Sotto il Tuo Manto

Sabato, 7 giugno 2025 - Sant' Andronico di Perm (Letture di oggi)

Dobbiamo essere consapevoli della nostra unione col Cristo, come Egli era consapevole della propria unione con il Padre. Il nostro lavoro è veramente apo­stolico nella misura in cui gli permettiamo di operare in noi e attraverso noi, con la sua potenza, con la sua ansia di amare. (Madre Teresa di Calcutta)

CAPO XII. OPERE D'ORAZIONE E DI PATIMENTO IN PRO DEL CAPO DELLA CHIESA, PIO VII, COME PURE PER LA PROVINCIA ECCLESIASTICA DEL RENO SUPERIORE, E PER LA CONVERSIONE DEI PECCATORI E DEI MORIBONDI. QUADRI RELATIVI AD ALCUNE SOLENNITÀ.


I. - PIO VII.

Gli ultimi cinque anni del suo pontificato non furono per Pio VII men duro tempo di prova di quello che il fosse la sua prigionia per opera degli sgherri di Napoleone I, e di quanto lo fossero il carcere, i vincoli, ed i maltrattamenti ch'ei dovette per sì lungo tempo sopportare. Anzi, se è pur concesso dalla incomparabile dignità e magnanimità con cui quest ' eccelso paziente seppe affrontare le più amare offese del suo prepotente oppressore, di argomentare ciò ch'ei provasse in casi posteriori di angustia, deve essere al certo riuscito più agevole al suo nobile e magnanimo cuore il trovarsi solo ed inerme in faccia al possente conquistatore, di quel che non gli debba esser riuscito, dopo la sua liberazione, il vedere quel tessuto d'inganni, di tradimenti e di malizie, teso attorno alla S. Sede, e per mezzo del quale dovea essere impedito dall'esercitar con giustizia i doveri del supremo officio suo pastorale in pro della Chiesa Cattolica delle contrade germaniche. Nelle due parti di quel suo governo pieno di cure e di patimenti, fu forse Anna Caterina il principale fra quegli ascosi strumenti, con cui Iddio inviava aiuto al Capo supremo della Chiesa, e si opponeva ai suoi contradittori. Come ai giorni nostri Maria di Mörl dovè pregare e lottare per Gregorio XVI e Pio IX, e come in tempi di speciali bisogni e perigli per la Chiesa i di lei patimenti giungevano ad un grado affatto straordinario, così Anna Caterina, durante l'intero pontificato di Pio VII, fu sempre la fedele immagine di quella comunità apostolica di Gerusalemme, che incessantemente offriva a Dio le sue preghiere in pro di Pietro, per tutto quel tempo che fu tenuto prigione da Erode ( 1 ). È sicuramente ben poco ciò ch'ella potè raccontare al Pellegrino circa questo soggetto; ma quei lettori cui sono più particolarmente note le fila di quel tessuto di perfidie, resteranno altrettanto persuasi della verità della visione, quanto sorpresi dalla grandezza della missione dell'eletta monaca.

15 novembre 1819. « Dovei recarmi a Roma. Vidi il Papa che troppo concedeva in importanti trattative congente di diversa credenza. Havvi in Roma un cert'uomo nero che con lusinghe, adulazioni e promesse sa molto ottenere per sorpresa. Ei si nasconde dietro a certi cardinali; ed il Papa nella fiducia di ottener pure alcunchè di importante, ha consentito a cosa che svantaggiosamente sarà adoprata a danno della Chiesa. Vidi ciò succedere sotto la forma di colloquii e di scritti. Vidi poi quell'uomo nero orgogliosamente vantarsi dinanzi il suo partito dicendo: Ora alla fine l'ho avuta vinta! Ora ben presto vedremo che diverrà quello scoglio su cui è fondata la Chiesa. Ma si era vantato troppo presto. Dovei recarmi dal Papa. Ei stava genuflesso pregando; io mi tenni al disopra di lui. Fu cosa veramente meravigliosa; gli dissi con grande zelo ciò che mi era stato commesso di dirgli; pur nondimeno sembrava come se vi fosse alcunchè tra noi frapposto, ed egli non parlava meco. Ma lo vidi ad un tratto sorgere e suonare il campanello. Fece chiamare un cardinale e gli commise una ritrattazione in proposito della concessione accordata. Il cardinale rimase attonito, e dimandò onde gli nascesse cotesto cambiamento d'opinione. Il Papa soggiunse che nol direbbe, che bastava che dovesse esser cosi. Allora il cardinale se ne andò meravigliato. Vidi in Roma molte altre pie persone assai turbate per gli in trighi dell'uomo nero. Aveva l'aria di somigliare ad un ebreo.

«Dipoi dovei recarmi anche in Münster presso il Vi cario generale. Ei stavasi a tavolino leggendo un libro. Dovei dirgli che egli colla sua durezza danneggiava alcune cose, che dovea in modo più speciale ed anche nelle singolarità occuparsi maggiormente del suo gregge, ed essere in casa più accessibile a coloro che abbisognavano di lui. Ed ecco che gli parve come se trovasse in quel libro un passo che gli facesse nascere cotesti pensieri, e divenne malcontento di sè medesimo. Fui pure presso l'Overberg; ei rimase tranquillo, consolò ogni specie di vecchie e giovani donne, e seguitò tacitamente a pregare in sè stesso. »

12 gennaio 1820. « La mia Guida mi disse di andar mene dal Papa e muoverlo ed eccitarlo in orazione. Mi disse pure quanto avrei da fare. Venni a Roma. È cosa meravigliosa! Io passo attraverso i muri e sto su in alto in un angolo, e veggo in giù le creature umane. Quando desta nella giornata vi penso, ciò mi riesce affatto strano. Sovente mi trovo così anche presso altre persone. Io doveva poi dire al Papa che orava, ch'ei doveva raccogliersi e contenersi, giacchè l'affare di cui ora così maliziosamente si tratta, era fecondo di gravissime conseguenze; ch'ei dovea far uso del suo pallio, da cui attingerebbe maggior forza e grazia dallo Spirito Santo. Succede con cotesto mantello alcunchè di ciò che succedeva con quell'ornamento che il gran sacerdote dovea imporsi, allorchè profetizzava. Ora poi alcuni opinano che il Papa debba soltanto rivestirsi del pallio in certi giorni, ma la necessità non ha tempo. Ei dovea spesso solennemente radunare i cardinali. Egli tratta cotesti negoziati troppo in silenzio e familiarmente, e quindi spesso riesce ingannato. I nemici si fanno ogni giorno più maliziosi. Ora trattasi perchè i protestanti abbiano anch'essi un certo dominio sulla cleresìa cattolica. Ho dovuto dirgli di invocare per tre giorni lo Spirito Santo e che quindi agirebbe a dovere. Molti di coloro che lo circondano non valgono nulla. Ei deve svergognarli pubblicamente; forse miglioreranno. »

«13 gennaio. Fui di nuovo a Roma presso il Papa. È ancora fermamente deciso a non sottoscrivere. Gli altri però cominceranno di nuovo a praticare le loro arti in più maliziosa maniera. Vidi nuovamente l'attività dello strisciante e malizioso uomo nero. Mettono avanti spessissimo pretese circa cose che dicono esser necessario che essi riabbiano. » Le di lei preghiere pel santo Padre furono per altro accompagnate da tali patimenti che il Pellegrino dovè così riferire: « Ella è coraggiosissima e sta in aspettazione come dovesse dare aiuto, come se dovesse condurre a fine qualcosa che le apporterebbe gran gioia. Dice che vede appressarlesi una coppia di beate monachelle, e tosto ricominciano le medesime pene che già nella settimana precedente ha dovuto soffrire. Apparisce all'improvviso come se le braccia le venissero violentemente sollevate in aria da un'estranea invisibile potenza e le venissero lassù con nodi legate in croce, come pure in giù le venissero crocifissi i piedi. L'intero suo corpo resta con ciò così teso, che si direbbe fosse per essere lacerata in pezzi. I piedi le tremano, e pei dolori si sollevano rapidamente balzando più alto un palmo; digrigna i denti e geme in modo basso e rauco. Cotesta specie di dilaniamento si ripetè con sempre maggior forza più volte. Le scricchiolavano le ossa. Inoltre la parte superiore del corpo sollevavasi, come se fosse rigida al par del legno, per disopra alle mani ripiegate sotto la spina, e stava così sospesa senza alcun pondo, come se fosse di carton pesto. Tutti i muscoli erano rigidi ed immobilmente tesi. Tutto il suo corpo faceva i moti di un individuo disteso in croce. Ciò durò per circa dieci minuti, ed allora lasciò trarsi fuori le mani dalla posizione in cui erano. Allor cadde come corpo morto, ed incominciò a parlare in visione, narrando come fosse stata da tre sconosciuti con funi legata in croce. Vide poi gran moltitudine di anime montare per una scala fuori del purgatorio, ed esse la ringraziarono. Quindi si sentì anche flagellare e frustare. Dopo una corta pausa le mani le vennero su bitamente di nuovo tratte in alto, e l'intero martirio ricominciò come la prima volta. Anche questo fu superato dopo dieci minuti. Il sudore le grondava dalla fronte. Dopo ogni assalto pregava sempre il Pellegrino a volerle rimettere al luogo le distorte mani ed i piedi, ed ei lo faceva col deporre reliquie sulle di lei mani, che allora tosto poteva muovere. Aveva sopportato cotesta lotta pei moribondi di quella notte, mal preparati al gran passo, e per coloro che non potevano ricevere il Sacramento. Vide circa cinquanta moribondi, per la più parte giovani o sacerdoti. Non le apparivano mai fanciulli in casi simili. A cotesti cinquanta essa aiutò o in un modo o nell'altro. Disse che dovrebbe patire ancora una volta e ciò per la Chiesa. E così nel medesimo giorno dovè sostenere un terzo e simile assalto. Il confessore le prestava in cotesti casi aiuto spirituale col mezzo della imposizione delle mani e della orazione. Ne provò gran sollievo. L'abbondante e freddo sudore ben presto disparve, e quand'élla rinvenne non potè parlare perchè la lingua erasele irrigidita e ritratta addentro nelle fauci. Per mezzo della benedizione del confessore ricovrò l'uso della medesima, ed allora lo pregò di rimetterle a luogo le braccia e le mani. Ei la benedì nel nome di Gesù ed essa ne provò giovamento. Trovavasi immersa in infinita debolezza, e pur serena come colui che stanco a morte ha compito una buona opera, e cade giunto alla meta. Disse allora, mostrandosi contenta, con semplicità veramente infantile: Adesso mi toccherà di passare una dura notte affatto sola, e seppure un'anima vorrà venirmi a visitare, dovrò esserle ben grata e ringraziarla, altrimenti dovrò contentarmi anche così. »

Ai 15 di buon mattino il Pellegrino la trovò affatto spossata ed annichilata. Durante la intera notte ed anche allora le tremavano tutte le membra e le duolevano per causa di quelle spaventose distorsioni. Disse che ieri sul mattino la sua Guida celeste le aveva annunziato che cotesti patimenti le sopravverrebbero sulle tre ore dopo il meriggio; che per altro ella avea supplicato perchè venissero differiti sino al venire dell'oscurità. Essa erasi contenuta in quei tormenti in modo affatto passivo ed avea lasciato far tutto senza resistenza. Dal lato suo non era stata menomamente attiva. Erano tre coloro che sì potentemente l'aveano stirata sulla croce e dilaniata con verghe e con fruste, ma non sapeva chi fossero. Vedeva sempre in precedenza le miserie ed i bisogni per cui dovea soffrire, ed allora le nasceva in cuore gran desiderio di aiutare e di patire. Nella trascorsa notte ha veduto che il Papa non cederà, non soscriverà a quei progetti perfidi e maliziosi ne nasca pure quel che può nascere. Avea veduto quasi tutti i vescovi starsi affatto addormentati. Ma avea veduto pure venire un nuovo Papa qualche poco inoltrato sopra i quarant' anni, che vigilerebbe ben più severamente. Lo avea veduto in lontananza in una città alquanto più meridionale di Roma; ei non portava abito monastico ma pure alcuna cosa di simile ad una croce o insegna di un ordine. Lo stato della Chiesa era straordinariamente conturbato. Gli avversari sono tanto maliziosi e sottili, e per l'opposto gli ecclesiastici molto pigri e timidi, e non mettono in uso il potere ricevuto da Dio. Ne ha veduti alcuni che desidererebbero divenir papi, ma che nol diverranno. Il suo martirio avea avuto luogo sulla cima di un monte e in posizione giacente, ma pure avea potuto tutto vedere all'intorno. Il monte dei profeti sorgevale in faccia.

« Sento ancora, disse ella, nel modo più vivace il dolore delle legature colle funi fattemi nella trascorsa notte. Una volta ebbi pure una fune intorno al corpo, e venendo io a cadere all'improvviso, cotesta fune mi strinse e mi lacerò nel modo più crudele. Mi sembra di avere e di sentirmi lacerati tutti i nervi e le vene; simili martorii mi sono stati imposti in pro di altri per la prima volta dopo la Cresima; prima d'allora mi tormentava sempre, ma soltanto da me medesima. Tutti i miei strani attacchi e malattie erano di questa specie, massimamente in convento. »

22 febbraio 1820. « Venni in una città al di là di Francoforte, in una contrada di vigneti. Costà vidi in una chiesa grandissimi disordini e cattivi preti. Io vi dovea consolare un vecchio sacerdote, che dai suoi cattivi cappellani era stato accusato presso il vescovo, perchè dopo che essi aveano passato un'intera notte gozzovigliando e bevendo li aveva cacciati dal confessionale e dalla chiesa coll'aiuto di due sagrestani. Ciò cagionò uno scandaloso spettacolo. Quel vecchio sacerdote celebrò la Messa, altrimenti non vi sarebbe stato ufficio divino. Ora è accusato. Niuno l'aiuterà fuor che Iddio. »


2. Santa Maria Rotonda (Panteon) e la cappella di una legazione protestante in Roma.

13 maggio 1820.  Nella decorsa notte, dalle undici sino alle tre del mattino, ho veduto un quadro meravigliose di due chiese e di due Papi, e di uno straordinario numero di altre cose vecchie e nuove. Ciò che ancora ne rammento lo racconterò come potrò meglio. Venne l'angelo, mio custode e mi disse ch' io dovea andarmene a Roma e portare al Papa due cose. Non so più che cosa fossero, ed è forse volontà di Dio che più non lo sappia. Risposi: E come mai potrò viaggiare tanto lontano essendo così ammalata ? Ma quando intesi che sarei giunta felicemente, non mi opposi più a lungo. Stavami dinanzi un meraviglioso cocchio, basso affatto e sottile; avea due ruote; la cassa era dipinta in rosso, ornata di un orlo bianco. Non vidi cavalli. Fui collocata mollemente in quel cocchio, ed intanto vidi un bambino bianco come neve e luminoso, che da un lato librandosi in aria verso di me veniva, e che si collocò ai miei piedi in quel cocchio. Cotesto fanciullo mi fece rammentare il verde bambino della pazienza. Era straordinariamente amorevole e dolce, e tutto trasparente, e mi era stato dato a compagno per consolarmi e curarmi.

Quel cocchio era affatto sottile e liscio, talmentechè mi figurava che forse vi scivolerei per sopra e ne cadrei. Muovevasi però mollemente senza l'aiuto di alcun cavallo. Vidi soltanto un uomo risplendente che lo precedeva. Il viaggio non durò a lungo, ma pure passammo sopra molte contrade e montagne, ed anche sopra vasti spazii di acqua. Quando giungemmo riconobbi Roma e fui pure dal Papa. Non rammento più s'ei pregasse o dormisse. Io dovea dirgli o dargli due cose, e seppi pure che vi dovrei andare un'altra volta per annunziargli una terza cosa. Ebbi dipoi una meravigliosa visione. Vidi ad un tratto Roma com'era stata in tempi passati, e vidi un papa Bonifazio (IV) ed un imperatore di cui non so il nome (Foca). Io non sapeva più riconoscere le vie ed i luoghi della città; tutto era altrimenti, e diverso anche l'ufficio divino; pure vidi che era cattolico. Vidi pure un vasto rotondo edifizio come una cupola. Era un tempio d'idoli, pieno di belle statue ed immagini di quegli idoli. Non avea finestra alcuna, ma su nel ricurvo e vuoto tetto era un'apertura, e per disopra a quella un ordegno atto ad impedire alla pioggia di penetrarvi.

Sembrava come se costà fossero riunite le immagini di tutti gli idoli esistenti. Erano collocate in ogni sorta diposizioni e molte erano bellissime. Aveano poi anche immagini di genere molto curioso. Così, esempligrazia, vidi là dentro certe oche che essi onoravano. In mezzo poi a quel tempio d'idoli sorgeva come un palco alto ed in forma di piramide, e tutto coperto d'immagini. Non celebravasi più là dentro alcun culto idolatra, ma tutto era per altro nella medesima condizione conservato. Vidi inviati di Papa Bonifazio andarsene all'imperatore per ottenere di trasformare quel tempio in una chiesa. Sentii distintamente la sua risposta, cioè che il Papa dovea lasciare intatte quelle antiche immagini degli idoli e piantarvi la croce per sopra, e che egli imperatore avrebbe reso e farebbe rendere a quella croce i più grandi onori.

Cotesto progetto mi parve affatto semplice e non malizioso. Vidi ritornare gli inviati, e Bonifazio incominciò a riflettere in sè stesso come potrebbe in qualche misura soddisfare alla volontà dell'imperatore. Dipoi mentre egli rifletteva, vidi un pio e semplice sacerdote starsi in orazione dinanzi alla croce: ei portava una lunga ed ampia veste che aveva posteriormente uno strascico. Vidi pure al suo lato l'apparizione di un angelo, e come ei sorgesse e tosto ne andasse a Bonifazio, e gli dicesse di non consentire in veruna maniera ai desiderii dell'imperatore. Vidi gli inviati di nuovo andarsene alla corte, e come l'imperatore consentisse che quel tempio venisse vuotato. Vidi pure venire le genti dell'imperatore, e come molte di quelle statue ed immagini idolatriche venissero tolte e portate nella città imperiale; molte nondimeno ne rimasero anche in Roma. Vidi pure l'intera cerimonia della consacrazione del tempio; tutti i santi martiri con Maria alla testa eranvi presenti. L'altare non fu collocato nel mezzo, ma bensì appoggiato al muro. Vidi più di trenta cocchi carichi di sante ossa e reliquie venir a quella chiesa. Molte di coteste reliquie vennero murate nelle pareti; altre poi potevansi vedere, giacchè nei muri eranvi aperture rotonde, dinanzi alle quali stava un cristallo siccome a difesa. Dopo che ebbi veduto cotesto quadro nelle sue anche minime circostanze, vidi il Papa attuale, e come sotto di lui sorgesse in Roma un'altra oscura chiesa. Era questa collocata in un vasto antico palagio somigliante a casa di consiglio municipale, e vi erano pure dinanzi delle colonne. Non vidi in questa chiesa alcun altare e niuna cosa sacra. Vidi soltanto dei banchi e nel mezzo un pergamo. Costà si predicava e si cantava soltanto; del resto non eravi cosa alcuna. Eravi dentro pochissima gente. Ma vidi per altro una meravigliosa commedia. Ognuno dei circostanti si trasse dal petto un idolo diverso, e se lo mise dinanzi e lo adorò. Pareva come se ognuno traesse dal cuore la propria passione, sotto la forma di una negra nuvoletta, e che questa appena uscita fuori prendesse una forma precisa; ed erano tutte figure precisamente come quelle ch'io vidi pendere dalla collana della falsa sposa nella Magion delle nozze (1), cioè ogni sorta di figure d'uomini e di animali. Il dio dell'uno era affatto arricciato e largo, schiudeva molte braccia e volea tutto ricingere e divorare. Il dio dell'altro faceasi tutto piccolo e si raggomitolava; un altro avea soltanto un ceppo corto di legno che parea affatto storto e contorto; un quarto una brutta bestia, un quinto un lungo bastone.

Il più meraviglioso poi era che tutti cotesti idoli riempivano lo spazio intero; e che quella chiesa benchè frequentata da poca gente era talmente piena di idoli, che appena vi trovavano posto; tòstochè la cerimonia fu finita, ogni idolo rientrò di bel nuovo in ognuno di coloro in cui suoleva abitare. Quell'intera casa era oscura e nera, e tutto quanto vi succedeva era oscurità e tenebre. Allora mi venne pure mostrato il paragone fra quel Papa e questo, e fra questo e quel tempio. Mi duole essermi dimenticata i numeri, ma mi fu detto e mostrato quanto fosse il primo debole in numero ed in aiuti, ma come forte di volontà, mentre rovesciò tanti idoli (e  ne sapevo il numero) e tanti falsi culti in un vero e solo culto avea riuniti; quanto per lo contrario questo Papa fosse forte pel numero dei credenti ma debole in volontà, mentre avea lasciato che il solo vero Iddio e che il solo vero culto si cangiassero in tanti idoli e tanti falsi culti, coll'accordare l'erezione di quel falso tempio. Mi fu pure dimostrato come quei pagani umilmente adorassero altri déi oltre i loro proprii, e come in ogni semplicità avessero voluto assumere anche il culto di un Dio unico, della santissima Trinità, e come il loro culto fosse stato migliore che il culto di questi nostri, i quali adorano sè stessi in mille idoli, e fra cotesti non lasciano alcun luogo alla pura adorazione del Signore. Tutto ciò io vidi esattamente e nel preciso suo numero, in quei primi tempi riunente e crescente, ora distruggente e dissipante, e nella totalità cotesto quadro riuscì vantaggioso pei tempi d'allora e non pei tempi d'adesso. Vidi pure quanto riuscirebbero cattive le conseguenze di questa pseudo- chiesa. La vidi crescere, vidi molti eretici di ogni condizione muoversi verso Roma e stabilirvisi ( 1).

(1) 17 novembre 1822. Vidi in quella nera chiesa alcunchè di molto ridicolo. Uno dei patroni della medesima erasi messo in capo di compire un grand' atto. Fece dire al predicatore che volea vestirlo di una specie di bianca cotta pria che montasse sul pulpito. Ed ecco che venne il predicatore, bell'uomo ed alto e grosso, che avea al mento una bella barbuzza. Il patrono gl'impose la cotta sulle spalle e l'inviò sul pulpito. Pensai in me stessa: ecco che il patrono ha fatto crescere un albero grosso grosso che cadrà in un' acqua grande grande, e farà un grande fracasso. Ma la cosa andò altrimenti. Il predicatore se ne stava lassù sul pulpito bello, comodo e largo, avvolto nella sua cotta. Si aspettò e poi si aspettò, e non si principiava mai. Alla fine si volle veder da presso che cos'era, e si trovò che il predicatore era senza capo, e che in quella cotta non vi era ravvolto altro che un grosso, ma ben grosso fantoccio di paglia. Molti dei circostanti risero, altri mormorarono, ed il patrono divenne furioso..

Vidi crescere la mollezza e debolezza negli ecclesiastici di costà, e vidi molta oscurità sempre più crescendo diffondersi. Allora poi la mia visione si dilatò da tutte le parti. Vidi in tutti i luoghi le comunità cattoliche oppresse, perseguitate, impedite dal dilatarsi, e come assediate e rinchiuse. Vidi pure molte chiese venir chiuse in ogni luogo. Vidi nascere e dilatarsi ovunque grandi miserie. Vidi guerra ed effusione di sangue. Vidi un feroce ed oscuro popolo violentemente irrompere; pur nondimeno ciò non durò molto tempo. Vidi di nuovo come la chiesa di S. Pietro dovesse venir distrutta con piano ben concepito e maturato dalle sétte segrete, ed anche devastata da violenti assalti e tempeste. Vidi anche però nella maggior miseria approssimarsi di bel nuovo aiuto e salvezza. Vidi nuovamente la santissima Vergine apparire in cima a quella chiesa e dilatare il suo ammanto.

Quando fui a quell'istante della visione, non vidi più il Papa attuale. Ne vidi uno succedente. Lo vidi dolce sì, ma pure molto severo. Ei sapeva a sè raccogliere i buoni ecclesiastici, ed allontanare i cattivi. Vidi tutto rinnovarsi, e vidi sorgere una chiesa che si elevava fino al cielo. Vi vidi presente uno di quei dodici nuovi apostoli, che la meretricia sposa si era messa ultimamente in capo di prendere per marito. Questa visione era grandemente estesa ed abbracciava di bel nuovo tutti i quadri da me prima veduti circa i destini della Chiesa. Vidi pure in una occasione un quadro della resistenza del Vicario generale in pro della Chiesa; resistenza che lo rivestì di alta gloria e splendore. In altre cose egli aveva mancato. Seppi ch'io dovea tornare un'altra volta dal Papa. Non posso indicare il tempo in cui tutto ciò deve succedere. »


3. Chiesa nuova sotto l'influenza degli spiriti planetarii.

12 settembre 1820. Vidi costruire una curiosa, ma falsa e perversa chiesa. Eranvi nel coro tre divisioni, ciascuna di alcuni gradini più alta dell'altra. Al disotto si estendeva un'oscura vôlta piena di nebbia. Sulla prima di coteste divisioni vidi trascinare un seggio, sulla seconda una gran tazza piena d'acqua; sulla più alta poi stava una tavola. Non vidi alcun angelo presente alla costruzione; ma le specie più ardenti ed accanite dei molteplici spiriti dei pianeti trasportavano ogni genere di cose sotto quella volta; e di là sotto, certi individui avvolti in una specie di mantelletti o cappe ecclesiastiche, portavano tutto fuori. Nulla in quella chiesa veniva dall'alto, tutto proveniva dalla terra e dalla oscurità, e gli spiriti planetarii ve lo portavano e lo preparavano. L'acqua sola sembrava aver in sè forza salutare e in qualche modo santificante. Vidi più specialmente portare un incredibil numero di strumenti entro cotesta chiesa. Molte persone ed anche fanciulli recavano seco strumenti ed utensili delle più svariate specie per fare e produrre qualcosa; ma tutto era scuro, pervertito, privo di vitalità, nè riusciva altro che un puro separarsi e dissolversi. Vidi in prossimità un'altra chiesa luminosa e colmata di grazie dall'alto; vidi gli angeli montare e discendere, e vidi là dentro vita ed accrescimento, ma pure mollezza e dissipazione; e nondi meno era un albero pieno di succo e forza vitale, in paragone dell'altro che somigliava ad un sarcofago pieno di morte reliquie, e figure. L'una era come un augello che vola e si libra nell'aria, l'altra come un cervo volante da fanciulli fatto in carta, e pieno di nodi, ed ornamenti, e striscie colorate alla coda, che si strascina sopra un arido campo coperto di stoppie, mentre invece dovrebbe volare. Vidi molti degli utensili raccolti nella nuova chiesa, esser colà riuniti soltanto contro la chiesa vivente, esempligra zia delle freccie o dardi. Ognuno affaticavasi a strascinar là dentro alcuna cosa, come bastoni, verghe, pompe da acqua, randelli d'ogni specie, fantocci e specchi. Aveanvi trombe, corni, mantici, ed ogni sorta di roba d'ogni forma e figura. Giù sotto la vôlta (la sacrestia) si affaticavano a impasticciar del pane, ma non fermentò e rimase lì. Vidi anche quegli uomini dal mantelletto portar legna dinanzi a quei gradini su cui posava il pulpito, ed accendervi il fuoco e soffiar col mantice e colla bocca, ed affaticarsi; ma non ne usciva che un fumo ed un'oscurità spaventevole. Allora fecervi per disopra un'apertura e vi collocarono un tubo, ma quel fumo non volle montare, e tutto divenne scuro e denso sino a riuscirne soffocante. Altri poi soffiavano e romoreggiavano coi corni e le trombe, talmentechè gli occhi stavano per uscir loro dall'orbite, e tutto rimase giù sul suolo, e andò a soffocarsi sotterra, e tutto era morto e fittizio, e vana opera umana. Questa è veramente una chiesa d'opera degli uomini, affatto secondo la nuova moda, come lo è la nuova chiesa acattolica in Roma, che è pure di questa specie. »

12 novembre 1820. « Viaggiai per oscuro e freddo paese, e venni in una gran città. Là dentro vidi di bel nuovo la bizzarra gran fabbrica della chiesa, e vidi non esservi nulla di santo, ma innumerevoli spiriti planetarii starvi occupati dattorno. Vidi tutto ciò in un modo simile a quello con cui vedo un'opera ecclesiastica cattolica farsi per comune accordo fra gli angeli, i santi, e i cristiani, ma vi vidi per altro impiegate forme meccaniche, ed aiuti, e mezzi di altra specie. Vidi uno scendere e montare, ed un inviare di raggi e di luce da molti spiriti dei pianeti su quelle genti che lavoravano. Tutto facevasi e riusciva secondo la pura ragione umana. Vidi come lassù, nelle alte regioni, uno spirito tirasse linee e disegnasse figure, e vidi come tosto giù in terra venisse a capo e riuscisse ad un dei lavoratori l'aprire uno scavo, un'apertura, od un piano. Vidi l'azione di cotesti egoistici spiriti planetari per rapporto a cotesta fabbrica, estendersi anche nelle più remote contrade. Tutto ciò che pur poteva sognarsi necessario od utile alla fabbrica od esistenza di questa chiesa, lo vidi eccitare e porre in moto anche nelle più remote distanze, e vidi uomini, e cose, ed insegnamenti, ed opinioni porsi d'accordo e concorrervi. Eravi in tutto l'intero quadro alcunchè di meravigliosamente egoistico, orgogliosa mente sicuro e violento, e tutto riuscì, e mi fu mostrato in una moltitudine di quadri; non vidi nemmeno un sol angelo o santo concorrervi. Questo era un gran quadro. Vidi per altro molto più lungi e dietro quel seggio o trono un popolo feroce armato di picche, ed una figuraccia che sogghignava e diceva: Fabbrica pur solidamente quanto vuoi, noi la distruggeremo. Penetrai pure in una gran sala di quella città, ove celebravasi un'odiosa cerimonia, una orribile e falsa commedia. Tutto ero tappezzato in nero. Un individuo fu posto entro una bara e poi ne risorse. Egli era in persona presente e portava sul petto una stella. Pareva che ciò significasse minaccia che così gli accadrebbe. Vidi dentro il diavolo sotto mille sembianze e figure. Tutto era densa ed oscura notte; era veramente orribile. »

4. L'imperatore sant'Enrico nella chiesa di santa Maria Maggiore.

12 luglio 1820. Ho veduto un quadro dell'imperatore Enrico. Lo vidi a notte entro una grande e bella chiesa genuflettersi solitario dinanzi all'altare maggiore. Conosco quella chiesa; havvi dentro una graziosa cappella del santo presepio e l'ho veduta in occasione della festa di santa Maria della Neve. Mentre egli così genuflesso pregava, ecco illuminarsi lo spazio superiore dell'altare, ed io ne vidi sola discendere la SS. Vergine. Era vestita di una luce di un bianco azzurrigno, e diffondeva luminosi strali. Portava seco alcunchè; coprì quell'altare con uno strato rosso e stese per disopra un ' altra bianca coperta, e vi depose sopra un libro prezioso ornato di nobili gemme e che era pieno di luce. Quindi accese alla lampada i lumi e li pose sull'altare. Molti erano cotesti lumi ardenti che si innalzavano a forma di piramide. Essa rimase in piedi alla destra dell'altare. Allora poi comparve il Salvatore medesimo in abiti sacerdotali col corporale ed il velo; due angeli lo assistevano come ministri, ed eranvene pure due altri. Egli aveva il capo scoperto. Quel paramento da Messa consisteva in un largo e pesante mantello di color rosso sanguigno, ed anche di bianco, che s'intrecciavano splendendo, ed ornato di gemme. Gli angeli ministranti erano rivestiti di bianco. Non eravi alcun campanello, ma bensì le ampolle della Messa. Il vino era rosso come sangue, ed eravi pur anche acqua. La Messa fu alquanto più breve. Vidi l'offertorio e l'elevazione; l'ostia era come le nostre. Non vi fu alla fine il Vangelo di s. Giovanni. Il vangelo poi lo lessero gli angeli, e portarono a baciare il libro a Maria. Quando Maria ebbe baciato il libro guardò Gesù e gli indicò Enrico; ed allora l'angelo portò il libro ad Enrico, che sul principio non osava baciarlo, e poi lo baciò. Finita la Messa Maria venne verso Enrico e gli porse la mano destra e gli disse che ciò gli accordava in grazia della sua castità, e lo esortò a non vacillare. Vidi poi allora un angelo accostarglisi ed afferrarlo pel lato destro come Giacobbe, e vidi ch'egli fece sembianza di provar dolore e che poi camminò sempre alquanto a sghembo. Durante quella cerimonia moltissimi angeli stavano presenti adorando e guardando in giù sull'altare. »



5. Festa dello Scapolare.

15 luglio 1820. Fui sul monte Carmelo e vidi ivi due eremiti; dimoravano molto lungi l'uno dall'altro. L'uno era assai vecchio, nè più lasciava la sua spelonca. L'altro, per nome Pietro e che era francese, visitava qualche volta quel vecchio e gli arrecava alcuna cosa. Cotesto Pietro partivasi sovente per lungo tempo e poi tornava di nuovo a quel vecchio. Lo vidi anche andare a Gerusalemme ed a Roma, e viaggiare per altri paesi; poi lo vidi tornare, e con lui molti popoli guerrieri segnati in petto di una croce. Vidi con lui come soldato Bertoldo, e poi lo vidi condurre cotesto Bertoldo, divenuto eremita, a quel vecchio sul monte Carmelo. Vidi come in seguito Bertoldo divenisse il superiore degli eremiti e li riunisse maggiormente insieme.

Per cura sua si elevarono pure degli edifizii, ed abitavano più raccolti. Dipoi vidi un altro quadro. Vidi, allor chè quella riunione d'eremiti era già divenuta un convento, un monaco starsene entro la sua cella genuflesso, e vidi come gli apparisse la Madre di Dio con in braccio Gesù bambino, e con quelle medesime sembianze che aveva in quell'immagine che vidi starsi presso la fontana del monte. Vidi che essa gli porse un certo abbigliamento, simile a quello che si otterrebbe da una pezzuola se in mezzo vi siaprisse un'apertura quadrata, e quindi si facesse passare per sopra il capo, coprendone il petto e gli omeri. Per dinanzi scendeva sin sopra lo stomaco, risplendeva ed era di color rosso e bianco commisti e brillanti insieme, siccome quel paramento del gran sacerdote che Zaccaria mostrò a Giuseppe. Le due striscie che passavano per sopra le spalle erano ornate di caratteri. Essa parlò a lungo a quel monaco. Quando disparve ed egli rientrò in sè e si trovò avere lo scapolare, se ne sentì molto commosso, e vidi pure in un quadro, come ei, riunisse molti altri individui dell'ordine suo e loro lo mostrasse. Poi ebbi una visione circa un'ecclesiastica solennità sul monte Carmelo.

Vidi colà fra i cori della Chiesa trionfante, e come primo degli antichi eremiti, ma pure dagli altri separato, il santo profeta Elia, e sotto i suoi piedi stava scritto: Elia profeta. Non vidi per altro tutti cotesti quadri come susseguentisi senza intervallo, ma piuttosto io sentiva sempre un senso interno, come se molti anni fra l'uno e l'altro si frapponessero; e specialmente fra l'ultima visione del dono dello scapolare, e la summenzionata festa. Cotesta ultima solennità mi parve che forse appartenesse ai tempi nostri. In quel luogo presso la fonte ove dapprima sorgeva l'immagine della Madre Dio, ergevasi ora una chiesa ed un convento. La fonte esisteva allora, ma in mezzo alla chiesa, e vidi la Madre di Dio con Gesù, nella forma con cui stava prima presso la fonte e con cui era comparsa all'eremita, starsi ora sopra l'altare, ma affatto come vivente e come muoventesi nello splendore. Dai suoi due lati pendevano innumerevoli piccole immagini di seta, a due per due rilegate con doppia lista o cordone; eranvi immaginuzze dalle due parti, e si muovevano per entro la luce che scaturiva da Maria siccome le foglie di un albero nei raggi del sole. Molti cori angelici circondavano la Vergine santissima. Ai di lei piedi e al disopra del tabernacolo ove era situato il Sacramento pendeva quel grosso scapolare che ella in visione aveva dato all'eremita. Dai due lati su nell'alto vedevansi molti cori di santi personaggi dell'Ordine carmelitano dell'uno e dell'altro sesso; i più antichi eremiti erano vestiti d'abiti bianchi listati di bruno; gli altri poi come lo sono al dì d'oggi. Vidi pur anco religiosi d'oggigiorno, monaci e monache, festeggiar cotesta solennità in coro ed al loro posto, ma sulla terra. »

6. Quadro della festa dell'indulgenza della Porziuncola.

1 agosto 1820. « Ho veduto un quadro relativo ad una solennità, nè so precisamente cosa significhi; vidi una gran gloria di molti santi, un'immensa corona nella quale essi apparivano seduti nelle loro sembianze con diversi con trassegni e distintivi, esempligrazia con rami di palma o tenendo piccole chiese sulla mano. Al disotto di questo gran circolo stavano sospese in aria infinite reliquie ed oggetti sacri contenuti in vasi preziosi, e mi sembrava come se quelle fossero le ossa e le memorie dei santi ch'io vedeva entro quella corona di gloria. Nel centro di quel circolo stava librata una piccola chiesa, e sopra di quella l'agnello di Dio con piccola insegna sul dorso. Quella chie setta poi era luminosa affatto e trasparente, e dentro vi vidi al disopra dell'altare ed assisa in trono la Madre di Dio col Signore Gesù, circondati da una moltitudine di angeli. Vidi poi che un angelo volò verso il circolo dei santi e condusse s. Francesco nella piccola chiesa dinanzi a Gesù ed a Maria; e sembravami come se egli implorasse una grazia, e questa si riferisse ai tesori dei meriti di Gesù e dei suoi santi martiri; era grazia e dono d'indulgenze per quella piccola chiesa. Vidi poi Francesco andarsene da un Papa, ma ciò non era in Roma. Egli implorò dal Papa un'indulgenza che si riferiva a quella visione, e vidi che sul principio il Papa non volle consentirvi; ma ad un tratto un raggio di luce scese sul pontefice ed in quella luce apparve agli occhi suoi uno scritto; allora sentissi appieno illuminato e consentì ai desiderii del santo. Vidi pure il santo che dopo aver lasciato il Papa, orava genuflesso in sen della notte, e vidi il diavolo sotto forma di un bellissimo giovinetto venirgli dinanzi e rimprocciargli le sue astinenze e mortificazioni. Il santo che da ciò si sentì tentato, corse alla sua cella, gettò via il suo vestito, e si rivolse sì a lungo per entro un cespuglio di pungenti spine, finchè trovossi tutto coperto di sangue. Vidi allora un angelo a lui venirne, che tosto lo guarì. Sin qui mi rammento. »


7. Maria della Neve.

« Vidi una coppia di sposi di alto lignaggio, pregare a notte nella loro stanza entro un gran palagio, dinanzi ad un'immagine di Maria sospesa al muro. Cotesta immagine era grossolanamente ricamata o tessuta, il vestito della Vergine era in alcuni punti listato di azzurro e di rosso, e scendeva in giù verso i piedi sempre restringendosi. Portava una corona, ed in braccio Gesù bambino con in mano il globo del mondo. Dinanzi a quel quadro che non era già molto grande, ardevano a dritta e a sinistra due lampade. L'angusto genuflessorio, sul quale quei due coniugi strettamente accostati pregavano, poteva essere rialzato e sospeso al disopra del quadro, ed allora diveniva come un armadio sul quale lasciavasi ricadere un corti naggio che stava arrotolato in alto, e che ricaduto, il tutto nascondeva. Di coteste immagini di Maria tessute o ricamate ne ho vedute molte in quei tempi antichi. Le arrotolavano e così le prendevano anche in viaggio, e le sospendevano dove volevano orare. Mentre quei coniugi pregavano vidi che la santissima Vergine nella forma con cui era dipinta in quel quadro luminosa e raggiante apparve librata in aria tra loro ed il quadro medesimo, ovvero come se uscisse dalla parete, e loro ordinò che dovessero fabbricare una chiesa in di lei onore sopra una collina di Roma che troverebbero coperta di neve. Vidi che subito nel susseguente mattino quei coniugi annunziarono l'accaduto al Papa, e li vidi andare con molti ecclesiastici verso quella collina, sulla cui vetta l'intero spazio destinato all'edifizio era ricoperto di una neve di straordinario candore. Vidi che quello spazio ricoperto dalla neve venne tosto segnato con pali. E che quella neve subito dopo di sparve. Ebbi pure una visione che dopo eretta quella chiesa un Martino Pontefice vi celebrò la Messa, e che cotesto Papa mentre amministrava il santissimo Sacramento ad un personaggio di alto affare doveva essere assassinato da un altro che quel personaggio aveva a ciò destinato per comando dell'imperatore Costanzo. Vidi entro la chiesa molte persone, e vidi anche l'assassino farsi innanzi, ma nel medesimo istante divenir cieco, talmentechè urtò contro le colonne, cadde, ed incominciò a urlare; dal che nacque grande tumulto. Vidi in altra occasione Papa Gregorio celebrare in quella chiesa Messa solenne, e vidi apparire la Madre di Dio ed alcuni angeli, i quali rispondevano Et cum spiritu tuo, e lo servivano. Vidi anche per ultimo in quella chiesa una solennità dei giorni nostri, cui vidi intervenire la Madre di Dio in quella forma con cui era comparsa a quei due coniugi che fecero fabbricare la chiesa. Questa è la medesima in cui ultimamente vidi orare l'impera tore Enrico, mentre Gesù Cristo medesimo celebrava la santa Messa. Havvi là dentro una cappella del santo presepio. »

8. Dal principio d'Agosto sino al fine d'Ottobre 1820 fu Anna Caterina impiegata in opere di orazione in pro del santo Padre, opere che furono precedute ed introdotte da larghissima visione. Lo stato dell'intera Chiesa le venne, come sempre in simili visioni, mostrato nell'immagine della chiesa di S. Pietro. E i non interrotti sforzi per annichilarla contro di lei diretti dalle sètte segrete diramate per l'intero globo terrestre, le furono indicati come il regno dell'Anticristo. La setta ricevette l'impronta sua dalla bestia apocalittica, che montata su dal profondo del mare presso di lei fa soggiorno, e di continuo la eccita a battaglia contro il gregge di Cristo. Ecco ciò che nota il Pellegrino nel descrivere cotesta visione: « Essa è sicuramente piena d'interstizii e d'interruzioni, poichè la narratrice la vedeva soltanto con pure forme e linea menti tali, che solo si possono descrivere con grave difficoltà. È cosa meravigliosa che abbia in sè molte delle forme della rivelazione di S. Giovanni ch'ella non conosce affatto, come d'altronde conosce in generale pochissimo della sacra Scrittura e di altri libri. Se anche tavolta sembra leggere per entro un libro, essa viene tosto rapita in visione e vede tutt'altre cose. »

Quando incominciò a narrar la visione disse così: « Vedo nuovi martiri, non già d'ora, ma bensì del futuro; ma vedo che già s'incalzano e si accostano. Vidi, seguitò ella, le genti che appartengono alla setta segreta sempre più irrompere e lavorare a distruggere la gran chiesa, e vidi presso di loro un orrendo mostro uscito dal mare. Cotesto mostro avea coda come un pesce e zampe come un leone, e molte teste che stavano arricciate e disposte intorno a un capo più grosso siccome una corona. Le sue fauci erano larghe e rosse. Era maculato come una tigre, ed affatto famigliare con quei settarii distruttori. Spesso giacevasi in mezzo a loro mentre lavoravano, ed anch'essi andavano da lui in quella caverna ove talvolta si nascondeva. Mentre ciò succedeva vidi qua e là per l'intero mondo molti buoni e pii individui, especialmente ecclesiastici, tormentati, carcerati ed oppressi, e provai un senso intimo che mi diceva che un giorno diverrebbero nuovi martiri. Quando la chiesa fu in gran parte distrutta talmentechè rimanevano soltanto ancora eretti il coro e l'altare, vidi cotesti distruttori unitamente alla bestia penetrare in chiesa, ed ivi trovarono una grande e magnifica donna. Sembrava che fosse gravida giacchè incedeva lentamente; i nemici ne rimasero molto spaventati, e la bestia non potè fare un passo più lungi. Stese furibonda il collo verso quella donna come se volesse ingoiarla, ma essa si rivolse addietro e cadde prostrata sul volto. Vidi allora la bestia di nuovo fuggir verso il mare ed i nemici correr confusi e smarriti urtandosi l'un l'altro, perchè io vidi che intorno alla chiesa da lungi venivano ed approssimavansi grandi circoli sulla terra ed anche lassù nel cielo. Il primo circolo era formato di giovinetti e di fanciulli, il secondo di coniugi di ogni stato, re e regine, il terzo d'individui appartenenti ad ordini religiosi, il quarto di guerrieri. Innanzi a questi vidi un individuo sopra un cavallo bianco. L'ultimo circolo consisteva in cittadini e genti di contado, fra le quali ben molti erano segnati di una croce rossa sulla fronte.

Mentre accostavansi i prigioni e gli oppressi furono liberati e vennero con loro; ma tutti i distruttori e congiurati vennero da tutti i punti scacciati ed insieme sospinti dinanzi a quei circoli, ed eransi, senza saper come, riuniti in una sola squadra, ed affatto confusi e pieni di nebbia. Non sapevano nè quel che aveano fatto, nè quel che doveano fare, e a capo chino precipitavansi urtando l'un contro l'altro come sovente li veggo fare. Quando tutti furon riuniti in una sola confusa ciurmaglia, li vidi abbandonare quella lor opera della distruzione delle chiese e sperdersi smarriti in quei circoli. Vidi poi allora la chiesa di bel nuovo rapidamente fabbri cata ed in più vago splendore di prima; giacchè le genti di tutti quei circoli da un'estremità all'altra del mondo si porgevano l'un l'altro le pietre per riedificare. Quando quei circoli si furono approssimati, il primo o il più interno si ritrasse dietro agli altri. Sembrava come se si distribuissero fra loro le diverse opere di orazione, e come se il circolo dei guerrieri intraprendesse le opere della guerra. In cotesto circolo mi parvero confusi amici e nemici di ogni popolo. Erano veri soldati della nostra specie e colore. Quel circolo per altro non era interamente chiuso, ma verso settentrione eravi un largo e scuro intervallo, siccome una grande apertura, un abisso. Quel precipizio si estendeva in giù nelle tenebre, precisamente come alle soglie del paradiso in quel punto dove Adamo scacciato uscì fuori. Sembrava mi come se lassù si estendesse oscura e tenebrosa contrada. Vidi pure come se porzione di questo circolo rimanesse addietro, nè volesse avanzare, e costoro si stessero stretti fra loro e cupi in volto, guardandosi l'un l'altro. In tutti quei circoli vidi molti individui che diverrebbero martiri di Gesù Cristo, giacchè eranvi pur raccolti molti cattivi, e da ciò ne proverrebbe un'altra separazione. Vidi per altro la Chiesa affatto ristabilita, ed al disopra di lei l'Agnello di Dio in cima ad un monte, ed all'intorno un circolo di vergini con palme in mano, e così pure i cinque circoli delle squadre celesti, come avea veduto quaggiù le terrestri. Quei celesti circoli eransi avanzati contemporaneamente ai terrestri ed agivano insieme. Intorno all'Agnello stavano le quattro immagini apocalittiche dei sacri animali. »

Nel giorno della Purificazione 1822 raccontò quanto segue: Ho vedute in questi giorni molte cose meravigliose circa la Chiesa. Il tempio di S. Pietro era stato quasi interamente distrutto dalla setta, ma anche le opere di quella setta furono distrutte, e tutte le cose loro e grembiuli ed utensili furono abbruciati dal carnefice sopra una piazza di disdoro e d'infamia. Era pura pelle di cavallo e puzzava talmente che ne sono divenuta affatto ammalata. In cotesto quadro ho veduto la Madre di Dio agir talmente in pro della Chiesa, che ne ho attinta ben più grande e tenera devozione per lei. »

«10 agosto. Veggo il santo Padre in gravi angustie e perigli. Abita un altro palagio e lascia venir presso di sè soltanto alcune poche persone di piena fiducia. Se il cattivo partito conoscesse la sua propria gran forza, avrebbe già dato fuori. Temo che il Santo Padre prima del suo fine dovrà patire ancora gravi angoscie ed oppressione. Veggo la negra pseudo-chiesa essere in aumento ed esercitar pessima influenza sulla pubblica opinione. I bisogni del santo Padre e della Chiesa son realmente sì gravi, che conviene continuamente implorare misericordia ed aiuto. Mi è stata imposta grand'opera di orazione per la Chiesa e pel Papa... Fui nella trascorsa notte trasportata in Roma, ove il santo Padre tiensi ancora come nascosto in gravi perigli ed angoscie, onde evitare le cattive supposizioni. È debolissimo ed affatto esausto dal dolore, dalle cure e dalla orazione. Si è nascosto principalmente perchè non può più fidarsi di molti. Havvi per altro presso di lui un vecchio, semplice e piissimo sacerdote, che è amico suo, e che siccome uomo affatto semplice non si è creduto che valesse la pena di allontanarlo dal Papa. Costui per altro è pieno della grazia di Dio. Vede ed osserva molte cose, e fedelmente le partecipa al santo Padre. A cotesto sacerdote io dovei nell'orazione rivelar molte cose circa certi traditori e mal pensanti fra gli alti impiegati in cui più si fidava il santo Padre, onde egli glielo riferisse. In cotesta guisa egli è omai avvisato a guardarsi da colui che sin ora ha fatto tutto, e che adesso non agirà più. Il Papa è talmente debole che non può più camminare da sè solo. »

25 Agosto « Non so più dire come nella trascorsa notte venissi in Roma, ma mi trovai presso la chiesa di santa Maria Maggiore e vidi molte povere e pie persone che trovavansi nella maggior cura ed angoscia a cagione del celarsi del Papa e dell'inquietudine ed affannose ciarle della città, e si appressavano a quella chiesa per implorare la Madre di Dio. Quella gente sembrava non aspettarsi che la chiesa venisse aperta; volea soltanto pregare anche stando al di fuori. Un interno comune impulso l'avea là condotta. Io per altro era in chiesa, e schiusi le porte, quella gente entrò incerta ed attonita al vedere quelle porte dischiuse. E mi sembrava come se stessi là dietro di loro ed essi non mi vedessero. Non eravi ancora alcun ufficio divino in chiesa, e ardevano soltanto le lampade perpetue. Quelle genti per altro pregavano con pieno raccoglimento, ed io vidi che la Madre di Dio apparve e disse che il pericolo ed i bisogni diverrebbero grandi, che la gente doveva pregare con zelo ed a braccia aperte, quando anche nol potesse più a lungo che per il tempo di recitare tre Pater noster; che suo Figlio avea per loro in questa guisa pregato in croce; che doveano sorgere a mezzanotte e così pregare. Doveano sempre venir qui in questa chiesa, ed avrebbero trovato sempre le porte aperte. Dovevano sopratutto pregare affinchè la chiesa delle tenebre venisse rimossa da Roma. I soldati poi che si appressavano non avrebbero portato salute alcuna, ma piuttosto miserie e devastazioni, giacchè la guerra sarebbe condotta senza preci e senza sacerdote. Disse molto, e ciò che mi è difficile e penoso a ridire si è, che quando anche un solo sacerdote offrisse l'ostia incruenta con tutta quella dignità e perfetta intenzione come lo fecero gli apostoli, ciò sarebbe bastato ad allontanare ogni calamità. Non so se quelle genti in chiesa vedessero cotest'apparizione, ma devono pure essere state commosse da alcunchè di soprannaturale, poichè quando la SS. Vergine disse che doveano supplicare Iddio a braccia aperte, tutti sollevarono in alto le braccia loro. Tutti cotesti individui erano buoni e pii, e trovavansi privi di consigli ed aiuto. Non vi era fra loro alcun traditore, alcun nemico, e ciò nondimeno stavansi incerti, timidi e diffidenti l'uno dell'altro. Da ciò può rilevarsi qual fosse lo stato delle cose. Sembrami che quella gente formasse una congregazione spirituale. » Essa trovossi dipoi ogni sera ad assistere alle devozioni che si celebravano in santa Maria Maggiore, e nel giorno 31 agosto disse: « La preghiera è ora divenuta universale. Per tutto gli uomini si genuflettono sulle tombe dei santi ed implorano aiuto. Ho veduto i santi che più specialmente hanno venerato. Ho veduto anche il Papa. Egli è estremamente turbato. Ho provato per lui grave inquietudine e ho raddoppiate le mie orazioni.....

« Il santo Padre ha rigettato gli ultimi desiderii espressi dal cardinale Consalvi; non li ha confermati, ed ei si è ritirato. L'influenza di cotest'uomo è interrotta. »

10 settembre. Ho veduto la chiesa di S. Pietro, che era rovinata sino al coro ed all'altar maggiore. L'arcangelo Michele discese ricinto ed armato dentro la chiesa ed allontanò colla sua spada molti cattivi pastori che volevano penetrarvi. Ei li ricacciò tutti in un angolo oscuro, ove sedettero e guardarono attorno. Quanto vi era di distrutto nella chiesa venne in pochi istanti riparato con leggiere opere intrecciate, dimodochè il servizio divino potè celebrarsi in modo perfetto. Dal di fuori poi vennero sacerdoti e laici del mondo intero a portar pietre per riedificare i muri, giacchè i distruttori non aveano potuto far crollare i solidi fondamenti. » Anna Caterina passò allora le notti intere in orazione a braccia aperte, e dovette per di più sopportare vivissimi attacchi del maligno. Per tre volte egli si precipitò sopra di lei nella prima notte onde strozzarla. « Ei mi rinfacciò, disse ella, tutte le mie mancanze dalla prima gioventù in poi, ma io non voglio da lui accettare simili rimproveri. Afferrai insieme tutte le mie reliquie e con esse combattei contro il nemico. Finalmente mi assisi dritta sul letto e benedissi da ogni lato colla reliquia della santa Croce, dal che ottenni quiete. »

La notte susseguente la passò in simili opere di orazione, ma combattè sì vittoriosamente il nemico, che ne cantò più volte il Te Deum. Durante cotesto tempo trovavasi continuamente in visione circa lo stato delle più diverse diocesi vicine e lontane. Così il Pellegrino riferisce in data del 27 settembre: « Oggi, sul meriggio, ella venne in modo indescrivibilmente commovente e vivace in istato di visione, ed a occhi aperti indicando qua e là, incominciò come in discorso a descrivere quanto segue: ?? Che fanno eglino mai della grande e bella Chiesa ? È il Duomo (in Münster); tutto vien costà trafugato nella cappella, ove era prima il vascello d'argento, laddove Bernardo di Galen giace sepolto! Tutto va là dentro, tutte le grazie, tutto, tutto; oh come ciò è bello e meraviglioso! Havvi là posato un calice; è vuoto, eppure da quel calice scaturisce un raggio, ed ecco che se ne sviluppa e ne cresce un'alta croce di splendore nel cielo; ed a sinistra del calice stassi una vaga sposa con una chiesa in mano, ed a dritta un giovanetto meravigliosamente bello che dev'essere il suo sposo. Ecco che vengono fidanzati. Ma vedi! Fuori assisa nell'aere stassi la Madre di Dio, ed ha dinanzi a sè Gesù bambino, e dalle sue mani nasce una magnifica vite e ricuopre le vôlte della cappella, e vi cresce dentro su in alto coi suoi grappoli, e quei grappoli si sgravano del vino che contengono nel calice, ed a sinistra ed a dritta scaturiscono magnifici fiori di luce e tutto riempiono di splendore, ed anche spighe di magnifico grano d'oro, e tutti quei cespugli di novelli fiori si abbelliscono e di meravigliosi e risplendenti piccoli frutti. Tutto diviene luce e meraviglia. Tutto verrà costà e raccolto e conservato; ed ecco che là in alto stassi un santo antico vescovo, egli è Ludgario; ei conserva e difende il tutto. Che è mai questo ? Vedi! Da tutta l'intera e vasta chiesa, fuorchè dalla cappella, scoppiano rosseggianti fiamme devastatrici, e nella città sembra come se gran numero di case dovesse qua e là precipitare distrutto! Laggiù nel castello le cose vanno male; ma tutto ciò dee intendersi soltanto in modo spirituale. La gran chiesa rimane bensì esteriormente com'era; vi fanno tutto come prima, ma tutte le grazie si sono ritratte ed ammassate nella cappella.

« In questa guisa ella parlò con gran serenità, indicando qua e là ad occhi aperti cotesto quadro simbolico, come se ognuno potesse vederlo; e ciò era continuo e sempre crescente al suo sguardo. Nel giorno susseguente raccontò: Vidi l'intero quadro di ieri relativo alla cappella dei Galen, e vidi in alto nell'aria al disopra dell'antica chiesa, librata un'altra nuova chiesa, ed in quella penetrarono ed apparvero tutte le magnificenze che trovavansi nella cappella dei Galen. Disotto l'antica chiesa appariva come nera, e sembrava che precipitasse nel seno della terra. Pensai entro me stessa come bello sarebbe se la chiesa che stavasi su in alto nell'etra potesse tosto abbassarsi e posarsi sul suolo quando l'antica fosse sparita. Vidi cotesto quadro molto distintamente, ma ne ho dimenticate alcune singolarità. Me ne andai per una via simbolica e trovai non lungi dalla parte posteriore del duomo, in un campo che mezzo era prato e mezzo deserto, un bambino smarrito che non avea patria, e cui sanguinavano i piedi fra quelle stoppie. Volli trasportarlo sui fiori del prato. Gli dissi che colà eranvi dei fiori da suggere e che ei ne suggerebbe il miele. Io non sapeva come recargli aiuto. Ei mi disse che tal era il suo destino e che dovea così patire e sanguinare, finchè fosse ricevuto ed accolto. Pensai a quel fanciullo che ieri si sposò in chiesa, nella cappella dei Galen. »

Anche in distanza ella ebbe una visione di una lontana diocesi abbandonata sotto l'immagine di una profanata chiesa.
Vidi quelle orribili miserie e come in quella chiesa si giuocasse, si bevesse, si amoreggiasse, si ciarlasse, in breve si commettesse ogni abbominio. Sembrava come se in mezzo ad essa fosse stato stabilito un giuoco di birilli. Gli ecclesiastici lasciavano fare ogni cosa e celebravano la santa Messa affatto profanamente. Vidi anche dei giudei starsi sotto le porte della chiesa. Ne provava gran turbamento. Ed ecco che allora il mio Sposo celeste mi vincolò con un legame simile a quello con cui egli stesso era stato rilegato alla colonna e disse: Così questa chiesa sarà pure legata, così strettamente sarà essa legata, prima che possa rialzarsi e risorgere. »

Ai 30 di settembre sul mattino vomitò sangue per causa degli sforzi notturni fatti nell'orazione a braccia aperte in pro della Chiesa, che ella vede minacciata dai più gravi perigli. Il petto le duoleva oltre modo e disse: « S. Michele mi ha ordinato di praticare una devozione speciale per sette giorni accompagnandola con elemosine; per questi sette giorni sarò ammalata. » Nella notte seguente i dolori cominciarono con tale intensità che essa credevasi consumata da un fuoco interno e penetrante per tutte le membra del corpo. Come non potea più sopportarlo, si pose sul petto una reliquia di s. Cosimo precisamente dove soffriva i più potenti dolori ed invocò quel santo. I di lei sensi caddero, a suo dire, nella più profonda privazione di ogni conoscimento ed in completa spossatezza, e le sembrava come se da lei affatto si ritraessero. Cadde in un dolce sonno, e quando di nuovo rientrò in sè stessa, le stava dinanzi s. Cosimo tutto risplendente ed avvolto in un lungo e candido ammanto. Teneva in mano un verde cespuglietto ed alcuni candidi fiori. Aveva a sè dattorno un nimbo rosseggiante, il di cui orlo estremo era di un vago azzurro. Il suo fratello Leonzio, alquanto più piccolo di statura ed ancor giovine, stavasi alquanto distante da lui, e Damiano, ancor più piccolo di Leonzio, vedevasi ancora più lungi. Tutti i di lei dolori erano passati, e trovavasi in stato di molta placidità e quiete. Non poteva assai esprimere come fosse stata meravigliosamente guarita. Cotesta grazia era stata altrettanto sensibile ed istantanea quanto quelle ottenute per mezzo di sant'Ignazio e santo Agostino.

La sera del 1 ottobre il Pellegrino la trovò grondante di sudore, poichè senza alcun intervallo nè requie trovavasi immersa nella più penosa opera d'orazione. Essa ripetè che oltre ad altri lavori in pro della Chiesa le erano state comandate dall'Arcangelo s. Michele elemosine che dovea praticare nel tempo di sette giorni. Tutti i fanciulli le erano stati indicati, e sapea pure quali fra le cose dovesse dare a ciascuno. « La Chiesa, disse ella gemendo, è in gran periglio; per comando celeste io debbo domandar da ciascuno che a me ne venga la recita di un Pater noster colla intenzione di giovare alla Chiesa. Convien pregare affinchè il Papa non lasci Roma, giacchè ne proverrebbero molti danni; convien pregare che egli venga illuminato dallo Spirito Santo. Vuolsi ora da lui esigere rovinosa concessione. Le dottrine protestanti e le greche voglionsi propagare per tutto. Vivono ancora due uomini che vogliono rovinare la Chiesa. Sentono ora sopratutto la mancanza di un uomo di cui eransi molto serviti facendolo scrivere; un anno fa è stato assassinato da un giovinastro. Uno di cotesti due uomini ha da alcun tempo abbandonato la Germania. Hanno i loro cooperatori per tutto; specialmente quel piccolo uomo nero in Roma ch'io veggo sì di frequente, ne ha molti che debbono lavorare per lui, senza per altro conoscerne il vero scopo. Egli ha pure i suoi agenti nella nuova e nera pseudo- chiesa. Se il Papa venisse a lasciar Roma, cotesti nemici della pseudo chiesa otterrebbero tosto il disopra. Veggo presso quel l'omicciattolo nero intercettare e falsificare molte cose. Veggo opprimere e soffocare talmente la religione in quel luogo, che appena vi restano cento ecclesiastici non per anco sedotti. Non posso dire come ciò avvenga, ma veggo sempre crescere la nebbia e l'oscurità. Tre chiese sole rimangono ancora senza piegarsi; quelle di S. Pietro, di Santa Maria Maggiore e di S. Michele. Vi fanno sempre breccia, ma non ne vengono a capo. Io non aiuto, non rimuovo alcuna pietra dalla via; me ne debbo ben guardare. Essi devono ricostruire subito colla massima rapidità ciò che hanno diroccato, anche gli stessi ecclesiastici. Quei due nemici della Chiesa che hanno perduto quel terz'uomo assassinato, hanno il progetto di rimuovere ed allontanare certi pii e dotti uomini, che sono loro d'impaccio nella mala via che vogliono percorrere. »

Presto apparve quali fossero i compiti a lei imposti oltre l'orazione e le elemosine dall'arcangelo s. Michele. Quando il Pellegrino venne presso di lei nella mattina del 4 ottobre, la trovò in istato di totale prostrazione di forze cagionata dai notturni sforzi e combattimenti. « Ho dovuto lottare, disse ella, in modo spaventevole come per l'innanzi. Sono stata quasi vicina a soccombere; non posso dire quanto abbia disperatamente sofferto. Cotesta lotta. mi era stata mostrata da lungo tempo. Vidi una persona assalita da molti demonii contro i quali lottava. Ora ben conosco che questa persona era io stessa. Debbo combattere contro un'intiera schiera di diavoli. Essi eccitano tutto contro di me come e quando possono. Ho preso sulle mie spalle troppe opere di orazione. Voglionsi adesso installare molti cattivi vescovi, ed in un certo luogo si pretende mutare una chiesa cattolica in una luterana; ed io debbo per ciò pregare, lottare e soffrire, e quindi mi è stato assegnato per compito di sostenere cotesto combattimento. Se i santi non mi stessero da presso e mi confortassero, non potrei perdurare; sarei allora in completa spossatezza esposta alla battaglia; eppure debbo vincere. e ciò mi riesce sì grave! Veggo il demonio impiegare ogni mezzo per farmi onta ed oltraggio. È perciò ch'ei m'invia sempre gente e visite anche da lontano, per tormentarmi ed indebolirmi ( 1).

(1) Anche il Pellegrino vi ebbe la sua parte. Giorni innanzi, per imprevidenza della sorella, una crestaia francese era riuscita a penetrare nella stanzuccia dell'inferma, e senza ambagi o complimenti aveva schierato in mostra sul letto le sue merci. L'inferma non fu in grado di rimuovere ed allontanar l'importuna, e sentissi talmente stanca e confusa dal suo cicaleggio che fu appena in grado di poter raccontare cotesta storia al Pellegrino che venne più tardi da lei. Ei le fece in torno a ciò i più alti rimproveri, come se fosse stata ella medesima la cagione che quella crestaia avea messe fuori le sue merci.


« Quando nella trascorsa notte in una visione del Papa vidi s. Francesco portar sulle spalle la chiesa, poco dopo vidi pure il tempio di S. Pietro portato sulle spalle da un omaccino che aveva in faccia alcunchè del giudeo. Tutto ciò appariva molto pericoloso. Maria stava dal lato settentrionale sopra la chiesa ed a proteggerla dilatava il suo ammanto. Pareva che quell'omaccino perdendo le forze, stesse per cadere. Sembrava essere secolare e da me conosciuto. Quei dodici che io sempre vedo come nuovi apostoli doveano aiutarlo a portare, ma venivano un poco troppo lentamente. Mentre ei sembrava fosse sul punto di cadere, giunsero finalmente tutti e sottoposero gli omeri a sostegno, e molti angeli dettero pure aiuto. Trattavasi soltanto di salvare il pavimento e la parte posteriore della chiesa; tutto il rimanente era stato distrutto dalla setta e dagli stessi figli e servi della Chiesa. Portarono quel tempio sopra un altro luogo, e sembrava come se dinanzi a lui cadessero molti palagi, a guisa di spighe in un campo di grano.

«Quando vidi la chiesa di S. Pietro in quello stato di distruzione, ed anche quanti mai fossero gli ecclesiastici che lavoravano a distruggerla senza che l'uno volesse confessare pubblicamente dinanzi all'altro la parte che ci prendeva, ne provai tal turbamento, che sclamai con ogni forza a Gesù ch'ei dovea muoversi a misericordia. E vidi il mio Sposo celeste dinanzi a me siccome un giovane, ed ei mi parlò a lungo. Disse pure che il trasporto della chiesa significava che in apparenza parrebbe essere sul punto di cadere; ma che per altro posava sicura su quei sostenitori e che da loro verrebbe di nuovo ristaurata. Quando anche rimanesse soltanto un cristiano cattolico, la Chiesa pure trionferebbe di nuovo, poichè non è già fondata sulla ragione e consiglio degli uomini. Ei mi mostrò allora come non viene mai a mancare chi preghi e soffra in pro della Chiesa. Mi mostrò pure tutto ciò che aveva sofferto per la medesima, e come avesse dato forza ai meriti ed alle fatiche dei martiri, e come ei soffrirebbe tutto volentieri ancor una volta, se potesse ancora soffrire. Mi mostrò anche in innumerevoli quadri tutta la miserabile condotta dei cristiani e degli ecclesiastici, in circoli sempre più larghi e nel mondo intero, sino alla mia patria, e mi esortò a perseverante orazione ed ai patimenti. Questo si fu un quadro indescrivibilmente grande e tristissimo, che non si può esprimere a parole. Mi fu pure mostrato che non vi ha quasi più alcun cristiano nell'antico senso della parola, come pure che tutti i giudei che oggidì esistono sono puri farisei ed anche più duri; il solo popolo di Giuditta in Africa è ancora composto di antichi veri ebrei. Mi sentii molto turbata a cagione di questo quadro. »

7 ottobre. « Ho fatto un gran viaggio per causa d'intra presi lavori. Fui a Roma entro le Catacombe. Vidi la vita di un martire, che con molti altri visse colà nascosto. Avea convertito molta gente, e ciò accadde non lungo tempo dopo santa Tecla; ho dimenticato il suo nome.

Sin da fanciullo andò con pie donne nelle catacombe e nelle prigioni a consolare i cristiani. Fu martirizzato insieme a molti altri. Rimase anche per molto tempo nascosto in un romitorio. Patì gravi tormenti e fu alla fine decapitato. Dal luogo del martirio miracolosamente partì portando seco il suo capo, ma non mi rammento più bene coteste storie. Fui con Francesca Romana e con cotesto martire entro le Catacombe ed in un sotterraneo, il cui suolo era tutto ricoperto di risplendenti fiori. Erano questi i fiori dei patimenti di cotesto martire e dei suoi compagni che ivi vennero trucidati. Vedevansi specialmente fra quei fiori molte belle e candide rose, e vidi ad un tratto che una di esse si attaccò al mio seno (la reliquia di questo santo ). Fui pure in molti luoghi, e vidi innumerevoli fiori, puri patimenti dei martiri, di cui m'impossessai in pro dei presenti bisogni della Chiesa. Mentre con Francesca e con quel santo me ne andava vagando per Roma, vedemmo un gran palagio dall'alto al basso incendiato ed in fiamme (il Vaticano). Io era molto inquieta, temendo che gli abitanti potessero abbruciarvi, giacchè niuno spegneva quell'incendio. Quando per altro ci accostammo cessarono le fiamme, e quel palagio rimase nero e qua e là abbruciato. Traversando molte magnifiche sale, passammo oltre e venimmo sin presso il Papa. Ei sedeva nell'oscurità e dormiva assiso in un gran seggio; era molto infermo e spossato, e non potea più andare. Dinanzi alla porta andavano e venivano parecchie persone. Quegli ecclesiastici che gli stavano più da presso ed abitavano con lui non mi piacquero troppo; sembravano esser falsi e tepidi nello zelo. Quei pii e semplici individui che talvolta veggo presso di lui, trovavansi in una remota parte del palagio. Parlai a lungo con lui, e non posso dire come a me stessa sembrò di essere davvero presente, giacchè mi sentiva indicibilmente debole, e coloro che mi erano dappresso dovevano sempre sostenermi. Gli parlai dei vescovi che debbono essere adesso installati. Dissi anche al Papa che non dovea lasciar Roma; che se lo facesse, tutto cadrebbe nella maggior confusione. Egli per altro opinava che il periglio non potea scansarsi e che dove andarsene per salvar sè stesso e molte altre cose. Egli era molto inclinato e da altri persuaso a lasciar Roma. Santa Francesca parlò molto più a lungo con lui. Io era affatto spossata e debole, e quelli che mi accompagnavano mi sostenevano. Prima che partissi il Papa mi diè un piccolo piatto di fragole con zucchero. Non le voleva mangiare; voleva portarle, partendo, ad un ammalato per ristorarlo. » Più tardi in estasi disse:
Coteste fragole non hanno in vero una ben lieta significazione; indicano che il Papa è ancora legato al mondo da troppi riguardi (1). »

(1) Il Pellegrino aggiunge a torto questa sua osservazione: Questa spiegazione è debole, giacchè quelle fragole asperse di zucchero indicano che una parte dei sì penosi sforzi di Anna Caterina sono rimasti senza successo. Il Papa in certo modo le rende questi sforzi suoi coperti di zucchero, vale a dire ringraziandola con riconoscenza, perchè ei crede di poter guadagnare col mezzo di concessioni i potentati del mondo..

« Vidi Roma in stato sì tristo, che la minima scintilla poteva accendere il tutto. Vidi la Sicilia affatto oscura e spaventosa, e che tutti quelli che potevano se ne fuggivano. »

Una volta essendo in estasi si lamentò ad alta voce così: Veggo la Chiesa affatto sola, e come abbandonata. Sembra come se tutti fuggissero. Intorno a lei quaggiù tutto è sossopra. Per tutto io veggo grandi miserie e odio, tradimenti e rancori, disturbi, sconsigliatezza, abbandono e totale cecità. Da un centro tetro ed oscuro veggo inviar messaggieri per annunziar qua e là alcune cose che escono come nere nubi dalla loro bocca e ricadono amare nel cuore degli ascoltanti, ed accendono odio e furore. Prego con ogni zelo per gli oppressi. Sopra alcuni luoghi ove alcuni pregano, veggo scendere la luce; sopra altri vedo addensarsi nere tenebre. Questo stato è veramente orribile. Ho tanto supplicato. Iddio si muoverà alfine a misericordia. O città! O città (Roma), che mai ti minaccia! La tempesta è vicina, tienti in guardia, ma spero che resterai ferma ed incrollabile. »

16 ottobre. Ho percorso nella passata notte la Via Crucis di Köesfeld. Molte anime del purgatorio mi accompagnavano. Mi rappresentavano i bisogni della Chiesa e quanto si dovesse pregare. Vidi dipoi in un quadro di molti giardini che si stendevano in circolo a me dintorno la correlazione del Papa coi vescovi. Vidi anche il Papa sul suo trono ?tarsi come entro a un giardino. Vidi i diritti e le forze di cotesti vescovi e vescovati, siccome piante, frutti e fiori nei singoli giardini; e vidi le correlazioni, i correnti, gli influssi siccome fili, strali o raggi che partendosi dalla Sede romana penetravano in quei giardini. Vidi l'attuale possanza spirituale in quei giardini terrestri, ma all'approssimarsi di nuovi vescovi la vidi su in aria al disopra di quei giardini medesimi. Così vidi esempligrazia un nuovo vescovo starsi su nell'aria colla sua infula, il suo pastorale e tutto ciò che ne dipendeva, e librato al disopra di un giardino che dovea governare come superiore severo. Vidi intorno a lui protestanti che voleano farlo discendere, ma non colle condizioni che il Papa avea fissate. Vidi che tentavano ogni mezzo di ottenerlo per sorpresa, e che qua e là mettevano sossopra una parte del giardino, o la seminavano con cattiva semenza. Vidi che talora in un punto, talora in un altro fabbricavano e lasciavano cadere, e strappavano, e non rimuovevano le immondezze, e così di seguito. Tutto era pieno di rovine, e di lacci, e d'insidie. Li vidi interrompere e minare le relazioni di quella sede vescovile col Papa. Vidi pure che ove essi riuscissero ad installare quel vescovo nel modo che pretendevano, ei sarebbe installato soltanto per sorpresa e contro la volontà del Papa, e non avrebbe in sè il legittimo potere ecclesiastico. Così vidi moltissimi quadri, e dovei pregare e patire, e trovai tutte coteste circostanze molto affliggenti. Vidi pure che ad un vescovato in cui era morto un santo vescovo, si approssimava un altro che era affatto profano. »

Durante coteste visioni ella era continuamente immersa nei più gravi patimenti. Provò sotto le basse coste certe pene, come se fosse stata ricinta di uno stretto vincolo o legame. Ebbe vomiti sanguigni, ed una sensazione sì vivace di una larga corona di spine impostale sul capo, che non poteva in verun modo appoggiare la testa sull'origliere. Più volte nella notte effuse anche sangue in gran copia dalle ferite del capo e dalla piaga del costato. Una " volta trovandosi in simile stato narrò i seguenti frammenti relativi alla Passione del Signore: « La corona di spine di Gesù era molto grossa e pesante, e dilatavasi molto intorno al capo. Quei manigoldi gli ritolsero la sua camicia fatta a maglia per disopra la testa, e nel ritoglierla strapparono via anche la corona. Mi ricordo oscuramente che ne intrecciarono una più piccola, e conosco di quale specie di spine, e gliela imposero mentre era già steso sulla croce. I tre fori della croce erano stati fatti troppo distanti l'uno dall'altro. Quando ebbero inchiodato una mano, tirarono fortemente l'altra col mezzo di funicelle annodate, appoggiando i piedi l'un sull'altro sul foro ad essi destinato. Ma i piedi trovavansi pure esser troppo corti per raggiungere quel foro, e quindi quei manigoldi li tirarono distendendoli con violenza e con un ginocchio appoggiandosi ai membri di Gesù, mentre altri martellavano i chiodi. Il corpo del Signore era interamente dislogato da tutte le sue artico lazioni e come trasparente, ed inferiormente al petto era affatto emaciato, sottile e vuoto. Fu terribile il momento quando innalzarono la croce e la fecero ricadere nel forame fatto per piantarla e sostenerla; ciò produsse gravissima scossa al punto che ne crollò il sacro corpo. « Non ho veduto Gesù andare in purgatorio. Quand'ei però si trovava nel limbo, vidi le anime del purgatorio venirvi, e che tutte coteste anime vennero da lui liberate. Vidi prima della risurrezione molti angeli raccogliere tutto quel sangue e quella carne ch'ei avea perduto durante i suoi patimenti, e riporla ed aggiustarla di nuovo nel suo sacro corpo, e vidi quel corpo medesimo indescrivibilmente luminoso uscire dal sepolcro. Le piaghe risplendevano, ed erano sacro ed ineffabile ornamento di quelle sante membra. Ei non si mostrò ai discepoli in cotesta piena sua gloria, giacchè non avrebbero potuto sostenerne la vista.

« Ho veduto che la SS. Vergine possedeva certi panni lini intinti nel sangue della sua circoncisione e delle piaghe, e dividendoli ne donò reliquie agli Apostoli racchiuse in croci lunghe un braccio, fatte di una certa canna pieghevole. Essi le portavano sotto i loro mantelli. Avevano pure scatole metalliche atte a contenere il pane della Comunione e le reliquie, e fra queste credo alcune particelle di quei pannilini ricevute da Maria. Credo pure che essa lavorasse le loro tonache nell'istessa guisa che aveva lavorato le vesti di Gesù Cristo. Fece molte tuniche di simil genere con due bacchette, ed anche con certa sorta di uncini. »
Per chiusa di cotesto difficil compito d'orazione, Anna Caterina si ebbe un quadro di consolazione, di cui partecipò quanto segue:
 Io giaceva sopra una dura tavola ed era all'intorno circondata da siepi di spine; tutte coteste spine erano in dentro rivolte, e mentre mi muoveva ne rimaneva sempre ferita. Eranvi però su quella siepe anche molte rosse e candide rose ed altri bianchi fiori. Gesù se ne venne a me come uno sposo e mi descrisse la specie dei suoi legami e relazioni colle sue spose. Vidi Teresa, Caterina da Siena, Chiara di Montefalco al seguito l'una dell'altra in consimili quadri simbolici di patimento, e come l'una sedesse in mezzo alle spine, l'altra vi si rivolgesse per entro, la terza poi fosse circondata da un circolo pure di spine. Vidi come tutte con lui parlassero con confidenza e ardire. Vidi Chiara di Montefalco trascinare una croce, e quantità di persone che erano sue consorelle, caricar quella croce di tante piccolezze, sinchè divenne talmente greve che cadde sotto quel peso. Vidi Gesù che le disse essere anch'egli caduto sotto la croce, e che allora essa gli rispose: Porgimi la tuo mano, come a te la porse il tuo Padre celeste. M'indicò pure come tutte quelle persone che si accostano al mio letto sospingono, senza volerlo, quelle siepi di spine. Vidi le debolezze ed i patimenti e le angustie spesso mortali di tutte quelle spose. Poi lo vidi porre a me dinanzi una luminosa tavola, e coprirla di un pannolino bianco come la neve, e vidi sopra di quella venir sacrificato ed offerto un puro e paziente agnello da un uomo dell'antico Testamento. Ottenni schiarimenti circa la purità della tavola, della coperta, dell'agnello. Il sangue non macchiò affatto quel pannolino. Allora su quella bianca tavola fu imposta una rossa coperta e poi per disopra ne fu messa una candida e trasparente, e sopra vi posava un calice ed un pane, ed il Signore mi fece parte di ambidue. Era Lui stesso che in me riceveva. Disparve e rimasi molto consolata. Allora di bel nuovo vidi in breve tutta l'intera sua Passione in alcuni singoli quadri, e come i di lui amici l'avessero abbandonato e non compreso, e come ora lo tratterebbero ed effettivamente lo trattarono. Vidi la sua presenza nell'Eucarestia al momento della cena ancor più presente che nella sua stessa vita; e vidi pure come la sua passione fu e verrà sempre continuata nella pazienza, nel sopportare, e nell'offerta dei patimenti dei suoi fedeli successori, e come pure molto verrà pur troppo calpestato nel fango. Uscii dalla contemplazione di cotesti quadri tranquilla e fortificata. »

9. Consacrazione della chiesa di S. Salvatore in Roma.

9 novembre 1820. « Fui in Roma e vidi una bellissima chiesa nuovamente edificata ed allora appunto finita, ed il Papa con gran seguito che riceveva la consegna di cotesta chiesa dall'architetto, il quale era vestito all'antica usanza, e portava al collo un'aurea catena con aurea medaglia pendente. Ei disse vantandosi al Papa che lo lodava, che avrebbe potuto edificare quella chiesa in modo anche migliore. Fu preso in parola e gli venne rifiutata la paga, poichè non aveva edificata quella chiesa così bene e magnificamente come lo avrebbe potuto, e per aver trascurato tal o tal altra colonna, che secondo le sue proprie parole avrebbe potuto impiegare nell'abbellimento; ed ecco che ei disse: Oh se avessi taciuto! ( ed intanto pose il dito sulle labbra ) l'opera mia sarebbe stata ricevuta come perfetta! A queste parole ei fu preso, nè fu lasciato andare finchè non esegul meglio il lavoro, e finchè non ebbe scolpito sopra un muro della chiesa la propria sua immagine col dito posato sulla bocca. Ei scrisse allora al Papa che egli al certo si presterebbe a rendere più perfetta l'opera sua in quella chiesa, tostochè il Papa perfezionasse pure la propria opera nella costruzione spirituale della Chiesa; e quindi gli denunziò molte mancanze nella disciplina e contegno dei preti, molti difetti d'amor del prossimo e cose simili che molto deturpavano la Chiesa nel suo edifizio morale; non havvi bisogno, diceva egli, che l'esterno sia più perfetto dello interno. Letta cotesta lettera, il Papa lo lasciò andare libero, secondo la sentenza: Non fare agli altri ciò che non vorresti che fosse fatto a te. Vidi allora consacrare questa chiesa con molte belle cerimonie, e vidi ad un tempo una chiesa indescrivibilmente magnifica su nell'aria, nella quale succedeva tutto ciò che succedeva pure nella terrestre, solo in modo più perfetto. Era piena di santi e di angeli. Al disotto della chiesa terrena vidi una gran processione, ed a tutto ciò che da essa si cantava rispondevano i santi cori nella chiesa superiore. Durante cotesta processione fui subita mente chiamata in un ospedale presso un moribondo, e dovea giungervi per una strada piena di neve, talmentechè temeva si potesse vedere come fossi andata per quella notte a pie' nudi; quando però ritornai trovai che le mie orme erano sparite. Mi stetti allora nella nuova chiesa in alto collocata sopra un muro, e vidi come da quella processione venisse deposto il Sacramento in un ciborio, al disopra del quale stava in aria librato un candido strato di luce, ed al disopra di questa un'ostia risplendente con gran nimbo di gloria. Quando la processione mi venne vicina, questo soprannaturale Sacramento si avanzò sempre in aria verso di me, ma non lo ricevei, e lo adorai soltanto. Vidi dopo di ciò proseguire la consacrazione della chiesa terrena, e udii i responsorii della chiesa celeste. Vi venni anch' io sollevata; e vi assistei alla celebrazione della festa di S. Martino, della cuivita molto vidi, e più specialmente la morte, e tutta la meravigliosa propagazione dell'influenza sua spirituale simboleggiata da strali di luce che scaturivano da quella chiesa che portava in mano; dall'estremità poi di cotesti strali scaturivano nuove chiese che producevano la medesima propagazione e frutto.

« Quindi la mia Guida mi trasportò sull'estrema altezza di cotesta chiesa spirituale che dall'interno nascendo, alzavasi come una torre piena di luminose e trasparenti opere di scultura. Dalla sommità di cotesta torre ei mi mostrò la terra siccome una carta geografica. Vidi e riconobbi tutte le contrade nelle quali sono stata sì sovente; vidi il Gange e quei luoghi ove giacciono sepolte tante e si luminose gemme; ed allora pensai a quelle che sono state derubate alla tomba dei tre re Magi. Vidi giacere immersi e sprofondati nel seno dei mari molti tesori e cose preziose, mercanzie, balle, casse, e vascelli interi. Vidi anche le diverse parti della terra. La mia Guida mi nominò l'Europa, e mentre m'indicava un piccolo spazio come una macchia di arena, mi disse queste notabili parole: Vedi, questa è la nemica Prussia; e poi m'indicò più lungi verso settentrione e disse: Vedi, questa è Mosca che porta sciagure. »

10. Patimenti in pro della Chiesa coll'aiuto e presenza di santa Cunegonda, dalla fine di maggio fino a mezzo giugno 1821.

Anna Caterina era stata a pregare per una monaca Orsolina molto inferma di reumi e che a causa della intensità dei dolori erasi affatto disanimata. « Fui, così narrò, presso quella monaca, vidi la di lei infermità e la per suasi a non pregare per risanar di nuovo, ma piuttosto per ciò che a Dio più piacerebbe. Otterrà mitigazione, ma non diverrà affatto sana. » La di lei orazione in pro di quella inferma divenne allora, come sempre in simili casi, un'effettiva e corporea partecipazione ai di lei dolori, vale a dire un prendere sugli omeri suoi il reuma della monaca, con tutti i suoi sintomi e dolori, in mezzo ai quali ella però continuava sempre l'opera sua d'orazione in pro della Chiesa e del santo Padre. In data del 29 maggio il Pellegrino riferisce così: « La malattia si è aumentata fino al più alto grado. Durante la notte ha avuto violenti vomiti di acqua e di una materia biancastra, accompagnati dai più gravi dolori, ed inoltre doglie nel capo e nelle membra, impotenza al bere, ritenzione d'orina e gran sete. È come una moribonda. Il suo spirito è tranquillo, ma rare volte soltanto può pronunziare alcune poche parole. Tutti i di lei dolori sono costantemente accompagnati da unquadro, in cui vede sè stessa lavorante in una chiesa abbandonata ed immonda. Sul meriggio sentissi come vicina a morte, ed incapace di sollevarsi giacque fredda affatto ed irrigidita, senza potere nemmeno chiamare. Per ventura sopravvenne la sorella ela sollevò, senza di che quel conato al vomito che potentemente cresceva, minacciava di soffocarla. Anche così sollevata era pur sempre nello stato il più miserabile, e tendente a cadere spossata e come morta. Subitaneamente però sollevossi e stette seduta a mani giunte e per circa sei minuti nella posizione di una orante in profondo raccoglimento, e senza punto appoggiarsi; il che d'altronde non riuscivale mai. Pareva che tutto fosse finito, ma ben presto disse: Ora mi sono alquanto riposata ed ho ringraziato Iddio per un grave favore. Ah era ben pesante quella scopa con cui spazzai! - Queste parole appena potè balbettarle, ma il suo respiro era più tranquillo. I suoi più intensi momenti di doglia eran tali, che per circa cinque minuti agitava talmente i piedi tremando, che quel seggio cui si appoggiavano, continuamente tremava anch'esso. Quando in quei momenti prendonsi in mano cotesti piedi, che somigliano ad ossi sottili inviluppati di fascia, sentesi una vivace convulsione di ciascun muscolo, dal che anche le gambe vengono ad essere messe in agitazione convulsa. Appena può concepirsi come una tal moltitudine di pene possa trovare spazio sufficiente per albergare in quelle povere ossa. Disse che la cosa non era ancora finita, e mentre veniva esortata a pazienza dal confessore, soggiunse: Ecco là la pazienza librata ed ondeggiante entro un globo! Di là a poco, dopo breve riposo, ricadde in consimili patimenti ed alla fine parve essere una creatura tormentata a morte. »

30 maggio. Il vomito ha ceduto, ma è subentrato un sì intenso spasimo nelle orecchie, che ella è costretta ad involgere interamente il capo nei cuscini per non udire affatto, giacchè ciò le cagiona i più gravi dolori. »

31 maggio. « Il di lei dolore di capo la pena delle orecchie crebbero durante tutta la notte sino al più alto grado. Spesso per i gravi spasimi cadde svenuta: il di lei stato fu al sommo compassionevole.1 giugno. Il Pellegrino la trovò nella mattina serena e straordinariamente di buono ed amabile umore. Il dolor del capo erasi alquanto calmato, udiva peraltro con difficoltà.

Vidi (così narrò) indescrivibili quadri dello stato della Chiesa in generale e in particolare. Vidi sulla terra la Chiesa nel quadro di una città somigliante alla Gerusalemme celeste, ma di forma ed apparenza terrena. Vidi cotesta città esser ricca di molte vie, palagi e giardini, e mi aggirai dall'uno all'altro. Vidi intere processioni di vescovi nei quadri i più rari e strani. Riconobbi lo stato morale di tutti loro, e vidi ciò che pensavano e dicevano entro immagini che uscivano dalla lor bocca. I loro difetti spirituali li vidi rappresentati dalle esterne alterazioni e difetti delle loro forme. Così ne vidi alcuni che avean soltanto il corpo, ed il loro capo sembrava una nuvola di oscuro vapore; altri avevano soltanto il capo, ed il loro corpo ed il loro cuore erano un torbido fumo; alcuni eran zoppi, altri irrigiditi, altri dormienti ovvero vacillanti. Vidi anche una volta una mitra vescovile pianeggiare come sospesa per aria, e vidi una mano uscir da una scura nuvola continuamente tentando di afferrare quell'infula, che pur sempre indietro si ritraeva. Sotto quell'infula vidi starsi molti individui non a me sconosciuti, che fra i pianti e le lagnanze portavano sugli omeri ogni specie di croci, e vidi tra questi anche me medesima. Credo di aver veduto quasi tutti i vescovi del mondo, ma solo un piccolo numero fra loro che fosse pienamente sano. Vidi anche il santo Padre pieno di timor di Dio ed orante. La sua sembianza era perfetta, ma era molto debole per l'età e pei patimenti. Il suo capo ricadeva spesso da una spalla sull'altra, ovvero sul petto come se si addormentasse. Spesso lo vidi cadere svenuto fatto simile a un moribondo. Spesso lo vidi durante l'orazione sostenuto da apparizioni, ed allora il suo capo mantenevasi ritto. Tostochè peraltro il capo gli ricadeva sul petto, io vedeva le teste di molti rivolgersi rapidamente in qua e in là, cioè guardare verso il mondo. Quel quadro del destino della Chiesa in un certo paese, vidi che diverrebbe estremamente deplorabile e tristo, nel caso che quella mano che esce dall'oscurità riuscisse ad afferrare quell'infula che sempre si ritrae addietro, e ciò a causa specialmente della dotta e vana gioventù delle scuole. Vidi pure la congrega dei protestanti prender sempre più il di sopra e la religione andarne affatto in decadenza. Vidi la maggior parte dei preti innamorarsi nelle vane apparenze di quei giovani scolari, e tutti insieme lavorare alla perdita della buona causa. Uno tra gli altri vi cooperava per vanità ed ignoranza, e quando se ne avvide era troppo tardi. Vidi al più quattro ecclesiastici in quel paese rimanere fermi e fedeli. Le miserie sotto cotesto vescovo cresceranno oltre misura. I quadri che io vidi eran talmente torbidi, che avrei quasi voluto sclamar per dolore ad alta voce. Vidi anche in avvenire la religione molto in decadenza, e qua e là soltanto alcune capanne e famiglie che otterranno protezione da Dio anche nei guai della terra. Alcuni semplici di cuore ed illuminati di mente, e in modo speciale il capo delle scuole, pregano Iddio che si degni tener lontano un tal pastore.

« Vidi pure un quadro assai strano. Santa Cunegonda mi arrecò una corona ed un frammento di oro raffinato, in cui mi potea specchiare. Essa mi disse: ti ho fatto questa corona, ma dalla parte destra non è peranco interamente finita (era il lato in cui provava le doglie); tu devi quindi finirla con questa piccola lastra d'oro. Io la feci perchè tu hai collocato nella mia corona una gemma anche prima che tu fossi nata. Ed allora mi mostrò da un lato della sua corona una gemma o perla così luminosa, che appena potea fissarsi col guardo. Ed era io che l'avea fatta! Trovai ciò assai ridicolo e dissi francamente: come mai è ciò possibile ? questo è invero un curioso discorso: come mai posso aver fatto cotesta gemma prima di esser nata ? Allora mi soggiunse: tutti i miei patimenti e tutte le opere mie, come quelle di tutti gli uomini, stanno in germe riposte e disperse nei patimenti e nelle opere degli antenati. E qui mi mostrò quadri del come Gesù già avesse operato in Davide, e come noi già avessimo peccato in Adamo, e come quel bene che noi eccitiamo ed operiamo, sia un bene che già esisteva e viveva nei nostri antenati ed era soltanto oscurato e cose simili. Ed allora mi spiegò la mia derivazione dal lato di mia madre che era una Hillers, per molte generazioni sino ai suoi propri antenati, e di là nasceva un ramo da cui derivava pure ella medesima. Come poi io avessi dato origine a quella gemma riposta nella di lei corona, lo compresi benissimo nella visione, ma mi è difficile di poterlo esprimere. Sembrava come se una proprietà di soffrire pazientemente fosse derivata da quel filo vitale che dovea produrre nel tempo successivo la mia esistenza e le fosse stata partecipata ed infusa, e che così io ed i miei siamo stati in lei fatti partecipi di un trionfo da lei ottenuto e che veniva rappresentato da quella gemma nella sua corona. Nell'incominciamento del quadro la vidi in un circolo o giardino celeste insieme con santi principi e re.

Vidi l'imperatore Enrico suo santo marito in un circolo, ed ei mi parve come rinnovato e più giovine. Sembrava come se l'esser suo fosse già esistito da lunghissimo tempo nei suoi antenati; non posso dilucidare, nè spiegare questo senso morale, non lo compresi neanche là, e mi astengo quindi da formarne giudizio. Da quella visione spirava soprattutto un sentimento ineffabile di assenza completa di tempo; giacchè mentre mi meravigliava con santa Cunegonda dell'aver io fabbricata una perla anche prima del mio nascere, pure in qualche modo io stessa lo riconosceva, poichè sentiva di aver con lei vissuto e di essere la sua contemporanea, anzi di essere dinanzi a lei ed in lei una stessa e singola persona. Io mi sentiva presente nella mia stessa origine. Essa m'indicò alla sua sinistra la di lei derivazione secondo la carne, ed a dritta la di lei propagazione secondo lo spirito, giacchè non ebbe figli, ma pure cotesta sua propagazione fu molto più ricca e fruttifera.Vidi i miei e i suoi antenati sino ad individui che non eran cristiani, e ne vidi fra costoro anche di quelli che erano stati giudicati misericordiosamente. Ciò mi destò gran meraviglia, poichè sta scritto: chi non crede e non è battezzato, non può andare in cielo. Santa Cunegonda però mi disse: cotesti individui hanno amato Iddio come lo conoscevano, ed i prossimi come loro stessi; nulla sapevano del cristianesimo erano come in un'oscura caverna ove la luce non penetrava, ma eran tali che sarebbero stati perfetti cristiani se avessero conosciuto il Cristianesimo, e quindi hanno trovato misericordia. Vidi il quadro della mia vita prima della mia nascita, ossia quello dei miei antenati, non già come un albero genealogico, ma lo vidi piuttosto come cosa che si dilatava sulla terra in ogni specie di luoghi e di stabilimenti. E vidi raggi scaturire dall'uno e di rigersi all'altro, e quindi raggrupparsi di bel nuovo in nodi, ed in mille guise l'un dall'altro diramarsi. Vidi moltissime pie persone fra loro, ed anche individui d'alto affare e poverissimi. Vidi anche un ramo intero della mia famiglia stabilito in un ' isola. Eravi gente ricca che possedeva grossi navigli, ma non so dove fosse. Vidi in cotesto quadro numero straordinario di cose, e ne ricavai grande istruzione circa l'importanza di trasmettere il tutto puro ai nostri successori, e di conservar puro o almeno di purificare in noi ciò che ci viene dai nostri antenati trasmesso. Ciò lo riconobbi tanto nella successione e discendenza carnale, quanto nella spirituale.

« Vidi anche i genitori di mio padre: sua madre era una Rensing, figlia di un ricco contadino. Era avara, ? nella guerra dei sett'anni seppellì il suo danaro presso la nostra casa. Conosco presso a poco il luogo. So pure che lungo tempo dopo la mia morte, quando un'altra famiglia possederà quella casa, cotesto denaro verrà ritrovato. Lo sapeva già da bambina. »

2 giugno. Il Pellegrino la trovò molto commossa ed atterrita. Ecco quanto narrò fra le lagrime e l'affanno. « La notte decorsa è stata per me una delle più orribili. Vidi un gatto avanzarsi presso il mio letto, e poi lanciarsi per morder la mia mano. Lo afferrai per le zampe posteriori e lo tenni così fuori del letto e voleva ucciderlo; ma esso si divincolò e fuggì. Io era desta, vedeva tutto quanto mi stava attorno, e vidi la bambina che dormiva ma inquieta, e temeva che potesse accorgersi delle mie angustie. Durante la notte intera sin circa le tre del mattino il demonio mi maltrattò sotto nere ed orribili sembianze. Ei mi battè e mi precipitò fuori ed assai lungi dal letto, ed in modo tale che mi trovai per terra appoggiata alle mani. Ei mi gettò così per terra precipitandomi dai piedi del letto insieme cogli origlieri, e poi con essi mi oppresse orribilmente. Questa caduta e quell'oppressione ch'ei mi produsse sul corpo col mezzo dei cuscini che eran sotto il mio capo, e poi quel sollevarmi in alto, mi cagionò indescrivibile angoscia. Vidi distintamente che ciò non era un sogno. Feci quanto poteva e sapeva. Presi a me tutte le sante reliquie e la croce, ma non ne ottenni alcun aiuto. Supplicava a Dio e a tutti i santi per sapere se avessi peccati sopra di me, o ingiustamente possedessi alcun bene, ma non ottenni risposta alcuna. Scongiurai nei nomi i più santi il nemico a dirmi che dritto avesse sopra di me. Ei non rispose e continuò a tormentarmi. Ei mi afferrava sempre pel collo e pel dorso, e le sue mani ovvero artigli eran freddi come ghiaccio. Finalmente mi trascinai sino all'armadio situato ai piedi del mio letto, e ne trassi fuori la stola del confessore che ivi è riposta, e me l'avvolsi intorno al collo. Allora cessò dall'afferrarmi e mi diè anche risposta. Ei parla sempre con una sicurezza ed un' astuzia tale che son costretta a meravigliarmene, e potrei anche credere ch' egli abbia ragione poichè parla così sicuro. Ei mi fece rimproveri del che mando a vuoto tanti suoi disegni e gli cagiono sì gravi danni, e ciò lo disse come se avesse i migliori dritti e la più gran ragione. Quando domandai a Dio se avessi a sorte alcun bene male acquistato, il nemico mi disse: tu hai qualcosa di mio. Ma gli risposi: il peccato ho io di tuo, che fu teco maledetto fin dal principio. Gesù Cristo ha soddisfatto per le nostre colpe: prenditi pure il peccato e tientelo, e vanne con lui nell'abisso dell'inferno! non può dirsi quanto io abbia sofferto. » Essa piangeva e tremava in tutte le sue membra.

3 giugno. « I di lei violenti dolori di capo e di orecchio sono cessati. Soffre peranco nell'udito ed è divenuta sorda da un lato, in modo tale che parla inutilmente ad alta voce. In tanta infermità peraltro mostrasi molto amabile, ed ha alcunchè di fanciullesco ed ingenuo. Soffre di ritenzione. »

« Santa Cunegonda (disse ella) fu di bel nuovo presso di me nella notte e vi rimase lungo tempo. Ho in questi giorni in grazia sua indicibilmente appreso e veduto, specialmente circa alla derivazione e correlazione della nostra colla altrui vita. Ho veduto innumerevoli storie e correlazioni dei miei e suoi antenati. Oggi mi narrò come essa pure, al pari di me, sin dalla gioventù fosse stata per grazia di Dio libera da ogni stimolo carnale, e si fosse fidanzata a Dio. Non aveva avuto il coraggio di confidarlo alla madre, ma lo aveva detto al marito, che insieme a lei avea fatto voto di castità e di continenza, e pur nondimeno inseguito aveva dovuto sopportare le più dure calunnie e sì gravi prove. La cagion dell'accusa e della prova del fuoco non l'ho veduta già nella notte decorsa, ma bensì prima. Essa era molto benevola verso un servo, che anch'egli per false accuse avea molto sofferto. Vidi poi anche la morte del di lei marito e la sua. Vidi come suo marito venisse sepolto in una chiesa che egli aveva edificata: era consacrata a S. Pietro (in Bamberga). Non so più se avvenisse in questa o in altra chiesa, che in occasione di un officio funebre per l'anima di suo marito, cui ella intervenne ornata delle belle insegne imperiali, dinanzi a cinque vescovi depose la corona, e l'ammanto e quelle regie vesti, sotto le quali portava un semplice vestiario da monaca alla foggia di santa Valpurga. Essa impose pure alla sua testa un velo. Il popolo che l'aveva vista entrare in chiesa sì vagamente adorna, commosso piangeva dirottamente quando ne uscì. Pochi giorni prima della sua morte l'angelo suo custode le disse che il marito verrebbe a prenderla al momento del morire. E lo vidi a lei venire ed insieme con lui grandissima quantità di poveri che aveva curati ed assistiti, ed altri cui avea aiutati. E vidi come essi erano di lei figli spirituali, ed il marito le indicò questi tanti figliuoli che insieme aveano avuti. »

4 giugno. « Soffre continuamente per violento dolore alle orecchie ed una mezza sordità. È un sottilissimo ed acuto dolore, ed essa distintamente riconosce come fosse vero quel simbolo del fino ornamento che dovea lavorare per la corona di santa Cunegonda. Quel dolore si propaga e si manifesta in acute linee e in moti tenui e sottili. Essa pure avea veduto il lavoro di quell'ornamento sotto forme svelte e sottili, ed è perciò che non avea voluto intraprenderlo. »

5 giugno. « La pena nelle orecchie e la mezza sordità continuano, ma di quando in quando grazie all'imposizione delle mani del confessore, vengono per più ore sospesi. Costui per altro ne risentì nella mano una vivace sensazione come se avesse avuto contatto colle ortiche. È notabile che ella sa benissimo nell'animo suo il come e il perchè cotesti patimenti le siano stati imposti, e come le sieno stati simboleggiati con quel frammento di corona da lavorare che le diè santa Cunegonda; eppur nondimeno ad ogni istante esternamente parla d'infiammazione, di sordità e cose simili, e dimanda aiuto dal medico, che lo prescrive. Essa peraltro non ne fa uso. »

6 giugno. La continuazione dei di lei dolori nelle orecchie, secondo quanto essa decisamente accenna, durerà sin dopo la Pentecoste. Iddio vuole cotesto lavoro, ei l'impiegherà come crede, ed ella esiste appunto per ciò. Cunegonda è venuta meco in contatto per mezzo di una segreta relazione che abbiamo in comune, essendo state sin dalla prima gioventù ambedue libere dalla concupiscenza carnale. Ciò è impossibile a spiegarsi ad un mondo impuro. Havvi in ciò uno sconosciuto segreto di natura. Io d'altronde secondo la carne sono con lei congiunta da una linea derivata dai suoi antenati. »

8 giugno. « Durano sempre e la difficoltà nell'udire e la doglia nel capo. Nella trascorsa notte il tentatore fu di bel nuovo da lei in sembianza di angelo. Le disse: - Tu devi vedere che anche l'Overberg non vien più da te: ti devi a me rivolgere ed io ti aiuterò. —Mentre essa in sè rifletteva ed in sè rivolgeva quei detti, riconobbe Satanasso e arditamente lo cacciò via.

9 giugno. « Essa si ritrovò come l'avea predetto, libera dal mal di capo. Ma la difficoltà nell'udire perdurava tuttora. Aveva terminata appunto allora quella corona che Cunegonda le aveva data da compire, e l'aveva a Dio consegnata. Cunegonda le avea pure indicato per chi lavorato avesse. Ho veduto un protestante di alto affare che sta in procinto di passare in seno della Chiesa, e che sarà alla medesima di molto giovamento, e anche adesso in silenzio opera molto in pro dei cattolici. Ei conosce anche il Papa. I miei patimenti devono essere ad un tempo il lavoro ed il prezzo della di lui corona, ove egli superi la sua propria pertinacia e segua gli impulsi del suo cuore. Per mezzo della opera mia in unione ai meriti di Gesù Cristo, la di lui corona fu pronta e finita. »

11. La Pentecoste. Il monte dei profeti.

« Ho veduto la Pentecoste siccome in solennità in seno della Chiesa, come pure molti quadri della diffusione dello Spirito Santo nel mondo intero, come spesso li veggo. Ho veduto pure dodici nuovi apostoli e le loro relazioni colla Chiesa. Ho veduto pure formarsi una chiesa spirituale raccolta da tutte le comunità dei fedeli e questa ricevere lo Spirito Santo. Era un nuovo risvegliarsi della Chiesa cattolica. Vidi molti ricever lo Spirito Santo.

« Ho fatto nella trascorsa notte un lungo viaggio e fui sul monte dei profeti. Vidi anche di bel nuovo il paradiso nelle sue vicinanze. Sul monte dei profeti tutto era come per lo innanzi. Vidi l'uomo sotto la tenda scrivere e sfogliare libri e rotoli, e molto cancellare ed abbruciare. Vidi pure com'ei rimettesse alcuni singoli fogli a certe colombe, che con quelli volavano via. Vidi pure un quadro dello Spirito Santo entro una superficie triangolare, ove appariva come una forma alata in mezzo ad un'effusione di settemplice luce. Vidi come ei si diffondesse nella chiesa spirituale librata nell'aere e sopra coloro che con lei stanno in relazione. Nella visione dell'effondersi dello Spirito Santo sentii come cotesta effusione abbia influenza anche sulla natura. Io mi stava a vista del globo terrestre in prossimità del monte dei Profeti. E vidi le acque che di là discendono distese siccome una tenda o difesa di velo candido come latte per sopra la terra, e quel velo era variopinto e trasparente. Vidi ogni sorta di cose brillarvi attraverso. Ogni colore derivava da un altro e lo seguiva, e produceva diverso effetto; se quel velo viene ad essere traforato ne scaturisce la piogga. Coteste effusioni son colle gate ad epoche certe e fisse, e le precedono i santi colle loro solennità e la celebrazione dei loro trionfi. La festa di un santo è il suo vero giorno fruttifero, in cui vengon raccolti quei doni che egli produce e porta a guisa d' albero da frutto. Ciò che le anime non ricevono come effusione dei doni dello Spirito Santo, lo riceve la natura come rugiada e pioggia. E così la superfluità o stragrande misura della pioggia può divenire un castigo di Dio. Vedo spesso uomini cattivi in luoghi fertili e fruttiferi, ove la benedizione della terra nutre la loro carne, e veggo uomini buoni in povere contrade ove ricevono la benedizione della terra per opra dello Spirito Santo. Laddove la terra e l'uomo fossero in perfetta armonia là sarebbe il Paradiso. La preghiera domina le stagioni, ed i giorni d'osservazione delle antiche regole delle stagioni sono come giorni in cui vengono concesse e distribuite elargizioni. Quando la regola dice: se piove nel terzo giorno di Pentecoste, il raccolto non giunge secco a casa ciò significa se i doni dello Spirito Santo che nel giorno di Pentecoste sono distribuiti agli uomini, vengan soltanto in piccola quantità ricevuti ed accolti, divengono come pioggia non propizia che cade a torrenti siccome castigo. Veggo la vita della natura strettamente collegata alla vita delle anime.

Il vento è alcunchè di meraviglioso. Spesso io veggo la tempesta apportar da lontane contrade una malattia. Ciò apparisce come un globo ripieno di maligni spiriti. Mi riesce difficile sopportare il vento tempestoso; vi ho sempre avuta molta avversione. Anche quelle meteore dette stelle cadenti mi son riuscite odiose sin dalla prima gioventù. Laddove cadono, veggo l'aria sempre piena di maligni spiriti. Quando da bambina vedeva il sole sorgere e cadere all'orizzonte, lo riteneva per animato e vivente ed in me pensava: esso piange sopra i tanti peccati che è costretto a vedere. Il lume di luna riuscivami piacevole a causa della sua quiete e silenzio; ma provava il senso morale dei molti delitti che asconde e ricopre, sentiva che agisce sugli uomini in modo gravante e sensuale, giacchè la luna è caduta assai più profondamente del sole. »

12. Giuditta in Africa.

Fui presso Giuditta sui monti della luna. Eravi seguito gran cambiamento. Mentre per lo innanzi dalla piazza dove abitavano le sorelle si perveniva al castello di Giuditta passando per un ponte al di sopra di un profondo burrone, cotesto abisso ora più non esisteva. Parea che fosse stato colmato, giacchè poteasi andar direttamente in castello. Giuditta, che sembrommi essere molto più avanzata in età, mi parve anche più prossima al cristianesimo o anche effettivamente cristiana nel suo interno, quantunque verosimilmente non fosse stata ancora battezzata. Se costà vi fosse un sacerdote lo farebbe subito. In quella stanza ove una volta la vidi bere il caffè con tante genti, sorgeva alcunchè di simile ad un piccolo altare. Vi stava sopra l'immagine di un pargoletto giacente come entro una conca, e dinanzi eravi una cavità siccome una tazza scavata nell'altare, ove vidi riposto un piccolo cucchiaio ed accanto un bianco coltello come di osso o di pietra. Al di sopra ardevano lampade ed eranvi attorno certi leggii ricoperti di rotoli. Essa era là dentro a pregare con molte persone più giovani ed avea ancora un vecchio come seguace. Tutto ciò indicava che in lei era or nata la nuova convinzione che il Messia era già venuto. Non vidi peranco alcuna croce. Nella stanza di sopra ove pendevano quelle antiche teste scolpite, stavansi ancora raccolti, ma da lei separati, gli antichi giudei. Molto era stato tolto al tesoro del sotterraneo, giacchè Giuditta molto distribuiva ai poveri. La posizione di cotesto luogo è affatto meravigliosa. Il castello di Giuditta dal lato d'occidente guarda per sopra una profonda valle ad un alto monte che luccica e brilla al sole come se fosse una stella. Dall'altro lato, ma a gran distanza, veggonsi alte e meravigliose torri e lunghi edifizi sui monti. Non è che precisamente questi si possano di là vedere; io peraltro li ho veduti. Vidi anche le genti che stanno in riva al Gange. Avevano già la lor chiesa in buon ordine, ed anche un vecchio ecclesiastico con loro, ch'io credo fosse un missionario. »

13. Patimenti in pro dei cinque vescovati della Provincia ecclesiastica del Reno superiore.

Marzo 1820. Venni nel mio viaggio a Francoforte (1), e vidi in un gran palagio non lungi dalla gran chiesa, riunirsi una società per discutere pessime cose. Vi vidi entro anche ecclesiastici.

(1) Precisamente in quel tempo i deputati ecclesiastici e secolari dei piccoli stati tedeschi, per la seconda volta tenevan consiglio onde fissare le regole per mezzo delle quali la Chiesa Cattolica ( in cinque diocesi) potesse venire addotta pian piano ad estinguersi totalmente.

Sotto i seggi eranvi dei diavoli...

« In altro viaggio ritornai di nuovo in quel gran palagio. Innanzi all'ingresso giaceva Satanasso sotto la forma di un cane nero con occhi rossi, e dormiva. L'urtai col piede e dissi su Satana, a che ti stai qui dormendo! Ei rispose: qui posso dormir tranquillo. Quei che stan dentro fanno essi medesimi il mio lavoro. »

Vide pure un quadro simbolico delle conseguenze di cotesto nuovo genere di architettura ecclesiastica.

« Mi trovai in un naviglio tutto traforato ed aperto, e mi giacqui sul ponte, unico ed angusto spazio che fosse peranco intero. La gente poi stava seduta sull'orlo estremo dei lati del vascello. Io sempre pregava affinchè quegli uomini non cadessero nel profondo, ma essi mi maltrattavano e mi traevano calci. Vedeva ogni momento imminente la sommersione del naviglio, ed era ammalata a morte. Finalmente dovettero depormi a terra, dove gli amici miei mi aspettavano e mi recarono in altro luogo. Seguitai pur sempre a pregare onde quegli infelici scampassero a sì crudo destino. Ma appena fui a terra il naviglio istantaneamente affondò, e niuno di quelli che vi eran dentro tornò più a galla, del che rimasi molto con tristata. Dove io giunsi eravi grande abbondanza di frutti. »

Nel mercoledì dopo la domenica di Passione 22 marzo del 1820, quella società di Francoforte avea tenuto la sua prima formale tornata per discutere come far prigione Gesù con astuzia e poi trarlo a morte. Dissero però così che ciò non si faccia a giorno chiaro, onde il Papa non se ne accorga, e così non ci faccia verun rimprovero ed ammirazione! Mentre peraltro tenevano così consiglio, l'occhio della santa monaca era su loro fissato; l'occhio di lei, che era destinata a combattere contro di loro.

« Io porto ( disse ella ) un enorme peso sulla mia spalla dritta; mi son troppo sopraccaricata di patimenti ed espiazioni in pro d'altrui; io quasi soccombo. Veggo nel presente sì tristi quadri dello stato degli uomini e specialmente degli ecclesiastici ( 1), che non posso rattenermi dal sempre più caricarmi le spalle.

(1)  Veggo, disse una volta, tanti e poi tanti ecclesiastici essere scomunicati, mentre essi o disprezzano le scomuniche o non sanno di averle incorse. Eppure lo sono tutti coloro che si lasciano trascinare in certi affari ed in certi vincoli, o che anche tengono ad opinioni sulle quali grava la scomunica. Io veggo costoro avvolti in densa nebbia aggirarsi sull'orlo di uno scisma. Da ciò si vede con quanta severità Iddio sostenga e mantenga in forza le sentenze, i comandi, ed i divieti del Capo supremo della Chiesa, quand' anche gli uomini non se ne curino, li rinneghino, e li disprezzino.»

Ho pregato Iddio affinchè si degni di muovere alquanto i cuori dei suoi più crudeli nemici, affinchè in questa santa Pasqua almeno un poco si rivolgano al meglio. Dissi a Dio che io era volonterosa di visitare quei più induriti che eran da me conosciuti, ovvero che egli sapendo quali fossero coloro che più abbisogna vano della mia opera di patimento, volesse inviarmi pene espiatorie in pro loro. Allora mi sentii ad un tratto sollevata in alto, e mi sembrava esser collocata fra il cielo e la terra. Mi parve sul principio starmi entro un luminoso naviglio, e mi sentiva correr nelle membra il fremito di sottili ed indescrivibili dolori, che non hanno peranco cessato, ed inoltre mi cresceva sull'omero sinistro l'oppressione che vi provo. Mentre guardava in giù, vidi attraverso un torbido velo, ma pure distintamente, i molteplici errori, le false vie, ed i peccati degli uomini, e come essi agiscano bestialmente e maliziosamente contro ogni sorta di verità e di ragione. Vidi quadri d'ogni specie, e vidi anche di bel nuovo quel miserabile naviglio ripieno d' uomini che si reputano perfetti e per tali son tenuti anche da altri, passare vicino a me per acque pericolose, e ad ogni istante mi attendeva a vederlo affondere. Riconobbi fra loro anche dei preti, e patii nel mio cuore, desiderosa di aiutarli a riconoscere il vero stato loro. Guardai anche di lassù in alcuni singoli luoghi, ove vidi fluttuare ed aggirarsi una moltitudine di lugubri apparizioni. Eran cimiteri, dei quali nulla più si sapeva, e che nemmeno avessero in quei luoghi esistito. Vidi anche singole anime aggirarsi in luoghi solitarii, ove i loro corpi erano stati trucidati, ovvero dove alcuno era stato ucciso da loro, del che più non mi ricordo accuratamente, giacchè mi sembra come se fossi stata ammonita che coteste anime colà si stavano per un certo rapporto coll'espiazione dei loro assassinii. Tutto ciò per altro ch'io vidi tentai di guarirlo ed espiarlo per mezzo dei nuovi implorati dolori. Quando poi guardava in alto, la vista era sì bella e celeste per contrapposto all'abbominio ed all'orrore del mondo, che gli occhi miei ne venivano quasi acciecati. Vidi tutti i santi e i cori degli angeli, ed il trono della SS. Trinità, e vidi la Madre di Dio offrir di nuovo i suoi dolori per mezzo di Gesù, e così pure tutti i santi. Questo è quadro d'ineffabile moltiplicità ed unità, attività e riposo, del più alto splendore, ed amore, e pace. Mentre così guardava in alto, osservai per la prima volta che mi trovava collocata sopra una bilancia, giacchè ne vidi l'asta ed il bilico al disopra di me. Ed allora vidi pur entro l'altro guscio, che pesava nel profondo delle tenebre sulla terra, i più induriti giacere nel centro, e gli altri starvi attorno sull'orlo, come in quel naviglio precedente mente veduto. Siccome poi i miei dolori, la mia pazienza e le mie suppliche si aumentavano, così quel guscio salì alquanto più alto. Era peraltro ancora troppo grave, e vidi che i più venivano precipitati dall'orlo. Tutti coloro al di cui peso io contrapponeva i miei patimenti, erano viventi. Mentre guardai gioiosamente in alto, vidi il cielo e l'aiuto di Gesù. Ho pure per mezzo dei miei dolori ottenuto alcunchè dalla grazia di Dio, ma cotesti individui son duri come pietra e ricadon sempre di male in peggio. »

La malizia colla quale quegli architetti di iniquità tentavano, di imbellettare e ricoprire le loro male azioni e disegni, si affacciò al guardo della veggente insieme alla ricompensa che perciò ricevevano, sotto la forma e le sembianze del tentatore.

Tostochè dopo il mio esame di co scienza mi era raccomandata e nascosta nelle piaghe di Gesù, caddi in grave angustia. Vidi starmi vicino un ecclesiastico, che mi disse esser giunto appunto allora da Roma, e portar seco ogni copia di sacre cose, e ch'io dovea prenderne. Provai per altro una gran ripugnanza verso di lui e le cose sue. Ei mi mise in mostra ogni sorta di crocettine e di stelle, ma niuna era in ordine ed in regola, e tutte erano a sghembo, e ritonde, e curiosamente contorte. Mi parlò di varie cose e del come egli avesse di me ragionato col Papa, e del che io non avessi un confessore veramente adatto, ed usava sì belle parole, che quantunque ei mi riuscisse ripugnante e noioso, pure entro di me pensava: forse sono ingiusta verso di lui. Siccome poi guardai di bel nuovo quelle sue curiose cosette gli dissi che non se l'avesse a male, ma che anch' io aveva recentemente ricevuto alcune cose sacre da Roma e da Gerusalemme, che anch'esse non erano certo artisticamente preparate, ma che le sue mi apparivano come estratte da una cava di marmo, ovvero da una deserta fossa. Allora mi dimandò come mai potessi accogliere si sospettoso e cattivo pensiero circa un uomo innocente. Io peraltro non volli più saper di lui e dissi: ho meco Iddio e le ossa dei santi, non ho bisogno di te; e così dicendo gli rivolsi le spalle. Allora disparve. Io tremava ed era bagnata di sudore e pregai Iddio di non lasciarmi più incorrere in simili angoscie. Alcuni giorni dopo mi si appressò di bel nuovo sotto figura d' ecclesiastico, e per lungo tempo si affaticò con grande ipocrisia e sottigliezza ad insinuarmi nella mente ogni sorta di scrupoli, e specialmente disse che io mi mescolava di troppe cose, e simili discorsi.Finalmente scoprii ch'era Satana perchè cadde nel dirmi che io m'attaccava a tutto e mi mischiava in tutto e che non c'era d'aver requie e pace da me in luogo alcuno. »

Ella vide i cattivi disegni, per mezzo dei quali fu per sì lungo tempo impedito il riempimento della sede vescovile orfana e vacante, nel seguente commoventissimo quadro, di cui fra le più orribili pene che a causa di ciò patì, potè soltanto narrare i seguenti frammenti. « Nel mio viaggio verso la Magion delle nozze venni sopra un campo allato del quale stava una capanna. Costà trovai uno sposo che aspettava una sposa. Io mossi alla volta di un gran palagio situato nella vicinanza del campo degli apostati, e costà mi venne incontro una ben buona sposa. In apparenza essa mi accompagnò molto allegramente. Era anche con essa il fratello (1), che aveva in sè qualcosa di curioso e di singolare, e che a mezza via tornò indietro. Condussi quella sposa all'uomo che stava nella piccola capanna. Ei l'accolse col più grande amore e gioia, e mise fuori e distribute molte buone vivande, che tutte per altro sembravano spirituali. La sposa gli aveva dato la mano e pareva lieta e contenta, ma pure da capo si scusò e se ne andò di bel nuovo, e volle differire le nozze. Lo sposo ne fu molto turbato, ma pure lo vidi mostrar molta dolcezza e volle aspettarla, nè prendere altra sposa in sua vece. Mi duoleva talmente dello sposo, che gli diedi alcun danaro che meco aveva. Ei lo accettò. Sentii entro me stessa che egli era lo Sposo celeste, e che la sposa era il suo gregge. Il danaro ch'io gli diedi era la mia orazione ed il mio spiritual lavoro, col quale gli aveva raccomandata la sposa. Oh se costei potesse leggere in cuor dello sposo quanto ei la desideri, quanto la guardi e la sospiri, come l'attenda, lei che lo lasciò si bruscamente! Quanto mai è stato fatto in di lei pro! come le sarebbe riuscito facile l'esser felice! Eppure l'ha lasciato! »

Il quadro della sposa e dello sposo si ripetè in modi molteplici ogniqualvolta ella ebbe a pregare per la rioccupazione della sede vescovile, ed ebbe a lottare spiritualmente onde impedire che l'occupasse indegno soggetto. Così nel novembre del 1822, a datar dalla festa di S. Martino (2) ebbe per otto giorni a pregare per cinque diocesi, ed in quell'orazione fu sempre accompagnata dal quadro di una nozza spirituale.

(1) L'autorità secolare.

(2) S. Martino l'aiutò siccome patrono di quella chiesa il di cui primo pastore suscitava molteplici ostacoli alle paterne cure del Papa circa le cinque spose (o diocesi).


« Vidi (così narrò) la sposa esser molto bella e santa. Io con quattro altre era donzella destinata ad accompagnarla alle nozze. Lo sposo peraltro era cupo affatto tenebroso: egli avea cinque donzelli di compagnia. Si trincò e si giubilò per lo intero giorno. Sulla sera poi si fece in nanzi un altro sposo meraviglioso, che cacciò quello tetro fuor della porta e gli disse: questa sposa è per te troppo nobile e santa. Durante questi giorni io fui sempre immersa nella visione di cotesto quadro, e vidi quella casa di nozze come una chiesa, e la sposa sì bella e santa, che soltanto con timidezza e riverenza era possibile accostarsi a lei. »


14. Un falso pretendente alle nozze viene scacciato dalla vigna della Chiesa.

Un giorno Anna Caterina giacque immersa in fortissimo e straordinario sudore, e fu presa da paralisi della spalla dritta e del braccio. Il sudore si effondeva dal capo e dal petto, e scorreva pel letto intero; inoltre soffriva per una incessante tosse d'irritazione, e dichiarò esserle stato antecedentemente predetto che ciò durerebbe per sei ore. Durante cotesto tempo bene spesso venne meno. In seguito narrò così: « Quando io ultimamente fui nella Magion delle nozze, trovai intorno al coro della chiesa siepi di noci, laddove prima crescevano bellissime viti. Precisamente dietro l'altar maggiore stava esteriormente un' alta siepe di noci con frutti maturi. Vidi allora venire un ecclesiastico di alto grado con una croce in petto,. forse un vicario generale, con un ordigno in mano atto a rompere le noci, che io distintamente riconobbi. Ei si accostò a quella siepe e schiacciò un gran numero di noci, se le mangiò, e poi lo vidi entrarsene in chiesa. Vidi ch'ei nascondeva i gusci. Sentii nel mio interno la grande inconvenienza del che dopo avere schiacciato le noci se ne andasse in chiesa.

Cotesto schiacciamento di noci era l'immagine della discordia e della falsità. Egli era venuto fuori di quella casa funesta, che per mezzo di una scala è congiunta alla Magion delle nozze, e dove si trovano riuniti tutti coloro che non entrano per la vera porta. Egli fu peraltro scacciato di chiesa. Cotest' uomo fu la cagione del mio sudore, dei gravi dolori negli omeri, e della paralisi nel mio lato destro. Mi fu mostrato come egli scacciato dalla chiesa si stesse dinanzi ad un muro, e non potesse andare nè avanti nè indietro. Io lo presi per le spalle, e con indicibil fatica lo trascinai precisamente fino all'estrema altezza del muro. Mi fu fatto capire che avrei dovuto allora lasciarlo cadere giù di bel nuovo dall'altro lato, ma vidi che ei si sarebbe interamente fracassato, e quindi con indicibile stento lo portai giù dall'altra parte del muro. Dipoi lo trascinai di nuovo in una contrada, ove per lo innanzi non era mai stata. Dapprima partendo di qui rimontai il corso di un gran fiume, e venni quindi sopra un lago, sulle cui rive posa una città (Costanza). Intorno a quel lago sorgevano molti villaggi ed anche cittaduzze. Mentre io portava quel gran peso per sopra il lago, certi enti invisibili mi collocavano sempre sotto i piedi due strette tavole, ponendo poi di bel nuovo l'una innanzi all'altra; quando io posava il piede su quelle strette tavole, dapprima s' immergevano e poi risorgevano in alto. Era una via difficile, ma pure ve lo portai per sopra. A distanza vedevansi alle montagne.

Ho veduto già spesso questo ecclesiastico (Wessenberg) nella Magion delle nozze. È uomo di mondo: i protestanti ne fanno gran caso, ed egli di loro. Egli col mezzo di ogni sorta di artificiose dispute e discordie è riuscito ad impiantarsi nel suo ufficio, e ciò è simboleggiato dallo schiaccia-noci. È molto opposto al Papa ed ha pure gran numero di seguaci. Ho ultimamente molto pregato per la Chiesa e pel Papa, e quindi ho avuto l'incombenza di questo lavoro. Sarebbe bene che egli venisse a starsene in pace e rimanesse quieto insieme ai suoi seguaci, purchè ciò avvenisse senza scandalo. Da ciò ne verrebbe un gran colpo sulle spalle ai protestanti, giacchè essi lo hanno costantemente eccitato e difeso. Mi fu anche mostrato come i protestanti crescano altamente in forza, ma che riuscirà loro peraltro di gran danno ove questo cattivo ecclesiastico non pervenga al suo intento. »

Essa trovossi allora continuamente in lotta per combattere contro gli attacchi nemici fatti alla Chiesa, ed i di lei sforzi e fatiche in coteste opere spirituali eran sì grandi, che spesso il sudore scorreva dal suo corpo siccome a rivi.

« Essa è ammalata, molto ammalata, ed affatto fuori dell'ordine naturale (così riferisce il Pellegrino). Essa con rapidi cambiamenti è talora bagnata di un sudore di morte freddo come ghiaccio, talora è ardente come fiamma, talora passa da uno svenimento all'altro. Dice che ha intrapreso una grand'opera e che buona parte ne ha già fatta e compiuta. Mentre era affatto abbattuta dai dolori le è comparso S. Benedetto ed amichevolmente l'ha derisa pel suo continuo inciampare come bambina, quantunque sia già sì avanzata negli anni. S. Giuseppe poi la portò in un campo pieno di fiori e le disse: Camminavi sopra e non calpestarne alcuno. Ella nol può assolutamente: solo Gesù bambino può farlo, e quindi Giuseppe le disse: or vedi bene che tu non appartieni peranche a questo luogo. Le fu pure mostrato un gran tesoro di perle di grazie smarrite e calpe state, che ella deve raccogliere col mezzo dei suoi patimenti, e colle quali può soltanto pagare per coloro che hanno calpestato quelle grazie. La pena di quel suo sudore che mortalmente la indeboliva, essa costantemente l'offriva in pro delle povere anime del purgatorio. Fu pure spesso trasportata presso di loro, e vide come di ora in ora quelle anime aumentassero in luce, e la ringraziassero pel sollievo ed elevazione ottenuta dalla di lei offerta. Se poi veniva nella Magion delle nozze, di bel nuovo si scontrava a vedere gli intrighi del falso pretendente alla sposa.- Trovai (disse ella) nella Magion delle nozze pochi ecclesiastici che mi piacessero. Io dovea cucinare per loro (vale a dire preparare spirituali vivande). Molti vennero insieme a porsi a tavola, e fra questi vidi pure colui che io aveva portato, sedersi impudentemente con cinque dei suoi seguaci. Io aveva cucinato tre vivande e le misi in tavola, ed allora quel temerario disse con frivolo scherzo: ecco che il Papa ci ha mandato veramente un bravo cuoco. Da qui innanzi non avremo altro da mangiare che piselli stantii. »

15. Nella settimana dopo Pasqua del 1820 ella vide un quadro dello smisurato danno che cotest' uomo ed i suoi seguaci, come pure le decisioni della congrega di Francoforte, aveano arrecato alla Chiesa.

« Vidi (così narrò) in un verde campo (1) molte per sone, e fra loro anche dei dotti, che vi si erano straordinariamente riunite, e vidi apparire una nuova chiesa che tutti in sè stessa li racchiuse. La chiesa era rotonda, con grigia cupola, e vi accorreva dentro tanta gente, ch'io non posso capire come quella chiesa tutta la contenesse. Sembrava essere un popolo intero. Intanto, però, tutto là dentro diventava sempre più scuro e più nero, e quanto vi succedeva mi appariva sotto forma di un nero vapore. Cotesta oscurità uscì fuora, e guastò e disseccò tutte quelle erbe, e molte comunità all'intorno divennero affatto aride ed oscure, e quel prato divenne per lunga estensione simile ad una tetra pianura paduligna. Vidi allora anche molte schiere di gente ben pensante affrettarsi ad uscir dalla chiesa e dirigersi verso una parte di quel prato ove ancora vedevasi verdura e luce. Non posso bastantemente descrivere lo spaventoso, mortale, oscuro effetto di questa apparizione. Si disseccò ogni verzura, gli alberi morirono, i giardini divennero nudi, e molto in là, per quanto si può vedere in visione, vidi le opere d'oscurità, e là dove giungeva distendevasi tosto una nera e spaventosa fune. Io non so davvero che ne avvenisse di tutti gli uomini che pene trarono in quella chiesa. Sembrava come se divorasse quelle umane creature (2).

(1) Quel verde campo o prato significa la solennità ecclesiastica, l'anno ecclesiastico, l'ecclesiastica comunione, dalla quale gli illuminanti e gli illuminati, malgrado la loro rivolta contro il Capo supremo della Chiesa, non volevano uscire, perchè con pura arte giansenistica disegnavano distruggere la Chiesa agendo ed operando dal di dentro al di fuori. È perciò che si riunirono specialmente sul prato, cioè nella Chiesa, fabbricarono nella Chiesa un' altra chiesa speciale, che essi empirono colla loro luce, cioè colla notte dell'incredulità e lo spavento delle tenebre spirituali. Laddove penetra la luce dell'Illuminismo i suoi effetti sono oscurità, morte, e putrefazione.

(2) Cioè, in senso mistico, rubava loro la vita spirituale della grazia col mezzo della distruzione della fede e della vita cristiana, che dalla fede germoglia.

Sempre più anneriva e somigliava alla fucina di un fabbro, e per di più orribilmente sfaldavasi e si fendeva. In seguito fui in compagnia di tre angeli trasportata in luogo affatto verde, che era racchiuso da muri, grande circa quanto lo è qui il cimitero fuor della porta, e fui in un lato deposta come sopra un banco elevato. Io non so se viveva o se era morta, ma portava sopra di me un lungo e candido vestimento. Il maggiore dei tre angeli disse: sia lodato Iddio! almeno qui resteranno ancora il verde e la luce! Dipoi nello spazio intermedio fra me e la nera chiesa cominciò a cadere ogni sorta di perle e di luminose gemme ( 1) siccome pioggia dal cielo, ed uno dei miei tre compagni mi comandò di raccoglierle. Ed essi mi lasciarono non so se tutti od in parte.

(1) Ossieno i meriti dei suoi patimenti ed orazioni, che resistevano al progresso della corruzione.

Mi rammento soltanto che per grave angustia cagionatami da quella nera chiesa, non mi sentiva fiducia e coraggio di raccogliere quelle gemme. Quando peraltro quel mio compagno a me ritornò e domandommi se avessi raccolto le gemme ed io risposi che no, ordinommi di farlo subito, e quindi mi strisciai sul suolo e trovai ancora tre pietruzze faccettate e ritagliate come cristallo. Giacevano in fila accanto una all'altra, ed erano una di colore azzurro, una di rosso chiaro, l'altra di un bianco splendido e trasparente. Io le arrecai agli altri due compagni, ed essi le stropicciarono l'una contro l'altra errando qua e là per quel luogo, col che diffusero i più vaghi colori e vivaci raggi di luce per tutto, e colà ove essi andavano il verde riprendeva e si dilatava la luce e la vita. Vidi anche da lato quella oscura chiesa consumarsi e distruggersi. Una immensa moltitudine si diffuse un'altra volta a torrenti su quella verde e ridente contrada, dirigendosi verso una luminosa città. Dall'altro lato poi in quella nera chiesa tutto rimase ancora tenebre e notte. »

16. Ben più ampia fu la seguente visione nella quale le venne dimostrata tutta la devastazione prodotta dall ' incredulità nella Chiesa dell ' epoca sua, ed il futuro rinnovamento e restaurazione della medesima. Le fu detto in quella occasione che cotesta visione abbracciava sette determinati spazi di tempo; pure nel raccontarla non fu in grado d'indicare precisamente quei limiti, e quali scene e parti della medesima avrebber luogo durante il tempo della sua vita, e quali succederebbero più tardi.

« Vidi la terra siccome una superficie rotonda coperta da oscurità e da tenebre. Tutto languendo si disseccava ed inclinava a perire. Ciò vidi in infinite particolarità ed in tutte le creature, negli alberi, negli arbusti, nelle piante, nei fiori e nei campi. Sembrava anzi come se anche l'acqua nei ruscelli, nelle fonti, nei fiumi, nei mari venisse succhiata ed assorbita, ovvero si ritirasse verso la prima sua origine, cioè nelle acque poste al disopra del firmamento ed intorno al paradiso. Errai sopra la terra desolata, e vidi i fiumi siccome linee sottili, ed i mari siccome neri abissi, nel di cui centro appena potevansi vedere ancora alcune anguste pozzanghere di acqua. Tutto il resto era fango torbido e denso, in cui vidi ogni sorta di mostruosi animali e di pesci starsi prigioni a secco, e lottar con la morte. Mi aggirai all'intorno a tal distanza, che distintamente potei riconoscere quelle rive del mare ove una volta vidi immergere S. Clemente. Vidi anche luoghi interi e creature umane affollarsi in torbida mestizia e con presentimenti di rovina, ed in proporzione col quadro della terra che diveniva arida e deserta, vidi crescere e moltiplicarsi le ree e tenebrose opere degli uomini. Vidi moltissime nefandità nelle loro minime circostanze, riconobbi Roma, e vidi l'oppressione della Chiesa, la sua decadenza all'interno ed all'esterno. Vidi allora da molte contrade grandi eserciti precipitarsi come a torrenti verso un tal punto, e tutto impegnarsi in lotta e battaglia. Vidi nel centro dello spazio intermedio fra loro una vasta e nera macchia, somigliante ad un immenso abisso, e quei che combattevano all'intorno sempre più si assottigliavano, come se inosservati precipitassero là dentro. Durante quella lotta vidi di bel nuovo in mezzo a tanta corruzione e rovina, quei dodici uomini (i nuovi apostoli) aggirarsi separati nelle più svariate contrade, senza che l'uno sapesse punto dell'altro, e ricevere getti e strali dell'acqua viva che deriva dalla vita eterna. Vidi che essi tutti lavoravano alla stessa opera indifferenti lati, e che non sapevano da dove ricevessero i necessari doni, e che quando una missione era compita, ne ricevevano un' altra. Eran di nuovo dodici, e niuno al disopra dei quarant'anni, e tre ecclesiastici fra loro, ed alcuni che lo voleano divenire. Vidi anche come se avessi avuto talvolta contatto con uno di loro, e come se mi fosse o cognito, o almeno vicino. Non erano vestiti in modo singolare, ma ognuno lo era secondo la foggia del suo paese e l'uso attuale, e vidi che ottennero da Dio di bel nuovo tutto ciò che era andato smarrito, e che in ogni lato operavano il bene; eran tutti cattolici. Vidi pure in mezzo a quella tenebrosa corruzione falsi profeti e persone che lavoravano contro gli scritti di quei dodici nuovi apostoli. Li vidi spesso sparire nel tumulto e sempre uscir fuori di bel nuovo più risplendenti. Vidi pure un centinaio di donne starsi come in estasi, e presso di loro uomini che le magnetizzavano, e vidi che esse profetizzavano. Ma io provava abbominio e repugnanza verso di loro, e siccome mi parve di vedere anche quella donna di Münster (1) pensai dentro di me con inquietezza che almeno il Padre (il suo confessore) non si troverebbe presso di lei. Allorchè le file dei combattenti intorno a quel nero abisso si furono sempre più assottigliate, e che durante il combattimento una città intera (2) era scomparsa, quei dodici uomini apostolici guadagnarono sempre maggior seguito, e da quell'altra città ( cioè dalla vera città di Dio, Roma ) uno strale a forma di luminoso conio partissi e penetrò in quel tenebroso disco. Vidi al disopra della chiesa divenuta piccola, starsi una magnifica signora vestita di azzurro ammanto largamente diffuso, e con in capo corona di stelle.

(1) Vedi Vol. I pag. 440.
(2) Cioè l'edifizio della pseudo-Chiesa colle sue dipendenze.

Da lei sgorgava la luce e sempre più diffondevasi in quella torbida cavità. Laddove penetrava cotesta luce il tutto diveniva nuovo e fiorente. In una gran città vidi una chiesa che era la minima fra le altre, divenire la prima (1).

(1) Ciò si riferisce alla istituzione dell'Arciconfraternita del SS. ed immacolato Cuor di Maria, siccome principio del rinnovamento della vita cristiana. La più piccola chiesa di Parigi, S. Maria delle Vittorie, è invero una delle prime chiese del globo terrestre, ed è divenuta il pegno che Maria schiaccierà il capo all'incredulità ed all'eresia.

I nuovi apostoli venner tutti insieme entro quella luce; credo di aver veduto con loro alla testa altri a me cogniti (quelli cioè che come quei dodici avevano avuto parte al merito del rinnovamento). Tutto allora rifiorì daccapo. Vidi un nuovo e severo Papa, e che quel nero abisso diveniva sempre più stretto; alla fine divenne sì piccolo da poter essere ricoperto da un secchio da acqua. Alfine vidi ancora tre schiere o comunità riunirsi alla luce. Avevan fra loro gente illuminata e se ne vennero alla chiesa. Ed allora tutto si rinnovò. Vidi edificare chiese e monisteri. Durante quella tenebrosa aridità, venni trasportata sopra un verdeggiante prato pieno di candidi fiori che altre volte aveva dovuto raccogliere. Dopo vi ritrovai una siepe di spine, alla quale io m'era molto graffiata e lacerata durante quei tempi oscuri, tutta fiorita e vi penetrai allegramente.

17. Le furono anche mostrate le misure in un colle loro spaventose conseguenze, che gli Illuminati, quando giungono ad impadronirsi del potere e della influenza, prendon tosto per distruggere il servizio di Dio e tutti i mezzi ed esercizi di pietà, o per renderli tanto nulli ed insignificanti quanto lo sono quei modi di luce, amore, spirito, sotto i quali tentano nascondere a sè ed agli altri la sconsolata vacuità delle loro azioni e tentativi tanto estranei e remoti da Dio.

« Vidi (narrò essa nell'aprile 1820) di bel nuovo un quadro delle grandi miserie che qui regnano ed in altri luoghi. Vidi come se venisse comandato al clero di astenersi da alcuna cosa da cui non poteva astenersi. Vidi molti vecchi sacerdoti ed alcuni antichi francescani, non per altro vestiti dell'abito dell'ordine, e specialmente un vecchio ecclesiastico, piangere spaventosamente. Ne vidi anche alcuni di giovani pianger con loro. Ne vidi altri e fra questi alcuni tutti tepidi e fiacchi, di buon grado adattarsi a quel brutto affare. Vidi gli antichi fedeli con gran mestizia sottomettersi al divieto e chiudere le loro chiese. Vidi molte altre pie persone fra i contadini ed i cittadini a loro riunirsi, e mi sembrava come se gli uomini si dividessero in due partiti: l'uno buono e l'altro cattivo. »

Siccome poi l'odio speciale degli Illuminati era diretto contro quella forma di preghiera conosciuta sotto il nome di Rosario, la significazione del medesimo le venne dimostrata in quadro di senso profondissimo.

« Vidi il Rosario di Maria con tutti i suoi misteri. Un pio eremita avea onorato altissimamente la Madre di Dio, ed in tutta semplicità le aveva tessuto corone di fiori e di erbe. Ei possedeva profonda intelligenza del significato di ogni erba e di ogni fiore, e le sue corone erano divenute in un senso simbolico sempre più profondo. Quindi la SS.Vergine implorò per lui dal suo Figlio una grazia, ed ei le diede la corona del Rosario. »

Allora Anna Caterina descrisse il Rosario, ma riuscì impossibile al Pellegrino il ripetere le di lei parole; per lei stessa desta e nella veglia riusciva ineffabile ciò che avea veduto. Vide la corona del Rosario circondata da tre file di foglie tagliuzzate 'e svariate di colore, sulle quali erano rappresentati con figure trasparenti tutti i misteri della Chiesa contenuti nel Nuovo e nell'Antico Testamento. Stavasi in mezzo a quella corona Maria col Bambino. Era da un lato circondata di angeli, e dall'altro da vergini che reciprocamente si tenevan per mano. Tutto in quelle foglie significava col colore, la materia, e l'attributo, la più misteriosa ed intima essenza delle cose. Ed allora descrisse le singole perle della corona del Rosario, ed incominciò dalla croce sospesa all'estremità, sulla quale recitasi il Credo. Cotesta croce era germogliata da un frutto che somigliava al pomo dell'albero proibito. Era traforata, ed anche di speciale colore, e ripiena di piccoli chiodi. Nel suo interno stava l'immagine di un giovanetto, dalla cui mano vegetava una vite che si allungava verso le braccia della croce, sulle quali sedevano altre figure suggenti il succo dei grappoli. Il collegamento dei singoli grani della corona consisteva in fili o strali di differenti colori, ed inanellati quasi a foggia di radici, ed anche secondo la loro interna naturale e mistica significazione. Ogni granello rappresentante un Pater noster era di bel nuovo circondato da una speciale corona di foglie; dal suo centro spuntava un fiore in cui appariva l'immagine di uno dei misteri gaudiosi e dolorosi di Maria. Le singole Ave Maria erano stelle di determinate gemme, sulle quali erano in ordine scolpiti gli atti dei patriarchi e degli antenati di Maria, relativi al ravvicinamento della Incarnazione e della Re denzione. Così la corona del Rosario abbracciava il cielo e la terra, Dio e la natura, la storia, ed il ristabilimento delle cose tutte e degli uomini per mezzo del Salvatore che è nato da Maria; ed ogni figura, materia e colore era nel suo significato essenziale impiegato al compimento di quest'opera d'artificio divino. Quanto indescrivibilmente profonda nel suo senso era cotesta corona del Rosario, altrettanto era commovente e fanciullescamente semplice la sua descrizione. Con fremito di gioia ella passò di foglia in foglia, di figura in figura, ed il tutto descrisse con rapida vivacità tutta piena di gaudio, come lo avrebbe fatto un vivace fanciullo. Questo è il Rosario (disse ella) qual è stato dalla Madre di Dio dato agli uomini, siccome l'esercizio di pietà a lei più caro. Pochi l'hanno recitato in questa guisa. Anche a S. Domenico venne indicato da Maria. Cotesta corona è stata in terra talmente negletta, coperta di polvere e macchiata di fango, che Maria l'ha ricoperta col suo velo quasi come una nuvola, attraverso la quale ancora traluce. Solo chi è pieno di grazia, di semplicità e di pietà può ancora comprenderla; essa è velata e stassi lontana, ed il solo esercizio e la contemplazione la ravvicinano. »

18. Durante l'intera ottava del Corpus Domini 1821 ella vide quadri dello stato dell'adorazione del SS. Sacramento in tutte le contrade germaniche. Si lamentò fra i dolori del come vedesse quello stato misero e negletto, e manifestò che là soltanto dove hanno luogo processioni e frequenti esposizioni del SS. Sacramento le cose andavano alquanto meglio. Se ciò peraltro non avesse luogo, e così qua e là in alcuni tiepidi e pigri spiriti non si ravvivasse la fede e gittasse più forti radici, l'adorazione del SS. Sacramento andrebbe affatto in decadenza ed il Sacramento medesimo in dimenticanza. Ella ciò disse conprecisa relazione a quella parte della Chiesa, in cui aveva veduto tutto disseccato e mortalmente languido a cagione della luce dell'illuminismo, e sotto il regime della libertà del pensiero, dell'amore, e della tolleranza, e sopportò per ottenere il futuro rinnovamento della fede e della pietà gravi pene sotto le forme di faticosi lavori nelle vigne, e dello svellere ortiche ed altre putride erbaccie. Le di lei mani eran perciò affatto coperte di macchie azzurrigne e di vescichette cagionate dalle ortiche. Durante il mese di dicembre il di lei occhio fu di bel nuovo rivolto in quel lato, e la vista del danno crescente la trasportò in tal compassione, che essa già sopraccaricata di pene d'ogni sorta, si offrì a Dio con ardenti suppliche per ottener nuovi patimenti. Sentiva bensì che troppo prendeva sulle sue spalle, ma i dolori dell ' amore le apparivano più grandi assai di ogni martirio corporale, e quindi non si ristette mai dal pregare Iddio ad accrescerle le pene ad espiazione per gli oltraggi arrecati al SS. Sacramento. Fu esaudita; ma pur dovette pregare il confessore del permesso di assumere coteste nuove pene, onde il merito dell'ubbidienza le infondesse la forza necessaria a non soccombere a sì gravi e molteplici tormenti. Il Pellegrino, durante l'ottava della festa della Santa ed Immacolata Concezione di Maria, e in data del 12 decembre 1821, riferisce così: « Da alcuni giorni e notti ella è continuamente immersa in violenti doglie di basso ventre con tosse convulsa e sanguigna.Cade spesso in isvenimento ed è mortalmente esausta di forze, ma pur sempre trovasi in visioni relative ai pericoli della fede. Debbo soffrirlo ( disse in estasi ) giacchè l'ho preso sulle mie spalle. Spero di potervi resistere. - Quindi volle subitaneamente balzare dal letto e sclamò: - Debbo andare dal mio confessore: debbo domandargli se posso farlo. Debbo aprire un'altra fonte nel Cuor di Gesù. Vi sono cinque sorgenti, ma sono state affatto sperdute dagli uomini. Ah non lasciano che quelle sorgenti pervengano sino a loro! Io debbo intraprenderlo, e con ciò assumere nuovo lavoro: e pure non ho ancora finito l'antico. Debbo dimandare al mio confessore se egli me lo permette. » Ma il confessore non era presente, e la paziente rinnovò più volte invano la medesima preghiera di poter di nuovo scavare le fonti smarrite. Sul bel principio il Pellegrino pensò che ciò fosse un delirio; ma pure dovè bentosto riferire:

Le di lei circostanze divengon sempre più disperate sono un inesplicabile laberinto di doglie, di svenimenti, di vomiti sanguigni, di sudori, di convulsioni del basso ventre, di potente sete e d'impotenza a bere, di continue tentazioni all'impazienza e di lotta contro di esse, di inclinazione a prender tutto in mal senso e di lotta contro la medesima. » E nel giorno immediatamente consecutivo: « Oggi incominciò all'improvviso uno stato di patimenti diversi affatto da quelli della trascorsa settimana; sopravvennero cioè ed una dolorosa paralisi delle membra e tutti i tormenti del più intenso reuma. Non potea venir toccata senza sospirare pel dolore, e nondimeno, a causa delle pene cagionate dalla ritenzione che soffriva, dovea più d' una volta durante la notte venir sollevata. È troppo debole per poter rendere conto degli intimi rapporti fra i suoi patimenti ed i suoi lavori di orazione. » Mentre il Pellegrino nelle ore pomeridiane sedeva col confessore nella prossima stanza, non poco si spaventarono ambidue quando ad un tratto la inferma, già immobile per reumatismi, a mani giunte e con passo sicuro discese dal letto e a piè nudi vi entrò, e genuflettendosi dinanzi al confessore disse:

«La prego di una benedizione: ne abbisogno per una per sona che trovasi in una certa circostanza.

Ei le diede tranquillamente la benedizione e quello scheletro ambulante se ne ritornò al suo letto con moti altrettanto sicuri, quanto potrebbe averli avuti una persona sana. Anzi un solo di quei movimenti sorprende indescrivibilmente e commuove. Non è già come accade quando gli uomini anche i men delicati si muovono con coscienza di ciò che fanno. È come quando una pianta si inclina verso la luce. Vi è alcunchè d' indescrivibilmente involontario e meraviglioso in quel moto. Poco innanzi aveva detto:

Vengono sparsi sul suolo petali di rose: alcuno sicuramente deve passar di costà. » Dopo aver ricevuto la benedizione, disse di aver sempre dimenticato di confessarsi di alcuna cosa, e questo era di aver sì spesso seguita la propria opinione, e che ciò l'aveva tanto oppressa; ora però ne avea ricevuto l'assoluzione e sentivasi affatto leggiera. Quando più tardi si destò dall'estasi sentivasi molto stanca ed abbattuta, e provava la sensazione come se un mondo di dolori pesasse sopra di lei. Venne di nuovo sulla visione relativa al fatto che per tante creature umane che sono di buona volontà venisse impedito e sperduto l'accesso alle sorgenti di grazia del Cuor di Gesù, ossia la soppressione degli esercizi di pietà e la profanazione delle chiese. Avea pur ricevuto l'avviso di praticare a tal oggetto uno speciale esercizio di devozione al Cuor di Gesù. « I principali assalti di patimento (disse ella) principiano con quadri di rose e fiori coi quali vengo cospersa; questi peraltro simboleggiano le diverse specie di dolori. Così sull'incominciare dei dolori reumatici vidi una piramide di spine tutta ricoperta di rose, e sospirai di spavento pensando che doveva arrampicarmivi sopra. »

In altra occasione pronunziò queste severe parole: « Veggo quei nemici del SS. Sacramento che chiudon le chiese ed impediscono la sua adorazione, incorrere gravecastigo. Li veggo infermi, e senza sacerdote e sacramento al punto di morte. »

19. Dalla domenica in Albis sino alla terza dopo Paqua 1820 si accrebbero talmente le di lei pene espiatorie, che quanti la circondavano quantunque da gran tempo abituati al suo straordinario stato di patimenti, appena trovavansi in istato di poterne sopportare la vista.

Anna Caterina soffriva a cagion della lotta promossa e sostenuta dai seguaci del Wessemberg contro il celibato dei preti, e per gli scandali senza nome collegati con sì empi tentativi. Più assai gravi peraltro dei corporei dolori le riuscivan gli sforzi contradditorii e confusi dei circostanti per arrecarle pure qualche sollievo, e quel disturbo della pace domestica che da ciò nasceva. Poco innanzi era giunto in Dülmen il fratello del Pellegrino. Quand' egli un giorno trovò la inferma in istato d'accrescimento di pene a cagion del romore proveniente da un giuoco di birilli esistente sotto le sue finestre, nacque in lui la ferma decisione di trasportarla in un'altra e più tranquilla abitazione. Tentò con serie rimostranze di guadagnare al suo progetto il confessore e il Wesener, e per mezzo di loro l'abate Lambert, che pur là giaceva infermo; ma quest' ultimo si oppose. Il buon vecchio ammalato per gravi lesioni corporali, e profondamente preoccupato per la tranquillità delle ultime sue ore, mentre il Wesener lo volea persuadere a lasciar quell'alloggio, si trascinò pieno di turbamento ( 1 ) sino al letto della inferma per dichiararle ch'ei voleva tranquillamente morire costà nell'antica abitazione, e che non poteva recarsi in alcun'altra.

(1) Secondo le parole del Pellegrino.

Era affatto oppresso dalle cure e ne divenne ancor più ammalato, sopravvenendogli dissenteria e vomito. Anna Caterina medesima cadde per simile tentativo nel più miserabile stato. Arrogi che ognuno dei sunnominati le faceva premura d'impiegare tale o tal altro mezzo medicinale, senza punto aver riguardo all'interna e spirituale significazione di quelle pene straordinarie, che secondo natura potevano avere soltanto un esito mortale. Iddio solo conosce quanto costasse alla inferma il conservar la pazienza in sì disaggradevole confusione, e si comprenderà agevolmente il perchè tanto sospirasse la presenza dell'Overberg, onde colla considerazione ed i riguardi a lui dovuti le procurasse di bel nuovo la necessaria tranquillità. Pure odansi più precisi ragguagli dal Pellegrino, che così riferisce in data del 15 aprile:

La trovai im mersa in tali dolori che era nell ' assoluta impossibilità di parlare. Durante la intera notte aveva avuto sì disperate doglie nella parte sinistra dell'inguine, che non potea muovere nè mano nè piede. Non era nemmeno in istato di ritrarre i piedi dal contatto di un recipiente riscaldato, che era stato ai medesimi sottoposto entro il letto, nè distendere la mano sino a prendere un bicchiere. Giacque per tutta la notte tormentata da ardente sete, abbandonandosi interamente alla misericordia di Dio. Le lesioni ricevute nell'interno del basso ventre dall'urto della cesta di biancheria mentre trovavasi in convento, si manifestarono di bel nuovo con maggiore intensità. Pativa pure di totale ritenzione di orina. Quando il confessore la visitò sul mattino, dovette sottoporsi a delle frizioni corporali per mezzo dell'acquavite; invano avea tentato di sottrarvisi. Sentì da ciò assai accresciuto il suo male. »

16 aprile. Più assai delle pene del basso ventre sente essa i dolori della ferita del costato. Questi incominciarono col quadro dell'incredulità di S. Tommaso. Effuse anche sangue vedendo il quadro del Vangelo dell'odierna domenica, e provava spesso la sensazione, come se nel respirare, l'aria uscisse a torrenti da quella ferita o vi entrasse; talmente chè vi teneva sopra la mano. La ritenzione dell'orina diventa sempre più tormentosa. Inoltre il romore del giuoco dei birilli sotto la di lei finestra non lascia di cagionarle grave noia. Un amico tentò di persuaderla a cambiare di alloggio. »

17 aprile. I dolori si accrescono, l ' infiammazione aumenta, il corpo divien tumido. Spesso vien meno a cagione della ritenzione: giace affatto priva di movimento e somiglia al cadavere di una morta per fame. Spesso peraltro, in mezzo a quelle pene, prova una subitanea e sì potente fame del SS. Sacramento, che il cuore abbrucia ardendole in seno, mentre le si agghiacciano le mani in un pallore di morte. »

18 aprile. «Essa è veramente un oggetto di compassione e di dolore. Il confessore pregò il parroco di Haltern a venire onde pregare per l'ammalata e benedirla. Essa ne ottenne sollievo, ma a sera il confessore volle di nuovo le frizioni coll'acquavite. Ubbidì ed i dolori ne furono talmente aumentati, che lamentandosi disse: - Me li sono attirati da me medesima, non avendo voluto tralasciare dalle suppliche onde implorar patimenti in soddisfazione altrui; ora il fuoco deve consumarsi da sè stesso. Debbo abbandonare il tutto nelle mani di Dio. »

19 detto. «Rimase per tutta la notte infiammata dal più spaventoso ardore, nè osava bere a causa della ritenzione. Il parroco di Haltern tornò oggi di bel nuovo, e coll'orare ecol benedirla le arrecò sollievo. Il Pellegrino la trovò dopo il meriggio affatto cambiata di posizione nel suo letto. Giacea col capo là ove abitualmente stanno i piedi; gemente pei dolori si era qua e là strisciata nel letto e credeva di trovar sollievo in cotesta posizione. Era invasa da febbre potente; le doglie si erano ora concentrate nel lato sinistro della spina dorsale. Ringraziava Iddio per quei patimenti, sentiva di essere presso le povere anime del purgatorio, e rallegravasi di non poter offendere Iddio in quel luogo. »

20 detto. «I dolori continuano; essa vede tutte le interne parti del corpo suo che sono offese e dolenti. Il suo letto è penetrato dal sudore sino al pagliericcio. Anche la sorella, sì difficile ad esser commossa, è costretta a piangere allo spettacolo di simili patimenti. La inferma disse al Pellegrino che ove non le sopravvenisse soccorso, avrebbe dovuto morire, giacchè non avrebbe potuto sopportare quei dolori più a lungo. È affatto sfigurata. Il Pellegrino si affrettò a chiamare il parroco di Haltern che tosto venne, e con lei parlò, e pregò, e le impose la mano sacerdotale; sul che cadde bentosto in un dolce sopore. Disse dipoi circa l'effetto provato: -Ho pregato con ardore Iddio a volermi perdonare di avere implorato certe pene che non sono più in grado di sopportare. Che la sua volontà sia fatta sopra di me che voglia peraltro, pei meriti del sangue di suo Figlio, aver di me misericordia, che si degni aiutarmi anche questa volta, seppure io debbo fare ancora alcun bene sulla terra. Sento bene che se morissi per effetto di questi patimenti da me implorati con una certa prepotenza di volontà, verrei ad esser causa della mia morte e dovrei espiarla in purgatorio. Siccome non ottenni altra risposta fuor questa: quel fuoco ch'hai preso sopra di te dee consumarsi sino all'ultimo, così perdetti ogni speranza, giacchè vidi tosto che mi trovava in istato di altissimo periglio, e raccomandai a Dio le cose mie che era costretta a lasciare in disordine.

Allorchè il parroco m'impose la mano e pregò, sembrommi come se un torrente di dolce luce mi penetrasse; mi addormentai, e vidi un quadro in cui parvemi essere una bambina e venir cullata. Pareva pure come se un raggio di luce sopra di me si posasse, e quando ritirò la mano, quel raggio di luce si dileguò. Mi sentii molto sollevata e sperai di bel nuovo. Verso mezzogiorno rimontò il male: l'infermo Lambert le impose la mano e recitò un Rosario, ed anche ciò le riuscì a giovamento. Più tardi il Pellegrino le pose in mano le croste delle di lei stimate. Essa sorrise meravigliata e disse:

Ecco che veggo là una povera ed inferma persona in miserabilissimo stato. Il parroco di Haltern deve conoscerla. Essa mi giace in faccia ed è molto più di me miserabile; è peraltro paziente; ah essa è in grave pericolo, ciò nondimeno il parroco le ha! molto giovato.Non posso più a lungo guardare i suoi guai, giacchè ne diverrei più ammalata. Voglio pregar per lei; ed essa deve servire ad umiliarmi, giacchè è molto migliore, più inferma, e più paziente di me. » Il Pellegrino riprese quella cartuccia che conteneva le croste delle Stimate.

21 aprile. Oggi sembra che stia alquanto meglio. S. Valpurga e santa Maddalena di Hadamar l'hanno consolata; per lo più essa trovasi in estasi. »

22 detto. «Le doglie e la ritenzione non son più tanto in tense ma la debolezza è sì grande che appena può parlare.
Oggi il confessore le disse: - Ella non vuol mai far uso
delle frizioni di alcool, ed ora io stesso ho veduto quanto
esse giovino pel basso ventre e la spina! »

«23 aprile, seconda domenica dopo Pasqua. Sulle preghiere del Lambert e della sorella, oggi la padrona di casa arrecò una piccola tazza di brodo di pollo leggiero e non salato; tutti e tre assalirono con preghiere la inferma onde ne gustasse, giacchè era impossibile che senza cibarsi riprendesse alcuna forza. Fece pazientemente ciò che veniva desiderato e prese quel brodo; ma ne provò istantaneamente un tal malessere, e ne rimase sino a sera talmente abbattuta, che tutti piangendo aspettavansi la sua morte. Era invasa dalla febbre la più violenta. Un calore ed un freddo mortale rapidamente si alternavano, e le doglie nel basso ventre eransi mutate subitaneamente in completa insensibilità, che secondo i medici era sintomo di fredda cangrena. Nella maggior debolezza disse sorridendo:. Il conson più ammalata, non sento più alcun dolore fessore volle che dormisse, ma la intensa febbre non lo permetteva, ed essa dicea supplicando:

Nol posso, lo farei volentieri. ??? Mentre poco dopo con atti di dolce amore a Dio si rivolgeva e sommessamente parlava, il confessore le soggiunse: Che mormora ella coi santi ? Dorma! Obbedisca da brava! - essa rispose con aria supplichevole: Ah non lo posso davvero! Lo farei sì volentieri!

Finalmente cadde in estasi ed irrigidì, ma quando le dita sacerdotali la toccarono, i di lei muscoli (1) contraendosi si mossero, e tosto dileguossi la febbre. »

24 aprile. « Il medico ed il confessore temono del pari un principio di cancrena fredda. L'inferma stessa desiderò l'Estrema Unzione, e pregò di scrivere all'Overberg di venirla a visitare ancora una volta prima della sua fine. Il (1) Cotesta pulsazione (aggiunge il Pellegrino al suo racconto) è una immensa interna testimonianza della natura in pro della Chiesa. Eppure non vien considerata ed anche privatamente osservata che come semplice fenomeno e quasi per gioco, senza pesarne tutte le conseguenze e tutta l'importanza.

Lambert ed il Limberg ritardavano ad amministrarle la SS. Comunione e desideravano gliela porgesse il Vicario generale, che in quello stesso giorno era aspettato in Dülmen. Non venne per altro, e l'inferma rimase senza aiuto per parte degli uomini. Ma Iddio ebbe pietà della sua serva fedele. Il Pellegrino riferisce in data del 26 aprile: « La inferma in pria giunta al punto di morte, si sollevò subitaneamente dritta, leggiera, e senza fatica, e si pose come una sana a sedere, ed incrociò orando le mani. Il di lei volto ad un tratto divenne fiorente e ringiovanito, vera immagine della più amabile interna pietà. Così rimase per alcuni minuti, e quindi fece un moto colla bocca come se ricevesse un cibo e lo gustasse, e si ripose a sedere affatto cambiata. Disse con letizia e con infantile fiducia: Ho pure alfine ottenuto alcuna cosa. Ho mendicato sì a lungo alla magnifica tavola finchè ottenni una briccioletta, e ciò mi ha dato tal ristoro, che me ne sento affatto cambiata. Tutto sta nelle mani di Dio: ho tutto a Dio affidato. Mi sento più leggiera. È uscito dal mio corpo un oscuro vapore, è montato in alto e si è dileguato; resti pur lontano, ch'io non lo voglio. »

Nel giorno susseguente disse: « Mentre in istato di visione considerava tutto ciò che mondanamente e terrena mente facevasi a me dintorno per aiutarmi e porre in ordine le cose, ciò tutto apparivami fatto talmente a rovescio che ne dovea sorridere anche in mezzo ai dolori. »

27 aprile. Era nel mattino molto debole. Il Pellegrino le disse che l'Overberg avea risposto di non potere allora venire; essa pianse perciò amaramente, ma pure bentosto si rasserenò e narrò un quadro della sua infanzia, da cui nella notte trascorsa era stata consolata dei sopportati dolori. Era bambina, a casa mia, e fortemente ammalata. Stavami soletta, giacchè il padre e la madre non erano in casa, ma moltissimi figli dei vicini, e quelli del sindaco del villaggio, ed ogni sorta di bambini a me ne vennero e mi custodirono, ed erano affatto benevoli e dolci. E colsero verdi ramuscelli, giacchè eravamo nel maggio, e li piantarono nel giardino, e fecero una capanna, e vi poser dentro molta frasca, e mi vi poser sopra come sul letto, e poi vennero e mi portarono quantità meravigliosa di ninnoli sì belli, che mai avrei potuto immaginarne gli uguali, bambole, angelini, e con tutto ciò mi sollazzai sino al mattino. Talvolta penso che tutte coteste meravigliose cose debban esser qui. Oggi dopo pranzo ho pianto ben molto ed una volta ho stretto l'immagine della Madre di Dio sul mio cuore ripetutamente sclamando: tu sei mia madre! la mia unica madre! e ciò mi ha molto consolato. »

Come spesso ella dovesse coll'opera reagire contro la spaventevole corruzione e rovina derivante dagli attacchi contro il celibato, chiaramente apparisce anche dalla seguente visione del 16 agosto 1821. « Fui (narrò essa) trasportata presso un gregge ( diocesi ) ad un' estremità del campo della Magione delle nozze (vale a dire in un luogo cattolico che era circondato da comunità protestanti). Eranvi frammezzo alle pecore molti pessimi ed inutili becchi che colle loro corna danneggiavano il gregge. Mi fu comandato di ricercare e trar fuori quei cattivi becchi. Ciò mi riuscì amaro assai e penoso, giacchè non poteva ben distinguerli. Allora mi apparve santo Stanislao Kostka e mi diè aiuto. Dovei andarmene presso un fiumicello largo di sponde e molto corrente e di là chiamare e raccogliere quei becchi. Il santo mi disse: i cattivi becchi son quelli che dietro alle orecchie e lungo il dorso hanno rigidi peli frammezzo alla lana. Afferrai sette di coteste bestie e le gettai in quel freddo corrente che le portò via. »

19 agosto. « Ho passato un' orribile notte. Sono stata inchiodata e crocifissa dal mondo, dalla carne e dal diavolo. Ho dovuto pure lottare contro un grosso e schifoso becco. Alfine lo vinsi, gli ripiegai le corna sul dorso, le spezzai, e gliele posi incrociate addosso, e dissi: anche tu devi portare una croce! »

In un quadro posteriore le venne dimostrato il frutto futuro dei patimenti sofferti:

Vidi (così narrò) una riunione di giovani ecclesiastici, come in un seminario. Dovea aver luogo un banchetto. Io vi venni come da un'alta sfera, come dall'alto in basso: dovea procurare e preparare molte cose per quel convito. Cercai il tutto in molti luoghi con stento e fatica, e lo raccolsi, e laggiù lo portai. Ogni sorta di poveri e di storpi mi aiutarono, ed anche le anime di molti defunti. Le mie consorelle che dovean pure aiutarmi, dovetti farle uscire, rischiarandole col lume, da un'oscura cantina ( 1), ed esse pure mi aiutarono. La reverenda madre Superiora fu quella che fece osservare anche alle altre quanto fosse meraviglioso ch'io dovessi condurle costà a quel lavoro. Dovetti pure spezzare e distribuire dodici pani di zucchero ch ' io stessa aveva dovuto preparare. Avea cercato molto lungi di qui le canne da zuccaro e poi le aveva lavorate.

(1) II Purgatorio.

Undici ne distribuii ed uno l'aveva messo a parte per impiegarlo in pro dei poveri. Una delle mie consorelle, la Eswig, ne menò gran rumore e mi accusò di aver sottratto cotesto zuccaro a mio vantaggio. Dissi allora bene, dividerò anche questo, ma ora ognuna deve darmi un poco di tutto ciò che ha; e così ottenni di più di ciò che prima aveva. Tutto cotesto quadro era molto esteso; vidi che ciò simboleggiava un rinascimento del sacerdozio e degli ordini religiosi dopo grave decadenza, e di quanto vi contribuirebbero l'orazione, le opere, ed i pii amici dopo la mia morte. Pareva che si fosse formata e raccolta una schiera di pie persone, dal seno della quale tutto di bel nuovo si sviluppava. I doni concessi a quegli ecclesiastici eran molto fra loro diversi. Ognuno ottenne ciò che gli mancava. Eranvi fra quei doni erbe e fiori affatto particolari. Tra cotesti ecclesiastici sarà fatta una nuova scelta dei migliori.

Che d'altronde anche nei seminari essa aveva da fare, chiaramente apparisce dalla seguente visione del maggio del 1821: Mi trovava in una lunga sala, dai due lati stavansi dinanzi ai leggii giovani in veste talare come seminaristi. Nel mezzo passeggiava avanti e indietro un uomo corpulento; io mi stava nascosta in un cantuccio. Ecco che ad un tratto quei giovani che stavano ai due lati divenner cavalli, e nel mezzo passeggiava in su e in giù un grosso bue ruminante, dietro il quale i cavalli digrignavano i denti, e nitrivano, ed aprivano derisoriamente le fauci mostrando la lingua. Sperava che quel bue mostrasse loro le corna e li facesse star quieti; ma non faceva altro che dar delle corna nel muro ogni qualvolta giungeva all'estremità della sala. Quell'urto aveva già prodotto un buco, ed  io pensava che alla fin fine il muro gli cadrebbe addosso. Non sapeva davvero come andarmene. Finalmente un cavallo scappò dopo l'altro, e trovai la porta per cui eran fuggiti, e m'affrettai d'andarmene.» Ai 15 gennaio del 1822 di sera vomitò un torrente di sangue, e quindi sclamò all'improvviso: « In questo punto è morto a Roma di vecchiaia un pio parroco. Ha ricevuto l'assoluzione generale ed io l'ho ricevuta con lui. L'anima sua è andata direttamente giù in purgatorio, ma peraltro ne uscirà ben presto. Dobbiamo pregare. Era tanto affezionato al Papa e durante la di lui prigionia ha operato molto bene. Ora anche Papa non camperà » Disse pure: il tanto a lungo.«Quest'uomo pio era uno di quei dodici ch'io veggo sempre sostenere la Chiesa e di cui in passato ho talvolta fatto menzione; egli è in quel numero il secondo che è morto; dieci vivono ancora; ne veggo peraltro crescer dei giovani; era amico e consigliere del Papa, ma per fedeltà affettuosa verso la sua parrocchia non avea mai voluto accettare un posto più alto. Essa si effuse in lodi generali circa il medesimo.


20. Festa ecclesiastica a causa di un Papa futuro. Ai 27 gennaio 1822 (giorno della conversione di S. Paolo secondo il calendario di Münster) passò l'intero pomeriggio fervorosamente pregando nell ' estasi la più profonda.


A sera disse al Pellegrino:

Nella chiesa spirituale fuvvi festa di ringraziamento. Eravi là dentro gran splendore di gloria, ed un trono magnificamente ornato. Paolo, Agostino ed altri convertiti santi vi erano più specialmente occupati, era un solenne ringraziamento della Chiesa trionfante per una gran grazia futura che ben presto verrà a maturo compimento. Rappresentavasi siccome una futura consacrazione. Riferivasi al cangiamento del modo di pensare di un uomo di alta condizione, piuttosto giovane e svelto, che un giorno sarà Papa. Lo vidi già in quella chiesa circondato da altri uomini pii. Era stato collegato d'amicizia con quel pio vecchio ecclesiastico, di cui or sono pochi giorni ho veduto in Roma la morte. In cotesto quadro ho veduto anche molti cristiani riunirsi colla vera Chiesa. Penetrarono in chiesa attraverso il muro. Vidi che quel Papa è rigido e che saprà ammonire ed eccitare i freddi e tepidi vescovi. Havvi però ancora grande intervallo fino a quel momento. Tutti coloro che coll'orazione debbono contribuire a cotesta grazia, eran presenti in chiesa. Vi vidi pure le altre persone più specialmente dedite all'orazione che veggo si spesso. Quel giovine avea già ricevuto alcuni ordini, e sembrava come se oggi divenisse in grado maggiore. Non è nativo di Roma, ma nemmeno molto lontano: è italiano e credo di pia famiglia principesca. Talvolta viaggia. Per altro passerà ancora alcun tempo pieno di contrasti di confusione. Fu una festa indescrivibilmente bella e gioiosa, ne fui oltremodo felice; ma veggo ancora apparire quella chiesa e vi voglio rientrare. »

Con coteste parole ricadde di bel nuovo nell ' estasi. Il confessore narrò nel giorno seguente che si era sollevata sul letto orando internamente nell'estasi, ed era rimasta in quello stato finchè egli le comandò di coricarsi di nuovo.

21. Nell'autunno 1822 Anna Caterina fu continuamente occupata dello stato delle chiese della Germania.

Ogni notte doveva nel più penoso modo viaggiare verso Roma. Talvolta doveva incorrere i pericoli di un corriere insidiato dai ladri e dagli assassini che tentano impadronirsi del suo portafogli; talora trovava sulla sua via infermi e lebbrosi che reclamavano cure e voleano caricarla dei loro schifosi fardelli; tal altra doveva alloggiare presso certe spose e proteggerle contro falsi mariti, cioè a dire opporsi ad ingiuste e cattive intrusioni e prese di possesso di sedi vescovili. Cotesti viaggi erano collegati coi più gravi patimenti corporali, talmentechè trovavasi in grado di raccontarne solo ben poche. Dal quadro susseguente apparisce peraltro molto chiaramente che cotesti viaggi eran cagionati dalle circostanze in cui trovavasi la Provincia ecclesiastica del Reno superiore, giacchè appunto in quel tempo tentavasi con malizia d'indurre la santa Sede a consentire all'investitura di quelle sedi vescovili con piena rinunzia ai diritti della Chiesa, ed a riconoscer come pastori certi uomini, che in precedenza aveano incorso l'impegno coi loro protettori di considerare la fede, il diritto e le prescrizioni della Chiesa siccome cose secondarie. Ella dovè agire ed opporsi a simili disegni come strumento d' espiazione opposto da Dio a combattere il mistero d'iniquità.

« Fui (così narrò ai 22 d'ottobre 1822) in viaggio verso Roma, ed ebbi molto che fare con uno strano bambino che trovai sulla mia strada sopra un prato. Quel bambino pareva nato da un giorno, e giaceva in mezzo ad un globo scuro come nebbia. Quel globo peraltro era formato da mille fili intrecciati che partendo dai più svariati contorni si dilungavano. Dovetti rompere tutti quei tessuti di fili per poterne estrarre il bambino e meco prenderlo. Era strettamente vestito di un bel mantelletto con gran bavaro tagliuzzato. Sentii che sul dorso eravi alcunchè di nascosto sotto quel mantello, come fosse un piccolo volume, e mi affaticai invano di trarlo fuori: sentiva in me stessa che quell'oggetto non era nulla di buono. Quel bambino di un giorno già sorrideva. Mi spaventai e non mi poteva spiegare quel sorriso. Ne ho saputa la spiegazione. Gli orditori di quell'inganno, non dubitavano punto che esso loro riuscirebbe bene. Avean così mascherato quel bravo bambino per farlo entrare in Roma. Non so più a chi dovessi consegnare quel bambino, ma credo che fosse a un secolare. Vidi anche persone a me cognite che molto si rallegrarono che mi fossi impadronita di quel fanciullo, giacchè in Roma vi erano molti di modo di pensare niente affatto cattolico, che avean cooperato a quell'inganno: e di questi ve ne erano anche fra i prelati. Vidi poi come in Germania fra gli ecclesiastici mondanamente avveduti e fra gli illuminati protestanti, si fosse combinato un disegno per la fusione delle varie religioni, per la soppressione del potere papale, per lo stabilimento di molti superiori ecclesiastici, per il risparmio di molte superflue spese, e per la diminuzione del numero degli ecclesiastici; e vidi che cotesto piano avea fautori anche in Roma fra i prelati. (Ho spesso veduto che il C. C. poco o nulla vale, che perde e corrompe molte cose ed odia suo padre; ma è troppo addentro negli affari e non può esser mandato via. Egli è affatto in balìa delle sette segrete). Cotesta associazione è molto diffusa. Essa lavora più presto, ma peraltro più superficialmente dei frammassoni. »

Quel bambino nella palla, ossia nella sfera della nebbia, non è altro che il disegno da molti ordito e con belle frasi ornato e mascherato, della soppressione della fede cattolica; la nebbia è il simbolo dell'agire di soppiatto e dell'inganno; quel sorriso del fanciullo significa la gioia prematura dei suoi genitori (tutti dediti ai piaceri della tavola) per avere, malgrado i Brevi e le dichiarazioni, offuscata la chiaroveggenza del Papa; quel volumetto nascosto sotto le vesti sul dorso del fanciullo, che Anna Caterina non potè riuscire ad estrarre, significa gli scritti inviati a Roma in favore del concepito disegno; scritti che circolano bensì e van per la lor via, ma non possono impedire che quel piano venga penetrato, e che vi si ecciti contro opposizione. Vide anche che a causa di ciò venivano ricercate e messe in luce le decisioni di antichi Concilii, e le venne mostrato Papa Gelasio agente con zelo contro i segreti abbominii e le fattuccherie dei Manichei, e questi le furono indicati siccome il tipo della nuova setta degli Illuminati. Quel progetto di annichilare il Capo supremo della Chiesa ed il suo potere, esisteva in realtà, come il più attivo ed influente membro della setta, il consigliere ecclesiastico Werkmeister, se n'è con cinica impudenza altamente vantato. Costui altre volte monaco in Neresheim e più tardi consigliere ecclesiastico in Stoccarda, pretese per sè il merito di avere coi suoi libelli dimostrato come il Papato potesse e dovesse essere divelto insieme con tutte le sue radici. E precisamente cotesto scritto, in cui egli progettava ai governi secolari le più sicure vie e le più efficaci misure per raggiungere lo scopo (1), venne punto per punto adottato nelle decisioni del conciliabolo di Francoforte già sopra indicato.

Mentre i fautori e promotori di quell'indegno progetto erano in possesso d'ogni mezzo non solo per rimuovere ogni resistenza, ma altresì per guadagnare giornalmente nuovi strumenti e cooperatori, e mentre si immaginavano essersi appianata la via nell'istessa Roma per prevenire la temuta condanna delle loro misure per parte del santo Padre, erano appunto le preghiere della paziente inferma di Dülmen che arrestavano nel suo corso l'opera della distruzione. Ella sì animosamente stette a fronte dei nemici di Dio e lo assalì con tali suppliche, che poco tempo dopo potè narrare così: « Iddio ha disposto che il Papa fosse adesso ammalato, e così è sfuggito ad un laccio che gli era stato teso. Il nemico ha lavorato a lungo, ma non giungerà allo scopo. Il disegno è scoperto, è sventato. Ho veduto intorno a ciò molti quadri, ma mi ricordo soltanto del seguente. Vidi l'unica figlia del Re de' re assalita e perseguitata. Piangeva molto sul tanto sangue che stava per iscorrere (2), e volgeva lo sguardo verso una squadra di forti e animose vergini ( 3) che doveano insieme a lei combattere. Ebbi molto che fare con essa e la supplicai di rammentarsi del mio paese e di quelle contrade che le raccomandai. La pregai perchè donasse alcuna cosa dei suoi tesori ai sacerdoti, ma mi disse: Sì, io ho gran tesori, ma essi li calpestano.

(1) Progetto di una nuova costituzione della Chiesa Cattolica tedesca per gli stati della Confederazione germanica, stampato nella patria tedesca, 1813.
(2) Le molte anime che vanno perdendosi.
(3) Verso ecclesiastici casti e pudichi, come difensori dei di lei diritti.


Essa portava una veste del colore dell'azzurro del cielo. Quindi fui di bel nuovo ammonita dalla mia Guida a pregare ed eccitar tutti a pregare come meglio io poteva, pei peccatori e specialmente pei sacerdoti involti nell'errore. Si appressa (mi disse) un' epoca - ben cattiva. Gli acattolici attrarranno a sè molta gente, e tenteranno in ogni modo di sottrarre il tutto alla Chiesa. Ne nascerà grave confusione. »

« Vidi di nuovo un quadro, in cui mi fu mostrato come la figlia del Re venisse armata. Innumerevoli individui vi contribuirono. Ciò che essi portavano consisteva in orazioni, buone opere, in ogni genere di mortificazioni, di astinenze e di lavori spirituali. Ciò di mano in mano saliva su in cielo, e lassù il tutto veniva a seconda della sua natura disposto e lavorato, onde essere posto addosso a quella vergine siccome armatura. Era affatto meraviglioso il vedere come il tutto aggiustavasi, e come una cosa sì precisamente spiegava il significato dell'altra. Era armata da capo a piedi. Io conosceva molte delle persone che aveano contribuito a quell'armatura; e vidi meravigliata come stabilimenti interi e grandi e dotti individui nulla vi contribuissero, mentre invece i poveri ed i piccoli fornirono intere parti dell'armatura. »

« Vidi anche il combattimento. I nemici erano infinitamente più numerosi, ma la piccola e fedele squadra rovesciava intere file nemiche sul suolo. L'armata vergine assisteva alla battaglia standosi sopra un colle; mi affrettai verso di lei e le raccomandai la patria mia e gli altri luoghi pei quali debbo pregare. Era armata in modo affatto strano e significante con elmo, scudo ed usbergo; i combattenti peraltro erano armati come lo sono oggi i nostri soldati. Fu terribil battaglia; alla fine fu soltanto una piccola schiera di ben pensanti che riportò la vittoria. »

22. Quadro simbolico delle diocesi separate dallo scoglio di S. Pietro.

« Vidi una chiesa starsi sulle acque ed in gran periglio d'essere sommersa. Non avea più base sicura, e stava vacillando e ondeggiando sul mare come su un vascello. Io ed altri dovevamo terribilmente faticare per riporla in equilibrio col chiamare e condur molte persone; e le distribuimmo in ogni punto, affine di sostenerla equilibrata. Ciò avvenne, e vi riuscimmo nuotando di qua e di là sostenuti da travi e da tavole. Dovei sopratutto impiegarvi molti fanciulli (1).

(1) Immagine del futuro, in cui quella chiesa fluttuante e sul punto di sommergersi, ritroverà stabile terreno e finalmente otterrà piena riunione collo scoglio di S. Pietro.

Vidi peraltro in tre diverse navate di quella chiesa dodici uomini prostrati al suolo ed oranti conogni fervore, ed immobili; precisamente poi all'ingresso e dinanzi ad un altare stavansi molti fanciulli. Non vidi là dentro alcun Papa, ma bensì un vescovo che stavasi di nanzi l'altar maggiore. Durante cotesto quadro vidi anche la chiesa venir bombardata da vascelli, ed ogni sorta di ordegni atti ad incendiare venir contr' essa lanciati; ma noi sospendevamo sui di lei muri panni bagnati, e non ne risultò per essa alcun danno. Sembrava come se la chiesa fosse in pericolo da molti lati, e mi pensava che si volesse sottrarle ogni ferma e sicura base. Quando fu in equilibrio ed eravi dentro molta gente, essa s'inchinò alquanto, e pareva come se posasse sull'arena. Allora noi unimmo dei travi e formammo un ponte, ed essa fu di nuovo ricongiunta alla terra ferma. Appena ciò era compito, ogni sorta di cattivi ecclesiastici e di altre persone vi accorse dentro, e costoro non aiutavano punto, ma deridevano i dodici che pregavano là dentro e li percuotevano sulle orecchie; ma essi lo sopportavano silenziosi e pazienti, e proseguivano a pregare. Dovemmo allora portare molte grosse pietre e sotterrarle nell'intorno per costruire un fondamento, e ciò crebbe sempre e pareva che avesse quasi vegetato. Le pietre venivano come a torrenti, e sembrava come se da un solo frammento nascesse e scaturisse lo scoglio, e tutto divenne di bel nuovo solido e fermo. E vennero allora molte genti, ed anche stranieri, che entrarono per la porta, e la chiesa si trovò di bel nuovo stabilita in terra ferma. »

Cotesto quadro congiunto a grandi e penosi lavori, si prolungò per più notti. Una volta essendo in estasi sclamò lamentandosi ad alta voce: « Voglion rapire al pastore i suoi propri pascoli! Vogliono cacciarvi dentro per forza un altro che tutto cede ai nemici. » Ed allora alzando irata il chiuso suo pugno sclamò: « Oh voi malandrini tedeschi! ( 1 ) aspettate! ciò non vi riuscirà! Il pastore sta fermo sopra uno scoglio. E voi preti, non vi muovete punto ? Dormite, ed intanto, lo vedete, brucia da tutti i lati e non fate nulla! Oh come ve ne pentirete un giorno! Se aveste almeno recitato un Pater noster! Per tutta la notte debbo vedere come i nemici abbiano trascinato e maltrattato il Signore Gesù sul monte Calvario! Veggo tanti traditori! Non possono sopportare che si dica che le cose vanno male. Tutto va bene per loro, purchè si possano gloriare col mondo! »

(1) I germanizzanti, nemici della lingua latina ecclesiastica, e fondatori di una chiesa nazionale tedesca senza Dio, senza Sacramenti, senza Papa.

23. Aprile 1823.

« Nella trascorsa notte ho lavorato tanto sin quasi a morirne di fatica, e son tutta piena di dolori. Primieramente dovetti trascinare un uomo grosso e pesante, che mi voleva impedire di adorare il Sacramento in una chiesa spirituale, e mi avea presa per le spalle. Ei non voleva venirvi, ma io lo teneva fermo per le mani, nè potè liberarsene: peraltro ei tentava ritrarmi indietro usando delle ginocchia. Io con orribile stento lo trassi sino dinanzi all'altare. La magion delle nozze da cui egli era uscito ardeva intanto, e sembrava come se vi avesse appiccato il fuoco egli stesso, ed io dovetti con immane fatica e stento salvare il tutto e portarlo nell'ovile. Il fuoco serpeggiava già per i tegoli: niuno mi aiutava, e vidi molti ecclesiastici a me noti aggirarsi all'interno con piena in differenza. Finalmente venne alla mia volta un ecclesiastico, e credo che fosse un giureconsulto, ed insieme portammo via e salvammo la roba. Dovemmo ritorre oggetti da tutti gli angoli, casse ed armadi, molti mantelli e lumi, candelieri da chiesa ecc.: di ciò me ne ricordo ancora. Portammo tutto questo nell'ovile, e lavorai sinó quasi a morirne di fatica. Mentre il fuoco già toccava il tetto, quell'ecclesiastico corse di bel nuovo dentro, e portò fuori da una camera un figliuolo di casa (1), che colui ch' io aveva trascinato in chiesa aveva assassinato: ma era tornato di nuovo in vita. Sotto quel tetto incendiato dormivano anche dei servi che vennero felicemente salvati.

(1) Figliuolo, fanciullo. Lo stesso che piano o disegno. Quello qui menzionato riferivasi alle progettate corrispondenze e rapporti collo scisma greco. Vide cotesto fanciullo scapparsene in Russia.


Il fumo ed il denso vapore finirono, e noi tre salvammo tutto felicemente. » Ebbe in cotesto tempo molto da fare per ottenere la conversione dell'infermo cardinale Consalvi, giacchè lo vedeva sempre inviluppato da una specie di nebbia, da un certo velo di separazione, come se fosse scomunicato. Supplicò per la di lui corporale e spirituale guarigione, e raccontò in proposito così: « Lo veggo in diverso stato. La sua lenta malattia è stata una grazia di Dio: ha cambiato maniera di pensare su molti punti. Sembravami come se morisse e poi rivivesse, ma peraltro affatto mutato, e come se molte cose confessasse al santo Padre, di molto si accusasse, a tutto rinunciasse, e quindi vidi in lui rinascer nuova vita.Lo vidi giacere in letto, e vidi pure molti ecclesiastici di alto grado a lui dintorno, ed una volta anche il Papa. Aveva dattorno ogni sorta di scritti e di altre cose, ed egli ne consegnò molte; si parlava e s'interrogava, e vidi che egli spesso alzò la mano come solennemente affermando. Non so se egli forse nou si trovasse più in grado di poter parlare più distintamente. Sembrava come se si distaccasse da tutto e a tutto rinunziasse. Il Papa rimase per un certo tempo solo con lui: non so se l'infermo si confessasse, ma alzò un' altra volta le mani e parmi che le mettesse al collo del Papa. Non so più precisamente se lo abbracciasse e ne prendesse congedo, ovvero se il Papa alcunchè gli perdonasse. In seguito anche il Papa se ne andò. Tra gli scritti che il cardinale rimise nelle mani del Papa, ve ne era specialmente uno che riguardava la nostra chiesa e che non era punto secondo le intenzioni del santo Padre. Anzi mi sembrò che ei l'ignorasse affatto, ed è gran ventura che ciò succedesse giacchè l'affare andrà ora tutto altrimenti da quello che i  nemici si aspettavano. Il cardinale piangeva; il Papa e gli altri piangevano sembrava che si congedassero.

24. « Ho avuto molto che fare per la chiesa di questo nostro paese, come in generale debbo ora principalmente soffrire spaventevoli martirii, e angustie, e lavori in prodella Chiesa, talmentechè son quasi stordita dalla quantità di imbrogli e di miserie che veggo, dalle pene e dai lavori cui devo soggiacere. Vidi in un quadro deplorabile dei giovani studenti di oggidì, che essi se ne vanno per le strade di Münster ed anche in Bonn, e portano in mano fastelli interi di serpi, e li accostano alla bocca, e ne succhiano Il capo; ed intesi che cotesti erano serpenti filosofici.

Ben sovente ho anche veduto che quegli antichi, semplici, pii maestri di scuola, che ritengonsi per ignoranti, educano pii fanciulli; e che i nuovi perfetti maestri e maestre non ispirano ai fanciulli cosa alcuna di buono. E ciò avviene perchè col loro orgoglio e millanteria e la profonda idea che han di loro medesimi, tolgono ogni benefico effetto alle loro stesse fatiche, e adempiono ai loro doveri con la maggiore indifferenza. Accade come con la benedizione che deriva ed accompagna le buone opere, le quali fatte pubblicamente o dalla polizia, producono poco effetto. Ove non havvi nè carità nè semplicità non nasce alcun frutto interno di benedizione. »

« Vidi che molti pastori si lasciano andare a pericolosi disegni contro la Chiesa. Rimossi con turbamento lo sguardo da questo quadro per me molto affliggente, e pregai pei vescovi; mi pensava che quando costoro fosser migliori, migliorerebbero anche gli altri come per conseguenza. Vidi allora fra le altre cose che quella casa in cui dovetti portare quel tal uomo, era la chiesa sotto il cardinal Consalvi.

In tutte le camere eranvi di lui figliuoli (piani o disegni), ed eravi costà come un'esposizione e raccolta di tutti i suoi progetti. Dovetti trascinarlo dinanzi all'altare e ciò significava la sua conversione ed il riconoscimento dei suoi falli, Aveva messo fuoco alla casa ed io dovetti con altri salvar tutti i beni portandoli nell'ovile. »

« Avean fabbricato una grossa, curiosa e pazza chiesa, e colà dentro dovevano starsi tutti uniti con diritti uguali, evangelici, cattolici, e gente d'ogni setta, e dovea esser una vera comunità di profanazione e di empietà, ed esservi un solo pastore ed un sol gregge. Dovea esservi anche un Papa, ma non dovea posseder cosa alcuna, e venir salariato. Tutto era preparato e molte cose eran compiute, ma là dove stava l'altare tutto era squallore e spavento. Tale doveva essere la nuova chiesa, e quindi egli appiccò il fuoco alla casa della chiesa antica. Iddio peraltro volle che le cose andassero altrimenti. Ei venne a morte, ed a penitenza e confessione dei falli, e di bel nuovo rivisse. »

Il Pellegrino aggiunge la seguente nota: « Il di lei stato fa veramente fremere; ogni partecipazione è cessata. Le è stato detto che dovrà patire in pro della Chiesa per altri quattordici giorni, cioè fino a Pentecoste. »

Nell'autunno 1823 narrò quanto segue: « Ho veduto il Papa (1) nel momento in cui è caduto sul suolo. Appunto in quell'istante alcune persone lo aveano lasciato. Si alzò dal suo seggio per prendere alcune cose e quindi cadde. Dopo che fu morto, non poteva credere davvero che ei lo fosse. Sembravami sempre come se governasse e tutto ancora da lui fosse diretto. Lo vidi giacere estinto, e nondimeno sembravami come se lo vedessi ancora operante. Pio stava sempre in orazione, parlava sempre con Dio, riceveva spesso lumi soprannaturali, era molto dolce e condiscendente. Leone XII non ha ancora tanto dono d'orazione, ma ha volontà forte e decisa! »

(1) Pio VII morì ai 20 d'agosto 1823, in seguito di una rottura del femore prodotta da una caduta.

« In occasione della solennità dell'Assunzione di Maria ho veduto molto circa il Consalvi, e come se il Papa ed anche un altro cardinale lo esortassero a tener parola ed a seriamente attenersi ai principii della Chiesa. Ho veduto pure che Consalvi aveva appreso nella sua gioventù da sua madre una corta giaculatoria in onore di Maria, e l'aveva spesso recitata mattina e sera, e che con ciò avea ottenuta l'intercession di Maria presso il suo divin Figlio, intercessione che spesso ho veduta. Vidi pure che Maria lo ammoniva e gli inviava grazia per divenire migliore. Novembre. In questi giorni ho dovuto eccitare un funzionario di S. Pietro in Roma, onde confessasse al Papa di essere un frammassone. Ei si scusò col dire di esser soltanto un cassiere ed in ciò non esservi nulla di male, perlocchè desiderava di poter conservare quell'incarico. Ma il Papa gli rappresentò severamente che o dovea tosto rinunziare, o lasciare il suo impiego. Sentii la loro conversazione. »

25. Col principio di novembre 1823 incominciarono le di lei orazioni ed opere di patimento sotto la forma di penose raccolte e distribuzioni di stoffe per paramenti sacerdotali.

Nel medesimo tempo incominciò pure a preparare i di lei donativi del Natale pei poveri fanciulli, e per cotesti doni ora mancava una cosa, ora l'altra, ovvero per colpa di poco abile aiuto diveniva inservibile e si perdeva. A causa dei suoi violenti dolori d'occhi dovea superare mille e mille eccitamenti all'impazienza, il che con grandissima perseveranza le riuscì. Ciò ripetevasi peraltro anche nei lavori fatti in visione, giacchè pel continuo difetto dell'una o dell'altra stoffa o dei diversi frammenti, solo con grave difficoltà poteva pervenire a porre in ordine perfetto un paramento. Ecco quel che narrò in proposito.

« Era in viaggio verso Cipro ( dove ella in quel tempo accompagnava il Salvatore nella sua visita evangelica ) e nel lasciare il continente aveva sulla mia dritta Marsiglia, e venni una volta soltanto a toccare l'estrema punta di una certa contrada. La mia Guida ed io ci avanzavamo sempre lungo la sponda siccome volando. Per via io aveva da fare qua e là, e dar ordine ad ogni genere di cose; così una volta dovei portare un involto nascosto e consegnarlo; lo portai inviluppato sotto alla mia veste. Spesso fra l'inquietudine ed il periglio dovea portar lettere e superare gravi ostacoli, esortare individui che pregavano, risvegliar de' dormienti, curare e fasciar degli infermi, frastornar ladri ed altri delinquenti, consolare prigioni, avvertire individui in pericolo. Già più volte, ed anche pochi giorni innanzi aveva dovuto avvisare un uomo che portava una lettera come quella di Uria. Eravi scritto che il latore dovea esser tolto di mezzo. Era da Roma in qua. Io gli domandai: ove vai tu ? ti dirigi male. Ei soggiunse: no, l'indirizzo è scritto sulla mia lettera. Allora gli soggiunsi: apri la lettera e tu vedrai. Apri la lettera e vide che doveva essere ucciso, e prese il largo. »

« Ebbi quindi da lavorare in opera meravigliosamente difficile intorno ad ogni sorta di paramenti ecclesiastici. Ciò avea luogo in quella casa che in primavera aveva veduta bruciare. Dovea preparare un camice per un vescovo che vedeva dover andar lontano, e non mi riusciva di venirne a capo e mendicava da tutti. l'Overberg disse che non voleva dare per ciò nulla più di un grosso. Ciò mi cagionò rammarico. Io dovea fare quel camice e finirlo,perchè presto devo morire..... Anche in Isvizzera devo mendicare a grande stento per mettere insieme ogni sorta di cenci onde farne vesti da coro, e trascinarne un pesante fardello sino a Roma quando saranno preparate.

« Fui in Roma in una riunione ove sedeva il Papa e molti ecclesiastici a lui attorno. Trattavasi di una ristaurazione o fondazione, ma i mezzi per giungervi eran molto scarsi e divisi; volevasi quindi abbandonar quell'affare e dicevasi: ove non havvi cosa alcuna non si può fare il gran nulla. Anche il Papa era a ciò inclinato, ma io dissi: il bene non deve essere tralasciato; quand'anche tutto manchi, Dio può bene aiutare; ed il Papa mi disse ch'io avea molto coraggio per una monaca, ma che aveva pure ragione. »


« Venni di bel nuovo a Roma e mi scandalizzai moltissimo. Vi trovai ammucchiata una quantità smisurata di biancheria ecclesiastica sino dai tempi dell'ultimo Papa. Eranvi fra essa molte cose ch'io aveva colle mie mani compiute e poi consegnate. Molta di quella biancheria non era stata mai usata, ma bensì negletta e dispersa. Le trine, i nastri, i galloni erano stati tolti ai paramenti ecclesiastici, e dei pezzi erano stati anche lacerati. Mi erano stati consegnati pure molti crocifissi d'avorio, ma i corpi erano stati tolti e restavano soltanto i piedistalli di marmo e le croci di legno; ad una di quelle croci aveano attaccato un piccolo corpo d'ottone. Fra quelle biancherie si aggiravano ecclesiastici di alto affare e d'ogni grado, e specialmente si attenevano a quei pannilini che servono agli esami nelle scuole ed ai vestiari di prima comunione, ed a simili inezie che pendevano sospese al di fuori, ma gli ornati ed i paramenti ecclesiastici li lasciavano sospesi nel massimo disordine. Mi scandalizzai specialmente a causa di cinque vergognose camicie da donna che pendevano sospese frammezzo a quei grandi pannilini ecclesiastici, ed erano di prezzo enorme e di una forma affatto sragionevole. Me ne scandalizzai perchè mi parvero molto disoneste e nulla affatto adatte per la sposa e per lo sposo, ma bensì per gli adulteri. Avevano la parte superiore cucita con liste di tela affatto grossolana da imballaggio, ma il rimanente era di un tessuto il più fino e trasparente, ed ornato con ogni sorta di ricami, di trine, e di lavori a giorno. Anche le maniche erano di finissimo tessuto, e sulla sommità verso il collo eravi un cappuccio che potea abbassarsi sugli occhi, per non vedere come mai in mezzo al più vergognoso lusso e dispendio si potessero nascondere le nudità e la vergogna.

Mi sdegnai potentemente per lo scandalo di coteste camicie, ed afferrai e raccolsi tutti gli oggetti che io avea contribuiti, e li racchiusi in una lunga cesta per portarli via, e mi lamentai soltanto che le mie croci fossero state così spogliate. Uno degli ecclesiastici presenti non voleva permettere quel mio raccogliere e portar via, ma un altro a me cognito parlò in mio favore. Vidi anche la buon'anima del Lambert che da lontano passava. (Era ieri il suo giorno di festa..... S. Martino). Lo pregai di soccorso e gli domandai perchè non fosse ancora venuto a prendermi; ei sorrise, mi minacciò col dito e disse: abbi pazienza! Non ti ho già detto che devi soffrire ancor molto ? E se ne andò. Contrastai ancor lungo tempo per riavere il mio, e riuscii finalmente ad impadronirmi anche dei piedistalli marmorei di quelle croci spogliate del crocifisso, ed affastellai e meco presi il tutto. Domandai come quelle vergognose camicie fosser mai venute costà, e le avrei ben volentieri messe in pezzi da capo a piedi. Mi fu risposto che ciò era avvenuto per riguardo a certi signori e padroni protestanti, e che per compiacenza erano state ricevute. Ne staccai una ed esaminandola mi accorsi per la prima volta dei cappucci.

Sul principio mi credeva che fosse un collare; ne venni talmente in malumore che dissi fra me stessa; aspettate, aspettate! questi vostri bei cenci li voglio cucire insieme con filo impeciato, onde siate costretti a far vedere a tutti quel che vi manca. Vidi che anche il Papa era molto amareggiato ed irritato per causa di quelle vergognose camicie; ne distrusse una e la stracciò tutta a pezzi. Vidi molti cardinali ed anche principi secolari di cattivo umore per la lacerazione di coteste camicie. »

«Quelle cinque camicie spudorate ( nota il Pellegrino a schiarimento) significano l'occupazione di cinque cattedre vescovili prive di pastore, che peraltro, secondo i disegni delle autorità secolari dominatrici, non dovea aver luogo per mezzo di un pudico matrimonio colla sposa ecclesiastica fondato sul diritto, sulla fedeltà e la fede, ma dovea piuttosto consistere in nozze adultere derivanti dal tradimento e dalla infedeltà, la cui intima perfidia dovea esser ammantata con belle frasi di tolleranza, pace, riconoscenza, ecc. Cotesto quadro non poteva essere più perfetto e sorprendente, del pari che i suoi accessorii, cioè quei giocarelli di scuola e quei teatrali esterni abbiglia menti della prima Comunione, che, in tante centinaia d'anime di fanciulli frastornano e distraggono la pietà ed il raccoglimento, la fede e la riverenza pel SS. Sacramento, e la gravità di una degna preparazione, e le rivolgono all'adornamento ed alle vanità del vestiario. Anna Caterina soffrì tanto più per la vista di simili cose, quanto più profondamente riconosceva l'effetto, per lo più decisivo sulla vita intera, di una prima Comunione ricevuta con degna e ben fondata preparazione. Un giorno la trovò il Pellegrino che ama occupata ad ammaestrare la sua piccola nepote,ramente piangeva perchè la maestra della scuola avea ordinato alle bambine di trascrivere alcun frammento della predica della domenica. La bambina per altro non ne avea capito una sola parola, fuorchè la sentenza relativa al Fariseo che giustificava e lodava sè stesso. Anna Caterina disse che ciò bastava. I bambini parlano il basso tedesco, mentre l'insegnamento e la predica si fanno in buona lingua. Disse pure che cotesto compito dato ai bambini era già un frutto dell'eccitamento del maledetto giovinastro delle scuole che avea veduto nella Magion delle nozze. »


26. Viaggi di soccorso.

22 agosto.  Nella notte decorsa mi fa commesso un lavoro veramente meraviglioso. Iersera rivolgeva in me stessa pensieri circa lo stato miserabile degli individui che vivono in peccato d'impurità, nè si confessano sinceramente, e pregava per loro. Ecco che mi si presentò l'anima di una signora di alta condizione, e s'appressò al mio letto, e mi disse d' implorare dal Signore la conversione di sua figlia, e di pregare a braccia aperte e stese in croce, giacchè così costringerei il Signore a misericordia, perchè il suo divin Figlio così avea pregato. Sua figlia dovea morire, e per diciotto volte aveva taciuto i suoi peccati in confessione. Venni allora condotta dalla mia Guida in un gran viaggio. La via, partendo di qui, si dirigeva dapprima verso levante e in seguito poi inclinava a poco a poco a ponente; durante cotesto viaggio incorsi in molti casi ed in necessarie prestazioni di soccorso. Ho avuto certamente ben dieci di cotesti casi, ma non mi rammento che dei tre seguenti.

« Venni in una bella città più luterana che cattolica, e fui condotta in casa di una vedova che giacea ammalata. Quando entrai insieme colla mia Guida, il di lei confessore l'avea appunto lasciata ed essa era circondata dalle sue amiche e compagne. Io me ne stava affatto indietro, nè sapeva di esser colà soltanto come uno spirito e come messaggiera. Vidi tutto ed in tutto, e provai la sensazione del come una povera ed umile persona venga con poco riguardo trattata in contatto e prossimità di persone nobili e di alto affare. La inferma era cattolica, in apparenza viveva una vita pia e distribuiva molte elemosine, ma in segreto erasi lasciata andare in balìa di molte dissolutezze, e le aveva per diciotto volte taciute in confessione; avendo sempre creduto di potervi riparare con elemosine, non svelò i di lei peccati, e nemmeno la malattia che la rodeva. Io mi sentiva tutta timida e vergognosa dinanzi a simili persone, ed intesi che la inferma disse ridendo alle sue amiche che la sollevavan sul letto: Io ho detto ( all'ecclesiastico ) la tal cosa, ma la tal altra però non gliela ho detta; sul che le altre pure ridevano. Allora le amiche si ritrassero alquanto indietro come se la volessero lasciar dormire, e la mia Guida mi disse che dovea ricordarmi che là mi trovava come messaggiera di Dio, e quindi farmi innanzi. Allora con l'angelo mi accostai al letto della inferma, e le parlai, e vidi che tutte le mie parole stavano dinanzi a lei scritte in luminose lettere, e che una linea compariva dopo l'altra, mentre la precedente svaniva. Non so se ella vedesse me o la mia Guida, ma impallidì e ricadde come svenuta per lo spavento. E vidi allora che leggeva distintamente ciò che io aveva detto e che dinanzi agli occhi suoi era comparso. Io le aveva detto così: Tu ridi ed hai per diciotto volte fatto uso sacrilego del Sacramento a tua condanna e perdizione; tu hai... ( ed allora le dissi tutti i suoi delitti nascosti). Tutto ciò tu l'hai per diciotto volte taciuto in false confessioni; fra poche ore starai dinanzi al giudizio di Dio: abbi pietà dell'anima tua! Confessati e pentiti! Essa era affatto annichilata, un freddo sudore le scorreva a rivi dalla fronte. Mi ritrassi addietro: essa chiamò i circostanti, ed ansiosamente domandò il confessore. Nè si volle persuadere che ciò era superfluo, poichè l'aveva allora allora lasciata. Ma essa non curò alcun discorsó. Trovavasi in spaventosa angoscia. Il sacerdote venne chiamato, essa confessò tutto in mezzo alle lagrime, ricevè i sacramenti e morì. So il di lei nome, ma nol posso dire perchè vivono ancora persone della sua famiglia. È invero un commovente e consolante ritrovato della misericordia di Dio quello per cui dovetti così agire. »

« Venni in una contrada ov'erano soltanti paludi e grandi cavità e frane. La mia Guida mi condusse sempre aleggiando per sopra. Venimmo in un villaggio ed in una casa contadinesca, ove la moglie dell'agricoltore giaceva molto ammalata; non eravi alcun sacerdote nella vicinanza. Cotesta donna era un'ipocrita adultera che si tenea separata da suo marito per poter peccare con un altro. Le posi il suo fallo dinanzi agli occhi e le dissi che doveva confessare le sue colpe al marito ed invocare il perdono. Si pentì e con dirotte lagrime confessò tutto al marito. Colui col quale avea peccato, dovette anche venire e il marito gli concesse d'entrare. Essa seriamente gli negò per l'avvenire ogni accesso. Non è morta; anzi si è ristabilita. »

« Venni entro una città in una casa ove era un bel giardino con boschetti, piccoli stagni, ed ogni sorta di cupolette e frascati. I genitori viveano, la madre era una buona e pia donna, ma la figlia che in apparenza era fanciulla affatto modesta, di nascosto però recavasi nel giardino per darsi in balìa a commercio molto peccaminoso e scontrarsi con uomini coi quali era convenuta del ritrovo. La trovai di nottetempo fuori di casa; stava in aguato spiando la venuta d'un suo amante. Cotesta era l'ultima sua notte. Io stavami presso di lei e pregava Dio a volerla aiutare. Vidi una figura in cui riconobbi Satana, che le si volea appressare, ma che non potè farlo. La fanciulla era interna mente inquieta e commossa, ed io la seguii in un frascato del giardino, ove essa vide un'altra figura involta in un mantello, che ritenne si fosse l'atteso amante. Quella figura non le si appressò, ma essa se ne andò a lei, e la tirò pel mantello in cui era ravvolta. Allora il mantello si aprì ed essa vide (ed io con lei) l'immagine del Salvatore, colle mani legate, coperto da capo a piedi di sangue e delle ferite cagionate dai flagelli, colla corona di spine in capo; e quella immagine di dolori parlò e disse: Guarda come tu mi hai malconcio! Allora quella fanciulla cadde a terra come un corpo inanimato. La presi fra le braccia e le dissi che viveva nell'abbominio del male, che dovea confessarsi e far penitenza. Rinvenne e pensando ch'io fossi una fantesca, ovvero un ' estranea che l'avessi trovata, esclamò supplicando: Ah se potessi soltanto entrare in casa! mio padre mi ammazza se qui mi trova! Le dissi che ove mi promettesse di confessarsi dei suoi peccati e di pentirsene, si ritroverebbe subito nella propria stanza ( giacchè senza di ciò avrebbe dovuto aspettare sino al mattino e strisciarsi dentro alla sfuggita, quando venisse riaperta la casa). Promise di emendarsi e di confessarsi, e si ritrovò ristabilita abbastanza, per potere nel modo usato rientrare in casa. Tosto però divenne inferma; quel sacerdote che essa sul mattino mostrò desiderio di avere, era stato anch' egli in precedenza preparato dalla grazia di Dio. Si confessò e si pentì di tutto cuore, e morì munita dei sacramenti. I suoi genitori nulla penetrarono dei suoi peccati. »

« Di simili casi ne ho avuti nella trascorsa notte ben dieci, ma non tutti riuscirono a bene. Alcuni non vollero arrendersi, e ciò è spaventoso; ne debbo ancor piangere, il diavolo li ritiene stretti in fortissimi lacci..... Ho sopra tutto trovato difficile il ricondur sulla buona via gli ecclesiastici immersi in simili peccati. Ho avuto casi simili anche nella trascorsa notte, ed in ciò non vi ha altra speranza fuor quella dell'orazione. »

Novembre 1820. « Ho fatto un gran viaggio, in cui ho dovuto molto adoprarmi. Fra i molti casi non rammento più distintamente che i seguenti: la mia Guida mi condusse nelle vicinanze di Paderbona in faccia ad una casa situata sulla strada e mi disse: Qui in questa casa havvi una giovine fanciulla immersa e quasi affogata in ogni sorta di vanità, e tu devi ammonirla alquanto. Bentosto uscendo dal ballo verrà per tornare a casa, ed io ti darò la parola e la voce di una pia fanciulla figlia di un vicino, e quando la ragazza starà spogliandosi tu l'ammonirai. Vidi allora tosto in vari quadri tutto il modo di vivere di quella giovanetta. La vidi vana, smaniante delle mode e di acconciarsi, avida di ballare e dissoluta, e come ingannasse un amante dopo l'altro. La vidi poi tornare dal ballo: entrò senza lume nella sua stanza, e depose i suoi acconciamenti per andarsene a letto. Allora me le accostai e le dissi tu devi alla fin fine pensare a mettere giù insieme con coteste frascherie di abbigliamenti, anche il tuo modo di vivere, e non servir più al diavolo, ma piuttosto al tuo Dio che ti ha dato corpo ed anima, e questa col suo sangue ha ricomprata.

Quando quella ragazza udì le mie parole ne venne in spaventosa collera e malumore, e disse ch'io potea tornarmene a casa; che mai pretendessi con coteste mie chiacchiere; che non abbisognava di governante, che ben sapeva da sè quel che faceva. Dopochè si fu messa in letto senza nemmeno pensare a dire un'Ave Maria, la mia Guida mi disse, dopo che la ragazza ebbe alquanto dormito: la devi scuotere un'altra volta; io le farò vedere alcuni quadri circa le vere condizioni del suo modo di vivere. Io non vidi cotesti quadri, ma so che essa vide Satana, sè stessa, ed i suoi amanti. La mia Guida nominò Satana in un altro modo: credo che lo chiamasse principe del mondo. Io la scossi, ed essa si sollevò tremando per angoscia e spavento, e si genuflesse sul letto, e nel maggiore affanno recitò tutte le preci che sapeva. La vidi pure correre presso sua madre e raccontarle che sentivasi spaventevolmente inquieta ed angustiata, e che mai più sarebbe tornata ad un ballo. La madre tentò dissuaderla da ciò, ma non vi riuscì, ed essa, come io le avea prescritto, se ne andò la mattina seguente da un sacerdote e si confessò a lui della sua vita intera; ed io ottenni la sicurezza che migliorerebbe.

8 marzo 1820. « Nella decorsa notte essendo in viaggio son venuta dapprima ov'era caduta molta neve ed ivi ho veduto due viaggiatori venir bastonati da altri. L'uno cadde morto. M'affrettai a soccorrere e pare che spaventassi gli assassini. L'altro viveva ancora. Sopraggiunsero alcuni suoi parenti e lo portarono presso un medico in un luogo vicino. Ottenni coll'orazione che scampasse da quel pericolo. So bene che non posso e non debbo mettermi altri fardelli sul dorso, ma pure avrei sì volentieri voluto soddisfare ed espiare alquanto dei suoi patimenti, e ottenni pure il mio compito. Dipoi mi trovai impegnata in un lontano viaggio. Nel ritorno venni di nuovo a trovar quella neve. Quando giunsi più presso al mio luogo natio, vidi fra molte altre miserie un pover uomo affamato che andava in traccia di pane pei figli suoi, cadere in modo sì pericoloso, che non poteva più uscir dalla neve. Anche per lui ottenni salvezza e nutrimento. Credo che sentiremo parlare di cotest'uomo. » — Nel pomeriggio, alle quattro, il Pellegrino la trovò oppressa dal male ed in abbondante sudore. Essa disse che durerebbe sino alle cinque. Le era stato dato in compito per salvare il ferito di sudare così dalle tre fino alle cinque. Il Pellegrino vide che essa avea sudato acqua e sangue in quantità straordinaria da riempirne un boccale. Con tutto ciò si sentiva assai bene, e soltanto provava straordinaria spossatezza. Disse al Pellegrino: « Può pensarsene ciò che vuole; io peraltro mi so che è volontà di Dio ch'io così faccia e così soffra. Sin dalla gioventù ho fatto così, e sono stata da Dio chiamata a tal opera di misericordia. Quand' era bambina di quattr ' anni, sentii mia madre molto gemere e lamentarsi: era presa dai dolori di parto nel mettere al mondo mia sorella. Io dormiva presso una vecchia e supplicava continuamente dicendo: voglio avere i dolori di mia madre, dammii dolori di mia madre. »

27. Viaggio a Palermo.

Agosto 1820.
Ieri durante tutte le ore pomeridiane provai una sensazione come se dovessi partire, come se unacreatura umana invocasse le mie orazioni ed il mio aiuto.

Nella notte decorsa bo veduto un quadro del come laggiù in un'isola dell'Italia, in mezzo agli spaventevoli assassinii e saccheggi che vidi recentemente costà principiare, vi fosse un uomo fra i rivoltosi, che a tutta forza sclamava a Dio ed alla SS. Vergine che degnassero aiutarlo; aver la ferma volontà di cambiar vita ed emendarsi; esser ben vero che da molti anni avea menato un'empia condotta, ma ora poi voler assolutamente cambiare. Vidi pure che aveva moglie e figli, e che la moglie anche era con lui fra i rivoluzionarii arrabbiati. Durante peraltro l'empia sua vita avea sempre portato una piccola immagine della Madre di Dio dipinta su pergamena o in altro modo, e nascosta nella sua giubba fra l'uno e l'altro occhiello dei bottoni, nè mai l'aveva lasciata e talvolta vi avea pensato. Cotesta immagine era dipinta in azzurro ed oro, e fatta con molta arte. Lo vidi essere come una specie di condottiero inferiore fra molti insorgenti addormentati, che aveano armi bensì, ma niuna divisa militare. Sembrava che volessero verso il mattino tentare un attacco per sorpresa; giacevano al sereno dinanzi a un certo paese. Vidi grandissima miseria e guai in quell'isola, e che molte buone e pie persone erano state assassinate, e molte altre lo verrebbero, onde per divina permissione liberarle dal vedere i minacciosi guai che sovrastavano. Vidi le angustie, e la confusione, e la esasperazione divenute spaventevoli. Vidi la plebe esser poverissima ed in molte guise superstiziosa. Vidi quel pover uomo starsi in grandissime angustie di coscienza, invocare sempre Gesù e Maria e sclamare: ah! se è pur vero ciò che la religione insegna, la SS. Vergine deve al certo pregar per me onde non muoia nei miei peccati, altrimenti sarei eternamente dannato! Mi deve pure aiutare, giacchè davvero non so come potrei scampare al pericolo! Vidi pure un quadro di santa Rosalia e del suo giorno di festa, dopo il quale principiarono tutte coteste abbominazioni. Appena ebbi sentito e veduto la miseria e l'angoscia di questo pover uomo, che tosto pregai di tutto cuore il Signore ad ver di lui misericordia e salvarlo, e nello stesso momento senza alcuna sensazione di viaggio mi trovai a lui dinanzi in mezzo ai suoi addormentati compagni; non so più quanto gli dissi, ma soltanto rammento che gli ingiunsi di sorgere e di partirsene poichè costà non avea cosa da fare. Non credo che mi vedesse: deve aver provato soltanto un interno impulso. Lasciò i ribelli, corse in riva al mare e montò in una barchetta con due remiganti ed una vela. Vi era sopra anch' io: navigammo in tacita notte illuminatadalla luna, senza alcun disturbo e con straordinaria celerità, verso la capitale di quell'isola dove vivono le due monachine stimmatizzate (Cagliari di Sardegna). Costà lo lasciai in total sicurezza; ei voleva sconosciuto a tutti dimorare costì e vivere santamente. Visitai in Cagliari la monaca che abita presso la pia signora e la trovai ancor piuttosto sana, ed orante in pro degli universali bisogni. Visitai anche la Rosa Serra nel convento delle cappuccine in Ozieri: la trovai molto avanzata in età, inferma ed estenuata, e non parlavasi delle grazie a lei concesse. Le monache eran pie e poverissime. Il paese era pure tranquillo. Nel ritorno toccai Roma e vi trovai il santo Padre nelle maggiori angustie. Gli è stato prescritto in orazione di non lasciar per adesso venire alcuno presso di sè. La nera chiesa costà è sul crescere e vi sono molti infelici che passeranno nel suo grembo tostochè principierà il primo tumulto. Ho veduto la setta segreta che sostiene e protegge tutto cotesto traffico, ed è in piena attività. »

28. Salvamento di una famiglia francese in Palermo. Già da molti giorni in poi avea veduti più quadri di un affare, che pur finalmente nella trascorsa notte è giunto al compimento. Mi era stata mostrata una famiglia in quella infelice' città dove è seguito il massacro. Marito e moglie vivevano signorilmente con molti figli già grandi e con un servo, altre volte schiavo, negro, con capelli increspati, ma molto destro ed abile. Mi fu dapprima mostrato come cotesta famiglia venisse là a stabilirsi. Eran francesi, e prima della rivoluzione li vidi vivere felicemente e piamente in Francia, e vidi che erano molto religiosi e buoni, ed aveano specialmente una cordiale devozione verso la Madre di Dio; ogni sabato accendevano una lampada dinanzi la di lei immagine e praticavano anche l'orazione in famiglia. Quello schiavo dapprima non era cristiano, ma di animo buono, straordinariamente abile e lesto. Egli è molto svelto ed alto di statura e di una tale elasticità e destrezza, che fa veramente contento il vedere come serva ai suoi padroni. Non ho mai potuto soffrire gli uomini sempre irrigiditi, immobili e lenti; spesso opino che le anime degli uomini mobili nel loro corpo sieno anche più facili a commuoversi. Vidi come il padron di casa e tutti i suoi volessero bene a quello schiavo, e come ciascuno desiderasse che ei venisse da Dio internamente mosso ad abbracciar la fede cristiana. Vidi che il marito e la moglie a ciò ottenere, supplicavano spesso la Madre di Dio. Ora poi vidi che quello schiavo erasi ammalato, e che nel giorno dell'Assunzione il suo padrone venne presso di lui, gli arrecò un'immagine della Madre di Dio, e gli disse che siccome era incapace di ogni altro lavoro, poteva almeno intrecciare una corona di fiori, quanto più bella potesse,e disporla intorno a cotesta immagine, e che nel farlo doveva pensare che colei che era da quel quadro rappresentata, era in grado di ricordarsi dei suoi patimenti e di aver pietà di lui dinanzi al Signore, e che anzi nel tessere cotesta corona dovea impiegarvi tutto quell'amore che poteva sentirsi nel cuore. Vidi che quel servo gioiosamente assunse l'incarico del suo padrone, e condusse a compimento e dispose intorno all ' immagine una vaghissima corona con molta arte tessuta, e che durante il lavoro provò un intimo interno commovimento.Vidi pure che nella notte la Madre di Dio gli comparve, lo risanò, e gli disse che la sua corona le era piaciuta; ch'ei se ne andasse al suo padrone e lo pregasse di farlo istruire e battezzare. Vidi che lo schiavo nel giorno susseguente ciò fece, e vidi il suo padrone che di tutto cuore avea pregato per questa grazia, riuscir lietissimo perchè il suo disegno era venuto a buon porto. Vidi allora quello schiavo fatto cristiano, e la sua devozione verso la Madre di Dio divenire grandissima. Ad ogni di lei festa ei tesseva una corona, e quando non vi eran fiori, ne fabbricava da sè con carta colorata; di più ogni sabato accendeva una lampada dinanzi all'immagine di Maria, e divenne piissimo. La Madre di Dio non lasciò senza ricompensa anche la pietà di cotesta famiglia, giacchè la vidi in grave periglio durante la rivoluzione, ma poi felicemente navigare e pervenire in Sicilia. Prima mi fu mostrato cotesto quadro, e poi vidi quel signore esser costà divenuto molto dovizioso; possedeva case molto splendidamente mobigliate ed ornate; giardini e ville, una gran famiglia e tutto in abbondanza. Ei peraltro non era più tanto pio; erasi lasciato indurre in ogni sorta di cattivi intrighi; occupava un pubblico impiego ed era in relazione col pessimo partito dei ribelli; trovavasi in situazione tale che o dovea decisamente congiungersi ai rivoltosi, o incorrere il più grave periglio; non poteva tornare indietro. Alcunchè degli antichi costumi ed abitudini era pur rimasto in quella casa; la lampada veniva in ogni sabato accesa ad onore della Madre di Dio. Il buon servo peraltro erasi conservato molto migliore dei suoi padroni, e tesseva sempre le sue corone come prima. Fui più volte presso cotesta famiglia per esortare il marito alla conversione ed alla fuga. La prima volta, ed era nel giorno precedente all'Assunzione di Maria, venni di notte presso il letto di quei coniugi, e rammentai loro gli innocenti e pii giorni del passato, allorchè in occasione di questa medesima festa ottennero col mezzo della corona di fiori della Madre di Dio la conversione dell'infermo schiavo; e che ora ne era giunto il giorno anniversario; dimostrai loro come adesso moralmente si stessero in paragone di quel tempo; e poi esortai il marito a tessere una corona di tutte le sue cattive qualità e peccati, come altre volte l'avea fatta di fiori, e bruciarla poi in offerta alla Madre di Dio nel giorno della sua festa con cordiale pentimento, e poi colla maggior celerità possibile lasciar quel pacse. Lo presi pel braccio, lo destai, ed egli destò la moglie. Ambidue ne furon molto commossi.

Lo schiavo aveva acceso la lampada dinanzi all'immagine di Maria a cagione della festa. In seguito fui costà alcune altre volte ed ho sempre più eccitato quell ' uomo. La cosa riesce loro molto difficile: debbono lasciare casa e possessi ed ogni abbondanza di dovizie. Nella passata notte lo trovai in piedi; tutti erano pronti. Avevan raccolto molto oro, più assai di quel che abbisognava; abbandonarono tutto e sopra un gran vascello si recaron verso le Indie, perchè il marito aveva inteso dire che in una di quelle isole indiane la religione rifioriva di bel nuovo. Così quel buon servo ritornò nuovamente nella sua patria. Vidi in quel paese (la Sicilia) spaventevoli guai e miserie. Tutti stavansi alle vedette spiandosi l'un l'altro. Ho veduto anchela moglie di colui che si è salvato in Sardegna. È sì furibonda che potrebbe bagnarsi nel suo sangue. Fu ella principalmente la cagione che sospinse il marito ad impacciarsi in quella rivolta. Durante la sua fuga era così commosso ed esaltato che in ispirito si rivolgeva a tuttii santuarii. In Sardegna si confessò. Mi riesce invero meraviglioso che mi sia stato detto ch'ei verrà nel nostro paese e che forse lo vedrò.

14 ottobre. Ho veduto quella famiglia col servitore indiano giungere in quell'isola ove si era diretta. È stata ben ricevuta. »

2 settembre. « Ho veduto la festa di sant'Evodio in Siracusa, e vi vidi presente un uomo pio che invocò con gran fede il santo. Era nelle maggiori angustie a causa dei torbidi e volea lasciare il paese, ma avea molti figliuoli, e la moglie non volea consentirvi. Mi fu ordinato di dirgli che dovesse partire. Era sera quando venni nel cortile di casa sua, dove ei passeggiava avanti e indietro, immerso nelle cure e nelle inquietudini. Non mi dimandò già chi fossi io; parlammo insieme ed io gli dissi che dovea partire ed anche senza sua moglie se non volea seguirlo, giacchè lo seguirebbe poi dopo. Egli effettivamente così decise. »

13 ottobre. « Ho scontrato nella decorsa notte un vascello in mare che trovavasi senza timone e senza vele in mezzo alla tempesta. Era pieno di fuggitivi dalla Sicilia. La mia Guida mi porse una verga di ferro arrotondata in cima, con cui dovea sospinger quella nave, ma quella verga sempre scivolava. Desiderai di averne una acuta, ma mi disse ch'io dovea sospinger quel legno appunto così con istento e fatica, e che dovea far tutto in tal guisa. Le cose acute eran fatte per gli affari del mondo, e verrebbero anche troppo adoprate in Sicilia. Quella gente pervenne felicemente in terra ferma.

29. Un individuo rattenuto dal rubare.
« Fui in una piccola città, circa cento ore di viaggio di qui lontana. Vidi costà una chiesa con entro un'immagine di Maria, dinanzi a cui pendevano offerte votive di argento. Vidi tre garzoni operai che volevano di notte tempo derubare i voti offerti a quell'immagine. Uno di essi mi era cognito; era d'altronde un buon figliuolo. Io gli avea regalato anche una camicia prima che intraprendesse il suo viaggio, ma a cagion della fame e della miseria era caduto sì basso. Per gli altri poi non provava un sì vivo sentimento; forse che erano di fede diversa, ma non poteva pregar per loro con altrettanta intensità. Quei giovinastri pensavano: dobbiamo soffrir la fame: quell'immagine non abbisogna di nulla; e credevano che derubandola, non rubavano ad alcuno. I poveri genitori di quel garzone da me conosciuto, lo avevano al suo dipartirsi raccomandato a Maria e a Giuseppe, ed ora fu a me data missione di trattenerlo dal furto.Volevano entrar di notte coll'aiuto di una scala dalla finestra della chiesa. Quel mio giovine dovea starsene sopra un muro e guardar le spalle agli altri due. Non avea vera e perfetta avvertenza del male che faceva; la fame sospingevalo. Per buona ventura una donna abbandonata insieme a molti figliuoli dal proprio marito e carica di debiti stava orando dinanzi alla chiesa. Era in procinto di perdere per pignoramento e sequestro quanto ancor possedeva, e quindi avea ricorso alla Madre di Dio. La sua presenza bastò a spaventare quei disgraziati. Pregai pure per quella donna. Quei tre peraltro si proposero di maturar l'indomani il loro progetto. ( L'inferma esortò allora il Pellegrino ad unirsi seco a pregare per quel povero garzone). Nel susseguente giorno circa il meriggio vidi i tre compagni andarsene passeggiando per combinare i loro progetti. Quel garzone a me cognito non volea più saperne e disse che piuttosto avrebbe scavato patate e mangiato arrostendole quando si sentisse fame. Gli altri due lo minacciarono dicendogli che dovea andar con loro o morire. Disse che sì, ma li lasciò col deciso proponimento di non farlo. La chiesa è situata all'estremità di quella cittaduzza. »

Nella mia gioventù ho una volta trattenuto un giovinotto dal peccare spaventandolo. Più tardi sposò quella persona con cui trovavasi in procinto di peccare, e spesso ebbi occasione di ammonir tanto lui che sua moglie. Non erano in buone condizioni di fortuna, ed ei pensava di ricorrere al furto. Lo vidi più volte di notte appressarsi furtivamente con un sacco ad un forno col disegno di rubar pane. Ei non ne aveva bisogno; lo impedii sempre dal suo disegno, sia facendo rumore, sia andandogli a fronte. Ebbi la ventura di trattenerlo così più volte. Una volta lo vidi dinanzi a me furtivamente strisciarsi in casa di una sua conoscenza che aveva impastato del pane nella madia. Io mi sentiva come vincolata e ritenuta, nè poteva trattenerlo. Ei aveva già insaccato molto di quel pane lievitato, allorchè il padrone destato dall'abbaiar dei cani si accinse ad accendere i lumi. Se ciò fosse accaduto quell'uomo era perduto e la sua famiglia per sempre disonorata, giacchè per forza avrebbe dovuto esser visto dal padrone. Io non potea più impedirlo dal furto, ma pure voleva salvarlo perchè si emendasse. Riuscii ad aver forza sufficiente, onde chiudendo con forza la porta ne fu promossa una corrente d'aria tale, che al padrone più volte si spense il lume, ed il ladro potè salvarsi col sacco. Alcune settimane dopo venne da me il derubato e mi narrò come non avesse mai potuto agguantare il ladro. Peraltro ora pensava che quello sciagurato potrebbe emendarsi, e quindi aveva piacere di non averlo conosciuto, e cose simili; ei ragionò molto bene. Anche la moglie del ladro venne presso di me, e mentre mi rammentava come prima del suo matrimonio l'avessi trattenuta dal peccare, io le parlai del come presto per mezzo di piccole mancanze si venga a cadere in grossi peccati. Pianse dirottamente, e ben conosceva la cattiva azione di suo marito. Ambedue vi hanno riparato, e si sono emendati. Io agii in tal guisa per volontà di Dio. »

22 gennaio 1822. « Venni subitaneamente chiamata da possenti preghiere, e al di là del mare vidi in vicinanza delle rive un vecchio starsi in grande inquietudine ed immerso nell'orazione. Eravi molta neve in quel paese: i boschi eranvi di alberi resinosi a punte acute, ed anche di certe qualità con foglie guernite di spine pungenti. Quell'uomo portava una grossa pelliccia ed un rozzo berretto con pendaglio pure di pelle. Abitava in una vasta casa isolata, da cui dipendevano altre molte situate in vicinanza. Non vidi alcuna chiesa, ma bensì alcunchè di simile ad una scuola. Quell'uomo pareva essere di buonissima indole. Il figlio suo irritato avea lasciato la casa paterna e si era imbarcato; era molto dissoluto. Ebbi vista anche del vascello; conteneva grandi ricchezze in mercanzie e danaro. Il padre, che avea un presentimento del grave periglio in cui trova vasi quella nave a cagione della tempesta, trovavasi in grave inquietudine temendo che il figlio suo potesse nei suoi peccati perire insieme con quel legno. Incominciò a pregare fervorosamente ed inviò servi e fantesche con elemosine ed inviti all'orazione in tutte quelle case della vicinanza. Egli stesso andò in persona in una foresta, ove abitava un pio solitario in cui aveva molta fiducia, onde implorarne il soccorso delle sue orazioni. Vidi tutto ciò al di là del mare, e quindi vidi anche il vascello su quel tempestoso elemento, su cui trovavasi il figlio nel maggior pericolo. Lo vidi sbalzato qua e là dalla tempesta. Era un immenso vascello, grande quasi come una chiesa. Vidi gli uomini arrampicarsi e strisciarsi, e ne intesi le grida. Ve ne eran fra loro ben pochi di religiosi. Vidi quel figlio. Non era niente di buono. Era una vista di disperata desolazione.

Supplicai Iddio con tutte le forze e vidi da molti lati a di stanza anche altri che pregavano, e specialmente il vecchio solitario nella foresta. Pregai molto fervorosamente e tutto rappresentai al Signore con alta premura e ardita fiducia. Debbo essere stata audace davvero, perchè ne ebbi un rimprovero, ma non mi trattenni, nè tralasciai dall'orare. Pareva come se non dovessi essere esaudita, ma la necessità ch' io vedeva era appieno desolante e lacerava il cuore, e non cessai dal supplicare, e pregai e gridai sì a lungo finchè non vidi penetrare il vascello in un seno del mare, e giungere a terra in un punto che pareva quasi murato e difeso dalli scogli. Costà pareva posar sicuro. Il padre provò un senso di interna sicurezza e tranquillità, ed io pure concepii la speranza che il figlio si emenderebbe. Dipoi mi occupai a ringraziare Iddio. Circa i rapporti del figlio col padre, la di cui moglie più non viveva, riseppi una intera storia, che ho per altro dimenticata. »

16 luglio 1820. « Ho dovuto fare un lungo viaggio, e la mia Guida mi ha accompagnata. Fui in una città situata verso settentrione; costà abitavano in una solitaria casetta due persone povere e miserabili, che sembravano essere fittainoli, e pareva che fossero in procinto di essere scacciati dalla casa e dal podere, cadendo quindi nella più grave miseria. Non so per altro il perchè. Avevano in me gran fiducia, ed in seno alla loro spaventevole angoscia si eran di me ricordati, ed avean pensato che dovessi in pro loro implorare aiuto dal Signore. Non avevano presso di loro alcun figlio, e vidi che avean bensì figli già grandi, ma da loro lontani, e fra questi uno che era persona di buona condizione e viaggiava qua e là per affari, e intensamente pregava per i suoi genitori; e sembravami come se dietro di me, e nella mia vicinanza vi fosse una loro figlia, che mi sospingeva innanzi verso i suoi parenti. Il marito erasi emendato, ma era stato poco di buono nel passato. La moglie sembrava più attempata di lui. lo mi sentiva costretta ad andar verso di loro; mi attraeváno coll'orazione, e la mia Guida mi ordinò di seguirla colà. Aveva meco alcunchè, ma non so più che si fosse: forse una cosa reale ovvero allegorica. Durante il viaggio mi vidi sorgere in mezzo alla strada e dinanzi ai piedi un alto muro affatto ripido, per sopra il quale, secondo ogni apparenza, mi sarebbe stato impossibile il passare. Pensai per altro alle parole di Gesù circa la fede che può muovere e tramutare i monti, e quand' io, penetrata di cotesta verità, francamente mi avanzai, quel ripido monte si ammollì dinanzi ai miei piedi e si ridusse in piano. Passai anche in vicinanza del luogo ove una volta vidi un padre di famiglia per mezzo dell'orazione salvato dal pericolo della vita, mentre i più spaventevoli temporali si ammassavano. Passando per una montuosa contrada vidi santa Edvige (Breslau ) starsi sulla mia dritta, e su quella via vidi pure altri santi che avean rapporti con quelle vicinanze, le proteggevano, ovvero vi riposavano coi loro corpi. Quella coppia presso cui dovea recarmi abitava non molto lungi da una piccola città, in una povera casetta. Quando vi giunsi era notte. Il marito era sorto dal letto, credo a causa di qualche rumore. La moglie giaceva e piangeva. Non so nè che dovetti fare costà, nè che vi portai, ma furono consolati ed aiutati, ed il pericolo era passato allorchè mi misi in viaggio di ritorno. Fui condotta indietro per un'altra strada più rivolta a ponente, ed ebbi per via ancor molte cose da fare. Dovetti impedire un furto. »

2 marzo 1822. Era stata rubata una significante somma ad un povero protestante ricevitore delle gabelle. A causa di ciò ei trovavasi insieme alla sua famiglia privo d'impiego e di pane. Il Pellegrino lo raccomandò alle preghiere della inferma, che di buona voglia vi si accinse. Dopo che ebbe più volte pregato per quella famiglia ella disse: « È cosa singolare in questo caso non si guadagna molto coll'orazione. Veggo questi tepidi e rilassati protestanti in uno stato affatto curioso. Stanno come nell'ombra e nella nebbia affatto ottusi e ciechi, ed urtano e inciampano a caso in qua e in là. Stanno come in mezzo a una corrente impenetrabile, che soffiando porta loro via tutto di dosso. Non so se Dio vorrà dare aiuto in questo caso. »

16 ottobre 1820. « In una gran città con molti sobborghi, gran vapore, e neri mucchi di carbone, cve trovansi molti studenti e gente dotta, ed anche molte chiese cattoliche, vidi in una osteria un individuo che non volgeva nulla di buono nei suoi pensieri. Sedeva ad una tavola, ed un cane nero e veramente curioso gli saltava attorno e addosso, e sembravami che fosse il diavolo. Vidi che disegnava di ingannare la gente, e che per non pagar lo scotto montò su per la finestra e se la svignò frettolosamente. La gente dell'osteria lo aspettava alla porta, ma egli era già lungi. Lo vidi dopo entro un bosco per cui passava un viandante, uomo religioso e pio. Era un bosco di abeti. Egli assali quel viandante, e costui gli diè per salvar la vita un gruppo di danaro e fuggì via. Il ladro portava un coltello nascosto, e tentò di correr dietro al derubato e di ferirlo alle spalle. Ma la mia Guida ed io gli attraversammo sempre la via, e da qualunque lato egli andasse, gli stavamo sempre dinanzi. Quel danaro incominciò altronde a riuscirgli sì pesante, che quasi diveniva disperato. Gli tremavan le braccia e le gambe, ed incominciò ad urlare dietro al derubato: amico, amico, fermati! * ripiglia il tuo danaro. Allora potè avanzarsi: il viaggiatore aspettò il ladro accorse, gli rese il suo danaro e confessò il tutto, che l'avrebbe voluto assassinare, e come due bianche figure lo avevano tanto spaventato ed affannato. Disse che non voleva mai più far cosa simile, che era uno studente, che aveva molti compagni di latrocinio, e che li voleva tutti esortare al bene. Quindi se ne andò in compagnia di quel viandante, che gli promise di prendersi cura di lui. »


30. Aiuto nel regno di Siam.


12 novembre 1820. «Venni in un vasto e selvaggio luogo, e vidi un uomo ed una donna pieni di miseria e di spavento starsi genuflessi implorando e sclamando verso il Signore. Mi accostai a loro, ed essi mi domandarono che mai dovesser fare, giacchè al certo io mi era quella persona che in forza del loro molto supplicare per aiuto era stata loro promessa in sogno siccome sorgente di consolazione. Non rammento più se avessi anticipatamente veduta in quadro la cagione del miserabile stato di quella gente, ovvero se essi medesimi me la narrassero. Erano stati ambidue a motivo di grave delitto esposti in quel deserto. Avrebber dovuto esser mutilati, ma per compassione li aveano lasciati correr via così com'erano. Coi loro lunghi patimenti e miserie avean fatto penitenza; e siccome nulla sapevan di Dio, così con fervente preghiera in quella solitudine aveano implorata istruzione e lume, e l'angelo Custode aveva loro in sogno annunziato che Iddio avrebbe inviato verso di loro alcuno, e che doveano fare quanto egli loro direbbe. Vivevano in una caverna, e siccome ogni anno passava per costà gran truppa di cacciatori, essi ascondevano l'ingresso della spelonca con rami e frasche, e vi ponevano dinanzi un cadavere di bestia selvaggia. Quando i cacciatori ne sentivano il puzzo, tosto secondo un antico costume abbandonavano quei contorni siccome impuri, e così quella coppia rimaneva celata.Quelle povere creature eran smarrite quasi affatto pel dolore e la mancanza d'ogni cosa. Diedi loro ogni sorta di consolazione e di consiglio come Iddio me lo ispirò a loro conforto, e prima d' ogni altro dissi che siccome vivevano insieme in peccaminoso commercio, il che era abbominevole al cospetto di Dio, dove vano l'un dall'altro completamente astenersi, finchè istruiti nella fede cristiana venissero secondo le prescrizioni della Chiesa l'uno all'altro congiunti. Ciò riusciva difficile a comprendersi a quella povera coppia, e parve esser loro molto gravoso, talmente erano inselvatichiti al par delle belve. Li avvisai pure sul modo con cui dovean recarsi nel luogo, dove in quelle contrade io veggo il Cristianesimo in sì gran progresso, e dove ho inviato molti individui dalla Sicilia, e che costà verrebbero istruiti. Non mi rammento più oltre di cotesto quadro. »

«Fui anche in quell'isola ove i cristiani sono stati sì ben ricevuti dagli abitanti pagani. Vi ho veduto edificate molte nuove abitazioni. Quel gentiluomo francese emigrato da Palermo colla sua famiglia, era costà e ?i era fabbricato una casa, e l'avea disposta per albergarvi gli ecclesiastici. Sciaguratamente vi eran pochi missionari cattolici, e la più parte eran di altra credenza. »

« In cotesto viaggio venni sul mare presso un vascello che trovavasi in grandi angustie. Non poteva muoversi dal punto in cui era e trovavasi in gran pericolo di affondare. Vidi anche intorno ad esso molti cattivi spiriti.

Eravi sopra un' intera famiglia siciliana, incominciando dall'avo sino ai nipoti, nè potevano progredir oltre nel viaggio, perchè nel tumulto della rivoluzione si erano appropriati grandi ricchezze ecclesiastiche, con cui si proponevano di edificare grandi abitazioni colà dove eran diretti. Io doveva dir loro che decisamente affonderebbero se non si spogliavano di quei beni male acquistati e non li rendevano. Essi peraltro non sapevano come farlo ed in che modo onde non essere scoperti. Finalmente consigliai loro di gettare il tutto sulle rive di una contrada ponendovi l'indirizzo dei legittimi possessori, giacchè là potevan gli oggetti esser trovati da altre navi e riportati a chi di ragione. Sapeva pure che Dio avrebbe cura che ciò seguisse. Dopochè ebber deciso di farlo, poteron continuare il viaggio senza ostacolo. »

31. Lavori in convento.

13 agosto 1820.
Dovei recarmi presso un ecclesiastico di alta condizione, che lasciava dormire molti affari di grave premura, dal che ne derivava molto danno. Mi fu mostrato tutto il suo ente morale, e come egli avesse buon intelletto ed una umiltà visibilmente esagerata, ma fosse indolente e tutto lasciasse dormire. Vidi come per un affare di un convento avesse ricevuto lettere della superiora, ma le avesse deposte sotto altre carte ed interamente obliate, talmentechè ne nacque grave disordine. Vidi pure che pensav. Coppo alla leggiera circa l'attuale posizione della Chiesa. Non poteva credere che io dovessi ammonire ed esortare uomo sì ragguardevole e tanto umile, e come mi trastai contro quel quadro come se fosse un sogno,rimasi affatto incredula. Allora ad un tratto mi stette dinanzi S. Tommaso e mi parlò contro l'incredulità, e vidi di lui molti quadri, e come anco per lo innanzi fosse stato incredulo, e come la sua incredulità circa i racconti che udiva delle opere meravigliose di Gesù lo avesse appunto a Gesù condotto, e lo avesse alfin per mezzo della convinzione fatto suo discepolo. Vidi in cotesta occasione molto circa la sua vita. Fui quindi portata presso quel sacerdote per cui dovea pregare.Giaceva in letto in una vasta stanza leggendo al lume di una candela ardente. Vidi che sentissi commosso, che ogni sorta di cose ritardate e neglette venne a cadergli sul cuore, e che si alzò e ricercò nel suo scrittoio quella lettera della superiora per molto tempo dimenticata, e che la lesse. »

« Ebbi pure un lavoro in pro di alcune future monache. Vidi più di trenta giovani damigelle in un convento, ove peraltro non aveano ancora abbracciato lo stato claustrale. Discutevano e ragionavano fra loro. Pareva che fossero di tre classi, vale a dire di due istituzioni ancora esistenti, cioè di quella della cura degli infermi e dell'altra della istruzione, istituti che doveano essere rinnovati, è di una terza istituzione affatto nuova, che si riferiva al lavoro manuale ed all'educazione. Mi fece pena che queste giovani tollerassero fra loro tanto sudiciume ed immondezza.Eravi fra esse anche una persona destinata a divenir superiora, e ve ne erano alcune che voleano semplicemente divenir sorelle laiche o converse, ma che peraltro mi sembrarono buone quanto le altre. La mia Guida mi disse: vedi, queste fanciulle vacillan tutte; sono decise ed indecise, e dicono: questa è la volontà di Dio, e quell'altra cosa è la volontà di Dio, e qual è la volontà di Dio, e se tale è la volontà di Dio, e cose simili. Intanto però sono piene delle lor proprie volontà, ed hanno da fare qua fuori con certi cavalli che tu devi domare. Allora mi condusse dinanzi a quella casa ove eravi tutta un'orda di cavalli furiosi ed indomiti. Cotesti cavalli eran le passioni delle persone abitanti in quel convento, ed anche di altre persone del mondo che volean impedire il consolidamento di quella casa religiosa. Da coteste passioni erano rilegate insieme in generale e poi più specialmente l'una coll'altra vincolate, e così avviluppate agivano internamente ed esteriormente a ritroso, e contrariamente alla prosperità di quel religioso stabilimento. Eranvi quasi altrettanti cavalli quanti erano gli individui in quella casa, e tutti infuriavano urtando contro le porte come se volesser prenderle d'assalto. Pensai entro di me: succede come nell'estate, allorchè i cavalli tormentati dalle mosche vogliono entrare nella stalla. Mi sembrava cosa affatto bizzarra il dovermi occupare di cotesti cavalli, poichè son così debole e mai mi sono di cavalli occupata, tranne quando da bambina al nascer del giorno dovea condurre il cavallo a mio padre.La mia Guida mi disse tu devi montare tutti cotesti cavalli, e domarli e vincerli con mezzi spirituali. Io pensava: e come mai potrà ciò succedere ? Ma ei mi disse: tu lo puoi e lo farai per mezzo soltanto della preghiera e della pazienza, e ciò col sopportare quanto ti sopravverrà, e tutto quello con cui dovrai contrastare, con pazienza e dolcezza. Tu devi sempre principiare. Hai detto così spesso che vorresti riprincipiare mille volte: ebbene, sin da questo momento principia di nuovo a soffrire e a sopportare; pensa sempre di non avere peranco nulla sofferto e nulla fatto, e con ciò domerai tutti i cavalli. Fintantochè non li avrai domati, nemmen coteste vergini saranno perfette. Con ciò reagisci anche su quanti ti circondano: sei la superiora spirituale delle anime di coteste nuove piante di un giardino spirituale, e devi per le vie spirituali averne cura, e farle crescere e purificare con mezzi spirituali. Dissi che il domare cotesti animali mi sembrava affatto impossibile, perchè alcuni di quei cavalli eran troppo pazzi e focosi. Ed allora mi rispose la mia Guida: coloro che sono rappresentati da cotesti cavalli, diverranno appunto le migliori e più solide colonne della Magion delle nozze. Son quelle che hanno i maggiori talenti, e diverranno solide e ferme, quando i loro cavalli saranno domati.

« Allora uscita fuori incominciai a scacciare i cavalli e li spinsi innanzi a me lontani dalla casa. Essi incominciarono a correre in varie direzioni, e vidi in un circolo attorno a me svariati quadri d'individui che con piena cognizione, o senza saperlo, lavoravano contro lo sviluppo e la prosperità di quella casa. Fra costoro ve n'erano di maliziosi, ma vi erano anche persone animate da buona, ma però mal intesa volontà, e mi riusciva penoso il vedere che queste ultime cagionavano danno assai maggiore dei maliziosi. Vidi fra costoro anche degli ecclesiastici che erano molto stimati. »

« Ebbi più tardi di nuovo a pregare pel ristabilimento di un monastero di donne che mi fu indicato da due beate monachine. Vidi quel monistero ed il prato su cui la biancheria delle monache veniva distesa e purificata. Eravi abbondanza di biancheria, ma nel maggior disordine. Alla estremità del giardino scorreva un rio perenne, fresco e chiaro, ma non ne usavano per lavare, e andavan piuttosto ad un torbido stagno perchè era più vicino. Le mie accompagnatrici mi dissero: vedi, quanto è difficile il porre riparo al disordine di quella biancheria, altrettanto lo è il riordinare la comunità del monastero; provati per vedere se tu fossi in istato di fario! Mi accinsi al lavoro e trovai quella biancheria nei più molteplici modi sì piena di antiche macchie e rovinata, che dovetti spaventosamente tormentarmene e darmi da fare. Non potei venirne a fine quella volta, e bene spesso dovrò trascinarmi fin laggiù per riprendere il lavoro. »


Orazione per la Grecia.

31 luglio 1821. « Nella notte trascorsa ho avuto un curioso lavoro. Mi stava in orazione supplicando per le miserie dei cristiani e di tanti innocenti individui in Turchia, ed ho dovuto per la notte intera combattere contro turchi aggressori. Aveva invocato in aiuto sant'Ignazio di Loiola, ed ei mi diè il suo bastone e m'insegnò come dovessi col medesimo schermire. Mi trovava al di sopra di una città situata piuttosto in alto verso occidente sopra un golfo di mare. Eranvi in quel golfo dinanzi alla città moltissimi vascelli e ne sorgeva come un bosco d'antenne. Molta gente fuggendo dalla città volea ricoverarsi su quei vascelli. Vidi un quadro in cui il santo martire Ignazio d'Antiochia era stato costà condotto in catene, per poi trasportarlo in Roma al martirio, ed ivi era stato visitato da altri vescovi. Vidi intorno a quella città accampati molti soldati turchi e come costoro quando in un punto quando nell'altro volessero, attraverso gli orti e le breccie dei muri, penetrar nell'interno. Tutto era nella maggior confusione, e neppure appariva la minima idea di ordine. Io poteva muovermi librata in aria come se volassi, ed effettivamente se mi sollevava alquanto, losto volava. Raccolsi la mia veste attorno ai piedi, e tenendo in mano il bastone d'Ignazio mi lanciai a volo contro i turchi assalitori. Parea che molte palle fischiassero a me intorno, ma io sempre le respingeva. Eran con me molte altre bianche figure, ma spesso rimanevano indietro, ed io soletta aleggiava in avanti, ed alcune volte temeva molto di restare sospesa a certe alte piante che avean foglie larghissime e lunghe, e neri frutti a forma di grappolo. Inoltre pensava spesso entro me stessa: è gran ventura che la mia gente non mi vegga volare così per aria, altrimenti molti direbbero al certo che sono una strega. Mentre io doveva così combattere or qua or là, vidi moltissime persone colle loro bagaglie fuggire dalla città ed affrettarsi verso i vascelli, che avevano gallerie, dalle quali si abbassavano certi piccoli ponti che venivano a toccare la riva. Tutti quei vascelli si riempirono di fuggitivi dalla città. Lavorai così per la notte intera; vidi anche i greci, ma mi sembrarono quasi più crudeli e devastatori dei turchi. Vidi anche in visione lontana verso settentrione e come sopra una pianura estesissima, molte schiere guerresche avanzarsi sopra i turchi, e sentii che quando sopravvenissero, la lotta diverrebbe ancora più dura e feroce. Vidi ciò trascorrere come un torrente, ed era cosa che mi riuscì odiosissima. I turchi quando scorrono qua e là per quelle contrade, non hanno punto apparenza di soldati; in quel paese non vi è alcuna foggia precisa di vestirsi: corrono mezzi nudi ed avvolti talora in luridi stracci. Lavori in pro della comunità di Gallneukirchen nell'alta Austria sedotta dai settarii.

23 novembre 1822. « Durante il mio viaggio notturno di quest'oggi, ho avuto sempre presso di me sant'Ottilia. Venne meco in Ratisbona e mi disse indicandomi una casa; costà abitava Erardo che mi rese la vista degli occhi e mi diede quella dell'anima, e ciò sembrami come se fosse successo ieri. Anche S. Valpurga venne a noi durante la via. Ebbi molto a disputare di bel nuovo in cotesta casa e mi affaticai moltissimo. Valpurga e specialmente Ottilia non vollero peraltro che disputassi più a lungo. Ottilia disse: dobbiamo partire: nell'Austria voglion sedurre e portar via una sposa, e tu devi svegliare ed eccitare i fratelli, altrimenti tutti i discendenti ne andran perduti. Non mi lasciò più pace dovei partire. Il nostro viaggio si diresse verso il meriggio. Venimmo in un paese montuoso sul territorio austriaco: vi sono costà belle vacche e ben macchiate, e bellissimi prati, ma in mezzo a quelli spesso sorgono grossi scogli, e qua e là vidi anche vaste superfici di acqua stagnante ricoperte di canne. Il paese è abitato da gente semplice, fra la quale vi sono ancora molti imbecilli di mente che si comportano come fanciulli. Il luogo in cui venni giace distante circa un paio d'ore di via da un gran fiume. Sorge costà un castello che ha intorno a sè varie case. La sposa abitava nel castello. Voleva lasciarsi rapire da un altro pretendente. Costui stava in agguato dinanzi al castello con servi ed un cocchio. Essa zitta zitta avea fatto il suo fardello ed era sul punto di uscire. Il vero e legittimo di lei sposo non era colà, ed apparivale troppo freddo e severo. Dovetti per impulso di Ottilia destare i fratelli della sposa che dormivano entro un edifizio situato allato del castello. Stentai in modo sorprendente affaticandomi con loro: li scossi per le spalle e gridai, ma essi dormivan profondamente. Finalmente posi loro sotto il naso una certa erba che aveva colta per via ed allora si destarono. Raccontai loro il tutto e dovettero meco venire davanti al castello, e quando venne fuori la sposa ce ne impadronimmo pian piano e con dolcezza, e la riconducemmo in casa. Il seduttore aspettò molto tempo, e quindi se ne ritornò a casa. Ei incominciò arrabbiato ad aggirarsi entro una bella sala che era stata ornata con ogni cura, con ogni possibile ricerca di vanità, con fiori falsi e specchi insieme aggiustati, e come se cotesti non bastassero, vi furono recati dentro altri specchi. Ei peraltro era pazzo affatto di collera ed avrebbe volentieri messo tutto in pezzi. Provai in cotesto lavoro grandissimo stento e fatica. Le vie erano tutte ingombre e come chiuse; spesso mi trovava in un laberinto di scogli, ovvero in mezzo ad un ammasso confuso di sassi, di alberi, e di travi (immagini dello stento e della difficoltà). Ebbi pure ogni sorta di spiegazioni intorno a ciò. Quella sposa è una comunità vicina ai confini, in cui un predicatore ha indotto all' eresia un gran numero di persone che trovavansi in procinto di uscir dal grembo della Chiesa. I fratelli sono due cappellani buonissimi, ma che dormono. Il vero sposo che abita ad una certa distanza, è il parroco, alquanto freddo e noncurante. La sala del seduttore simboleggia le millanterie già praticate e la vanagloria in aspettativa.

«Dopo cotesto lavoro sant'Ottilia si diresse verso levante, santa Valpurga verso occidente; esse avevano ancora altri affari. »

24 novembre. « Ebbi di bel nuovo molte fatiche e lavoro per quella comunità. Dovetti andarmene a cercare la benedizione di mio padre, e per giungere sino a lui dovei intraprendere un viaggio straordinariamente penoso per mille ostacoli. Lo trovai in un bel giardino e in una bella abitazione. Parlai pure seco dell'ostinata durezza del mio maggior fratello verso il minore; mi disse che conosceva anche da sè stesso cotesto male, ma che ei mi darebbe la sua benedizione. Me la diede effettivamente, e quindi me ne andai in altra contrada, in una chiesa spirituale. Erano costà santi vescovi dei primi tempi della Chiesa, e che avevano insegnato non lungi da quella comunità in pericolo. Vidi S. Massimo, S. Roberto, S. Vitale; ed anche i fratelli di santa Valpurga e sant'Erardo eran presenti, come pure pii parrochi defunti di quella contrada. Ottenni da loro un alto cero maraviglioso, benedetto ed ardente, e con grande stento dovetti per lunghe vie portarlo sino a quella comunità, col continuo pericolo che si spegnesse. Ve lo portai felicemente e lo collocai sul candelabro in mezzo a quel luogo, e tutto divenne chiaro al pari del giorno. Eravi costà una brutta, sudicia ed oscura lampada piena d'olio di pesce, e che sospesa giù nel profondo della terra, pendeva da una lunga stanga, ed intorno tutto era torbido ed oscuro; ardeva giù come in un forame del suolo. Dovetti a stento portar via cotesta lampada. Io non potea portarla con sicurezza sospesa a quella lunga stanga, giacchè la via era ingombra di travi, di sassi, e di cumuli di frantumi. Vi inciampai, macchiai la mia veste di quel grasso olio di pesce, mi ferii nel ginocchio, e mi sentii oppressa ed impaziente. Venni così querelandomi da mia madre: essa albergava in una bella casa, giaceva in un bel letto, ed ebbe compassione di me; mi querelai, ed essa mi disse che doveva togliere quella lampada dalla stanga, giacchè non avrei potuto così com'era maneggiarla, e che la dovea render più curva e sospenderla ad un trave nell' andito della casa. Trovai però che era fatta di ferro e e dissi che non si poteva piegare; ma allora mia madre me lo comando di bel nuovo, e potei tosto piegarla come piombo da finestre, e la sospesi ai travi nell'andito esterno della casa. Mia madre mi prese seco nel letto e e mi fasciò la ferita del piede.»

« Vidi allora che in quel tal luogo tutti si radunavano intorno all'ardente cero. I due cappellani lavoravano per bene. Ne venne da lungi un terzo molto zelante.Vidi anche il parroco: egli abitava ad un quarto d'ora di là ed era alquanto freddo e come di legno. Vidi presente uno dei santi convertitori di quella contrada: era Roberto. Con voce sottile e come di puro spirito, ei tenne un discorso di ammaestramento e diffuse la luce. Il nuovo cappellano era come affatto rapito e domandò al parroco se non trovava che ciò fosse magnifico. Quegli rispose che non udiva nemmeno una parola. Ma allora lo intesero anche i due cappellani, e gli fecero la stessa domanda e lo condussero più vicino. Allora intese alcun poco, e le cose andarono al quanto meglio. »

Viaggio verso un'isola del Giappone.

24 decembre 1822. « Nella notte decorsa feci un lungo viaggio, parte per mare parte per terra, verso un'isola che è sulla via del Giappone. Mi trovai per certo tempo in un vascello con gente cristiana e giudex, a quest'ultima parlai di Gesù, e vidi nascere in quegli animi una certa commozione. Era come quando qui stesso debbo parlare in visione con alcune persone, il che mi è accaduto anche recentemente. Li persuasi, e dopo alcuni giorni a me vennero e domandarono se dovessero fare in tale o in tal altra guisa, giacchè quel continuo pensiero non lasciava loro veruna tranquillità. Era successo ciò che io aveva loro predetto. Presso quell'isola in cui venni se ne veggono altre più grandi e più piccole. Cotesta isola si chiama Pahgäi (pronunziò le lettere una dopo l'altra). Le sp?nde ne sono scoscese e piene di scogli, ed ha esteriormente apparenza cupa e nera. Sembra che di rado vi approdino navi. Può avere circa dieci ore di circuito. Havvi una città, ed ho veduto che la gente vi adora una figura di leoneintorno alla quale si aggira. Non vi sono colà punti cristiani. Venni presso una vecchia donna inferma, che apparteneva a gente che abita in caverne situate intorno ad un alto monte, innanzi alle quali elevano abitazioni più leggiere o più grosse e spesse, secondo le stagioni dell'anno. Quella gente è bruna di colore e brutta, ma molto benevola. Quella donna giaceva sopra uno strato di bianchissimo musco: aveva sulle spalle una specie di villosa pelliccia, e sopra di sè una coperta. Sul principio parve che si spaventasse, ma dopo divenne affatto fiduciosa. Le ho molto raccontato di Gesù bambino, e detto che si doveva fabbricare un presepio. Avea inteso raccontare alcanché di oscuro intorno a ciddagli avi suoi. Era preparata a morire. Le domandai se avrebbe desiderato di risanare, ma essa opinava di doversene ritornare in patria, come diceva. Le dissi che doveva di cuore invocare Gesù bambino, e che così potrebbe benissimo ritornar sana. Lo fece di cuore e votò di fabbricare un presepio come meglio lo potesse. Essa aveva sempre avuto un ardente desiderio di conoscere la vera religione, e disse: durante tutta la mia vita ho sempre ardentemente desiderato di conoscere uomini bianchi che mi potessero ammaestrare, e spesso lavorando nei campi provava una sensazione come se fossero dietro dime, e mi guardava dattorno per cercarli. Si lagnd meco che il suo figlio e sua figlia erano in schiavitù; non avea più speranza alcuna di rivederli. Oh se almeno imparassero a conoscere la vera religione ! Se ritornasse il figlio,  e l'annunziasse e l'insegnasse al suo popolo ! Essa non avea altro atto religioso fuor quello di fare un'offerta di riso, e per farla piantava prima in terra una croce che per lo più portava seco..

Giaceva sopra tre croci di ferro che avea disposte nel musco del suo giaciglio. Costà le genti vanno come in processione nei loro campi, ed abbruciano una parte del loro riso a onore dell'altissimo Dio. Fanno il raccolto tre volte l'anno. Insegnai a quella donna come a casa nella mia fanciullezza avessi costrutto il mio presepio nei campi, come vi avessi dinanzi pregato, e come nei nostri giuochi noi trascegliessimo un fanciullo che faceva da sacerdote, recitava le preghiere, e tutto manteneva in buon ordine. Quelle genti sanno benissimo intrecciare ed intessere,e fanno belle ceste ed ogni sorta di figure con giunchi fini, con erbe e rami di salice. Quella donna aveva già fabbricato in questa guisa un corpo umano e lo aveva attaccato alla sua croce.

Le insegnai tutto ciò che doveva alla sua volta insegnare anche agli altri, e come dovessero fare. Ho pregato pure secolei, ed ho solo con istento ottenuto che provasse a sorgere dal letto. Pensava sempre di non poterlo fare, di essere inferma e di dover tornare a casa; cosi chiamava il morire. Ma dopochè più volte l' ebbi accertata che Gesù bambino non rifiuta mai una grazia quando gli si chiede di cuore, pregò e si alzò dal letto. Aveva sopra di sè una camicia lunga di cotone, ed un variopinto pannolino intorno al capo; cotesto pannolino pareva imbottito con musco. Intorno al collo portava una pelle d'animale. Quando fu in piedi, parve che più non mi vedesse; radunò i vicini e raccontò di esser guarita, e che un ente venuto da una stella, e non so più dire da qual mai stella o cielo, era stato presso di lei e le aveva parlato del neonato Salvatore di cui l' indomani correva la festa; che quell'ente o spirito le aveva detto di pregare, che Gesù bambino l'aveva di nuovo risanata, e che essa avea promesso di fabbricare un presepio e avea saputo tutto ciò che per farlo era necessario. Da tutto questo nacque gran gioia in quel buon popolo innocente. Credettero tutto, giacchè aveano grande amore e venerazione per quella donna. Ho saputo pure colà che una volta in tempi antichi eravi stato un viaggiatore cristiano, ed ho veduto come i pagani d'allora durante venti giorni dell'anno avessero adorato un bambino nel presepio, e che questo solo uso avessero ancor conservato sin dall'epoca della prima conversione dell'isola. »

25 dicembre. « Fui di nuovo presso cotesta donna sull'isola, e vidi con qual semplicità infantile e con qual leggiadria avesse accomodato il presepio. Il bambino era rappresentato da un piccolo fantoccio fasciato; le sembianze eran soltanto marcate con segni e non rilevate. Il fantoccino era nella parte inferiore benissimo tessuto. Giaceva in una bella cesta circondata di fino musco e di fiori, e deposta in mezzo a un giardinetto. Sopra vi era distesa una piccola tenda fatta della migliore stoffa che possedesse. Eravi accanto una Madre di Dio ricoperta di un vestito a molte piccole pieghe, e fatto di fina carta. Il bambino era molto grande in proporzione di lei. Eravi anche un S. Giuseppe, ed i tre re, ed i pastori, e tutti vestiti di carta.

Eranvi dattorno molti lumi, il che fra gli alberi produceva un grazioso effetto. Quei lumi ardevano in lunghe e vuote canne piantate in terra. Eranvi dentro olio e lucignolo, ed intorno alla canna un anello, per mezzo del quale faceasi montar l'olio. Intorno alla fiammella eranvi ornamenti di carta variopinta ed increspata, come pure per tutto erano sospese ed impiegate rose di carta, stelle, corone, e cose simili. Avean pure raccolto nella vicinanza una quantità di snelli animaletti che vanno uniti in greggie; non son già pecore o capre come le nostre », ma hanno lunghi peli e corrono rapidissimamente. Il tutto era meravigliosamente bello. Venne moltissima gente in processione ed anche fanciulli; questi portavano in mano accese facellé e si genuflessero presso il presepio, ed offrirono tutto ciò che volean poi distribuire ai poveri. Quella donna poi ammaestrava gli altri e narrava tutto ciò che le era accaduto, e quanto io le aveva raccontato circa la Natività di Gesù Cristo, la sua infanzia, la sua dottrina, la sua passione ed ascensione, e tutti eran colmi di gioia e di bramosia d'ottenere istruzione ed ammaestramento. Tutta quella gente venne con lunghe vesti e corone. Quella donna era vecchissima e non dimeno straordinariamente attiva e vivace. Mentre erano nel bel mezzo della festa, vidi ad un tratto comparire la SS. Vergine con Gesù bambino, ma essi non la videro. Era precisamente vestita come nel presepio di Betlemme, e così pure il bambino Gesù aveva la testa ricoperta di un pannolino con una punta che scendeva sopra la fronte.

Ho dipoi di bel nuovo parlato con quella donna, e risaputo che in un'altra isola non molto lontana,or sono due secoli, nel giorno della morte di S. Tommaso apostolo, venne dagli abitanti costruito un sepolcro, e che durante venti giorni (essi osservano ben spesso questo numero nelle loro solennità ) vi andarono in pellegrinaggio, e deposero eletto pane su quel sepolcro, e che l'apostolo era comparso ed avea benedetto quel pane, ed essi l'aveano fra loro ripartito ritenendolo per molto sacro. In seguito era poi accaduto alcanchè, per cui avean perduto cotesta grazia,e l'apostolo non era più comparso. Credevano che fosse rimasto offeso da alcuna cosa. Tale era la leggenda e l'opinione di cotesta gente. La vecchia l'aveva udita dagli avi suoi. Quando intesi come quella donna sì ardentemente bramasse che l'unico suo figlio che trovavasi sopra un vascello potesse pur portare alcun frutto di cristianesimo nella sua patria, mi fu dato tosto di vederlo in visione. Egli era più di semplice marinaro, anzi era già una specie di pilota sopra una nave, su cui era raccolto un miscuglio di gente. Già in altro luogo aveva sì vivacemente e premurosamente parlato della bramosia del suo popolo verso il Cristianesimo, che due uomini si eran decisi ad andarvi. Credo però che non sian sacerdoti, e ne faranno rapporto a Roma perchè forse desiderano di ottenere a quest'oggetto un sacerdote. »

Nell'altro lato sterile dell'isola abita una razza di gente più nera in colore e che è come di schiavi. Quel popolo cui appartiene la mia donna porta lunghe vesti, ed in parte piccoli cappelli a punta acuta, in parte cappelli assai larghi. Coltivano molto riso. Vi sono anche alberi con grosse noci, e scimmie che come creature umane si arrampicano e corrono su per ripidi scogli, e si gettano fra loro ogni sorta di cose. Quella donna abita a circa due ore di distanza dal mare. »

Conversione di un Rabbino in Mastricht.

Ai 26 febbraio 1821 il Pellegrino volle leggerle la notizia ricevuta per lettera della conversione di un Rabbino in Mastricht. Appena aveva incominciato che essa lo interruppe con le seguenti parole: « Cotesta storia mi è nota: l'ho veduta in diversi intervalli di tempo, deve esser ora circa un anno. Vidi una volta quel giudeo in viaggio in carrozza di posta. Eranvi in quella carrozza alcune pie persone che parlavano della Madre di Dio, e di una sua immagine miracolosa (credo che fosse quella dellaVergine del Buon Consiglio), che aveano una volta visitata, e dei miracoli che vi videro. Il giudeo disse: Madre di Dio ? Madre di Dio? Iddio non ha madre,- e scherzò deridendo cotesta credenza. Quelle pie persone si conturbarono e desideraron di cuore che altri compassionevoli cristiani si unissero a loro per pregare onde a quell'ebreo venisse da Maria toccato il cuore. Siccome sin dalla prima gioventù sento una gran compassione pei giudei, e dalla misericordia di Dio mi vengono mostrati in visioni molti soggetti d'orazione, così vidi anche questo ed orai. In seguito vidi più spesso cotesto ebreo, e come non potesse liberarsi da un pensiero fisso in Maria; e vidi spesso come Maria a lui si approssimasse e gli facesse vedere Gesù bambino, e come se gli dicesse: questi è il Messia. Non só dire se egli abbia realmente veduto tutto ciò, ovvero se mi siano stati mostrati soltanto i suoi interni pensieri, precisamente come soglio vedere tanto gli assalti quanto le consolazioni. Egli stesso ritenne cotesti pensieri per assalti o tentazioni, e vi lottò contro, e cercò di scontrarsi in processione col SS. Sacramento, per resistervi e disprezzarlo in cuor suo. Lo vidi in occasione di una processione, credo fosse quella del Corpus Domini, cadere involontariamente in ginocchio. Non so se egli provasse una commozione per lui inesplicabile, ovvero se vedesse quel ch'io vidi, cioè la Madre di Dio che gli mostrava in faccia Gesù bambino come uscente dal SS. Sacramento. Vidi che da quel momento divenne cristiano. Son certa che quando ne venga dimandato, dovrà dichiarare che un pensiero fisso in Maria spesso lo perseguitava. Non avea udito parlare di cotesta conversione, e quindi avea creduto che fosse soltanto un mio sogno. »

Prevenzione e frastornamento di un infanticidio.

Nella sera del 27 febbraio 1821 ella stavasi in orazione. Ad un tratto sclamò: « Oh vi sono arrivata a tempo ! È gran ventura ch' io sia stata colà ! Il bambino è salvato. Ho pregato che lo benedicesse, perchè allora non potrebbe più certo gettarlo in quello stagno. Una povera fanciulla che ha peccato voleva affogare il suo bambino. Ciò accadeva non molto lungi da qui. Ho recentemente pregato tanto pei bambini innocenti, onde non vengano a morire senza battesimo e senza benedizione, perchè appunto ora di poco è passato il tempo del martirio degli Innocenti, e si deve profittare del tempo che corre. Ho potuto adesso aiutare un bambino ed una madre, e potrò forse giungere a veder quel bambino un'altra volta. » Queste furono le di lei parole immediatamente pronunziate dopo quell'opera compita in visione. Nel mattino seguente ne diè più chiara spiegazione. «Ho veduto una dissoluta fanciulla delle vicinanze di Münster. Aveva partorito dietro una siepe, e si avviò verso uno stagno profondo, ove vegetavano piante aquatiche. Voleva gettare il suo bambino in quell'acqua.

Eravi presso di lei una cupa ed alta figura, che da sè diffondeva una specie di lume funesto: credo che fosse il maligno spirito. Essa teneva il bambino nel grembiale, mi accostai a lei e pregai, e vidi che quella tetra figura sparì. Essa prese il suo bambino, lo benedisse e lo baciò un'altra volta, ma dopo che lo ebbe baciato non ebbe più coraggio di affogarlo. S'assise e pianse disperatamente; non sapeva dove, nè come trovare aiuto. La consolai e le ispirai il pensiero di andarsene dal suo confessore. Mi sembra che appartenga al medio ceto. »

Aiuto prestato in morte ad una giansenista.

Nella notte passata fui chiamata da un'apparizione di mia madre ad intraprendere un viaggio. Mi mostrò da lungi un castello, ove io doveva recarmi per aiutare una dama moribonda. In questi casi mi trovo sempre imbarazzata, e non posso comprendere perchè mia madre si scontri meco e mi parli così per le corte e in modo sì serio. Ciò per altro è in regola, poichè essa è uno spirito ed io vivo ancora. Dovetti anche intraprendere una via assai penosa e difficile. Secondo la direzione mondiale, credo che il viaggio si dirigesse verso i Paesi Passi. Quando eravamo già vicini in modo da vedere il castello, scorgemmo due vie che sembravano condurvi: l'una comoda e piana, l'altra molto paduligna e deserta. La mia Guida mi disse allora di scegliere. Sul principio mi trovai molto indecisa, ed a causa della mia grande stanchezza mi sentiva grande inclinazione per la via migliore, ma a giovamento delle povere anime del purgatorio scelsi al fine la più difficile. Quando giunsi al castello, lo trovai antico e decaduto, e circondato di fosse. All'intorno eravi buon terreno e boschi di abeti. Non sapeva come farei a penetrarvi dentro. Ma allora mi apparve di nuovo mia madre e mi indicò una piccola apertura quasi come una finestra, per cui arrampicandomi dovetti entrare. Venni presso una vecchia dama d'alta condizione, che trovavasi in istato affatto misero. Era prossima a morte, piena di tumori e di fetore; era un oggetto di nausea. Giaceva abbandonata affatto in prossimità della porta. Le era stato assegnato per custodirla un vecchio servo di casa. Presso lei su certi piatti di porcellana, non già tondi ma piuttosto allungati, e non mi ricordo più se angolari, vedevansi molti piccoli pani imburrati, belli e rotondi. In casa niuno pensava a lei. In un'altra parte del castello abitavano dei giovani e sollazzavansi in un festino. Ricorreva, credo, un giorno onomastico. Quella povera vecchia signora non avea presso di sè alcun sacerdote. Questa famiglia non era più cattolica. Un ecclesiastico che quella vecchia dama avea presso di sè in passato,era divenuto giansenista ed essa pure per opera sua. Ho veduto pure alcunchè, ma non lo rammento più interamente,circa cotesti giansenisti, e come al principio mossi da una certa buona intenzione, ma poi pervertita e mal diretta, di pervenire a maggiore pietà, si sien separati dalla Chiesa, e in seguito sian divenuti affatto una specie di calvinisti. Vidi pure che tutta quella gente che in Baviera sembra aver principiato in modo sì pio, potrà benissimo nello stesso modo andare errata lungi dal vero. Per comando della mia Guida, onde sormontare e vincere me stessa, dovetti baciare quella povera nauseabonda vecchia tutta piena di tumori. Dopo che fui entrata in quella camera essa divenne tutt'altra; si raddrizzò sul letto,e si mostrò lieta, e mi ringraziò cordialmente di esser costà, mostrò anche desiderio di avere un sacerdote cattolico. Questi venne segretamente chiamato dal vecchio servo e fatto venire da un piccolo paese tre ore di là di stante. Egli venne col SS. Sacramento. Essa si confessò, ritornò in seno della Chiesa, e morì tranquilla ed in pace. »

Ai 20 d'agosto 1821, mentre parlava col confessore, ad un tratto si ritenne e si raccolse, » e con molto seria sembianza cadde in estasi. Rientrata in se narrò come segue:

« Sono stata chiamata in orazione dall'angelo mio custode perchè un uomo del medio ceto trovasi moribondo. » Secondo la testimonianza del suo confessore cotesti casi le accadevano spesso.

Morte commovente di un peccatore convertito in Münster.

2 settembre 1820. « Vidi morire un povero invalido molto timoroso di Dio e penitente. Vidi la SS. Vergine e Gesù Bambino stare al suo letto di morte. Vidi la storia di quell'uomo. Discendeva da genitori francesi di alta condizione,che alla sua nascita l'avevano offerto alla SS. Vergine; credo che i suoi genitori venissero decapitati. Lo vidi divenir soldato e disertare, e siccome provava sempre una certa segreta riverenza alla Ss. Vergine, lo vidi pur sempre da lei difeso in gravi perigli. Cadde però alla fine in società di ladri, anzi incorse in delitti di assassinio e di morte. Frattanto viveva nella dissolutezza, ma ogniqual volta passava dinanzi ad un'immagine di Maria, vergogna vasi e nell'animo provava un interno fremito. Finalmente fu condannato per la vita a restare in un oscuro carcere; ma anche da questo fu liberato dai suoi compagni. Lo vidi vagabondare ed a causa di un furto venir rinchiuso nel carcere di correzione della città. La venuta dei francesi lo liberò dal carcere e divenne soldato. Disertò di bel nuovo e prese servizio sott'altra bandiera. Fu ferito da un colpo nel braccio, e quindi visse in città col suo soldo d'invalido. Si ammoglia, andava ad assistere i malati nelle case e prestava altri servigi di simil genere. Fu tentato un'altra volta di rubare nell'Ueberwasser, ma allora gli apparve la SS. Vergine e gli disse che si emendasse, poichè era stato a lei donato sin dalla nascita. Allora rientrò in sè stesso, considerò la grande pazienza di Dio verso di lui, fece severa penitenza, si flagellò per intere notti, digiuno, e condusse una vita veramente santa. Nella trascorsa notte ho veduto cotest'uomo morire contento e beato, e la SS. Vergine apparirgli. Egli ha spesso cambiato il nome. »

28 novembre 1822. Era molto ammalata e narrò cosi: « Ho avuto molto lavoro nei Paesi Bassi: fui costà presso un curato vicino a morte ed in istato deplorabile. Non potevasi giungere sino a lui: era frammassone, e un denso circolo di quella gente stavagli intorno stretta come gli apelli di una catena, 9 la di cui chiave era un altro parroco che viveva con una persona in modo affatto scandaloso.

Costui era pure frammassone e di sì cattiva fama, che la gente non volea ricever da lui il Sacramento. Cotest'uomo doveva adesso preparare al gran passaggio il moribondo, che d'altronde conosceva la sua mala vita. Questo era un brutto affare. La catena era fortemente tesa e la tela ben ordita, e quei frammassoni facean mostra e si davan l'apparenza di una tal pietà, come se un santo venisse assistito da santi. A stento finalmente mi riuscì di penetrarvi, ed ottenni colla preghiera che vivesse sino al mattino seguente, quando peraltro formasse l'intenzione di confessarsi. Bisognava vuotar quel nido ed allontanar quella gente. Ebbi pure da fare col vescovo e nei suoi affari con Roma. Fui pure presso cinque Beghine che costà vivevano con troppi comodi e troppa indulgenza, e dovetti inviar loro un uomo pio che le destasse alquanto, e le adducesse ad emendarsi. »

29 novembre. « Quel parroco vive sempre e divien migliore: confessa tutto (esso era orribilmente ammalato). Ne proverrà un gran risultato. Anche l'altro confesserà i falli e verrà ritirato dalla cura, e la donna sedotta coi suoi bambini riceverà mezzi di sussistenza. »

I di lei patimenti per quei due infelici proseguirono ancora molte notti. Una volta dovette spaventosamente sudare; le furono portati in visione due grembiuli di pelle, che dovea inzuppare tutti nel proprio sudore se volea ottenere miglioramento nello stato del moribondo.

Furto con effrazione in una chiesa.

Ottobre 1820. « Durante la notte in mezzo a continui dolori e spaventevole angoscia ho veduto come questa nostra chiesa venisse derubata. Non avea alcun da chiamare e che potessi inviarvi. Il caso avvenne fra un'ora e le tre dopo la mezzanotte. Erano cinque o sei uomini; tre erano penetrati in chiesa, gli altri spiavano al di fuori dagli angoli. La guardia di vigilanza notturna si avanzò per duevolte verso di loro, ma essi si nascosero. Due ne vidi passare dinanzi alla mia abitazione. Mi sembra che ve ne fosse uno nascosto in chiesa, che aprì agli altri. Li ho veduti per due ore e mezzo occupati a sfondare ed a rubare. Sulla via che passa dietro il coro stava in agguato una donna, ed un'altra in prossimità della casa del medico. Vidi pure un fanciullo di otto anni stare in agguato presso la posta. Una volta dovettero fermarsi, perchè passava gente del cimitero. Avean' pure il disegno di sfondare presso un canonico. Stettero molto aspettando in agguato. Son quelli stessi che hanno sfondato presso il decano. Credo che uno di essi abbia sua madre qui nel paese. Quando versarono le ostie sulla tovaglia dell'altare, uno di essi disse: voglio deporre nostro Signore sopra un letto. Ebbero pure da fare dietro l'altar maggiore. Cotesto quadro era spaventevole. Presso ognuno di loro vidi un diavolo. Cotesti diavoli li aiutavano, ma pure si tenevano lontani ed in circolo intorno all'altare. Vidi i diavoli correr dall' uno all'altro. Sembra che un diavolo non sappia i i pensieri dell'altro.

Talvolta uno di essi si abbassava dall'alto e susurrava alcunchè nell'orecchio ad uno di quei birbanti. Vidi angeli stare al disopra del corpo del Signore. Quando divelsero l'argento dalla gran croce, vidi subitaneamente un quadro di Gesù sotto le apparenze di un giovanetto che essi battevano, urtavano, e calpestavano. Era cosa orribile: facevano tutto con molta audacia.ed indifferenza. Sono tutti senza alcuna religione. Sclamai a Gesù che facesse un miracolo: ebbi in risposta che non era il tempo. Mi trovava nella più grande angoscia e confusione. »

30 decembre 1821. Sulla sera, trovandosi in estasi, pronunziò sorridendo con sè stessa la seguente canzoncina da fanciulli:

Colaggiuso in riva al Reno,
V'è un baril di vino pieno.
Tappo o cerchio non ce n'è;
Indovina che cos'è ?

Il Pellegrino pensava che fosse una scherzosa reminiscenza dei giorni della gioventù. Quando rientrò in sè le dimandò la spiegazione di quell'enimma. Sul principio non si potè rammentare più di ciò che avea detto, ma poi riflettendovi lo rammento, e disse che era stata sulle rive del Reno, ove avea veduto certa povera gente in gran pericolo, lasciare una botte di vino sulla sponda e quindi fuggire per non essere agguantata dai doganieri. « Dovetti accorrervi e pregare onde quella povera gente non venisse presa.Vidi pure tutte le noie e i tormenti cui quei poveri disgraziati sarebbero stati sottoposti quando fossero stati arrestati. Io mi stava sulle sponde del Reno presso quella botte ed a causa della tempesta provai un freddo spaventoso. Era una grossa botte ed io pensai: ora è perduta ! Oh se mio padre l'avesse almeno nella sua cantina ! Allora mi venne in mente quell'indovinello da bambini, ed in mezzo a quel mio gelare lo ripetei entro me stessa. »