CAPO XI. COMMERCIO COLLE POVERE ANIME DEL PURGATORIO. GLI ANGELI. OCCHIATA NELLE ABITAZIONI DELLA GERUSALEMME CELESTE.

1. Sin in qui più volte si è precedentemente discorso della profonda compassione verso le povere anime del purgatorio, che incessantemente induceva Anna Caterina all'orazione, e potentemente la sforzava ad ogni sorta d'offerte e di opere di carità in pro loro; ora per altro debbonsi qui riportare anche le sue larghissime visioni circa i diversi stati di patimento dei defunti ed alcune delle di lei opere di benefico soccorso in loro pro, onde il lettore possa ottenere un quadro per quanto è possibile completo della di lei smisurata attività. Allorchè il Pellegrino passò presso di lei per la prima volta la festa d'Ognissanti ed il giorno dei morti, ed essa lo vide partecipare a quella universale indifferenza verso i defunti che facilmente tranquilla sè stessa col rappresentarsi che quei poveri morti non hanno più bisogno del nostro aiuto, o non ne abbisognano almeno in quel sì alto grado, come pur troppo è il caso reale; ella sclamò più volte gemendo:
« È veramente doloroso come al dì d'oggi sì poco vengano aiutate le povere anime. Eppure la loro miseria è sì grande, e da sè medesime non possono aiutarsi ! Quando per altro alcuno prega per loro, soffre per loro alcuna cosa, per amor loro fa un'elemosina, ciò tutto loro reca tosto sollievo. Ed allora son sì liete e felici come un assetato cui venga porta una fresca bevanda. »
E quando si fu accorta che le di lei parole produce vano impressione nel Pellegrino, lo istrul pure circa tutta la forza di consolazione e di aiuto che è riposta nelle opere meritorie offerte con pura intenzione a beneficio delle povere anime, come ad esempio, nell'esercizio di una severa abnegazione della propria volontà, nella mortificazione del l'amor proprio, nel soggiogare diverse inclinazioni e affetti, negli atti di pazienza, di dolcezza, di profonda umiltà, di perdono cordiale, di sincera benevolenza e simili. '
« Oh, suoleva essa dire, le povere anime hanno tanto da patire per la negligenza, per la comoda pietà, per la mancanza di zelo verso Iddio e per la salute dei prossimi ! Ed in qual altro modo possono esse venir aiutate, se non se col mezzo di una carità che per loro espii e soddisfaccia, che offra in pro loro quegli stessi atti di virtù che esse hanno più specialmente in vita trascurati ! I santi nel cielo non possono più espiare e soddisfare in pro loro; e ciò quelle povere anime possono aspettarlo soltanto dai figli della Chiesa militante. E con quanta mai bramosìa lo sospirano ! Sanno che niun buon pensiero, niun serio desìo che un vivente forma a loro riguardo, resta mai senza benefico effetto. Eppure quanto mai pochi si curano di loro ! Un sacerdote che reciti il suo Breviario con devoto raccoglimento nell'intenzione di soddisfare con ciò alle mancanze, per le quali quelle povere anime debbono ancora espiare, può arrecar loro indicibil conforto. Anzi la forza della benedizione sacerdotale penetra sino nel purgatorio e ristora le anime siccome rugiada celeste, quando cotesta benedizione vien loro inviata con viva fede. Chiunque potesse vedere tutto ciò com'io lo vedo, per certo tenterebbe ogni via di aiutare secondo le sue forze.
Sopratutto compassionava quei defunti che vengono oltre ogni dovuta misura lodati dai viventi, ed esaltati sino al cielo per qualità e vantaggi naturali; e compassionava pur quelli, circa i quali i sopravviventi non possono, per troppo molle ed esagerato amore, sopportare nemmeno il pensiero che si trovino ancora in stato di pena e di purificazione, giacchè tali anime ella vedeva siccome le più abbandonate.
« Veggo sempre, diceva spesso, la smisurata lode divenire un danno essenziale, e quasi un furto fatto ed una umiliazione arrecata a coloro, in pro dei quali cotesta lode viene male spesa. »
Una volta mentre Anna Caterina si impegnò col Pellegrino, profondamente commosso da simili ammonimenti, in un discorso alquanto più lungo circa le relazioni dei sopravviventi coi defunti, ei raccolse in seguito le di lei più notabili manifestazioni nella forma seguente: « Tutto ciò che l'uomo, pensa, parla, e fa, ha in sè alcunchè di vivente che opera effettivamente o in bene o in male. Colui che ha fatto il male deve affrettarsi ad estinguere il suo debito col pentimento e la confessione nel Sacramento della Penitenza; senza di che non potrà che difficilmente e forse più affatto impedire le conseguenze del male in tutto il loro sviluppo. Io ho sentito tutto ciò corporalmente e materialmente nel caso di molte malattie e patimenti di diversi individui, e nel caso di maledizioni che pesano su diversi luoghi; e mi fu sempre dimostrato che le colpe non espiate e non perdonate producono effetti incalcolabili di disastro successivo. Ho veduto il castigo di alcuni peccati estendersi sino ai più tardi posteri, siccome cosa naturalmente necessaria, e precisamente come l'effetto della maledizione che posa sopra beni mal posseduti, o l'involontario ribrezzo o paura che nasce da luoghi ove successero gravi delitti. Veggo ciò essere altrettanto naturale e necessario, come lo è che la benedizione porti benefici frutti, e che ciò che è santo santifichi. Dacchè ho principiato a pensare ho avuto sempre un vivace senso delle cose benedette e non benedette, di ciò che è santo e di ciò che non lo è. Ciò che è santo mi attrae potente mente ed irresistibilmente lo seguo; ciò che è impuro mi respinge, m'inquieta, mi fa fremere, ed anzi debbo con fede e con l'orazione lottarvi contro. Più specialmente chiara e vivace mi riuscì sempre cotesta sensazione presso le ossa umane, anzi al contatto della minima particella della polvere di un corpo che una volta rivestiva un'anima. A cagione della forza e della potenza di cotesta sensazione in me stessa, ho dovuto sempre credere esservi certa relazione fra tutte le anime e i lor corpi; giacchè presso le ossa delle tombe dei cimiteri, io sentiva e vedeva affatto distin mente i varii stati delle anime ed i loro effetti. Presso al cune ossa io provava la sensazione della luce, di trascorrente benedizione, e di salvezza; presso di altre sentiva diversi gradi di povertà e di bisogno, e sentivami pure sollecitata ad aiutare col mezzo delle orazioni, dei digiuni, e delle elemosine. Presso alcune tombe mi sentiva pure un certo senso di terrore e di spavento. Allorchè durante la notte dovea pregare in un cimitero, io riceveva da quelle tombe un senso di oscurità più profonda della notte medesima. Sembravami più cupa dello stesso nero; era come quando praticasi un foro in un nero panno, che sembra allora più scuro. Più di una volta vidi da simili sepolcri montare come un nero vapore che mi fece fremere. Mi è anche seguito che quando mi animava il vivo desio di aiutare, mi sospingessi per entro a quella oscurità, ed al tempo stesso mi sentissi respingere indietro come per rifiuto dell'offerto soccorso. La vivace convinzione della santissima giustizia di Dio mi serviva allora siccome d'angelo tutelare che mi radduceva salva indietro dagli spaventi di un tale sepolcro. Sopra altre tombe vedeva un'ombra grigia a guisa di colonna, talora più chiara, talora più scura; sopra altre una colonna di luce, un raggio più intenso o più debole; sopra molte però non vedeva apparire cosa alcuna, caso che più d'ogni altro profondamente mi turbava.
Ottenni l'interno convincimento che quei più chiari o più scuri raggi scaturenti dalle fosse sepolcrali, erano manifestazioni delle povere anime circa il grado dei loro bisogni, e che quelle anime che non poteano dare alcun segno erano le più arretrate e prive d'aiuto nel purgatorio, e che niuno a loro pensava, e che erano prive d'ogni capacità di agire, e poste in più remoti rapporti col corpo della Chiesa. Quand'io mi giaceva orando su simili tombe, spesso sentiva una penosa e fioca voce uscita dal profondo, che mi diceva sospirando: Aiuta a liberarmi ! ed io provava in me stessa l'angoscia che prova una povera creatura affatto priva d'ogni aiuto. Ho pregato sempre pei privi di ogni aiuto e pei dimenticati con maggior zelo e perseveranza che per gli altri, ed anche più spesso sopra cotesti vuoti e muti sepolcri ho veduto alzarsi colonne di grigi vapori, e sotto l'influenza della continuata preghiera divenire sempre più lucidi e chiari. Le tombe di coloro sulle quali io veggo colonne d'ombra più chiara o più scura, mi vennero indicate come tombe di quei defunti, le di cui povere anime non sono nè affatto dimenticate, nè intera mente ritenute e legate dalle pene espiatorie, ma che se condo il grado della purificazione, ovvero per l'aiuto e le preci di amici viventi, trovansi in una più o meno consolante relazione colla Chiesa militante. Hanno pure la grazia di poter dar segno di loro alla comunità dei fedeli, sono in aumento progressivo verso la luce e la beatitudine, implorano il nostro aiuto, perchè non possono da per sè stesse aiutarsi, e ciò che noi facciamo per loro, l'offrono pure al nostro Signor Gesù Cristo per noi. Mi appariscono sempre come poveri prigionieri, che pure per mezzo di un grido, di una umile preghiera, di una mano stesa fuori dal carcere, possono invocare la compassione dei loro con fratelli umani. Quand'io vedeva così un cimitero, e coteste varie apparizioni mi si appresentavano all'anima nei loro diversi gradi di luce e di oscurità, il tutto mi appariva siccome un giardino che non è interamente coltivato con ugual cura, ovvero che in parte è affatto devastato; e quindi, quando con ogni lena pregava e lavorava ed anche eccitava gli altri a ciò fare, sembravami come se le piante rialzassero la loro cima, come se refrigerassimo ed allattassimo la terra, e ne uscisse alla luce alcun seme nascoso, e rugiada e benefica pioggia discendessero su quel giardino. Ah se tutte le creature umane vedessero ciò come io lo veggo, sicuramente lavorerebbero in quel giardino con maggior diligenza di quel ch'io nol faccia ! Quando nei cimiteri partecipo a simili apparizioni, mi trovo precisamente in grado di convincermi della cristiana diligenza e carità di una comunità di fedeli, come dallo stato dei campi e degli orti che circondano un luogo qualsiasi può con chiudersi circa la diligenza e la temporale industria e l'attività degli abitanti. Iddio mi ha spesso durante la vita accordato la grazia di vedere con gli stessi occhi miei e con infinita gioia molte e molte anime uscir dal purgato rio e montare in cielo. Siccome però niun lavoro, niun aiuto agli altrui bisogni può aver mai luogo senza stenti, lotte, ed opposizioni; così, e come tenera e sana bambina, e come forte fanciulla, spesso sono stata disturbata, spaventata, e maltrattata in modo indegno nelle mie orazioni presse le tombe e nei cimiteri da spiriti maledetti, ed anche dallo stesso maligno nemico. Fragori spaventosi ed orrende apparizioni mi circondavano. Spesso mi sentiva rovesciata su quelle tombe, spesso veniva qua e là trascinata; anzi talvolta la prepotenza del nemico volea scacciarmi fuora del cimitero. Ho avuto per altro da Dio la grazia di mai spaventarmi, e di non cedere al nemico nemmeno di un atomo, e allorchè veniva disturbata, sempre raddoppiava la intensità della mia orazione. Oh quante mai grazie ho riscosse da quelle care e povere anime ! Ah se tutte le creature umane volessero pure meco dividere cotesta gioia ! Qual strabocchevole abbondanza di grazie è mai sulla terra ! Ma noi le dimenticheremo e le disperderemo, mentre le povere anime tanto le sospirano ! Nei molteplici spazii da loro abitati, sottoposte a svariati tormenti, sono piene di angoscia e di ardenti brame; languiscono tanto e sospirano aiuto e liberazione ! E per quanto grande sia mai la loro miseria, pure lodano il nostro Signore e Salvatore. Tutto ciò che per loro facciamo fa nascere ineffabile gioia e contento. »
2. Festa d'Ognissanti e giorno dei morti, 1819.
« Ho fatto un gran viaggio insieme alla mia Guida. Non può esprimersi che sia siffatto viaggiare ed errare. Allora io non penso punto nè ch'io mi sia, nè come sia. Me ne vado tranquillamente con lei pei varii luoghi, ed osservo e son paga. Quando domando ricevo risposta; e quando non ne ottengo alcuna son pure contenta. Ce ne andammo per sopra la città che contiene le piazze dei martiri ( Roma), e per sopra il mare, attraverso devastati paesi sino là ove sorgeva la casa di Anna e di Maria; e costà venni sollevata da terra. Vidi le innumerevoli squadre dei santi nella loro infinita moltiplicità e varietà, e ciò nondimeno, il tutto, sia nell'intimo dell'anima quanto nella sensazione che ne proveniva era pure il medesimo ed uno. Tutti quei beati vivevano e si muovevano in una vita di gioia, e tutti si compenetravano e si specchiavano l'uno nell'altro. Lo spazio tutto appariva siccome un'infinita cupola piena di troni, giardini, palagi, archi, serti di fiori, alberi, e tutte le parti erano collegate da vie e sentieri che brillavano come l'oro e le gemme. Su in alto nel centro regnava infinito splendore, sede della Divinità. I santi erano schierati a seconda delle loro relazioni e legami spirituali. Tutti i religiosi regolari stavano secondo il loro ordine insieme, ed in questo erano di bel nuovo ripartiti, e ordinati, ed innalzati o situati più in basso, a seconda delle loro lotte individuali. Tutti coloro che avevano insieme sofferto il martirio stavansi pur sempre insieme, onorati per altro e distinti secondo il grado del loro trionfo. Quegli stati sociali, poi, che sulla terra non aveano partecipato di veruna consacrazione ecclesiastica, erano ordinati a seconda delle loro interne tendenze e lotte spirituali.Il loro ordine consisteva nell'essere, a qualsiasi stato pure appartenessero, distribuiti e collocati a seconda degli sforzi fatti per santificarsi. Eran divisi in meravigliosa ordinanza per entro i giardini e le abitazioni. Quei giardini erano ineffabilmente graziosi e risplendenti. Vidi alberi ricchi di piccoli, gialli, e luminosi frutti. Tutti coloro che per somiglianza negli sforzi e lotte di santifica zione trovavansi riuniti in compagnia, portavano circa il capo a guisa d'insegna di un ordine soprannaturale un nimbo di ugual forma e di ugual luce; del resto poi venivano diversificati da alcune singole insegne di trionfo.
Portavano serti e corone, e rami in mano, ed erano un misto di tutte le condizioni umane e di tutte le contrade. Vidi pur anco un sacerdote a me noto, che mi disse: Le cose tue non sono per anco finite. Vidi pure grandi squadre di soldati in abbigliamenti romani, e molte genti a me note. Tutti cantavano insieme ed io con essi cantai un inno ben dolce. Guardai anche in giù sulla terra, e la vidi siccome una piccola macchia situata in mezzo alle acque, ed intorno a me tutto era infinito. Oh la vita è sì breve, è sì piccolo spazio di via, e si può davvero guadagnar cotanto, che io non oso lagnarmi ! Ben di buon grado voglio ricevere da Dio con allegrezza ogni patiimento ! »
2 novembre. « Venni colla mia Guida in luogo ove trovavansi le anime raccolte; 'era tetro luogo. Vi andai per entro ben lungi, ed intorno a me consolai quanto mai poteva. Vidi quelle anime in parte immerse nelle tenebre sino a mezzo, in parte sino al collo, in generale più o meno. Stavansi tutte l'una accanto all'altra, ma pure ciascuna come in un carcere separato. Alcune soffrivano la sete, altre pativano il freddo, altre il caldo, non potevano darsi aiuto alcuno da per sè stesse, e stavansi in infinito tormento e bramosìa. Ne vidi moltissime venir liberate; la loro gioia è inesprimibile. Mentre si sollevavano in alto in gran numero ed in una forma spirituale di apparenza puramente grigia, ricevevano durante il loro corto passaggio ad un luogo più alto e per breve tempo le vesti e le insegne della condizione in cui sulla terra aveano vissuto. Quel luogo poi in cui si riunivano, era un gran spazio posto al disopra del purgatorio e recinto da una siepe di spine. Costà vidi allora molti medici liberati. Vennero ricevuti da una specie di processione dei loro compagni di professione ed in su condotti. Vidi anche venir raccolti moltissimi soldati, e ciò mi rallegrò al sommo per quella povera gente massacrata. Vidi poche monache ed anche meno giudici; ma invece molte vergini, che ove l'occasione fosse stata propizia si sarebbero consacrate allo stato claustrale, e le vidi ricercate e raccolte da beate monache. Vidi pure alcuni antichi re ed anime di regie famiglie, più ecclesiastici, ed anche molti contadini. Fra tutte coteste anime ne vidi molte di mia conoscenza, e molte che, a seconda del loro vestiario, appartenevano a straniere contrade. Ogni stato sociale veniva condotto in su in diverse direzioni da anime di suoi pari, e durante cotesto salire in alto le anime così condotte perdevano di bel nuovo le loro insegne terrene, ed ottenevano in vece luminose e beate vestimenta. Riconobbi nel purgatorio non soltanto le mie conoscenze, ma altresì parenti dei miei amici, che non avea mai veduti. Fra le più abbandonate vidi quelle povere anime buone che non hanno alcuno che si rammenti di loro, e di questi così obbliosi se ne danno tanti fra questi nostri compagni nella fede, che non usano di pregare. Io prego sempre di più per povere anime abbandonate. Passai quindi ad un'altra visione. Mi trovai ad un tratto colà vestita come una fanciulletta contadina, e come suoleva andare nei primi tempi della mia vita. Portava una fascia dinanzi alla fronte ed una cuffia sul capo. La mia Guida mi addusse incontro ad una schiera che risplendente discendeva dal cielo. Erano tutte figure incoronate, al disopra delle quali libravasi nel l'aere il Salvatore con una candida croce dalla quale pendeva una piccola bandiera. Erano circa cento in numero, per la più parte vergini, e solo eravi un terzo di uomini. Tutti erano vestiti di luminose e regali vesti intrecciate e come tessute di molteplici colori di gloria, che radiando gli uni cogli altri s'incrociavano; perlocchè quell'apparizione ne diveniva meravigliosa. Portavano aperte corone a foggia di anelli, ed anche corone chiuse. Molti fra loro ve ne erano visibilmente segnati dalle stimate, che raggiavano di rossiccio splendore intorno alle ferite. Venni dalla mia Guida condotta appunto fra questi e me ne sentii fuor d'ogni modo intimidita, nè sapeva come mai io povera figlia di contadini potessi venire a starmi fra quei re. Vidi allora a me d'intorno tutti coloro che erano stati presenti alla mia vestizione in monistero, e specialmente quelle beate monache che al mio monastero avevano appartenuto. Vidi come alcuni che avea conosciuti in vita e coi quali avea avuto che fare, dal purgatorio verso di me guardassero. Riconobbi la vera e la falsa sollecitudine. Molti mi guardavano dolorosamente e di alcune cose si rammaricavano, quando dovetti di nuovo allontanarmi. Erano cittadini di questa piccola città.
3. Festa degli Angeli Custodi 1820.
« Vidi una chiesa terrena e colà dentro molte persone a me note. Al disopra della medesima vidi molte altre chiese nelle quali poteasi dentro vedere siccome può vedersi entro la interna distribuzione e i varii piani di una torre. Tutte coteste chiese erano piene di cori e di angeli, e ognuna in guisa differente. Nella massima altezza vidi la SS. Vergine dinanzi al trono della SS. Trinità, circondata dal più alto ordine degli spiriti celesti. Al disotto vedeva la chiesa; al disopra stendevansi cieli sovrapposti, pieni soltanto di angeli. Lassù regnava un ordine ed una attività indescrivi bile; sotto nella chiesa tutto era oltre ogni misura sonnacchioso e negligente; ciò sentivasi più specialmente perchè correva la festività degli angeli, e perchè gli angeli ogni parola che i sacerdoti pronunziavano con pigrizia e distra zione nel celebrare la santa Messa, la trasportavano su in alto a Dio con indicibil prestezza, e riparavano ad ogni mancanza e ad ogni difetto per l'onor di Dio. Vidi nella chiesa meravigliosa attività negli angeli custodi presso le creature umane. Vidi come certi spiriti di un'altra sorte da quegli angeli impauriti si rifuggissero, mentre essi agli uomini suggeriscono migliori pensieri e loro rappresentano quadri commoventi. Gli angeli custodi bramano cupidamente comandi da Dio; e la preghiera degli individui affidati alla loro cura li rende ancora più zelanti. Imperciocchè ho veduto che ogni creatura umana al suo nascere riceve due spiriti, l'uno buono, e l'altro cattivo. Il buono è di natura celeste, ma pure appartiene al più basso ordine; il cattivo non è ancora precipitato nell' inferno, ma già nei tormenti, ed è privo della visione di Dio. Veggo sempre in un certo circolo intorno alla terra nove corpi, o spazii, o sfere, come astri lontani, e queste sfere le veggo abitate da spiriti di diversa natura, e veggo da loro derivare strade da raggi formate, per le quali può seguirsi ogni linea sino ad ogni qualsiasi punto della terra; ed ho sempre ritenuto che per cotesto mezzo quelle sfere venivano colla terra colle gate. Al disopra di ogni terno di cotesti mondi di spiriti, veggo sempre un altro grande angelo seduto sopra un trono; l'uno tiene in mano uno scettro, l'altro una verga, il terzo una spada. Portano corone e lunghe vesti, e sul petto appariscono fregiati di molti ornamenti. In cotesti mondi abitano gli spiriti cattivi, che al nascere di ogni umana creatura a lei si associano per una interna corri spondenza, che allora veggo distintamente ed ammiro, ma che ora per altro non posso dilucidare. Cotesti spiriti non sono già trasparenti e graziosi come gli angeli; luccicano bensì, ma è uno splendore torbido e superficiale siccome un riflesso. Sono o pigri, stanchi, visionari, melanconici, ovvero focosi, collerici, bizzarri, irremovibili, ostinati, portati ad illudere ed a schernire, e così di seguito. Sembra che siano tutti passione e dati alle passioni. Sono colorati, ed ho in loro osservato quegli stessi colori che nelle pene e nelle lotte dello spirito veggo manifestarsi nelle creature umane, e che nella gloria dei martiri veggo purificati dal loro raggiare e circondarli splendendo. Sembra come se le passioni in loro scacciate dai dolori, divenissero poi il colore dominante del loro trionfo. Cotesti spiriti hanno sembianze pronunziate, decise, violenti e penetranti; sono straordinariamente insistenti ed insinuanti nell'anima umana, siccome gli insetti in certi profumi ed in certe piante. Risvegliano negli individui ogni sorta di cupidigie e di pensieri. Tutta la loro forma è coperta di irradia zioni e di attraenti vezzi ed avvenenze, come di punte sottili. Non adducono per loro stessi verun peccato, verun atto, ma separano l'individuo umano dagli influssi divini e in lui dischiudono il varco all' azione del mondo. Lo inebriano di sè stesso, lo vincolano, lo comprimono sulla terra in differenti guise, e quando ei loro cede passa tosto nelle tenebre, ed allora il demonio si approssima ed imprime in lui il suo suggello; ne deriva un fatto, un peccato, ne succede come una nascita. È avvenuta una separazione da ciò che è divino. Vidi specialmente come la mortificazione ed il digiuno molto affievoliscano l'influenza di cotesti spiriti, e come la vicinanza l'attività degli, angeli custodi fortifichi, e come specialmente il ricevimento dei santi Sacramenti a loro si opponga e contrasti. Vidi che certe in clinazioni e ripugnanze delle creature umane, certe cupidi gie ed involontarie abborrenze hanno correlazione e dipendono da cotesti influssi, e che più specialmente il nausea bondo abborrimento che provasi verso certi animali, e più quello che sentesi verso gli impuri vermi e gli insetti, attinge da coteste influenze una misteriosa significazione; che quegli insetti che in ispecial modo ci ripugnano, sono immagini e simbolo dei peccati e delle passioni, cui a causa della nostra correlazione con cotesti spiriti, siamo maggiormente inclinati. Ho pure saputo che dobbiamo sempre, nel provar quella nauseabonda abborrenza e disgusto dinanzi agli impuri insetti, rammentarci i nostri peccati e le cattive nostre qualità, delle quali cotesti insetti hanno l'immagine. Vidi in chiesa quei cotali spiriti tener dinanzi agli occhi della mente di varie persone ogni sorta di ornamenti e di bagattelle, e tentar di rivolgere l'animo loro verso ogni sorta di desiderii e cupidigie; e quindi vidi spesso l'angelo custode farsi largo in mezzo a loro e raddrizzare la mente e l'anima a quelle creature umane.
Non posso affatto esprimere l'infinita varietà e moltiplicità di simili quadri. Vidi che i grandi di questa terra hanno intorno a loro spiriti di questa sorta, ma di maggior potenza, e veggo anche per il contrario angioli di maggiore possanza contro di loro avanzarsi e combatterli. Mi fu concesso gettare un guardo sulla Svizzera, e vidi come costà il diavolo presso molti governi dei Cantoni agiti contro la Chiesa. Vidi anche angeli che promuovono e favoriscono la fecondità della terra, e diffondono alcunchè sui frutti e sugli alberi. Vidi pure angeli che stavano in guardia e difesa sopra alcune contrade e città, e ne vidi che abbandonavano quelle loro commesse. Non posso dire quanti innumerevoli spiriti io abbia veduti. Se avessero corpo oscurerebbero l'aria. Laddove cotesti spiriti hanno maggiore influenza sugli uomini, veggo sempre nebbia e notte. Veggo spesso che la creatura umana ottiene un altro angelo protettore quando abbisogna di qualche speciale e straordinario aiuto. In più occasioni io stesso ho avuto un'altra guida. ( Mentre Anna Caterina ciò raccontava, venne subitaneamente rapita in estasi, e dopo alcun tempo disse sospirando:) Oh come è lontano quel luogo da cui provengono questi collerici, ostinati, crudeli spiriti che qui discendono ! ( In sè stessa ritornata partecipò quanto se gue: ) Venni portata in su infinitamente in alto, e vidi da un di quei corpi planetarii che è il più lontano di tutti i nove, partirsi molti collerici, irosi, ostinati, inflessibili spiriti e discendere verso quella contrada, ove adesso si accosta il disordine e la guerra. Cotesti spiriti vengono ai grandi, e rendono fra lorò quasi impossibile il riavvicinamento e la riconciliazione degli animi. Ho per altro veduto la SS. Vergine implorare che un intero esercito di angeli venisse sulla terra inviato, e tosto lo vidi librarsi e scendere quaggiù; e contro quei duri inflessibili spiriti si è lanciato un grand'angelo radiante di ardore con fiammeggiante spada. Cotesti spiriti sono la cagione che rende quasi impossibile il ravvicinamento e la pacificazione degli animi dei grandi della terra fra loro.
« Vi sono ancora delle anime che non sono nè in purgatorio, nè nell'inferno, nè in cielo, ma che angosciosamente e piene di cure debbono errare sulla terra e sforzarsi di pervenire ad uno scopo, cui sono obbligate a raggiungere. Abitano in luoghi de?erti, nelle tombe, in edifizii decaduti, e nei luoghi ove hanno commesso male azioni o delitti. Sono spettri. »
Poche ore dopo disse essendo in estasi: « Oh chi lo potesse vedere ! Un grande angelo spirante fuoco si è spiccato dal trono di Dio ed è disceso sulla città di Palermo, ove regnava la sommossa, ed ha pronunziato parole di castigo con voce sì tremenda ed acuta che penetra il midollo e le ossa, ed io ho veduto sotto nella città uomini cadere uccisi. Più tardi in altra occasione raccontò: « Già da bambina e poi in età più matura ho spesso veduto che tre interi cori angelici, che erano più alto locati in cielo degli stessi arcangeli, eran caduti all'epoca della ribellione, ma che non tutti per altro precipitarono giù nell'inferno; vidi anzi che una parte di loro, che provò una specie di pentimento, rimase fuori delle regioni infernali.Cotesti sono gli spiriti che stanno nei pianeti e che vengono sulla terra a sedurre gli uomini. Nell'ultimo dei giorni dovranno comparire al giudizio e subir la condanna. Ho sempre veduto che i diavoli non possono mai uscire dall'inferno. Ho pure veduto che molti dannati non vanno subito all'inferno, ma che restano sulla terra in alcuni deserti luoghi di tormento.
« Gli uomini a misura che si sviluppano nel loro interno ottengono angeli custodi di un più alto ordine. Anche i re ed i principi hanno angeli custodi di ordine più alto. I quattro alati angeli Elohim, che sono i distributori delle grazie divine, chiamansi Raphiel, Etophiel, Salathiel e Emmanuel. Regna ben maggior ordine anche fra i cattivi spiriti e i diavoli, che non ne regna su questa terra. Laddove un angelo si allontana, tosto un diavolo occupa il suo posto ed agita le arti sue. Anche fra gli spiriti planetarii regna un grande ordine. Sono anch'essi spiriti caduti, ma non per anco propriamente diavoli; sono fra loro molto diversi e salgono e scendono su questa terra. In un di quei corpi planetarii sono eglino affatto torbidi e mesti; in altro collerici e violenti; in altro leggieri e dissipati; in altro sofistici e cauti. Agiscono su tutto ciò che vive in terra, e sulle creature umane sino dall'ora della loro nascita. Cotesti spiriti vivono in certe ordinanze e comunità. Veggo nei loro pianeti apparenze di vegetazione e di alberi. Tutto per altro è leggiero e di un'apparenza effimera come i funghi. Vi sono là dentro anche delle acque, alcune pure come cristallo, altre torbide e come avvelenate. Mi sembra pure come se ognuno di quei corpi planetarii abbia alcunchè di un metallo. Cotesti spiriti gustano frutti che hanno relazione colla lor propria essenza e natura. Alcuni di essi producono anche del bene, in quanto però l'uomo rivolge ed usa pel bene gli impulsi da loro ricevuti. Non tutti i corpi celesti sono abitati; alcuni sono soltanto giardini, recipienti destinati ad influssi, azioni, e frutti speciali. Veggo ancora fra essi certi luoghi, ove abitano anime che non sono di cristiani, ma che per altro hanno ben vissuto. Colà vivono mestamente ed hanno un presentimento che ciò verrà un giorno a cambiare. Non provano nè gioia, nè pena, e godono pure di certi frutti.
« La luna è piuttosta fredda e sassosa, piena di alti monti e di profonde grotte e burroni. Ha un influsso attraente e deprimente sulla terra. Vi sono in essa delle acque che molto s'innalzano e poi si abbassano; talora attraggono gran quantità di vapori dalla terra, ed allora apparisce come se grosse nuvole si ascondessero e fossero assorbite nelle cavità di quei monti; dipoi sembra come se il tutto si disciogliesse ricadendo in giù, ed allora la luna opprime con tal peso la terra, che gli uomini ne divengono melanconici. Veggo colassù molte forme simili a quelle delle creature umane, che rifuggono dalla luce e si ascondono nell'ombra; si ascondono quasi come se si vergognassero; hanno l'aria anche di avere una cattiva coscienza. Ciò veggo più specialmente nel centro della luna. Nei suoi più estremi limiti veggo però luoghi campestri, cespugli, e boschetti in cui abitano animali. Non veggo nella luna alcun servizio divino. Il suolo di quell'astro è giallo, ma per la più parte roccioso, e gli alberi ed i vegetabili sono tenui e meschini, come felci, funghi o sterili bulbi. La luna ha una maravi gliosa correlazione colla terra e la sua intera natura. Che le creature umane sì cupidamente la guardino, ciò avviene perchè si guarda sempre cupidamente verso di ciò, cui si appartiene. La luna attrae moltissimo da noi e poi su noi lo respinge e ce ne opprime. Spesso veggo dalla luna discendere grosse nubi come di veleno; si posano abitualmente sul mare. Veggo però tosto buoni spiriti ed angeli che le disperdono e le rendono innocue. Sulla terra poi vedo certe più basse contrade maledette a causa di peccati o delitti, ove e veleno, e nebbia, e oscurità discendono e si posano. Veggo anche sempre le più nobili razze degli uomini star collocate nei più benedetti e fertili paesi.
« Io veggo sempre quelle anime su nella luna nascondersi fra le ombre; sembrano starsi colà senza gioia e senza pena, come in luogo di punizione sino al dì del giudizio. La luce nella luna è smorta e di un bianco azzurrigno; diviene più chiara soltanto quando è più lontana da quell'astro.
« Le comete sono piene di veleno; sono come uccelli di passaggio; se non si frammettessero grandi tempeste ed altri influssi ed azioni degli spiriti, farebbero agevolmente gran danno alla terra. Vi abitano dentro spiriti d'ira e di sdegno. La coda risulta dalla loro azione come il fumo risulta dal fuoco.
«La via lattea è composta di molti piccoli rivi come cristallo. Sembra come se buoni spiriti vi si bagnassero dentro, come se vi si immergessero ripetutamente e ne spandessero ogni sorta di rugiada e di benedizione siccome un battesimo. Il sole percorre una via ellittica della forma di un ovo; è un astro benefico, animato da santi spiriti. Il sole nel suo interno non è ardente; la luce ed il calore nascono solo a lui dintorno. È candido e grazioso, e strisciato di bei colori.
« Molti corpi celesti sono bei luoghi ancora disabitati che sperano una futura popolazione. Molti sono giardini e vivai di singoli frutti. Tutto l'insieme dei corpi celesti può comprendersi soltanto quando s'immagini uno stato perfetto, una città, ovvero una grande e meravigliosa economia, ove nulla manchi. Niuno di cotesti corpi ha la dignità e l'intima forza della terra; gli altri pianeti raccolgono in loro stessi in maggior copia alcune singole proprietà, la terra racchiude il tutto. Il peccato di Eva ci ha fatti cadere, ma ora possiamo pur diventare vincitori. »
Tutte queste cose ella disse siccome un'innocente bambina che a caso descrive il suo giardino. « Quand'io a notte, disse ella, ancor piccola monelletta m'inginocchiava sulla neve nei campi, e mi rallegrava guardando tutte. le vaghe stelle, suoleva pregare il Signore così: Tu sei pure il mio vero Padre ed hai in casa sì belle cose ! or bene tu me le devi mostrare anche a me ! Ed ei mi mostrò il tutto; mi prese per mano e mi condusse per tutto, e ciò era ben naturale, giacchè io il tutto guardava con sì piena e sincera gioia, e non guardava a nient'altro. »
Ai 2 di settembre 1822 raccontò così: « Venni sopra erte alture entro un ondeggiante giardino librato nell'aria.
Là fra settentrione e levante vidi sorgere, come il sole all'orizzonte, l'immagine di un uomo di lungo e pallido aspetto. Il suo capo mi parve ricoperto come da un'infula fatta a punta. Era fasciato di zone ed avea uno scudo sul petto, di cui ho dimenticato l'iscrizione. Portava una spada avviluppata di bandiere variopinte, e libravasi per sopra la terra con lento volo di colomba; spiegò le sue bandiere, accennò qua e là colla spada, e gettò quelle bandiere sulle città addormentate. E quelle bandiere incominciarono a strisciare siccome serpenti. Da lui piovvero pure pustole e tumori giù sulla Russia, in Italia, ed in Ispagna. Intorno a Berlino dispose un laccio rosso, e di là venne sino a noi. Allora la sua spada era nuda; dall'elsa pendevano bande ruole di un rosso sanguigno; pioveva sangue nelle nostre vicinanze; il suo volo era serpeggiante; le sue bandiere rosseggiavano stillando sangue come viscere di animaii. »
11 settembre. « Ecco un angelo che monta fra l'oriente e il meriggio con una spada in mano, ed all'elsa di quella spada egli ha pendente un fodero pieno di sangue ch'ei versa qua e là, ed ei giunge sin qui e versa sangue entro Münster sulla piazza del duomo. »
4. L'Arcangelo S. Michele.
29 settembre 1820.
Ho avuto molte meravigliose visioni delle apparizioni e feste del santo arcangelo Michele. Fui in molti luoghi del mondo, e vidi la sua chiesa in Francia sopra uno scoglio in mare, e lo vidi come protettore della Francia. Vidi come aiutasse a vincere il pio re Luigi, che a seconda di una rivelazione della Madre di Dio si era a lui rivolto e ne portava la immagine in una bandiera. Il re istituì un ordine cavalleresco ad onore del santo arcangelo. Vidi quand' egli dopo tolse il ciborio dalla sua chiesa e portollo seco in alto. Vidi anche una di lui apparizione in Costantinopoli e molte altre che ora più non rammento. Vidi pure tutto il miracolo della chiesa di S. Michele sul monte Gargano, e vidi colassù una grande solennità, ove vidi concorrere molti pellegrini succinti e con grossi bocciuoli in cima ai loro bastoni. Costà l'Arcangelo serviva all'altare insieme con altri. » (Narrò il miracolo del Gargano in generale, e come d'altronde viene riferito; disse soltanto che il luogo ove fu costrutta la chiesa venne indicato sullo scoglio collo scolpirvi una immagine che sostiene un calice).
« Venni quindi con lui in Roma, ove fu pure fabbricata una chiesa ad onore di una sua apparizione, credo che lo fosse da Papa Bonifazio ed invero per rivelazione della Madre di Dio. Seguii l'angelo dappertutto; ei si librava al disopra di me, grande, magnifico. Portava una spada, ed era più volte recinto come da ornate zone. A proposito di cotesta chiesa di S. Michele era nata disputa fra moltissima gente; la più grossa schiera consisteva in cattolici che non valevano gran cosa, ed anche in settarii protestanti. Sembrava come se disputassero circa il divino servizio; l'angelo discese e colla sua spada scacciò quei grossi attruppamenti, e rimasero soltanto circa quaranta individui, e l'ufficio divino venne celebrato con ogni semplicità. Dipoi l'angelo prese il ciborio con entro il Santissimo, e con esso di là disparve sollevandosi in aria. La mia Guida mi ordinò di seguirla, ed errai sempre al disotto dell'angelo librato a volo verso oriente. Venni anche sino alle rive del Gange, e quindi fui diretta più verso settentrione; vidi anche il monte dei Profeti starmi da lato, e quindi la via si diresse sempre più in giù, ed il tutto apparì ognor freddo, e deserto, e desolato, sinchè fummo giunti ad una infinita superficie di ghiaccio. Mi sentiva oppressa da molto ansiosa inquietudine di quel deserto. Ma vennero a me anche altre anime per farmi coraggio, cioè mia madre, l'Antrienchen, la vecchia Söntgen, più altre, e giungemmo allora ad un gran mulino che dovevamo traversare. Quando io per altro vi giunsi, le anime dei miei amici rimasero indietro. Il ghiaccio rompeasi sempre sotto i miei passi, e l'acqua esalavasi in vapori, ed io era inquieta e la mia Guida spesso porgeami la mano. Quell'acqua da cui vien messo in moto il molino, vien fuora per disotto al ghiaccio ed è calda. Cotesto mulino era tutto pieno di regnanti e di altri grandi personaggi di ogni tempo e di ogni paese.
Doveano macinare insieme una moltitudine di rospi, di serpi e di altre nauseabonde e velenose bestie, ed oro, argento, ed ogni sorta di cose preziose, che poi cadevano nell'acqua ed innocuamente scorrevano sino alla terra ferma. Ma poi dalla terraferma tutte coteste bestie e quei preziosi oggetti di bel nuovo e continuamente rifluivano come torrente sino ai macinatori. Essi lavoravano in quel mulino come garzoni di mugnaio, e coll'aiuto della scopa doveano sempre raccogliere e cacciare sotto la pietra macinante quelle brutte bestie; senza di che ne venivano molto oppressi ed assediati. Essi proprio si dissolvevano ed esaurivano le forze nel faticoso lavoro. Cotesto mulino mi sembrò essere una specie di luogo d'espiazione per quei tali principi che hanno macchinato e ordito rei e cattivi imbrogli politici, ed introdotto nel mondo cattive usanze e relazioni, le cui conseguenze durano ancora nel mondo d'oggidì, e che perciò non possono ottenere l'eterna beatitudine finchè non abbiano estinta nel mondo ogni conseguenza dei loro fatti ed azioni. Coteste azioni appunto corrono a loro sotto la forma di odiose impure bestie, ed essi debbono distruggerle e schiacciarle, onde più oltre non si propaghino. Quell'acqua in cui tutto ciò viene schiacciato e commisto, era calda e ritornava addie tro nel mondo, ed era affatto innocua. Dovemmo penetrare per mezzo al mulino, ed a noi si accostò uno dei lavoranti e rapidamente spazzò quelle bestie sin sotto la macina, onde noi potessimo passare. Ei mi parlò e mi spiegò qual fosse cotesto luogo, e disse quanto mai essi tutti si rallegrassero che fossimo venuti fin costà, e che sciogliessimo passando e calpestando alcun poco di quella immane massa di ghiaccio, sulla quale dovremmo ancora passare, giacchè dovevano essi restare costà racchiusi e macinare sinchè tutto cotesto ghiaccio non si fosse ammollito e liquefatto. Quando passammo più oltre, venimmo per sopra a quel mare di ghiaccio come per una via che fosse vuota al di sotto, giacchè eranvi profonde fessure; e poi montammo a lungo per un monte pure di ghiaccio sino in alto, e ci rallegrammo per aver lasciato dietro di noi una traccia piuttosto lunga di rammollimento in favore di quei poveri macinatori.
« Nel montare vidi sempre l'arcangelo Michele librato in aria al disopra di me; il cielo diveniva sempre più luminoso e di un bello azzurro, ed io vedeva quasi in visione il sole e gli altri corpi celesti. Ei mi avea condotto attorno a tutta la terra e a traverso tutti i mondi celestiali. Vidi costà ondeggiare librati nello spazio innumerevoli giardini, e ne vidi i frutti ed i loro significati. Spero mi verranno dischiusi un'altra volta, ed allora voglio implorare alcuni medicinali e alcuni segreti per guarire la pia gente. Vidi cori di santi, e vidi spesso starsi qua e là un santo con le insegne che lo distinguono ed in seno al suo mondo. Sempre più alto movendo, venimmo in un magnifico mondo indescrivibilmente meraviglioso, siccome entro una cupola situata nell'alto. Lo vedemmo essere siccome un disco azzurro circondato da un anello di luce, e al di sopra di quell'anello eranvi altri luminosi anelli, e su ciascuno di essi ergevasi un trono. Tutti cotesti circoli erano pieni di diverse specie di angeli, e dai troni posti sui nove anelli ergevansi montando zone arcate di ogni sorta di colori, di frutti, di gemme e di preziosi doni di Dio, e salivano su in alto, e formavano una cupola sulla quale sorgevano di bel nuovo tre seggi o troni angelici, e quel di mezzo era quel di Michele, e costà egli aleggiò col ciborio della chiesa, e lo collocò sul vertice della cupola. Ciascuno dei tre angeli Michele, Raffaele, Gabriele, sta sul vertice della zona di attività di tre dei nove cori angelici disposti al disotto. Oltre di ciò quattro leggieri e grandi angeli interamente ricoperti e vestiti delle loro ali muovonsi in continui circoli ed a quei tre arcangeli dattorno. Essi sono gli Elohim, e si chiamano Raphiel, Etophiel, Emmanuel, e Salathiel, e sono gli amministratori o distributori delle soprabbondanti grazie di Dio, e le spandono nel seno alla Chiesa nelle quattro parti del mondo intero. Essi le ricevono dai tre arcangeli. Raffaele e Gabriele erano avvolti in lunghe e candide vesti, ed avevano più sembianza ecclesiastica. Michele portava sul capo un elmo con cimiero di raggi di luce. La parte superiore della sua forma era come guarnita di armatura ed ornata di varii ornamenti: fino al ginocchio scendeva la veste sua come increspata tunica. Nell'una mano aveva una lunga verga, sulla cui estremità posava una croce, e ne pendeva al disotto una piccola insegna con sopra un agnello; nell'altra mano teneva una spada fiammante; anche i suoi piedi erano ornati.
Al disopra di quella cupola vidi per entro un mondo ancora più alto. Vidi in esso la SS. Trinità in tre distinte figure; il Padre in figura di un vecchio rivestito della dignità di gran sacerdote, che porgeva al Figlio situato aila sua destra il globo del mondo; il Figlio aveva nell'altra mano la croce. Alla sinistra del Padre stava una luminosa figura alata. Intorno a loro eravi un cerchio di ventiquattro vegliardi assisi sopra seggi; i Cherubini ed i Serafini stavano con molti altri intorno al trono di Dio cantando continui inni di lode.
« Nel mezzo al disopra di Michele stava Maria, che aveva intorno a sè innumerevoli circoli di spiriti luminosi, di angeli e di vergini. La grazia che da Gesù scaturisce va sempre, traversando Maria e per mezzo di lei, a discendere sopra i tre Arcangeli. Ognuno poi di quegli Arcangeli raggia tre sorta di doni di Dio su tre dei cori angelici dei nove cori più bassi; e questi li propagano sempre più lungi in tutta la natura e la storia.
« Allorchè il ciborio fu là collocato vidi che per influsso dall'alto, per mezzo di Maria e colla molteplice cooperazione di tutti i cieli, e per l'attivo lavoro di tutti i cori angelici, cotesto ciborio si accresceva, e dapprima diveniva una chiesa, quindi una gran città luminosa, che in giù poco a poco discese. Sembrava che sopra un arco si abbassasse verso la terra, e non so dire come ciò fosse; ma vidi intere turbe di uomini a me approssimarsi prima col capo, come se la terra sulla quale essi stavano si fosse rovesciata e girasse; e quindi stettero ad un tratto in piedi entro la nuova Gerusalemme, chè tale era quella nuova città che si abbassò sulla Gerusalemme antica, e mi sembrò venir sulla terra.
« Quand'ebbi veduto discendere la nuova Gerusalemme, si chiuse questa nuova visione, ed io caddi sempre più oltre nella oscurità e mossi al ritorno verso casa. Vidi per altro ancora un quadro di un'immensa battaglia. L'intero campo era pieno di fumo; per tutto tiravano dai cespugli che eran pieni zeppi di soldati. Quel luogo era situato piuttosto nel basso, ed in lontananza sorgevano grandi città. Vidi l'Arcangelo Michele con una grossa schiera di angeli discendere e separare i combattenti. Ciò per altro succederà allora soltanto quando tutto sembrerà perduto. Uno dei condottieri invocherà S. Michele, ed allora verrà il momento della vittoria. »
Non sapeva l'epoca di cotesta battaglia. Disse una volta che accadrebbe in Italia e non lungi da Roma, ove molte cose antiche verrebbero distrutte, e molte nuove ( cioè a dire finora sconosciute) sacre cose apparirebbero alla luce del giorno.
Narrò pure così: « Mentr'io una volta mi sentiva molto sbigottita e disanimata pei molti guai e le molte pene e disturbi che mi circondano, e quindi sospirando pregava che Iddio degnasse ancora accordarmi un sol giorno tranquillo, giacchè io vivo come nell'inferno; mi ebbi un severo rimprovero dalla mia Guida, che mi disse: Affinchè tu non faccia più la comparazione del tuo stato coll'inferno io te lo voglio mostrare. E mi guidò verso settentrione, verso quel lato in cui la terra rapidamente discende. Dapprima montammo assai lungi in su dalla terra. Mi accorgeva di avere alla mia destra verso oriente il monte dei profeti; sopra di quello, ma anche più verso oriente, vidi il paradiso. Fui allora sempre più guidata verso settentrione, discendendo per rapida discesa fra deserti di ghiaccio, e venni entro un'orribile contrada. Quel viaggio produceva una sensazione come se ci movessimo in una più alta regione intorno alla terra, e provai il sicuro senso dell'abbassamento dello scosceso lato settentrionale della terra medesima. La via era deserta e nell'abbassarsi verso l'inferno diveniva oscura e gelida. Quando fui giunta in quel luogo di spavento, sembravami di esser venuta in un mondo più basso e inferiore. Vidi un disco rotondo (la sezione di un globo). Quando penso a ciò che vidi ne tremo ancora in tutto il mio corpo. Nell'avvicinarmi provava una sensazione uguale a quella che provo allorchè son librata per sopra alla terra. Vidi tutto distribuito in masse; qua una gran macchia o spazio nero, là infuocato ed ardente, laggiù denso vapore, più in là notte. Il limite della potenza visiva era sempre la notte. Nell'avvicinarmi riconobbi una contrada di infiniti tormenti. »
24 Settembre 1820. « Ebbi nella Magion delle nozze un serio lavoro, di cni non poteva mai venire a fine. Doveva con una scopa rigida e affatto inservibile spazzare molte immondezze, ma non poteva per altro venirne a capo. Ecco che allora venne a me mia madre e mi aiutò, come pure un'amica, cui prima della sua morte io aveva regalata quell'immagine di santa Caterina da me ricevuta in modo soprannaturale (1 ). Essa portava quell'immaginuzza sul petto ed a lungo meco si trattenne parlando. Esse non sono per anche in cielo, ma bensì in luogo piacevolissimo, ove fu rono un giorno Abramo ed il buon Lazzaro. Cotesto luogo è molto aggradevole; è come la rugiada, come il miele, assai mite e dolce. Tutto vi apparisce come a luce di luna, con splendore biancastro quasi di latte. Vidi colà appunto il quadro del povero Lazzaro, e mi fu mostrato affinchè sapessi in che luogo io era. Il paradiso terrestre che vidi di bel nuovo, come pure il monte dei profeti, è più lieto e beato che il seno di Abramo e pieno di magnifiche creature. Fui condotta da mia madre in molti luoghi di soggiorno delle anime, e mi rammento che fui guidata anche sopra un monte, sul quale uno spirito che riluceva di uno splendore rossiccio come il rame, e che era da una catena legato a quel monte, mi si fece incontro. Era costì da lunghissimo tempo e privo d'ogni aiuto. Niuno a lui pensava, niuno l'aiutava o pregava per lui. Parlò soltanto poche parole e ciò nondimeno seppi l'intera sua storia; di cui qualcosa rimembro ancora. Egli, al tempo in cui un re d'Inghilterra guerreggiava colla Francia, era condottiero supremo degli Inglesi in quel paese, ove duramente inferocì e praticò ogni sorta di crudeltà. Era stato sì male educato e sembrommi che ciò avvenissse per colpa della madre sua; pur nondimeno ei conservò sempre un'intima venerazione per Maria. Ei distruggeva tutte le sacre immagini, e quando una volta venne a caso a passare dinanzi ad una bellissima statua della Madre di Dio, volea pure distruggerla; ma fu preso da improvviso commozione e nol fece. Fu quindi invaso da febbre violenta e si sarebbe di buon grado confessato, ma perdette i sensi; pur nondimeno morì con vivace pentimento. Quindi trovò ?misericordia e non andò dannato. Potea darglisi aiuto, ma era stato affatto dimenticato. Disse che colle Messe specialmente poteva darglisi aiuto; anzi che con poche di queste ei sarebbe stato liberato molto tempo innanzi. Cotesto luogo non era già il purgatorio; in purgatorio non havvi alcun tormento praticato dal diavolo; cotesto è un altro luogo di castigo. Lo vidi sempre inseguito e dilaniato da cani, perchè in cotesta guisa egli avea tormentate le genti. Veniva spesso legato in diverse posizioni, anche come ad un ceppo, e quindi asperso con sangue bollente che gli scorreva per tutte le vene. Mi disse che la speranza della liberazione gli era di gran ristoro. Dopochè ebbe meco parlato, cadde di bel nuovo come nelle viscere del monte. Quello spazio che prima occupava, era come ricoperto di erbe fiammeggianti. Già per l'innanzi aveva meco parlato; era adesso la terza volta.
« Fui dipoi unitamente a molte anime che il Signore a mia preghiera avea degnato liberare, rapita e trasportata entro un convento di Francescani, ove un fratello laico, fra gravi tentazioni ed assalti, lottava colla morte. Era notte. Quel convento sorgeva in montuosa contrada. Non racchiudeva già molti frati, ma eranvi secolari. Il moribondo viveva ivi da tre anni in poi. Era entrato nell'ordine come penitente dopo una dissipata vita mondana. Al mio arrivo sentiasi gran strepito prodotto da mali spiriti attorno al convento. Per entro udivasi come l'urlo di una tempesta; i tegoli veniano rapiti dal tetto; i rami degli alberi urtavano contro le finestre; ed io vidi quei cattivi spiriti sotto forma di corvi e di altri spaventosi uccelli e con diverse brutte figure aleggiare rumorosamente intorno al convento ed alla cella del moribondo. Eravi fra gli altri presso di lui un piissimo e vecchio frate, e con esso molte e molte anime, che per mezzo delle sue preghiere erano state liberate. Quando il fragore si accrebbe e divenne sì potente, gli altri frati fuggirono in grande angustia; ma quel pio si avanzò fuor delle porte e nel nome di Gesù domandò a quei mali spiriti che mai costà si volessero. Allora udii una voce domandargli perchè volesse egli rapire loro un'anima che per trent'anni gli aveva serviti? Il frate per altro ed io, e tutte le anime presenti resistemmo al nemico; e quando dovè ritrarsi e cedere, lo intesi dire che se ne andrebbe e penetrerebbe tosto entro una donna colla quale quel moribondo aveva per lungo tempo peccato, per tormentarla sino alla di lei morte. Vidi quindi il diavolo fuggirsene. L'infermo poi morì santamente. »
27 Settembre 1820. «Nella scorsa notte ho molto orato in pro delle povere anime, ed ho veduto molti dei loro meravigliosi stati di castigo e d'espiazione, ed ho altamente ammirato la incomprensibile misericordia di Dio. Ho pur di bel nuovo veduto quell'infelice condottiero inglese ed ho per lui pregato. Vidi un'infinita misericordia e giustizia di Dio, e come niuna cosa effettivamente buona che esista nella creatura umana e che in essa rimanga, vada mai perduta. Vidi il bene ed il male degli antenati reagire e continuarsi anche nei discendenti, e quindi col concorso della loro volontà e colla loro cooperazione venir loro contato a salute o a danno. Vidi essere infinito aiuto prestato alle povere anime nel modo il più meraviglioso col mezzo dei tesori della Chiesa e della carità dei membri appartenenti alla Chiesa medesima, e tutto ciò riusciva una effettiva espiazione e compenso delle loro mancanze. La misericordia e la giustizia non si ledono fra loro, eppure sono ambidue infinitamente grandi. Vidi molti stati di purificazione, e più specialmente vidi puniti quei sacerdoti comodi e neghittosi, che seggono tranquilli e sogliono dire: Per me mi contento di un piccolo posticino su in cielo, prego, dico Messa, confesso e cose simili. Essi sono condannati a sopportare ineffabil tormento ed ardente bramosìa di opere di carità; e debbono vedersi dinanzi tutte quelle anime che hanno private del loro aiuto, e debbono starsi immoti, quantunque invasi da dilaniante smania di aiutare e di agire. Tutta la loro pigrizia si è cambiata in pena morale; la loro quiete diviene impazienza, la loro inattività una vera catena; e tutti cotesti castighi non sono già a bella posta inventati, ma nascon piuttosto meravigliosamente e razionalmente dal loro stato morale, come una malattia nasce dal germe.
« Vidi pure l'anima di una donna defunta da circa venti o trenta anni. Non era già in purgatorio, ma bensì in più severo luogo di punizione; era come una condannata che per dipiù subisce la pena del flagello, in paragone con altre che debbono subire soltanto il castigo della prigionìa. Vidi cotesta donna immersa entro ineffabile turbamento e portava in braccio un bambino di scura carnagione, che ella sempre uccideva e che sempre di nuovo ritornava in vita. Essa è condannata a lavarlo continuamente colle sue lagrime finchè divenga bianco. Mi implorò a soccorrerla colla preghiera. Anche le anime. possono spander lagrime, altrimenti non si potrebbe piangere vivendo nel corpo. Essa mi narrò allora la sua colpa, o piuttosto la vidi in una serie d'immagini. Era nativa di una città polacca e moglie di un uomo dabbene. Tenevano a dozzina ecclesiastici ed altra gente tranquilla.
Cotesta donna era su per giù buona e pia; aveva un parente piisssimo ecclesiastico in un convento di missione dei religiosi del SS. Redentore. Mentre il suo marito erasi una volta allontanato viaggiando per alcun tempo, venne ad alloggiar presso di lei uno scellerato che con violenza la sedusse. La di lei colpa la pose quasi in disperazione. Tenne lungi da sè quanto poteva quel malandrino, ma ei non si lasciò cacciar via di casa nemmeno quando il ritórno del di lei marito era prossimo. Trovavasi immersa nella più spaventevole angoscia, ed ecco che il diavolo le mette in capo di avvelenare il suo seduttore. Lo fece, ma quell'assassinio le fece perdere interamente il senno, e nella sua disperazione uccise in seguito anche il frutto delle sue viscere. In quello stato della più orrenda miseria interna, andò allora in traccia di un sacerdote straniero per confessarsi; e siccome un vagabondo travestito da prete venne ad alloggiare in sua casa, a lui si confessò con indicibile umiliazione e dirotte lagrime. Poco dopo morì, ma Iddio fu verso di lei sì misericordioso, che pose mente al di lei gran pentimento, e quantunque fosse morta non assoluta e senza Sacramenti, la inviò in quel luogo di punizione ove la trovai. Costà essa deve nell'espiazione passare tutti quegli anni, che dalla divina Provvidenza erano stati destinati al suo bambino, finchè esso col trascorrere di quel tempo fosse pervenuto al momento di godere della luce eterna, giacchè per cotesti bambini havvi crescita e sviluppo anche nell'altro mondo. Cinque anni dopo la di lei morte apparve durante la Messa al suo parente ecclesiastico. Io lo conobbi quel pio vecchio: egli pregò meco.
« In cotesta occasione ho molto saputo e veduto circa il purgatorio, e specialmente circa lo stato dei bambini uccisi prima e dopo la loro nascita, che ora non posso assai distintamente raccontare, e che quindi tralascio. Ciò che mi è rimasto pur sempre evidente e certo si è che ogni bene sia nell'anima o nel corpo dà impulso verso la luce, come ogni male sospinge verso le tenebre, quando non venga espiato e cancellato; che la giustizia e la miseri cordia stanno ambedue riposte nella perfezione di Dio, e che alla sua giustizia viene soddisfatto dalla sua miseri cordia, dagli inesauribili meriti di Gesù Cristo, e da quelli dei santi ai suoi congiunti in seno della Chiesa, e dalla cooperazione ad opere di fede, di speranza e di amore dei membri del suo corpo spirituale. Vidi sempre che nulla è mai perduto di ciò che succede in seno della Chiesa in unione con Gesù; che ogni pio desiderio, ogni buon pensiero, ogni atto di carità per amore di Gesù riesce sempre a buon incremento del corpo mistico della Chiesa, e che ogni umana creatura che niente altro fa che pregare pei suoi fratelli in stato di pieno amore verso Dio, dee considerarsi come occupata in opera altamente salutare. »
12 Aprile 1820. Una fanciulla contadina aveva, per timore dei severi genitori, partorito segretamente. Il bambino era morto poco dopo la nascita per imprevidenza della madre e da lei venne nascosto entro uno stipo ove fu scoperto. Cotesto caso cagionò all'inferma Anna Caterina grave turbamento; soffrì e pregò senza posa in prodella colpevole, onde ottenere che si sentisse commossa a seria penitenza. Ecco quanto narrò: « Conosco la ragazza; non è ancora trascorso un'anno da che venne presso di me. Dal Natale in poi la vidi più spesso in visione avviluppata in un mantello, ed io provava sempre un intimo fremito sembrandomi che essa in sè preparasse ruminando alcunchè di male. Più recentemente l'ho vista in tempo di confessione starsi in peggiori disposizioni; pregai per lei ed avvisai il confessore di starvi attento ! Ma non si recò presso di lui. Anche stanotte ho avuto che fare con lei, e vidi l'intero stato del suo spirito molto torbido. Quantunque sia una stupida, non è per altro affatto senza colpa nella morte del suo bambino. Ho veduto tutto l'andamento della cosa, ed ho molto pregato intorno a ciò. E dipiù mi si sono presentati alla mente quei due ex- gesuiti, ai quali mi sono confessata nella mia gioventù; pensai come vivessero piamente, quanto abbiano operato, e come a tempo loro non sia successo caso simile. Mentre così pensava mi comparvero quei due religiosi in buonissimo stato, ed uno di essi mi condusse presso una sua sorella con cui dimorava vivendo e che io conosciuta. Essa trovavasi in un luogo molto meraviglioso, e non avrei creduto che cotesta pia persona avesse ancora alcunchè da espiare. Era in un luogo assai oscuro, ove stavansi ancora molti altri, entro una angusta cavità quadrangolare, in cui poteano stare soltanto come murati; ma essa era contenta e paziente, ed appunto allora stava per passare in un ripostiglio alquanto più largo in paragone di questo. Mi disse di doverla visitare ancora più spesso. Parlai pure molto a lungo col vecchio e beato sacerdote, e pregai anche essa di alcuna cosa... Già da lungo tempo ho avuto interne rivelazioni circa lo stato dei bambini che muoiono prima del battesimo. Non posso esprimere con parole ciò in cui vedo consistere quella loro perdita, ma ne vengo talmente commossa, che sempre quando giungo a sapere un simil caso di morte, mi offro a Dio coll'orazione ed i patimenti a soddisfare ed espiare per quello che altri hanno negletto, ed affinchè quel pensiero e quell'atto di carità che altri han trascurato, venga dalla comunione dei fedeli, o da me compensato come da qualsiasi altro membro della comunione medesima. Così ho provato vero turbamento e sollecitudine pel povero bambino, quell'infelice morto prima del battesimo, e mi sono offerta a Dio per soddisfacimento ed espiazione in pro di lui. »
10 Aprile 1820. « Ho avuto nella trascorsa notte grave e severa visione e gravi affari. All'improvviso mi stette dinanzi la luminosa beata anima di una buona donna di Köesfeld già defunta, e che molto aveva amato suo marito, ch'io pure aveva ritenuto per buono, giacchè mi era sempre comparso per molto pio. Già da lungo tempo non avea più pensato a coteste persone. Quell'uomo erasi di nuovo ammogliato; io per altro conosceva la seconda moglie. Quell'anima mi disse: Finalmente ho ottenuto da Dio di poter venire presso di te. Sono adesso felice, ma mio marito mi fa tanta pena ! Mentre io ancora viveva ed era infermiccia, egli aveva già colla sua moglie attuale commercio molto peccaminoso, ed anche adesso maritato con lei non vive punto cristianamente. Provo tanta compassione per l'anima sua, ed anche l'anima della sua nuova moglie mi cagiona cordoglio. Mentre l'anima così mi raccontava io sentiva gran meraviglia circa lo stato in cui suo marito si trovava, secondo quanto dicevami, poichè l'aveva sempre ritenuto per uomo molto dabbene. Essa mi raccontò per altro molte cose e mi pregò di ammonire seriamente suo marito, che aveva in pensiero di venire a visitarmi. Dovei anche andarmene con lei sino a Köesfeld. Vidi tutta la via chiara e luminosa, giacchè quell'anima risplendeva come un sole, e di ciò provai gioia infinita.
Riconobbi ogni singolo punto di quella strada e trovai varii luoghi molto cangiati. Mi condusse in casa di quelle persone, ove era in passato spesso venuta, e vi trovai pure molti mutamenti. Fui con lei presso il letto di quei due coniugi, che trovai dormienti. Parve che la moglie internamente sentisse la nostra venuta e si drizzò sedendo sul letto; ed io secolei parlai a lungo e le dissi che dovea rientrare in sè stessa, ed esortare anche il marito a riconoscere lo stato suo. Ed essa me lo promise. Dubito appena che il marito non sia per cercare di penetrare sino a me, e quell'anima beata mi ha con tanta istanza pregata ad orare per lui ed a consigliarlo, che davvero provo qualche timidezza circa il modo d'indurlo ad entrare in questo discorso, in caso che non cominci a parlarne da sè medesimo. »
Opere in pro di due regnanti.
6 Ottobre 1820. « Ebbi la visione di un pio francescano nel Tirolo. Vidi che egli aveva avuto una visione preventiva d'un grave periglio minaccioso per la Chiesa, e risultante da uno scontro politico ora vicino al suo compimento. Gli era stato comandato di pregare incessantemente in prodella Chiesa, ed io lo vidi orare nel suo convento che non era grande, e situato in prossimità di una cittaduzza. Egli inginocchiavasi nella notte dinanzi ad una miracolosa immagine della Madre di Dio, e vidi che il diavolo lo disturbava col gran fracasso che faceva in chiesa, collo schiamazzo e lo spaventoso urtare nelle finestre, mentre vi si precipitava sotto figura di negra cornacchia. Ma quel pio religioso non lasciavasi per ciò disturbare, e proseguiva a pregare a braccia aperte. Al seguito di cotesta visione vidi dipoi tre figure accostarsi al letto ove io giaccio. L'una era un essere somigliante alla mia Guida, ed esso mi si accostò più da vicino; gli altri due erano anime desiderose di soccorso d'orazione. Riseppi che una era l'anima di un principe cattolico della casa di Brandeburgo, e l'altra quella di un pio imperatore austriaco, e che erano state a me sospinte a domandare soccorso dalla orazione di quel francescano, che aveva veduto imminenti gli stessi pericoli come io li veggo. Mi supplicarono ad implorare loro un progresso di miglioramento di stato, onde potessero trovarsi in grado di agire sui loro attuali successori su questa terra. Seppi pure che coteste anime hanno maggiore relazione coi loro successori di quel che non l'abbiano altri spiriti. Mi riuscì molto notabile che quell'essere spirituale che le aveva a me condotte, prese egli stesso le mie mani, e sollevandole le diresse in alto. Sentii esser la sua mano aerea e molle, come se fosse di delicate piume; ogni qual volta poi io lasciava ricadere le mani mie, ei di bel nuovo le sollevava e diceva: Tu devi pregare più a lungo. Questo è tutto ciò di cui mi rammento. »
8 Ottobre. Nel ritorno da Roma venni di bel nuovo in Tirolo presso quel pio francescano che era stato cagione che quelle anime di regnanti già prima d'ora da me vedute al mulino (1 ), a me di bel nuovo venissero. Egli è quel medesimo religioso che ultimamente in occasione della morte del suo confratello mandò via il diavolo per le brutte. Ei proseguiva incessantemente a scongiurare, pregando a braccia aperte, il pericolo che minacciava la Chiesa. Ciò facendo ei tiene la corona del rosario in una mano, e quando si corica per dormire la porta sospesa al collo. Partendo da lui venni in compagnia della mia Guida e di una bella e luminosa signora, che credo fosse Maria, a salire sopra un bel monte. Eravi costassù ogni sorta di frutti, e qua e là fra i cespugli scherzavano vaghi e candidi animali. Giunti in alto venimmo entro un giardino pieno dei più magnifici frutti, e di rose, e di fiori. Molte figure aggiravansi costà nei dintorni. Vi vidi quelle due anime di regnanti; erano pervenute fino ad alloggiare costà e si approssimarono alla porta, giacchè io non poteva in alcuna guisa avvicinarmi loro, e mi domandarono ancora soccorso di orazione, onde pervenire più oltre e giungere a potere agire sui loro successori a maggior vantaggio della Chiesa. Avrei tanto volentieri raccolto delle rose di quel giardino; avrei desiderato empirmene tutto il grembo, giacchè mi pensava di voler con quelle avviluppare interamente il piede del Lambert, ed opinava che ciò molto gli gioverebbe. Ma la mia Guida me ne diede soltanto alcune, ed erano troppo poche perchè con quelle potessi principiare a porre in opera il mio divisamento. » (Con ciò essa intende desiderare tal quantità di dolori espiatorii, che basti a risanare il piede del Lambert. Vuole a quest'oggetto patire, ma ciò non le viene accordato in modo sufficiente, e quindi si convince che il Lambert non verrebbe a guarire col prendere ch'ella farebbe dei suoi patimenti sulle proprie spalle).
5. Solennità d'Ognissanti e giorno dei morti nel 1820. Già per assai lungo tempo anteriore alla sopravvenienza della solennità essa era stata immersa in durevoli patimenti in pro delle povere anime del purgatorio. Soffriva in tutti i suoi membri, e per le intere notti sedeva sul letto e contava ogni ora. Provava sempre la sensazione di essere una piccola bambina, che non può da per sè stessa aiutarsi nè muoversi. Pativa la sete, nè poteva bere; era piena zeppa di tormenti sino a venirne meno; piena di ardente brama di dare aiuto e soccorso, e di devozione ed abbandono in pro altrui. Se anche per qualche momento provava istantanea mitigazione, ecco che tosto rimontava la pena sino a ridurla'in punto di morte. Con tutto ciò rimanevasi nella piena sua pazienza e persisteva tranquilla anche in mezzo ad ogni esterno disturbo.
Nel dì primo novembre narrò quanto segue: « Ho avuto molto distintamente una magnifica visione ed ineffabilmente grandiosa, ma non posso esprimerla con parole. Vidi una tavola lunga a perdita di vista, ricoperta di rosso e di un bianco trasparente, ed imbandita delle più svariate vivande. Tutti i vasellami erano d'oro e mostravano sull'orlo lettere e cifre azzurre. Eravi ogni sorta di frutti e di fiori riuniti, e non già infranti e come morti, ma vivaci bensì e crescenti, giacchè costà venivano eternamente goduti. La loro apparenza era simultaneamente il godimento del loro intimo significato e contenuto ( 1 ).
(1) Vale a dire: mentre se ne acquista la percezione, se ne ottiene ad un tempo un seuso di godimento; cotesto godimento poi consisteva in un intimo senso acquisito del loro significato, del loro contenuto, relazione, ed essenza.
I vescovi e sotto di loro ogni genere di aventi cura di anime erano i ministri od i serventi di quella tavola. Intorno ad essa sedevano e stavano distribuite in cori con ordini molteplici tutte le schiere dei santi seduti sui loro troni ed a foggia semicircolare. Quando mi stetti presso quella gran tavola, tosto vidi tutti quegli innumerevoli cori circondarla e starle attorno, e tutto aver l'aria di succedere in mezzo a un giardino. Se poi mi approssimava ad un singolo coro o separatamente lo guardava, allora lo scorgeva come entro ad un separato giardino, ed in quello vedeva una sua propria tavola, e quella tavola era ricoperta dalla soprabbondanza dei godimenti apparecchiati su quella gran tavola imbandita per tutti. Ed in tutti cotesti giardini e campi, ed aiuole, e cespugli, e rami, e fiori, e frutti, viveva e vegetava quel tutto che vegetava e viveva nel gran giardino ed in ciascuno dei minori. Il goder di quei frutti non consisteva già nel mangiarli, ma bensì nell'ottenerne l'intima essenza e cognizione. Tutti i santi poi si stavano coi loro attributi. Molti vescovi portavano chiese in palma di mano, perchè avevano fondato chiese: altri portavano soltanto pastorali, perchè erano stati semplicemente pastori. Anche accanto ai santi sorgevano molti alberi carichi di frutti, ed io provava tale un desio di parteciparne alcun poco ai poveri mortali, che scossi cotesti alberi (1), e vidi quanti mai frutti cadessero su certe singole contrade della terra.
(1) Cioè le di lei ardenti suppliche attrassero quei mistici frutti sulla terra.
Vidi pure tutti i santi insieme riuniti, e vidi ogni coro secondo la suo specie e natura, e secondo la sua possa, lavorare in ogni modo, e apportare ordigni, ornamenti, fiori e corone, per edificare un trono all'estremità della gran tavola. E tutto ciò successe con un ordine ineffabile; avvenne come deve avvenire in una natura senza difetto, senza peccato, e senza morte. Ciò tutto nasceva dalla sua stessa essenza e modo di agire senza alcun anteriore concerto; ed intanto e guardiani, e militi spirituali custodivano quella tavola.
« Vidi allora ventiquattro vegliardi collocarsi sopra seggi preziosi intorno al trono; parte di loro tenea fra le mani un'arpa e parte un turibolo; essi inneggiavano ed incensavano. Ed allora vidi un'apparizione perpendicolarmente scendere dall'alto su quel trono, e cotesta apparizione avea sembianza di un vecchio incoronato di triplice corona, con manto largamente disteso. Sulla di lui fronte splendeva una triangolare massa di luce ed in quella uno specchio di tutto ciò che vedevasi attorno. Sembrava come se egli emanasse al di fuori la propria sua immagine, o come se la ricevesse dal di fuori. Dalla sua bocca usciva dilungandosi una zona di luce, per entro a cui vidi una moltitudine di parole. Io potei ben distinguere le lettere ed i numeri, che guardai con ogni semplicità; li ho per altro dimenticati. Alquanto più in basso dinanzi al suo petto vidi un giovine crocifisso ineffabilmente luminoso, e dalle cui piaghe, che erano veri, grandi e splendenti nimbi, scaturivano e derivavano torrenti di raggi, che si allungavano in luminose zone tinte di tutti i colori dell'iride.
Coteste zone fasciavano tutti i santi e li racchiudevano in un grosso anello, e tutti i diversi nimbi dei santi, a seconda dei loro svariati colori, riceveano parte di quel torrente di luce, e quindi si riflettevano in modo ineffabile in ordinata libertà. Vidi poi da cotesti torrenti di raggi delle piaghe come una pioggia di variopinte gocciole cadere verso la terra, e tutte coteste stille rassomigliavansi a pure gemme. Ciò tutto in sè conteneva molte significazioni e verità, giacchè ne attinsi molte cognizioni circa il valore, la potenza, i misteri e le tinte delle gemme, e specialmente circa tutti i colori. Fra la croce e l'occhio triangolare della fronte vidi poi il Santo Spirito sotto forma alata, e vidi raggi di luce dirigersi dall'occhio triangolare e dalla croce verso cotesta immagine. Dinanzi alla croce, ma al quanto più in basso, vidi la santissima Vergine e molte altre vergini intorno a lei. Vidi un circolo di pontefici, di apostoli, e di vergini, situato a mezza altezza della croce. Tutte coteste apparizioni, e tutti i santi, e tutti gli angeli innumerevoli distribuiti in circoli latissimi, muovevansi continuamente l'uno nell'altro, ed unanimemente, e svariatamente. Cotesta rappresentanza era del resto molto più magnifica e grandiosa di quello che nol sia un cielo di pianeti e di stelle, e pur nondimeno affatto chiara e distinta; ma non la posso descrivere. »
Era interamente immersa in gravi patimenti a suffragio delle povere anime del purgatorio. Nel più gran calore della febbre languiva per sete, ma non bevve però, onde con quella privazione sminuire le pene di quelle anime.
Ardeva del più gran desio di suffragare; stavasi dolce e paziente in mezzo ai suoi dolori. In uno stato di completo esaurimento narrò quanto segue: « Venni dalla mia Guida portata in alto. Non sentiva in me il senso preciso di una direzione verso una parte determinata del mondo, ma pure quella ch'io percorreva era una via molto penosa. Saliva sempre ed era affatto angusta, ed a guisa di un luminoso ponte conduceva ripidamente a smisurata altezza. La notte regnava da ambi i lati; io doveva sempre procedere di fianco, sì stretta era quella strada. Al disotto di me vidi la terra ricoperta di tenebre e di nebbia, e gli uomini aggirarsi nelle angustie e nel fango. Passai intera la notte in quella difficile salita; sovente io mi vedeva in periglio e m'immaginava di precipitare in giù, ed allora la mia Guida che camminavami dinanzi, porgevami la mano e conducevami più lungi. È pur possibile che viaggiassi in una direzione mondiale, giacchè la mia Guida alcune volte indicavami a dritta ed a manca spazii deserti sulla terra, ove in passato compironsi certi misteri relativi alle peregrinazioni del popolo di Dio. Vidi quantità di luoghi, ove negli antichi tempi errarono i Patriarchi e quindi i figli d'Israele. Sembrava, allorchè la mia Guida mi indicava quei luoghi, che mi si mostrassero luminosi uscendo dal seno della notte e della distanza. Erano deserti, vaste torri distrutte, luoghi paludosi, grossi alberi curvati dal tempo. Ei mi disse che quando cotesti luoghi venissero di nuovo coltivati ed abitati da cristiani, allora giungerebbero gli ultimi tempi del mondo. Per sopra cotesta via muovevano librate molte anime sotto la scorta delle loro guide, e venivano verso di noi uscendo dalle tenebre a guisa di grigie apparizioni.
Parea che fuggendo da più densa notte venissero verso cotesta angusta via, somigliante ad un filo luminoso, per la quale io mi arrampicava penosamente fra continue suppliche ed orazioni. Esse non scendevano precisamente su quel sentiero, ma piuttosto libravansi a dritta ed a manca ad una media altezza, presso e dietro di me, e lungo quella via. Erano anime d'individui morti in quei giorni, e per le quali io era chiamata a patire ed orare, giacchè alcuni giorni innanzi santa Teresa, sant'Agostino, sant'Ignazio, e il Saverio mi erano comparsi e mi aveano esortata all'orazione ed al lavoro, dicendomi che in questo stesso giorno avrei saputo il perchè. La mia strada non conduceva già nel purgatorio propriamente detto; cotesto era situato al disotto di quel sentiero, e vidi quelle anime per aiuto della mia orazione, che io per altro dovea continuare, andarvi dentro per otto e più giorni. Vidi certi spiriti dei pianeti, spiriti bensì caduti, ma non per anco dannati, tormentare quelle povere anime prive d'ogni aiuto con molti rimprocci, ed eccitarle, e tentare di disturbarle nella loro pazienza e celeste aspirazione. Quel luogo in cui andai era un vasto spazio senza cielo; parea che anche per disopra tutto fosse di un getto come una volta o un frascato a pergola. Eranvi bensì alberi, frutti e fiori, ma il tutto avea un non so che di torbido e di mesto. Eranvi costà in numerevoli altri spazii fra loro separati da diverse specie di vapori, di nebbie e di nuvole, a seconda di diverse idee di limitazione, di separazione e di isolamento; ed in cotesti spazii vidi poche o più anime insieme coabitare. Cotesto era un luogo di soggiorno medio fra il purgatorio ed il cielo. Nel mio arrivo costà vidi una moltitudine di anime sempre distribuite tre per tre ed accompagnate da un angelo, aleggiare verso un lato, e salire laddove riflettevasi pallidamente una luce proveniente da più remota altezza. Erano desse oltremodo gioiose. Vidi che coteste anime già luccicavano di qualche colorato splendore, e mentre montavano, il colore del loro nimbo diveniva sempre più puro. Venni pure istruita circa il significato dei loro colori; l'ardente e focoso amore che sulla terra non aveano puramente impiegato le tormentava e splendeva di rosso; di bianco riluceva la purità d'intenzione che aveano lasciata in ozio e non esercitata per pigrizia; di verde splendeva la pazienza che aveano intorbidata collo sdegno e il rancore; ho dimenticato che significassero il giallo e l'azzurro. Quelle anime andavano sempre tre per tre e mi salutavano e ringraziavano. Ve ne erano moltissime a me cognite, e per la più parte persone del medio ceto e contadini. Vidi pure individui di alto affare nel mondo, ma soltanto pochi. Quantunque costassù non esista più nè grado nè distinzione sociale, pure può ancora riconoscersi ogni sorta di più raffinata educazione e coltura. Havvi positivamente un'essenziale differenza nelle stirpi, e può distinguersi nelle apparizioni. Il sesso si distingue nelle anime degli uomini dalla forza, dalla rigidezza, dalla decisione del loro modo di essere; e nel sesso femmineo apparisce alcunchè di molle, di paziente, di sensibile, che non può descriversi. Lungo cotesto spazio si stanno angeli che nutrono quelle anime coi frutti del luogo; e già esse hanno azione sul purgatorio e sulla terra, e provano completa coscienza dei godimenti celesti, e quella lor bramosìa e tardanza nel venir soddisfatta costituiscono l'ultima pena. Passando per quel luogo andai all'estremo suo fine, e da un'apertura che veniva illuminata, vidi per entro uno spazio molto più chiaro ed ornato di alberi i più vaghi, e mi fu detto che costà erano state le anime dei patriarchi prima della discesa di Cristo all'inferno, e mi fu mostrato dove Adamo ed Abramo e Giovanni aveano abitato.
Uscendo di là venni a manca e per via assai difficile verso casa. Passai per quel monte, ove ho veduto quell'uomo tormentato dai cani, ma non eravi più e trovavasi in purgatorio. »
3 Novembre. « Quest'oggi nella notte ho invocato con ardore tutti quei santi di cui posseggo reliquie, e più specialmente le mie care e beate sorelle Maddalena di Hadamar, Colomba di Bamberga, Giuliana di Liegi e Liduina; e le ho invitate a venir con me in purgatorio, ed aiutare ad uscirne quelle anime che sono più care a Gesù ed a Maria. Ebbi pure la gioia di vederne molte liberate o progredienti verso il dolce scopo. »
4 Novembre. Nella trascorsa notte percorsi quasi la intera diocesi e fui più particolarmente nel duomo, ove vidi ogni infingardaggine e trascuranza del ceto ecclesiastico sotto l'apparenza di uno spazio pieno di immondezze, ed artificiosamente coperto ed occultato. Dovei portare tutte quelle immondezze sino ad un'acqua corrente, che seco le trasse via. Dovei trascinarle meco, profondamente vergognandomene. Mentre ero intesa a quell'opera, venne a me la figlia di una donna delle mie vicinanze, e mi disse ch'io pur doveva venire in soccorso a sua madre che anche trovavasi in purgatorio. Essa mi vi accompagnò. Vidi la madre, che era stata donna molto ciarliera e golosa, starsi affatto sola e senza ombra di compagnia in uno spazio rassomigliante ad una piccola cucina, piena di noia e muovente sempre la bocca, come se assaporasse e ruminasse. Mi pregò molto a restar presso di lei per quest'intera notte. Passò poi in più alto e migliore spazio di quel suo primo, e mi recai e rimasi presso di lei per consolarla.
Nel purgatorio agiscono spiriti planetarii, che ai pazienti rimproverano i loro peccati. Quelle povere anime vengono sempre avvertite di tutto ciò che in cielo e sulla terra succede di relativo all'eterna salute; ne vengono avvisate dagli angeli; anche le anime che dimorano nel seno di Abramo possono pervenire sino a loro. Tale era l'anima della figlia che mi chiamò in soccorso a sua madre. Consolai quella donna. Coteste anime non possono affatto operare. In purgatorio non havvi natura, nè albero, nè frutto. Tutto è scolorito, ma più chiaro o più scuro secondo il grado delle purificazioni. I luoghi di soggiorno sono pure distribuiti secondo un certo ordine, e non già come nel seno di Abramo, ove le anime abitano in mezzo ad una certa natura, ad una specie di contrada. Un'anima nel seno di Abramo possiede, quantunque in forma assai torbida, i colori della sua gloria futura, che poi passano a puro splendore nel momento del suo ingresso nella felicità eterna.
« Il giudizio sopra ciascun' anima lo veggo istantanea mente accadere al disopra del luogo ove la creatura umana viene a morire. Veggo ivi presenti Gesù, Maria, il santo protettore di quell'anima e l'angelo suo custode; anche quando trattasi di protestanti veggo sempre Maria presente. Cotesto giudizio compiesi in brevissimo tempo. »
5 novembre. A sera io pensai entro di me che le povere anime del purgatorio son sicure dell'adempimento della loro speranza, ma che gli uomini cattivi corrono pericolo di andare affatto perduti, e perciò volli pregare per questi ultimi. Ed ecco che allora mi si presentò dinanzi sant'Ignazio che aveva da un lato un uomo orgoglioso, libero e sano, a me cognito, dall'altro lato un individuo immerso sino al collo entro il pantano, e che gridava miseramente, nè poteva aiutarsi; gli riuscì di sollevare le dita di una delle sue mani alquanto fuori. Costui era un defunto ecclesiastico ch'io non conosceva. Ignazio allora mi domandò: Per chi vuoi tu implorare soccorso; per questo orgoglioso malandrino che può far penitenza quando lo voglia, ovvero per questo povero sconfortato che non si può aiutare da sè stesso? Io tremai per lo spavento in tutte le membra e dovei piangere dirottamente. Presto poi fui trasportata in purgatorio con penoso viaggio ed orai per le povere anime. Quindi venni condotta entro una vasta casa di correzione e di lavoro. Potei divenire visibile e commuovere molti di coloro che per seduzione e bisogno erano caduti in delitto; ma gli scellerati veramente tali rimasero immoti. Cotesta casa o carcere di correzione era nella mia patria. Fui pure in molti luoghi simili, ed anche in carceri, ove sotterra giacevano individui con lunghe barbe ed incolte. Erano in buona disposizione di spirito e penitentemente espiavano; li consolai. Vidi tutti cotesti luoghi siccome purgatorii sulla terra. E quindi dovei andare presso alcuni vescovi. Ne trovai uno molto dedito al secolo, che sedeva ad un banchetto cui sedevano pure delle donne. Calcolai il costo di quel banchetto e quanti poveri avrebbero potuto vivere col prezzo del medesimo. Allora lo rappresentai a quel vescovo, e siccome egli perciò divenne sdegnoso e di mala voglia, gli dissi che tutto ciò verrebbe notato da un angelo, che stava al disopra di lui con una sferza. Ei mi rispose esser questa cosa da nulla e che altrove andava assai peggio di qui. Vidi ciò essere effettivamente vero, ma vidi pure dappertutto l'angelo del castigo. »
In una con coteste opere di orazione collegate con pene sì gravi da sopportarsi in pro delle povere anime, sopravvenne sul chiudersi della ottava un quadro consolatorio, in cui ella vide tutti i risultamenti di quelle opere di carità da lei esercitate sino dall'infanzia in pro di quelle anime. « Mi trovai nel paterno tugurio, e mi pareva come se dovessi maritarmi. Tutte quelle anime per cui avea in qualsiasi occasione pregato si fecero innanzi e mi apportarono ogni sorta di regali, che deposero ed aggiustarono sul cocchio nuziale. Io non poteva con contegno e pazienza aspettare il momento di partire. Provava imbarazzo e vergogna per tante belle cose, nè volli alla fine prender posto sul cocchio nuziale. Mi strisciai per disotto a quel cocchio, e corsi a gambe innanzi verso la casa nuziale. Nello strisciarmi sotto quel cocchio mi feci per altro una macchia di pece nella mia candida veste nuziale; era già giunta a Märtens-Winckle, quando mi (feci accorta con grave turbamento di quella macchia. Non sapeva davvero come aiutare me stessa in quell'imbarazzo; ma ecco che il beato fratello Nicolò ( di Flue ) mi si fece incontro e mi aiutò porgendomi alquanto butirro, e la veste divenne di bel nuovo candida e pura. La casa nuziale poi era quella scuola ove io era andata da bambina; solo che quel luogo era ora molto più vasto e più bello. Le due antiche e sante monachelle erano ora le damigelle che mi accompagna vano alle nozze. Ed ecco che tosto giunse anche il mio Sposo col cocchio nuziale. Intanto in quella casa della scuola io mi pensava: ecco che ora sono qui per la terza. volta; la prima si fu quando da bambina fui condotta a scuola, e per via mi comparve la Madre di Dio col suo bambino, e mi disse che se avessi bene imparato ei diverrebbe mio sposo. La seconda volta si fu quando me ne andava in convento, e qui in questa casa della scuola venni fidanzata in una visione; ed ora è la terza volta che qui sono, e vi debbo essere maritata. Tutto era adesso pieno di magnificenza ed ornato di frutti; e la casa ed il giardino ergevansi in alto per sopra la terra, ed io di lassù scorgeva il deserto e torbido mondo. Seppi nel mio interno che quello strisciarmi per disotto il cocchio significava il morire per impazienza prima di aver compiuta lá imposta missione, e quindi lo indietreggiare alquanto nel merito. »
9 Novembre. Dovei lavorare qua e là in molte vigne, dove i preparativi erano assai mal ordinati, per garantire i tralci dal gelo. Venni anche a Coblenza, e nelle sue vi cinanze fui costretta a lavorare con gran fatica. Mentre io andava allora in me pensando di rivolgermi alle povere anime del purgatorio, ecco che mi si fecero innanzi nove figure che portavano fardelli sugli omeri. Una decima figura avea deposto il suo fardello ed era fuggita via. Io però dovei prendere quel lungo e pesante involto sulle mie spalle per sostenerlo col braccio, e carica così, circondata dalle nove altre figure, montar sempre in su verso oriente.
Quel sentiero non era punto naturale; andava dritto come a cordone verso oriente ed era luminoso; dai due lati però regnavano la oscurità e la nebbia. Mentre io soggiaceva al peso di quel fardello, nè poteva proseguire più oltre, ecco che su quella via apparve un sedile, sul quale poteva deporre il mio peso. In quell'involto era racchiusa una grossa figura umana, ed invero era quella di colui, che un paio di giorni innanzi sant'Ignazio mi aveva mostrato affatto immerso nel pantano; e seppi che egli era uno degli ultimi principi elettori di Colonia. Egli avea pure legato e raffermato al braccio un cappello o corona elettorale. Gli altri nove erano come lacchè o scorridori, come suolevano mantenerli cotesti principi. Pareva che non potesse andare da sè come gli altri, e che uno di loro, che sino allora lo avea trascinato, lo avesse poi piantato là nell'imbarazzo, e ch'io dovessi succedere invece di costui. Sempre montando pervenimmo alfine in un luogo affatto maraviglioso. Giungemmo ad una porta, di cui stavano a guardia alcuni spiriti. Quei nove andarono dentro direttamente, ma il fardello mi fu tolto e ritenuto in deposito, ed io stessa venni diretta a destra verso un alto baluardo. Là dove giunsi sorgevano alberi. Poteva di lassù veder molto lungi a me dattorno; ma non vidi altro fuorchè una estensione di acque meravigliosamente grande, interrotta da ogni sorta di trincee, baluardi ed elevazioni, cui lavoravano innumerevoli figure. Coteste figure erano di re, di principi, di vescovi e di altre genti di ogni sorta, specialmente poi di domestici e familiari. Alcuni principi aveano rilegate le loro corone al braccio; i peggiori le aveano legate alle gambe. Tutti doveano lavorare a quelle trincee collo scavare, trasportare col carretto, arrampicarsi e cose simili. Ne vidi molti che sempre ricadevano giù da quei baluardi, e di bel nuovo erano costretti a montarvi. Le anime dei servi doveano qui dare impulso e sollecitare quelle dei loro antichi padroni. Per quanto lungi io vidi, tutto consisteva in acqua e baluardi, e solo presso di me sorgevano alcuni alberi ma senza frutto. Vidi poi colui che io aveva trasportato, lavorare anch'esso a quelle fortificazioni; credo che dovesse sempre lavorare e scavare sotterra. Quei nove compagni parlarono meco; io doveva aiutarli in alcunchè, ora dimenticato. Qui non vi era alcuna anima di donna. Pareva che questo soggiorno fosse migliore del purgatorio, giacchè qui vi era moto ed azione. Parea pure come se quelle anime dovessero pareggiare e colmare alcunchè. A mia gran meraviglia non vidi alcun limite a quel circolo di visione; vidi soltanto il cielo al disopra; attorno a me, a dritta e a manca, quei lavoranti, ed un'infinita superficie di acqua e di aria.
«Dipoi mi fu molto al di là mostrato un altro spazio od estensione, ove erano donne soltanto. La mia Guida mi disse di entrarvi. Siccome sul principio io non sapeva come fare, mi disse: Devi entrarvi portata sulla tua fede ! Allora volli prendere la mia pezzuola, distenderla sull'acqua, e su quella assisa andar oltre; tosto però sopravvenne una piccola zattera, sulla quale m'imbarcai e passai oltre senza remigare. La mia Guida accanto a me si librava in aria per sopra quei frutti. In quello spazio giunta, vidi esservi una specie di soggiorno vasto e quadrangolare, e là dentro rimanersi soltanto anime femminee d'ogni sorta, ed anche monache ed altre anime a me cognite. Avevano molti giardini da coltivare, ed anche qui le serve doveano comandare alle antiche padrone. Abitavano in capanne di frascato. Ai quattro angoli di cotesto soggiorno stavano librati in aria quattro spiriti guardiani. Aveano sospeso ai rami dei più alti alberi quattro piccoli abituri come casotti da sentinella. In questo luogo le anime coltivavano più specie di frutti, ma non erano per anco appieno maturi, giacchè costà annidava molto la nebbia ed eravi un'atmosfera bassa ed oppressiva. Quanto queste anime riuscivano a coltivare, lo donavano ad altre anime che vidi errare ed aggirarsi in altro luogo angusto e non considerabile, situato fra alti monti di ghiaccio. Carica vano quei frutti sopra zattere e venivano agli abitanti di cotesto luogo, che di bel nuovo trasceglievano quei frutti e rinviavano i migliori ad altri luoghi, abitati pure da anime. Coteste che si stavano sui monti di ghiaccio erano anime di popoli non cristiani, e ancora mezzo selvaggi.
Le donne mi domandarono che anno corresse, e come ora andassero le cose sulla terra. Lo dissi, e pensai che ben pochi doveano venir dalla terra quassù fra loro, poi chè commettevansi laggiù cotanti peccati. Non rammento più che cosa oltre questo io lassù mi facessi.
« Il regresso ebbe luogo sempre scendendo per angusto sentiero. Avvenne quindi che vedessi il monte dei profeti; tutto mi parve lassù più verde e più rigoglioso. Eranvi sotto la tenda due figure occupate coi libri. L'uno imponeva sulla tavola nuovi rotoli, l'altro cancellava dai libri. Vidi allora le estremità della terra sporgere in fuori; vidi fiumi come fili d'argento, e mari come specchi; riconobbi boschi e città, e venni finalmente a scendere sulla terra presso le rive del Gange. Quando guardai indietro sulla mia strada, mi parve assomigliarsi a un raggio sottile che come una scintilla si perdette nel sole. Quei buoni indiani che ultimamente vidi pregare innanzi ad una croce, aveano adesso eretta una verdeggiante chiesa con frasche intrecciate, che era di molto bella apparenza. Eransi riuniti in numero e celebravano gli ufficii divini. Di là venni attraverso la Persia verso quel luogo ove Gesù insegnò in questo tempo, prima della sua crocifissione. Non rimaneva più di quel luogo cosa alcuna fuorchè certi begli alberi da frutto, ed anche le traccie di quella vigna che il Signore ivi avea piantata, Di là mossi verso l'Egitto e venni per quel paese dove abita Giuditta; vidi il di lei castello e provai circa di lei il senso interno del come essa sempre più agognasse ed aspirasse al Cristianesimo.
« Percorsi inoltre un'altra meravigliosa strada, e venni per sopra il mare nella Sicilia, ove vidi molti luoghi deva stati e deserti. Poi per sopra i monti venni non lungi da Roma. Più tardi vidi in una pianura arenosa presso un bosco di abeti una banda di ladroni, che volevano assalire un mulino situato nelle vicinanze. Allorchè la mia Guida ed io ci avvicinammo a loro, uno di essi fu preso da gran paura e disse agli altri: Mi sento invaso da sì grave spavento ! Mi sembra che siamo inseguiti ! e quindi tutti presero la fuga. Sono talmente stanca per questo viaggio, e specialmente per aver trascinato quell' anima sì pesante, che mi sento piena zeppa di dolori. Ho durante cotesto viaggio veduto e fatto straordinariamente molto, che ora ho dimenticato. »
31 dicembre. « Ho fatto meco stessa i conti del trascorso anno. Ho veduto quanto ho mai trascurato,quanto io abbia da rammendare e racconciare. Davvero io sembrava agli stessi occhi miei molto misera, e mi sono proprio sciolta in lagrime. Vidi pure molti quadri relativi a povere anime del purgatorio ed a moribondi. Vidi un sacerdote che morì iersera alle nove, e che era in vita molto pio e benefico. Per altro siccome aveva perduto talvolta del tempo in ogni sorta di scherzi, dovè per tre ore andarsene in purgatorio. Avrebbe dovuto rimanervi per molti anni, ma venne con possenti preghiere e molte Messe aiutato. Vidi i suoi patimenti per quelle tre ore, e quando fu liberato intesi, e ciò mi fece sorridere, come se dicesse al suo angelo: ora vedo che anche gli angeli possono darla ad intendere talvolta ad alcuno; io dovea restar qui soltanto per tre ore, e vi sono rimasto tanto tempo ! Quell'ecclesiastico mi era notissimo. »
Ai 29 di giugno 1821 il Pellegrino attaccò entro una striscia di carta i capelli di una donna defunta e di due suoi figliuoli, dei quali uno era morto poche ore dopo la nascita senza battesimo, l'altro in età di due mesi, ma battezzato; ed aveva attaccato cotesta cartuccia alla camiciuola della inferma, senza che ella punto se ne accorgesse. Nel dì seguente essa narrò così: « Ho veduto la vita di s. Pietro ed anche quadri relativi a quella di Maria di Marco, ma sempre ho veduto contemporaneamente un quadro di alcune povere anime, verso le quali mi sentiva come trascinata, senza che per altro potessi giungere presso di loro. Voleva consolarle, ma non mi fu possibile pervenire fino a loro. Erano le anime di una madre e di due bambini. La madre stavasi molto giù nel profondo, ma non le venni vicina. Mi parlava con voce bassa e cupa; era difficile intenderla. I bambini erano in un altro circolo, ed a loro potei pervenire. Uno era stato battezzato e potei con lui parlare; era qui come in visita ed apparteneva a un circolo più elevato. Allorchè io voleva tentare di pervenire alla madre, sembravami come se sprofondassi, come se fossi troppo pesante. Tentai di applicarle ogni genere di aiuto, offrii in pro di lei preghiere e dolori, ma non mi fu possibile con tutto ciò di pervenire sino a lei. Vidi un oscuro e vasto spazio entro un mondo di nebbia ed in quello molti circoli. Costà le anime si trovano in relazioni, privazioni e pene che necessariamente derivano dalle loro terrene imperfezioni e mancanze. Alcune stannosi in società, altre sole. Quegli spazii in cui si trovano sono torbidi e somiglianti alla nebbia, talora più scuri, talora più chiari, umidi, secchi, freddi, soffocanti, ardenti, ed anche diversi in luce ed in colore. Vidi costà nondi meno qualche debol barlume di giallastra luce mattutina. I bambini stavansi prossimi all'orlo di quel circolo. I non battezzati soffrono molto più in causa della loro correlazione coi peccati e la impurità dei genitori. I battezzati sono liberi e mondi. Non si può giovare a quelle anime se non col mezzo della grazia, colla mediazione, colla preghiera, colle opere buone, co' meriti dei santi e per ventura coi frutti che possono essere derivati da qualche buona qualità spirituale e dalla vita terrena di quelle anime medesime. Non potrebbesi meglio rappresentare allo spirito una idea adequata di cotesto stato, che collo immaginarsi qui sulla terra istituzioni e luoghi di perfetta e giusta correzione e miglioramento, nei quali tutto fosse nel modo più proficuo misurato e diretto a castigare e correggere le mancanze dei detenuti ed esigerne espiazione e soddisfacimento. Se si ponga da lato col pensiero la separazione corporea e materiale degli uomini, e si rifletta che l'uno può agire sull'altro ed in pro dell'altro, si ottiene un'immagine reale e completa della espiazione e della liberazione. Il prigioniero non può far altro che patire; egli è come un membro infermo o paralizzato di un corpo. Se per altro le arterie ed i nervi più immediati, che stabiliscono relazione fra lui e le altre parti del corpo, non sono affatto morti e perduti, in tal caso i suoi patimenti si comunicano per consenso e compassione alle altre parti del corpo, che allora tentano di liberarlo. Come poi negli stabilimenti terreni di punizione e castigo si può pervenire ad ottenere grazie colla mediazione e cogli amici, e anche col supplicare, lavorare, espiare, cancellardebiti, ovvero nei giorni più solenni di grazia e perdono; e come coi detenuti in carceri più profonde è solo possibile il parlar da lontano, e forse da una finestra o per di sopra ad un muro, così accadde pure in qualche misura anche in questo regno di pena e di espiazione. Come poi nelle carceri terrene tutto è commisto con colpe, e menzogne, ed ingiustizie, qui per il contrario tutto ciò che si fa e viene impiegato a consolazione ed aiuto dei miseri, è di perfetta giustizia. Regna in ciò lo stesso divario che passa fra il denaro terreno e quel danaro morale che vale soltanto a riconciliare e ad estinguere debiti presso Iddio. Feci molti tentativi per comprendere quell'anima ed aiutare lei ed i suoi figli, ed allorchè mi immaginava di averla sollevata e portata in su, si appresentava sempre qualche nuovo ostacolo. Mi riuscì a commuovere la santa Maria di Marco ed a deciderla ad accompagnarmi; giacchè cotesto quadro di quelle anime mi si appresentava sempre commisto ed interrotto dalla visione della festa di s. Pietro e di Maria di Marco. Venne adunque meco, e per aiuto dei suoi meriti potei pervenire più vicina a quelle povere anime. Ebbi pure un ammonimento ed un quadro relativo ad un morto bambino che non poteva venir sepolto, ma che io dovea far seppellire, ed a ciò doveva pur contribuire il Pellegrino. E seppi che l'anima di quella povera donna molto desiderava per sè il merito di cotesta buona opera come se le fosse necessaria. Oltre di ciò mi disse quanto dovea farsi a di lei vantaggio con continue preghiere, ed a tempo opportuno lo dirò al Pellegrino. »
Il giorno dopo venne una povera donna di Dülmen e pregò di un'elemosina per le spese di sepoltura del suo bambino morto in età di tre anni. Era quello stesso che la inferma avea veduto nella notte. Il Pellegrino vi contribuì, ed Anna Caterina medesima fornì alcuni pannilini.
Ciò avvenne a merito e suffragio di quell'anima da lei veduta.
1 luglio. « Mi son trovata di bel nuovo con quell'anima. Avea da fare con un piccolo bambino ch'io dovea rivestire. Il bambino non avea per anco alcuna forza e ricadeva come inerte. Doveva rivestirlo di una vesticciuola che una signora mi avea data. Credo che fosse la Madre di Dio. Quella vesticciuola era bianca e trasparente, e nondimeno guarnita di striscie come fosse ricamata. Mi vergognava tanto e non so perchè, se non forse per le persone cui si spettava il vestirlo. Quel bambinello per l'innanzi non potea stare in piedi. Ora però vidi che se ne andava ad una festa, ove molti pargoletti riuniti giuocavano insieme. Quello spazio ove ciò avvenne e dove la madre ora trovavasi era migliore, era più chiaro. (Cotesto quadro ella lo vide dopo che fu sepolto il bambino). L'anima della madre mi ringraziò, e ciò non succede già come qui, ma si sente nell'interno. Costa grande stento e fatica il per venire ad anime simili, giacchè da loro non possono fare cosa alcuna. Ove un'anima simile potesse soltanto per un quarto d'ora venir sulla terra, potrebbe cancellare molti anni di castigo. »
3 luglio 1821. « Dovei nella crociata del duomo di Münster purificare con grave fatica e stento certi pannilini di chiesa, che mi erano stati portati da ogni lato dagli ecclesiastici del paese. Venni in ciò aiutata da Chiara di Montefalco, da Francesca Romana, da Lodovica e da molte beate monachelle del nostro convento. Io era soprattutto occupata coll'inamidare e dar l'indaco. Il lavoro era molto grave ed io volea sempre sapere che ora fosse, e me ne andava a guardar l'orologio. Ed ecco che venne a me una povera anima alle mie preci raccomandata dal Pellegrino, e mi diè un piccolo oriuolo a polvere, di cui mi disse che cotesto strumento era divenuto per lei orribilmente pesante.
Se lo trasse fuori da lato. Lo presi, e cotest'anima sentissi ineffabilmente alleviata e gioiosa nell'essere libera da quell'oriuolo. Io però non lo trovai tanto pesante, e mene tornai di nuovo al lavoro, ed in me stessa pensava di vendere quell'oriuolo a beneficio dei poveri. Ma trovai il lavoro affatto disordinato e perduto, e ne divenni quasi impaziente. Allora quell'anima si accostò a me di nuovo e mi sussurrò: Zitta ! vi è ancora assai tempo ! e mi pregò molto a continuare il lavoro tranquillamente, come se essa venisse a soffrire, e fosse respinta addietro per causa di quella mia impazienza. Mi lasciò, ed io di nuovo lavai il tutto felicemente, e rimisi anche in ordine tutta quella roba inamidata che era ita in malora, e che adesso era tornata in buon uso. Ebbi un'altra volta il desiderio di andare a guardare l'orologio, ma mi rimproverai la mia impazienza. In questo caso gli oriuoli erano un'immagine del tempo e della pazienza; e quel mio perseverare paziente nel lavoro aveva giovato a quella povera anima, e dal momento in cui la sollevai dal peso dell'oriuolo, il tempo non le riuscì più tanto pesante. Nella prima settimana di luglio del 1821 trovavasi una donna di Dülmen in caso di laborioso parto. Fece pregare Anna Caterina ad aiutarla colle sue orazioni; e costei, che continuamente vedeva lo stato della partoriente, pregò senza posa, onde il bambino potesse almeno ricevere il battesimo nel seno della madre. La balia, fino allora indecisa, l'amministrò a quella creatura che era ancor vivente, ma che nel giorno successivo venne al mondo già morta. La partoriente visse sino al 13 luglio; ma il bambino nato morto comparve nel dì 8 ad Anna Caterina, svelto e lu minoso, e come se già da lungo tempo la conoscesse, la ringraziò del battesimo disse: Senza di ciò sarei andato a stare fra i pagani.
13 luglio 1821. « Vidi la vita di santa Margarita. Il di lei padre era un ragguardevole sacerdote d'idoli in Antiochia. Lo vidi abitare in un bel palagio, quasi come quello di sant'Agnese. Una grazia straordinaria era collegata colla nascita di Margarita. Essa risplendeva. La madre dovea bene avere avuto qualche contatto col Cristiane simo, giacchè la vidi piena di bramosìa pel battesimo, e pel desiderio che la sua bambina divenisse cristiana, piamente morire per le conseguenze del di lei parto. Il padre affidò la bambina ad una nutrice di campagna. Costei non era maritata; la di lei prole per altro era morta, ed essa era segretamente cristiana. La vidi molto commossa dai meravigliosi costumi della bambina divenire virtuosa e pia, ed educarla affatto cristianamente. Vidi sovente l'anima della di lei madre ed anche angeli curvarsi sulla cuna di Margarita. Vidi come quella nutrice portasse in città la bambina al suo genitore, e costui la tenesse sollevandola dinanzi alle immagini dei suoi idoli, e come la bambina si divincolasse e resistesse a quell'atto, ed il padre se ne corrucciasse. Vidi che esso prese seco in città quella fanciulletta allora nel suo sesto anno, e la collocò in una casa d'educazione diretta da un maestro pagano. Eranvi là dentro molti fanciulli e fanciulle e fra loro anche maestre. Vidi spesso apparizioni di angeli e segni di direzione e guida divina presso Margarita. La vidi apprendere ogni sorta di ricamo, e dovea pure adornare e porre in ordine fantocci e bambole imbottite. La vidi già cresciuta in età e rinviata da quei maestri pagani alla casa paterna. Il genitore voleva che in casa ella facesse offerte agli idoli, ma essa si rifiutò e ne venne molto maltrattata. Attrasse per altro a sè molte vergini. La vidi ben sovente punita, anzi flagellata a causa della sua inclinazione al Cristiane nesimo. La vidi anche nel suo duodecimo anno rinchiusa con certi giovani che la doveano sedurre; ma ella ricevè sempre divino aiuto. Una volta avrebbe dovuto fare offerta agli idoli anche nel tempio, ma si oppose con ferma resistenza, e venne perciò dal padre molto malmenata.
Dopo la vidi con altre custodire le pecore, e ciò dovea essere un castigo. Vidi che un giudice ragguardevole di Antiochia, che di là passava, la vide, e la domandò in matrimonio al padre. Venne allora richiamata in città, e siccome si confessò per cristiana fu chiamata in esame e martoriata. La vidi una volta tutta lacera e dilaniata nelle sue carni pregare in carcere, e vidi la di lei madre ed un angelo a lei venirne e guarirla. Ebbe pure in carcere una visione circa un fonte ed una croce che vi sovrastava; e che si riferiva al futuro battesimo e martirio. Siccome fu trovata affatto guarita, cotesta guarigione fu ascritta agli dei. Ma essa maledì cotesti dei, ed io la vidi abbruciare con faci sul luogo destinato ai martirii, e quindi gittare in una fossa piena d'acqua per annegarvela. Essa vi fu con molte altre legata a certi pali talmente nel profondo, che quelle acque le passavano per sopra la testa. Vidi allora che essa era entrata in quell'acqua con vivacissimo desiderio che quella immersione le servisse di battesimo, e vidi che una luminosa nuvoletta in forma di croce si abbassò dal cielo sopra di lei, e che in quella apparve un angelo con una corona. Ciò pure videro molti dei circostanti e confessarono Cristo, e vennero presi e martoriati. Ed ecco che sopravvenne un gran terremoto; i vincoli che ritenevano la vergine si spezzarono ed essa venne fuori di quell'acqua, sana appieno ed illesa. La vidi ricondurre in carcere fra grandi grida e tumulto; e vidi come ella si stesse pregando, e un grosso drago a testa di leone verso lei si avanzasse, ed essa facesse il segno della croce verso la sua gola spalancata, ed afferrandolo colla mano gli schiacciasse il capo contro terra. Vidi in quel momento venir nel carcere quei due uomini che si proponevano di abusarne, ma fuggirono e la terra tremò. Allora Margarita venne condotta in un'arena di gladiatori, ove era raccolta innumerevole moltitudine. Le aveano messo dattorno molte fanciulle per spaventarle. Pregò il carnefice a lasciarla parlare e parlò in modo sì commovente a quelle vergini, che tutte ad alta voce confessarono Cristo e vennero decapitate con lei. Vidi che cotesta santa viene invocata dalle donne partorienti, perchè la di lei madre la partorì morendo in stato di conversione, e perchè ella medesima con grave martirio partorì spiritualmente tante figliuole al Signore.
« Ho avuto in seguito la vista di un altro orribile quadro. Sul principio non sapeva qual relazione ciò potesse avere con questa santa. Vidi un grosso e spaventevole cignale che sbucava fuori da un luogo profondo e paduligno. Io tremava e fremeva. Era l'anima di una dama ragguardevole di Parigi, che mi disse non poter io pregar per lei, giacchè non vi era mezzo di aiutarla, ed essa doveva fino alla fine del mondo rimanersi e rivolgersi in quella cloaca; ma ch'io dovea pregare per la di lei figlia onde si convertisse, nè fosse cagione di tanti mali e guai quanti la madre ne avea cagionati. Io ebbi la visione di santa Margarita entro una piccola cappella di Parigi, unico avanzo che restasse di una distrutta badìa. Là dentro trovasi una porzione di un braccio e del teschio della santa. Dopo che ebbi venerato quelle ossa, vidi l'anima di quella dama ed un quadro della sua vita. La tomba sua giace non molto lungi dalla cappella. Essa era di altissimo rango, e durante la rivoluzione fu cagione di gravi mali; per colpa sua moltissimi sacerdoti perdettero la vita. In mezzo però alle sue viziose disposizioni, nutrì sin dalla prima gioventù una certa venerazione per santa Margherita, e fece che la cappella della santa non venisse distrutta; perciò colla di lei intercessione ottenne la grazia di potere implorare aiuto d'orazioni per la figlia, onde impedire la continuazione dei suoi proprii peccati. Vidi cotesta sua figlia in alta e ragguardevole situazione sociale, e starsi in relazione e commercio coi pessimi e più pericolosi partiti di quel paese. »
28 agosto. Ogni sorta di persone defunte già da gran tempo ed a me note, sono venute presso di me supplicandomi di aiuto, e mi hanno condotta per turno in angusti e scuri campicelli e spazii, ove hanno da fare ogni sorta di lavori, dei quali non possono mai venir a capo, perchè ora manca loro questo, or quell'utensile ed ordegno. Tutti sclamavano a me per aiuto, e io dovea con grave stento e fatica far per loro or questo or quel lavoro; dal che venivano alleviati. Per la più parte erano opere campestri. Fra l'uno e l' altro compito me ne tornava di nuovo a casa, e poi doveva da capo imprendere un'opera nuova. Ebbi anche da fare con lavori da vignaiuoli. Ciò fu in pro di alcuni sacerdoti, ed in un luogo pieno di pali acuti, ove la gente non potea muoversi senza ferirsi. In quel luogo vacillai, e mi ferii con uno di quei pali nella polpa di una gamba, e ne sanguinai potentemente.
Effettivamente ella avea riportato nel punto del corpo da lei indicato una larga, triangolare, e rossa cicatrice. In questi giorni provò anche un martirio tale, come se dal suo Sposo celeste le fossero state applicate ad alcune membra delle viti, e quindi fosse stata schiacciata e compressa come sotto un torchio.
30 agosto 1821. Nella trascorsa notte ho avuto serii lavori colle povere anime, e più specialmente con giudei morti e viventi. Dapprima ebbi grossi guai. Fui chiamata in soccorso dall'anima di una donna delle mie vicinanze, che avea avuto una figlia pia, ma alquanto sempliciotta, e e che essa fin che fu sulla terra, avea sempre potentemente sgridata e battuta. Io non potea in verun modo pervenire sino a quell'anima, ma udii le sue grida, e vidi che veniva flagellata e maltrattata in modo spaventevole. Ho dovuto a lungo affaticarmi per lei, ed ora devo in qualche modo eccitare la figlia vivente a rammentarsi dell'anima della madre.
« Ieri vidi il quadro di una nozza di giudei, ma non ne so più nulla. ( Ve ne era stata una in città). In questa notte venne a me l'anima di una povera ebrea e mi condusse in giro a esortar gli Ebrei a convertirsi migliorare lo stato delle anime loro. » Narrò allora ogni sorta di scene che avea avute con giudei viventi a lei noti ed ignoti. Era stata presso dei giudei nelle più remote contrade, sino in Asia e sul monte Sinai. Venne anche in una bottega a lei ben nota di giudei in Köesfeld. L'ebrea era occupata a porre in ordine, per ingannare la gente, ogni sorta di cattive mercanzie leggermente avviluppate e velate con buone, e queste erano merletti e tessuti di lino, di cui un terzo appena avea un certo valore. Anna Caterina le impedì in ogni guisa di trovar le cose di cui abbisognava all'uopo. Quella donna non potea rintracciare le merci. Si sentì inoltre spaventevolmente angustiata, corse a suo marito e se ne lamentò. Costui le disse che doveva essere incorsa in qualche colpa, forse peccato con cattivi pensieri, e che dovea farne penitenza. Vide quella donna andarsene in un angolo ad espiare. Allora ottenne potenza sopra costei e le disse ogni sorta di cose, e l'angosciò, e la sgridò e punse sì sensibilmente, che costei chiamò il marito in aiuto. Egli venne e disse: Ora non vedi tu che hai per certo peccato? Sul che quella donna si decise, in espiazione dei suoi inganni, di distribuire molti vecchi pannilini a dei poveri cristiani, ed il genere di distribuzione di cotesti pannilini e le altre ele1mosine, riuscirono, per cooperazione della veggente Anna Caterina a lei comparsa, espiatorii per diversi peccati di cotesta ebrea.
« Fui dall'anima della vecchia ebrea condotta nel luogo di soggiorno delle anime dei giudei, e dovetti costà consigliare ed aiutare diversi poveri israeliti di Köesfeld, che in parte conosceva, in parte no. Vidi cotesto luogo starsi affatto separato e come sospeso al luogo di purificazione dei cristiani. Mi sentii molto commossa nel vedere che costoro non erano perduti in eterno. Vidi i più diversi e dolorosi stati. Vidi una povera famiglia ebrea, d'altronde molto pia, che fra noi trafficava in vecchi oggetti d'argento ed in ogni sorta di coserelle di simil genere, collocata in luogo somigliante a bottega di orefice. I membri di cotesta famiglia doveano sempre fondere, e pesare, e limare, e sempre mancava alcuna cosa agli oggetti che preparavano e non ne venivano mai a capo; sempre rimaneva alcunchè da farsi, e doveano di nuovo principiare. Mi ricordo aver loro preparato e costrutto il mantice. A tutti costoro parlai del Messia e di altre simili cose, e quant'io faceva lo consigliava e lo ripeteva pure la vecchia ebrea. Vidi pure anche giudei che nuotano e sguazzano nel sangue ed in ogni sorta d'intestini, e sono tormentati da una nausea incessante; altri che corrono senza posa, trascinano pesanti fardelli e li rotolano in su e in giù. Altri soffrivano ogni sorta di patimenti cagionati dalle api, dalla cera e dal miele. Ciò non si può descrivere. Fui pure presso tutti gli ebrei di questo nostro luogo. Venni di notte nelle loro abitazioni. Il rabbino era incapace d'essere commosso; era come impietrato. Non avea in sè aperto niuno accesso alla grazia; non potei a lui approssimarmi in alcuna guisa.
La signora P... si tiene strettamente legata e come incatenata al principio, che è peccato anche il pensare semplicemente a cosa cristiana, e cotesto pensiero deesi tosto rigettare. La più prossima al Cristianesimo è quella grassa ebrea che traffica e vende carne; se non fosse così inclinata alla frode, sarebbe più accessibile alla grazia. Per altro, niuno ha misericordia e compassione per cotesta gente. Mi accostai al letto di quella signora e cercai di agire sopra di lei. Molto le dissi, e vidi che si destò e corse spaventata a suo marito, e gli disse che credeva che l'anima di sua madre le fosse comparsa. Si trovò presa da spaventevole angustia, e si decise a dar qualcosa ai poveri cristiani. Fui pure presso i giudei abitanti in un gran ghetto; eranvi costà molte pie persone. Eranvi pure molti ricchi ebrei, il cui lastricato pavimento era pieno zeppo d'oro e di gemme. Fui presso giudei ricchi e di alta condizione, ma pur troppo con costoro non vi era nulla da fare. Fui pure in Tessalonica. In una grande città ebrea ove mi trovai in contatto con molti pii israeliti, li vidi dopo commossi ragunarsi e conferire fra loro dicendo che era venuto il Messia. Si raccontavano ogni genere di commuovimenti e di dolci e grate conghietture. Fui pur presso certi ebrei che abitavano sul monte Sinai, in antiche spelonche di ladroni, ed esercitavano molti ladroneggi e crudeltà. Forse ho dovuto spaventarli a vantaggio dei cristiani e dei pellegrini che ivi si presentano. »
18 dicembre 1821. « Vidi una contadina ritornarsene a casa da una Sacra. Le si accostò un'anima, una grigia e melanconica apparizione, che le sussurrò alcunchè nell'orecchio. Questa donna continuò il suo cammino; era trista e credeva che fosse soltanto una vana immaginazione, e quindi se ne andò in una camera a parlare con una fantesca. Quell'anima per altro non si allontanò, ma proseguì piuttosto a sussurrare discorsi nell'orecchio di quella donna; costei per altro nel susseguente giorno se ne andò di bel nuovo alle feste della Sacra. Allora quella grigia e melanconica figura si approssimò a me e mi parlò con cupa e profonda voce, come se scaturisse da un pozzo, e mi parlò in brevi sentenze, colle quali per mezzo di poche parole mi vennero impressi gravi e profondi sensi. Intesi da lei trovarsi ella in doloroso stato di prigionia, perchè era nata in un ovile in cui le pecore non andavano punto a pascersi nel vero pascolo, e quindi appena conoscevano i loro pastori, e nulla di buono poteano da loro ricevere. Esser cosa veramente spaventosa il vivere per colpa degli avi nella ingiustizia e nella cecità, ed avvedersene soltanto dopo la morte. Essa aver missione da Dio di persuadere quella contadina e rattenerla, giacchè eccitata da falsi amici trovavasi nel periglioso procinto d'incominciare un processo, per cui perderebbe e casa ed averi, e ridurrebbe tutte le di lei figlie in povertà. Cotesta contadina avea ammogliato il proprio figlio colla sorella d'una vedova e si era lasciata andare talmente in sua balìa, che ne era stata indotta a cominciare un processo da rovinarla interamente nelle sostanze e nel credito. L'anima che parlava era il marito di quella contadina, e di ceva che non godrebbe alcuna tranquillità, finchè la moglie non venisse a mutar pensiero; sciaguratamente però ei trovavasi in stato sì misero e ristretto, che non potea far altro fuorchè col mezzo di interni rimproveri destare inquietudine nella propria moglie e indurla a migliore avviso. Ei non si ristava dal farlo, ma sino allora tutto era riuscito inutile, perchè quella donna credeva sempre tutto ciò esser vane fantasie, non ne parlava ad alcuno, si distraeva con nozze, battesimi e sacre, dava retta soltanto a falsi e dissimulati servi e fantesche, che sempre più la sospingevano alla rovina, e punto non ascoltava gli onesti e giusti vicini. Quella casa poi e la domestica economia non erano punto benedette, perchè quella contadina non si confessava di antiche mancanze, e sopprimeva sempre gli interni ammonimenti; avvegnachè non si dà, nè ottiensi grazia alcuna, fuorchè sulla via e per mezzo della penitenza. Già da lungo tempo, disse quell'anima, cerco di disturbarlo spirito dell'infelice mia moglie, ma essa sempre più si abbandona all'influsso della vedova, e quindi e casa e sostanze andranno in malora; non mi ascolta, e quando si sente oppressa dall'inquietudine nè sa come liberarsene, corre alla stalla e nei prati, sorveglia gli armenti ed i campi, ovvero fa lavorare. Tu hai pregato ultimamente per la mia povera moglie, ed hai si efficacemente pregato che Iddio ti ha esaudita; gli hai offerto i gravi patimenti del giorno in pro di mia moglie, ed ho quindi ottenuto di potere a te venire e di prenderti meco in aiuto. Voglio ora condurti a mio figlio e con lui devi parlare; io sono talmente vincolata che nol posso. Forse che mio figlio potrà aprire gli occhi a sua madre; egli è buono e semplice, e ci presterà più facilmente credenza. Allora con quell'anima me ne andai dapprima alla Sacra, ove sua moglie sedeva con altre donne. Vidi che quello spirito si appressò alla moglie e le parlò nell'orecchio, dicendole che dovea alla fin fine liberarsi dalla vedova, e non perdere anima e corpo, sostanze e beni in un ingiusto processo. Vidi pure che la moglie di nuovo inquieta lasciò quella brigata e andò in cerca di altri trattenimenti. Quell'anima mi disse pure che la moglie imbestialita era proprio sul punto di immergersi sempre più in quell'affare, ma che ei non si ristarebbe, giacchè la sua miseria e separazione dalla luce nell'altro mondo, venivano accresciute e moltiplicate dalla perversità della moglie; giacchè per colpa sua molte cose erano state neglette nell'andamento delle cose domestiche. Ei mi condusse allora a suo figlio.
La via per giungervi era lunga e deserta, e dovetti passare per sopra un largo stagno dalle onde agitate. Eravi costà gran periglio; sentivami impaurita ed inquieta. Aveva accanto a me quel torbido e grigio spirito, che parlava sì cupamente come da lungi, e tutto era pieno d'angoscia e di pericoli. Durante la via quell'anima, nel passare presso ogni campo, presso ogni capanna, mi diceva qual peccato o delitto stesse sospeso su quei luoghi, e come scongiurarli colle preghiere, e che cosa fare. Dopo che avemmo oltrepassato quello stagno, la via si diresse per aride e scure contrade verso settentrione. Venimmo in un vasto luogo; quell'anima mi condusse per sopra un campo in una capanna; eravamo nella camera del figlio. Ei si spaventò, credo che vedesse l'anima di suo padre, ma pure si riebbe e ricuperò i sensi. Dovetti a lungo parlare con lui, e dirgli che doveva pregare in miglior modo onde pervenire a salute, e ciò che dovea far relativamente a sua madre; e che perde rebbe tutto se proseguisse a lasciarsi andare al processo consigliato da sua cognata. L'anima di suo padre, che non poteva pervenire sino a sua madre, gli raccomandava di avvertirla, e di dirle qual fosse la vera cagione della sua inquietudine. Dovetti anche dirgli molte altre cose importanti che ora non rammento. Vidi che cotesto figlio era semplice, buono e pacifico; aveva faccia ritonda, naso al quanto schiacciato, non sapeva nè di collera nè di rancore, era molto commosso, desideroso di camminare per la retta via, e sua madre gli destava grave compassione. La semplicità di cotesto giovine contadino era molto commovente. Vidi allora l'effetto delle mie parole come in visione lontana. Vidi quel figlio con una fiaccola di pino accesa andare in cerca della propria moglie che trovavasi nella stanza del telaio.
Essa lo seguì di mala voglia e gli fece vedere come fosse occupata all'arcolaio. Ma costui le parlò di ciò che gli era avvenuto e pregò caldamente perchè sua madre potesse liberarsi da quel processo. Intesi cotesta sua moglie dire una volta: Conviene levarle anche il vestito di dosso a tua madre. Vidi però il marito pregarla in pro di sua madre anche genuflesso, e supplicarla a far sì che le potessero rimanere almeno due campi o due poderi, ch'io vidi come isole sospesi nell'aria. Vidi pure ed intesi che la moglie gli disse: Tu sei tanto onorato e buono che voglio, se posso, render un vestito a tua madre. Sembravami come se allora il processo della vedova andasse male, come se il di lei affare propendesse verso il lato oscuro della perdita, e come se la contadina non fosse più oltre imbarazzata in quel negozio. Cotesta contadina la vidi più povera, ma pur camminante per miglior via, fra gli altri contadini di quella comunità, contro i quali la vedova avea principiato quell'ingiusto processo. Dovrò bene spesso ancora accompagnare la povera anima del marito. La via che percorremmo era difficile e penosa, specialmente nel traversar quello stagno. Nell'angustia di quell'anima eravi alcunchè di molto commovente. Quando volea accostarmi alla contadina, essa sempre apparivami circondata come da un lago; non poteva approssimarmi; essa stavasi e vacillava in quel mezzo. »
Nella prima settimana d'ottobre 1821, in mezzo a gravi pene di basso ventre, essa si trovò occupata in modo penosissimo in pro delle povere anime del purgatorio. « Fui presso certe anime (così narrò), che non erano già di cattolici, in un luogo oscuro. Mancava loro alcuna cosa ch'io doveva in loro vece cercare e procurare. Desiderarono da me che io preparassi alcuni oggetti di vestiario per diversi poveri, e che ne facessi anche fare, e che comprassi pure la stoffa necessaria per mezzo di elemosine. Mi furono mostrate le forme di quei varii vestimenti, e mi venne indicato dove si troverebbero le stoffe. Dal bel principio volli ricusare l'incarico, ma quelle povere anime incalzarono talmente colle preghiere, che alla fine consentii, ma ciò mi riusciva molto grave e penoso. » In mezzo ai suoi dolori essa per molti giorni preparò e tagliò camicie per poveri, e durante quel tempo trovossi molto disturbata per le visite di parenti, e per la vivace impazienza del Pellegrino eccitata dalle interruzioni e frastuoni cagionati da quelle visite; pur nondimeno superò talmente tutti quelli stimoli all'impazienza, che il Pellegrino medesimo dovè confessare in data del 4 ottobre: « Quantunque soffra cotanto per dolori di basso ventre, pure oggi mostravasi allegra, paziente ed amorevole. Nuove visite di stranieri cui non potè sottrarsi, la stancarono moltissimo, ma non poterono disturbare nè la sua quiete, nè la sua buona voglia. Parlò amorevolmente di tutti coloro che le cagionano noie ed imbarazzi. »
Narrò pure quanto segue: « Ho di nuovo avuto che fare ben molto colle povere anime, e so ora tutti i vestimenti che debbo fare e preparare pei poveri. So pure la loro forma, e la lunghezza ed ampiezza della stoffa; ma non conosco per anche i poveri pei quali sono destinati. Ho avuto questa volta l'avviso di elemosinare a quest'oggetto anche dal Pellegrino. Venni a quelle povere anime nel mio viaggio alla Magion delle nozze; debbo costà nella campagna rimondare un campo deserto e spinoso. Entro la Magion delle nozze ho trovata la grassa e grossa cuoca. Aveva intorno al corpo una ferrea cintura, da cui pendevano le sue cucchiaie, ramaioli, e tutti i suoi utensili. Siccome il mio male di basso ventre molto mi tormentava, così il confessore mi ordinò di resistere a quei dolori. Mi tenni tranquilla, ma verso la mezzanotte divennero ancora maggiori, e li vidi avanzarsi verso di me per opprimermi in forma di un'orribile apparizione. Mi raccolsi per altro come meglio potei, e dissi con semplicità e con fede: Vattene via ! Che vuoi tu da me ! Non ho bisogno di te. Il mio confessore mi aveva così comandato. Ed istantaneamente se ne andò quel dolore, ed ebbi pace sino verso il mattino. » Sin dal 10 d'ottobre quegli oggetti di vestiario desiderati da quelle anime, erano pronti e compiti, ed allora fu annunziata una donna povera, che richiese appunto, pregando, oggetti simili pei suoi figliuoletti, e dalle stesse povere anime le furono indicati altri poveri, cui dovea distribuire gli oggetti rimanenti. Già in data del 7 il Pellegrino avea notato così: « Essa ha già quasi preparato tutte quelle cose che le sono state richieste dalle povere anime, ma non sa per chi debbano servire. Ha di notte fatto cercare nelle varie botteghe la stoffa necessaria, e sapeva ove trovavasi e dove mancava. »
Fine d'ottobre 1821. Da più giorni, a causa dell'appressarsi della solennità dei defunti, ella ha sempre durante la notte serii lavori, e molto da fare con povere anime che in parte conosce ed in parte no; e più d'una volta, o dall'apparire di una di quelle anime, ovvero dal loro angelo custode vien ricercata per tale o tal altra espiazione, e deve esortar i viventi a tale o tal altra opera, a tale o tal altra riparazione. Così avvenne che in una di quelle notti a lei venisse più volte l'anima di una donna defunta e le riferisse circa un possesso male acquistato che le era provenuto dai suoi antenati, e da lei poi era passato alla sua figlia ancor vivente. Anna Caterina dovè allora ammonire quella figlia e fare a questo scopo un lungo viaggio fra nevi molto alte, e si rammentò di una meravigliosa chiesa spirituale, in cui dovè servir la Messa ed amministrare il Sacramento ad alcune anime.
Io provava un gran senso di timidezza, disse ella, quantunque lo dovessi pur toccare col mezzo di un pannilino. Sentiva che come donna non poteva osare di farlo. Anche il servir la Messa mi cagionò continua angoscia, finchè il sacerdote a me si rivolse e me lo ordinò in serio modo, dicendo che ciò doveva essere. Riconobbi però in quel sacerdote la buon'anima del Lambert, che era appieno luminosa e splendente. Non ho più cotesto quadro appieno presente e non lo capisco. »
Nella mattina del 27 ottobre il Pellegrino la trovò affatto spaventata e commossa. Essa disse:
Nella tra scorsa notte ho veduto un quadro spaventoso, che non può peranco dileguarsi dagli occhi miei. Iersera pregava pei moribondi, e fui trasportata presso una signora benestante, e dovei vedere come ella andasse perduta. Combattei con Satana dinanzi al di lei letto, nè potei avere il disopra; ei mi respinse: era già troppo tardi. Non saprei dire qual cordoglio io provassi quand'ei portò via quell'anima, ed il corpo di quella donna si raggomitolò ed ai miei sensi orribile rimase lì, giacente come quello di una carogna. Io non poteva farmi a lei vicina, ma soltanto guardarla un poco dall'alto e da lontano, da dove anche angeli guardavano.
Cotesta signora avea marito e figli. Era tenuta per affatto benevola e gentile, e viveva così a seconda del mondo e della moda. Aveva un commercio peccaminoso e vietato con un sacerdote, e ciò era divenuto peccato da lungo tempo abituale, che aveva sempre taciuto. Aveva ricevuto tutti i santi Sacramenti, nè si parlava d'altro che del suo bel contegno e buone preparazioni alla morte. Sentiva però una continua inquietudine per causa del delitto occultato in confessione. Ed allora il diavolo le inviò una vecchia fatale di lei amica, cui essa manifestò il suo disturbo. Costei per altro le disse che doveva scacciare dal pensiero quella faccenda, nè cagionare alcuno scandalo; bisognava tranquillarsi sui fatti compiuti, nè dover essa omai più a lungo disturbarsi; già aveva ricevuti i Sacramenti ed edificato ognuno; ora non doveva eccitar sospetti circa la sua condotta, e andarsene tranquillamente in seno di Dio. Dipoi quella vecchia ordinò che la inferma fosse lasciata sola e tranquilla, ma quella infelice nella sua fantasia e già sull'orlo della morte, desiderava quel prete concui avea peccato; e quando a lei venni, trovai Satana sotto le sembianze di quel prete, che faceva le viste di pregare dinanzi a lei. Essa non pregava con lui, giacchè stavasi morente immersa in cattivi pensieri. Il maledetto recitavale salmi, esempligrazia: Israele speri nel Signore, giacchè appo Lui è grazia ed abbondante redenzione ecc.
Il diavolo era arrabbiato contro di me. Gli dissi che facesse alla morente il segno della croce sulle labbra, ma ei non potè farlo. Tutti i miei sforzi riuscirono inutili; era troppo tardi; non era possibile l'avvicinarla, e morì. Fu spaventoso e terribile il momento in cui Satana portò via seco quell' anima. Piansi e gridai. Quell'empia vecchia tornò di bel nuovo e consolò i congiunti sopravvenuti, e parlò della di lei bella morte. Quando nell'andarmene passai per un ponte della città, scontrai ancora alcune genti che voleano recarsi presso la moribonda. Pensai entro di me: ah se aveste veduto ciò ch'io ho veduto, scappereste fuggendo da lei ! Me ne sento ancora affatto conturbata e ne tremo in tutto il corpo. »
Appena avea pronunziato queste parole, pregò il Pellegrino a lasciarla; disse che era chiamata, che vedea qualcosa, che volea pregare. Il Pellegrino osservò nel di lei volto la ben nota astrazione, mentre era ancora affatto desta. Tirò le cortine del suo letto e la lasciò. Nel pomeriggio raccontò quanto segue:
« In questa mattina dopo che ella mi ebbe lasciata, vidi una monaca moribonda che non poteva ricevere il Sacramento perchè erasi perduta la chiave della sacrestia. Era un monistero soppresso, ma vi abitavano ancora le inferme ed alcune altre, per altro in abbigliamenti secolari. Alcune monache abitavano in città. Nella chiesa celebravasi ancora l'ufficio divino ed eravi il Sacramento. In quella città abitavano pure dei protestanti. Li vidi visitar l'ammalata. Venivano pure a vederla dalla città le monache soppresse, e tenevasi presso di lei gran cicaleggio bevendo il caffè.
Languiva di consunzione, era al punto di morte, e desiderava i santi Sacramenti. Quando giunse il sacerdote non fu possibile di trovar la chiave di sacrestia. Una monaca trascurata l'avea riposta presso il focolare entro un piccol forame del muro, e per distrazione dimenticata. Gran ricerche di qua e di là, e tutti correvano a gara, e ciarlavano, ed erravano nella maggior confusione. Quell'ecclesiastico se ne partì di nuovo. Vidi ciò tutto, e quella monaca era in punto di morte, ciò che niun sospettava. La mia Guida mi ordinò di pregare, e più non rammento per qual mezzo si trovasse la chiave. Il sacerdote venne richiamato e la inferma ricevè il Sacramento. Io non conosceva cotesta monaca, nè so più dove ciò avvenisse. »
Nella medesima città ove quell'infelice signora era morta, venni al letto ove pur giaceva morendo uno scrittore. Cotesto buon uomo aveva contro ogni sua volontà scritto alcune cose che mostravano ingiustizia, e che poi avea interamente dimenticate. Erasi confessato e comunicato, e per consiglio dal diavolo ispirato a certe persone era stato lasciato solo. Ecco che tosto Satana comincia a rappresentare al moribondo ogni sorta di fantasie, e tenta d'immergerlo nelle maggiori angustie. Circondò il moribondo di quadri che rappresentavano molti individui che aveano provato danno per quelle sue scritture, ed ei ne venne in grave angoscia. E così quel pover uomo dovea morirsene abbandonato. Ma allora la mia Guida mi recò presso di lui, e dovei col mezzo dell'orazione eccitare inquietudine in un ecclesiastico, onde ei si affrettasse a recarsi presso l'infermo. Costui lo riconobbe e lo pregò a non disturbarlo perchè aveva affari coi circostanti. Quel sacerdote osservò ch'ei delirava, lo asperse coll'acqua santa e gli diè a baciare alcunchè che avea sospeso al collo, e quindi l'infermo rientrò in senno e narrò a quel sacerdote ciò che l'avea così istantaneamente angustiato. E qui il diavolo ingannò sè stesso, giacchè se non avesse cagionata a quel povero uomo tutta cotesta angoscia, costui non avrebbe mai più pensato al mal fatto. Vidi allora ch'ei si fece arrecare dei fogli, e che quel sacerdote unitamente ad altri testimoni mise in ordine quegli scritti; perlocchè quel buon uomo morì tranquillo.
« Ebbi pure che fare alla morte di giovani individui che si erano rovinati la salute ballando. Ciò pure andò bene. »
Ai 21 settembre 1822 morì in Dülmen di precipitata morte in istato d'ubbriachezza un gran bevitore di acqua vita. Essa lo vide per l'intera notte in una situazione spaventosa e disse: « I diavoli lo succhiano come sogliono succhiare i cagnuoli. »
28 ottobre 1821. « Nella notte passata ho veduta la santa vergine Ermelinda. Nell'anno suo duodecimo ella avea innocente commercio con un giovane, al quale i di lei genitori voleano maritarla. La vidi in nobile condizione e ricca entro un grande palagio, e vidi come una volta volesse andare ad incontrare quel giovine sino alla porta.
Allora le comparve Gesù e le disse: Non mi ami tu più di costui? Piena di gioia ella rispose che sì, e Gesù andò con lei sino in camera e le diè un anello, seco maritandosi. Vidi che tosto si recise i capelli, e disse ai genitori ed a quel giovane che si era fidanzata con Dio. Pregai la santa a condurmi presso i moribondi e le povere anime purganti, e mi sembrò come se con lei viaggiassi attraverso l'Olanda. Dovea a stento passare attraverso le acque ed ogni sorta di terre basse e paludose, e per strati di torba e fosse incavate, e ciò con grande stento e fatica. Fui presso povere genti che non potevano pervenire a veder alcun sacerdote, perchè doveano venire tanto da lungi navigando. Consolai, aiutai, ed orai in ogni specie di circostanze. Di là me ne andai sempre più lungi verso settentrione. Non posso con precisione rappresentarmi in qual punto, in qual vicinanza trovisi il purgatorio. Per lo più vado sempre a settentrione, ma quindi perdo il contatto del suolo naturale, e deggio passare per oscuro transito, e sormontare molte difficoltà, ostacoli e pene quante ne possono derivare dall'acqua, dalla neve, dalle spine, dalle paludi e cose simili. Io vi fatico e le supero in pro delle povere anime, e quindi di nuovo mi succede bene spesso come se per oscure vie senza fondo discendessi sotto terra, e poi venissi in spazi di svariata aridità, nebbia, freddo, disaggradevolezze di ogni genere, e per colà passassi in luoghi diversi da un'anima all'altra che trovasi situata più in alto o più nel profondo, e che è più o meno accessibile. Anche nella trascorsa notte sono passata dall'uno all'altro spazio, ho consolato ed inoltre ricevuto commissioni per diverse opere e fatiche. Così io debbo recitare le litanie dei santi, ed inoltre i sette salmi penitenziali. La mia Guida mi disse di starmi in guardia contro l'irritazione, e di offrire ogni dispiacere in pro delle povere anime. Nel susseguente nattino non pensava punto più a questa recente ammonizione, e stava già in procinto di inquietarmi per certa cosa, ma soppressi cotesta tendenza e ne sono lietissima, e ringrazio il mio angelo custode che mi ha aiutata nel farlo. Non può narrarsi quanto sia grande il conforto che le povere anime ricevono da un piccolo nostro sacrificio e vittoria sulle passioni. »
2 novembre 1821. Da quattordici giorni in poi era sempre occupata per le povere anime in molte orazioni, mortificazioni, elemosine ed opere spirituali, onde condurre a compimento ciò che ancora mancava per la liberazione di quelle anime purganti. Pareva come se allestisse e preparasse cotante cose, onde poterle presentare compiute e pronte nel giorno della loro commemorazione. Offriva costantemente in pro loro colla più alta pazienza e carità tutto quanto pativa e operava. Ecco ciò che narrò:
« Ho fatto di nuovo con alcuni santi certi viaggi al purgatorio. I luoghi di espiazione delle anime non sono tutti in un sol punto; li trovo anzi molto diversi, e deggio viaggiare da un luogo all'altro. Quindi la via dirigesi sovente, in tal guisa che veggonsi al disotto mari, monti di ghiaccio, neve e nubi. Sovente mi sembra come se dovessi discendere percorrendo attorno attorno la terra. I santi che mi stanno daccanto vi passano con grande agevolezza; hanno sotto i piedi un suolo formato come di nuvole luminose di vario colore che li seguita sempre. Coteste vie luminose sono di vario colore sotto i piedi dell'uno e dell'altro, e precisamente in armonia coi conforti e le specie di aiuto che sono derivate dal genere di vita e dalle opere dei santi medesimi. Io poi deggio sempre percorrere vie torbide e dure, che affettivamente percorro pregando, siccome opera meritoria in pro delle povere anime. Mentre lo faccio, rammento ai santi i loro patimenti, e li offro insieme a quelli di Gesù a Dio in pro delle anime purganti.
I luoghi poi di soggiorno di quelle anime li veggo sempre diversi secondo il loro stato; ma pure mi fanno sempre impressione, come se fossero ritondi e fatti a guisa di globi. Non posso compararli con altri che con quei luoghi ch'io chiamo giardini, perchè veggo in essi a guisa di frutti conservate certe speciali grazie ed effetti. Così anche i diversi luoghi di soggiorno delle anime sono come giardini, serbatoi, mondi di svariate specie di disgrazie, mancamenti, privazioni, pene, miserie, angustie, e cose simili; fra loro ve ne sono ancora di più piccoli. Quando vi vengo, veggo distintamente il loro rotondo contorno, come veggo pure un raggio di luce cadervi sopra in un certo punto, ovvero un barlume che spunta nella periferia abbracciata dalla visuale. Cotesti luoghi sono i migliori. Da niuno però di essi scorgesi l'azzurro del cielo; sono per tutto più o meno di un grigio torbido e scuro. In molti luoghi le anime stannosi molto spesse e dense insieme, e costà regna grave angustia. Alcuni luoghi sono più profondi e più oscuri, altri più alti e più luminosi. Gli spazii ove si trovano separate e racchiuse sono di svariata forma; alcune, esempligrazia, somigliano a forni. Coloro che sulla terra furono uniti, trovansi là insieme soltanto, quando abbisognano dello stesso grado di purificazione. In alcuni luoghi la luce è colorata, esempligrazia, color di fuoco, o torbida, o rossa. Vi sono pure costà dei luoghi ove i mali spiriti affliggono, spaventano e tormentano le anime. Cotesti luoghi sono i più crudeli, e davvero si riterrebbero per l'inferno, ove la pazienza delle anime in modo ineffabilmente commovente non persuadesse il contrario. Non può dirsi di qual gioia, di qual consolazione riesca a quelle che rimangono indietro, il vedere la liberazione di altre anime.
Vi sono pure luoghi ove esse lavorano a lavori di penitenza, come vidi altre volte quelle che correvano all'assalto ed elevavano trincee, e quelle isole ove trovavansi donne che coltivavano frutti, e poi li trasportavano sulle barchette. Coteste sono quelle anime che possono alquanto operare per altre poste in più bassa condizione; esse trovansi in grado migliore. Ciò tutto può essere immagine e simbolo, ma è pur anche reale. Costà regna per altro una debole, appassita, e fiacca natura, e tali pure vi sono i frutti; ciò nondimeno riescono di conforto ad anime più miserabili. Spesso certi re ed alti signori trovansi accanto a coloro che in vita hanno tormentato, e li servono con umiltà in seno ai patimenti. Ho veduto pure in purgatorio dei protestanti che erano pii nella loro ignoranza. Stannosi molto abbandonati, perchè privi del suffragio dell'orazione. Quando alcune anime vengono liberate, ne veggo altre passare da più basso grado a stato migliore. Alcune possono andare errando ed hanno relazioni e commerci consolatorii. Grande grazia è quella di potere apparire ed invocare aiuto ed intercessione. Ho veduto anche luoghi, ove certe anime che sulla terra furono proclamate sante al momento del loro separarsi dal mondo, ma che per altro non avevano ancora perfezionato la loro santità, vengono purificate. Fui pure in molti luoghi e chiese, e presso alcuni sacerdoti, ed ordinai Messe ed esercizii di pietà. Fui a Roma nella chiesa di S. Pietro presso ecclesiastici di alto grado; credo che fossero cardinali. Dove vano essere costà celebrate sette Messe a suffragio di certe anime, e non so perchè era stato tralasciato di celebrarle. Dopo che lo furono, vidi affollarsi all'altare alcune povere anime oscure, e meste e abbandonate. Dicevano come affamate: non abbiamo avuto cibo da tanto tempo. Credo che fossero Messe di pia fondazione che erano state dimenticate. La soppressione e la trascuranza di fondazioni in pro delle anime purganti è un'ineffabile crudeltà ed un vero furto a danno dei più bisognosi fra i poveri, come chiaramente lo veggo. Per le vie che percorsi non vidi andare che poche e forse niune persone viventi, ma mi scontrai con anime, angeli e santi, e vidi pure molti effetti nascenti da opere di orazione. Ho pure in questi giorni trascinato molta gente al confessionale o in chiesa, che altrimenti non vi sarebbe andata. »
Passò dipoi l'intera giornata in orazione per le povere anime, recitò per loro l'uffizio dei morti, ed effuse dalla piaga del costato e dal petto sangue sì abbondante, che ne furono penetrate anche le vesti. Quando il Pellegrino a sera ritornò presso di lei, la trovò come petrificata in estatica orazione. Poteva esser rimasta in cotesto stato da una mezz'ora, allorchè il confessore entrò nella stanza. Ed ecco che allora l'estatica si alzò subitaneamente dritta, andò con sicuro passo e come persona sana al meravigliato confessore, si gittò prostrata con la faccia per terra, e volle impadronirsi dei suoi piedi, che egli timidamente ritrasse addietro, per baciarli. Finalmente ei permise che ciò facesse; ed allora ella si rialzò genuflessa ed implorò per sè e per tutte le anime che seco erano la di lui benedizione. Rimase ancora genuflessa ed orante per alcuni minuti, implorò un'altra volta la benedizione per quelle anime; quindi si alzò e con rapido passo se ne andò a letto. Il sudore le grondava dalla fronte, e la sua sembianza aveva un'espressione veramente lieta. Durante tutto cotesto suo procedimento ed anche dopo, rimase continuamente nel l'estasi la più profonda. Quando nel seguente giorno il Pellegrino le narrò l'accaduto, appena voleva credere che ciò fosse effettivamente avvenuto in tal guisa, ma per altro rammentavasi distintamente di esser stata pregata dai defunti figli spirituali del P. Limberg a baciargli i piedi ed implorare la sua benedizione. « Mi è riuscito assai grave, disse ella, ch'ei non abbia voluto tosto consentirvi, e che non mi abbia bene intesa. Non ha nemmeno data la sua benedizione con piena fede, e perciò durante la notte ho dovuto ancora fare qualche cosa in pro di quelle anime. »
2 novembre 1822. « Nella notte trascorsa ho avuto da fare molto in purgatorio. Vi andai viaggiando sempre in direzione settentrionale, e sembrami come se quel luogo sia situato al disopra del punto ov'è la più acuta parte della sfera del mondo. Quando sono colà veggo le montagne di ghiaccio come se stessero al disopra di me, e non dimeno non mi si appresenta come se fosse nell'interno della terra, giacchè vidi la luna, e tentai correndo all'intorno di quelle carceri, di praticare un'apertura onde far penetrare in alcune di quelle almeno un raggio della luce di quell'astro. All'esterno mi si appresenta siccome un muro fatto a mezzaluna, nerastro, e appena illuminato da qualche barlume di luce. Internamente poi si aprono innumerevoli vie e spazii, alti e bassi, discendenti e montanti. All'ingresso quel luogo è ancora migliore, giacchè costà errano e strisciano all'intorno le anime, ma penetrando più oltre esse sono più rigorosamente rinchiuse. Qua e là havvene una che giace in una fossa; sovente se ne veggono anche molte insieme riunite in un medesimo spazio, ma in diverse giaciture più alte o più basse. Talvolta una siede in alto come sopra uno scoglio. Più oltre di là, nella parte posteriore, la cosa è orribile; costà i demonii hanno possanza ed è come un inferno temporaneo. Le anime vi sono martoriate, e spaventevoli spettri e larve diaboliche percorrono qua e là e tormentano ed angosciano le anime.
« Veggo in purgatorio anche un luogo destinato agli esercizii di pietà; è una specie di chiesa nella quale le anime vengono talvolta consolate. Esse la guardano e la considerano come noi la nostra Chiesa. Quelle anime non ricevono alcun aiuto immediato dal cielo, ma ricevono tutto dalla terra e dalle creature viventi, che offrono in espiazione del loro debito al Giudice supremo preghiere e buone opere, mortificazioni ed astinenze, e più specialmente il sacrificio della santa Messa. Quando io me ne vado di qui verso settentrione, e vengo al disopra del ghiaccio, laddove il circolo della terra diviene più angusto e più stretto ( 1 ), allora vedesi di colà apparire il luogo del purgatorio, presso a poco come vedonsi il sole o la luna quando si abbassano affatto sull'orizzonte.
(1 ) Ai 15 di luglio 1820 narrò così: Nell' oscurità veggo la terra più sotto la forma di un uovo che di una sfera. Nella direzione di settentrione essa precipita in un modo più scosceso e più ripido; verso oriente sembra essere alquanto più lunga. Quella ripida discesa procede sempre verso settentrione.
Si viene quindi per sopra una specie di cercine, di strada, di anello (non le riusciva di trovare la precisa espressione), ed allora il purgatorio si appresenta dinanzi agli occhi in forma di un semicircolo. A sinistra, ma assai distante sul dinanzi, sorge il mulino; a dritta veggonsi i molti lavori in terra e le trincee. Quando sono in purgatorio non veggo, tranne la mia Guida, mai niun altro che visiti quel luogo, ma veggo bensì qua e là a gran distanza sulla terra singoli eremiti oranti e facienti penitenza, religiosi claustrali, e povere genti che lavorano e si affaticano in pro delle anime purganti. Cotesto purgatorio è quello della Chiesa Cattolica; le sètte sono costassù separate come lo sono quaggiù, e soffrono molto di più perchè non hanno alcuno che preghi per loro sulla terra, nè alcuna Messa celebrata a loro suffragio. Se poi quelle anime sieno di uomini o di donne, si può distinguere soltanto allorchè più da vicino si esaminino le loro circostanze e particolarità. Veggonsi figure più serene e più meste con sembianze infinitamente estequate, addolorate, ma pazienti. Non può esprimersi quanto riescano commoventi. Nulla havvi di più consolante della loro pazienza, e del vedere come l'una si rallegri della liberazione dell'altra, e come si condolga ai patimenti altrui e di quelle che di fresco giungono. Ho veduto costà anche dei bambini.
«La maggior parte degli individui la veggo lassù, a cagione di quella leggerezza con cui vengon generalmente considerati i così detti piccoli peccati, coi quali vengono neglette le piccole compiacenze verso il prossimo, gli atti benefici e le vittorie sopra noi medesimi. La relazione delle anime colla terra è mite e dolce, giacchè esse sentono già un grande alleviamento per mezzo dell'aspirazione e della bramosìa che provano i viventi di arrecar loro aiuto e sollievo. Quanto mai riuscirebbe benefico colui che sempre si dominasse e vincesse in pro loro, e di continuo aspirasse ad aiutarle !
«In quei giorni e in quelle notti ella soffrì molto per sete, e vinse e dominò sè stessa in ogni modo.
3 novembre. « Fui nella contrada che si estende dinanzi al purgatorio, sullo spazio ghiacciato intorno ad un mulino ove molti principi e re e regine debbono macinare come quaggiù lo fanno gli uomini ed i cavalli. Essi doveano macinare ghiaccio, e le donne portavano sotto le macine tutte le superflue vivande e cose preziose, ed essi doveano macinarle, e più lungi eranvi dei cani, che con quel macinato veniano nutriti. Quelli che altre volte loro servivano, erano ora divenuti i loro padroni e li sospingevano al lavoro. » Raccontò pure di un'altra strada conducente al purgatorio, che avea percorsa, ed accennò molte descrizioni di paesi, come se avesse viaggiato attraverso l'Asia verso il polo settentrionale. Era passata pel paese originario di Dschemschid, e venuta in una contrada ove sorgeva un alto monte pieno di scimmie grosse e piccole; quando un lato di quel monte si raffredda, esse si rifuggono dall'altro. Poi venne in un paese ove gli uomini avvolti in pelli portano lunga capigliatura, e sono assai brutti; si alloggiano miseramente, si fanno trascinare da cani; anzi costà i cani, senza alcuna guida umana, trascinano le slitte cariche di merci e poi tornano a casa. Costà si veggono uomini bianchi e neri, ma i neri vi sono soltanto venuti da poco. Quelle genti vanno a caccia di piccoli e lunghi animali coperti da ricche e belle pelliccie. Cotesti animali hanno lunghe orecchie e brevi zampe, ma non sono sì piacevoli a vedersi quanto gli animali che scherzano ai piedi del Monte dei profeti. Cotesti animali si rifuggono per altro di là verso settentrione. Costà havvi un paese pieno di luoghi paludigni e selvaggi, ma è al quanto più caldo e sembra che il sol levante talvolta vi penetri. Colà io veggo rifuggirsi e correre quegli animaletti, e qua e là vi sono pure uomini di piccola e misera statura con nasi schiacciati, e veggonsi sopra il suolo alberuzzi nani e stentati. Dipoi non fece più menzione di alcuna terra abitata, e disse che tutto diveniva nebbioso, e grigio, e nero a distanza. Poi venne per sopra quella via o circolo già menzionato che descrisse per essere di bronzo o di metallo, e quindi ritornò dinanzi al purgatorio, sotto il quale giace nel profondo l'inferno verso il punto medio della terra. La luna, disse ella, la veggo da quelle vie nella sua completa grossezza, e piena di caverne e di monti che sputano fuoco. Tutto vi è pietrificato a guisa di alberi di corallo. La luna attrae e rinvia gran copia di vapori, e sembra come se suggesse molto fluido e quindi lo rigettasse. Non ho veduto creature simili alle umane nè nella luna, nè negli altri pianeti; molti tra loro rassomigliansi a corpi riarsi e privi di vita. Veggo bensì là dentro anime e soggiorni di spiriti, ma niuna creatura della nostra specie.
4 novembre. Non so dove io mi sia stata, nè perchè abbia veduto un tal quadro. Fui condotta in un bel palagio; una dama mi mostrò il busto di suo marito; eranvi colà molte belle immagini e quadri pagani. Dovei sempre penetrare più addentro per porte anguste, ed alla fine dovei procedere carpone. Quelle immagini divennero sempre più brutte ed alla fine affatto orrende. Allora sopravvenne un uomo e mi condusse in camere piene di pitture che divenivano sempre più belle. Ciò vedendo pensava in me stessa: Oh se almeno il Pellegrino potesse ciò tutto vedere ! Quanto più a lungo quell'uomo vi si fermava innanzi e le considerava, tanto più belle divenivano. Alla fine venni fuori di là. Dipoi vidi un altro quadro. Vidi un marito protestante colla sua moglie cattolica passare per camere ripiene di oggetti d'arte, e mostrarle vôlte intere ricoperte di quadri e di rarità, per le quali ei molto si rallegrava; ed io udii la moglie a dire ch'ei commetteva vero peccato d'idolatria cui lo inducevano tutte coteste cose, e che invece avrebbe dovuto pensare a Dio ed alla Chiesa; ma ei le rispose credere che a Dio piacesse ogni uomo onesto e retto, e che tutto il rimanente era cosa secondaria. Essa lo contraddisse, ed aggiunse come stando a lui vicina, sentiva sè medesima quasi affievolita nella fede, ma che pure avea conservato uno degli insegnamenti del suo maestro che nominò. Vidi pure come ei la conducesse ad un avello, ove giacevano sepolti antenati suoi, ed ecco che da uno di quei sepolcri ove non eravi che putredine e cenere, tuonò la voce di un antenato di costui. Cotesta voce suonò cupa ed alta, ed in interrotto discorso, ma prolungato, gli disse: essere a lui impossibile di riparare a molte cose ch'ei stesso aveva rovinate. Ei però ancor vivente averne i mezzi, ed essere in situazione da farlo. Parlò molto a lungo del dominio e della signoria di cui si era violentemente impadronito, della sua apostasia dalla Chiesa, di molti che aveva sedotti, di miseria e di confusione. A nulla giovavano le belle arti, i balli e le piacevolezze del vivere; i suoi attenenti verrebbero succhiati e lacerati dai lupi. A ciò ei dovea riparare e questo gli era ordinato; doveva ristabilire la vera fede, render di nuovo il suo alla Chiesa; senza di ciò non gli rimarrebbe altro che quella putredine e quelle ceneri e tutto perderebbe.
« Durante cotesto lungo, ma più volte interrotto di scorso, da cui venne in luce tutta la storia di quella famiglia, quell' uomo cadde da uno in altro svenimento, e più volte volle anche fuggire; ma la moglie lo sostenne teneramente fra le braccia, e lo persuase a fermarsi e restare. Ho dimenticato le conseguenze e non so che mai fruttasse cotesta esortazione. Il padre di cotest'uomo, che, secondo il mio credere, aveva due figli, viveva ancora, ma avea perduto il senno, e quel giovine dovè di buon'ora prendere sopra di sè la direzione delle cose di famiglia. Egli e la sua moglie si amavano, ed ella avea gran potere sopra di lui. Cotesto quadro lo vidi sul mattino, a luce chiara ed essendo desta. »
Povere anime purganti dei fanatici di Wildensbucher presso Zurigo, che si crocifiggevano.
19 ottobre 1823. « Sono stata in purgatorio e vi ho veduto molti individui della setta di Krüdner, dei quali alcuni recentemente si sono martoriati da loro stessi. Cotesti individui nou erano già nel purgatorio dei cattolici, ma erano al disotto, ovvero giù in certi spazii somiglianti a fosse profonde; taluni dentro, taluni sull'orlo di quelle fosse. Erano le anime di coloro che per cecità ed ignoranza eransi trovati imbrogliati in cotesto affare. Poteano parlare colle povere anime purganti dei cattolici, e le supplicavano con amaro dolore a volere ammonire i loro amici ancora viventi sulla terra, onde riconoscessero il loro errore e si rivolgessero alla Chiesa. Le anime cattoliche risposero come esse nol potessero, e come un vivente dovesse per costoro pregare, ed agire, e far celebrar Messe. (Parve che Anna Caterina medesima prendesse cotesta missione sopra di sè, giacchè ordinò a tutti coloro cui fece dono di oggetti di vestiario, di ascoltare la santa Messa, e ne fece celebrare ella medesima). Ho pure costà saputo come il diavolo abbia sospinto quelle genti a cotesti assassinii e crocifissioni, e le abbia rese insensibili, e come molti fra costoro siano andati eternamente perduti. Riseppi pure come sia in procinto di formarsi una setta anche più strana e sottile (Descrisse la setta Hennhöfer).
Vidi pure che di quei diavoli che furono incatenati quando Gesù Cristo discese all'inferno, alcuni sono stati recentemente sciolti dai loro vincoli, ed hanno eccitata e disposta cotesta setta. Vidi che ad ogni due generazioni altri demonii vengono sciolti. »
Abitazione nella Gerusalemme celeste.
L'Overberg agli 8 di gennaio 1820 aveva consegnato in Münster al cappellano Riesing di Dülmen un reliquiario fatto a forma di torre per Anna Caterina, e costui lo avea seco portato sotto il braccio da Münster sino a Dülmen. Quantunque ella non potesse avere conoscimento veruno del progetto dell'Overberg di mandargli quel reliquiario, pur nondimeno vide per l'intera via quel cappellano che ritornava a Dülmen, che, com'ella diceva, portava sotto il braccio una candida fiamma.
« Dovei sempre meravigliarmi, disse ella, ch'ei non si abbruciasse, e mi sembrò cosa affatto ridicola che percorresse tutta quella via senza punto accorgersi di quel lume; erano per altro variopinte fiammelle come un'iride. Sul principio non vidi che coteste colorate fiammelline; ma quando si accostò più vicino, riconobbi anche il vaso che le conteneva. Costui lo portò anche passando dinanzi alla mia casa e per la intera città. Non lo poteva capire, e mi sentiva quasi disturbata, pensando ch'ei forse porterebbe quel reliquiario di bel nuovo fuori di città per l'altra porta. Le reliquie là entro contenute mi davano molto da fare. Fui avvisata che ve ne erano fra quelle di molto antiche, ed anche di poste riori, ritolte ai reliquiarii che le contenevano nel tempo degli anabattisti.
Allorchè nel susseguente giorno le venne dal Riesing consegnato quel reliquiario, ella se ne rallegrò molto, ed ai 12 di gennaio narrò al Pellegrino la seguente visione circa una delle reliquie che in quel reliquiario si trovavano: « Vidi l'anima di un giovanetto in sembianze tutte luminose a me appressarsi, coperto di una veste presso a poco simile a quella della mia Guida. Un candido nimbo gli splendeva sul capo, e mi disse di aver guadagnata la sua salute eterna colla continenza e la vittoria sulla propria natura. Lo avere anche lasciate intatte sulla pianta delle rose che molto lo allettavano, gli aveva giovato. Ed allora per mezzo dell'oscurarsi dell'intima cognizione e coscienza di me medesima, fui condotta a considerare un altro quadro. Vidi cotesta anima sotto la forma di un adolescente di tredici anni, errare con molti altri compagni entro un bello e vasto giardino; portava un cappello alquanto increspato, una giubba di color giallo ben aggiustata alla vita, aperta dinanzi e scendente sin sopra il calzone; ed attorno ai polsi di quella giubba, in prossimità della mano, eranvi dei gheroni. I calzoncelli e le calze erano riuniti e con strette aperture intagliati sui fianchi.
Quella parte di quelle vestimenta che era così intagliata era di altro colore. Le ginocchia erano fasciate; le scarpe poi affilate ed ornate di nastri. Quel giardino conteneva siepi leggiadramente rimondate, e molti ben tessuti pergolati, e piccole cupole di piacere, che spesso all'esterno sembravano quadrate; nell'interno poi erano rimondate a foggia rotonda. Eranvi anche campi piantati di molti alberi é con gente che per entro vi lavorava. Cotesti lavoratori erano vestiti nel modo con cui io suoleva vestire i pastori nel presepio del convento. Quel giardino apparteneva a signori di alto affare, abitanti nella città assai importante e patria del giovinetto. Era concesso a chi lo desiderava di passeggiare là dentro. Vidi quei garzoncelli saltellare allegramente, e dalle molte siepi di rose raccogliere di quei fiori di rosso e bianco colore. Quel beato giovinetto per altro sormontò e vinse la forte sua bramosia, e gli altri scherzando e punzecchiandolo gli tennero sotto il naso mazzetti di rose da loro colti. Ed allora quel beato spirito mi disse: Cotesta abnegazione e vittoria su me medesimo la ho appresa da un'altra molto più utile e difficile che ho sostenuta. Io aveva, tra i vicini di mio padre, a compagna di giuochi una fanciulletta, che in tutta innocenza io mi teneva carissima. I miei pii genitori frequentavano molto la predica, ed una volta io sentii in chiesa ammonire contro simili commerci, e d'allora in poi, facendomi gran violenza, evitai di frequentare quella fanciulletta, e da cotesta abnegazione nacque quella a proposito delle rose. Dopo che ebbe ciò detto, penetrai più oltre nel quadro e vidi cotesta fanciulla leggiadra e avvenente come una rosa, andare per la città, e vidi il bel palagio dei genitori di quel giovanetto esser situato sopra una vasta e quadrangolare piazza di mercato. Tutte le case erano in basso guarnite di arcati portici coperti. Il padre del giovane era un ricco mercatante. Penetrai in casa, vidi padre e madre, ed ancora più altri figli. Era una famiglia buona, pia, e cristiana mente disciplinata.
Il padre trafficava in telerie e vini; era gravemente e nobilmente vestito, e gli pendeva dal fianco una borsa da danari fatta in pelle. Era uomo alto e corpulento; la madre poi, che era pure donna fortemente costituita, aveva un ricco e bizzarro acconciamento sul capo. Portava i capelli avvolti in un cercine per sopra la fronte, e vi erano ritenuti da fermagli d'argento; per sopra portava una berretta acuta e guernita da larghe trine, da cui di dietro pendevano nastri assai larghi. Il suo vestimento era di colore rosso e bruno. Quel giovinetto era il figlio maggiore di quelle buone genti. Dinanzi alla casa posavano carri carichi di mercanzie. In mezzo al mercato sorgeva una fonte, intorno alla quale era posto un balaustro leggiadramente lavorato in ferro con figure di altezza umana. In mezzo alla tazza di quella fonte sorgeva pure una figura versante acqua; ai quattro angoli del mercato erano situati quattro piccoli edifizii a foggia di casotti da sentinella. Quella città poi giaceva in fertili contorni; da un lato era come circondata da fosse, presso l'altra porta scorreva un fiume piuttosto considerabile. Non posso indicare con precisione le vicinanze, sembrami però che fosse una città tedesca, ma pure nol so di certo. I tetti erano bensì costrutti a forma ripida, ma la parte anteriore delle case era murata in forma quadrangolare. Vidi pure dipoi che quel giovinetto andò a studio in un monistero situato in luogo solitario. Sorgeva a distanza di dodici ore dalla sua patria città, sopra un monte sul quale vegetavano delle viti. Egli era molto diligente e confidava con tal zelo nella Madre di Dio, che quando non capiva alcunchè sui libri, suoleva dire alla sua immagine di Maria: Tu hai insegnato a tuo Figlio, tu sei anche la Madre mia, quindi istruisci me pure ! E quindi gli compariva Maria in persona e lo istruiva, ed egli trattava con lei con gran semplicità e senza timidezza. Non voleva per umiltà divenire per anco sacerdote, ma a causa della sua pietà era da tutti stimato. Rimase per tre anni in quel monistero e fu durante un anno gravemente infermo, e mori nel vigesimoterzo anno dell'età sua, e fu là sepolto. Eravi uno fra i suoi conoscenti che non poteva superare le proprie passioni e bene spesso cadeva in peccato. Costui, che nutriva gran fiducia nel defunto, pregò sulla sua tomba molti anni dopo la di lui morte, ed il beato gli apparve, e lo istruì, e gli disse di osservare intorno ad un suo dito un segno formato a guisa di anello, che egli avea ricevuto al momento di fidanzarsi con Gesù e con Maria, e gli impose di indicare ad altri quel segno, onde venisse ricercato sul suo cadavere, e quindi potessero convincersi come realmente gli era comparso. Quel suo amico era un uomo nei trent'anni, così mostrava. Fu dalla tomba ritolto il cadavere, trovato il segno, e ne furono divise le reliquie. Non è stato proclamato santo. Nel modo suo di essere mi rammentava molto s. Luigi Gonzaga.
« L'anima di cotesto giovane mi condusse in un luogo che sembrava essere la Gerusalemme celeste. Tutto era costà luminoso e trasparente. Venni sopra una vasta piazza rotonda, tutta circondata da luminosi e bei palagi, ed in mezzo a quella piazza stendevasi una lunga tavola ricoperta d'indescrivibili vivande. Da quattro dei circostanti palagi spuntavano crescendo archi di fiori, e si estendevano curvandosi verso il centro di quella tavola, riunen dovisi per sopra in ben adorna corona, nella quale vidi brillare i nomi di Gesù e di Maria. Nulla eravi qui di artificiosamente costrutto, tutto vegetava ed era frutto della sua propria sostanza. Quegli archi fioriti consistevano nei più svariati fiori, frutti, e risplendenti figure. Io conosceva lassù il significato di tutte e di ciascuna cosa, giacchè vedeva ciò che era realmente; non era già, a propriamente dire, un significato, ma bensì un essere, una sostanza, che penetrava lo spirito come un molteplice strale di sole, e ad un tempo lo istruiva. Quaggiù sulla terra non è possibile lo esprimere cosa simile con parole. Da un lato ed alquanto più indietro sorgevano due chiese; l'una più vicina consacrata a Maria, l'altra a Gesù bambino. Erano ambedue ottangolari.
Quando vi fui giunta, da tutti i lati, da tutti i punti delle mura di quei luminosi palagi scaturirono e librandosi nell'aere mi si fecero incontro moltissime anime di beati bambini d'ogni sorta, come per darmi la benvenuta. Sul principio rivestivano le forme con cui sogliono apparire le anime; ma dopo li vidi tutti vestiti in quella guisa con cui suolevano esserlo in vita, e riconobbi molti dei miei compagni d'infanzia già estinti. Prima di ogni altro però riconobbi il Gasparino, fratello della Diericke, scherzevole, ma non cattivo fanciullo, che nell'anno suo undecimo era morto dopo lunga e dolorosissima malattia. Cotesto fanciullo a me venne e mi condusse, e tutto mi spiegò. Mi maravigliai meco stessa nel vedere il rozzo Gasparino sì bello e gentile nei modi. Quando gli dichiarai il mio stupore del trovarmi costà, ei mi disse: Oh qui non vieni già coi tuoi piedi, qui ci sei venuta coi tuoi costumi. Cotesto discorso mi rallegrò moltissimo. Allorchè sul principio non lo riconobbi immediatamente, mi disse: Non rammenti tu dunque come io ti abbia affilato il tuo coltello? In ciò ho vinto me stesso, e questo mi è riuscito a bene. Tua madre ti aveva dato alcunchè da tagliare, e il tuo coltello era così ottuso, che non potevi pervenire a far cosa alcuna, e piangevi, e temevi che tua madre ti sgridasse. Lo vidi e pensai in me stesso: voglio un po' vedere come la madre la tratterà; ma poi vinsi il mio malo pensiero e dissi: voglio arruotare il coltello di questa povera ragazza. Lo feci e ti aiutai, e ciò è riuscito a bene dell'anima mia. Ti rammenti tu, allorchè i ragazzi scherzavano tra loro di sì mala grazia, che dicesti che quello era un brutto giuoco, che non doveano farlo, e te ne andasti via, e ti sedesti in una fossa e piangesti? allora io venni a te e ti domandai perchè non volessi far quel giuoco con noi. Allora mi dicesti che alcuno ti aveva presa pel braccio e tratta indietro; vi feci riflessione e costrinsi me medesimo a non fare quel giuoco mai più. Ciò mi è riuscito a bene. Ti rammenti ancora come noi in gran numero ce ne andammo raccogliendo e scegliendo pomi caduti da un albero? Tu ci dicesti allora che non dovevamo dare occasione ad alcuno di scandalizzarsi di noi, e non cogliesti alcuna mela. Una volta volli colpirti gettandoti un osso, e vidi alcuno che ti sottrasse al mio colpo.
Ciò mi toccò al cuore. Molte cose simili Gasparino mi richiamò di nuovo alla memoria. Vidi allora che noi per ogni sorta di vittoria sulle nostre inclinazioni e per ogni bene operato, ottenevamo in dono a quella tavola una sempre nuova e diversa specie di vivanda, di cui gustavamo e godevamo col semplice capirne il senso simbolico che da quella in noi penetrava. Ciò è impossibile ad esprimersi.
Non sedevano già a tavola, ma librati in aria andavamo da un'estremità all'altra, ed ognuno ricevea in premio un godimento preciso e particolare per ogni sua abnegazione e vittoria morale. Sul principio risuonò una voce dicendo: Solo colui che gode queste vivande potrà capirne il senso ascoso. Quelle vivande poi consistevano per la più parte in fiori meravigliosi, frutti, rilucenti gemme, figure ed erbe, e tutte d'un'altra spirituale sostanza ben diversa da quella che lo sono quaggiù. Erano accomodate su trasparente vasellame, luminoso e indescrivibilmente bello, e da loro scaturiva una forza meravigliosa che penetrava in coloro, i quali in virtù di una precisa abnegazione del proprio volere ed inclinazione compiuta in terra, avevano una certa relazione con questa o con quella vivanda. L'intera tavola era inoltre coperta di bicchieruzzi simili a quelli in cui altre volte io prendeva i medicamenti, ed erano di cristallo e piriformi; da questi noi bevevamo. La prima vivanda consisteva in mirra, che era meravigliosamente accomodata. Da un piatto d'oro si ergeva un piccolo calice, il cui coperchio terminava in un bottone, sul quale sorgeva un leggiadro e, piccolo crocifisso. Sull'orlo di quel piatto stavano impresse lettere luminose di un colore azzurro violaceo; ma quel che significassero non potei allora comprenderlo; non lo intenderò che in avvenire.
Da quel piatto sorgevano vegetando a forma di piramide le più vaghe pianticelle di mirra, di un colore fra il giallo ed il verde, e salivano in su sino all'orlo della coppa del calice. Aveano le fogliuzze arricciate con fiori somiglianti ai garofani e d'una straordinaria bellezza; in cima poi spuntava un bottone di color rosso, ed intorno alcuni petali del più vago azzurro violaceo. L'amarezza di coteste mirre riusciva allo spirito di una dolcezza meravigliosamente aromatica e fortificante. Ebbi la mia porzione di questa vivanda, perchè già in passato aveva in silenzio sopportato tanta amarezza di cuore. Per ognuno di quei pomiche lasciai in terra senza raccoglierne e goderne, mi fu dato il godimento di pomi luminosi; erano molti insieme raccolti sullo stesso ramo. Ottenni pure una vivanda, perchè aveva distribuito ai poveri tanto pan duro. Cotesta vivanda conservava bensì l'arida apparenza di cotesto pane, ma pure risplendeva come molticolore cristallo sovra un piatto pure cristallino. Per avere evitato quel giuoco non conveniente ottenni un bianco vestito. Gasparino mi spiegava il tutto, e così ci avanzavamo sempre più oltre lungo quella tavola. Vidi pure sopra un piatto una sola ed unica pietruzza per me preparata, e quale la ebbi già una volta in convento.
Seppi pure allora che prima della mia morte mi avrei in dono un bianco vestito ed una bianca gemma, in cui sarebbe scolpito un nome ch'io sola potrei leggere. All'estremità della tavola veniva ricompensato l'amor del prossimo. Eranvi costà bianche vesti, bianchi frutti, bianche e grosse rose, ed ogni sorta di candide meravigliose vivande e forme. Mi riuscirebbe impossibile descriverle. Gasparino poi mi disse: Or devi vedere altresì che bel presepio noi abbiamo quassù; tu ti sei sempre così volentieri dilettata di presepii. Ed allora tutti insieme andammo nelle due chiese; e prima nella chiesa della Madre di Dio, in cui cantavasi continuamente. Eravi pure costà un altare, sul quale continuamente passavano tutti i diversi quadri rappresentanti la vita di Maria, ed all'intorno eranvi alti e sempre più alti cori di coloro che l'onoravano e l'ammiravano. Dovevasi passare da cotesta chiesa per penetrare sino al presepio situato nell'altra. Anche in questa eravi un altare, e su quello una rappresentanza della nascita del Signore, e tutti i quadri della sua vita passavano cambiandosi sino all'istituzione della Cena, precisamente nel modo in cui li ho visti sempre in visione. »
E qui la narratrice s'interruppe per esortare il Pellegrino a lavorare con maggiore zelo all'opra della salute eterna, a fare tutto oggi e non differire a domani. La vita essere sì corta, e sì severo il conto da renderne! Quindi continuò così: Venni dipoi in luogo più eccelso. Per sopra la chiesa montai in un giardino pieno di magnifici frutti e di molte tavole riccamente ornate, e di accumulati doni. Da tutti i lati vidi anime che colà aleggiando si dirigevano, ed erano quelle di coloro che in terra molto aveano operato coi loro studi lavori, e con questi erano riusciti utili ad altri. Si divisero errando in quel giardino, e talora una sola, talora più insieme accostavansi alla tavola onde ricevere ciò che loro spettava. In mezzo poi a quel giardino stava un piedestallo semicircolare e disposto a gradini, carico dei più vaghi doni. Sul dinanzi e dai due lati sporgevano bracci che sostenevano ciascuno un libro. Sembrava come se cotesto giardino, ove vedevasi una via che vi conduceva, avesse pure delle belle porte. Per una di coteste vidi avanzarsi ed entrare una vaga processione, e tutte le anime presenti si affrettarono in folla colà, e formarono due ale per festeggiare i nuovi venienti. Cotesta processione era formata di molte anime che accompagnavano ed introducevano quella del defunto e beato conte di Stolberg; procedevano ordinatamente, e portavano insegne e serti di fiori. Quattro portavano un seggio d'onore sulle spalle, ma però senza sentirne il peso, e su quello trovavasi quell'anima in attitudine fra il sedere e il giacere.
Le altre seguivano, e quelle che erano accorse a ricevere la processione portavano pure fiori e serti. Sul capo dello Stolberg posava una corona composta principalmente di candide rose, e di luminose gemme, e di stelle. Cotesta corona non posava precisamente sul capo suo, ma sempre vi stava librata per sopra. Da principio tutte coteste anime mi apparvero uguali di forme, come anche prima mi erano apparse quelle del cielo inferiore dei fanciulli; qui per altro ogni anima mi apparve nelle forme e nelle foggie del suo stato terreno, e vidi che erano coteste anime soltanto quelle che coll'opera e colla dottrina aveano menato altri a salute. Vidi poi lo Stolberg muoversi e librarsi fuor del suo seggio, e quello sparire, e lo vidi avanzarsi verso quel cumulo di doni che gli era stato preparato. Vidi un angelo apparire dietro quel semicircolo di gradini; dai tre lati di cotesto piedestallo, carico dei più preziosi frutti, e vasi, e fiori, sporgeva un braccio che sosteneva un libro aperto in faccia ai circostanti. L'angelo poi dagli spiriti a lui vicini ricevè certi libri, dai quali cancellò varie cose ed altre notò, e poi posolli su due piedestalli posti ai suoi due lati. Quegli spiriti ricevettero poi da lui grandi e piccoli scritti, che fra loro diffusero passandoli di mano in mano. Vidi specialmente che per mezzo dello Stolberg una straordinaria quantità di piccoli scritti venne diffusa in una certa direzione. Mi sembrò come se ciò fosse una continuazione celeste per parte di simili anime delle loro fatiche ed opere terrene. Vidi allora la buona anima dello Stolberg prendere un gran piatto trasparente da quei gradini, in mezzo a cui appariva un vago calice d'oro, intorno al quale erano disposti in bella ordinanza grappoli d'uva, piccoli pani, gemme preziose, e piccole anfore di cristallo. Quel calice non era già immobile e fermo come sul piatto della mirra, ma quelle anime lo mossero e ne bevettero, come pure dalle piccole anfore, e goderono il tutto. Lo Stolberg divideva il tutto all'uno ed all'altro. Vidi spesso che le singole anime nel parteciparvi si porgevano la mano. Dopo di ciò vennero tutti guidati più in alto a ringraziare. Dopo cotesta visione mi disse la mia Guida ch'io dovea andarmene a Roma presso il Papa, a commuoverlo ed eccitarlo nell'orazione, e che mi direbbe tutto ciò che dovrei fare in questo caso. »