare ogni sorta di figure in stoffa colorata. Di tempo in tempo veniva un'aia che li sorvegliava. Parea che i loro genitori fosser gente doviziosa e di molto affare, giacchè eranvi circa venti persone in casa, ch'io vedeva andare e venire. Non si preoccupavan già molto dei loro figliuoli. Vidi il padre, uomo corpulento e forte, e interamente vestito alla foggia romana. Ei mangiava colla moglie e con alcune altre persone nel piano terreno della casa; i figli poi abitavano il piano alto, e separati. Benedetto avea per precettore un vecchio ecclesiastico, con cui stava solo.
Scolastica stavasi presso ad un'aia in una camera in cui anche dormiva. Osservai che quei loro guardiani non li lasciavano volentieri nè soli, nè star molto insieme; ma quando per avventura riuscivano a a ritrovarsi, ne apparivano molto contenti e felici. Vidi che Scolastica imparava dalla sua aia una specie tutta particolare di lavoro. Entro una stanza prossima alla camera in cui dormiva, eravi una tavola, sulla quale tenevano i loro lavori femminili; ivi vedevansi molte cest? ripiene di stoffe d'ogni genere di colore, da cui essa intagliava diverse figure, uccelli, fiori ornati a spirale, ed altri, che poi venivan cuciti sopra a un tessuto più denso, in modo tale che vi parevano intagliati. La soffitta di quelle stanze era pure adorna di figure variopinte come quella del piccolo casino. Le finestre non eran già guarnite di vetri, ma bensi di stoffa, su cui vedevansi dipinte svariate immagini di alberi, di spirali, e di altri contorti ornamenti. Scolastica dormiva dietro a un cortinaggio; il di lei letto era pochissimo sollevato da terra. La vidi sul mattino, allorchè l'aia fu uscita dalla stanza, sbalzar da quel letto e gittarsi ai piedi di una croce che pendeva dal muro ed ivi orare, e quando sentiva i passi dell'aia, rapidamente rifagiarsi di nuovo dietro la cortina, talmentechè era già nel suo letto prima che l'aia comparisse. Vidi Benedetto e e Scolastica a scuola dal precettore del primo, ma ognuno in ora diversa. Li vidi leggere in grandi volumi, come pure dipingere lettere con loro e e col rosso e con un colore azzurro straordinariamente leggiadro. Ciò che era stato così scritto ed ornato veniva sempre avvolto in rotolo. Per ciò fare impiegavano un certo utensile lungo un dito. Più quei bambini crescevano in età e meno venivano lasciati insieme.
« Vidi Benedetto che era omai nel suo decimo quarto anno venire a Roma ed entrare in un grande edificio, in cui era un corridoio con molte stanze. Sembrava una scuola o un monastero. Vidi molti giovanetti ed alcani attempati ecclesiastici tener festivo convito in una gran sala. Cotesta sala era nel soffitto ornata di quadri e pitture simili a quelle della casa dei genitori di Benedetto. Vidi che quei convitati non mangiavano giacendo, ma sedevano sopra seggi rotondi e bassi, talmentechè doveano distendere le gambe affatto lungi, e perciò si assidevano anche di fianco l'uno accanto all'altro a quella bassa tavola. Per posar poi i piatti ed i vassellami, che eran di color giallo, eranvi cavità praticate nella superficie della tavola. Non vidi molte vivande, ma nel mezzo posavano tre gran piatti ripieni di un manicaretto giallastro e schiacciato.Quando la refezione fu giunta al fine, vidi entrare forse sei donne di età diversa. Portavano figurette fatte come di pasta dolce e piccoli fiaschetti in certe ceste che pendevano loro dal braccio; ed erano congiunte di quei giovanetti. Essi erano intanto sorti da tavola, e si trattenevano con quelle donne ad un'estremità della tavola e da loro ricevevano confetti, paste dolci, e bevande. Eravi fra loro una donna di circa trent'anni, che aveva veduta altra volta nella casa paterna di Benedetto; costei si accostò più specialmente in modo benevolo a a Benedetto, che essendo puro affatto ed innocente non concepiva in sè alcun sospetto. Vidi per altro che essa odiava la di lui purità ed avea concepito verso di esso un amore peccaminoso. Vidi che gli diè a ? bere dal suo fiaschetto, e che in quella bibita eravi alcunchè di velenoso e per forza magica inebriante. Ei non ne aveva alcun presentimento. Ma lo vidi alla sera agitato da quella bevanda nella sua cella, e quindi in grande ambascia andarsene verso un individuo da cui implorò la permissione di poter discendere nel cortile, giacchè senza permesso mai usciva. Quindi nel seno della notte lo vidi in un angolo di quel cortile flagellarsi il dorso con rami di spino ed ortica. Vidi che più tardi, essendo già eremita, generosamente aiutò questa sua seduttrice, che trovavasi in grave bisogno, e che la aiutò appunto perchè era sua pemica. Aveva internamente risaputo il suo delitto.
« Vidi di poi Benedetto sopra un alto monte pieno di scogli. Era omai nel suo vigesimo anno.Vidi come ei s'incavasse una cella entro ad uno scoglio, ? e dopo quella un andito, e poi un'altra cella, e così avesse incavato molte celle nel sasso. Per altro la prima soltanto avea un'uscita sul di fuori. Vidi pure che nella parte superiore le arrotondò a volta, e su quelle volte impiantò ed intrecciò certe immagini o pitture, che eran composte da pietruzze messe insieme e piantate le une accanto alle altre. Vidi in una cella tre quadri simili: nel disopra era rappresentato il cielo, da un lato la nascita di Cristo, dall'altra il giudizio finale. Rammento che in quest'ultimo quadro nostro Signore era rappresentato seduto sopra un albero con una spada che gli usciva dalla bocca, ed al disotto fra i beati ed i dannati vedevasi un angelo con una bilancia; oltre di ciò eravi pure rappresentato un monastero con un abate e dietro a lui molti monaci, e pareva come se Benedetto avesse antiveduto il suo proprio convento.
« Sua sorella, la quale era rimasta sempre nella casa paterna, la vidi più volte andare a piedi a visitarlo. Ei non permetteva per altro che costà pernottasse. Talvolta essa gli portava un volume che avea trascritto, ed anch'egli le mostrava ciò che aveva scritto o lavorato. Parlavano insieme delle cose divine.Vidi pure che egli avea piantato di alberi e di frasche una via che conduceva alla sua cella, come quella che suol percorrere una processione. Egli appariva sempre severo nel contegno in prossimità di sua sorella. Ed essa nella sua grande innocenza mostravasi sempre straordinariamente amabile e e lieta. Quando ei non le raccontava abbastanza secondo i di lei desiderii, si rivolgeva tosto a Dio, e pregavalo di quanto bramava, e tosto anche il fratello mostravasi lieto e benevolo. La vidi dipoi sotto la fraterna direzione erigere un monistero sopra un alto monte distante circa il viaggio di un giorno scarso, e la vidi venirvi con un numero straordinario di monache. La vidi istruire quelle monache nel canto. Non v'era lassù alcun organo; gli organi han cagionato gran nocumento, e danneggiato ed avvilito il canto. Vidi pure come quelle monache fabbricassero e preparassero i paramenti ecclesiastici e principalmente con quel genere di lavoro che Scolastica da bambina avea imparato nella casa paterna. Vidi pure che ella avea preparata e disposta una gran coperta con variopinto ricamo d'immagini sulla tavola del loro refettorio: essa era piena di figure e di quadri ed anche di sentenze, ed in modo tale che ogni monaca avea dinanzi a sè quando assidevasi a tavola, e coi propri occhi vedeva ciò, in cui precisamente le correva obbligo di esercitarsi. Essa mi ha detto pure molte cose amabili e consolanti circa il lavoro spirituale, e circa quello conveniente agli ecclesiastici.
* Vidi pur sempre tanto essa quanto Benedetto essere circondati da uccelli familiari e addomesticati. Mentre stava ancora nella casa paterna, 5 vidi colombe che da lei si partirono e se ne andarono a Benedetto nella solitudine, In monistero le vidi dattorno colombe ed allodole, che le arrecavano fiori bianchi, gialli, rossi e violacei. Una volta vidi una colomba che le portò ana rosa con una foglia.
Vidi pure molti altri quadri di lei, che non posso narrare, giacchè son troppo inferma ed in troppo misero stato. Era purissima la veggo in cielo candida come la neve. »
Sant'Eulalia (1).
Fra le reliquie trovavansi due denti segnati del nome di sant'Eulalia.
(1) Avea spesso sentito la prossimità di quella santa reliquia ed avea detto: « Nella mia chiesa (così chiamava la sua cassetta di reliquie) deve esservi una santa per nome Eulalia. Essa è di Barcellona.
Dopochè Anna Caterina li ebbe tenuti alcun tempo presso di sè dichiarò: « Uno soltanto di questi denti appartiene alla santa vergine e martire Eulalia di Barcellona; l'altro dente poi è di un sacerdote, che soltanto invecchiaia avea ricevuto l'ordinazione. Lo vidi molto viaggiar qua e là, e proteggere e sostenere vedove e pupilli. Il dente poi di sant'Eulalia le fu divelto circa mezz'anno prima del suo martirio. Vidi anche l'andamento di tutta la cosa. Eulalia, a causa degli intensi dolori che pativa si fece levare quel dente in casa di una donzella sua amica, giacchè la madre per troppa mollezza di amore non volle che ciò avvenisse nella propria sua abitazione. Il vecchio che le estrasse quel dente era un cristiano. Sedeva sopra un basso seggio. Ed Eulalia gli stava dinanzi assisa per terra e col dorso rivolto verso di lui. Essa alzò il capo rovesciato ed egli rapidamente le estrasse il dente con uno strumento che nella parte anteriore avea una piccola cavità di una grossezza atta a contenere un dente, ed inoltre un'asta con un manico traverso. Subito dopo averlo estratto fece vedere quel dente alle due fanciulle, ed esse sorrisero.
L'amica di Eulalia la pregò a farle dono del dente estratto ed essa lo fece. Eulalia era amata ed apprezzata da tutte le sue amiche. Dopo il di lei martirio quel dente acquistò un valore molto più grande, e divenne per colei che lo possedeva cosa veramente sacra. Dopo la sua morte lo vidi successivamente in possesso di due altre donne, e dipoi, in tempi posteriori lo vidi sospeso in una chiesa dinanzi l'immagine di sant'Apollonia e racchiuso in un'argentea scatoletta che avea la forma di un piccolo turibolo. In cotesto quadro sant'Apollonia non era dipinta in età matura, ma bensì giovine con una tanaglia in mano e con berretta appuntata in capo. Vidi in seguito, che quando ogni arredo d'argento fu rubato a quella chiesa, quel dente venne in possesso di una monaca, ma lungi assai dal paese di Eulalia. Venne ritolto un piccolo frammento dalle radici del dente, ed anche quello fu conservato come reliquia; ciò vidi, ma non posso dire il nome del luogo.Vedo pare quel dente risplendere, ma non già con quel nimbo di splendore che circonda le ossa dei martiri. Lo veggo risplendente per causa dell'innocenza e del forte desiderio di morir per Gesù, da cui sin d'allora Eulalia sentivasi animata, e nella gran pena che già anticipatamente aveva per amor di lui con pazienza sopportato. Quelle ossa e parti del corpo che i santi han perdute prima del martirio, non le veggo già risplendenti dei colori della gloria come quelle membra che han sopportato il martirio medesimo. Alla luce di cotesto dente manca quella che deriva dal martirio del resto del corpo. I genitori di Eulalia eran persone di molta considerazione che abitavano in un gran palagio, intorno al quale vedevansi olivi e e molti alberi carichi di frutti gialli. Eran cristiani, ma per altro non molto zelanti, nè in loro vedevasi in modo notabile alcunchè di cristiano. Eulalia se l'intendeva molto intimamente con una vecchia, la quale era zelantissima cristiana. Essa abitava in un edifizio annesso al palagio di quei signori, e vi lavorava a grandi opere di ricamo. Vidi Eulalia insieme alla vecchia cucire e disporre paramenti da chiesa. Cucivano con grossi e rotondi aghi, e le vidi attaccare figure intagliate in rilievo sopra un fondo di stoffa. Ciò facevano segretamente e di notte. Avean dappresso una lucerna, ed innanzi alla fiamma eravi alcunché di trasparente come cristallo, talmentechè per quel mezzo si vedeva chiarissimo. Vidi Eulalia pregar solitariamente nella sua stanza dinanzi a una semplice croce, che da sè medesima erasi intagliata in legno di bosso. Era consumata dall'ardente desiderio di confessare pubblica mente Gesù, che sovente le mostrava in visione la corona del martirio. La vidi anche andare spaziando con altre vergini, e manifestar loro?quell'ardente sua brama che non osava esprimere nella casa paterna.
Santa Valpurga.
Prese nella sua chiesa (o cassetta) l'osso di un dito, tacque per alcuni minuti e quindi disse: « Oh che cara monachina! Si linda! Si svelta! Si trasparente! È veramente tatta angelica! Essa è Valpurga. Veggo il di lei moniste ro. » Ed allora vide quadri della vita della Santa e della venerazione del di lei corpo, e racconto quanto segue: Venni condotta da due beate monachine in una chiesa ove eravi una gran festa,comese vi fosse stato portato il corpo di una santa, o come se essa fosse stata dichiarata santa. Era là dentro un vescovo che avea cara d'ognuno e che ad ognuno indicava il sno posto. Non era già quella la chiesa del monistero ove avea vissuto, ma era anzi situata in alto luogo molto più vasto. Vi concorsero tante persone quante non ne vidi mai concorrere alla festa della Croce in Köesfeld. La maggior parte dovea starsene fuori all'aria aperta. Io me ne stava presso l'altare non lungi dalla sacrestia, e le due monachine si tenevano a me daccanto. Sui gradini dell'altare riposava una semplice e bianca cassa che conteneva il corpo della Santa. La candida sindone che la copriva pendeva rovesciata dai due lati del feretro. Il corpo era candido come neve, parea animato e vivente, e le guancie rosseggiavano. Santa Valpurga ebbe un colorito sempre sì puro nel volto, come può averlo un bambino candido e delicato. Allora incominciò la festa: consisteva in una Messa solenne. Non potei per altro restarvi; parevami di cadere in svenimento, e mi vidi giacente per terra appoggiata ad un braccio, colle mie due compagne che sedevano alla mia testa ed ai miei piedi appoggiandosi pur sulle mie braccia. Vidi pure come un'abbadessa proveniente dal monistero di Valpurga preparasse nella sacrestia tre sorta di paste per farne piccoli pani; due di quelle paste erano di molto raffinata qualità; la terza molto grossolana consisteva bensì in farina bianca, ma piena di crusca. Pensava entro di me; che avverrà di tutto ciò? Ed allora per detti di vista la festa in chiesa e venni in visione in un giardino celeste, ove vidi la ricompensa di santa Valpurga in paradiso. La vidi entro an celeste giardino con Benedetto, Scolastica, Mauro, Placido e molti altri santi monaci e monache della regola di S. Benedetto. Eravi costà una tavola apparecchiata con fiori e meravigliose vivande. Valpurga sedeva in capo di tavola, totta circondata da serti e da archi di fiori. Quando rientrai in chiesa, la solennità toccava al suo fine, ma mi ebbi dalla badessa e e dal vescovo un pane dell'impasto il più grossolano, su cui era segnata la cifra IV. I pani di qualità più fina se li ebbero le mie compagne. Il vescovo mi disse inoltre che quel pano dovea servire per me sola, e che non dovea farne parte ad altri. Quindi mi condusse fuori dinanzi alla porta della chiesa entro di cui le monache di santa Valpurga stavano distribuite coralmente in piccoli stalli. Vidi pure un quadro di Valpurga, in cui essa non molto prima del suo santo fine fu trovata 'in sembianza di morta nel suo stallo in coro. Il di lei fratello Villibaldo venne tosto chiamato e le trovò il volto e le mani bagnate da gocciole di una bianca rugiada somigliante alla manna. Villibaldo raccolse quella rugiada entro una bruna tazza e la diè alle monache, che la conservarono come cosa sacra, e dopo la morte di Valpurga col suo mezzo operarono molte guarigioni. Quando la Santa rientrò in sè, Villibaldo le amministrò il Sacramento. Cotestá rugiada era il simbolo dell'olio di santa Valpurga. Vidi che l'olio di Valparga cominciò a stillare in un giovedì, perchè la Santa avea tanta venerazione pel Santissimo Sacramento, e perchè si riferiva al Salvatore sudante sangue ai pie del monte Oliveto. Ogni qual volta gusto di cotesto olio, mi sento ristorata come da una rugiada celeste. Mi è stato di grande aiuto in gravi infermità. Valpurga era ripiena del più caritatevole amore verso i poveri. Li vedeva in visione e sapeva, anche prima che venissero, come dovesse distribuire il pane fra loro. Ne distribuirà degli interi, dei mezzi, ed anche dei frammenti minori, e li tagliava da sè medesima. Divideva anche olio: credo che fosse olio denso di papavero, e mischiandovi butirro lo stendeva sul pane dei poveri e loro ne forniva anche per cucinare. In ricompensa di tanta bontà e e dei miti e consolanti effetti prodotti dalla di lei dolcezza e caritatevoli parole, ottennero le di lei ossa la proprietà dello stillare e per così dire sudare una specie di olio. Essa protegge pure contro i cani arrabbiati e e le bestie feroci. Vidi un quadro del suo andare notturno presso la inferma figlia di un gentiluomo che abitava in prossimità del suo convento, e vidi come venisse assalita da cani inferociti, che ella per altro scacciò da sè lontani. Portava una veste bruna e stretta alle membra, una larga cintura ed un velo bianco, e per disopra un altro nero. Questo era piuttosto il vestiario della gente pia e devota di quel tempo, che un abbigliamento da mopaca propriamente detto. Vidi anche un miracolo che accadde in occasione di un gran pellegrinaggio al di lei sepolcro. Due assassini si accompagnarono ad un pellegrino che andava a visitare la di lei sacra tomba. Ei divise il suo pane con loro, ma essi nel sonno lo massacrarono. Dipoi mentre uno di essi volea trasportare quel cadavere sulle spalle e sotterrarlo, non poté levarselo dagli omeri, e vi rimase come se vi fosse innestato. Cosi lo vidi errar qua e là lontano con quel cadavere sempre in dosso, e quindi gettarsi col medesimo dell'acqua, ma il fiume non lo volle ricevere nel suo seno, non potè andare a fondo, e fu sempre col cadavere rigettato sull'altra sponda. Una volta un altro volle colla sua spada recider le mani del morto, ma non vi riusci, e l'assassino rimase sempre al cadavere unito, finchè se ne sciolse coll'aiuto dell'orazione. »
Allorchè il Pellegrino, udita cotesta narrazione, le disse come fosse sorprendente cosa che ella vedesse per vere tanto strane cose e miracoli che vengono smentiti e negati anche da pii ecclesiastici, essa rispose: « Non può descriversi quanto compariscano semplici, naturali e correlative tutte coteste cose nello stato di visione, e quanto al contrario apparisca incauto, perverso, anzi sovente pazzo l'agire ed il pensare del mondo così detto illuminato. Veggo soventi persone che reputano sè stesse dotate di alta intelligenza e che per tali sono tenute anche da altri, in un tale stato di stupidità e mancanza di buon senso, da poterle fare convenientemente rinchiudere in una casa di pazzi. »
I SS. martiri Pasquale e Cipriano.
Quando presi a me la mia chiesa ( armadietto delle reliquie ) per porre in ordine e venerare le sacre reliquie, riconobbi la scheggia dell'osso di un braccio del santo martire Pasquale (1).
( 1 ) Ella ebbe questa visione ai 26 di febbraio 1821, e quindi ritenne cotesto giorno per quello della commemorazione annuale del marti rio, ovvero della meravigliosa scoperta dei corpi di cotesti Santi, che secondo quanto riferiscono gli Acla Ss. vennero il giorno 26 febbraio dell'anno 1646 donati dal Cardinale Altieri al Collegio della Società di Gesù in Anversa. Il corpo di S. Cipriano fu più tardi rilasciato al Collegio di Malines.
Lo vidi sin dall'infanzia zoppo, ma del resto ben costrutto. Suo padre perdette la vita in una perse cuzione dei cristiani, e dopo lo vidi insieme colla sorella presso un fratello molto maggiore, che aveva per figlio un sacerdote per nome Cipriano. Vidi costui celebrar la santa Messa in un sotterraneo. Abitavano in mezzo a cadute rovine ed anche in sotterranee spelonche. Cipriano dimostrò sempre ineffabile amore e carità verso lo zoppo Pasquale, che non poteva servirsi di alcun membro. Vidi che poteva essere in età di circa sedici anni, allorchè pregò d'essere trasportato sulla tomba di un martire. Furon circa venti persone, fra le quali anche Cipriano, che sopra una barella lo trasportarono ad un luogo di martirio. Era talmente zoppo e rattrappito, che le ginocchia quasi giungevano a toccargli il mento. Vennero con gran silenzio in prossimità delle carceri ed in un punto in cui un santo era stato martirizzato o sepolto, il che più non rammento. Essi costà pregarono; Pasquale eravi presente, situato sopra una specie di lettiera che potevasi alzare o abbassare secondo il come voleva collocarsi. Vidi che tanto egli quanto gli altri oravano di tutto cuore, e che ad un tratto si alzò liberamente e gitto via le stampelle. Aveva nutrito la più ferma fiducia che Iddio costà lo avrebbe aiutato. Vidi che tutti pieni di gioia ringraziarono Iddio ed abbracciarono il risanato, che con loro potè ritornarsene felicemente a casa. Vidi pure una serie di quadri del come ei fosse pio e caritatevole, e come finalmente aiutasse Cipriano figlio del suo fratello, nella cura e nel servizio dei poveri e degli infermi. Vidi come in collo e sulle spalle portasse individui che non potean camminare. Il suo fratello maggiore venne a morire, e vidi come nascostamente lo seppellissero. In seguito ebbe luogo una gran persecuzione di cristiani: penso che fosse sotto l'imperator Nerone. Gran moltitudine di cristiani, uomini, donne e fanciulli, venne a forza riunita sopra una piazza della città. Furono per le corte esaminati e poi martirizzati in differenti guise. Certi alberi disposti in file parallele furono a forza curvati, ed i cristiani venivano legati per un braccio o per una gamba ad uno di quegli alberi, e per l'altro braccio o gamba all'albero di contro; quindi lasciavansi andare i rami di quegli alberi curvati e quei poveri cristiani venivan dilaniati e squarciati nelle membra. Le vergini poi le vidi sospese per i piedi ed appiccate in modo che il capo quasi toccava la terra; avevan le mani legate sul dorso, e certe maculate bestie selvaggie simili ai gatti laceravano e divoravano loro le mammelle sul corpo ancora vivente. Vidi che durante cotesta persecuzione la sorella di Pasquale con altre si dileguò e fuggi lontana. Vidi però che Pasquale e Cipriano visitavano i luoghi di martirio per confortare i loro amici, e che sul principio vennero respinti. Dacchè per altro si fecer conoscere per cristiani, vennero esaminati e martoriati cogli altri. Vidi in quell'occasione molte grosse pietre o macine interamente spianate, fra le quali venivano collocati i cristianie e così schiacciati e quasi macinati,mentre i piedi e le mani pendevano al di fuori. Sovente ponevano due vittime l'una sull'altra, fronte contro fronte, e così le schiacciavano. Pasquale e Cipriano venner così l'un presso l'altro macinati fra duc pietre. Allora vidi il quadro di un tempo posteriore. Vidi i cristiani più liberi; potevano ricercare le tombe dei martiri ed onorarle. Vidi che il padre e la madre di un fanciullo già di qualche anno,ma zoppo, lo portarono fra loro due sopra un campo ov'erano sepolti molti martiri. Qua e là sorgevano già monumenti e piccole cappelle sopra le tombe. Sull'estremità di quel cimitero che viene nominato di Papa Calisto, fermaronsii genitori collo storpio fanciullo in un punto in cui non eravi che erba, giacchè il fanciullo avea detto che ivi giacevano sepolti due santi che aveanlo aiutato, e lo vidi alzarsi tosto dritto e sano. Penso che pronunziasse anche il nome di quei santi. Vidi allora il padre, la madre ed il figlio genuflessi ringraziare Iddio, correre in città ed annuuziare il miracolo. Vidi altri uomini renir con lui: eranvi fra essi ecclesiastici; scavarono la terra accuratamente e con precauzione, e vidi quei due corpi santi giacere l'uno accanto all'altro. Le braccia che trovavansi in contatto erano annodate. Eran pure incorrotti, affatto candidi, e come disseccati. La fissa era di forma quadrata, e dove posavano le loro braccia insieme legate, quella piccola parete di separazione che trovavasi fra i due corpi, rimaneva interrotta. Non furono per quella volta affatto dissotterrati.
Vidi che vi fu tenuta solenne cerimonia, che la tomba fu tosto disposta in bell'ordine, e che vi fu deposta una iscrizione. Fu quindi richiusa e sopra vi fu disposta una tettoia sostenuta da quattro o sei colonne, e ricoperta di zolle erbose. Vidi in seguito crescervi diversi vegetabili e fra i quali uno con foglie molto spesse e grasse, un folto cespuglio somigliante alla pianta così detta sempreviva. Al disotto di quel tetto a colonne venne eretta una chiesa, dinanzi a a cui fu disposto un altare. Sulla superficie o mensa di quell'altare vidi praticato un incaro, che potea essere a volontà coperto e chiuso. Sulla pietra ivi eretta fa posta un'iscrizione. Vidi celebrarvi solennemente la santa Messa ed amministrarvi il Sacramento. Quei che ricevevano la santa Comunione tenevano una tazza ed un candido pannilino al disotto del mento. Quei santi corpi rimasero costà sepolti. Ma più tardi quel piccolo edifizio che vi era stato eretto venne distrutto. Vidi poi di bel nuovo un quadro, in cui mi fu mostrato come dopo lungo tempo colà venissero aperte molte tombe e portate fuora le sacre ossa ivi racchiuse. Vidi che anche i corpi di Pasquale e Cipriano vennero tratti fuora, e che allora eran divenuti puri scheletri, ma disposti in ordine perfetto. Li ho veduti anche disposti insieme in due piccole casse quadrate, che pervennero in possesso dei gesuiti di Anversa, e vidi colà in quella occasione feste solenni con processioni, e come fossero preziosamente adornati e deposti in un bell'armadio. »
Santa Perpetua e santa Felicita.
Ai 27 febbraio 1820 raccontò ciò che segue: « Quando nella notte passata incominciai a lamentarmi dinanzi al Signore della triste mia situazione, mi fu giustamente rimproverato il come potessi lagnarmi mentre mi circondavano si grandi tesori di reliquie, per le quali altri aveano intrapreso sovente si lontani viaggi, e mentre aveva ad un tempo la grazia di vivere con quei santi, e di vedere tutte le loro azioni e modi di essere. Sentii allora pienamente l'ingiustizia delle mie querele, e vidi una gran schiera di santi, le di cui ossa presso di me si trovano. Vidi in questa occasione molte cose circa la vita di santa Perpetua, e come sin da bambina avesse già visioni che simboleggiavano il di lei martirio, e con ciò mi venni a rammentare un sogno d'infanzia, in cui immaginava di non aver altro che acqua e e pan nero per nutrirmi. Mi credeva di dover andar mendicando. Pensai allora entro me stessa che quel pane nero, che ho avuto in dono da santa Valpurgi, si riferisse a questo sogno. Vidi anche tutti i patimenti di Perpetua e di Felicita, e di molti altri che con loro e dopo di loro sono stati martirizzati nel medesimo luogo. Li vidi dilaniati da bestie feroci, o trafitti. » A queste parole prese in mano una di quelle reliquie, la striuse al cuore, la baciò e disse: « Ecco Perpetua, che mi sta daccanto. »
Poi prese un altro piccolo frammento d'osso e disse: « Questo è alcunchè di preziosissimo. E l'osso di un giovinetto che magnanimamente ha subito il martirio col padre, colla madre e con due sorelle; trovavasi in carcere nel medesimo tempo in cui eravi Perpetua: ei venne abbruciato. Quest'osso risplende chiarissimamente. È uno splendore affatto meraviglioso, un nimbo del più leggiadro azzurro tramezzato da raggi di luce dorata, e dell'istessa luce è circondata pure l'intera apparizione di questo fanciullo martire. Cotesta luce ricrea sì meravigliosamente, che non posso esprimerlo. Sul principio avea creduto che Perpetua e Felicita fossero state martirizzate in Roma, perchè le avea vedute uccidere in un edificio consimile a quelli che colà si vedono; ma ora so benissimo che il luogo del loro martirio è molto distante da Roma. Il fanciullo morì arso sul rogo. Eranyi in quel luogo piccole elevazioni circondate da un muro. E sopra i seggi o pali in quelle elevazioni piantati, venivano collocati i martiri per esservi arsi. I carnefici disponevano il fuoco circolarmente intorno a quelle elevazioni. »
2 marzo. « Avea presso di me la reliquia di santa Perpetua. Vidi molti quadri relativi alla sua prigionia, e vidi pure il di lei martirio; per altro in occasione della sua propria festa vedrò il tutto più chiaramente. Vidi i santi rinchiusi entro un rotondo carcere sotterraneo, nel quale venivano gli uni dagli altri separati per mezzo d'inferriate, talmentechè potevan parlare insieme ed anche porgersi la mano. Tutto era tetro e scuro in quella carcere, ma pure vidi la luce risplendere, intorno ai prigionieri. Al disopra del carcere sorgeva un antico edificio. Ognuno stavasi solo nella sua specie di gabbia. La porta d'ingresso a cotesto carcere somigliava a quella di una cantina, costrutta a cataratta, e che sia stata sollevata in alto. Eranvi pure sopra nel tetto del carcere forse quattro aperture con inferriate. Oltre Felicita e Perpetua, vidi pure quattro uomini. Perpetua avea seco il suo bambino che allattava. Felicita era nel carcere o gabbia accanto a lei ed era incinta. Perpetua era alta di statura e nerboruta, e mostrava esserlo in tutti i suoi moti; era forte e ben costrutta. Tutti cotesti individui avean neri i capelli. Felicita era molto più piccola, delicata e sottile. Perpetua parlava con tutti distintamente, e in modo breve e deciso, e tutto dirigeva in quel carcere. Più remoti da costoro eranvi pure costà molti prigionieri. Quel magnanimo martire giovinetto stavasi presso suo padre in una parte, e la madre con due fanciulle in un'altra, e quelle due parti eran fra loro separate da un muro », attraverso il quale per altro io li vedeva. Ho veduto anche in quel carcere gli amici dei prigionieri trattenersi a favellare con loro. Dinanzi all'inferriata di Perpetua vidi un vecchio molto affitto che strappavasi i capelli ed altamente piangeva. Ei non era cristiano. Credo che fosse suo padre. Vidi a capo dei soldati di guardia un buon ufficiale, che sovente portava a Perpetua pane ed altro cibo, che essa poi divideva cogli altri. Perpetua avea con gran cara nascosto presso di sè un volume o rotolo. Essi tutti vestivano abito da prigionieri, lungo e piuttosto stretto; le donne di lana ruvida, ma bianca: gli uomini di lana più bruna. Vidi che il carcere degli uomini era più vicino all'ingresso. Quello delle donne nel centro è disposto circolarmente. Vidi anche fra loro un giovinetto che morì in carcere. I suo ne ottennero il cadavere e lo seppellirono. Vidi una sera Perpetua parlar con un uomo, e poi in sen della notte, presso di lei che distesa sul suolo dormiva, disposta attraverso ed appoggiata sul braccio, vidi un quadro meraviglioso. Tutto il circostante spazio venne illuminato, ed a quello splendore vidi primieramente tutti gli aspetti dei prigionieri, e come essi tutti giacessero e dormissero, ovvero pregassero. Vidi poi in cotesto splendore una scala meravigliosa che giungeva sino al cielo, ed al piede della medesima due draghi situati a dritta ed a manca e coi capi rivolti verso il di fuori. Quella scala giungeva sino al cielo e pareva che nell'estremità superiore finisse in un giardino. Consisteva in 106 istanghe straordinariamente sottili per quell'altezza, talmentecbè mi meravigliava che non si rompesse. Da queste due stanghe sporgevano a dritta e a sinistra piuoli, ma che non si corrispondevano: giacché ove a sinistra sporgeva un corto piuolo, corrispondeva a dritta una quantità di uncini, di punte aguzze, e di offensivi strumenti di martirio fuori dall'opposta stanga, e così viceversa. Era quasi inconcepibile come alcuno potesse salirvi. Ciò non dimeno vidi una figura montarvi la prima, 9 e quando fu giunta affatto in alto rivolgersi e discendere per l'altro lato, come se volesse aiutare alcuno a montare. Ed allora vidi l'immagine di Perpetua che costà giaceva e dormiva, calpestare la testa ad uno di quei draghi, che tosto piego il capo umilmente, e poi la ridi montare ed altri con lei; e quindi la vidi in alto giunta in un giardino, nel di cui centro trovavansi molte apparizioni da cui venne ristorata. Vidi anche un'altra volta come Perpetua dormisse, e come presso di lei si trovasse l'immagine di un piccolo fratello già morto. Poi vidi presso di lei un largo ed oscuro spazio, e vidi un fanciullo che sembrava in molto misero stato starsi con ardente sete presso un gran vaso d'acqua, il di cui orlo superiore era per altro talmente alto, ch'ei non potea giungervi ad attinger quell'acqua. Allorchè Perpetua ebbe la visione della scala, vidi coll'aiuto dello splendore che illuminava il carcere che Felicita sua vicina non avea peranco partorito. Vidi in seguito che tutti giacevano prostrati col volto in terra ed oravano, e poi vidi anche un piccolo bambino che giaceva in grembo a Felicita. Vidi che una donna piangendo con gran turbamento le ritolse quel bambino, e che essa glielo porse lietamente.
« Vidi pure come i martiri vennero condotti al martirio. Dovettero uscire dal carcere passando fra due file di soldati, che ad ora ad ora malamente li percuotevano. L'arena del martirio consisteva in molti spazi fra loro collegati. Non era già precisamente come l'anfiteatro dei martiri in Roma. Per via vidi due volte alcuni individui che mostravano a Perpetua il di lei figlio. Si approssimarono dapprima ad una porta, ove tutta la processione dovè sostare e dove si elevò disputa coi prigionieri, pretendendo da loro cosa alcuna che essi, per mezzo di Perpetua, ricusarono di fare. In seguito quelle buone persone che avevano il di lei figliuoletto, si fecero un'altra volta incontro accorrendo per una via di traverso. Tutti coloro che trovavansi in carcere vennero condotti fuori per assistere al martirio. In questa circostanza però lo patirono soltanto Perpetua, Felicita e tre uomini. Non posso dire come questi martiri riuscissero ed apparissero indescrivibilmente magnanimi. Le due donne apparivano come già beate e rapite nello splendore celeste, e gli uomini animosamente esortavano la moltitudine degli spettatori. Vidi che essi doveano camminar lentamente fra due file di carnefici, che con flagelli li percuotevano sul dorso. Poi vidi due uomini condur loro dinanzi una bestia selvaggia, somigliante ad un grossissimo gatto maculato, che ferocissimamente sbalzò loro incontro, loro facendo per altro poco male. Li vidi pur trascinar qua e là da un orso. In seguito vidi aizzar contro un terzo martire un cignale veramente feroce, che invece mise a brani lo sgherro che l'aizzava, cosicchè dovettero portarlo via grondante sangue. »
3 marzo. « Perpetua e Felicita mi si accostarono e mi porsero da bere. Vidi un quadro relativo alla loro gioventù; le vidi sollazzarsi con circa altre dieci fanciulle entro un giardino di forma rotonda. Era circondato da un muro e vi sorgevano dentro alberi dell'altezza di un uomo e di tronco sottile, che nella parte superiore aveano i rami intrecciati l'uno coll'altro. In mezzo al giardino sorgeva un rotondo e piccolo edificio destinato a delizia, in alto del quale poteasi girare all'intorno. Eravi inoltre una bianca statua di marmo dell'altezza d'un fanciullo, con una mano sollevata in alto, coll'altra più bassa, e con tutte e due sostenendo un oggetto. Vidi nella parte superiore dell'edificio una ringhiera che lo circondava per impedir le cadute. Presso cotesto piccolo edificio del giardino eravi una fontana zampillante. Cotesta fontana era circondata da un'inferriata assai alta, la quale era guarnita di acate punte e tali che i fanciulli non potevano sormontarle; ma potevano bensi per mezzo di un ordigno far venir l'acqua in una tazza di pietra incavata a conchiglia, e posta al di fuori dell'inferriata, e quindi con quell'acqua sollazzarsi. I bambini giuocavano pure con certi fantocci mobili ed anche con piccoli animali intagliati. Vidi spesso le due sante segregate assai lungi dalle altre fanciulle, abbracciarsi con intima affezione. Rilevai da cotesto quadro che esse si erano sempre teneramente amate sin dalla gioventù, e si erano reciprocamente promesse di mai separarsi, e che spesso nei loro giuochi avean rappresentato di esser cristiane, di subire il martirio, e di non volersi mai lasciare sino alla morte. Santa Monica, di c?i posseggo una reliquia, mi ha detto che quella città chiamavasi Cartagine. »
6 marzo. « Sino alle due mi trattenni con Perpetua e con Felicita e vidi costantemente quadri della loro gioventù sino al momento in cui furono imprigionate. Esse non abitavano in quel luogo ove furono condotte in prigione e martirizzate, ma bensì a distanza di mezz'ora di cammino di là in un sobborgo che non era così magnificamente fabbricato, ed i cui edifizi non erano così strettamente congiunti gli uni cogli altri. Cotesto luogo era riunito alla gran città da una via che passando fra due muri assai bassi conduceva in città attraverso molte alte porte con archi.
La casa dei genitori di Perpetua era situata sopra un'aperta piazza, era piuttosto bassa, e pareva che quei suoi parenti fossero ragguardevoli personaggi. Eravi in quella casa un gran cortile rinchiuso fra i muri, con interno portico di colonne, ma non precisamente come quello della casa di Agnese in Roma. Nell'andito vedevansi pare delle statue. Dinanzi al palagio estendevasi l'aperta piazza; dietro il medesimo, ma separato, scorgevasi quel giardino rotondo che ho ultimamente veduto. Riconobbi essere la loro madre una segreta cristiana, che conosceva la intima convinzione delle sue fanciullette. In casa eranvi pure alcuni giovanotti. Il solo padre era pagano e tale rimase. I genitori di Felicita, la quale era più giovine di Perpetua, li vidi essere in molto povera condizione, ed abitare dall'altro lato della città in una miserabile casupola che era stata fabbricata appoggiandola ai muri della città medesima. La madre era donna vivace, piuttosto corpulenta, e bruna di pelle: ed il padre era già vecchio quando Felicita fu martirizzata.Vidi cotesti coniugi e mi parve che portassero nelle loro ceste frutti o legumi al mercato. Vidi Perpetua andare spesso presso di loro. Anche da fanciulletta era già molto legata con Felicita, ed i di lei fratelli ed altri giovanetti trattavan seco con ogni innocenza. La vidi insieme cogli uni e cogli altri nel giardino. Perpetua e Felicita anche da bambine rappresentavano nei loro giuochi, come in uno spettacolo, l'esser cristiane e e il venire martirizzate. E vidi Perpetua sin dalla gioventù con meravigliosa ed eroica arditezza promuovere ogni modo cristianesimo ed il bene. La vidi pure a causa di ciò cadere spesso in gravi perigli, ma sempre superarli. I genitori di Felicita erano segretamente cristiani. Essa era molto svelta e delicata, e propriamente parlando più bella di Perpetua, che aveva i lineamenti men delicati e più fortemente decisi, e nei suoi moti alcunchè di ardito e e di virile. Ambedue erano alquanto brune di pelle, come lo sono quei popoli di laggiù, ed aveano neri i capelli. Vidi Perpetua ancora fanciulla andare spesso da Felicita, ed una volta vidi pure i loro futuri mariti; essi erano molto pii e dolci di carattere, segretamente cristiani. Perpetua avea saputo in visione che ove si maritasse, perverrebbe più presto alla palma del martirio. Aveva veduto in cotesta visione gran parte dei suoi patimenti od anche della mala voglia e contrarietà del padre suo. Perpetua fu cagione del matrimonio di Felicita; essa erasi già prima maritata, e soccorse anche l'amica nella sua povertà. Il marito di Perpetua era, come mi sembrò, molto al disotto della di lei condizione. Pareva che l'avesse preso soltanto per riguardo alla sua virtù. Quando con lui lascid la casa paterna, fu guardata di malocchio dagli altri amici, e la vidi errare con lui sola ed abbandonata; anche il di lei padre parve non esser contento di quella unione. Il marito di Felicita era poverissimo, ma un buon cristiano. Se ne andaron di notte in luogo pascosto e remoto, somigliante ad una vasta e bassa cantina fatta a volta e sostenuta da colonne di forma quadrata, che era situata fuor delle mura in mezzo a rovinati edifizi. Dimoravano là dentro occulti, aveano chiuso tutte le aperture e s'illuminavan con faci. Eranvi ben trenta individui viventi e distribuiti nelle varie partizioni di quel luogo. Non vi ho veduto celebrare altro ufficio divino oltre l'insegnamento della dottrina cristiana »
7 marzo. « Vidi due santi uomini appressarsi a me da un lato del mio letto, e tre sante donne dall'altro lato. Queste erano Perpetua, Felicita, e la madre del marito di Perpetua, donna attempata e di bruno colore; gli uomini poi erano i loro mariti. Perpetua e Felicita mi collocarono in un altro letto isolato che avea cortinaggi di colore azzurro legati con fermagli di rosso velo. La suocera di Perpetua arrecò una tavola rotonda e librata in aria dinanzi a cotesto letto, ed imbandi ogni sorta di meravigliose vivande. Parea che lo facesse in nome e per parte di Perpetua. Le due sante donne mossero per altro più in là del mio letto in altro e più grande spazio. Mi pensai che cotesto loro muto passaggio mi presagisse alcunché di infausto, e ciò mi cagionò cordoglio. La suocera seguì le due sante, ed anche i due uomini martiri disparvero. Allora mi accorsi che io effondeva sangue dalle mani e dai piedi: e vidi ad un tratto molti individui che mi sorpresero all'improvviso, ed uno di essi sclamò: ah, ah essa mangia! ma quel chiasso passò ben presto. Allora le sante vennero a medi bel nuovo e la suocera mi disse, che avrei veramente dovuto sopportare grave persecuzione a causa di quelle mie effusioni sanguigne, ma che per l'intercessione di quei santi era stata rimossa o almeno mitigata; che quei tre fanciulli che ho rivestiti per la prima Comunione, rimuoveranno molti patimenti da me colle loro preghiere, e che di più, invece di patire nuova persecuzione, sono invece caduta in dolorosa malattia, ed in grazia di ciò ora ottengo in premio qnelle belle vivande. Desse consistevano in frutti, pani sopraffini disposti sovra piatti d'oro arricchiti d'iscrizioni azzurre, ed anche fiori. Quella santa donna erami vicina e molto parlava meco. Avea intorno a sè un fulgore puramente bianco, che poi si perdette nel grigio. Mi disse che era la madre del marito di Perpetua e che avea presso di lei vissuto. Non era stata con lei presa e martirizzata, ma ora presso di lei trovavasi perchè come era accaduto a ? molti altri durante quella persecuzione, era morta nell'occultamento per dolore e difetto d'ogni cosa, il che Iddio le aveva ascritto a ? martirio. Perpetua e Felicita avrebbero anch'esse ben potuto sottrarsi al martirio, ma Perpetua lo aveva piuttosto ardentemente desiderato, e quando scoppiò la persecuzione erasi mostrata apertamente cristiana. Mi disse pure che Perpetua erasi maritata in seguito di una visione, e per uscire dalla casa di suo padre; vidi costui: era uomo non alto di statura, ma forte quantunque altempato, e di rado trovavasi a casa. Quando vi era, abitava il secondo piano, dove anche abitava la moglie. Ei poteva vedere tutto ciò che essa faceva, giacchè le stanze in cui soggiornava erano separate dalle sue soltanto da una parete leggiera e fatta con lavoro intrecciato, sulla sommità della quale eravi un'apertura abitualmente chiusa con un chiavistello. Poco aveva da fare con lei, ma pure sembrava trattarla con diffidenza perchè era cristiana. Il più delle volte io vedeva la moglie in quella sua stanza; non pareva che fosse atta a muoversi facilmente, giacchè era alquanto corpulenta, e per lo più sedeva o giaceva sopra un comodo seggio. Vidi che lavorava coll'aiuto di piccole verguzze ad un rozzo lavoro a maglia. Le pareti della stanza erano'variopinte all'uso romano, ma non con arle così raffinata. Quando il padre era in casa tutto mostravasi inquieto, incerto e silenzioso; quand'egli poi si allontanava, la madre mostravasi benevola ed allegra coi suoi figli. Oltre Perpetua vidi in quella casa un'altra coppia di giovanetti. Quando Per petua fu circa di diciassette anni, la vidi in una stanza fasciare e curare un fanciullo infermo di circa sette anni. Cotesto fanciullo aveva un orribile tumore nella faccia, che impediva affatto di riconoscerlo, e non era punto paziente nella sua malattia. I genitori non lo visitavano affatto. Lo vidi morire fra le braccia di Perpetua, che tutto lo inviluppò in un lenzuolo e lo nascose. Il padre e la madre non lo videro più mai.
« Felicita era serva in una casa, ed una di quelle che venner con lei martirizzate serviva seco. Spesso per altro veniva in casa dei suoi genitori ed anche vi dormiva. Perpetua portava spesso di nottetempo, ovvero nel crepuscolo, alcuni oggetti racchiusi in una piccola cesta, o anche nella parte anteriore dei suoi vestimenti, e quella buona gente usava di quelle cose in suo pro, ovvero le arrecava ai cristiani nascosti, di cui molti morivano di fame. Vidi tutto quest'andare e venire e tutte coteste cose dinanzi ai miei occhi. Perpetua non era molto bella nel volto, aveva il naso alquarto corto e rintuzzato, le ossa delle gote larghe e prominenti, e le labbra alquanto rovesciate in su, come molti visi degli abitanti di quelle contrade. Aveva capelli lunghi e neri, tessuti in treccie ed avvolti intorno al capo. Il vestiario era alla foggia romana, ma non così semplice, giacchè era frastagliato intorno al collo ed a tutti gli orli delle estremità, e la parte superiore del corpo sembrava essere alquanto più succinta. Del resto Perpetua era di nerboruta apparenza, molto grande, e ardita nel tratto e nell'incesso. Vidi i mariti di quelle due sante donne in casa di Perpetua prender congedo dalle loro mogli e fuggire. Essi si sottrassero alla persecuzione. Quando furono partiti, vidi Perpetua e Felicita abbracciarsi teneramente come se allora fossero più liete. La casa di Perpetua era più piccola di quella dei suoi genitori. Era soltanto alta un piano, ed il cortile era circondato semplicemente con una palizzata di legno. Sul mattino e precisamente al nascer del giorno vidi sorprender Perpetua, Felicita, e la suocera di Felicita in casa di Perpetua da una truppa di 113 soldati. Essi aveano già con loro due giovani arrestati di nanzi alla porta. Perpetua e Felicita andarono incontro ai soldati e partirono allegramente con loro. La suocera ritenne il bambino e e niuno s'incarico di lei. Questi quattro, fra deplorabili percosse e maltrattamenti, e senza passare per la via abituale attraverso i muri e gli archi, ma piuttosto per un sentiero aperto in mezzo ai campi, venner condotti in una remota parte della città e rinchiusi in un cattivo abituro, rassomigliante ad un isolato fortino di legno, e non già nel carcere ordinario. Costà vidi qualche tempo dopo un giovine battere per lungo tempo alla porta di quel rozzo carcere, finchè i soldati lo lasciarono entrare e lo condussero agli altri prigionieri. Ho pure veduto venirvi il padre di Perpetua; ei la pregò, la supplico, la scongiurò a rinnegare la fede, e finalmente la percosse sul viso. Essa rispose con gravità e sopportò tutto. Vidi dipoi come venisse condotta, traversando una parte della città e vari muri, nella carcere sotterranea in cui stavano molti altri individui. Costà vidi di bel nuovo la visione della scala che ebbe Perpetua, e vidi pure come essa dopo aver ricevuto celeste conforto, prima montasse in visione e poi scendesse per quella scala. Vidi come nel discenderne, mentre guardava da lato, lacerasse a quelle punte aguzze la sua veste precisamente al disopra dell'anca. Era quel medesimo punto in cui durante il suo martirio vidi lacerare la sua veste dal toro furioso. Vidi Perpetua che giaceva sul suolo fare un moto subitaneo come se volesse rimettere in ordine la sua veste, e ciò accadde nel preciso momento in cui scendendo in visione per la mistica scala, s'accorse della lacerazione della veste. La vidi mentre era in carcere bene spesso parlare arditamente coi guardiani, ed assumere la rappresentanza dei suoi compagni di prigionia, e riuscire ad ottenere per sè stessa rispetto e considerazione. Mentre venne martoriata da quel toro, vidi Perpetua come se fosse in visione e per nulla conscia del suo martirio. Venne qua e là trascinata da quell'animale e quindi calpestata. Cadendo aggiustò la sua veste disordinata, e parve che per un momento riconoscesse la sua posizione. Quando dipoi per sentieri di traverso fu trasportata in un altro cortile, vidi che dimandò se presto verrebbe martirizzata. Era sempre immersa in visione, ne punto sapeva di altre cose. In mezzo a quella specie di piazza stavano qua e là dispersi alcuni piccoli seggi: fu trasportata sopra uno di essi e quindi trafitta nella gola. Era cosa orribile a vedersi; Perpetua morì con molta difficoltà e stento. Il carnefice la trafisse fra le coste, e poi la trapassò col ferro per la spalla dritta nella gola; essa fu costretta a guidargli la mano. Distesa sul suolo, mosse e stese un'altra volta la mano, finalmente morì, ma con sì grave stento! Tutti i martiri giacevano ammucchiati. Le due donne furon derubate dei loro vestimenti, e quindi avviluppate in una sorta di rete e trasportate fuori; per altro a causa delle percosse e della flagellazione, il loro corpo era tutto maculato e ricoperto di sangue. Quei sacri corpi vennero da gente di Cartagine segretamente sottratti e sepolti. Vidi che moltissimi vennero convertiti alla vista dell'eroico contegno di Perpetua, e che il carcere venne ben presto di bel nuovo riempito.
8 marzo. « Ho avuto per la notte intera le reliquie di Perpetua e di Felicita presso di me, ma con mia grandissima sorpresa non ho veduto cosa alcuna che avesse rapporto con loro. Quantunque avessi sperato di vedere alcunchè intorno ad esse, non ne vidi per altro la minima visione. Da ciò riconosco benissimo coteste visioni esser cosa ben seria, e che non si hanno già secondo il proprio volere. »
S. Tommaso d'Aquino.
« Mia sorella aveva avuto da una povera donna in dono una reliquia ornata e rinchiusa in un vetro, e l'avea riposta nella sua cassa. Sentii per sentimento interno che quella reliquia era racchiusa là dentro, e la ottenni dalla sorella dandole in cambio una santa immagine. Vidi che cotesta reliquia vagamente risplendeva, e la collocai nel mio armadietto. Ieri notte poi, dopo che ebbi provati i dolori e martirii tutti che possono lacerare un corpo umano, vidi un quadro relativo a S. Tommaso. Vidientro un grande edifizio un'aia con un bambino cui essa diede una piccola lista di carta su cui stava scritto Ave Maria. Il bambino ritenne con forza quella carta scritta e l'accostò alle labbra e non volle lasciarla. Quando sua madre sopravvenendo da un altro lato della casa volle togliergli quel piccolo scritto, il bambino si divincolò opponendosi e pianse dirottamente. La madre gli aprì a forza la manina e gli tolse lo scritto, ma vedendolo sì dirottamente piangere glielo rese di nuovo ed il bambino lo ingollò! Sentii pure un'interna voce dirmi: Questi è Tommaso d'Aquino! Ed allora vidi cotesto santo uscir più volte dal mio armadietto ed a me appressarsi colle apparenze di età differenti. Mi disse che mi voleva guarire dalle punture che sento nei fianchi. Allora mi venne il pensiero che il mio confessore apparteneva al suo Ordine, e che ove potessi dire esser Tommaso colui che mi avea guarito, mi presterebbe fede, giacchè la sua reliquia trovavasi presso di me. Allora il santo mi disse: Digli soltanto che voglio guarirti. Quindi Tommaso mi si accostò e mi impose una cintura sul capo. »
Il confessore raccontò allora al Pellegrino ciò che segue: « Parlò di S. Tommaso, che volea guarirla, che era stato presso di lei, e che sicuramente la guarirebbe, se il confessore lo volesse. Io le ordinai allora di cercare quella reliquia: essa me la porse, ma era così ammalata e pativatalmente per quelle sue punture intercostali, che parea non potesse nè vivere nè morire. Le posi quella reliquia sul lato infermo e le dissi che pregasse e formasse una vera intenzione di fiducia in Gesù Cristo. Pregai io pure e e pensai che se era veramente S. Tommaso che aveale parlato, ella si alzerebbe e troverebbesi sana. Ed ecco che ad un tratto ella sollevossi sul letto agilissimamente ed appoggiandosi sui piedi, e volle venire alla mia volta ed arrecarmi la reliquia. Disse: Non sento più e non ho più alcuna puntura fra le coste. Il santo mi ha guarita mi ha detto che però conserverò gli altri dolori. Vidi inoltre molte e molte cose della vita del santo, e specialemente che sino da piccolo bambino sempre sfogliava nei libri, nè voleva lasciarli nemmeno quando lo mettevano nel bagno. Ho veduto pure che questa reliquia dal primo rettore del nostro convento, il quale era un agostiniano, venne regalata al monastero.Vidi molte cose relative alla vita di questo pio religioso, e come ei facesse a nuovo adornare tutte le reliquie del monistero. Vivea allora in quel nostro convento una donzella molto accetta a Dio. L'ho veduta ora di bel nuovo, e d'altronde la vidi spesso anche in passato. » Durante la giornata Anna Caterina essendo in estasi, volle di bel nuovo sorger dal letto e portar quella reliquia anche al Pellegrino. Fu moltissimo occupata del Santo.
Ermanno Giuseppe.
« Ho veduto quadri relativi aglianni della sua infanzia. Da fanciullo egli avea una piccola immagine di Maria dipinta su pergamena: formava un piccolo involucro, ed ei vi fece una coperta, vi attaccò un misero nastro, e se la sospese al collo. Fece ciò tutto con gran semplicità e fede, e sempre venerò quella immagine. Quand'ei soletto si sollazzava nel suo cortile, venivano sempre verso di lui due fanciulli, che non erano al certo figli di creatura umana; scherzava liberamente con loro, ma egli nulla ne sapevae spesso tentava di ritrovarli tra i fanciulli della città, ma non gli riusciva. Quando per altro lasciava, gli altri fanciulli per andare in traccia di loro, essi non venivano, ma comparivan soltanto quando era solo. Una volta lo vidi in un prato presso Colonia sollazzarsi presso un ruscello che scorre nel campo ove fu martirizzata sant'Orsola. Lo vidi cadere in quel ruscello, ma ei sollevò con filiale fiducia la sua immaginuzza di Maria al disopra dell'acqua,onde non si bagnasse. E vidi che la SS. Vergine ritenendolo per una spalla al disopra del corrente lo trasse fuori. Oltre di ciò ho veduto molti quadri della grande familiarità di quel fanciullo colla SS. Vergine e con Gesù bambino; come egli in chiesa porgesse a Maria una mela che essa accetto: come in chiesa trovasse del danaro sotto una pietra, che ella indicogli appunto quando ei non avea più scarpe, e come lo aiutasse durante i suoi studi. »
Sant'Isidoro.
« Vidi cotesto santo agricoltore in molti quadri della sua vita, incominciando dal governo domestico della sua casa. Il suo vestiario avea qualche cosa di svelto e di allegro. Il suo giubbone era corto ed aveva dinanzi e di dietro molti bottoni; sulle spalle poi portava certi guarnimenti intagliati ed increspati; i rovesci della veste ai polsi erano pure smerlati; il farsetto era bruno di colore; portava brache corte e larghe, con bande che gli ornavano i fianchi; i piedi erano guarniti di sandali; aveva in testa un cappello angolare e pareva come se le ale di un cappello più basso fossero state a quel suo attaccate per mezzo di un bottone: rassomigliava ad una specie di berretto. Era bell'uomo, di alta statura, nè aveva sembianze rustiche, ma alcunché di fino e nobile nei suoi lineamenti. Vidi sua moglie esser pure alta, e bella, e santa. Avevano un figlio, che una volta vidi bambino, ed in altra occasione già in età di dodici anni presso di loro. La loro casa era situata presso un campo aperto, da cui poteasi veder la vicina città, distante circa una mezz'ora.Vidi che in casa era tutto ordinato e netto. Vidi pure in casa altri individui che non erano al suo servizio. Lo vidi insieme alla moglie accompagnare ogni azione colla preghiera, e più specialmente benedire i loro pasti. Non pregava a lungo, perchè tosto cadeva in contemplazione. Quando veniva in cospetto dei suoi campi, prima che incominciasse il lavoro io lo vedeva benedire quei solchi. Vidi che nelle opere della sua agricoltura ei riceveva aiuto soprannaturale. Vidi che sovente molti aratri con bianchi bovi aggiogati, e condotti da luminose apparizioni rompevano a lui dinanzi facilmente le zolle, e ch'ei trovavasi sempre aver finito il lavoro prima che sel pensasse. Sembrava che non si accorgesse neppure di ciò, giacchè coi suoi pensieri trovavasi sempre immerso in Dio. Vidi che quando sentivà suonar le campane della città, tosto lasciava il campo e si affrettava alla santa Messa ed anche ad altre devozioni, e che vi assisteva affatto rapito in estasi. Lo vedeva quindi tutto lieto tornarsene ai suoi campi e trovare il suo lavoro bell'e fatto. Una volta vidi che il suo figliuoletto conduceva i bovi per la fune e che con lui dirigeva l'aratro al campo. I bovi erano piuttosto ritrosi e cattivelli. Allora suonò a Messa, ed Isidoro si affrettò a correre alla chiesa; ed intanto vidi i bovi andare a lavorare nei solchi, e guidati da quel debole fanciullo agevolmente arare il campo. Lo vidi che orava in chiesa e che gli venne detto che il lupo divorava il suo cavallo; ma egli rimase genuflesso e raccomandò tutto nelle mani di Dio, e quando ritornò ai suoi campi trovò il lupo morto e giacente ai piedi del cavallo. Spesso vidi la moglie, sia sul mattino, sia sul meriggio, trovarsi presso di lui nel podere.
Li vidi ambidue zappare, e vidi pure molti invisibili lavoratori che presso di loro stavano e lavoravano, talmentechè il lavoro fu presto finito. Il suo campo era più bello e più fecondo di tutti quelli degli altri: anzi i frutti ne parevano migliori. Vidi come distribuissero tutto ai poveri, e come spesso non rimanesse in casa quasi nulla, e come pieni di confidenza in Dio qua e là cercassero in ogni angolo, e si trovassero avere ancora ricche provvigioni. Vidi spesso che alcuni suoi nemici, mentre trovavasi alla Messa, disegnavano recar danno al suo bestiame abbandonato, ma che ne venivano impediti ed allontanati. Così vidi molti quadri dell'intera sua santa vita. Quindi lo vidi anche risplendere fra i santi, ed una volta lo vidi coperto delle sue vesti contadinesche, il che lo rendeva veramente meraviglioso, ed in seguito anche in forma di puro spirito. »
Santo Stefano, S. Lorenzo, Sant'Ippolito.
Ai 3 agosto 1820 Anna Caterina disse al Pellegrino: « Fra le reliquie che presso di me si trovano sento esservi quella di S. Lorenzo. Consiste in una piccola scheggia di osso inviluppata in bruna stoffa. » Il Pellegrino cercò nella cassetta e trovò due piccoli ossi avviluppati in stoffa bruna e legati con filo d'oro. A lei li porse ambidue, ed ella appena li ebbe fra le mani disse: « Ah l'uno è di S. Stefano. Ah che tesoro! L'altro è di Lorenzo! (Allora cadde in estasi più profonda ). Vedi, eccoli qui ambedue. Lorenzo lascia che Stefano preceda. Stefano ha in dosso una bianca veste sacerdotale alla giudaica con larga cintura; porta una fascia di simil genere sugli omeri. È un bel giovanetto; è più alto di Lorenzo. Lorenzo è coperto di larga veste come un diacono. » Allora lasciò vedere la più gran gioia per quel ritrovato tesoro, ma ben presto rientrando e penetrando più oltre nella verità dell'apparizione disse: « Non abbiamo davvero alcuna reliquia di loro, poichè vivono ancora: eccoli qui; in verità è da ridere: come poteva io credere che avessimo ossa di loro, giacchè vivono ancora! » E più tardi raccontò: « Stefano, oltre la bianca veste sacerdotale largamente ricinta, avea sulle spalle un collare frastagliato e tessuto di rosso e di bianco; brillava di luce, e teneva la palma del martirio in mano. Lorenzo mi apparve in lunga veste a larghe pieghe, di un colore bianco azzurrigno con larga cintura, ed al collo avea avvolta una stola. Non era così alto di statura come Stefano, ma egli pure era giovine e bello ed animoso. Il suo osso deve essere divenuto bruno per l'azione del fuoco e deve essere avviluppato in un nero brandello di stoffa. (Il Pellegrino trovò quella reliquia, di cui aprì l'inviluppo precisamente come era stato descritto.) La graticola sulla quale venne arrostito aveva un orlo rilevato come quello di una padella: fra le quattro spranghe di cui era composta sporgeva un manico: somigliava di forma ad una bara, più larga disopra che disotto: avea sei piedi e quattro spranghe piatte e traverse. Allorchè il santo vi fu sopra disteso fu posta sopra di lai di traverso una stanga. Quando mi apparve avea presso di sè cotesta graticola. »
Nel giorno della festa di S. Lorenzo narrò così: « Vidi che Lorenzo era spagnuolo e nativo della città di Huesca. Sua madre chiamavasi Pazienza. Il nome del padre l'ho dimenticato. Erano pii cristiani. In quel luogo non erano per altro tutti cristiani; le case di coloro che lo erano apparivano controssegnate da una croce scolpita in pietra; alcune di quelle croci erano semplici, altre avevano doppia traversa. Vidi che Lorenzo aveva una devozione affatto straordinaria al SS. Sacramento, e che in prossimità dell'anno suo undecimo gli venne da Dio largita una meravigliosa sensibilità nel riconoscere la prossimità del Sacramento medesimo, talmentechè ei lo sentiva anche allora che veniva celatamente portato. Ei lo seguiva per tutto ove veniva recato, ed aveva per esso la più vivace adorazione. I suoi pii genitori non erano così sensibili verso il Sacramento, e rimproveravano il di lui zelo siccome eccessivo. Vidi una commuovente prova dell'amor suo verso il Santissimo. Lorenzo vide che un sacerdote portava di nascosto il Sacramento ad un ammalato di lebbra molto nauseabondo, che giacea in una miserabile capanna presso le mura della città. Esso seguì quel sacerdote nella capanna ed orando assistè alla sacra cerimonia. Il sacerdote amministrò al malato il corpo del Signore, ma egli lo vomitò ed il sacro cibo uscì insieme col vomito dalla bocca dell'infermo. Il sacerdote, di cui sapeva il nome, divenne pure un santo; ma in questa circostanza trovossi nella maggior costernazione ed imbarazzo circa il come sottrarre e purificare il Sacramento da quelle impure materie. Tutto ciò lo vide il fanciullo Lorenzo dal suo nascondiglio. Non potè più dominare e contenere l'amor suo verso il SS. Sacramento. Si precipitò dentro la stanza e sormontando ogni nausea si gittò su quelle vomitate materie e con profonda adorazione prese fra le sue labbra il corpo del Signore. Vidi che in premio di sì eroica vittoria sopra sè stesso ricevè da Dio in dono la grazia di un gran coraggio e di una invincibile fortezza. Ho pure veduto in un modo che è per me indescrivibile, come ei non fosse nato dal sangue, né dalla volontà della carne, ma bensì fosse nato da Dio. Lo vidi come neonato bambino, e mi fu detto ch'egli era stato generato dai suoi genitori nella mortificazione, dopo aver ricevuto il Sacramento in istato di grazia, nel pudore e nella penitenza, e cosi già consacrato a Dio sin dal momento della generazione, e che perciò gli era stata concessa la grazia di una precoce adorazione e del più squisito senso della presenza del SS. Sacramento. Provai una gran gioia nel vedere in questo caso generare un bambino come ho sempre creduto che debba avvenire nel matrimonio cristiano, la di cui copula deve sempre succedere siccome umiliante opera di penitenza. Lorenzo bentosto dopo quell'azione eroica andò a Roma col consenso dei suoi genitori. Costà lo vidi tosto in compagnia dei sacerdoti i più santi, e lo vidi visitare gli infermi e i carcerati, e bentosto in modo speciale protetto da Papa Sisto e ordinato diacono. Lo vidi servir la Messa al Papa, e come il medesimo Pontefice verso il fine della Messa gli amministrasse la sacra Cena sotto le due specie. Vidi pure che amministrava il Sacramento ai cristiani. Non eravi allora una panca destinata alla Comunione come adesso, ma sulla dritta dell'altare eravi un'inferriata, la quale veniva in parte sollevata in alto, e dietro di questa genuflettevansi i comunicandi. I diaconi propriamente dovevano darsi il cambio nel servire alle cose di chiesa; ma vidi però che Lorenzo serviva sempre anche invece degli altri presso Papa Sisto. Quando il Pontefice venne condotto in prigione, vidi Lorenzo corrergli dietro e gridargli ch'ei non dovea lasciarlo così, e vidi che Sisto per divina ispirazione gli profetizzò il suo vicino martirio, e gli comandò di distribuire ai poveri il tesoro della Chiesa. Lo vidi allora andarsene con molto danaro nascosto in seno, verso una vedova chiamata Ciriaca, presso la quale stavansi nascosti molti cristiani ed infermi, e lo vidi lavare a a tutti umilmente i piedi, e dare sollievo a quella vedova, che da lungo tempo soffriva di violento mal di capo, colla imposizione delle mani, ed anche guarire zoppi, infermi e ciechi, e distribuire danaro.Quella vedova gli fu di aiuto in tutto, ed anche nel convertire in danaro i sacri vasi della chiesa. Lo vidi pure in quella notte andarsene entro una cantina e poi nel profondo delle catacombe, e distribuire soccorsi ed aiutare, come pure amministrare il Sacramento e diffondere straordinaria rassegnazione e coraggio, giacchè in lui raccoglievasi soprannaturale forza d'animo, ed innocente e grave serenità. Lo vidi recarsi in fretta con Ciriaca al carcere del Papa, ed allorchè questi fu condotto al supplizio, dirgli che avea distribuito i tesori, ma che ora in qualità di suo ministro all'altare volea seguirlo anche alla morte. Il Papa gli predisse una seconda volta il martirio vicino, ed ei venne arrestato dai soldati perchè avea parlato di tesori. » (Vide pure il martirio di S. Lorenzo con tutte le concomitanti circostanze della conversione di Romano e d'Ippolito, e le guarigioni operate nel carcere, quali le racconta la sua leggenda, come anche le apparizioni e conforti per parte degli angeli quali li ebbe durante il suo martirio, ed intese per lo intero anche la sostanza principale dei suoi discorsi).
«I tormenti non aveano alcun fine. Durarono tutta la notte con straordinaria crudeltà. Fra due piazze di martirio dilungavasi un andito coperto a colonne, nel quale erano accolti tutti i preparativi e tutti gli strumenti del martirio.L'ingresso a quelle piazze era aperto, ed eranvi stati ammessi molti spettatori. Ed ivi ebbe luogo il suo martirio, finchè fu completamente arrostito sulla graticola. Dopochè venne confortato dall'angelo, Lorenzo si rivolse da per sè stesso sulla graticola e per dipiù pronunziò allegra mente alcune parole. Da per sè stesso erasi collocato sullo strumento del martirio e si lasciò volontariamente legare. Sentii un interno avviso del come egli per divino aiuto non avesse per la maggior parte provata la pena di quel tormento, e fosse giaciuto come sopra un letto di rose, Altri martiri aveano provati più atroci dolori. Le sue vesti diaconali erano bianche. Portava una cintura, la stola, ed un altro collare ritondo e frastagliato, e ricadente sugli omeri, ed inoltre una specie di mantello succinto, come lo portava già Stefano. Lo vidi seppellire da Ippolito e dal sacerdote Giustino, e molti pianséro sulla sua tomba, e vi fu anche al disopra celebrata la Messa. Lorenzo mi è comparso una volta che io mi trovava travagliata da scrupoli circa il ricevere il SS. Sacramento. Ei m'interrogò circa la mia disposizione di spirito, e dopochè gliela ebbi descritta, disse che poteva comunicarmi nel giorno seguente. »
Nel riconoscere un osso di sant'Ippolito raccontò quanto segue: « Ebbi in grazia di veder quadri della sua vita. Era figlio di genitori bisognosi; suo padre morì di buon'ora. La madre era donna insopportabile, e quantunque ella medesima fosse povera e meschina, pure era dura ed orgogliosa verso gli altri poveri. Mi furono mostrate molte azioni della gioventù d'Ippolito, ed in tale occasione mi fu detto esser quelle le prime radici della futura grazia da lui ottenuta di divenire cristiano e martire di Cristo; mi fu inoltre mostrato quali grazie derivino e e si colleghino alle nobili azioni anche dei pagani. Vidi sua madre in discordia con un'altra donna: essa fu ingiusta a suo riguardo e la cacciò con orgoglio fuori di casa sua. Vidi che questo cagionò gran pena al fanciullo Ippolito, e che segretamente prese e portò una delle sue sottovesti a quella donna, come se sua madre a lei la mandasse in segno di riconciliazione. Non disse ciò propriamente con parole alla donna offesa, ma essa non poté credere altrimenti. Poi lo vidi tornare presso sua madre e questa raddolcirsi verso quella donna, poichè si meravigliò nel vederla ritornare verso di lei si amichevolmente dopo un simile trattamento. Di coteste azioni di carità ne vidi altre molte per parte di quel fanciullo. Quando divenne soldato, vidi che uno dei suoi amici dovea a causa di una mancanza venir severamente punito, e che Ippolito si presentò al comandante dichiarando esser lui il colpevole. In grazia di questa volontaria accusa venne mitigato il castigo che egli subi invece dell'altro. Quest'atto di amore gli legò sì strettamente l'amico, che questi ne venne tosto mosso ad abbracciar il cristianesimo ed incontrar con lui il martirio. Ebbi in quest'occasione l'interno ammonimento che azioni di carità e buone opere mosse da interno e puro amore, non vengono mai dimenticate dal Signore, ma che anzi coloro che le fanno vengono convertiti in vasi di futura grazia. Vidi in seguito come ad Ippolito venisse affidata la sorveglianza di S. Lorenzo, e quanto si sentisse commosso quando Lorenzo condusse i poveri e li presentò come tesori della Chiesa dinanzi all'imperatore. Ippolito era scevro di ogni perversità e malizia, ed era pagano presso a poco nell'istesso modo che Paolo era prima giudeo. Vidi come ei si convertisse in carcere, e come dopo il martirio di Lorenzo piangesse ed orasse per tre giorni e tre notti con molti altri cristiani sul suo sepolcro. Giustino celebrò la santa Messa su quella tomba ed amministrò pure la Comunione, che non tutti poteano ricevere; ma anche al disopra di coloro che non la riceverono, vidi risplendere un'ardente fiamma di desiderio. Il sacerdote li asperse tutti con acqua benedetta. Quella tomba stava solitaria al di là di una collinetta, ove non poteva venire osservata. Bentosto vidi Ippolito arrestato con molti suoi compagni. Il suo dilaniamento accadde in un luogo deserto, non molto lungi dalla tomba di S. Lorenzo. I cavalli non volevano assolutamente muoversi dal punto in cui erano. I carnefici li frustavano, li spronavano, li ardevano con faci, e ciò ebbe l'aria piuttosto di uno stirare con violenza che di un proprio e vero dilaniamento. Eranvi costà molti sassi, e buche, e spine apprestate per lacerare e squarciare. Con lui furon martirizzati circa altri venti cristiani ed anche il suo amico. Ei portava una bianca veste battesimale.
S. Nicodemo.
Essa aveva più volte manifestato che nella sua chiesa (cassetta delle reliquie) dovea trovarsi anche una reliquia di Nicodemo, giacchè avea veduto un quadro relativo alla sna visita notturna presso Gesù. Trovò allora quella reliquia, e tostochè la ebbe a sè venne in una visione, di cui partecipò quanto segue: « Vidi che Nicodemo, allorchè con Giuseppe e con altri ritornò dall'aver seppellito Gesù, non andò nel Cenacolo, ove erano rimasti nascosti alcuni apostoli, ma volle andarsene solo a casa. Aveva presso di sè quelle coltrici di cui eransi serviti per deporre Gesù dalla croce. Egli era per altro spiato ed osservato in ogni suo passo dai Giudei. Lo presero e lo rinchiusero entro una stanza. Disegnavano lasciarvelo dentro per tutto il sabato, e quindi addurlo in giudizio. Vidi per altro che durante la notte un angelo venne verso di lui. Non eravi finestra in quella camera, ma mi parve che l'angelo alzasse il tetto e quindi sollevasse il prigioniero per di sopra i muri. Quindi lo vidi in quell'istessa notte venire presso gli altri nel Cenacolo. Lo nascosero, ed un paio di giorni dopo, quando anch'egli ebbe saputo la Risurrezione di Cristo, Giuseppe d'Arimatea lo condusse seco e lo nascose per un certo tempo in casa sua, finchè con lui non ebbe assunto le funzioni di distributore e dispensiere.Fu allora che quelle coltrici usate nella deposizione dalla croce, caddero in mano ai Giudei. Vidi pure un quadro del come nel terzo anno dopo l'Ascensione di Cristo l'imperatore romano fece venire in Roma Veronica, Nicodemo, ed un discepolo per nome Epafra parente di Giovanna Cusa. Ei desiderava vedere ed udire testimoni della morte e risurrezione di Gesù. Epafra era un discepolo di piena semplicità d'animo, e pronto e compiacente per ogni servgio. Era stato servo addetto al tempio e messaggiero dei sacerdoti. Aveva veduto Gesù presso gli apostoli subito nei primi giorni dopo la sua risurrezione, e poi lo avea veduto spesso anche in seguito. Vidi Veronica presso l'imperatore; egli era ammalato; lo strato su cui giaceva era elevato al disopra di alcuni gradini, e dinanzi vi pendeva un gran cortinaggio. La stanza era quadrata e non vasta. Non vi vidi finestra alcuna, ma la luce venia dal soffitto e si vedevano qua e là pendere i cordoni di certe valvole o coperchi, che potevano aprirsi a volontà. Non eravi alcuno presso di lui quando vidi entrare Veronica, ma i cortigiani tenevansi nell'anticamera. Vidi che aveva seco il sudario ed un altro pannolino usato nel seppellire Gesù, e che distese dinanzi all'imperatore il sudario, e che l'impronta del volto di Gesù era impressa su uno dei lati. Era una lunga benda o velo, che Veronica solea portare avvolta intorno ai collo ed al capo. L'impronta del volto di Cristo non era già come una pittura, ma vi era impressa col sangue, ed appariva anche più larga di un quadro, perchè quella striscia avea coperto e circondato tutto il volto. Sull'altro pannilino vedeasi la sanguinosa impronta di tutto il suo corpo flagellato. Credo che fosse un pannolino col quale era stato lavato prima della sepoltura. Non vidi che l'imperatore venisse toccato con quei panni, o che egli li toccasse. Fu però guarito al solo vederli. Volle anche trattener Veronica, farle gran doni, e darle una casa e buona gente di servizio; ma essa implorò soltanto di potersene ritornare a Gerusalemme per morire ove morì Gesù. Vidi pure in un quadro Pilato, e come venisse chiamato dall'imperatore acceso del più alto sdegno, Vidi che prima di andarvi Pilato prese e si pose sul petto sotto la veste un pezzo del mantello di Cristo, che aveva avuto dai soldati. Vidi che stavasi in mezzo alle guardie ed aspettava l'imperatore. Tutto indicava che già si conoscesse la collera imperiale. Quando l'imperatore venne era realmente pieno di sdegno, ma giunto in prossimità di Pilato divenne improvvisamente mite e dolce, e lo ascoltò con benevolenza. Quando Pilato si fu dipartito, l'imperatore si sdegno di bel nuovo, e lo fece chiamare un'altra volta dinanzi a sè, e lo vidi di bel nuovo raddolcirsi, e vidi che ciò derivava dalla prossimità del mantello di Gesù posante sul petto di Pilato. Credo in seguito aver veduto Pilato dopo che fu partito, ma per altro esiliato e languente nello squallore e nella miseria. Più tardi Nicodemo venne maltrattato dai Giudei e lasciato giacente per morto. Gamaliele lo condusse in un suo possesso ove era sepolto Stefano; egli morì costà e vi fu anche sepolto. »
La santa martire Susanna.
« Ho veduto molti quadri relativi a santa Susanna, di cui trovasi presso di me una reliquia, 9 e che mi ha fatto compagnia per la notte intera. Ora però rammento soltanto alcuni singoli quadri circa di lei. La vidi in Roma entro un gran palagio. Suo padre chiamavasi Gabino, era cristiano, e suo fratello era Papa, e la di lui casa trovavasi accanto al palazzo paterno. Vidi la casa di Gabino col suo peristilio e andito di colonne. Sua madre era sicuramente morta, perchè non l'ho mai veduta. Eranvi di più altri molti cristiani in casa sua. Vidi che tanto Susanna quanto il padre distribuivano quanto avevano ai poveri cristiani. Ciò tutto aveva luogo con una certa segretezza. Vidi un messaggiero inviato dall'imperator Diocleziano a Gabino, con lui congiunto di sangue. Ei doveva domandare Susanna in matrimonio pel suo genero, la cui moglie era morta. Vidi che sulle prime Gabino parve lieto di tale unione e che la partecipò a Susanna, la quale per altro gli manifestò la sua ripugnanza a maritarsi con un pagano e gli disse esser già maritata con Cristo. Vidi che Diocleziano in seguito di tal risposta la fece togliere dal fianco del padre e condurre in corte a sua moglie (Serena) onde mutasse opinione. Vidi che costei era segretamente cristiana, e che Susanna seco si lagnò dei suoi guai, e che orarono insieme. La vidi in seguito ricondotta in casa del padre. Vidi che l'imperatore le inviò un suo parente (Claudio),che appena entrato volea baciarla, non già per temeraria impudenza, ma piuttosto per uso o come parente. Vidi che essa colla mano allontanò quell'amplesso, e quand'egli le espose le sue oneste intenzioni, udii che gli disse che una bocca profanata dalla lode dei falsi dei non la toccherebbe mai. E udii come costui si lasciasse da lei esporre i suoi errori, e vidi come in seguito venisse istruito e battezzato dal di lei zio (il Papa), insieme colla moglie e i figliuoli. Vidi che l'imperatore vedendo che Claudio era si lungo tempo restato senza recare alcuna risposta,gli inviò il di lui fratello per dimandare che mai fosse accaduto, e che quel fratello trovò Claudio colla moglie e i figliuoli genuflessi ed oranti, e molto si meravigliò di vederlo di venuto cristiano. Quando poi domandò della risposta di Susanna in proposito del matrimonio, Claudio gli propose di andare con lui presso di essa onde apprendere se una persona di simil genere di vita potesse mai maritarsi ad un adoratore degli idoli. Vidi pare che quei due fratelli se ne andarono presso Susanna, e che anche cotesto fratello fu convertito per mezzo di lei e dello zio Papa. L'imperatrice Serena aveva presso di sè una dama e due servi che eran pure cristiani. Li vidi andar di notte segretamente ed insieme a Susanna in una piccola camera sotterranea situata al disotto del palagio imperiale. Eravi la dentro un altare e vi ardeva sempre una lampada. Essi oravano costà e e talvolta vi veniva segretamente un sacerdote, che consacrava ed amministrava loro il Sacramento. Vidi che l'imperatore, allorchè riseppe la conversione dei due fratelli, entrò in gran furore e li fece ambedue arrestare insieme coi loro. In seguito vennero anch'essi martirizzati. Il padre di Susanna fu anch'egli imprigionato. Vidi allora un quadro del come Susanna sedesse soletta entro una gran sala presso una piccola tavola rotonda, su cui vedevansi figure dorate. Aveva le mani incrociate, il viso sollevato in alto ed orava. Quella sala aveva nel soffitto rotonde aperture. Negli angoli sorgevano statue bianche e grosse come fanciulli; vedevansi anche qua e là teste di animali intagliate, specialmente nei soppedanei dei mobili. Vidi anche figure accosciate sulle zampe posteriori, che avevano ale e lunghe code, e ne vidi pure alcune che colle zampe anteriori tenevano rotoli o volumi. ( Verosimilmente ornamenti architettonici di leoni alati, grifoni, o simili). Mentre Susanna sedeva ed orava, vidi che l'imperatore le inviò il proprio figlio per usarle violenza. Vidi costui che lasciando molti individui che l'accompagnavano nell'anticamera, s'inoltrò furtivo dietro a Susanna, ed ecco che tosto apparve una figura che gli si fece incontro, perlocchè cadde come morto. Allora soltanto vidi Susanna rivolgersi e gridare aiuto poichè vide cosi steso per terra. Vidi poi accorrer persone prese di meraviglia, e sollevarlo e portarlo via. Quell'apparizione si era mostrata ad un tempo dinanzi a Susanna, ed al nemico che le stava dietro, e tostochè avanzandosi si fu interposta fra loro, quell'uomo cadde sul suolo. Dipoi vidi un altro quadro. Venne a lei un individuo con altri venti seguaci; due sacerdoti idolatri portavano fra loro un idolo dorato. Dentro doveva esser vuoto, giacchè era affatto leggiero. Lo portavano sopra una superficie piana che aveva due manici. Lo collocarono nel cortile del palagio entro una nicchia che stava fra due colonnati, e presero in casa una tavola rotonda posata sopra un tripode che collocarono all'idolo davanti. Molti allora entrarono nel palagio e ritolsero Susanna da quella sala che era situata in alto. La trascinarono fuori perchè sacrificasse dinanzi a quell'idolo. Essa intensamente pregava Iddio, e prima che giungesse al luogo destinato vidi un miracolo. Quell'idolo fuggi di traverso per sopra il cortile ed il circostante colonnato, come se fosse trascinato via, e passò per sopra e scese sulla strada, e ne fu interamente spezzato e stritolato. Vidi che un individuo che trovavasi fuori accorse ed annunziò l'evento. Vidi dipoi che costoro strapparon le vesti a Susanna dalla parte superiore del corpo. Sul seno soltanto potè conservare un piccolo velo, ma il dorso e le spalle erano nude, e in quello stato dovè passare per l'andito d'ingresso frammezzo ai soldati, che la percossero e la punsero sì a lungo con le aste, sinchè cadde per morta. Allora la trascinarono in una stanza del palagio e ve la lasciarono giacente. Vidi pure che Susanna doveva posteriormente sacrificare in un tempio ove l'idolo cadde prostrato a terra. Vidi dipoi che fu trascinata in casa sua pei capelli e nel cortile decapitata. Vidi che l'imperatrice ed un'aia di Susanna venner costà nella notte e lavarono il di lei corpo, e lo involsero in pannilini, e che poi fu sepolto. L'imperatrice ne recise i capelli ed anche alcuni frammenti delle dita. Vidi pure che il Papa bentosto celebrò la Messa sul luogo del di lei martirio. Susanna avea un viso di rotondi e forti lineamenti, e neri capelli. Era vestita di bianco. I capelli intrecciati le contornavano la testa. Aveva legato sotto il mento un velo che le passava per sopra la testa ricoprendo i capelli, e che poi ricadea per di dietro sulle spalle in due lembi. »
Santa Chiara.
« Aveva presso di me la reliquia di santa Chiara e vidi la di lei vita. La sua pia madre pregava dinanzi al Santissimo Sacramento con la più gran devozione per ottenere che il suo parto fosse benedetto, ed ebbe un interno arviso che partorirebbe una figlia più chiara del sole. Perciò la bambina fu chiamata Chiara. Vidi che sua madre aveva per lo innanzi fatto pellegrinaggi a Gerusalemme, Roma, ed altri santi luoghi. I di lei genitori erano gente di ragguardevole condizione, ma anche molto pia.Vidi che Chiara sin dalla prima gioventù venia meravigliosamente attratta da tutto ciò che era santo. Se la portavano in una chiesa, tosto stendeva le mani verso il SS. Sacramento; tutte le altre cose poi che le si ponevan dinanzi, fossero anche in bel modo variopinte, ed anche le immagini ed i quadri della chiesa, non le producevano alcuna impressione. Vidi come la madre insegnasse alla bambina il pregare, e come Chiara medesima stesse già specialmente attenta ad ogni mortificazione. La devozione del Rosario doveva esser già praticata anche in quel tempo, giacchè vidi che i genitori di Chiara con tutti i loro familiari recitavano a sera un certo numero di Pater Noster e di Ave Marie. Vidi dipoi che la bambina cercava certe pietruzze liscie e di differente grossezza, e le portava sopra di sè in una doppia tasca di pelle, e che pregando le deponeva a dritta o a sinistra. Vidi pure che pregando deponeva quelle pietruzze in linee ed in circoli, e che dopo averne deposto un certo numero, si tratteneva riflettendo o contemplando in sè stessa. Se le nasceva il timore d'avere orato senza attenzione, imponeva a sè stessa una penitenza. Intrecciava pure con moltarte piccole croci di paglia. Era al più nell'età di sei anni, quando la vidi nel cortile di casa sua ov'erano stati sgozati dei maiali, raccoglier le loro setole, minutamente tagliarle, e portarle intorno al collo e alla nuca sotto la veste; il che cagionavale gran pena. Più tardi la di lei pietà venne maggiormente conosciuta, e S. Francesco ebbe l'interno avviso di visitare i di lei genitori. Vidi cotesta visita e come facessero chiamare Chiara, e Francesco con lei parlasse, e come essa venisse nell'animo suo dai suoi discorsi interamente commossa. Vidi pure che un giovane si presentò ai di lei parenti e richiese la di lei mano, e come non fossero punto alieni da quel matrimonio, senza punto parlarne a Chiara. Essa per altro ne venne istruita per interno avviso e si affrettò a correre in camera sua, e dinanzi al suo piccolo altare fece voto a Dio di restar vergine. La vidi dipoi, allorchè i genitori la misero in presenza di quel giovane, solennemente dichiarare quel voto. I genitori ne rimasero meravigliati e non la costrinsero al matrimonio.
Vidi Chiara esercitare ogni sorta di buone opere e la maggior carità verso i poveri, ai quali, ogniqualvolta poteva farlo segretamente, portava i cibi destinati alla propria refezione, dei quali si privava. La vidi visitare Francesco al convento della Porziuncola, » e sempre più raffermarsi nel suo proponimento. Nel giorno della Domenica delle Palme andò in chiesa rivestita dei suoi migliori abbigliamenti. Il vescovo distribuì a coloro che si accostavano all'altare rami di palma. Chiara stavasi lontana nella parte inferiore della chiesa. Il vescovo vide un raggio di luce cadere sopra di lei e si avviò per darle pure di quei rami. Vidi dipoi quel raggiante splendore diffondersi in chiesa sopra più altre persone che le stavano attorno. Durante la notte la vidi partirsi dalla casa dei suoi genitori ed andarsene alla chiesa della Porziuncola, ove S. Francesco e i suoi fratelli la riceverono con ceri accesi, cantando il Veni Creator. La vidi ricevere in quella chiesa un abito da penitente e le vidi recidere i capelli. Quindi S. Francesco la condusse in un monistero situato entro la città. Già prima di quell'epoca essa portava una cintura fatta di crini di cavallo con tredici nodi, ed in seguito di pelle porcina colle setole rivolte verso l'interno. Vidi in quel convento una monaca che molto l'odiava e che non volle mai secoriconciliarsi. Quella monaca languiva pure ammalata mentre Chiara trovavasi sul suo letto di morte. Chiara moribonda la fece pregare di riconciliazione e perdono, ma essa pol volle. Allora Chiara orò con fervore e disse ad alcune monache di trasportare presso di lei l'inferma. Costoro vi andarono, la sollevarono, ed essa fu tosto risanata. Sentissi da tal caso talmente commossa, che sen venne presso di Chiara e la pregò di perdono, ma anche la santa medesima la pregò a perdonarle. Vidi alla di lei morte esser presente la Madre di Dio, con una schiera di sante vergini.
Quadri della vita di sant'Agostino, di S. Francesco di Sales, e di santa Giovanna Francesca di Chantal. Fra le reliquie inviate dall'Overberg se ne trovavano anche di S. Agostino, di S. Francescodi Sales, e di S. Francesca di Chantal. Anna Caterina le avea tutte esattamente riconosciute, ma il Pellegrino per isbaglio cambiò i nomi e falsamente notò la reliquia di sant'Agostino per quella di S. Francesco di Sales, e viceversa. Una parte ne prese seco, l'altra però, che secondo l'opinione sua dove appartenere a sant'Agostino, la lasciò indietro colle altre reliquie. Anna Caterina in seguito manifestò in molte occasioni che sentiva S. Francesco di Sales in sua vicinanza, ed una volta disse: « Ho veduto un santo vescovo ed una santa dama; le reliquie di ambedue debbon trovarsi a me vicine, giacchè la loro apparizione si elevò in mia vicinanza e disparve pure accanto a me. Ogniqualvolta io veggo l'apparizione di un santo la di cui reliquia trovasi presso di me, la luce che sgorga da quelle sacre ossa si diparte pure dalla mia vicinanza, ed a quella luce ne viene incontro un'altra dall'alto, che con essa si riunisce, ed in quel misto splendore mostrasi l'apparizione. Quando poi non ho presso di me alcuna reliquia del santo, allora la luce e l'apparizione vengono soltanto dall'alto. »
Il Pellegrino prese di qui motivo di recare presso di lei il piccolo involto contenente la supposta reliquia di S.Francesco di Sales.Quando ciò fece, essa stavasi rapita in estasi, ma pure l'afferrò tosto, la depose sul suo cuore, sorrise lietamente e disse: « Ho presso di me il mio caro padre Agostino, e poi rientrata in sè stessa raccontò come segue: « Ho veduto il santo rivestito dei suoi ornamenti episcopali, e al disotto di lui ho veduto il suo nome scritto con lettere tutte angolari. Ciò mi riusciva mirabile; sul principio mi credeva di vedere le sue sacre ossa in un ripostiglio curiosamente contorto come un guscio di chiocciola: non potea immaginarmi che mai si fosse. Ad un tratto vidi quel ripostiglio trasformarsi nella foggia più bella. Era divenuto liscio come una pietra e nell'interna cavità stava riposta la reliquia del santo. Cotesta reliquia stavasi entro una capsula di madreperla.
Vide pure quadri della vita di sant'Agostino, di cui narro quanto segue:
« Vidi il Santo come fanciullo in casa dei suoi genitori. Cotesta casa era situata non lungi da una città di media grandezza. Era fabbricata alla foggia romana con un peristilio ed un colonnato; all'intorno poi vedevansi anche altre fabbriche con campi e giardini. Mi parve che fosse una villa. Il padre era uomo alto e forte; aveva in sè alcunché di serio e di severo, e doveva di certo esser rivestito di qualche comando, giacchè lo vidi con gran serietà parlare con individui che parevano in minor condizione. Vidi anche certe persone inginocchiarsi dinanzi a lui come se implorassero qualcosa: forse erano servi o contadini. Vidi che il padre in presenza del fanciullo Agostino mostravasi più amichevole e parlava più a lungo con Monica sua moglie, come se avesse una predilezione per quel fanciullo. Vidi per altro che poco si occupava di lui. Agostino passava il più del suo tempo con due altri uomini e con sua madre. Monica era donna di bassa statura, che camminava alquanto curva, già avanzata negli anni, e di un colorito assai bruno; per altro era molto timorosa di Dio, dolce di carattere, ed in continue cure ed inquietudini circa Agostino. Lo seguiva da per tutto, giacchè egli era irrequieto e pieno di piccole malizie. Lo vidi arrampicarsi nel modo il più pericoloso e poi correre sull'orlo del tetto liscio e piano della villa paterna. Di quei due uomini che trovavansi in casa, l'uno pareva essere un precettore, l'altro un servo. L'uno andava con Agostino nella vicina città ad una scuola ove erano molti fanciulli e poi lo riconduceva di bel nuovo a casa. Fuor della scuola lo vidi mettere in opra ogni sorta di astuzie e monellerie fanciullesche; percuoteva e gittava sassi agli animali, battevasi a pugni con altri fanciulli. Rubacchiava nelle case in ogni armadio e divorava ogni cosa ghiotta; ciò nondimeno eravi sempre molto di buono in lui, giacchè facilmente elargiva quanto aveva, e talvolta lo gittava via.
« Vidi anche in quella casa una donna che era fantesca, ovvero aia. Più tardi lo vidi condurre ad un'altra scuola in una città più grande e lontana. Egli vi andò in un cocchio basso con ruote piccole e larghissime, cui erano aggiogati due cavalli; due persone lo accompagnavano. Colà lo vidi in quella scuola con molti altri fanciulli. Dormiva insieme a molti altri in una gran sala, ma pure fra un letto e l'altro eravi ana leggiera separazione fatta a guisa di paravento con canne o corteccia d'albero. La scuola era in una gran sala. Gli scolari sedevano circolarmente intorno al muro su banchi di pietra, e scrivendo tenevano piccole assicelle nerastre sulle ginocchia; avevan pure volumi e matite. Il maestro stavasi più alto di due gradini ed aveva una piccola cattedra; dietro a lui vedevasi sospesa una larga tavola, sulla quale talvolta disegnava figure. Ei chiamava spesso l'uno o l'altro scolaro a venire in mezzo alla sala. Stavano pure talora in faccia l'uno all'altro, tenendo in mano rotoli o volumi dai quali leggevano, e ciò faceudo muovevano le mani e gestivano come se predicassero.
Spesso sembrava come se disputassero l'uno coll'altro, ma più spesso come se predicassero. Vidi come Agostino si conducesse a scuola con ben ordinato contegno e tosto ne divenisse il primo; ma quando i ragazzi uscivan con lui, metteva in moto ogni sorta di possibili monellerie, anche distruggendo e danneggiando. Lo vidi uccidere maliziosa mente con percosse o sassate volatili con lungo collo, che colà sono animali domestici, e poi portarli da lato e piangerne per compassione.Vidiquei fanciulli correre e lottare in un giardino rotondo, ove eranvi viali coperti, e far molti danni, rompere molto, involare e sprecare. Di là lo vidi tornarsene a casa e cadere in ogni sorta di stravaganze e di disordini. Una volta lo vidi durante la notte con alcuni suoi conoscenti involare dei frutti. Vidi che egli scosse il suo mantello che era tutto pieno zeppo di non so che cosa. Vidi Monica sua madre sempre intenta ad ammonirlo, a pregare, ed a piangere molto per causa sua. Lo vidi poi porsi in viaggio verso quella gran città ove Perpetua fu martirizzata. Per giungervi doveva passare sopra un largo fiume, sul quale eravi un ponte. Riconobbi tosto quella città. Da un lato vedevansi scogli, che coperti di mura e di torri scendevano sino al mare; eranvi pure colá molti vascelli, ed una città più piccola vi sorgeva quasi accanto. Vi si vedevano molti vasti edifizi come nell'antica Roma, ed anche una grande chiesa cristiana. Colà vidi molti quadri delle follie da lui commesse con altri giovani. Abitava in una casa da sè solo, e disputava molto con altri giovanetti. Vidi che visitava da solo una donna dimorante in una certa casa, ma non vi restava molto, giacchè viveva sempre in un continuo moto ed eccitamento. Lo vidi anche intervenire a pubblici spettacoli che mi parvero di natura affatto diabolica. Vidi un edifizio vasto e rotondo, da un lato ripieno di sovrapposti seggi a gradini siccome scale; al disotto vi erano molti ingressi, entrando dai quali montavasi per quelle scale sino nell'alto, e si circolava internamente per quei seggi. Quell'edifizio non avea alcun tetto, ma per disopra vedevasi distesa una gran tela a foggia di tenda. Quei seggi circolari eran pieni di spettatori; in faccia a a loro ergevasi un piano elevato, sul quale rappresentavasi ogni genere di cose che mi destavano abominio ed rrore. Nel fondo dietro quel piano vedevasi rappresentato ogni genere d'oggetti e di luoghi, e ad un tratto pareva che quegli oggetti e quei luoghi sprofondassero nella terra.
Quindi ponevano innanzi un finto muro, ovvero rivolgevano qualche segreta molla, e tosto compariva alcunché di nuovo. Una volta vidi come se subitaneamente si distendesse ed apparisse dinanzi agli occhi una vasta e bella piazza entro una grande città. Eppure realmente ciò succedeva in un piccolo spazio. Ecco che allora apparvero su quella piazza uomini e e donne a coppie, e pareva che discorressero insieme e facessero ogni genere di pazzie. Tutto ciò mi riusciva disgustoso ed abominevole. Vidi pure che quegli individui che rappresentavano alcun personaggio, portavano brutte maschere colorite con larghe boccaccie. Sotto i piedi avevano dei piccoli cepperelli o zocacoli, che nella parte superiore erano acuti e al disotto larghi, e questi erano rossi, gialli e di altri colori. Vidi anche altre turbe o cori, che stando più bassi parlavano o cantavano con quelli di sopra. Vidi anche fanciulli dagli otto ai dodici anni che suonavano flauti dritti e contorti, ed anche altri strumenti sui quali vedevansi delle corde tese. Vidi anche una volta molti di quei fanciulli precipitarsi dall'alto a gambe aperte e con la testa in giù; devono al certo esser stati legati e sostenuti da funicelle, ma quello spettacolo faceva orrore. Vidi anche uomini maturi combattere l'uncontro l'altro, e che uno di essi avea ricevuto due sanguinosi tagli nel viso, e che venne un medico e gli curò le ferite. Non posso descrivere l'abominio e la confusione di tutto ciò. Le donne che costà recitavano commedie, non eran altro che uomini travestiti.
« Ho veduto pure che Agostino una volta si produsse in pubblico, ma non già in una simile rappresentanza. Lo vidi immerso in ogni genere di vani trattenimenti e di peccati; e sempre e per tutto egli era il primo, e pareva che ciò fosse per mera vanità, giacchè in tutte coteste occasioni lo vedeva sempre triste ed inquieto, tostochè ritrovavasi solo. Vidi pure che quella donna colla quale viveva, gli portò a casa un bambino, del che egli non si conturbò affatto. Per lo più lo vidi in ogni specie di sale e di portici disputare con altri, ovvero parlare o udir parlare, anche metter fuori dei volumi e leggervi dentro. Vidi che sua madre venne a visitarlo in Cartagine e gli parlò con molto calore, e molto pianse. Mentre si trattenne in quella città, non abitò con lui. In casa di sua madre non vidi mai nè una croce, nè qualsiasi altra sacra immagine. Eranvi soltanto statue d'ogni genere secondo la moda pagana; ma nè essa nè suo marito si caravano punto di quelle statue. Vidi che la madre ritiravasi sempre per pregare nascostamente in un angolo della casa o nel giardino; costà sedeva ripiegata sopra sè stessa, e pregava e piangeva. Con tutto ciò per altro non la vidi già priva di ogni cattiva abitudine; e mentre lagnavasi dei furti di suo figlio in cose di ghiottornia e ne piangeva, anch'essa golosamente trangugiava volentieri, e vidi che egli avea da lei ereditato quel vizio. Vidi che quando andava in cantina ad attinger vino per suo marito, beveva essa pure alquanto dalle anfore, e che trangugiava di buon grado qualche vivanda ghiotta, e che Agostino avea da lei imparato. Vidi però come ella se ne pentisse e lottasse contro cotesta avida ingordigia. Vidi d'altronde ogni specie d'usi ed abitudini sue. Cosi ella, e con lei molte altre, in certi tempi portavano ceste di pane e di altri cibi nel cimitero. Cotesto cimitero era circondato di solide mura, e le fosse mortuarie eran ricoperte di sarcofagi ed altre costruzioni in pietra; e vidi che vi collocavano sopra quei cibi con pia intenzione, e che poi i poveri raccoglievano e godevano quelle offerte. Una volta la vidi, quando suo figlio era già adulto, viaggiare a piedi con un servo che portava un in volto, e recarsi da'un vescovo, che a lungo la consold in proposito del figlio. Costà pianse ben molto, ed ei le disse alcuna cosa che la tranquillo. Vidi anche Agostino ritornarsene da Cartagine a casa; suo padre era già morto, ed allora lo vidi nella sua piccola città insegnare ed ammaestrare altrui, e sempre immerso nella sua dissipazione e nella inquietudine di spirito. Lo vidi presso un amico suo infermo che venne battezzato poco prima della morte, e lo vidi deridere quel battesimo; ma vidi pure che di quella morte restò molto conturbato. Quindi lo vidi di bel nuovo in Cartagine in tutte le sfrenatezze del viver suo. »
Il Pellegrino aveva allora ottenuta la certezza dello scambio e dell'errore accaduto per colpa sua; ei lo dichiarò al confessore ed all'inferma, e questa gli promise di ricercare la reliquia del Sales e di santa Francesca di Chantal nella sua chiesa (così chiamava il suo armadietto delle reliquie). Così in data del 29 maggio 1820 il Pellegrino ebbe da riferire in proposito: « Oggi dopo il meriggio, circa le cinque ore, la trovai immersa in visione. Le porsi la cassetta delle reliquie. La prese stringendosela contro il seno. I di lei lineamenti, contratti dal dolore, presto lasciarono apparire una certa serenità. Le domandai: S. Francesco di Sales è egli in chiesa? Rispose con istento, come se parlasse all'ingiù da una grande altezza: Essi sono laggiù! mentre indicava colla mano a dritta verso la tenue tavola posta dinanzi al suo armadio a muro. Ne rimasi meravigliato, ed invano ivi cercai alcuna reliquia. Quindi tolse la sua mano dritta dalla estatica rigidità in cui prima mostravasi, mentre il suo volto non indicò che prendesse alcuna parte a quell'atto, e gli occhi suoi rimasero chiusi, e la mano sinistra continuò a ritenere la cassetta delle reliquie sul petto. Allora rimosse colla man destra, e con moto rapido e sicuro e nel maggior ordine, i libri giacenti su quella tavola, e mentre colla più eccitata espettazione io mi contemplava quella vuota tavola, essa colla sua mano benedetta trasse fuori da una fessura situata fra quella tavola e l'armadio a muro un piccolo frammento di osso involto in seta verde, che ivi erasi smarrito. Lo accostò alle sue labbra, lo venerò divotamente, e me lo porse siccome reliquia del Sales. Mentre io lo marcava e lo involgeva, la sua mano destra ripose in ordine e a posto quanto avea prima rimosso. Di poi cercò nell'aperta cassetta delle reliquie quella di santa Francesca di Chantal, posò la mano per alcuni minuti sopra uno dei piccoli involti, e me lo porse come contenente la reliquia di santa Francesca. Quando le domandai in qual modo coteste reliquie del Sales e della Chantal avean potuto esser riunite a quelle degli antichi martiri romani, mi rispose: « Ciò trovavasi da lungo tempo nella chiesa di Uberwasser in Münster, e costà sono state ritolte le reliquie dagli altari e dagli armadii e commiste le une colle altre. »
Circa san Francesco di Sales vide in differenti epoche i quadri seguenti. Dapprima vide in modo simbolico i frutti della sua operosità apostolica: « Vidi ( così narrò essa) un giovane ecclesiastico di ragguardevole condizione che operò straordinariamente molto in un paese montuoso, situato tra la Francia e l'Italia, e che accompagnai anche nei suoi molti viaggi. Lo vidi nella sua gioventù studiare con molto zelo, e l'ho visto anche una volta percuotere con un tizzone acceso una donnaccia. Quindi l'ho visto pure con ardente face correr qua e là fra i villaggi e tutti incendiarli; le fiamme correvano e si dilatavano di villaggio in villaggio. Vidi pure che il fuoco penetrò in una gran città situata in riva ad un lago. E quando non vidi più il fuoco, venne a cadere una dolce pioggia, e per tutto vedevansi sul suolo giacere oggetti simili a perle ed a brillanti pietruzze, e furon trascelte e portate qua e là nelle case, e dove penetrarono tutto crebbe ed apparve più luminoso. Lo vidi con meraviglia mostrarsi ineffabilmente dolce, e quindi di bel nuovo agire con zelo e progredire innanzi. Andava da per tutto in persona e si arrampicava su per la neve e il ghiaccio. L'ho veduto anche in Francia presso il Re ed anche presso il Papa, e poi presso ana corte situata fra quei due potentati. L'ho visto di giorno e di notte correre a piedi di luogo in luogo, ed aiutare ed ammaestrare. Spesso la notte giacevasi in un bosco. Per mezzo suo venni in contatto con una illustre donna, Francesca di Chantal, la quale percorse meco tutte le di lui vie e la sua vita intera, e mi mostrò tutto ciò che ei avea fatto. Ho viaggiato con lei qua e là, ed abbiamo molto parlato insieme. Era vedova ed avea figli, ed una volta l'ho veduta con loro. Udii pure circa di lei una storia che le avea cagionato molto cordoglio, e vidi la più parte dei quadri relativi a cotesta storia. Una dama del bel mondo, piccola di statura, illustre di condizione, leggiera nei costumi, che mostravasi penitente, venne da lei fatta conoscere al santo vescovo, ma sempre ricadde di nuovo nelle sue male passioni. Francesca disse che erasi per cagion sua trovata in gravi guai, ed avea creduto esser ammaliata da costei. In seguito il vescovo insieme con Francesca eresse un convento. La rea femmina parve essere migliorata, e fece penitenza in una piccola abitazione situata presso il convento. Ho presente alla memoria che Francesca mi abbia mostrato lo stato attuale di quella persona, che trovasi in un luogo oscuro.
« Vidi il vescovo celebrar la Messa in un luogo, ove molta gente dubitava del reale mutamento delle specie nel Sacramento. Egli ebbe allora durante la Messa una visione del come una donna soltanto per far piacere al marito fosse venuta in chiesa, come non credesse alla transostanziazione, ed avesse preso seco in tasca un pezzo di pane. In seguito vidi come ei dicesse dal pergamo che sicuramente il Signore poteva cambiare il pane nel suo Corpo santissimo, come potea cambiare il pane in un sasso nella tasca degli increduli. Vidi di poi quella donna usciredi chiesa, ed il pane che aveva in tasca essersi cambiato in sasso. Vidi quel santo vescovo sempre vestito con gran nettezza e convenienza. Lo vidi in un luogo che era pieno di insidiosi nemici, starsi a notte in una capanna, ove ben venti persone a lui ne vennero, ed ei le ammaestrò. Vidi pare che insidiavasi alla sua vita, e che gli fu teso un agguato, e che lo perseguitarono in un bosco ove erasi rifuggito. Andai pure con quella dama ( Francesca) in una gran città, ove mi fece vedere come ella lottasse contro un eretico che sempre camminava per vie di traverso in prossimità della vera, e come essa senza mai perder di vista la retta via, andasse per quanto poteva con quell'eretico sa quei sentieri traversi per tentare di ritrarlo da essi, ma costui non si volle lasciar salvare. In cotesta città dovemmo la dama ed io andare sopra una grossa piazza piena di cittadini e di villani, che venivano esercitati a guisa di truppe a correre all'assalto. Io provava grande inquietudine pel timore di venir da loro sopraffatta e schiacciata; e per di più, quella buona dama disse che le riusciva impossibile il durare più a lungo senza prender cibo, giacche pativa la fame sino a caderne in isvenimento. Vidi allora uno di quella gente che mangiava pane e carne che avea inviluppata in una carta. Lo pregai di concedermene un solo boccone. Mi diede il pane ed un poco di carne di pollo. Quando quella dama l'ebbe mangiata, potè reggere sino all'arrivo al suo convento, Circa cotesti quadri, nèi quali in istato di visione esercito un atto di carità verso l'apparizione di qualche santo, ho avuto sin dall'infanzia l'interno ammonimento che queste sono opere che i santi desiderano da i, per farle ricadere a benefizio di alcun altro. Sono buone opere che essi lasciano fare da altri apparentemente in pro loro, per farne in realtà sentire agli altri il benefico effetto. (Vale a dire, rovesciando il pensiero, come noi rendiamo a Dio ciò che in realtà facciamo al prossimo, così in questo caso rendiamo ai prossimi ciò che realmente facciamo verso i santi). Venni pure entro quel convento che quella dama avea fondato insieme col vescovo, e fui in tutti i suoi interni locali. È un meraviglioso e antico edifizio; ne bo veduti tutti gli angoli. In molte stanze eravi grande provvigione di ogni possibile specie di frutti e di biade, come pare grande quantità di oggetti di vestiario e di curiose berrette. Quelle monache debbono aver fatto gran bene ai poveri. Misi in ordine tutto ciò che era disperso qua e là. Mi si strisciava peraltro sempre dietro una maliziosa giovine monachella, che mi rimprocciava ogni sorta di cose, e cercava di mettermi in mala fama come se volessi rubare. Mi disse tutte le mie mancanze, cioè ch'io era avara, perchè sempre diceva che il danaro era fango, e ciò nondimeno voltavae e rivoltava ogni quattrino; che mi occupava affatto inutilmente del mondo, e ch'io voleva intraprendere e far tante cose e non arrivava a condurle a termine, e cose simili. Costei mi camminava sempre dietro, e non ebbe mai il coraggio di venirmi dinanzi. Le dissi che dovrebbe venirmi dinanzi, seppure ne avesse il coraggio. Essa non era altri che il tentatore, che in questi giorni mi ha sempre tormentata. Nell'estremo limite poi della parte superiore del convento, e proprio nell'ultimo angolo, trovai una monaca che eravi stata collocata dalla fondatrice insieme con una bilancia. Essa avea presso di sè sopra un piatto un mucchio commisto di lenti, di piccoli semi gialli a me incogniti, di perle, e di polvere. Essa doveva purificare tutto ciò e portar di bel nuovo la metà del buon seme nella parte anteriore del convento per esservi seminata. Essa per altro nol faceva, e mostravasi ritrosa e disubbidiente. Allora ne venne un'altra, che dovea farlo in vece sua, ma non era già migliore della prima. Allora mi vi accinsi io stessa ed incominciai a trascegliere e separare in quel miscuglio. Cid poi significava che dalla raccolta spirituale di quel convento doveano nuovi e puri granelli di seme venir trasmessi nella parte anteriore del convento medesimo; vale a a dire che lo scopo ed il frutto benedetto della sua fondazione doveva essere rinnovato e reso di bel nuovo buono e fecondo per mezzo dei meriti derivanti dalla bontà della disciplina antica e dell'ordine primitivo, così riparando a tutto ciò che era andato perduto per colpa delle ultime superiore. »
Più tardi ella ebbe la visione della intera vita della Santa dalla prima infanzia sino alla morte, ma non ebbe nè tempo, nè forze per darne estesa partecipazione al Pellegrino. Santa Francesca le apparve sovente e desiderò l'applicazione dei di lei patimenti ed orazioni in pro del riordinamento e restaurazione dell'Ordine suo. Ai 2 di luglio 1821 narrò così: « Fui nella decorsa notte in Annecy nel convento della figlia di santa Francesca di Chantal. Io era molto ammalata e giaceva in letto entro una sala, e vidi i preparativi della festa dellaVisitazione; vidi, come se fossi in coro, sin sull'altare ove celebravasi la solennità. Era in si deplorabile stato che ne caddi svenuta. Allora S. Francesco di Sales venne rapidamente verso di me e mi arrecò un ristoro; portava un paramento solenne lungo, giallo, e molto ampio nelle pieghe. Anche santa Francesca di Chantal trovavasi presso di me. »
Santa Giustina e S. Cipriano.
« Vidi Giustina come fanciulletta nel cortile di suo padre sacerdote degli idoli, cortile che era separato dal tempio soltanto da una strada. In presenza dell'aia sua discese in una cisterna, in cui, standosi sopra una pietra, era all'intorno circondata dall'acqua, ed alla quale inoltre conducevano vie ed anditi sotterranei, ove abitavano diverse specie di serpi e di altri animali di orribile apparenza, che costà venivano mantenuti e e nutriti. Vidi Giustina prendere senza alcun timore fra le sue mani un serpente ed anche molti altri più piccoli. Li prendeva per la coda e molto si rallegrava quando si alzavano in su dritti come ceri, ed in qua e in là contorcevano la testa. Non le facevano alcuna offesa e mostravansi seco affatto familiari e domestici. Eranyi là dentro anche certe bestie, che fra noi chiamansi teste grosse (salamandre); erano lunghe almeno un piede, e venivano usate nel culto degli idoli. Vidi dipoi che Giustina udi predicare in una chiesa cristiana circa il peccato originale e la redenzione. Ne fu commossa, e si fece battezzare, e converti anche sua madre. Costei lo disse al marito, il quale molto angustiato a causa di un'apparizione da lui avuta, si fece pure colla moglie battezzare; vivevano molto ritirati e con gran pietà. Mi si affacciò agli occhi più specialmente un quadro. Giustina aveva un volto amabile, piuttosto ritondetto, e capelli biondi di ineffabile bellezza, rilucenti come l'oro, e rannodati intorno al capo in treccie morbide come seta, o ricadenti in molti ricciolini sulle di lei spalle. Vidi come essa stesse a ? tavola coi genitori mangiando piccoli pani, e come il padre guardandola, e compiacendosi dei di lei capelli, dicesse: Temo, figliuola mia, che cosi non ne uscirai a bene, ma che piuttosto ti accadrà come ad Assalonne e resterai pei tuoi capelli sospesa nel mondo. Giustina divenne molto seria a tali parole: non avea mai pensato ai suoi capelli. La vidi dipoi che si allontanò, e non so cosa fece con quei suoi capelli, ma li guastè interamente, e così pure le sue ciglia. Parea che li avesse strinati col fuoco. Così malconcia se ne andò per la città e venne anche dinanzi a suo padre, che appena la riconobbe. Vidi che un giovine l'amava e che voleva a forza rapirla, poichè non poteva pervenire in altro modo a possederla. Ei con altri compagni armati l'aspettava stando in aguato fra certi muri per cui passava una via solitaria; ma poichè l'ebbe presa, essa da sè lo respinse con ambe le mani e gli comandò di restar fermo costà ove era,e per miracolo ei non potè seguirla sinchè essa fu giunta fuor di pericolo. Vidi cotesto giovine implorare in suo aiuto il mago Cipriano, che con molto orgoglio e vanità glielo promise.
« Cotesto Cipriano lo vidi affatto immerso nelle sue malìe ed arti d'incanto, ma era del resto per natura uomo di animo nobile e magnanimo. Era stato sin dalla prima gioventù istruito nelle arti della magia; aveva viaggiato in remote contrade per imparare sempre più, e viveva finalmente godendo di gran fama in Antiochia, città ove Giustina erasi convertita insieme coi genitori. Avea spinto l'uso infame dell'arte sua a tal punto, che pubblicamente nella chiesa cristiana derideva ed insultava Gesù, ed impiegando mezzi magici costringeva la gente ad uscirne. Vidi come egli evocasse il demonio. Aveva in casa sua una cantina fatta a a volta e a mezzo sepolta sotterra; le aperture per introdur la luce erano nella parte superiore. Nelle pareti all'intorno e specialmente negli angoli stavano nefande immagini d'idoli sotto forma di animali e di serpenti. In un angolo pósava una statua di cotesto genere, che dentro era vuota e con fauci aperte; era dell'altezza e grossezza di un uomo, e posava sull'orlo di un'ara rotonda, sulla quale vedevasi un braciere o coppa da accendervi il fuoco. Quando Cipriano evocò il diavolo, era coperto di una veste destinata specialmente a quell'uso. Accese il fuoco sull'altare, lesse certi nomi in un volume, poi montò sull'ara, e pronunziò quei nomi urlando per entro alle fauci dell'idolo. Bentosto lo spirito infernale apparve presso di lui in piena forma umana e presso a poco in figura di servo; havvi però sempre alcunché di tetro e d'inquieto come il rimorso di una cattiva coscienza, nei lineamenti di coteste apparizioni. Vidi allora che quel maligno spirito si provò per le prime due volte ad eccitare al male, sotto la sembianza d’un giovine, la tentata Giustina. Le si fece incontro nel peristilio di casa sua. Giustina scacciò sempre il nemico usando del segno della croce, e mise sè stessa sotto la salvaguardia della croce medesima, che drizzò in tutti gli angoli della sua stanza. La vidi in segreta camera della sua casa genuflettersi ed orare. Entro una nicchia praticata nella parete eravi una croce ed un candido bambino; cotesto pareva essere come dentro una custodia: la sua parte superiore era per altro libera e teneva le manine incrociate. Mentre cosi stava genuflessa si avanzo dietro di lei un giovane che aveva cattivi disegni; ma vidi apparire uscendo dal muro una donna di grandiosa sembianza, e quel giovane cader prostrato a terra, prima ancor che Giustina lo vedesse; quindi quell'apparizione si dileguò. La vidi con un unguento distruggere tutta la sua bellezza. Vidi anche che Cipriano si aggirò furtivamente intorno alla casa di Giustina spruzzandone con alcun liquido le mura. Ciò avvenne in un'ora, in cui Giustina scevra d'ogni sospetto non era precisamente occupata nell'orazione, e sentendosi potentemente agitata, cominciò ad errare qua e là per la casa, e finalmente si rifugiò nella propria camera, e raffermò le croci che avea erette negli angoli, e si genuflesse orando con fervore, perlocchè l'incantatore dovè ritrarsi e cedere il campo. Quando Cipriano fece il terzo tentativo, il demonio si mostrò sotto la forma di una pia vergine,che incominciò a parlar con Giustina circa la pudicizia. Sul principio essa fu contenta della pretesa vergine, ma quando principiò a ragionare di Adamo ed Eva e del matrimonio, Giustina riconobbe il tentatore e si rifugiò presso la croce. Quando Cipriano seppe l'accaduto dal maligno spirito, lovidi tosto divenir cristiano. Lo vidi giacere col volto prostrato a terra entro una chiesa; anzi si fece calpestare dai piedi altrui per disprezzo, siccome pazzo. Provava indescrivibile pentimento ed abbruciò tutti i suoi libri di magia. Dopo che fu divenuto vescovo, lo vidi eleggere Giustina a diaconessa. Abitava presso la chiesa, e cuciva e ricamava grandi paramenti ecclesiastici. Dipoi li vidi ambidue martirizzati. Cipriano e Giustina pendevano sospesi per una mano ad un albero curvato in giù a forza, e parea che fossero stati dilaniati con acuti uncini. »
S. Dionigi Areopagita (1).
« Vidi il Santo negli anni della sua infanzia e come figlio di genitori pagani; però profondo scrutatore e ricercatore della verità, e sempre raccomandantesi a un Dio di più alta natura. Venne a tale effetto fortificato da Dio in sogno con visioni. Lo vidi esaminato e rimproverato dai genitori per incuria nel culto degli Dei ed affidato a severo precettore. Vidi come in sen della notte venisse verso lui un'apparizione e lo esortasse alla fuga mentre il suo aio dormiva. Vidi Dionigi errar nella Palestina, ove molto intese a parlare di Gesù, ed ascoltò e ritenne in sè tutto con gran bramosia ed avidità. In Egitto lo vidi apprender l'astronomia in quel luogo ove avea soggiornato la sacra Famiglia. In cotesta scuola lo vidi insieme con molti altri osservare l'ecclisse del sole che avvenne in morte di Gesù. Ei disse: ciò non è naturale; o un Dio in questo punto muore, ovvero questo è il momento della fine del mondo. Vidi pure che il suo ben pensante precettore venne da una apparizione esortato ed animato ad andare in cerca di lui. Lo trovo, e Dionigi si recò seco lui in Eliopoli. Per lungo tempo non potè concepire e comprendere l'idea di un Dio crocifisso. Dopo la sua conversione, viaggiò lungamente con S. Paolo. Fu con lui in Efeso per visitare Maria. Papa Clemente lo mandò a Parigi. Vidi il suo martirio. Prese il suo capo fra le mani incrociate dinanzi al petto, e conesso se ne andò in giro intorno al monte. Tutti i carnefici fuggirono; un vivo splendore scaturiva da lui. Fu sepolto da una donna. Era vecchissimo. Ebbe molte visioni celesti, ed anche Paolo gli manifestò ciò che avea veduto. Egli ha scritto molti magnifici volumi, dei quali molto ancora rimane. Il libro dei Sacramenti non fu per l'intero scritto da lui, ma è stato finito da un altro. »
(1) A questo Santo apparteneva quella reliquia, il di cui nome erale proibito di rivelare a quell'amico del Pellegrino, che tanto agognava a far prove.
Una reliquia di S. Luca.
Agli 11 di marzo 1821 disse Anna Caterina: « Veggo da alcun tempo assai spesso una bella scheggia bianca del cranio di S. Luca starsi in mia vicinanza. Lo veggo distintissimamente, eppure non voglio crederlo nemmeno in visione, e quindi per castigo lo dimentico allorchè son desta. Nella decorsa notte ho veduto tutta l'intera storia che a ciò si riferisce. S.Gregorio il grande portò seco da Costantinopoli a Roma il teschio di S.Luca ed un braccio di sant'Andrea, e ne ottenne così felice risultato che potè per mezzo di quelle reliquie far molto bene ai poveri. Esse furon collocate nel suo monastero in sant'Andrea; e qualche frammento tanto del teschio quanto del braccio pervenne anche sino a Colonia.Vidi per quell'acquisto nascerne gran gioia nel vescovo di quella città. Dipoi quei sacri frammenti pervennero in Magonza, poi in Paderbona, quindi in Münster, ed ora ambedue si trovano presso di me. Lareliquia di Andrea è racchiusa in una capsula. L'osso di S. Luca deve trovarsi in un angolo involto in qualche brandello, ma ora non so precisamente dove. »
Il Pellegrino la pregò nel giorno seguente a fare ricerca di quelle reliquie. In seguito di tale preghiera essa trovò poco tempo dopo un frammento triangolare di cranio nascosto fra brandelli di ogni sorta in un angolo dell'armadio a muro, e racconto quanto segue: « Ho di bel nuovo veduto che quando questi corpi venner trovati in una chiesa distrutta di Costantinopoli, furon tosto provati sugli infermi. L'acqua in cui coteste ossa venner lavate, fu data a bere ad un lebbroso, il quale guari. Ho veduto moltissimo circa Gregorio, e come egli soprattutto facesse gran caso delle reliquie, e quante persone abbia guarite con queste. La prima a guarire fu una donna demente; la seconda una fanciulla posseduta da spiriti impuri. Egli impose ad ambedue quelle ossa sul capo. Ho quindi veduto come venisser frammenti di queste reliquie prima in Colonia sotto un santo vescovo, poi in Treveri, poi in Magodza e Paderbona, e finalmente in Münster, e credo che ciò avvenisse sotto un vescovo della famiglia di Fürstenberg. »
Sant'Orsola.
« Orsola e le di lei compagne furono nel 450 ad un'ora circa di distanza dalla città di Colonia qual era allora, ed in diversi altri luoghi massacrate dagli Unni. Orsola era stata da Dio suscitata per preservare dalla seduzione e dall'oltraggio le vergini e le vedove dell'epoca sua, e guidarle alla celeste schiera delle martiri coronate. Ha compiuto la sua missione con meravigliosa forza ed impegno. Le era stato dato per guida l'arcangelo Raffaele; ei le manifestò pure la missione affidatale: la misericordia di Dio non voleva che in quell'atroce epoca di distruzione, cotante vergini e vedove che per effetto di sanguinose guerre cadevano indifese e non protette in preda ai barbari invasori Unni, soggiacessero a finale rovina, e perciò doveano morire come fanciulle ancora innocenti, prima che pur potessero cadere in peccato. Orsola era molto decisa e rapida nelle sue azioni, alta e forte; non era propriamente bella, ma di aspetto molto severo e di modi virili. Quando subi il martirio era in età di trentatré anni. La vidi fanciulletta in casa di suo padre Deonoto e della madre Geruma in una città d'Inghilterra. Quella casa era collocata sopra una larga via; aveva scale situate inpanzi all'ingresso, ed era separata dalla strada per mezzo di una inferriata di verghe metalliche sormontate da bottoni gialli, in modo simile alla casa paterna di S.Benedetto in Italia, che avea pure tali cancelli in rame a mezzo murati sotterra. Orsola aveva dieci compagne di giuochi, che a a lei venivano ogni giorno prima o dopo il meriggio, per correre a gara divise in due squadre entro un cortile recinto da muri, per lottare stringendosi per mano, ed anche per lanciar giavellotti. Coteste fanciulle non erano ancora tutte cristiane, ma ed i suoi genitori lo erano. Orsola era la condottiera suprema delle sue compagne, e tutto ciò che faceva avveniva per suggerimento dell'angelo sua Guida. I genitori spesso l'osservavano con gioia. A quell'epoca Massimiano dominava l'Inghilterra; egli era pagano, e non so più precisamente s'ei fosse o no il marito di Ottilia sorella maggiore di Orsola. Ottilia era maritata, ma Orsola si era consacrata a Dio. Vidi che un ragguardevole e potente guerriero senvenne al padre di Orsola, poichè avendo udito parlare degli esercizi di quelle vergini voleva anch'egli vederle. Il padre rimase molto sorpreso e contrariato, e tentd in ogni modo di evitare la cosa. Vidi per altro che quell'uomo, cui il padre non osava dare troppo grave rifiuto, si fece innanzi e e volle vedere le lotte di quelle fanciulle, e vidi come rapito dall'avvenenza e destrezza di Orsola la desiderasse in moglie; le sue compagne poi dovevano essere maritate coi suoi ufficiali e abitare un luogo al di là del mare, che era affatto spopolato. Pensai al Bonaparte che cosi pure maritava fanciulle agli uomini della sua guardia. Vidi il gran turbamento del padre e lo spavento della figlia allorché ei le annunzið la irrecusabile offerta. Orsola ando di notte sul luogo ove praticavansi quei giuochi e colà esclamò in fervorose preghiere verso il Signore, e vidi che l'arcangelo Raffaele le apparve, la consolo, e le manifesto che dovea esprimere il desiderio di avere per ognuna delle sue dieci compagne dieci altre vergini associate, e di più chiedere una proroga di tre anni, onde intanto con loro esercitarsi sopra alcuni vascelli ad ogni genere di lotte e di opere di destrezza ed agilità, e che dovea inoltre confidare in Dio che avrebbe mantenuto intatto il di lei voto di verginità. Doveva per altro durante quei tre anni convertire tutte le sue compagne alla fede cristiana, è Iddio le avrebbe protette. Vidi allora che Orsola disse tutto ciò al padre, il quale annunziò tutte coteste condizioni al di lei pretendente, che vi acconsentì. Orsola e e ciascuna delle sue dieci compagne ottenne allora come socie altre dieci vergini; e le prime divennero le condottiere delle seconde. Il padre le fece armar cinque piccoli vascelli, e sopra ognuno di quei piccoli legni eranvi venti fanciulli, ed anche alcuni marinai, che le istruivano nel veleggiare e nel combattere sull'acqua. Vidi allora che quotidianamente praticavano ogni sorta d'esercizi coi loro vascelli, dapprima sopra un fiume, quindi in riva al mare, inoltrandosi sui flutti, e poi di bel nuovo ritornando in porto. Esse veleggiavano, s'inseguivano, si separavano, saltavano da un legno all'altro, e così di seguito. Vidi che spesso molta gente, e fra quella il padre ed il futuro sposo, le osservava dalla riva, e che quel suo pretendente molto rallegravasi di essere per ottenere sì esercitata e guerriera moglie, e che in sè pensava che niuno omai potrebbe più opporgli resistenza. Vidi però che alfine quelle vergini rimasero affatto sole e senza uomini a continuare i loro esercizi su quei vascelli, e che solo eravi rimasto Bertrando il confessore con due altri ecclesiastici. In quel frattempo Orsola aveva convertito tutte le sue compagne di mare, che vennero battezzate dai sacerdoti, ed il suo coraggio e confidenza nella promessa di Dio eransi sempre più accresciuti durante quegli esercizi. Eranvi persino fanciullette di dodici anni venute su quei vascelli e e fattesi battezzare. Le vidi altresì scendere a terra su piccole isole e poi su quelle praticare le loro giostre ma riparesche. Tutto ciò era accompagnato da preci e da canto e nondimeno praticavasi con grande ardimento e e libertà. L'alta gravità e coraggio di Orsola non sono da descrivere. Quelle fanciulle portavano certe vesti scendenti sino al ginocchio; i piedi eran guarniti di sandali; sul petto eran fortemente difese', ed i fianchi erano in modo svelto e e ben aggiustato ricoperti. Avevano in parte i capelli affatto ignudi e ravvolti in treccie intorno alla testa; in parte portavan sul capo pannilini che finivano in punte ricadenti sugli omeri. Nei loro giuochi usavano aste leggiere ed ottuse. Vidi che quando accostavasi il fine dei tre anni concessi, quelle vergini in mezzo ai loro esercizi erano divenute un cuore ed uu'anima sola. Quando poi furono sul punto di porsi in viaggio per andare a maritarsi e digià si erano accomiatate dai loro genitori, vidi Orsola starsi in orazione.
Le si presentò dinanzi una luminosa figura, la quale le disse che doveva confidare completamente in Dio, e che il Signore volea farle tutte morire di martirio come pure vergini e sue spose; che poi dovea diffondere la fede di Gesù per tutto ove il Signore la guiderebbe; che per mezzo suo molte altre vergini anderebbero illese dall'esser disonorate dai feroci pagani, e perverrebbero al cielo ornate della corona del martirio. L'angelo disse pure che Orsola con una parte delle sue vergini dovrebbe recarsi a Roma. Vidi che confidò tutto ciò alle altre dieci, che con lei capitanavano quella schiera, e che ne rimasero altamente consolate. Siccome però molte delle altre vergini mostravansi disanimate e mormoravano contro Orsola doncandando come mai potrebbero divenire spose di Cristo, giacchè in breve doveano porsi in viaggio verso nozze terrene, » ella passò a turno in tutti i vascelli, parlò di Abramo e del sacrifizio del di lei figlio, e del come Iddio lo avesse meravigliosamente aiutato; e disse che così pure elleno avrebbero ottenuto aiuto da Dio, onde potergli presentare una vittima pura e e perfetta. Esortd pure le affatto disanimate ad abbandonare quei vascelli, ma tutte sentironsi fortificate e le rimasero fedeli. Quando poi salparono dall'Inghilterra, sempre nella credenza di venire condotte ai mariti loro destinati, ecco si sollevò una tempesta e separò i vascelli delle vergini da quelli che li accompagnavano, e li sospinse verso le coste d'Olanda. Vidi che non potevano usare nè dei remi, nè delle vele, e come allorchè si appressarono alle coste, il mare si sollevò meravigliosamente in flutti minacciosi. Quando poi per la prima volta presero terra, incominciò tosto un nuovo periglio. Un popolo rozzo e selvaggio s'impadroni di loro; Orsola si fece innanzi e parlo, e poterono senza offesa tornare ai loro vascelli.Colà poi, ove lasciando il mare cominciarono a rimontare lungo le sponde del Reno eravi una città ed ivi dovettero soffrire oppressioni ed angustie. Orsola parlò e rispose per tutte.Quando alcuni tentarono di por le mani addosso a quelle vergini, esse si misero coraggiosamente sulle difese ed ottennero protezione soprannaturale. Vidi che i loro assalitori rimasero paralizzati e nulla più poterono tentare a lor danno.Nel seguito del viaggio associaronsi loro anche molte altre vergini e vedove coi loro bambini. Prima che giungessero a Colonia furono più volte chiamate o fermate da alcuni vigilanti drappelli di popoli selvaggi e feroci, abitanti su quelle sponde, e minacciosamente richieste che volessero e dove andassero. Era sempre Orsola quella che rispondeva, ed esortava intanto le compagne a remigare con maggiore sollecitudine. Così intatte e senza offesa pervennero a Colonia. Eravi costì una comunità cristiana con piccola chiesa. Ivi si fermarono per qualche tempo, e le vedove che si eran loro congiunte in viaggio e molte vergini vi rimasero permanentemente. Orsola le esortò tutte a subire piuttosto il martirio come vergini e matrone cristiane, che di soffrire violenza od oltraggio per parte dei pagani o dei barbari. Quelle che rimasero indietro si sparsero pel paese e con loro si diffusero pure i generosi sensi le esortazioni di Orsola. Essa per altro navigò con cinque vascelli da Colonia sino a Basilea, ove molte delle sue compagne con quelle barche rimasero, ed essa con circa quaranta persone, fra le quali eranvi anche sacerdoti e guide, mosse da Basilea verso Roma. Andavano ad uso di pellegrini in processione traversando luoghi deserti ed aspre montagne. Pregavano, cantavano salmi; e dove accampavano, Orsola parlava delle caste nozze con Gesù e della pura e non profanata morte delle vergini.Da per tutto trovavano gente che con loro si associava ed in seguito se ne separava di nuovo.
« In Roma visitarono i luoghi di martirio e le tombe dei martiri, e siccome a causa delle corte vesti e dei liberi modi eccitavano sorpresa, ne furono avvertite e si ricoprirono di più lunghi ammanti. Papa Leone il Grande esaminò Orsola interrogandola; ella per altro gli confidd il segreto della sua missione e gli manifestò le sue visioni, e con molta umiltà ed obbedienza ascolto i di lui avvisi ed ammonizioni. Il Papa le diè la sua benedizione e la dond di reliquie. Nel viaggio di ritorno si upì a lei il vescovo Ciriaco ed un sacerdote d'Egitto per nome Pietro, come pure un altro sacerdote originario della città nativa di sant'Agostino, nipote di quell'uomo che avea donato alcuni poderi al Santo, che ne usò per fondare e e dotare un monastero.Cotesti ecclesiastici partirono con Orsola e le vergini, principalmente pel motivo di accompagnare preziose reliquie. Orsola recò seco a Colonia un frammento d'osso di S. Pietro, che per tale è ancora riconosciuto, senza che però se ne sappia l'origine; così pure una simile reliquia di S. Paolo, dei capelli di S. Giovanni Evangelista, e un frammento della veste che lo copriva quand'ei fu immerso nell'olio bollente. Quando furono giunte di nuovo in Basilea, tanti e poi tanti si unirono alla lor comitiva, che ritornarono a Colonia distribuite in undici vascelli. Gli Unni intanto eransi impadroniti di quella città, e tutto trovavasi nella maggior confusione e miseria. Mentre erano ancora assai lungi da Colonia, l'arcangelo Raffaele apparve di bel nuovo in visione a S.Orsola, le annunzið l'imminente corona del martirio, e la istruì di tutto ciò che dovea fare; fra le altre cose le prescrisse di oppor resistenza, finchè tutte le compagne fossero battezzate e convenientemente disposte. Essa partecipò quella visione alle più ragguardevoli fra le compagne, e tutte rivolsero le anime verso Iddio. Già in vicinanza di Colonia venner con grida feroci chiamate da schiere di Unni, che lanciarono alla lor direzione un nembo di freccie. Remigarono e veleggiarono rapidamente sino oltre la città, e non avrebbero preso terra, se non avessero in quei contorni lasciate tante delle loro compagne. Ad un'ora circa al disotto di Colonia sbarcarono,e si riunirono in una piccola pianura che estendevasi fra cespi e boscaglie, ove formarono una specie di accampamento. Costà vidi che molte tra coloro che erano rimaste indietro ed anche molte nuove donne si unirono a quella schiera. Orsola e i sacerdoti parlavano ai vari drappelli e li preparavano tutti alla lotta.
Vidi gli Unni appressarsi ed i loro duci trattare con Orsola. Volevano a forza scegliere molte fra quelle vergini e dividerle fra loro. Le eroiche donzelle riunironsi e si difesero, e con loro eranvi ancora molti abitanti della città e dei contorni, che oppressi ed inquietati dagli Unni eransi a quelle donne riuniti. Altri pure, divenuti amici delle vergini rimaste addietro nel primo passaggio di Orsola, e che volevano proteggere quella pia associazione, cominciarono a lottare e difendersi con aste e con bastoni, e con ogni altro mezzo o arma che avessero. Cotesta resistenza era stata dall'angelo comandata ad Orsola, onde guadagnar tempo a preparare tutte le compagne al martirio. Durante il combattimento vidi Orsola correre qua e là in fretta fra le schiere disposte più indietro, e parlare ed orare con gran zelo, » e vidi i sacerdoti qua e là battezzare quelle che peranco non avean ricevuto il battesimo, giacchè a a tale scopo erano sopravvenute molte donne e vergini pagane. Quando poi furono battezzate e disposte al martirio, e che i nemici le ebbero da ogni parte circondate, cessarono ogni difesa, e s'arresero al vicino martirio, cantando lodi al Signore; gli inimici che le aveano circondate da ogni lato incominciarono a a macellarle con clave e trafiggerle con lancie. Vidi un'intera fila di vergini cader trafitte sotto una grandine di dardi degli Unni assalitori; tra esse eravene una per nome Editta, di cui possediamo una reliquia. Orsola venne trafitta da una lancia. Fra i cadaveri che cuoprivano il campo del martirio, oltre quelli delle vergini britanniche, eranvene molti delle donne o donzelle, che da varie parti venute eransi unite a quella schiera, come pure dei sacerdoti venuti da Roma, e di altri uomini, ed anche di nemici.
« Molte ne furono massacrate anche a bordo delle barche. Cordula non andò con sant'Orsola a Roma, ma rimase in Colonia ed avea trovato molti seguaci. Durante la persecuzione erasi per timore tenuta nascosta; dipoi erasi da per sè stessa ed unitamente a tutte le compagne arresa agli Unni domandando il martirio. Avrebbero'ad ogni costo voluto risparmiarle e tenersele, ma tanto essa quanto le compagne opposero sì animosa resistenza, che dopo averle a lungo ma invano risparmiate, venner tutte per le braccia le une alle altre legate e disposte in linea, e poi trafitte con freccie. Allegramente cantando e come danzando, andaron tutte al martirio come andassero a nozze. In seguito anche molte altre si presentarono agli Unni come cristiane e vennero qua e là in quelle vicinanze trucidate. Non molto dopo gli Unni dipartironsi da Colonia. I corpi delle vergini e delle altre compagne vennero bentosto raccolti sul luogo del martirio e trasportati in maggior prossimità di Colonia, ed ivi entro un recinto sepolti. Vennero scavati e quindi murati vasti sotterranei ove quei sacri avanzi furono distribuiti in ordinate file e con pietà religiosa conservati. »
« I vascelli o barche di quelle vergini erano assai belli, leggieri, aperti, con gallerie correnti all'intorno, guerniti di banderuole, con un albero ed un bordo alquanto sporgente. Sedevano per remigare su certi banchi, sui quali pure dormivano. Non ho mai veduto sì ben disposti piccoli vascelli. In quell'epoca in cui Orsola si partì d'Inghilterra, vivevano in Francia i santi vescovi Germano e Lupo. Il primo visitò in Parigi santa Genoveffa che era giunta all'età di dodici anni. Quando Germano con Lupo recossi in Inghilterra a combattere contro gli eretici, consold i genitori di Orsola e delle altre vergini per la loro lontananza. Gli Unni andavano per la maggior parte con le gambe ignude. Usavano larghe giubbe con lunghe correggie di cuoio scendenti a coprir la parte inferiore del corpo, e lunghi mantelli che arrotolati portavano per sopra le spalle.
Sant Uberto.
« Quando presi in mano la sua reliquia, vidi il santo vescovo, che disse: È un osso mio! sono Überto! Vidi quadri della sua vita e lo vidi fanciullo in un antico e solitario castello, intorno al quale eravi un fosso. Portava vesti strette al corpo e con la sua balestra s'aggirava pei boschi e nei campi dietro ai villapi che aravano, per tirare agli uccelli. Quelli che uccideva li portava ai poveri che abitavano intorno al castello. Spesso lo vidi andarsene segretamente e navigare sopra una tavola sulle acque della fossa del castello per distribuire le sue elemosine. Più tardi lo vidi come giovine marito, ed in altra contrada, prender parte con molti ad una gran caccia. Portava un elmo di cuoio: gli pendeva sul petto un corno ritorto: sopra le spalle portava una balestra, ed in mano una lancia o spuntone leggiero. Ogni cacciatore aveva presso di sè cani di piccola statura e di pelo fulvo e giallastro: ne vidi presso Uberto alcuni più grossi. Avevano una barella sospesa fra due giumenti per trasportare a casa la cacciagione. Traversarono un'estesa e selvaggia contrada, e quindi cominciarono la caccia sopra una pianura in direzione di un corso d'acqua. Vidi Uberto per lungo tempo perseguitare coi suoi cani un piccolo cervo di pelo giallastro.Quando i cani gli giungevano vicini, ritornavano indietro correndo verso Uberto e guaivano in modo come se volessero dirgli alcuna cosa. Il cervo allora si fermava e guardava Uberto. Dopo che ciò fu avvenuto varie volte, Uberto lanciò in caccia i cani dei suoi compagni verso quel cervo, ma anch'essi tornarono indietro verso i loro padroni guaendo nel medesimo modo. L'ansia di Uberto cresceva sempre più vedendo quel cervo che sembrava divenire ognora più grosso. Così perseguitandolo venne a separarsi dai suoi compagni. Il cervo corse verso un denso roveto, ed ivi giunto, parve divenire ancora pid grosso. Uberto pensò che l'animale s'inviluppe rebbe al certo con le sue corna fra i rami di quella boscaglia in modo tale, che non potrebbe sostenere la fuga più oltre. La belva per altro vi penetrò snella ed agile per entro, ed Uberto che d'altronde suoleva rapidamente varcare tutte le siepi, la seguì a stento entro quell'intrecciamento di rami. In quella densità io vidi il cervo fermarsi in tutta la sua grandezza e beltà: sembrava in grossezza un cavallo che fosse di colore giallastro, ed avea intorno al collo crini belli e lunghi come se fossero di seta. Uberto trovavasi a destra dell'animale e sollevò la lancia per ferirlo. Allora il cervo rivolse verso Uberto uno sguardo pieno di pietosa dolcezza, e fra le sue corna apparve una croce luminosa con sopra il Salvatore. Uberto cadde genuflesso e diè tosto nel corno; i suoi compagni accorsero a lui e lo trovarono svenuto. Furono ancora in tempo a vedere l'apparizione, ma poi la croce spari, ed anche il cervo divenne più piccolo e disparve. Vidi allora portare a casa Uberto infermo sulla barella sospesa fra i due giumenti. Egli era cristiano, e suo padre sembrava essere un duca impoverito, giacchè il suo castello era molto decaduto. Uberto avea già da fanciullo veduto in un luogo deserto e solitario l'apparizione d'un giovinetto, che l'aveva invitato a seguirlo, e'ne era stato molto commosso, ma nella sua passione per la caccia aveva di nuovo dimenticata quella impressione. Un'altra volta aveva attraverso ai campi perseguitato un agnello che si rifugiò in un roveto. Ei vi appiccò il fuoco, ma il fumo e la fiamma si rivolsero verso di lui in tal modo che quasi ne rimase abbruciato. L'agnello per altro rimase intatto. Uberto fu adunque portato a casa gravemente ammalato e si pensò doverne morire. Era pieno di pentimento ed implorava da Dio la grazia di poterlo servir fedelmente sino al suo fine, ove gli concedesse restare in vita. Risand, sua moglie mori, e lo vidi dipoi in abito di eremita. Gli fu in una visione concesso il dono che in grazia del trionfo ottenuto sulle sue passioui, ogni efferatezza,ogni forza o potenza a mal fare in lui esistente, diverrebbe salutare e benigna forza e potenza in lui, e da lui in pro degli altri. Lo vidi guarire colla imposizione delle mani i mali derivanti dalla collera, dalla rabbia, dalla sete del sangue, tanto nel corpo quanto nell'anima; guariva anche gli animali. Poneva la sua cintura in bocca ai cani arrabbiati e guarivano. Lo vidi preparare e benedire piccoli pani rotondi per gli uomini, più allungati per le bestie, coi quali guariva la rabbia.Vidi con certezza che chiunque invochi il Santo con ferma fede, viene in forza dei suoi meriti e del dono di guarire a lui concesso, moralmente mato contro la collera e la rabbia. Lo vidi pure in Roma, e vidi come il Papa mosso da una visione lo consacrasse vescovo. »
S. Nicostrato.
« Quella reliquia che ho contrassegnata con un n è di S. Nicostrato. Egli era greco e fu da fanciullo colla madre ed altri prigioni cristiani condotto a Roma. La madre venne martirizzata insieme con molti altri, ed al fanciullo fu data educazione pagana. Divenne scultore. Lo vidi lavorare con tre compagni. Gli scultori abitavano in una propria contrada della città, ove qua e là vedevansi molti massi di marmo. Lavoravano in vaste ed occulte sale ove la luce scendeva dall'alto; portavano anche spesso cappucci di bruna pelle per difendere il volto dalle scheggie e frammenti del marmo che lavoravano. Vidi che Nicostrato e i suoi compagni spesso andavano in traccia e cavavano pietre da certe caverne, ove segretamente si ascondevano alcuni cristiani, e che ivi fecero la conoscenza di Cirillo, vecchio sacerdote molto benigno ed allegro. Cirillo aveva nel suo modo di essere alcunché dell'Overberg; era con tutti benigno ed amorevole, scherzava anche, e nondimeno mostravasi pieno di dignità, e quando se ne presentava opportuna occasione convertiva molta gente. Gli scultori scherzavano spesse volte con lui, e per benevola celia si proposero di scolpirgli e nascostamente donargli una statuetta della Madre di Dio. Avevano da lui e da altri cristiani risaputo alcunché della storia di Maria e di Gesù, ed eseguirono la bellissima immagine di una donna ricoperta di un lungo ammanto e velata, che con dolorosi gesti sembrava cercare un caro oggetto. Cotesta immagine o statua era indescrivibilmente bella. La caricarono sopra un carro, e Nicostrato e Sinforiano la trasportarono coll'aiuto di un giumento sin presso Cirillo. Ecco che ti portiamo la Madre del tuo Dio, che cerca il suo figlio; dissero sorridendo e gli presentarono la statua. Cirillo molto si rallegrò per quell'immagine si ben riuscita; li ringrazi), e disse cosa che suonava come se volesse pregare che essa degnasse cercare anche loro e e trovarli, e convertire il loro scherzo in cosa seria.
Coteste gravi parole le disse sorridendo e con piena benevolenza, ed essi le accolsero nell'usato scherzevole modo. Durante il ritorno un fremito ed una commozione meravigliosa scesero nell'animo loro, ma non ne parlarono. Vidi che più tardi avean voluto intraprendere la statua di una Venere, ma non so più per qual causa meravigliosa, invece dell'ideata Venere eseguirono la statua ineffabilmente bella, commovente e pudica di una martire. Erano già in numero di quattro si fecero allora istruire e battezzare da Cirillo. Da quel tempo in poi non scolpirono più immagini di dèi pagani, ma bensì ogni altra sorta di statue, e siccome erano divenuti molto pii e buoni credenti, segnavano i marmi col segno della croce prima d'incominciare a lavorarli, e quei loro lavori riuscivano affatto meravigliosi. Vidi fra le loro mani l'immagine di un santo giovine legato ad una colonna e trafitto di freccie; quella di una vergine genuflessa dinanzi ad un tronco di colonna e nel collo trafitta da una spada; ed una pietra rassomigliante ad un sarcofago, su cui era scolpito un santo martire giacente sopra una lastra di marmo. Vidi un quinto scultore per nome Simplicio ed ancora pagano che loro domandava: Vi scongiuro in nome del sole a dirmi come mai le opere vostre vi riescano così bene! Ed essi gli parlarono di Gesù e e del come segnassero le loro pietre con una croce. Da ciò penetrato Simplicio si fece pure istruire e e battezzare. L'imperatore Diocleziano li teneva in gran conto per l'arte loro, e quando fu noto che eran cristiani, diè loro il comando di eseguire un idolo, cioè una statua d'Esculapio. Non vollero farlo, vennero imprigionati, addotti in giudizio e martirizzati. Vennero finalmente deposti in casse di piombo ed affondati nell'acqua da un uomo pio, ma dopo alcuni giorni in guisa meravigliosa ritrovati e coi loro nomi sepolti. Coteste casse di piombo non furono gittate con l'aiuto dell'acqua. Fu preso un mastello d'argilla circa della grandezza di un uomo, quindi deposto in una cavità e vi fu per sopra colata una sottile superficie di piombo; fu quindi ritolta quella interna superficie di argilla, ed invece di essa furono nel piombo così formato insinuati i corpi dei martiri, e mentre il metallo era ancora caldo vi fu steso per disopra un coperchio della stessa materia. Eranvi in quelle forme sottili fori pei quali l'acqua poteva poco a ? poco penetrare, e così venner gittati nel fiume. Vidi oggi correre la loro festa (8 novembre 1821 ); ritengo però che il loro martirio sia propriamente avvenuto ai 7 di gennaio.
S. Teoctista.
Riconobbe una reliquia, come appartenente a santa Teoctista e narrò quanto segue: « Ho veduto la vita di questa santa vergine a me affatto incognita, durante il mio viaggio verso Terrasanta. Era di una città dell'isola di Lesbo, dinanzi a cui sopra una collina sorgeva una cappella dedicata alla Madre di Dio, in cui vedevasi la statua di Maria, senza Gesù bambino. Era stata lavorata da un santo scultore di Gerusalemme, cui nella persecuzione vennero poi tagliate le braccia e le gambe, e fu fatta ad imitazione del dipinto di S. Luca. Intorno a cotesta cappella abitavano in varie cellette pie e sante donne. Osservavano una regola originata dall'imitazione della vita che Maria e le altre donne menavano in prossimità di Efeso. Eravi su quella collina anche una Via Crucis simile a quella della Madre di Dio presso Efeso. Coteste pie donne educavano piccole bambine e e le istruivano. Secondo la loro regola dovevano scrutare le inclinazioni e ? le capacità naturali delle bambine, e quindi scegliere per loro una direzione di vita e di educazione, dalla quale non poteano più allontanarsi. Teoctista era stata anch'essa da fanciulletta presso di loro, ed avea soltanto desiderato restarvi sempre. Quando i di lei genitori furono morti, e la cappella ed il convento venner distrutti dalla guerra, essa venne in un altro monistero situato in un'altra isola. Costà le monache avevano le loro celle nelle caverne di un monte, e vivevano secondo la regola di una santa donna, che in passato avea riconosciuto per mezzo di una visione le catene di S. Pietro. Ne ho dimenticato il nome. Teoctista rimase in quel monistero sino all'anno vigesimoquinto dell'età sua; e mentre recavasi a visitare una sorella che viveva in altro luogo, il vascello su cui trovavasi venne preso da un pirata arabo dell'isola di Creta, e quanti erano a bordo condotti in ischiavitù. I pirati approdarono all'isola di Paro, ove eranvi molte cave di marmo, e mentre ivi contrastavano fra loro circa il riscatto dei prigionieri, Teoctista seppe trovar l'occasione di fuggire. Si nascose in una delle cave dei marmi, ed ivi visse per quindici anni come romita senz'alcun aiuto umano, finchè fu ritrovata da un cacciatore. Essa gli narrò la sua storia e lo pregò di portarle entro una scatola o pisside il SS. Sacramento, quando colà ritornasse. Ciò era a quell'epoca concesso ai laici, perchè i cristiani vivevano spesso molto dispersi e non aveano abbastanza sacerdoti. Lo ed vidi dopo il corso di un anno arrecarle il Sacramento,essa lo ricevette come ultimo viatico, poichè morì nel medesimo giorno. Quel cacciatore la seppelli, ma prima le tolse una mano, che portò via seco insieme ad un frammento delle sue vesti. Vidi che grazie alla reliquia di quella santa mano ei percorse felicemente la sua navigazione di ritorno molto pericolosa a causa dei pirati. Quand'ei mostrò quella mano al suo vescovo, gli venne rimproverato di non aver seco portato per intero quel santo corpo. »
Santa Gertrude.
« Vidi, che prima della di lei nascita sua madre ebbe insogno una visione, in cui parevale di partorire una figliuoletta, che in mano portava un pastorale d'abbadessa, da cui prendeva origine e scaturiva una vite. La madre abitava un antico castello. Una volta si trovò insieme con quella intera contrada in gravi noie ed angustie, a causa dei sorci che distruggevano tutte le sementi e le provvigioni. Ne provava il più gran ribrezzo, e la vidi piangente raccontare alla sua figliuoletta Gertrude le devastazioni di quelli animali.
Gertrude si genuflesse sul suolo in presenza della madre, e di cuore implorò orando da Dio la liberazione da quel flagello; e vidi come tutti i sorci fuggissero dal castello e si annegassero nell'acqua del fosso che lo circondava.Gertrude in forza della sua fede d'innocente bambina ottenne una grande potenza sopra questi ed altri dannosi animali. Vidi pure che aveva presso di sè alcuni sorci da lei nutriti, che venivano e si ritiravano a seconda dei suoi comandi e e desiderii, e così pure lepri ed angelli. La vidi desiderata in matrimonio, e come si rifiutasse a quella dimanda ed esortasse lo sposo a scegliersi per isposa la Chiesa, cioè divenire ecclesiastico. Ei finalmente lo fece, dopochè alcune altre vergini da lui ugualmente richieste di nozze, vennero subitaneamente a morire. Vidi Gertrude come monaca, sua madre come abbadessa, e come dopo la madre venisse abbadessa ella medesima. In quell'istesso istante in cui le fu porto il pastorale, da quel punto in cui cominciava ad esser curvo, scaturi un tralcio di vite portante un grappolo formato di diciannove acini che ella divise fra sua madre e le diciotto monache; anche un paio di sorci si fecero vedere ad accorrer dintorno al di lei pastorale, come rendendo omaggio al suo dominio. Così il sogno della madre venne ad avverarsi, »
Santa Cecilia.
22 novembre 1819. « Vidi la santa assisa entro una stanza quadrata, di molto semplice apparenza. Teneva in grembo una piccola cassa triangolare, di superficie piana, alta alcuni pollici, sulla quale stavano tese armoniche corde che essa toccava con ambe le mani. Il di lei viso era rivolto verso il cielo, e al disopra di lei vedevasi splendore e certe luminose forme come di angeli o di beati fanciulli, e pareva che ella ne avesse conoscenza. Così l'ho veduta sovente. Vidi pure un giovanetto di straordinaria parità e dolcezza starsi presso di lei; egli era maggiore di età, ma mostravasi umile ed a lei soggetto, e bastava che ella comandasse. Credo che fosse Valeriano, giacchè in seguito lo vidi insieme ad un altro legato ad un palo, battuto con verghe e quindi decapitato. Ciò non accadde in quella grande arena rotonda destinata ai martirii, ma bensì in luogo più solitario. Vidi anche il martirio di santa Cecilia id un cortile rotondo situato dinanzi alla sua casa. Cotesta casa era quadrata e ricoperta da un tetto di superficie quasi affatto piana, ove potevasi passeggiare all'intorno; ai quattro angoli vedevansi quattro globi murati e nel mezzo alcunchè di simile ad una statua o figura. Nel cortile al di sotto vedevasi un gran fuoco ardente sotto una caldaia, nella quale vidi assisa la vergine, tenente aperte le braccia e rilucente nella bianca veste di cui era coperta, e riccamente ornata di gioie. Un angelo circondato di un rosso e splendido nimbo le porgea la mano, ed un altro teneva sospeso un serto di fiori al disopra del di lei capo. Mi sembra oscuramente rammentare di aver veduto un animale cornuto somigliante ad un toro selvaggio, ma per altro non precisamente come è cotesta bestia fra noi, condotto per la porta che dava in quel cortile, e poi traversandola legato in un luogo oscuro. Cecilia estratta da quella caldaia fu per tre volte trafitta nel collo con una corta e larga spada. L'atto per altro non l'ho veduto, ma bensì la spada. La vidi pur vivere così ferita e parlare con un vecchio sacerdote. Costui lo aveva veduto anche precedentemente nella di lei casa. Dipoi vidi quella sua abitazione molto mutata e ridotta a chiesa; vi vidi molte sue reliquie ed anche il di lei corpo, da un lato del quale per altro molte particelle erano state sottratte.In cotesta chiesa celebravasi l'ufficio divino. Questo è quanto mi rimane in memoria dei molti quadri da me veduti circa la vita di Cecilia.
22 novembre 1820. « La casa paterna di Cecilia non era già nel centro di Roma, ma da un lato. Era nel genere di quella di sant'Agnese, con cortili, portici a colonne e fontana zampillante. Non ho veduto molto i suoi genitori. Vidi Cecilia molto bella, dolce e snella, con guancie di bel rosso colore, e lineamenti fini e leggiadri quasi come Maria. La vidi trattenersi e sollazzarsi con altri fanciulli in quei cortili. Per lo più un angelo stavasi presso di lei sotto le forme di un amabile fanciullo, e con lei parlava, ed essa lo vedeva, ma non lo vedevan già gli altri. Ei le aveva proibito di parlare di lui. Spesso vidi presso di lei certi fanciulli, al di cui venire quell'angelo si allontanava. Essa era circa nell'età di anni sette. La vidi anche sedere soletta nella sua stanza, e l'angelo starsi presso di lei ed insegnarle a suonare uno strumento; ei le disponeva le dita sulle corde, e spesso le teneva un foglio dinanzi. Talvolta tenea sulle ginocchia una cassa tutta tesa di corde, ed allora l'angelo stava a lei dinanzi librato nell'aria, sostenendo un rotolo in cui ella guardava, ovvero essa appoggiavasi fra il mento e il collo uno strumento somigliante ad un violino; colla destra mano intanto toccava quelle corde, e colla bocca soffiava per entro quello strumento, in cui eravi una apertura che parea ricoperta di pelle sottile. Cotesto strumento rendeva un dolcissimo suono. Vidi anche sovente presso di lei un fanciullo per nome Valeriano, ed anche i di lui maggiori fratelli, ed un uomo ricoperto da un lungoe bianco mantello, che non abitava già molto lungi, e che sembrava essere il suo precettore. Cotesto fanciullo Valeriano prendea parte ai di lei giuochi, e sembrava essere con lei educato ed assolutamente a lei destinato.
« Vidi per altro un'aia di Cecilia esser cristiana, e la giovinetta venire per mezzo di quell’aia a conoscere il santo Papa Urbano. Vidi spesso Cecilia e le compagne dei suoi sollazzi riempire con ogni sorta di commestibili e di frutti le larghe pieghe delle loro vesti, che poi sospendevano al fianco a guisa di piccoli sacchi, e quindi nascondevano avviluppandosi nei loro mantelli, e poi affatto cariche, ma avviluppate con tal arte, che non potesse essere osservata o scoperta, uscirsene alla sfuggita e l'una dopo l'altra da una certa porta. Vidi sempre l'angelo di Cecilia andarsene in di lei compagnia, il che era veramente grazioso a vedersi. Vidi quelle fanciullette andarsene per la via maestra che mena alla campagna, verso un edifizio formato da grosse torri e da ogni sorta di muri e e di recinti. Fra coteste muraglie abitavano molti poveri, ed in certi forami e sotterranee prigioni albergavano dei cristiani. Non so più precisamente se vi stavano carcerati o semplicemente nascosti; pareva però come se quei poveri individui che abitavano fra le mura dell'ingresso, o sorvegliassero e fossero ivi posti in guardia di quei cristiani, ovvero avessero cura dei loro nascondigli. Costà vidi quei fanciulli distribuire ai poveri ciò che aveano portato; pareva che lo facessero quasi segretamente. Vidi che Cecilia si legò con una fascia la tunica stretta intorno ai piedi, e quindi si lasciò in giù scivolare lungo un ripido muro; le fu allora dato di penetrare entro il sotterraneo, ed una volta le fu dato anche di giungere per un rotondo foro entro una cantina ove era un uomo che la condusse presso S. Urbano. Vidi che egli la istruì facendola leggere in certi rotoli o volumi, e che essa prese seco e nascose sotto le vesti simili rotoli per portarli a casa. Oscuramente rammento che ella fu anche in quei sotterranei battezzata. Vidi una volta il giovanetto Valeriano col suo precettore trovarsi presso quelle vergini che insieme si sollazzavano, e che egli in quei giuochi volle prendere fra le braccia Cecilia, ma che essa lo respinse. Ei se ne lagnò col suo precettore e costui raccontò l'accaduto ai di lei genitori; non so ciò che raccontasse, ma essi castigarono Cecilia e non le fu concesso di uscire dalla sua stanza. Iyi sempre vidi l'angelo presso di lei istruirla nel suonare varii strumenti e cantare. Vidi pure che Valeriano poteva presso di lei penetrare e che invero molto uono ed al vi restava, ma che essa tosto dava principio alcanto. Una volta ei la volle a forza abbracciare, ma in quel medesimo istante l'angelo la ricopri di una luminosa veste candida come neve. Dipoi vidi Valeriano venir da lei interamente conquiso e guadagnato; egli spesso trattenevasi nella di lei stanza, mentre ella se ne andava via accorrendo presso S. Urbano, ed i genitori credevano che i due giovani si trattenessero insieme.
« Finalmente vidi pure un quadro relativo ai loro sponsali. Vidi i genitori di ambidue gli sposi e molti altri uomini, donne, fanciulli e vergini, entro una sala ove ammiravansi belle statue. Cecilia e Valeriano erano ornati di corone e portavano variopinte vesti solenni. Eravi pure una mensa piuttosto bassa, e coperta di vivande. I genitori vi condussero i due giovani fidanzati, e ambidue dovettero vicendevolmente bere ad una sola coppa un certo vino denso e rosso od altra bevanda che si fosse. Mentre ciò facevasi vennero pronunziate alcune parole e fu letto alcun chè dai volumi, ed anche vi fu alcunchè di scritto. I circostanti mangiarono, stando in piedi, parte delle imbandite vivande. Vidi sempre l'angelo starsi in mezzo fra Cecilia ed il suo sposo. Dipoi vidi tutti i presenti avviarsi in solenne processione verso la parte posteriore della casa, ove nel mezzo di un libero ed aperto spazio appariva un rotondo edifizio sostenuto da colonne. Nel centro di quell'edifizio sorgevano sopra un piedistallo due figure strette in amplesso. In cotesta processione vidi una lunga catena di fiori sospesa a candidi pannilini, venir portata da giovani fanciulle. Quando giunsero dinanzi alle statue situate in quel tempio, vidi dall'alto scendere l'immagine di un fanciullo, che pareva fosse stato ad arte gonfiato ed empiuto di vento, mosso da una macchina e librato nell'aria, e calar poco a poco in modo da accostarsi prima alla bocca di Valeriano e poi alle labbra di Cecilia, che ambedue dovean baciarlo. Vidi però che l'angelo pose la mano dinanzi alle labbra di Cecilia quando quella figura le si accostd. Allora i due sposi vennero interamente avviluppati ed annodati da quelle fanciulle con la catena di fiori, talmentechè le due estremità della medesima dovevano venire ad essere insieme congiunte strettamente, dopo averli l'un coll'altro riuniti. Vidi però che l'angelo stava fra loro, e che Valeriano non potea accostarsi a Cecilia, poichè essa si ritrasse addietro e non permise che le due estremità della catena venissero insieme annodate. Essa parve dire a lui cosa alcuna, come se egli non vedesse ciò che avveniva, e che ella aveva un altro amico, e ch'ei non dovea toccarla. Allora lo vidi divenire molto serio e domandarle se ella a caso amasse alcun altro fra quei giovani presenti; ella soggiunse che se egli la toccasse, il di lei amico lo ricoprirebbe di lebbra e lo punirebbe. Ma ei replicò che ove ella amasse un altro, ei li ucciderebbe ambedue. Tutto ciò fu susurrato a bassa voce e venne ritenuto per indizio della lor pudicizia. Cecilia per altro disse a Valeriano che subito dopo gli spiegherebbe il tutto. Li vidi quindi insieme e soli in una stanza. Cecilia disse di avere un angelo presso di sè, e quando Valeriano pretese di volerlo vedere, gli rispose che nol potrebbe finchè non fosse battezzato. Quando lo inviò a sant'Urbano, lo aveva già seguito come suo consorte in un'altra casa. »
Santa Caterina.
« Il padre di santa Caterina si chiamava Costa. Derivava da regia stirpe ed era un discendente di Azaele, che fu per ordine di Dio da Elia consacrato re di Siria. Vidi il profeta munito del vaso del sacro olio traversare il Giordano e consacrare Azaele, cui tutto allora riuscì felicemente.Più tardi gli antenati di Costa vennero coi Persiani o coi Medi in Cipro e vi ottennero possessi. Erano come lui adoratori degli astri e del fuoco, ma si attenevano pure alla idolatria siro -fenicia. Dal lato materno poi Caterina discendeva dalla famiglia della sacerdotessa degli idoli Mercuria, ché in Salamina venne convertita da Gesù. Dopo la conversione ella avea emigrato in Terrasanta. Aveva ricevuto nel battesimo il nome di Famula, e nella persecuzione susseguente alla lapidazione di Stefano avea ottenuto la corona del martirio. Nella famiglia di cotesta Mercuria durava da lungo tempo la profezia sovente ripetuta, che un gran profeta verrebbe dalla Giudea che muterebbe il tutto, rovescerebbe gli idoli, annunzierebbe il vero Dio, e verrebbe anche in contatto con cotesta famiglia. Quando Mercuria con due figlie si rifugiò in Palestina, lasciò in Cipro un figlio illegittimo, il cui padre era un console romano di allora, e cotesto figlio, che venne battezzato ai tempi di Gesù, più tardi insieme con Paolo e Barnaba lasciò l'isola di Cipro. Questo figlio di Mercuria sposò la più giovine sorella di sua madre, e da cotesto matrimonio derivò la madre di Caterina. Essa era la unica figlia di Costa. Avea come sua madre biondi capelli, » era molto vivace ed animosa, e sempre aveva o di che patire o di che lottare e contendere. Aveva un'aia, e di buon'ora ebbe pure uomini per precettori. La vidi fabbricare giocarelli e ninnoli con corteccia di alberi, che ella poi donava ai poveri bambini. Quando poi fu più adulta, scrisse molto su delle tavole e dei volumi e li donò ad altre fanciulle, che imitarono quelle scritture. Vidi pure essere ella molto affiatata coll'aia di santa Barbara, che era segretamente cristiana. Possedeva in alto grado lo spirito profetico dei suoi antenati materni, e quella profezia riguardante il gran futuro profeta le fu pure mostrata in visione quando appena era in età di sei anni. Essa la narrò e la espose in quell'istesso giorno a mensa ai suoi genitori, cui non era sconosciuta la storia di Mercuria. Il di lei padre, uomo d'animo freddo e duro, la rinchiuse per castigo entro un oscuro sotterraneo. La vidi colà dentro, e come i sorci ed altri animali con lei fossero affatto domestici dinanzi le scherzassero. Tutto era luce a lei dattorno.
Con tutto il cuore aspirava verso quel profetizzato Salvatore degli uomini, e desiava che anche a lei commuovesse il cuore, ed ottenne molte visioni e ? lumi soprannaturali nel suo spirito. Da quel tempo ella concepì un odio profondo verso gli idoli, e furò di nascosto e sotterrò e spezzò tutte le piccole immagini idolatriche che poteva pervenire a sottrarre; ed a causa di ciò e e dei suoi straordinari e profondi discorsi contro gli dèi pagani, bene spesso venne imprigionata nel carcere di suo padre. Venne poi anche istruita in tutte le scienze, e vidi come passeggiando disegnasse sull'arena e su tutte le mura del suo palagio, e come ciò imitassero le sue compagne. Quando fu in età di circa anni otto, il padre fece con lei un viaggio ad Alessandria, ove prese a conoscere il futuro suo sposo. Il padre ritornò seco di bel nuovo in Cipro. Non eranvi ivi ormai più giudei; solo qua e là trovavansi ancora alcuni schiavi ebrei e pochi segreti cristiani. Caterina venne istruita internamente da Dio, e pregò ed aspirò ardentemente al santo battesimo, che le venne amministrato nell'anno suo decimo. Effettivamente il vescovo di Diospoli inviò segretamente tre sacerdoti in Cipro per consolare i cristiani di quell'isola. Egli aveva avuto in spirito l'avviso di far battezzare anche Caterina, che in quel momento trovavasi di bel nuovo in carcere, ove avea per custode un segreto cristiano. Costui la condusse di notte nel nascosto luogo d'assemblea dei cristiani che avea luogo fuori della città in un sotterraneo. Vi andò più volte ed ivi insieme agli altri venne dai sacerdoti istruita e battezzata. Vidi che il sacerdote battezzante effuse sopra di lei acqua che teneva in una tazza. Caterina ricevè nel battesimo una ineffabile sapienza.
Parlava di cose affatto meravigliose, ma pure teneva ancora nascosta la sua fede, come tutti gli altri cristiani. Siccome però suo padre non poteva più a lungo sopportare quella di lei continua astinenza dal culto degli idoli, nè i di lei discorsi e profezie, la recò seco a Pafo e e ivi la fece rinchiudere, opinando che in tal modo non avrebbe più relazione alcuna coi suoi compagni di fede. Ella era d'altronde sì bella ed avveduta, che il padre possentemente l'amava. Le furono pure spessissimo cangiati i servi e le fantesche che l'attorniavano e la custodivano, perchè sovente fra loro trovavansi segreti cristiani. Aveva già per lo innanzi avuta l'apparizione di Gesù come suo Sposo celeste, e cotesto divino Sposo erale sempre dinanzi al pensiero, nè voleva sentir parlare di alcun altro uomo. Da Pafo ritornò di bel nuovo a casa ed il padre la voleva maritare ad un giovane di Alessandria per nome Massimino. Costui derivava pure da una stirpe che altre volte avea goduto del regio potere, ed era nipote del governatore di Alessandria, che essendo privo di figli lo avea eletto in suo erede. Caterina per altro non ne volle sapere. Vidi che tentarono di sedurla, ma essa animosamente e sorridendo respinse ogni tentativo. Era inoltre così sapiente ed avveduta, che i più dovevano cedere e fuggirsene vinti nella loro stupidità. Prima di cotesti tentativi di sponsali e mentre era ancora in età di dodici anni, la madre erale morta fra le braccia. Caterina confessò alla moribonda di esser cristiana, la istrui, e la indusse a ricever il battesimo. Vidi che Caterina spruzzò con un ramoscello acqua conte nuta in una tazza d'oro sul capo, sulla fronte, sulla bocca e sul petto di sua madre.
« Siccome fra Alessandria e Cipro eravi sempre molto commercio, così il padre fece condur Caterina in Alessandria presso un parente, poichè sperava che costà finalmente si arrenderebbe allo sposo. Costui le venne incontro sopra un vascello, ed io la intesi di bel nuovo tenere meravigliosi, profondi, cristiani discorsi, e declamar contro gli idoli. Lo sposo alcune volte con scherzosa collera le chiuse la bocca, ma essa sorrise, e continuò a parlare con sempre maggiore ispirazione. Sbarcarono dapprima in un altro luogo, ove lo sposo la condusse in una casa affatto dedita alle gioie ed ai piaceri del mondo, onde tentare di mutare i suoi generosi sensi; ma ella rimase secondo il suo consueto animosa nel proposito, piena di buono spirito, di dignità e di gentilezza. Era allora in età di tredici anni. In Alessandria abitava presso il padre del suo sposo in un gran palagio composto di molti compartimenti. Anche lo sposo abitava ivi, ma separatamente, ed era quasi insano per amore ed inquietudine. Ella sempre parlava dell'altro sposo, cioè del celeste, e quindi era stato stabilito di forzarla a mutar sentimenti per mezzo della seduzione. Le furono condotti anche uomini sapienti onde rimuoverla dalla fede cristiana, ma ella li copri tutti di vergogna e confusione.
« In quell'epoca eravi in Alessandria il patriarca Teona che colla sua grandissima dolcezza aveva indotto i pagani a non più perseguitare i poveri cristiani. Essi erano per altro ancora molto oppressi, dovevano tenersi nella maggior quiete e cautela, e ben guardarsi dal parlare contro l'idolatria; da ciò ne nacque una gran tiepidezza fra i cristiani ed una pericolosissima tolleranza verso i pagani, per lo che Iddio dispose che Caterina coi suoi lumi e sapere e col suo zelo infiammato risvegliasse molti da quel torpore. Vidi Caterina presso Teona. Ei le diè il Sacramento da portare seco a casa, ed essa il portò racchiuso in una custodia d'oro appesa sul petto. Non ebbe per altro il sacratissimo sangue. Vidi pure in quel tempo molti poveri uomini che aveano l'aria di esser eremiti, venir condotti prigioni in Alessandria e spaventosamente tormentati, impiegandoli in fabbricare, in scavar pietre e portarle.Credo che fossero giudei convertiti che aveano intra preso la vita eremitica rifuggendosi sul monte Sinai, e che poi erano stati trascinati in città. Portavano vesti brune, intessute con maglie, presso a poco della grossezza di un dito, ed una brana banda o fascia sopra la testa, che ne discendeva sin sulle spalle. Vidi che anche a a loro venne segretamente distribuito il Sacramento. Caterina, dacchè il di lei sposo partendosi da Alessandria intraprese un viaggio in Persia, ritornò un'altra volta in Cipro e sperava di vedersi libera dal minacciato matrimonio.
Suo padre si mostrò molto di mal umore nel non vederla per anco maritata. Dovè ritornare in Egitto ed ivi fu sempre più tormentata colle insistenze di matrimonio. Più tardi fu chiamata un'altra volta in Salamina presso il.padre, e colà ricevuta molto solennemente da vergini pagane, ed assalita con ogni sorta di sollazzi e e di seduzioni, ma non fu possibile ottener cambiamento nelle sue idee. Ritornata di bel nuovo in Alessandria, fu più che mai oppressa da insistenze e premure. Vidi una gran festa pagana; Caterina venne costretta dai suoi parenti pagani ad entrare nel tempio degli idoli, ma non fa possibile indurla ? a sacrificare. Anzi, mentre il sacrificio agli idoli procedeva con gran pompa, Caterina presa da meraviglioso entusiasmo si avanzò verso i sacrificanti, rovescid l'altare dei pro fumi ed i vasi, ed incominciò a declamare ad alta voce contro l'abbominio dell'idolatria. Ecco che ne sorse gran tumulto; s'impadronirono di lei, la dichiararono pazza furiosa, incominciarono ad esaminarla nel peristilio del tempio, ma ella prese a parlare con maggior veemenza. Allora venne condotta prigione, ma per la via chiamò tutti coloro che confessavano Gesù Cristo, invitandoli ad unirsi seco per dare il sangue per colui che con tutto il sangue suo li aveva redenti. Venne rinchiusa in carcere, flagellata con scorpioni, e data in preda alle bestie feroci.
Pensava in me e penso ancora che non sia permesso di attrarre così sopra di sè il martirio, quasi con violenza, ma vi sono al certo delle eccezioni ed esistono eletti strumenti impiegati da Dio. Caterina era stata sempre sospinta con violenza al culto degli idoli ed all'unione matrimoniale tanto da lei detestata; subito dopo la morte della madre, il suo genitore l'avea in Salamina spesso condotta a forza alle scandalose feste di Venere, ove per altro non avea mai aperto un occhio. In Alessandria lo zelo cristiano era addormentato. I pagani si compiacevano molto che Teona consolando i maltrattati schiavi cristiani, li esortasse a servir fedelmente i loro crudeli padroni, e dimostravano verso quel patriarca tanta benevolenza, che molti deboli cristiani pensavano non dover poi esservi si gran male e tanto scandalo nel paganesimo. Questa fu la cagione per cui Iddio suscitò la forte, coraggiosa, ed illuminata vergine, onde colla parola, l'esempio e il suo magnanimo martirio molti convertisse, i quali senza di ciò non sarebbero andati salvi. Nascondeva sempre sì poco la sua propria fede, che andava in cerca per le pubbliche piazze degli schiavi ed operai cristiani, e li consolava ed esortava alla fermezza nella fede loro, giacchè ben conosceva quanti e quanti dalla tolleranza vengano intiepiditi e poi cadano. Ella avea veduto dei poveri apostati prender parte nel tempio al sacrificio offerto agli idoli, e quindi il di lei dolore e santo sdegno ne eran divenuti talmente vivaci. Quelle belve cui dopo la flagellazione venne gittata in preda, lambirono le di lei ferite, dalle quali, appena fu ricondotta nel carcere, guarì istantaneamente in modo meraviglioso. Il di lei sposo volle entrare in quel carcere per farle violenza, ma dovè per altro svergognato ed avvilito da lei allontanarsi. Venne suo padre da Salamina, ed ella tratta di prigione venne di bel nuovo condotta in casa dello sposo. Costà vennero impiegati tutti i mezzi possibili di seduzione onde indurla a cadere. Quelle fanciulle pagane che doveano persuaderla, vennero da lei guadagnate a Cristo, ed anche quei filosofi che erano venuti per disputare, si confessarono vinti e persuasi da lei. Il padre ne divenne furibondo, disse che tutto era opera d'incanto e di magia, e la fece flagellare e condurre in carcere un'altra volta. Ivi la moglie del tiranno la visitò e sì convertì insieme ad un ufficiale. Quando cotesta donna venne nel carcere, apparve un angelo che teneva sospesa al disopra del capo di Caterina una corona, ed un altro che le presentava un ramo di palma. Non so se ciò fosse veduto dalla moglie del tiranno.
« Caterina venne allora condotta nel circo e collocata sopra un luogo elevato fra due grandi ruote tutte guarnite di denti uncinati, e di acute punte di ferro simili a quelle di un vomero. Allorchè si volle dar moto a quelle ruote, un fulmine le spezzò e le disperse in mezzo ai pagani, dei quali circa trenta rimasero morti o feriti. Sussegui un terribile uragano di vento e di grandine, ma la vergine rimase tranquilla sedendo colle braccia distese in mezzo agli avanzi di quelle ruote. Quindi fu di nuovo condotta via e per molti giorni la oppressero e la tormentarono. Molti uomini tentarono impadronirsi di lei, ma sempre con una mano li respinse, e quelli rimasero irrigiditi e immobili siccome statue. Altri precipitaronsi sulla vergine, che solo colla mano accennando verso coloro che là stavano come pietrificati, da sè respinse i loro infami assalti. Ciò tutto fu ritenuto per magia, e Caterina venne di bel nuovo condotta sul luogo delle esecuzioni. Si genuflesse dinanzi al ceppo di morte tenendo la testa rivolta da un lato, e venne decapitata con un ferro appartenente ad una di quelle semidistrutte ruote. Sgorgò dalla ferita meravigliosa quantità di sangue, spillando come d'ordinario in alto, e divenendo poi scolorito come l'acqua; la testa cadde affatto recisa. Il corpo fu poi gittato sopra un ardente rogo, ma le fiamme si rivolsero verso i carnefici, e quelle sacre · membra vennero avvolte da un nembo di fumo. Allora gittarono il cadavere a terra e v'aizzarono sopra belve affamate per lacerarlo. Ma queste non lo toccarono, e nel susseguente giorno gli sgherri gettarono il corpo della vergine in una fossa piena di immondezze, ai piedi di un cespuglio di sambuco. Nella notte seguente vidi in cotesto luogo due angeli vestiti di paramenti sacerdotali, che il luminoso corpo ricoprirono con un involucro di corteccia, e quindi volando lo portarono via di là. Caterina era in età di sedici anni quando fu martirizzata, nell'anno di Cristo 299.
Delle molte vergini che piangendo l'aveano accompagnata al luogo del martirio, alcune divennero in seguito di nuovo infedeli, ma la moglie del tiranno e l'ufficiale soffrirono animosamente il supplizio dei martiri. I due angeli portarono il corpo della vergine sulla vetta inaccessibile del monte Sinai. Vidi la superficie piana di quella vetta essere assai vasta perchè vi potesse essere spazio sufficiente ad edificarvi una piccola casa. Consisteva di sasso colorato, in cui erano impresse forme d'intere piante o vegetabili. Collocarono il corpo e la testa colle sembianze rivolte verso la pietra, che sembrò divenuta molle come cera, giacchè quel sacro corpo vi si impresse dentro interamente come in una forma. Vidi come le mani rimanessero con piena purità di contorno rappresentate ed impresse in quel sasso. Gli angeli collocarono su quella pietra che stava alquanto rialzata dal livello del suolo un luminoso coperchio. Il sacro corpo rimase in quel luogo per molti secoli completa mente nascosto,finchè fu mostrato da Dio in visione ad un eremita del monte Oreb. Costà vivevano molti eremiti sotto il comando di un abate. Quell'eremita svelò la sua visione già ripetuta più volte all'abate, e si trovò che anche un altro dei suoi fratelli ne aveva avuto una simile. L'abate comandò loro per santa ubbidienza di andare in traccia ed impossessarsi di quel sacro corpo, il che non era possibile in modo naturale, giacchè la vetta ove trovavasi era affatto inaccessibile, prominente e dirupata.
Li vidi percorrere tutta quella strada che esigeva molti giorni di viaggio, nel corso di una sola notte; si trovavano in istato soprannaturale. Mentre tutto era tenebre ed oscurità, intorno a loro regnava la luce. Vidi ognuno di essi portato su quella ripida punta fra le braccia di un angelo, e vidi gli angeli aprire il sepolcro; l'uno dei due eremiti prendere e portare il capo, l'altro stringere fra le braccia innanzi al petto il sacro corpo, inviluppato e divenuto piccolo e leggiero, e così sostenuti dalle braccia angeliche venire ambedue in giù riportati. Vidi ai piedi del monte Sinai la cappella ove posa quel santo corpo. Cotesta cappella è sostenuta da dodici colonne. I monaci che vi abitano mi sembrano greci. Portano vesti di una rozza stoffa che fabbricano costà da loro medesimi. Vidi le ossa di santa Caterina in un piccolo sarcofago. Non eravi per altro racchiuso che il bianchissimo teschio e un braccio intero; non vidi di più. Tutto in cotesto monastero è in decadenza. Vidi pure presso la sacrestia una piccola grotta incavata nello scoglio, le di cui pareti racchiudono entro piccole aperture sante reliquie. Per la più parte sono inviluppate in lana e in seta, e ben conservate. Vi sono fra quelle anche reliquie dei profeti che altre volte vissero su quel monte, e che già dagli Esseni venivano ivi venerati nelle loro caverne. Vidi anche costà reliquie di Giacobbe, di Giuseppe e della di lui famiglia, che gli Israeliti avevano seco portate dall'Egitto. Coteste sante cose sembravano essere sconosciute, pur nondimeno venivano talvolta onorate da alcuni pii monaci. La chiesa intera del monistero è fabbricata sul monte ed a quello annessa dal lato che guarda verso l'Arabia; pure è costrutta in modo che si può girare all'intorno anche nella parte posteriore. »
La beata Maddalena di Hadamar e la beata Colomba Schanolt di Bamberga.
Ai 19 gennaio 1820 il Pellegrino porse ad Anna Caterina un piccolo frammento di un pannolino già intriso nel sangue della piaga del costato di queste due stimmatizzate. Quando prese in mano quel frammento trovavasi in estasi, ma disse per altro così: « Che debbo io farmi con quel lungo vestito? Non posso andare da quella monachina; è troppo lontana! Hanno poi tanto tormentato cotesta povera monachina, che essa non ha potuto compire la sua missione. Morì prima di aver finito. » Coteste espressioni riuscirono pel Pellegrino affatto iucomprensibili. La inferma per altro ebbe in seguito più grandiosa visione relativamente a Maddalena, di cui raccontò: « Ho veduto Maddalenuccia, cui appartiene quest'abito, ma è lontana e non può venire sino a me. L'ho veduta nel cimitero del suo convento, in un angolo del quale trovasi un piccolo ossuario. Là vicino, sul muro del cimitero, eravi l'immagine della Stazione della Via Crucis, e nella casetta medesima dell'ossuario l'immagine di un Salvatore portante la croce. Dinanzi a quel piccolo edificio sorgeva una pianta di sambuco ed eravi anche una siepe di noci. Su quell'intera piazzetta poi che estendevasi intorno al piccolo edifizio, posava un gran mucchio di lavori non finiti, come stoffe non cucite completamente, ricami, e cose simili. Tutto ciò io doveva porre in ordine e compire. Mi misi alacremente al lavoro e cucii, e rattoppai, e frammezzo recitai lei l'ufficio, Dovetti ciò facendo sudar molto e perne guadagnai spaventevoli doglie in tutti i capelli. Sentiva quel dolore separatamente in ogni capello. Sapeva benissimo il significato di quel lavoro e di ciascuno degli oggetti intorno a cui lavorava. Presso quel cespuglio di sambuco, ed in quell'ossuario ove eravi un angolo tranquillo e veramente piacevole per raccogliersi ed orare, la buona Maddalenuccia erasi troppo lasciata andare in braccio alla sua pietà, e quindi aveva trascurato e lasciato incompleti varii lavori incominciati in pro dei poveri.
Quando mi fui alla fine sbarazzata di quel monte di lavori, me ne stetti entro quella casuccia dinanzi ad un armadio, ed ivi Maddalena mi si presentò ringraziandomi e con sembianze affatto allegre, come se da ben lungo tempo non avesse più veduto alcuno. Aprì da sè medesima quell'armadio e vidi ivi racchiusi tutti quei bocconi di cui si era privata onde risparmiarli per i poveri. Mi ringraziò perchè io aveva ripulito quel luogo e compiuto i lavori. Quaggiù nella vita mortale, disse ella, si può fare in un'ora ciò che lassù non si può più compensare. Mi promise anche alcuni cenci pei miei bambini poveri. Disse che avea preso sulle sue braccia troppe cose per eccesso di buon animo e benevolenza, talmentechè avea dovuto poi trascurarle ed interromperle le une dopo le altre. Mi diè l'ammaestramento che l'ordine e la discrezione son necessarie anche nel patire, altrimenti ne nasce la confusione, Essa non era molto alta di statura, ma molto magra nelle membra; piena per altro e florida nel volto. Mi mostrò la casa dei suoi genitori, e m'indicò anche la porta da cui era uscita per andarsene in convento. Vidi in seguito anche molti quadri della sua vita in monistero. Era molto benevola e soccorrevole, e lavorava ed affaticavasi in pro degli altri in tutto ciò che le era possibile. La vidi anche giacente in letto venire all'improvviso sorpresa da morbi diversi, e nell'istesso modo subitaneamente guarire. Vidi l'effusione sanguigna delle sue stimate, e come nei patimenti ricevesse aiuto soprannaturale.
Quando la priora o le altre monache le stavano vicine da un lato del suo letto, vidi dall'altro lato figure di angeli o di monache librarsi in giù dall'alto, e consolarla, darle a bere, ovvero sostenerla. La vidi d'altronde trattata bene dalle sue consorelle, ma lo stato suo essendo venuto in cognizione del pubblico, la vidi molto soffrire per le continue visite e falsa venerazione. Tutte le cose che le accadevano erano state cosi malavvedutamente esagerate, che ciò le avea cagionato grandissimo cordoglio, come da sè medesima me l'assicurò. Vidi anche il di lei confessore notare e scrivere, ma egli più assai parlò della sua propria meraviglia che delle cose stesse che la destarono. La vidi pure sottoposta ad un'inquisizione dopo la soppressione del suo convento, e vi vidi impiegare ecclesiastici e medici militari. Non vidi nulla di oltraggioso, ma vidi quei tali condursi molto rozzamente e con mal garbo, ma per altro ben lungi dall'essere sì maliziosi e e falsi come quelli che ho avuti io. La tormentarono specialmente col farla mangiare, e dovè quindi andare molto soggetta al vomito. Erasi già da bambina sommamente abituata all'astinenza ed alle privazioni; i di lei genitori erano di bassa condizione, ma buonissima gente. Sua madre specialmente le avea sempre detto, durante la sua prima gioventù, quando mangiava e beveva: ora fa di meno di quel boccone, adesso bevi di meno quel sorso in pro di cotesto povero, o per la tal anima del purgatorio; e così erasi all'astinenza abituata. Gli ecclesiastici in cotesta ultima inquisizione avevano lasciato far tutto ai medici, e si mostravano molto tepidi. Ella ebbe in sè molte cose meravigliose, ma era stata troppo conosciuta. Morì troppo presto; erasi molto angustiata internamente e tutte coteste angustie aveva in sè soffocate e soppresse, in modo tale che la sua vita ne venne ad essere abbreviata. Ho veduto la di lei morte e non già le cerimonie e le circostanze relative alla sepoltura e al trattamento del cadavere, ma bensì l'ho veduta allorchè il corpo rimaneva giacente e l'anima se ne partiva. » Allorchè il Pellegrino più tardi riportò un'altra volta quel frammento di pannolino in di lei vicinanza, essa esclamò: « Ah sei tu qui, caro cuor mio! Oh come ella è lesta, soccorrevole, benevola ed amabile! »
Quindi rimase per lungo tempo affatto silenziosa e poi dimando con molta vivacità: « Perchè mai Gesù disse a Maddalena: Donna, perchè piangi? Io so il perchè: il mio Sposo mi ha detto perchè parlasse cosi. Maddalena lo aveva cercato con tanta ansia e si irrequieto ardore, e quando lo ebbe trovato lo ritenne per un giardiniere. Perciò le disse: Donna, perchè piangi? Ma quando ella disse: Maestro! e lo riconobbe, ei soggiunse: Maria! Ed ecco, nel modo con cui cerchiamo, così noi troviamo. Così ho pure veduto nel caso di questa mia Maddalenuccia. L'ho veduta giacente in una oscura stanzetta, ed ivi a lei venire molte persone; eran coloro che la volevano esaminare ed inquisire. Eran rozzi nei modi, ma non per altro cosi cattivi come quelli che vennero da me. Le parlarono pure di un clistere, ma cotesto discorso le riuscì molto grave e lo accolse con tal mala voglia, che ne cadde in troppo cordoglio. Quando poi si lasciò andare a maggior sommessione, nulla le accadde di quel che temeva. Vidi cotesto quadro standomi dinanzi alla di lei finestra, che dava sul giardino. Avea forse provato questo spiacevole incidente, per avere disperato di trovare il suo Sposo celeste, che pure era presso di lei. Maddalenuccia mi è ancora debitrice dei cenci promessi.
« Ho veduto pure la domenicana Colomba Schanolt di Bamberga, ineffabilmente umile, schietta e semplice. Malgrado le di lei stimate, la vidi far tutto e lavorare intorno ad ogni cosa. La vidi orare nella sua cella giacente prostrata sul volto e come morta. La vidi pure nel suo letto, e come le di lei mani effondessero sangue, e come il sangue le sgorgasse pur dalla fronte al disotto del velo. L'ho vista pur ricevere la Comunione, e come la immagine di un piccolo e luminoso bambino partendosi dalla mano del sacerdote in lei passasse. Ho avuto pure visioni che ella aveva avute. Io le veggo passare in un quadro a lei dinanzi o presso di lei, mentre ad un tempo la veggo o giacente od orante. L'ho veduta portare un cilicio, ed anche una catena intorno al corpo, sinchè non le venne proibito. Le di lei visioni erano quadri della vita del Signore, ed anche di consolazione e e di direzione spirituale. Trovavasi benissimo nel suo convento, ed era molto meno tormentata, e quindi aveva molto più progredito nella vita interna spirituale, ed era molto più semplice e profonda di Maddalenuccia. L'ho veduta pure nell'altro mondo precedere Maddalena di grado e di situazione. Il modo con cui ciò si vede è difficile ad esprimere. Il miglior modo di designarlo è quello di dire che sembra come se ella abbia percorso molto tratto di strada. »
Effetti prodotti da alcune particelle del Preziosissimo Sangue, e da alcuni capelli della SS. Vergine. Nel giugno 1822 il Pellegrino avea ricevuto da Colonia un amuleto con la iscrizione De Cruore Jesu Christi, che derivava da un convento di Carmelitane soppresso in quella città (1).
(1) Trovavasi unita a quella reliquia una dichiarazione del seguente tenore: « lo Giovanni Verdunckh, cameriere e guardaroba di S. A.S. Elettorale Massimiliano Duca di Baviera, dichiaro colla presento che dopo che la Serenissima signora Principessa Elisabetta Palgravia del Reno, Duchessa della Baviera superiore ed inferiore ecc., nata Duchessa di Lorena, morì nel monastero di Randtshoffen e quindi la di lei eredità venue descritta e poi rilasciata in possesso dei di lei eredi e parenti, il gran Maresciallo di corte di S. A.S., Conte Massimiliano Kurz di Senftenau ecc., diede a coloro che avean servito S. A. un ricordo di riconoscenza e di onore per parte della defunta; a me per buona ventura venne concesso un Agnus Dei d'oro, da cui pende un diamante, in cui sono racchiusi capelli della nostra diletta Madre Maria SS. Se S. E. il Conte di Kurz abbia saputo che dentro quell'Agrus Dei fosse contenuta sì santa reliquia non posso affermarlo; io però l'ho venerata, conservata, e quindi concessa e data alla mia figlia Anna di Gesù, carmelitana in Colonia, al momento della di lei professione. Così pure tre o quattro anni dopo, allorchè S. A. S. il mio signore e padrone ebbe generato ed ottenuto'eredi dall'attuale principessa Elettrice, aprì i grandi reliquiarii, nei quali fra le cose contenute trovavasi un grosso pezzo de terra madefacla Sanguine Christi, di cui furon prese tre particelle per racchiuderle in tre Agnus Dei destinati alla Serenissima sua Sposa e ai due giovani principi; e siccome cotesta sacra terra venne divisa sopra un foglio di carta nettissimo, vi rimasero due o tre piccolissinie particelle talmente piccole che S. A. S. non potè prenderle colle dita, e quindi mi comando, onde non venissero a caso profanate, di abbruciarle. lo peraltro ho conservato in cotesta finissima carta quelle piccole particelle e non le ho abbruciate, anzi le ho tenute in grande onore e venerazione, e siccome la mia cara figlia Anna di Gesù me ne ha supplicato, le ho pure fatto dono di cotesta sacra reliquia. Ciò tutto attesto sulla mia coscienza e per quanto desidero di salvar l'anima mia, esser vero, ed il tutto esser avvenuto precisamente come l'ho qui descritto, Quindi a vera prova ho suggellato le reliquie in presenza di testimonii col mio piccolo suggello, ed ho scritto anche di mia mano questa dichiarazione, l'ho sottoscritta e vi ho impresso l'impronta del mio suggello medesimo.
Dato a Monaco ai 30 maggio 1643.
L. + S.
GIOVANNI V BRDUNCKH
Cameriere e guardaroba elettorale.
Lo nascose senza saputa di Anna Caterina nell'armadio a muro situato presso il di lei capezzale. Nel giorno susseguente essa raccontò così: “ Ho passata una notte molto inquieta e mi son trovata in uno stato molto straordinario. Fui sospinta in cotesta direzione (e qui indicò il luogo ove trovavasi nascosto il piccolo reliquiario) da un dolce impulso di bramosia e di fame ardente; era un appetito, una sete che non poteva esser saziata. Parevami sempre come se dovessi volare verso un luogo, e di là poi dovessi volar di nuovo verso un luogo diverso. Mi sentiva molto commossa, e vidi molti quadri contempora nei e successivi. Andando in quella direzione vidi l'intero quadro del come Gesù Cristo nel giardino degli olivi genuflesso sopra una pietra sudasse sangue in una caverna. Vidi i discepoli dormienti, come pure un intero quadro dell'angoscia di Gesù e e dei peccati degli uomini che l'opprimevano. Vidi pure quella pietra spruzzata dalle goccie di sangue dal sacro suo Corpo stillate. Erano ricoperte di sabbia o di terra ed affatto nascoste; parevami per altro come se quella sabbia venisse dinanzi a me ritolta, onde potessi vedere quelle stille di sangue. Pareva che ciò accadesse molto tempo dopo l'epoca reale. Vidi pure un quadro della SS. Vergine, che nel medesimo tempo, in un cortile della casa di Maria di Marco, stava genuflessa sopra una pietra, e la forma delle sue ginocchia su quel sasso s'imprimevano. Provava anch'essa l'angoscia di Gesù e ne veniva in uno stato come di svenimento, e le si dava soccorso. Vidi tutto ciò nel medesimo tempo. Vidi pure un quadro relativo ai capelli di Maria, e vidi di nuovo come i di lei capelli fossero divisi in tre parti, e come gli apostoli dopo la di lei morte recidessero e spartissero quei capelli. »
Allora il Pellegrino le mostrò il piccolo reliquiario. Essa lo considerò con silenziosa devozione e finalmente disse: « Vi sono anche dentro capelli di Maria. Li veggo di nuovo. Havvi effettivamente qua dentro Sangue di Cristo. Ve ne sono tre finissimi globuli. Questa reliquia agisce in modo affatto diverso dalle altre sacre reliquie. Mi attrae sì meravigliosamente, mi desta in cuore sì dolce ed assetata bramosìa! Le altre reliquie risplendono in paragone di questa, siccome un fuoco in faccia allo splendore del sole di meriggio.
Ripetè poi più volte: « Questo è del Sangue di Cristo. Ho veduto una volta quello che era stillato da un'ostia. È al certo rimasto sangue di Cristo sulla terra, non già il sangue sostanziale, ma soltanto come un colore; non posso esprimerlo. Ho veduto gli angeli raccogliere quello soltanto che era caduto sulla terra e sulla via percorsa dal Signore durante la sua Passione. »
Ebbe ancora per lungo tempo visioni circa il ritrovamento, la venerazione e tutta la storia di coteste sacre reliquie, ed intorno a ciò raccontò successivamente quanto segue: « Vidi una pia principessa in abito di pellegrino arrivare con grosso seguito in Gerusalemme. Derivava dall'isola di Creta, e non era stata ancor battezzata, ma vi aspirava ardentemente. La vidi in Roma quando era ancor pagana. Paveva che in quel momento vi fosse tregua in una persecuzione, giacchè il Papa da cui fu costà istruita, abitava in un edifizio rovinato, ed i cristiani qua e là tacitamente si riunivano.
In Terra santa le cose andavano pei cristiani piuttosto tranquille, ma un viaggio a Gerusalemme era per altro accompagnato da molti pericoli. Gerusalemme era molto mutata; certe alture erano spianate, e certe valli colmate di terra e di rovine per entro la città, ed alcune vie passavano sopra ad alcuni notabili e santi luoghi. Credo pure che i Giudei fossero stati tutti compresi e racchiusi in una parte della città. Esistevano ancora rovinose traccie del tempio. Il luogo del santo Sepolcro rimaneva fisso ed immutato presso il monte Calvario e al di fuori della città, ma non si poteva accedervi, giacchè era completamente ingombro di terra e di rovine; e murato per sopra ed all'intorno, e presso vi dimoravano in certi forami, e sottovolte di rovinati muri molti santi uomini che lo veneravano, e pare vano essere ancora di quelli che vi furono stabiliti dai primi vescovi sin dal tempo dei santi Apostoli. Essi non potevano col corpo pervenire al santo Sepolcro, ma spesso in visione arrivavano nella sua immediata vicinanza. Pareva che poca attenzione si facesse ai cristiani; essi potevano senza alcun disturbo, ma con una certa cautela visitare i luoghi santi, qua e là scavare e raccogliere le reliquie e cose sacre. In quel tempo furono rintracciati e raccolti anche varii corpi santi della prima epoca, e vennero gelosamente custoditi.
Quella pellegrinante principessa, orando sul monte Oliveto, vide in visione il sacratissimo Sangue e lo indicò ad un sacerdote di quelli che vegliavano al santo Sepolcro. Costui con cinque altri si recò al luogo indicato e vi scavò la terra. Vi trovarono una pietra colorata, sulla quale Gesù avea sudato sangue; era spruzzata di molte stille sanguigne. Siccome non potevano liberare affatto quella pietra collegata allo scoglio, così ne separarono da un lato una superficie grande della grossezza di circa cinque palmi. Di cotesta superficie ne ricevette una porzione la principessa pellegrina. Ottenne pure altre sacre reliquie e frammenti delle vesti di san Lazzaro e del vecchio Simeone, la cui tomba giaceva distrutta non molto lungi dal tempio. Ritengo che il nome di cotesta principessa sia santo, ma non conosciuto fra noi.Quel frammento di pietra era triangolare e pieno di vene d'ogni colore. Dapprima fu collocato entro un altare, ed in seguito nel piedistallo di un ostensorio. »
8 luglio. « Il padre di quella vergine principessa derivava dai re di Creta (Creta era allora in poter dei Romani); ciò nondimeno ei possedeva ancora molti beni, ed abitava un castello presso una città situata nel lato occidentale dell'isola, che chiamavasi Cydon o Canea. Costà crescevano molti frutti gialli a spicchio, larghi sul gambo, ed ottusi nella parte superiore ( 1 ).
( 1 ) Quei frutti erano senza dubbio mele Cotogne prodotte dall'albero in botanica chiamato Malum Cydonium.
Fra la città e il castello sorgeva un grand'arco, attraverso di cui vedevasi entro la città, ed al quale conduceva un gran viale. Il padre aveva altri cinque figli; la madre non la vidi più esistere, mentre la figlia era ancor giovine. Egli era stato già prima una volta in Terra santa ed anche in Gerusalemme. Uno dei suoi antenati avea conosciuto quel Lentulo, che avea tanto affetto per Gesù e tanta amicizia con Pietro, e per di lui mezzo era venuto a conoscere il Cristianesimo, da ciò proveniva che anche il padre della nostra vergine non era del Cristianesimo avversario. Mentre egli una volta trovavasi in Roma insieme con quello che doveva esser suo genero, parlarono ambedue fra loro del Cristianesimo, ed il futuro genero disse che non poteva mai cessare un momento dal bramare ardentemente di divenir cristiano. Credo che in quest'occasione si trattasse del futuro matrimonio, o almeno che venisse fatta reciproca conoscenza. Padre e sposo si fecero più precisamente istruire nella fede cristiana da un sacerdote. Lo sposo, che avea il grado di conte, era a vero dire di origine romana, ma nato nelle Gallie. Il re erasi sempre più allontanato dal modo di vivere pagano, e la sua figliuola e gli altri figli, che educava il meglio che poteva, aveano spesso udito le lodi del Cristianesimo. Egli avea diritto e pretensioni fondate sul Labirinto di Creta, ma vi avea rinunziato in grazia del suo cambiato modo di pensare e l'avea rimesso al suo cognato. Quel Labirinto ed il tempio non erano più allora in gran uso come nelle epoche anteriori, in cui ben spesso vi venivano condotte creature umane per esser dilaniate dalle bestie feroci; eravi per altro ancora celebrato il culto degli idoli, e molti stranieri lo visitavano a cagione della meravigliosa sua rarità, e vi si commettevano internamente vergognosi ed abbominevole atti. Da lungi avea sembianza di un monte di verzura.
Quando la nostra vergine si trovò in Roma per farsi istruire nella fede, poteva essere in età di circa diciassette anni; e quando nell'anno susseguente peregrinò da Creta verso Gerusalemme con altre persone di ugual pensiero ed intendimento, mi sembra che suo padre fosse già morto, e che essa fosse libera padrona di sè stessa. Recò seco il Preziosissimo Sangue, portandolo sul corpo entro una cintura preziosamente ricamata, in cui erano praticate molte piccole tasche. I pellegrini solevano portare simili cinture ad armacollo. Quando di nuovo fu giunta in Creta, non passò lungo tempo che il conte suo promesso sposo venne a cercarla sopra un vascello. Ei si trattenne ancora per un certo tempo in Creta e poi la condusse in Roma, ove si trattennero lungamente ed ei venne segretamente battezzato. In quell'epoca la Cattedra di S. Pietro rimase per alcun tempo vacante; eravi discordia e confusione, ed aveano luogo molti segreti assassinii di cristiani. Da Roma si recarono sopra un vascello e con la scorta di molti soldati nelle Gallie. A contar dall'epoca del loro matrimonio possono avere speso circa la metà di un anno fra Creta e Roma. Il preziosissimo Sangue veniva allora portato dal conte durante il viaggio in una cintura intorno al suo corpo. La sposa glielo aveva dato come pegno della sua fedeltà. Il suo soggiorno era stabilito sul Rodano, non lungi da Avignone e da Nimes, giacchè forse appena ne distava sette ore di viaggio, e quel castello era situato sopra un'isola. Tarcasso ed il solitario ritiro di Marta non ne erano molto lontani. In Nimes vi erano già allora alcuni maestri ed istitutori cristiani, i quali segretamente vivevano insieme. Il chiostro di santa Marta era situato sopra un monte posto fra il Rodano ed un lago. Il castello del conte sorgeva come ho detto sopra un'isola, e non lungi da quello vedevasi un piccolo villaggio. Il vicino villaggio di S. Gabriele, che in seguito venne a sorgere, deve la sua origine ad un miracolo, per mezzo del quale un uomo fu salvato da una tempesta che lo sorprese sul lago. Il conte venia visitato di tempo in tempo da un eremita che era un santo sacerdote.
« Il preziosissimo Sangue venne sul principio conservato sotto una volta sotterranea. Era uno spazio oscuro cui si giungeva soltanto passando sotto molte altre volte; sotto una di coteste volte vedevansi piante e provvigioni, e nell'inverno venivanvi anche trasportati árboscelli verdeggianti. Quel Sangue SS. era riposto in un vaso fatto a guisa di calice, e posava sull'altare, dinanzi a cui ardeva una lampada, in un tabernacolo fatto ad angoli, che avea una piccola porta non chiusa. Li ho veduti spesso là dentro pregarvi dinanzi. Vidi che più tardi vissero separati ed anche a certa distanza dal castello come eremiti, e che vi venivano soltanto talora per farvi le loro divozioni dinanzi al sacratissimo Sangue. Vidi pure che udirono una voce, la quale loro prescrisse di erigere una cappella, e che essi ne fabbricarono una in quella sala che loro prima serviva di refettorio. Vidi che la venerazione di quell'augusta reliquia cresceva di più in più, ma sempre però segretamente. Fu in seguito trasmessa per eredità con gran cautela e documenti duplicati.
« Vidi pure in quell'epoca alcune cose circa S. Trofimo in Arles, ma mi ricordo soltanto questi nomi. Eranvi, già prima che il conte si ammogliasse, cristiani venuti di Palestina a stabilirsi in quei contorni, ed il conte li aveva sempre ben trattati e protetti. Eranvi qua e là alcune piccole e segrete comunità cristiane. Il padre della contessa avea tenuto celata la sua maniera di pensare ai suoi figli maggiori, che non pensavano come lui; i fratelli più giovani poi attenevansi alla fede della sorella, e credo che fra loro vi siano stati dei martiri. »
11 luglio: « Pensai al sacratissimo Sangue e gettai uno sguardo sull'altare esistente nel castello della contessa. Vidi pure costei prima come fanciulla presso suo padre nell'isola di Creta, poi durante il suo soggiorno col conte in Roma. Ivi pure vidi nel tempo medesimo S. Mosè, ancora fanciullo di otto o dieci anni, che arrecava ogni sorta di conforto e di ristoro ai prigionieri ed agli infermi cristiani. Vidi in Roma il conte e la contessa starsi in sotterranee spelonche insieme con altri cristiani e coi sacerdoti, e leggere volumi manoscritti al chiarore delle lampade; sembrava come se venissero istruiti in segreto. In quell'epoca vennero celatamente battezzate in Roma molte persone ragguardevoli; non eravi invero alcuna persecuzione pubblica, ma chi era preso, era perduto.
« Già tempo innanzi erano venuti dalla Palestina certi cristiani, che si erano stabiliti in prossimità dell'abitazione del conte. Egli avea segreto commercio e relazione con loro. Sul principio non avevano la santa Messa, e solo praticavano in comune l'orazione e la lettura dei sacri libri. Più tardi, circa ogni sei settimane veniva a loro un eremita ed in seguito un sacerdote di Nimes, e celebra vano la santa Messa. Ciò avveniva in quel tempo in cui potevano portare e tenere in casa la santissima Comunione.
« Quando il conte e la contessa si separarono per vivere in solitudine, aveano già figli adulti, cioè due figli e una figlia. I loro romitorii erano distanti gli uni dagli altri e dal castello di una mezz'ora di cammino, ma pure sempre compresi nel raggio dei giardini e dei campi al castello appartenenti. Per giungervi doveano passare per un ponte al disopra di un fiumicello non molto largo. Colà eravi una sorta di piccoli edifizii costrutti a volta in cui abitavano. Nei contorni abitavano pure altri cristiani alloggiati nell'istessa guisa; si prestavano scambievole aiuto ed alla fine vi sorse come un convento. Non sono morti colà, e non sono neppure stati martirizzati, ma al momento che surse il pericolo si rifugiarono in un altro luogo. »
Ai 13 di luglio Anna Caterina indicò una reliquia come appartenente a papa Anacleto. Disse essere il quinto Papa, e successore di Clemente, e che era martire. Nel tempo medesimo disse relativamente alla storia della reliquia del Preziosissimo Sangue quanto segue:
« Quel sacerdote che scarò la reliquia del preziosissimo Sangue fu il santo vescovo Narciso. Egli era della stirpe dei santi re Magi, coi quali i suoi antenati erano venuti in Terrasanta. Apparve gran luce quand'ei di nottetempo scavò nel giardino degli ulivi; la vergine principessa eravi pure presente. Era vestito alla foggia degli apostoli. Gerusalemme era in quel tempo appena riconoscibile; per causa della distruzione le valli erano state colmate e rialzate, e le alture tolte di mezzo. I cristiani aveano ancora una chiesa presso la piscina Bethesda, fra Sionne ed il Tempio, ove la lor chiesa era stata anche al tempo degli Apostoli. Questa prima per altro non esisteva più. Abitavano all'intorno di essa in capanne, e quantunque il contorno da loro abitato fosse affatto separato dalla città, pure doveano pagare un balzello per potere andare in chiesa. Alle porte della medesima stavansi un uomo ed una donna, cui gli uomini e le donne doveano pagare quell'imposta. Pagavano cinque piccole monete e ciò valeva per un certo tempo. Lo stagno o piscina di Bethesda coi suoi portici a colonne non esisteva più; tutto era ingombro di rottami. Invece eravi una fonte ricoperta da un edifizio. Ritenevano quell'acqua per sacra e ne usavano nelle infermità, come si usa fra noi l'acqua benedetta.
« Il nome del conte è come quello dell'amico di santo Agostino cioè Pontiziano; la contessa si chiamava Tazia ovvero Dazia; non lo posso pronunziare. La festa di cotesta santa si celebra alla fine di maggio o al principio di giugno. »
Ai 18 di luglio dopo il meriggio disse all'improvviso: È stato appunto da me un uomo, un cardinale, che fa confessore della santa regina Isabella. Ei fu gran direttore di spirito e mi disse ch'io doveva accusarmi del bene da me negletto e tralasciato, e che dovea espiare molti peccati altrui. Mi mostrò santa Datula che ha posseduto il preziosissimo Sangue; essa ne conobbe l'immenso valore, ed abbandonando tutti i suoi beni visse con suo marito nella solitudine a piangere i suoi peccati. Quel cardinale si chiamava Ximenes. Non ho mai sentito in prima questo nome; non è stato mai dichiarato santo. » Vedendo un giorno molte cose relative alla vita di santa Marta, indicò in cotesta occasione in modo preciso quel luogo ove abitavano Pontiziano e Datula presso a poco così: « L'isola col castello giacevano al punto di sbocco del braccio orientale del Rodano; vi voleva circa una mezz'ora a percorrere il contorno dell'isola. Pontiziano avea sotto di sé dei militi, ed il suo castello rassomigliavasi ad una fortezza circondata da muri. A distanza di sette ore rimontando il corso del Rodano trovasi la città di Arles, e circa otto ore più lungi trovasi il convento di santa Marta, situato sopra un'altura piena di scogli.
Ai 24 di luglio vide un quadro che, molto gioiosa per la commovente impressione che ne avea ricevuta, venne a descrivere. Non ricordavasi più distintamente per qual causa ed in qual correlazione lo avesse veduto. Lo narrò alla foggia con cui una sorpresa contadinella descriverebbe una gran solennità. Interruppe sempre sè stessa con espressioni di meraviglia circa la bellezza, e l'ordine, e l'innocenza che in tutto avea regnato, mentrechè tutti coloro che vi avean preso parte, quantunque niuno di essi fosse ancor cristiano, avean pure ardentemente bramato di divenirlo, e di praticare, per quanto potevano, i costumi e gli usi dei cristiani. « Creta (disse ella) è un'isola lunga, stretta, e molto addentellata; nel centro scorre una catena di monti che la divide per metà. Il castello del padre di santa Datula era un edifizio meravigliosamente bello e grande, ed incavato negli scogli marmorei a foggia di sovrapposte terrazze. Su quelle terrazze correvan portici a colonne, ed anche i cortili erano circondati da portici sostenuti da colonne, sui quali portici erano stati creati dei giardini. Il di lei padre aveva edificato coteste terrazze e giardini pensili quasi a muro e difesa dinanzi al suo castello, e ciò allor chè fu iniziato al Cristianesimo, pel solo motivo di separarsi affatto dalla vicinanza del Labirinto e e dall'abominevole tempio degli idoli. Egli era uomo affatto dedito alle arti belle, e riusciva a praticarle in tutta l'estensione. Lo vidi sempre aggirarsi in mezzo ai più abili artefici ed architetti che avea presso di sè raccolti. Avea la testa calva e alquanto nascosta fra le spalle; del resto era molto benevolo e solerte. Possedeva inoltre vasti beni e terreni nell'isola, ed anche esercitava qualche comando. Il muro esterno era edificato a gradini a guisa di scala. I terrazzi eran piantati di verzura ben acconciata e rimonda, che serviva d'ingresso alle stanze ed agli anditi.
« Oggi correva il giorno dell'anno in cui Pontiziano rimuoveva Datula come sua sposa dal palazzo del di lei fratello (giacchè il padre più non viveva ). Durante la intera notte ho veduta così distintamente cotesta meravigliosa festa, che mi trovo avere ancora dinanzi agli occhi tutte le sembianze ed i lineamenti delle fantesche e dei servi. In quel palagio abitavano due fratelli di Datula; ambidue averano molti figli, garzoni e fancialle, ed eravi inoltre moltissima servitù. Ogni fanciullo aveva un aio ed inoltre una quantità di uomini e e donne destinate al suo speciale servigio; come pure ogni bambino aveva la sua aia e nutrice attendente, che ne aveva avuto cura sin dalla nascita. Eranyi pure colà tutti i parenti della famiglia con tutti i loro domestici. La via che conduceva al castello era per una mezz'ora di cammino ingombra di archi di trionfo e di artificiali sedili dai due lati, e quegli archi e quei se dili erano ornati di fiori, di statue, di belle coltrici, e di fanciulli che musicavano. Ciò si estendeva sino alla porta del castello, presso la quale era stata edificata una tribuna su cui dovea sedere la sposa. Pontiziano era giunto giorni innanzi in un porto vicino con un vascello pieno di soldati, di servi e di donne, e di regali e donativi, ed erasi recato in altro prossimo castello per porvi in ordine la sua solenne processione. Presso la sposa il più commovente spettacolo era quello della gioia di tutti i familiari e degli schiavi. Tutti venivano sempre trattati con tanta carità ed amore, e con molte elargizioni, ed ora mostravansi pieni di gioia. Stavansi tutti collocati lungo la via che guida al castello prima i più umili,quindi i più alto locati, e poi sopra seggi elevati i fanciulli della famiglia col loro seguito.Pontiziano si avanzò in gran pompa e processione; precedevano i servi in ornate divise ed i suoi soldati che pure lo circondavano, e conducevano giumenti e piccoli cavalli rapidissimi portanti ceste ripiene di vestimenti ed ornati, mentre altri portavano vasi ripieni di ogni sorta di confetture. Pontiziano sedeva sopra un cocchio largo e di bellezza meravigliosa, somigliante ad un trono bene addobbato; splendevanvi dinanzi faci ardenti, che posavano sopra una base come di cristallo, e anche al di sopra del padiglione del cocchio eranyi simili faci. Il tutto era ornato con belle coltrici, con oro ed avorio. Cotesto cocchio era trascinato da un elefante. Nel suo seguito era compresa pure una grossa schiera di donne e damigelle.
« Tutto procedeva ordinatamente e con allegria attraverso quel bel paese, e per quei bei viali pieni di frutti gialleggianti, di fiori, e di lieta gente; ? e per tutto vedevasi e adivasi il giubilo, per altro senza grida sfrenate e tu multuose. Quando il corteo dello sposo giunse ai primi servi collocati nel gran viale, i precursori di Pontiziano cominciarono a distribuire a tutti vesti, abbigliamenti, e focacce di confetture; fra coteste torte eranvene alcune ornate di fiori e di fronde di arboscelli. Così il corteo procedette sempre continuando quella distribuzione in mezzo al giubilo universale. Quando lo sposo fu giunto presso i seggi occupati dai fanciulli della famiglia, essi gli stesero sulla via e gli tennero dinanzi serici strati ornati di frangie, ed ei venne salutato con canti e musica da cori fanciulleschi. Ivi discese anch'egli dal cocchio, e distribuì loro presenti e donativi, e così il corteo continuò a procedere sin presso ai fratelli e le cognate della sposa, e finalmente traversando un grande ed ornato arco trionfale, venne a passare sopra un ponte.Allora frammezzo ai leggiadri e magnifici edificii e giardini, si vide apparire un teatro costrutto a forma di nicchia, con molti gradini e terrazze, e pieno di ceste e pendaglie di fiori, e di belle immagini e statue. I gradini eran ricoperti di magnifici tappeti, e le pareti perpendicolari dei terrazzi sopportavano file intere delle più belle immagini ed arazzi. Erano affatto trasparenti e tralucevano, e mi rammento aver veduto fra quelli rappresentata una intera caccia, in cui gli occhi delle belve scintillavano come fosser di fuoco. È ben vero che quel corteo procedeva di giorno chiaro, ma quel teatro o trono era situato in un seno profondo, e quindi quanto lo circondava era o posteriormente, ovvero di fianco artificialmente illuminato. Eranvi pure faci del genere di quelle che vedevansi sul cocchio dello sposo. Intorno poi a quel trono vedevasi un semicircolo di altri piccoli edifizi, dai quali al momento dell'arrivo di Pontiziano sgorgò all'improvviso un dolce canto accompagnato da un'armonia di flauti; il tutto era meravigliosamente bello.
«Ma il più vago oggetto di tutti era la sposa Datula, che sedea in alto sul trono, mentre i sottoposti gradini occupavano due file delle sue amiche e damigelle. Erano tutte biancovestite ed aveano le chiome con arte intrecciate sul capo e adorne di gioielli, e portavano lunghi veli. Datula era vestita di candida e rilucente stoffa, credo di seta, con moltissime lunghe pieghe 9, ed i suoi capelli erano tutti intrecciati delle più belle perle, e non è da dire quanto mi riuscisse commovente il vedere attraverso il di lei abbigliamento posarle e risplenderle sul cuore la ricamata cintura contenente la reliquia del Preziosissimo Sangue, che col suo splendore celeste vinceva e superava tutta la circostante magnificenza; e vidi pure il di lei cuore tutto immerso nel dolce senso e pensiero della prossimità di quella ss. reliquia. Ella era divenuta come un vivente ostensorio, ed allorchè il di lei sposo comparve dinanzi al trono, i suoi servi e serve circondandolo disposte in semicircolo, le presentarono sopra un gran cuscino coperto di serica stoffa i doni nuziali, consistenti in preziose vesti e gemme, ed ornamenti ricoperti da un magnifico velo. Il tutto era ornato da ogni sorta di rabeschi e di fregi, e fu consegnato alle fantesche, che via sel portarono. Allora Datula con l'accompagnamento del suo seguito discese dal trono, si copri del velo e genuflesse umilmente dinanzi a Pontiziano, che sollevandola, le ritolse quel velo e guidandola per mano la condusse prima verso quella parte del suo corteo che stava a dritta, e poi facendola retrocedere, la condusse verso la parte del seguito che formava il semicircolo posto a manca. Ei la presentò così ai suoi seguaci come loro futura sovrana e signora. Riusciva sì commovente il vedere che ella seco portava il Preziosissimo Sangue in mezzo ai pagani! Opino ch'ei lo sapesse, giacchè mostravasi pure tanto commosso e pieno di ammirazione. Quindi gli sposi si ritirarono col resto della famiglia entro il castello.
« Non può dirsi qual ordine regnasse in tanta moltitudine, e come quella lieta gente si bellamente si dividesse e distribuisse nelle camere, nei cortili, sulle terrazze e fra i boschetti, e parte ancora sotto le tende e mangiasse, e scherzasse e cantasse. Non vidi alcuna danza. Vidi pure allora un gran banchetto in una vasta sala rotonda, ove da tutti i lati potevasi per entro vedere. La sposa sedeva presso Pontiziano. La mensa era più alta di quel che soleva esserlo presso i Giudei: gli uomini giacevan distesi come su letti di riposo. Le donne sedevano colle gambe incrociate. Su quella mensa vennero imbandite cose mirabili; vi si vedevano grandi animali e figure che portavano sui fianchi le vivande, ovvero sul dorso, ovvero in ceste che tenevano fra le fauci. Era cosa bizzarra ed allegra, e gli ospiti scherzavano in ogni modo circa coteste figure. I vasi che contenevano le vivande rilucevano come se fossero di madreperla. Vidi per tutta la notte cotesto quadro; non ho veduto peranco la cerimonia nuziale, ma vidi la partenza di Datula con Pontiziano. Molti bagagli furono anticipatamente inviati al vascello, e fra molte lagrime ed augurii di felicità, un nuovo solenne corteo s'avviò verso il porto.Vidi Pontiziano, e Datula, e molte altre persone se dute in un lungo e svelto cocchio, fornito di molte ruote e costrutto in modo, che talvolta nelle sinuosità della strada si ripiegava sopra sè stesso in modo tale, che tutta la società veniva a formare un semicircolo; era tirato da piccoli e briosi cavalli. In tutta cotesta festa non ho veduto nulla di troppo libero e nemmeno la minima inconvenienza, e quantunque quei che vi prendevan parte non fossero cristiani, pure non vi si osservava nulla d'idolatrico, ed anzi sentivasi alcunchè da piacere a Dio. L'intera famiglia pareva esser già inclinata al Cristianesimo.Gli uomini erano straordinariamente belli, nè posso in alcun modo dimenticare le belle, grandi, e forti donne e donzelle. Datula ne prese molte seco ed anche l'aia sua ovvero educatrice della sua gioventù, che era pure molto inclinata al Cristianesimo. Non vidi l'imbarco. »
Agli 11 febbraio 1821, mentre Anna Caterina era in estasi ), il Pellegrino lasciò cadere a caso da un libro di preghiere una immaginuzza del Crocifisso sulla coperta del suo letto. Essa l'afferrò rapidamente e la ritenne con ambedue le mani, tenendo gli occhi chiusi, la tastò qua e là, e disse: « Deve essere venerato; è prezioso, è stato in contatto? risplende si luminosamente. » Quindi si pose quell'immagine sul petto e seguitò: « Questa immagine ha toccato la tunica di Gesù Cristo, ed in cotesta tunica havvi una macchia del Sangue di Gesù, il che da niuno è saputo. Cotesta macchia è nella parte superiore del collo. »
8 aprile 1823. « Ho avuto grande difficile lavoro con reliquie dei tempi più antichi. Ciò avvenne in paese molto più lontano di Terrasanta. Gli ecclesiastici costà non eran precisamente come i cattolici. Portavano vesti alla foggia dell'antica Chiesa, ed erano come quelli che abitano sul monte Sinai. Mi sembra di essere stata in quella contrada ove sempre veggo il più prossimo dei tre re Magi; quella città ove conservavasi l'antico libro di profezie scolpito su lamine di rame (Ctesifonte) giace a sinistra. Ebbi là da fare col Sangue di Gesù Cristo e dovetti indicare un tesoro di reliquie a quei sacerdoti. Vidi sette vecchi sacerdoti scavare fra antichi muri rovinati entro una sotterranea spelonca; visitarono dapprima la volta per vedere se non fosse in procinto di cadere. Le sante reliquie eran murate entro una grossa pietra, che sembrava esser di un solo pezzo, ma che era artificialmente formata da tre parti triangolari. Quando fu aperta, vi si ritrovò entro una spessa e bruna coperta tessuta in crini o capelli, ed al disotto un vero tesoro delle cose più sante spettanti alla Passione ed alla Sacra Famiglia. Il tutto erayi racchiuso in vasi triangolari e collocati accanto gli uni agli altri. Eravi specialmente dell'arepa o polvere di terra già esistente ai piedi della croce, bagnata e colorita dal Sangue di Gesù Cristo, ed una piccola anfora ripiena dell'acqua sgorgata dalla ferita del costato; cotest'acqua era limpida, luminosa e tenace, e non stillò fuori dal vaso. Eranvi pure spine della corona, un ritaglio del rosso mantello dell'Ecce Homo, alcuni frammenti di vesti della SS. Vergine, reliquie di sant'Anna e di molti altri. Erano sette i sacerdoti che lavoravano in quel sotterraneo, e vi vennero con essi anche dei diaconi. Credo pure che vi deponessero sopra il SS. Sacramento. Io vi ebbi molto da fare e dovetti pure liberar dei prigioni ( vale a dire delle povere anime del purgatorio), ed il Preziosissimo Sangue dovè pure aiutarmi in quell'opera. Ritengo che gli apostoli abbiano costà altre volte celebrato la Messa. »
Ai 9 di ottobre 1821 narrò come segue: « Ho veduto molte cose della vita di S. Francesco Borgia: l'ho veduto come uomo di mondo e come religioso, e mi rammento che provava scrupoli circa la Comunione quotidiana, ed orava dinanzi l'immagine di una Madonna. Ivi ricevè uno spruzzo del Sangue di Gesù e del latte di Maria, e gli fu detto che non dovea privarsi del cibo spirituale di cui vivea. Cotesta partecipazione del latte di Maria l'ho veduta spesso in altre immagini di santi raffigurata così, come se a guisa di bambini suggessero dal di lei seno, o come se quel latte spillasse dal di lei seno verso di loro. Cotesta per altro è una rappresentanza inesatta e scandalosa. Ho veduto ciò avvenire in tutt'altro modo. Vidi dal seno diMaria, vale a dire dall'immediata prossimità del di lei seno,uscire una bianca nuvoletta che verso quei santi si dilungava raggiando, e da essi veniva aspirata. Parea come se da lei sgorgasse manna. Dal costato di Gesù spiccavasi sfolgoreggiando un rosso strale verso S. Francesco.Ciò rassomigliasi al grano ed al vino, alla carne ed al sangue. È ineffabile. »
Effetti della santa Lancia.
Nel giugno 1820 il confessore avea ricevuto da un antico reliquiario esistente nel palazzo ducale di Dülmen alcune innominate reliquie, fra le quali trovavasi una particella supposta appartenere alla S. Lancia. Quand'ei l'ebbe portata ad Anna Caterina ed essa l'ebbe a sè accostata, gridò ad alta voce e disse: « Punge, punge! Questo è un segno! Ho risentito una puntura! » e la piaga del di lei costato fu trovata rosseggiante. Ebbe quindi una visione intorno a Longino e raccontò: « Ho veduto il Signore morto sulla croce. Ho veduto tutto, ogni luogo ed ogni posizione, e tutto il popolo come nel venerdì santo. Era il momento in cui dovean venire infrante le gambe dei crocifissi. Longino aveva un cavallo o mulo (giacchè non era come i nostri cavalli, avendo il collo assai più grosso), che stava ad attenderlo fuori del circolo del supplizio; si avanzò a piedi colla lancia entro quello spazio, montò sulla vetta del Golgota, e percosse il Signore nel lato destro. Quando ne vide scorrere il sangue e l'acqua, se ne sentì meravigliosamente commosso, si affrettò ? a discendere, e mosse cavalcando rapidamente verso la città. Se ne andò a Pilato e disse che riteneva Gesù esser figlio di Dio, e che non volea più militare.
Lasciò la lancia e le altre armi presso Pilato e se ne andò. Credo che fosse Nicodemo che lo scontrò poco dopo e cui parrò i medesimi fatti, e da quel momento si uni ai discepoli. Pilato riputò quella lancia per indegna e vergognosa come strumento di supplizio, nè volle conservarla presso di sè, e credo che quindi Nicodemo la ricevesse da lui. Credo che possediamo una reliquia di Nicodemo. » Da quel tempo in poi conservò quella sacra reliquia insieme colle altre nel suo armadio a muro. Più tardi il Pellegrino fu una volta testimonio del come essa in estasi rivolgendosi verso quell'armadio dicesse: « Ecco qua i soldati con la lancia. Avvi là dentro una particella della lancia di Cristo. È Vittore che porta quella reliquia nella sua propria lancia. Tre soli lo sanno. » E siccome sulla sera di quel giorno fu presa da tali patimenti, che desta e con gli occhi aperti, pure giaceva sul letto come morta, senza potersi nè muovere nè dare alcun segno, anzi talmente priva di ogni sensibilità che anche il comando e la benedizione ecclesiastica sembravano restare senza effetto, così narrò in seguito: « Dopo il meriggio provai una sensazione come se la croce di Gesù posasse sopra di me, ed il suo sacro corpo giacesse morto fra le mie braccia sulla mia dritta. Alquanto più lontana posava la sacra lancia in due frammenti: uno consisteva in una grossa scheggia, l'altro in una piccola. Che doveva io prendermi a conforto e consolazione? Presi il sacro corpo, e la lancia si dileguò da me. Allora potei di nuovo parlare. »
Un'altra volta narrò come segue: « Guardai continuamente la sacra lancia, e mi sembrò come se venisse immersa nel mio lato dritto, e la sentii passare a sinistra fra le mie coste. Posi la mano nella ferita per tentar di guidar la punta fra l'una e l'altra delle mie coste. » Essa aveva inoltre vomitato sangue, » e ne aveva effuso anche dal costato.
Effetti di una reliquia della santa Croce.
Il Diario del Wesener contiene in data del 16 ottobre 1816 il primo fatto relativo al riconoscimento delle reliquie che sia riferito da un testimone oculare. « Trovai la inferma immersa in profonda estasi. Siccome anche il P. Limberg era presente, così gli mostrai una piccola cassetta che mi era stata arrecata siccome legato di mia suocera morta appunto in questi giorni. Conteneva fra altre molte reliquie due particelle piuttosto considerabili della santa Croce. Il P.Limberg senza dire parola mi prese dalle mani cotesta cassetta, si avanzò verso il letto della inferma e gliela tenne dinanzi ad una certa distanza. Ecco che la inferma si sollevò ad un tratto, e con ambe le mani afferrò avidamente la cassetta, 9 e quando ne fu in possesso se la strinse con forza sul cuore. Quindi il P. Limberg le dimandò che avesse mai costà dentro, ed essa rispose: Cosa molta preziosa: una piccola parte della santa Croce. - Il P. Limberg la richiamò allora dall'estasi, ed io espressi il desiderio di avere la mia cassetta. Ella si mostrò molto meravigliata che mi appartenesse, giacchè aveva creduto di averla trovata tra i vecchi frammenti di stoffa di seta che le erano stati inviati da Köesfeld in pro dei suoi lavori pei poveri ed infermi, ed era rimasta altamente sorpresa che quella pia persona da cui aveva ricevuto quei cenci, non avesse meglio custodito cosa sì sacra. »
Cinque anni dopo il Pellegrino riferisce circa quel medesimo frammento della santa Croce: « Quand'oggi le fu tenuta dinanzi, mentre trovavasi in visione, una particella del legno della santa Croce appartenente al medico Wesener, distese le mani verso quella reliquia e disse: - La posseggo anch'io, l'ho sul cuore e sul petto (portava sopra di sè una reliquia della santa Croce ricevuta dall'Overberg ). Ho anche una reliquia della lancia. Dalla croce pendeva il corpo, ma questa è stata nel corpo. Qual delle due debbo amare maggiormente? La croce è lo strumento della redenzione, la lancia ha aperto una larga porta dell'amore: oh ieri vi entrai ben addentro! (Era stato giorno di venerdi). La reliquia della croce mi rende dolci i dolori, la reliquia della lancia li allontana. Bene spesso, quando quel sacro frammento della croce mi raddolciva talmente le pene, ho detto con confidente familiarità al Signore: Oh Signor mio, se per te è riuscito così dolce il patire su questa croce, o che questa piccola particella della medesima, non mi raddolcirà ella i miei dolori? » Nel cambiamento di domicilio avvenuto nell'agosto 1821, la reliquia della santa Croce avuta dall'Overberg era andata smarrita, il che molto addolorava l'inferma. Pregò sant'Antonio e fece in di lui onore celebrare una Messa, onde ottener la grazia di ritrovare quella sacra reliquia. Ai 17 d'agosto rientrando dalla visione nello stato abituale, si ritrovò avere in mano quella reliquia: « S. Giuseppe e sant'Antonio son stati presso di me (disse ella) e sant'Antonio mi ha messo il frammento della croce in mano. »
Una veste della SS. Vergine.
30 luglio 1820. « Ho scoperto di bel nuovo in quel pacchetto di reliquie che mi ha portato il confessore, un piccolo frammento di stoffa di un vestito di color bruno appartenente alla Madre di Dio. Vidi a questo proposito un quadro relativo a Maria, e come essa, dopo la morte di Gesù, vivesse con una fantesca in una piccola e solitaria casa. In una visione delle nozze di Cana, riconobbi che Maria aveva costà portato quel vestito; era veste appropriata alle solennità. Maria viveva in quella piccola casetta affatto sola colla sua fantesca ed era talvolta visitata dai discepoli, dagli apostoli, e da Giovanni. Ivi non albergava alcun uomo.
La fantesca andava in cerca di quel poco di che abbisognavano per nutrirsi. I contorni erano silenziosi e tranquilli, e quella casa era situata non molto lungi da un bosco. Vidi che Maria coperta di quel vestimento, visitava e percorreva lentamente una via che ella stessa avea fatta disporre in prossimità della sua abitazione, in memoria della via dolorosa percorsa da Gesù durante la sua Passione. Vidi che prima percorse quella via affatto sola, e misurò la distanza di tutte le Stazioni secondo il numero dei passi della via percorsa da Gesù, passi ch'ella avea sì spesso contati dopo la di lui morte. Secondo il numero dei passi, nei punti in cui a Gesù era accaduto alcun accidente, essa poneva un segno ammassandovi sassi, o seppur si scontrava in un albero che ivi fosse, lo segnava. Quella via guidava entro una piccola boscaglia, e la tomba di Cristo era rappresentata da una piccola spelonca aperta in una collinetta. Dopo che la SS. Vergine ebbe così contrassegnata tutta quella via, la percorse insieme con la sua fantesca immersa in tacita contemplazione, e quando giungevano ad una stazione, sedevansi e meditavano il mistero nella sua intima significanza, e pregavano, e disponevano, ed ordinavano il tutto anche meglio; e vidi allora che Maria con un leggiero scarpello scriveva sopra un sasso ciò che a a quella Stazione era accaduto, ed il numero dei passi e cose simili. Vidi pure che esse rinettarono la piccola spelonca rappresentante il sepolcro,e la resero più comoda per farvi orazione. Non ho mai veduto in alcun punto di quella via dolorosa nè quadro, nè croce: eranyi semplici segnali di rimembranza indicati con l'iscrizione. Vidi cotesto luogo così disposto da Maria, » per mezzo delle frequenti visite e e delle molte cure divenir finalmente affatto comodo e bello, e vidi che anche per lungo tempo dopo la di lei morte, pii e buoni cristiani percorrevano orando cotesta via, e qua e là baciavano il suolo. La casa ove abitava Maria, era separata internamente da leggiere mobili pareti, nel modo come lo era la casa abitata in Nazareth.
« L'abbigliamento cui apparteneva la reliquia era una sopravveste; copriva soltanto il dorso dilungandosi in alcune pieghe e scendendo fino ai piedi; una delle parti superiori posavasi sopra una spalla e sul petto, e giungeva all'altra spalla ove univasi all'altra parte per mezzo di un bottone, e così formava un'apertura intorno al collo. Siccome poi coll'aiuto di una cintura era ritenuta a mezzo il corpo, così abbracciava da ambedue i lati, partendosi dal disotto delle braccia e giungendo sino ai piedi, l'intera sottoveste o tunica, che era pure di color bruno. Dai due lati della punta aprivasi quella sopravveste a rovesci, quasi come per mostrare la fodera. Cotesti rovesci 0 o fodere eran di colore, e rigati di rosso e di giallo per lungo e per traverso. Questo frammento di reliquia non è stato già ritagliato dalla fodera o rovescio, ma bensì dalla stoffa superiore della sopravveste. Sembra che fosse abito da vestirsi nelle solennità, e così portavasi secondo gli antichi usi giudaici. Anna ne portava uno simile. La tunica che con quella sopravveste portavasi, ed il busto fatto a cuore, e le mani che, e la parte anteriore venivano ad essere da quella ricoperte. La tunica aveva maniche strette ed alquanto increspate ai gomiti ed ai polsi. I capelli eran racchiusi entro un berretto di color giallastro, che discendendo alquanto sulla fronte e poi raccogliendosi in pieghe nella parte posteriore del capo, affatto li nascondeva; per disopra poi portava un velo nero di morbida stoffa che le scendeva sino a mezzo il dorso.
« In cotesto abbigliamento l'ho veduta percorrere negli ultimi tempi la Via Crucis. Non so se lo portasse perchè era veste destinata alla solennità, ovvero perchè forse all'epoca della crocifissione di Cristo ne fosse rivestita per di sotto all'ammanto di lutto che aveva indossato e che tutta la involgeva. In questo luogo la vidi già molto avanzata negli anni, ma nelle di lei sembianze non appariva alcun segno di età, tranne un'espressione di sempre maggiore e più ardente aspirazione al cielo, che tanto contribuiva a divinamente trasfigurarla. Appariva indescrivibilmente seria e raccolta; non l'ho mai veduta sorridere; più cresceva negli anni, e più appariva candida e trasparente nelle sembianze; era magra, ma non vidi alcuna ruga nè alcun segno di appassimento e di caducità nel di lei volto. Era come un puro spirito.
« Ho aperto la reliquia; è un frammento distoffa rigata lungo circa un dito. »
Reliquie di Maria.
« 14 novembre 1821. « Ho fatto il mio abituale viaggio inTerrasanta e precisamente in certi luoghi ove vidi reliquie di Maria, e ne riseppi la storia. Mi trovai in Roma con santa Paola e mi parve che fosse appunto il giorno della sua partenza per Terrasanta, e come se insieme andassimo a visitare quei sacri luoghi. Non so più perchè mai vi vedessi cotante reliquie della Ss. Vergine.
« Sono stata in un luogo, credo che fosse Chiusi, ove un volta conservavasi l'anello di Maria SS., che ora è in Perugia. Vidi che in Chiusi mostrano ancora in un reliquiario una bianca gemma, che per altro non è più l'anello. Della storia di cotesto anello, che vidi per lo intero, rammento ancora che un giovine prima d'essere sepolto si alzò dalla bara e disse ch'ei non potrebbe riposare in pace prima che sua madre, la quale chiamavasi Giuditta, donna di molta vanità, rimettesse alla Chiesa l'anello sposalizio di Maria che possedeva, e dopo aver ciò detto si ripose a giacere nel suo feretro.
« Fui in un luogo, che non so se fosse il medesimo ove dapprima venne collocata la santa Casa di Loreto, ovvero se da quel luogo provenissero soltanto quei vasellami che ho veduto. Non li vidi al certo in una chiesa cristiana; la gente che vi veniva mi pareva esser turca. Eran colà conservati alcuni piattelli e vasi di terra, che trovavansi nella casa di Loreto quando fu trasportata in Europa. Non so per altro in modo sicuro se quel vasellame fosse il vero e genuino, ovvero quello che sant'Elena fece imitare. In Loreto ve n'è ancora ben molto. Per altro sant'Elena fece racchiudere tanto il vero quanto l'imitato vasellame in una sicura custodia di cristallo, onde più a lungo durasse. Credo che quello che trovasi a Loreto sia il vero. Quando ve lo vidi, stava gelosamente custodito sotto un altare.
«Vidi anche non so in qual luogo, ma però in una chiesa greca situata in Asia, un frammento del velo di Maria, del colore di un pallido cilestro. Ne erano stati già per lo innanzi distribuiti tanti frammenti, che non rimaneva più se non un piccolo pezzo di quel velo d'altronde si grande. Era venuto in quella chiesa per mezzo di S. Giovanni. Vidi un quadro del come quella gente di costà dubitasse e disputasse circa l'autenticità di quella reliquia, e come un uomo temerario che volle impudentemente impadronirsene, ne avesse la mano paralizzata, e come la di lui moglie ardentemente pregasse. Anche S. Luca trovavasi costà con altri, e diè testimonianza circa l'autenticità di quel velo, e lo impose sulla mano paralitica di quell'uomo ed essa guari. Luca consegnò a quella gente anche una dichiara zione scritta in proposito, e credo che esista ancora in quel luogo. Ei raccontò loro anche la propria sua vita, e come si fosse addetto alle belle arti ed avesse viaggiato qua e là per tutto, e come avesse veduto spesso Maria, poichè era stato in Efeso con Giovanni. Parlò altresì dei quadri che aveva dipinti.
« Fui pure in un luogo ove conservavasi una sopravveste di Maria. Credo che fosse in Siria, in prossimità della Palestina. Era una di quelle vesti che Maria aveva distribuito a a due donne prima della sua morte. Quelle genti non erano nemmeno cattolici romani: credo che fossero greci. Aveano per altro per quelle vesti una pomposa adorazione e ne andavano superbi. Credo che S. Francesco d'Assisi venisse una volta costà e ne vedesse un miracolo, od ottenesse almeno conferma sicura dell'autenticità delle reliquie.
« Ho veduto pure che laddove conservavasi il frammento del velo con la dichiarazione di S. Luca, trovasi pure una lettera scritta dalla mano della Madre di Dio. È molto breve e e si conserva meravigliosamente bene. La ho intesa per intero e forse mi ritornerà in mente.Giovanni avea desiderato che ella la scrivesse per un certo popolo che non volea credere molte cose relative a Gesù.
« Ho veduto pure un quadro relativo a Maria ed alle fascie di Cristo, che altre volte si conservavano in una magnifica chiesa di Costantinopoli. Laddove ora si trovano coteste reliquie non sono punto conosciute. Vidi pure un altro quadro del come un pellegrino che seco portava quantità di reliquie del vestiario di Maria, ed anche dei di lei capelli, ritornandosene da Terrasanta venisse dai ladri assalito e ferito; costoro gittarono quelle sacre cose nel fuoco; il ferito per altro si trascind sino alle fiamme, vi trovò intatte le sante reliquie, e guari.
« In Efeso, laddove sorgeva le casa di Maria, esiste ancora sotterra una pietra su cui Pietro e Giovanni celebravan la Messa. Pietro e Giovanni ogni qual volta venivano in Palestina, visitavano pure sempre la casa di Nazareth e vi celebravano. Ove prima stava il focolare, era stato eretto un altare. Un piccolo armadietto usato da Maria, era divenuto tabernacolo e posava sull'altare. La casa di Anna era situata nella campagna ad una mezz'ora appena di distanza da Nazareth. Di là si poteva senza essere osservati e per vie traverse venire alla casa di Maria e e di Giuseppe in Nazareth, che era situata sopra un'altura.Non era precisamente edificata sulla collina,ma anzi nella parte posteriore erane separata da uno stretto sentiero, ed eravi pure una piccola finestra aperta da quel lato: per altro da quel lato era assai oscura. La parte posteriore dell'interno era di forma triangolare come la casetta di Maria in Efeso, ed in cotesto triangolo trovavasi la stanza da letto ove ricevè l'annunziazione dall'angelo. Quel triangolo era separato dal resto della casa dalla parete del focolare. Questo consisteva come in Efeso in un muro incavato, nel cui centro e precisamente al disopra degli alari, elevavasi un camino pel fumo che giungeva sin sotto il tetto, efiniva in un condotto che passava per disopra al tetto medesimo. All'estremità di quel camino vidi in tempi posteriori sospese due campane.
A dritta e a sinistra in prossimità del focolare eranvi due porte che mettevano nelle stanze di Maria. Nel muro poi del focolare vedevasi ogni specie di aperture o di nicchie, ove posava ogni genere di piccole stoviglie. Il letticciuolo di Maria trovavasi dalla parte dritta, dietro una mobile parete o paravento: a manca stava l'armadietto. Dietro il focolare stava ritto un trave in legno di cedro, sul quale poggiava il muro, e di là partivasi un altro trave che di traverso si stendeva verso l'estremità dell'angolo. L'oratorio di Maria trovavasi a sinistra: essa genuflettevasi sopra un piccolo sgabello. La finestra aprivasi in faccia dal lato opposto. Le rozze pareti eran ricoperte come da larghe foglie, e per disopra a quelle pendevan pure alcune stoie. Al disopra il tetto era intessuto come di corteccia di albero, ed in tre punti degli angoli vedevasi un lavoro d'intarsiamento come una stella: quella di mezzo era la più grande. Quando Maria se ne andò a Capharnaum, la casetta di Nazareth venne leggia dramente ornata, e la lasciò disposta come un santuario, e spesso veniva da Capharnaum a visitare quel luogo consacrato dall'Incarnazione ed a pregarvi. Più tardi furon collocate molte stelle sul soffitto.
«Mi ricordo che la parte posteriore della casa col camino e la piccola finestra vennero portate in Europa, e quando vi penso mi sembra come se contemporaneamente avessi veduto cadere la parte anteriore della casetta. Il tetto non era nè acuto nè alto, ma intorno all'orlo alquanto in su rovesciato, talmentechè potevasi passeggiarvi all'intorno, ed il resto del tetto era affatto in piano. Non eravi per disopra alcuna torretta o altana, ma soltanto il camino e e la canna del fumo ricoperta da un piccolo tetticciuolo. Vidi in Loreto molte lampade ardenti in quella sacra casa. Al momento dell'Annunziazione, Anna dormiva a manca in un tramezzo vicino al focolare. »
Supposti capelli di Maria.
Anna Caterina avea ricevuto dalle sue antiche consorelle certi capelli già conservati nel monistero di Notteln, che pretendevansi essere capelli di Maria portati in paese da S. Ludgario.Quando a sè li prese e li ritenne in mano, ebbe la seguente visione: « Sulla mia dritta ed ai piedi del mio letto si fece a me dinanzi una straordinariamente graziosa vergine. Portava una luminosa e e bianca veste con un velo giallo che le discendeva sino sugli occhi, ed a traverso quel velo vidi i capelli di un biondo alquanto rossiccio. Tutto lo spazio a lei dintorno era luminoso, ma di una luce ben diversa di quella del giorno, e rassomigliava piuttosto ad un raggio di sole. Tatto il di lei contegno e la di lei grazia ed amabilità rammentavano la Madre di Dio, e mentre io accoglieva in me questo pensiero, mi disse alcunchè di analogo alle parole seguenti:
- Ah sono ben lungi dall'esser Maria! Sono però della di lei stirpe ed ho vissuto circa trenta o quarant'anni dopo l'epoca sua. Sono nata nelle vicinanze del di lei luogo nativo, ma non l'ho conosciuta, e non fui nemmeno nei luoghi consacrati dai suoi dolori per non dare a conoscere di esser cristiana, giacchè allora era tempo di gran persecuzione. Per altro fra i miei conserva vasi la memoria del Signore e della sua santa Madre con tale ardore e vivacità, che io in ogni modo mi sforzava ad imitare le di lei virtù, e nell'anima mia seguiva le orme del Salvatore, e nel mio luogo nativo meditava come gli altri cristiani fanno percorrendo la Via Crucis. Ottenni la grazia di provare gli intimi e segreti dolori di Maria, e questo fu il mio martirio. Un successore degli apostoli, un sacerdote, era mio amico e mia guida.(E qui quell'apparizione pronunziò il di lui nome, che ho per altro dimenti cato; non era nome di apostolo, e non è nemmeno compreso nelle litanie: era un nome antico e straniero, ma tale che mi pare altre volte averlo udito ). Costui fu colpa che di me si risapesse, altrimenti sarei rimasta affatto ignota; ei mandò pure alcuni miei capelli a Roma. Un vescovo del tuo paese ne ottenne ivi alcuni e li portò qui con molti altri; il che pure è è stato intieramente obliato. Furon portate anche a Roma molte reliquie e resti dell'epoca mia, che per altro non sono di martiri.
Ciò fu quel che riseppi da cotesta apparizione. Il modo con cui si ricevono coteste partecipazioni è ineffabile. Quanto viene detto è straordinariamente breve: da una parola principale rilevo molto più che ora da trenta. Si scorge l'idea ed il concetto di colui che parla, e non si scorge già cogli occhi: e ciò nondimeno tutto è più distintamente chiaro e preciso di ogni impressione attuale. Tali comunicazioni ricevonsi con un piacere squisito, come l'alito di un fresco venticello nel calor della state. Ciò non può esprimersi pienamente con parole. Quindi la visione disparve. »
Cose benedette e consacrate.
« Non vedo mai un'immagine miracolosa risplendere; vedo per altro starle di faccia un sole di luce, da cui quell'immagine riceve raggi e li lascia ricadere su quelli che pregano. Non ho mai veduto risplendere la croce di Köes feld, ma ho veduto bensi risplendere la reliquia della vera croce, quando era racchiusa nella parte superiore della croce di quel paese. Vidi anche per mezzo di essa scendere raggi sopra coloro che pregavano. Credo che ogni immagine che è una rappresentanza di Dio o di un suo strumento, in forza dello sviluppo di una comune preghiera ricca di possente fiducia, può divenire miracolosa con pieno trionfo della fede sulla debolezza della natura. »
Quando una volta il Pellegrino le tenne innanzi un Agnus Dei, mentre era occupata con alcune reliquie, ella lo prese in mano e disse: « Va bene, questo è buono; è stato in contatto colla vera forza, è benedetto, ma qui in queste reliquie io trovo la forza. » Di una croce benedetta disse: « La benedizione risplende come una stella! Tenetela molto in onore! Ma dita consacrate del sacerdote (continuò rivolgendosi al suo confessore) sono anche migliori. In questa croce la consacrazione può venire a mancare, ma la consacrazione delle dita è indelebile ed eterna. Nè la morte nè l'inferno la possono estinguere. Apparirà distinta e visibile anche in cielo! Proviene da Gesù che ci ha salvati. » Quando alcuno le arrecò una piccola immagine della Madonna disse: * È benedetta, conservala bene e non lasciarla framezzo a cose non sacre. Colui che onora e venera la Madre di Dio vien da lei protetto presso il suo Figlio. Giova molto lo stringere al suo cuore cose simili durante gli assalti; conservala bene! » Allorchè le fu portata un'altra piccola immagine, se la pose sul petto e disse: « Oh la potente signora! Questa immaginuzza è stata in contatto con un'immagine miracolosa. »
Un danaro di S. Benedetto.
Il Pellegrino le diè un vasetto di cristallo in cui trova vasi un quattrino attaccato ad un piccolo frammento di velluto. Essa disse: « Anche il velluto è benedetto. Questo è un quattrino consacrato di S. Benedetto; è consacrato in forza di una benedizione che S. Benedetto ha lasciato all'Ordine suo, e che si fonda sul miracolo avvenuto quando i suoi monaci gli avean dato a bere il veleno, ed a un segno di croce da lui fatto la tazza cadde rotta in frammenti. È potente a preservare dal veleno, dalla peste, dalle fattucchierie ed assalti diabolici. Quel rosso vellato cui è cucito, ha posato sulla tomba di S.Villibaldo e di santa Valpurga; proviene da quel luogo ove un olio miracoloso stilla dalle ossa di santa Valpurga. Ho veduto che gli ecclesiastici andarono a piè nudi a a toccarlo su quella tomba, e che poi lo tagliaron così per sottoporlo a questo quattrino; esso è stato benedetto in quel monistero. » Un dì il Pellegrino depose un immaginuzza della B. Rita di Cascia presso le di lei mani: cotesta immagine era stata nell'anno precedente bagnata da una goccia di sangue uscito dalle di lei stimate. Essa la prese e disse: «Vedo qui un'inferma monachella senz'ossa e senza carne; non la posso toccare. »
11 luglio 1821. Mentre ella raccontava alcuna cosa, il Pellegrino le pose in mano un libro aperto, in modo tale che una pagina che prima era stata bagnata nel di lei sangue venisse in contatto colla mano. Ad un tratto sorrise e disse: « Cosa è mai questo leggiadro fiorellino striato di rosso e di bianco, che scaturisce dal libro e e viensene in mezzo alla mia mano? »
Allorchè il Pellegrino in altro tempo le pose in mano quella medesima pagina, aggiungendo la dimanda: ha forse questa pagina toccato ad alcuna cosa? essa la toccò all'intorno e disse: « Si, alle piaghe di Gesù Cristo. »
Nell'ottobre 1821 una dama inviò da Parigi un'immagine che era stata in contatto con le ossa di S. Bobadilla. A causa di violenti dolori di testa essa si pose quell'immagine sulla fronte. Il santo le apparve e le arrecò grande aiuto, ed ella vide tutto il suo martirio. Il Pellegrino le avea dato un anello d'argento, ma rotto, che per venerazione e e memoria del B. Nicolao da Flüe era stato bene detto presso la di lui tomba in Sachseln; era inviluppato entro una carta. Era in estasi quando le fu posto in mano; e alquanto dopo disse: « Ho veduto come fra Nicolao si separasse dalla sua famiglia, e come della sua unione con la moglie mettesse da parte soltanto ciò che era corporeo, ma il legame spirituale ne divenisse tanto più forte. Vidi la rottura del legame carnale in un modo suo proprio e particolare e come la rottura di un anello, ed ebbi un ammaestramento circa il matrimonio carnale e lo spirituale. L'anello è stato cagione ch'io entrassi in questa visione; è stato benedetto in onore del fratello Nicolao. »
Uno sguardo nel Paradiso terrestre.
13 febbraio 1821. Il Pellegrino portò in presenza del confessore e di suo fratello un frammento d'osso petrificato, della grossezza di un uovo, trovato nel letto del fiume Lippa, e lo depose sul di lei letto.Trovavasi in visione, ma pure prese quell'osso colla mano manca e lo ritenne immobilmente nella medesima per un certo tempo. Quindi apri gli occhi, fissò il Pellegrino, che a null'altro si aspettava fuorchè ad essere rimproverato per averle posto in mano l'osso di un animale invece di una reliquia, e continuando ad essere immersa nella visione disse: « Come mai è pervenuto il Pellegrino in questo bello meraviglioso giardino, in cui posso soltanto guardare? Veggo là dentro il Pellegrino col grosso animale, e come mai ciò è possibile? ù
Quanto è ineffabilmente bello! non lo posso esprimere, non ne posso portar via meco l'impressione! O mio Dio, come sei tu mirabile ed incomprensibilmente possente, e magnifico, ed amabile nelle opere tue! Ah qui havvi più assai che tutta la natura, qui nulla è stato contaminato dal peccato, qui non havvi alcun male, qui il tutto appare come nuovamente uscito dalla mano di Dio. Costá veggo un armento intero di bianchi animali. I crini pendon giù dal loro dorso come se fosse una capigliatura di ricci. Sono molto più alti dell'altezza umana, e nondimeno corrono sì leggieri e snelli come fosser cavalli. I loro piedi sono come colonne e nondimeno calpestano sì lievemente; hanno pendente una lunga proboscide; possono rivolgerla in su, e in giù, ed in ogni lato come se fosse un braccio; dalle fauci scaturiscono lunghi denti bianchi come la neve, e sono sì graziosi e si puri! Quest'immenso animale è si leggiadro; gliocchi suoi son piccoli, ma si accorti, si limpidi e benevoli nello sguardo, che non può dirsi con parole.
Essi hanno larghe orecchie pendenti; la lor coda non è grossa, ma par di seta; non può giungersi ad afferrarla quando si stende la mano. Ab debbono essere molto vecchi: come sono lunghi i loro crini! hanno ancora prole, e quanto l'amano! Scherzano colla maggior dolcezza coi loro figli. Sono sì prudenti, si benevoli, si dolci: corrono con tanto ordine l'un dietro l'altro, ovvero daccanto! Sembra come se avessero gravi occupazioni. Ecco là altri animali! Non sono già cani, sono di un giallo dorato, e hanno lunghe criniere, e musi quasi somiglianti ai visi umani; sono leoni, ma si quieti e dolci! Si afferrano l'un l'altro per la criniera e scherzano! Veggo pure pecore e cammelli, bovi e cavalli, tutti bianchi e luminosi come seta. Veggo anche dei giumenti bianchi meravigliosamente belli. Non può dirsi quanto tutto ciò sia bello, e qual ordine, e pace, ed amore vi regni! Gli animali non si fanno alcun male; anzi si aiutano l'un l'altro. Sono per la più parte bianchi, o di un giallo dorato: non veggo costà quasi niun animale di pelo oscuro. E quel che è meraviglioso, si è che tutti hanno le loro abitazioni si bene ordinate e bellamente compartite: hanno spazi e viali, ed il tutto sì puro e netto che non si può immaginare. Non veggo là dentro alcuna creatura umana: non vi son uomini, ma al certo debbono venirvi spiriti che danno ordine a tutto: non è da credersi che gli animali lo faccian da per loro. »
Dopo alcun intervallo disse: « Ecco là Francesca Romana e Caterina de'Ricci! In alto al disopra del bel giardino vi ba un sole, e là son desse. Aleggiano e muovonsi sui raggi di quel sole e guardano in giù. Veggo anche molti altri santi che stanno al disopra di me in quel sole di una luminosa candidezza. Al disopra di me si stende un bianco strato come di seta, che risplende illuminato da quel sole, e al disopra di quello muovono i santi e guardano in giù. Ora conosco il tutto! Ogni acqua discende di lassà qui fra noi. Questo è il Paradiso! Gli animali sono là dentro conservati. Tutto vi è ancora come Dio lo creò, ma mi sembra adesso molto più grande di quel che lo fosse altre volte. Niuna creatura umana può penetrarvi! Quell'acqua sacra, magnifica, meravigliosamente chiara, che di là sgorga e si vagamente irriga il giardino degli animali, forma intorno all'intero Paradiso un gran muro acquoso. Non già un lago, ma un muro! e qual meraviglioso e risplendente muro!
Nella parte superiore è formato da pure goccie che rasso migliano a gemme preziose. Somigliano a quelle gocciole che sul mattino pendono dalle siepi; così è quel muro nella parte superiore, ed affatto trasparente come cristallo; nella parte inferiore poi, il muro si distende e e finisce col trascorrere in piccoli ruscelli, che molto più sotto ancora formano una grande cascata di acqua. Essa romoreggia si spaventevolmente, che niuno potrebbe udirla senza assordirne. Ogni acqua deriva di lassù e e scende sino a noi, ma intieramente snaturata e mista ad altre sostauze. Il monte dei profeti riceve di costà le sue acque e la sua umidità. Quel monte è situato molto più in giù ancora della gran caduta, e precisamente laddove l'acqua di bel nuovo viene a cambiarsi in nuvoli. Il monte dei profeti per altro è situato molto in alto quasi come il cielo, e piuda creatura umana può giungervi, e non si vede al di sopra di esso altro che nuvoli: ciò nondimeno questo giardino è situato più alto di quel monte dell'altezza di un cielo, e quel punto ove boveduto i santi sta di bel nuovo più alto dell'altezza di un cielo al disopra del paradiso terrestre! Qui non havvi alcun edifizio di pietra, ma vi sono folti ed alti boschetti, vie, e spazi per gli animali.
Gli alberi sono immensamente alti,ed i tronchi sono sì dritti e graziosi. Ne veggo di bianchi, gialli, rossi, bruni, e neri. No! non sono neri,ma rifulgono di un azzurro argentatu. E quanto mai sono meravigliosi i fiori! Veggo molte rose, specialmente bianche: sono grossissime, hanno alti steli, e quasi pareggiano in altezza quegli alberi che lassù si veggono. Veggo anche rose rosse, ed anche alti candidi gigli, Veggo l'erbetta delicata e molle come seta, ma la posso soltanto vedere, e non già toccare: è troppo lontana da me. Quanto meravigliosamente belli son questi pomi! come son lunghi e gialli! E quanto sono lunghe le foglie dell'albero che li porta! I frutti che sono nel giardino della magion delle nozze sembran miseri ed imperfetti accanto a questi, e nondimeno sono indicibilmente magnifici incontro ai frutti terrestri. Veggo ancor molti uccelli, e quanto sian vaghi, e luminosi, e variamente ricchi di colori non è da descriversi. Fabbricano i loro nidi tra i fiori, fra le corone dei più bei fiori! Veggo anche colombe portanti foglie e ramicelli nel rostro volare in giù per disopra il muro delle acque. Credo che quelle fogliuzze e quei fiori che talvolta mi vengono apportati per guarirmi, provengano tutti da questo giardino. Non veggo alcun serpe come quelli che fra noi quaggiù strisciano sulla terra; havvi là per altro una graziosa bestiola, di colore giallastro, che ha il capo come un serpe, e nella parte superiore mostrasi grossa, nell'inferiore poi affatto sottile. Ha quattro zampe e spesso stassi ritta appoggiandosi alle gambe di dietro,ed allor apparisce grande quanto un bambino. I suoi piedi anteriori sono corti, gli occhi limpidi e molto accorti; è oltremodo graziosa e snella. Ne veggo per altro pochissime. Così era quell'animale che sedusse Eva.
« Qual meraviglia! Ecco là una porta dischiusa in quella muraglia di acque, e due uomini si giacciono presso la medesima! Giacciono là, e dormono col dorso appoggiato a quel risplendente muro di acque, colle mani sul petto incrociate, coi piedi rivolti l'un verso l'altro. Hanno capigliatura lunga e bionda. Sono uomini appartenenti ad un ordine spirituale, vestono lunghi e bianchi mantelli, e tengono sotto un braccio rotoli sottili scritti con risplendenti caratteri. Presso di loro posano verghe ricurve come pastorali. Sono profeti; anzi, lo riconosco e lo sento, hanno che fare con colui che sta sul monte dei profeti. Ed in quei meravigliosi letti o fosse essi posano; i fiori crescono intorno a loro si luminosi ed in sì vaghe ed ordinate figure disposti! Circondano le loro teste prima di bianca corona, poi di gialla, poi di rossa, quindi di verde, quindi di azzurra, e tutte luminose e e brillanti come l'iride. »
Allora il confessore le porse la mano, ed essa disse: « Ecco qui anche un sacerdote! Come mai venne egli qui? Va bene, ei vedrà pure le meraviglie di Dio! »
Nel seguente giorno il Pellegrino trovò la inferma al quanto confusa per l'avuta visione. Disse che il confessore avea riso di ciò come di cose impossibili. Quando il Pellegrino le rispose interrogandola del come mai potrebbe lagnarsi dei suoi nemici, i quali dichiaravano che in lei tutto era inganno, quando ella medesima dichiarava per vere sciocchezze e fantasie ciò che Iddio le mostrava, ripet? l'intera visione, e come a commentarla, aggiunse quanto segue: « Io stava come sollevata in alto al di fuori del muro del paradiso. Potea vedere per disopra ed attraverso quella muraglia, ed anche mi specchiai in essa più volte e mi vidi indescrivibilinente ingrandire. Cotesta muraglia intorno al paradiso è formata di stille di acqua (1), che sembrano tutte o triangolari, o rotonde, o di altro genere di forma, l'una in contatto coll'altra senza alcun intervallo. Coteste gocciole rappresentano poi cost ogni sorta di figure e di fiori, come soglionsi vedere nei tessuti di lino. Può vedersi attraverso di quel muro, ma in tal caso non si vede si chiaramente come allorchè si guarda per disopra.
( 1 ) Calderon mette in bocca alla divina Sapienza, nel suo dramma La vita è un sogno, le seguenti parole dirette all'elemento dell'acqua: Separatevi, o acque! elevatevi scompartite su verso il cielo, formando la solida volta cristallina; onde il fuoco elevato colassú in quella luminosa regione, possa mitigare il suo ardore nella freschezza delle acque,, ecc. ecc.
L'orlo estremo dell'acquosa muraglia appariva dipinto dei colori dell'iride, nè rappresentava alcuna figura; si perdeva e si confondeva col cielo come appunto fa l'iride quando la guardiamo quaggiù dalla terra. Seguendo col guardo cotesta muraglia all'ingiù, pareva che nella parte inferiore quei cristalli si sciogliessero in piccoli fiumicelli come nastri d'argento, e questi poi riuniti formavano un'immensa cascata. Udivasi un tal fragore che credo chiunque lo udisse ne dovrebbe morire. Lo sento ancora rombarmi nelle orecchie! Molto più in giù nel profondo, pareva che cotesta cascata d'acque si disperdesse in vapori e formasse pure nubi, come se il monte dei profeti da quelle nubi ricevesse tutte le sue acque. La porta di quel muro acquoso, quantunque nella parte superiore fosse aperta, mostrava per altro aver forma di arco. Il colorato orlo del muro stendevasi a formarla da ambi i lati, ma presso il centro riluceva più sottile in apparenza, come allorquando un raggio passa indebolito attraverso altro corpo trasparente. I lembi del muro cui si appoggiavano i due profeti, non apparivano più consistere in stille d'acqua o cristallo, ma formavano un composto denso e bianco come il latte o come il più fino tessuto di seta.
Quei due profeti avevano lunghi capelli di un biondo dorato, gli occhi chiusi, e giacevano come sopra letti di fiori, colle mani incrociate sul petto, avvolti in lunghe e luminose vesti, e col viso rivolto verso il mondo. I rotoli o volumi non avevano alcun bottone all'estremità, erano sottili e luminosi, e li vidi scritti a dorati ed azzurri caratteri. Le loro verghe ricurve erano sottili e bianche. Intorno ad essi vidi i fiori aver tutte le tinte dell'iride, e starsi in grand'ordine disposti e come viventi. Intorno al loro capo diffondevasi uno splendore vie più tinto dei colori dell'iride e rassomigliante al nimbo dei santi, e l'orlo estremo di quello splendore colorato smarrivasi a poco a poco nel seno della luce. La porta poi era rivolta ad oriente. Alcuni tra gli elefanti non avevano pelame sì folto, ma erano lisci. I figli correvano loro fra le gambe siccome agnelletti. Avevano vasti ed ombrosi boschetti a ciò destinati, ove li vidi starsi a coppie unitamente alla lor prole. Vidi pure cammelli di candido pelame, vidi bellissimi giumenti striati di un colore azzurri. goo, vidi animali rassomiglianti a grossi gatti macchiati di azzurro, di bianco, e dicolor di fuoco. Parea che quella specie di serpenti che vidi servisse a tutti gli altri animali; era giallastra.
« Nei chiari fiumi vidi pesci brillanti, ed altri animali, Insetti o bestie schifose, come sarebbero i rospi, non ne vidi alcuno. Tutti gli animali hanno spazii speciali a loro destinati, e ben distribuiti viali. Vidi il paradiso esser grande come un mondo. Contiene delle alture rotonde di forma e non frastagliate, magnificamente ricoperte di alberi. Vidi il più alto fra quei poggi, e mi pensai esser quello il luogo ove Adamo riposava. Vidi una specie di uscita verso settentrione, ma non era già una porta; era piuttosto un principio di oscurità nascente come un forame, un precipizio. Mi parve pure di internamente riconoscere come se le acque per quell'apertura fosseru in giù precipitate nel diluvio universale. Da quel lato della grande riunione delle acque da cui precipitava la cascata, vidi un vasto e verdeggiante campo seminato di ossa smisurata mente grosse e biancheggianti, che parevano essere state ivi deposte dall'acqua. Su nella più alta regione sorge il muro di cristallo; alquanto più in giù nel profondo scorrono le correnti come nastri d'argento, poi viene più bassa quella vasta riunione di acque da cui deriva la cascata con immenso fragore. Quella cascata precipitando si scioglie poi in nubi, dalle quali il monte dei profeti riceve le sue acque. Cotesto monte giace assai più basso nella direzione d'oriente. Sovra di esso tutto ha già un carattere più terreno. »
1 novembre 1823. « Dei mammuth, di quei smisurati animali che erano comuni prima del diluvio, una giovanissima coppia ne venne pure nell'arca. Furono gli ultimi e stavano precisamente all'ingresso. Nei tempi di Nembrod, di Gemshid, e di Semiramide, vidi esservene ancora molti, ma furono sempre perseguitati e se n'è perduta la razza. Gli unicorni per altro durano ancora e dimorano tutti insieme. Conosco un disco fatto del corno di uno di essi, che produce sugli animali infermi ciò che le cose consacrate e benedette producono sugli uomini. Ho già sovente veduto che vi sono ancora unicorni; stanno per altro a gran distanza dagli uomini delle più alte valli, in quella regione dove vedo il monte dei profeti Sono grandi quanto un puledro, hanno gambe sottili, e possono arrampicarsi molto in alto, e raccogliendo insieme le zampe trattenersi sopra un piccolo spazio. Si spogliano e si mondano delle loro unghie come di scorze o di scarpe, giacchè ho veduto di quelle unghie disperse qua e là.
Hanno criniere lunghe e giallastre. Intorno al collo pendono loro crini più folti e più lunghi, che formano come una corona. Cotesti animali divengono molto vecchi. Portano sulla fronte l'unico corno; ho visto che era della lunghezza di un braccio e ricurvato all'indietro. In certi tempi fissi perdono e mutano quel corno, che viene ricercato e conservato come cosa preziosissima. Sono molto timidi, nè si può pervenire ad avvicinarli; per altro sono bene voli e pacifici l'uno verso l'altro ed anche con altri animali d'indole cattiva. I maschi e le femmine vanno generalmente separati e si riuniscono soltanto in certi tempi.
Sono molto pudichi e non hanno molta prole. È difficilissimo il vederli ed il prenderli, giacchè vivono nascosti dietro altri animali. Ho veduto che conservano un meraviglioso dominio e destano riverenza anche nelle più velenose e brutte bestie. Le serpi ed altre orribili bestie si raggomitolano e si stendono umilmente sul dorso allorchè un unicorno a loro si avvicina e respira in loro vicinanza. Ho veduto che hanno una specie di alleanza con animali pericolosi, e che reciprocamente si proteggono. Quando l'unicorno è minacciato da un pericolo, gli altri animali lo frastornano destando spavento nei persecutori, e l'unicorno si ritira dietro questi animali che lo proteggono. Egli poi protegge questi suoi alleati alla sua volta contro i loro nemici; giacchè tutti si ritirano e si allontanano trepidi cedendo alla segreta meravigliosa forza di lui, quando si approssima e fiata o soffia verso di loro. Deve essere uno dei più puri animali, giacchè tutti gli altri hanno profondo rispetto verso di lui. Laddove egli pascola, laddove si abbevera sparisce ogni elemento velenoso. Mi sembra che voglia significarsi e simboleggiarsi alcunché di santo, quando dicesi che l'unicorno posa il suo capo soltanto in grembo ad una pura vergine. Ciò significa che la carne è uscita pura e santa soltanto dal seno della SS. Vergine Maria, che la carne contaminata e corrotta è rinata pura da lei, ovvero che ella è la prima in cui la carne è divenuta pura, che in essa è stato vinto ciò che prima era indomabile, che essa ha domato ogni ribe e bestiale istinto, che in lei l'umanità ribelle è stata vinta e fatta pura, ovvero che nel di lei grembo si è dissipato e svanito il veleno della terra. Ho veduto cotesti animali nel paradiso, ma molto più leggiadri che in terra. Ho veduto una volta cotesti unicorni dinanzi al cocchio di Elia nella sua apparizione presso un uomo dell'antico Testamento. Ho veduto gli unicorni presso fiumi fragorosi, in luoghi selvaggi, in profonde, rocciose ed anguste valli, ove rapidamente corrono e si aggirano. Ho veduto anche luoghi lontani, ove presso le acque ed anche sotterra giacciono molte ossa di loro, accumulate in strati. »