CAPO IX . DELLE FORME DELL'ORAZIONE OPERATORIA, OVVERO DEI LAVORI NELLA MAGION DELLE NOZZE.

1. Quelle forme colle quali Anna Caterina dovea compire l'orazione sua operatoria, o dovea lavorare in quadri od immagini simboliche nella Magion delle nozze, soddisfacendo pei membri della Chiesa, non erano già da lei tra scelte, ma derivavano piuttosto dalla natura dei lavori e compiti a lei imposti dal Capo e Signore della Chiesa me desima. Cotesti compiti per altro sono altrettanto molteplici, quanto lo sono le parabole sotto le quali il divin Salvatore ci dà a divedere nei Vangeli le sue relazioni colla Chiesa e coi singoli fedeli. Ei chiama la Chiesa la sua sposa, il suo corpo, la sua vigna, il suo giardino, il suo campo, il suo gregge; chiama sè stesso pastore, salvatore, seminatore, padrone della vigna; chiama sale il sacerdozio, e cose simili. Or come coteste parabole non sono già vuote figure, ma esprimono piuttosto i simbolici rapporti dell'intima natura e disposizioni della sua unione cogli uomini riscattati, ed i molteplici effetti di cotesta unione, così pure le opere di orazione che Anna Caterina dovea compire sotto le forme di coteste parabole, non sono già cose accidentali, capricciose, o vacue di significato, ma sono bensì alcunchè di necessario, perché intimamente corrispondenti alla natura ed allo scopo della di lei missione. Così se ella dovea, per esempio, riparare in senó della Chiesa, siccome nella vigna del Figlio di Dio, le trascuranze di alcuni servi negligenti: le di lei opere in visione avevano la natura, vale a dire la forma, la significazione, e la conseguenza di quei lavori che soglionsi fare in una vigna realmente esistente; ed in sensibil prova che le fatiche e le pene di un lavoro fatto in visione son del pari effettive, sensibili, e ricche in conseguenze quanto quelle della vita ordinaria, Anna Caterina provava e lasciava vedere sensibilmente tutte le corporee conseguenze dei suoi sforzi e lavori, come lo lasciava vedere Liduina, allorchè ritornava dai suoi viaggi in visione.
Ai 20 di giugno 1820 essa narrò così: « Venni condotta dalla mia Guida in una vigna, situata all'occaso della Magione delle nozze. Cotesta vigna era in miserabile stato; eravi bensì qualche ceppo ancor buono e valido, ma i tralci non erano stati potati, ed inoltre era disordinata, non con cimata, non assiepata, e resa selvaggia da grandi e da piccole ortiche. Laddove le viti erano ancora valide e buone, le ortiche apparivano alte e grosse e non pungevano co tanto; dove poi le viti erano basse e spossate nei tralci, mostravansi sormontate da densa vegetazione di ortiche piccole, ma molto pungenti. Non eravi nella vigna nè via alcuna, nè scala; tutto era selvaggio e vegetante a capriccio. Vidi là dentro molte belle casette, ma sin dalla porta arrivando su in alto e sotto le finestre erano cresciute le ortiche e le erbe cattive. Nell'interno di quelle case tutto ciò che si spetta alla vita appariva nel più bell'ordine; e vidi là dentro certi ecclesiastici che leggevano e studia vano in ogni sorta di libri inutili; ma niuno usciva da quelle soglie per far nemmeno il minimo lavoro nella vigna. In mezzo a questa sorgeva una specie di edifizio di economia rurale e contadinesca situato presso ad una chiesa; ma non esisteva strada alcuna per giungervi. Tutto aveva vegetato alla ventura e la chiesa intera sembrava tappezzata di verde. Eravi il Sacramento in quella chiesa, ma non eravi lampada pendente innanzi all'altare. Tostochè pervenni nella vigna, sentii subito la vicinanza delle ossa di S. Liborio, e trovai che giacevano in cotesta chiesa, ma non erano più costà in grande onoranza e venerazione. Il vescovo di cotesta chiesa pareva esser lontano, e non esisteva più via alcuna per giungere nella chiesa medesima. Tutta quella vigna destava una desolante impressione, e mi fu detto che dovea colà dentro lavorare. Eravi per là un coltello a manico d'osso, curvo quasi quanto una falce e tagliente da due lati; con esso io doveva rimondare e potare i tralci. Eranvi pure una marra per zappare, ed una cesta per portar concime, che mi furono indicate, e mi fu dimostrato qual lavoro dovessi fare. Il cominciamento riuscirebbe la parte più difficile; verso il fine la faccenda verrebbe a farsi più agevole. Mi fu ancora insegnato il modo di vendemmiare e l'uso del torco lare. Ma ciò l'ho di bel nuovo dimenticato. Dacchè ho da fare con cotesta vigna, i miei dolori son diventati troppo diversi. Sembrami come se il corpo mi venisse traforato con un coltello acuto e a tre tagli. Da quella ferita i do lori si diramano in tutte le membra, e provo soprattutto insopportabili punture nelle ossa ed in tutte le articolazioni sino alla punta delle dita. »
22 Giugno. « Essa (così riferisce il Diario del Pellegrino) è ancora immersa in queste opere di patimento; può collocarsi in ogni situazione che si voglia, prova sempre la sensazione dell'esser posta a giacere fra le più acute spine ed ortiche. Fui (così disse ella una volta) al lavoro nella vigna divenuta selvaggia, e vi fui sorpresa da uno sciame di nuovi tormenti. Non sapea più la minima cosa del mio stato esterno. Secondo le mie sensazioni, parevami di essermi rovinata affatto col lavorare nella vigna, e provava il doloroso senso del giacere non già nel mio letto, ma bensì fra le ortiche; e vedendo vicino a me uno spazio, da cui già per l'innanzi io aveva divelto coteste ortiche, supplicai di venir collocata costà a giacere. Si penetrarono del mio stato e mi dissero che sì, che sarei messa a giacere colà ove non eranvi più ortiche. Ed allora venni colcata nel mio letto e mi lagnai dicendo: Ecco che mi hai ingannata, e mi hai posta in mezzo alle ortiche. Così io vedeva e sentiva e nulla sapeva del mio stato esterno, ma mi pareva essere nella vigna. Sempre era più e più punta ed abbruciata dal divelgere quelle ortiche; e quel tagliare e rimondare con quel falciato coltello dal manico di osso, mi cagionava dolori nel corpo ed in tutte le artico lazioni. Sono nel mio lavoro già giunta sino alla prima casa laddove la vigna è più inselvatichita. Nei più gravi dolori mi posi addosso le reliquie delle ossa dei santi Ignazio e Saverio, e li supplicai di qualche diminuzione per quelle doglie, e l'ottenni. Vidi su in alto quei due santi, ed una luce si effuse dall'alto sopra di me e mi penetrò siccome un fremito, e ne sentii sollievo in tutte le membra.
Cotesti suoi dolori ed il suo esterno miserabile stato (aggiunge il Pellegrino) eran tali, che quanti le circostavano, quantunque a simile stato abituati, ne eran pure molto commossi. Le trovai le mani e i piedi largamente segnati di macchie consimili a quelle che cagionano le urenti ortiche. Quando nei suoi lavori fu giunta sino alla chiesa, le apparve Francesca Romana molto magra e consunta, ed avente l'aria di uno scheletro. Guarda, le disse, ho dovuto lavorare come te e perciò sono venuta in sì misero stato come quello in cui ora sei, ma per altro non ne sono morta. Coteste parole la consolarono; il di lei pallido volto cominciò a rósseggiare alquanto, e ne venne in uno stato di vivacità, come alcuno che riscaldasi nel lavoro. I di lei diti sono convulsi e fremono agitandosi, i diti medii sono irrigiditi e ricurvi. Ad un tratto sclamò sorridendo dolorosamente: Ecco che mi sono data un buon colpo nel ginocchio ! L'osso ne ha scricchiolato una volta. Son sempre tanto frettolosa e zelante ! Mi sono urtata contro un grosso ceppo della vigna; debbo sarchiare, e pulire, e rimondare. Questo coltello dal manico d'osso mi fa tanto male alla mano ! Effettivamente la di lei mano destra è appieno gonfia, e le di lei braccia ed ambo le mani sono coperte di punture di ortiche. »
Ai 26 giugno disse: « Ho ancora da lavorare per pochi giorni; grazie ai miei sforzi il lavoro mi è doppiamente riuscito. Ora debbo ridurre in polvere le erbaccie. Il più duro lavoro l'ho avuto in una casa parrocchiale, ove governa una cattiva operaia di merletti. Costà mi è comparsa Chiara da Montefalco e mi ha detto: Il peggio è ora passato ! Per altro i di lei dolori erano sì gravi, che il confessore ne temeva la morte. »
2 Luglio. « Il lavoro della vigna è terminato. Mi è stata raccomandata orazione ed aiuto per quelle viti. Le orti che nella vigna significano le passioni carnali. La mia Guida mi ha detto: Tu hai lavorato da brava ed ora avrai un po' di quiete; ma questa non l'ho ancor avuta. »
15 Luglio: Nella trascorsa notte ho avuto un lavoro di orazione. Mi è stato mostrato un brav'uomo che conosco, come profondamente caduto da molto tempo. Ho pregato per lui e perciò egli ha avuto il cuore commosso. Egli non ne sa nulla e da lungo tempo non è più stato qui. Sentii però che mi verrebbe presentato di notte, e quindi nella trascorsa pregai con zelo per lui, ed egli cambiò nelle sue disposizioni di spirito e vuole andare a confessarsi. Questa mattina inaspettatamente è venuto da me e l'ho consolato. Non sa affatto che ho un presentimento del suo stato e che l'ho aiutato e sospinto per mezzo della pre ghiera; ora egli è sul sentiero del buon ritorno. Quel che gli ho detto è Iddio che me l'ha ispirato. »
« - 29 Luglio. Fui in un pomario, intorno al quale si ergevano collinette coperte di vigne, alcune illuminate dal sole, altre situate nell'ombra. In quel giardino di pomi sorgeva un edifizio rotondo a guisa di cantina. Entro eranvi tini e botti e un gran vaso di legno, sotto il quale eranvi molti forami. Aveva doppio fondo ed era un torco lare. Fu una di quelle antiche monachine che sovente mi aiutano, colei che mi accompagnò in quel giardino. Do vetti raccogliere di quelle mele, e le raccolsi da un albero alto, e me ne duolevano molto le braccia. Ne versai prima un pieno grembiule in quel gran vaso. Mi fu detto di non gettarvene alcuna immatura. E mentre pensava in me stessa che quella piccola quantità da me raccolta non va leva la pena di essere strizzata, mi fu mostrato quanto succo ne verrebbe a scaturire. Non comprendo quel quadro nella sua significazione; è per altro il principio del lavoro che mi è stato annunziato. »
30 Luglio. In quel giardino eravi soltanto un melo che fosse grande. Oggi non raccolsi verun frutto, ma dovetti soltanto raddrizzare, trapiantare, dar sostegno alle pianticelle poste sotto quell' albero, svellere le secche, inaffiare le appassite, e porle all'ombra. Mi tu indicato come ciò si riferisse ai settarii (falsi mistici). Quell'albero portava mele troppo mature e punte dai vermi; alcune erano marce per soprabbondanza di succo, ed in queste i vermi erano le conseguenze dell'orgoglio, dell'ostinazione, e di una pericolosissima comunanza. Coteste mele cadendo dall'albero guastavano le pianticelle poste al disotto e le infettavano d'insetti. Se per altro venivano raccolte e git tate nello strettoio, fornivano una bevanda che poteva usarsi. Coteste mele significavano i maestri e dottori delle sedotte comunità che venivano rappresentate dalle piante poste appiè dell'albero. Le mie compagne in cotesto lavoro erano le antiche beate monachelle del mio convento. Ebbi in seguito anche un quadro dello stato di coteste genti. Vidi fra esse coloro che avevano emigrato verso il Nord sulle vie le più pericolose, e più divisi e separati degli altri; e riconobbi quanto si dovesse pregare il Signore per chè degnasse ritogliere le piante più orgogliose e lussureggianti da coteste comunità, affinchè le migliori potessero esser conservate a pro della Chiesa. »
2 Agosto. « Ho dovuto nella trascorsa notte lavorare sul serio nel giardino. Tostochè ebbi finito colla raccolta delle mele già troppo mature, dovei principiare il lavoro sopra uno dei colli e vigneti situato nei dintorni. Aveva presso di me una tinozza, e grappolo per grappolo dovea raccogliere gli acini maturi ed anche quelli troppo maturi e gittarli nella tinozza, affinchè quelli ancora acerbi avessero campo di maturare e non si originasse alcun marciume. Io doveva, quando la bigoncia era piena, vuotarla in uno strettoio più piccolo del torcoliero delle mele. Faceva cotesto lavoro in continue preghiere e meditazioni, e vedeva contemporanee immagini dell'aiuto che da ciò deriva. Cotesto lavoro si riferisce sempre alla nuova setta. Era presso di me soltanto la mia Guida. »
«3 Agosto. Ho di bel nuovo per lungo tempo trascelto e raccolto gli acini ed èmpita e vuotata la bigoncia. Molti acini a mezzo guasti ho dovuto separarli e purificarli. Solo la mia Guida era presso di me. Ho già compiuto un buon tratto di lavoro, e mi è stato dimostrato che porta buon frutto. »
5 Agosto. Ho dovuto nella trascorsa notte con tal fatica lavorare nella vigna, che me ne sento ancora molto stanca. Eranvi grappoli mostruosamente grossi, grossi quasi come me stessa, ed erano tanto pesanti ! Non sapeva davvero come fare a trasportarli. Mi fu detto che cotesta era la vigna vescovile, e riconobbi anche i grappoli di ogni vescovo. Ebbi da fare con circa dieci vescovi. Mi ricordo fra loro del Vicario Generale, del Vescovo d'Ermeland, ed anche di uno ancora da venire. Dovei inoltre trascegliere e cogliere molti acini. Siccome non sapea come farmi a trasportare quei grappoli, mi rammentai come da bambina trasportava sulla testa, piegandomivi, fasci d'erba per le bestie, che eran più grossi di me medesima. Allora mi strisciai sotto quei grappoli, e siccome temeva di schiacciarli, con attenta fatica li involsi e guarnii con musco e pampini, e così li trasportai felicemente nella bigoncia; ed allora di nuovo mi angustiai perchè essa scoppiò crepando, ma me ne consolai perchè mi fu detto che ciò dovea essere. Ciò tutto feci stando in continua orazione. Mi fu dato di cogliere un acino da tre grappoli per ristorarmi; fra questi eravi il grappolo del Vicario Generale. Non so che mai ciò significasse »
8 Agosto. Ho dovuto nella trascorsa notte con indicibil fatica lavorare alle viti della spalliera di Köesfeld. Era in miserabile stato; quasi tutti gli acini eran mezzo marci. Vi trovai ben pochi cristiani veramente pii. Gli ecclesiastici sedevano nella cantina. In un luogo pel quale dovei passare eranvi molte genti che mormoravano deridendomi, e nondimeno mi mandarono a far quel lavoro. Vidi anche N., che adocchia sempre su in alto sbirciando, e lascia andar tutto in rovina a sè d'intorno. »
10 Agosto. Nella notte passata ho avuto grave lavoro fra i vigneti delle colline a cagione della mancanza di carità nel clero. La mia pena era interamente di quella specie di patimenti del giardino di Chiara di Montefalco, che travavasi pure presso di me, e mi indicò un'aiuola piena di pianticelle ed erbe odorose. Nel bel mezzo cresceva una pianta di reseda, ed eravi anche un'altra pianticella aromatica che nei climi caldi cresce molto alta. L'altra aiuola era piena di pianticelle a foglia liscia, sotto le quali per altro eranvi lunghe spine. Siccome io non sapeva come fare ad afferrárle, Chiara mi disse di gettarmivi sopra, e che ciò facendo, per ricompensa avrei salvato le buone erbe nel mezzo. Essa mi raccontò e mi indicò molte cose della sua vita medesima. Vidi come da bambina si genuflettesse e pregasse presso un cespo di rose. Sopravvenne Gesù bambino e le porse una carta in cui era scritta una prece. Volle conservar quella carta, ma ei se ne andò portandola via. Mi ricordo ancora di cotesta prece ciò che segue: Sii benedetta, o Maria, nel dolce cuore di Gesù. Sii benedetta, o Maria, salvezza di tutte le anime del purgatorio. Sii benedetta, o Maria, in tutti i Serafini e i Cherubini. Fra questi differenti versetti doveva baciare la terra. Ho dimenticato la bella fine di quella prece. Quando trovavasi in mezzo alla gente, doveva baciare la propria mano e pensare che era polvere e terra. Mi getta allora su quell'aiuola e fui tutta lacerata dalle spine. I miei do lori specialmente nelle membra erano sì acuti, che ne venni costretta a gridare ad alta voce. Ed allora Chiara mi lasciò, ma sopravvenne Francesca Romana e mi disse quali spaventevoli dolori e noie avesse dovuto sopportare. Mi raccontò come sant'Alessio l'avesse aiutata, e mi disse che anch'ella voleva adesso aiutarmi. Mi narrò come la sua infermità fosse quella della donna Cananea che toccò l'orlo della veste del Signore. Perciò sant'Alessio avea gettato sopra di lei il suo mantello, e le aveva fatto leggere nel libro dei Vangeli il passo che si riferisce a quella guarigione. Promise anche a me che avrei ben presto ottenuto mitigazione al mio doloroso stato. (Di cotesta meravigliosa guarigione ebbe, ai 17 di luglio e nell'istessa ora in cui nell'anno 1398 si verificò in Francesca, la seguente visione): Vidi santa Francesca Romana maritata, ma ancor molto giovine, che oravá stando in letto, ove giaceva da lungo tempo ammalata. Una donna di età provetta le dormiva in prossimità, e si accostava il mattino. Vidi la sua camera riempirsi di luce e sant'Alessio in abito di pellegrino presentarsi innanzi al suo letto. Teneva in mano un libro precisamente simile all'Evangelario dorato donato gli da sua madre. Non so se era quel libro, ovvero soltanto un'immagine in quel libro; credo che fosse così. Chiamò a nome Francesca che si drizzò sedendo sul letto. Le disse che egli era Alessio e che dovea guarirla, ed aggiunse che egli aveva attinto ogni salute da quel libro, e che essa pur doveva leggervi; e le tenne il libro dinanzi. Non so più esattamente ciò che egli inoltre facesse. Essa guarì ed egli sparve. Discese dal letto e destò quella donna che mostrossi molto sorpresa della di lei guarigione, e andarono tosto insieme, così sull'albeggiare, alla chiesa di sant'Alessio, a ringraziare Iddio nei suoi santi. »
11 Agosto. Nella trascorsa notte ho giaciuto di bel nuovo affatto sola su quel letto di spine in mezzo ai vigneti, che significa gli ecclesiastici privi di carità. Grazie a Dio, verso le ore tre mi destai. »
12 Agosto. Nella notte passata ho provato nella vigna una pena veramente oppressiva, e santa Chiara mi ha allora fortificata e consolata. Io dovea distendermi sui tralci delle viti tagliati a sghembo, il che mi cagionava spaventose pene di puntura. Santa Chiara mi indicava come ognuna di quelle punte simboleggiasse il parroco di una comunità; e quanti mai grappoli ed acini nascerebbero e crescerebbero quand'io offrissi i miei patimenti ed atti di carità in pro di quei sacerdoti in unione coi patimenti di Gesù. Allora vidi uno straordinario numero di comunità, alle quali questo mio patire recava vantaggio.
2. Ai 5 di settembre disse in estasi: « Debbo dal giorno della Natività di Maria sino alla festa di S. Michele molto lavorare e molto viaggiare. Son venuti qui da me angeli di tutti i luoghi; sono in tanti e tanti posti desiderata come operaia a lavoro. Nella passata notte mi fu detto ch'io avea già in molte parrocchie divelto le ortiche e le spine dalle vigne, e rilegate e potate le viti, e che ora l'uva maturava, ma che ogni sorta di bestie e di ladroncelli la trangugiavano, e ch'io doveva perciò piantarvi delle siepi attorno con opera di orazione. Vidi per opera mia l'uva ingrossare; i grappoli si imporporavano, e furono calcati, ed il succo rubicondo ne scorse sulla terra; e ciò vuol dire che quando la vita si risveglia negli uomini ritornati a pietà, allora lottano, vengono oppressi, e soffrono tentazioni. Mi fu detto ch'io aveva concimato e purificato, ma che ora dovea anche far siepi d'intorno onde i grappoli non venissero derubati dalla persecuzione e dalla seduzione. Ora è il tempo in cui i grappoli maturano e debbono esser guardati. Vidi allora innumerevoli comunità sotto il sim bolo di vigne, nelle quali io debbo ciò fare, e questo deve avvenire nel tempo che corre dalla Natività di Maria santissima sino al giorno di S. Michele. »
7 Settembre.
Fui condotta nella mia vigna e mi fu rimproverato di non aver assiepato il mio lavoro; ed in vero avea portato tutte le erbaccie al mulino, e quindi me n'era scappata via lieta di esser risanata, e non avea più oltre oltre continuato l'opera mia di orazione. Avrei dovuto con tutto il divelto e lo sfasciume costruire un muro, ed assieparlo dattorno con cardi, spine ed ortiche, affinchè il vigneto si trovasse difeso mentre maturava l'uva. Vidi allora di nuovo tutto l'intero vigneto di Liborio in tutte le singole sue parti, e vidi i frutti del mio lavoro, cioè nei villaggi molti destati dal sonno dell'anima, pochissimi nelle città. Vidi la chiesa dove riposa Liborio molto abbandonata e deserta, e come se fosse in mano ai protestanti. Dovei con gran solerzia e col mezzo dell'orazione tessere siepi intorno alle vigne. Iddio usò pure con me la gran misericordia di lasciarmi vedere il morale significato della vite e quindi quello di molti frutti. La vite è Gesù Cristo in noi, ed il molto legno superfluo deve esser potato secondo certe leggi, affinchè quel legno non consumi il succo che dee divenire grappoli e vino, e nel Sacramento il sangue di Gesù che ha riscattato il sangue nostro peccaminoso, e che deve farlo, mutandolo, passare dalla caduta al risorgimento, dalla morte alla vita. Cotesto tagliare secondo certe leggi, significa spiritualmente la soppressione del superfluo, l'astinenza e la mortificazione, affinchè quanto havvi di santo in noi possa ben vegetare, fiorire e portar vino; altrimenti la nostra pervertita natura produce soltanto legno o pampini. Quel taglio deve succedere secondo certe leggi, perchè è solo il superfluo, di cui mi è stato mostrato esserne infinitamente molto nella natura umana, che dee venire estirpato. Il di più sarebbe mutilazione e riuscirebbe peccaminoso. Il ceppo medesimo non deve esser tagliato, giacchè è piantato nell'umanità per mezzo della santissima Vergine, e resterà sino alla consumazione dei tempi; anzi eternamente, poichè trovasi con Maria in cielo. Mi vennero pure spiegati molti altri frutti. Vidi un albero spirituale splendente di colorata luce.
Quel suolo in cui radicava sembrava come un monte o uno scoglio librato in alto, e formato di colorate pietre preziose a foggia di cristalli. Il tronco era un vero torrente di luce dorata. I rami ed i ramoscelli sin nelle vene e nei nervi delle foglie erano formati da più densi o più tenui fili luminosi, di diverso colore e figura. Le foglie erano di verde e gialla luce, e di forma diversa. Avea tre corone di rami a foggia di cori; uno basso, uno medio, e poi un ultimo sul vertice. Eran circondati da tre cori angelici e sopra sulla cima posava un serafino intorno adombrato dalle ale sue. Avea uno scettro col quale accennava all'intorno. Il coro più alto riceveva strali ed effusione di -luce e di forza da Dio per mezzo di quel serafino, come pure rugiada celeste e vigore. Quel coro che trovavasi circa la media larghezza di quell'albero che portava ogni genere di fiori e di frutti, si dilatava dinanzi a quelli. Ambedue cotesti cori erano immobili, cioè a dire operavano ed agivano senza lasciare il loro posto, e comandavano al più basso coro angelico che circondava la parte inferiore dell'albero. Cotesti angeli erano mobili e portavano i frutti spirituali dell'albero verso innumerevoli giardini della loro specie, giacchè ogni frutto aveva il suo giardino in cui si divideva in molti altri secondo le sue varietà. Cote sto era l'albero universale che nasce da Dio; i giardini erano le diverse specie dei frutti derivanti dall'albero che proveniva da Dio. Giù sulla terra eranvi gli stessi frutti, ma guasti nel seno della natura caduta, e più o meno avvelenati; giacchè, a cagione di usi peccaminosi cui avean servito, erano caduti sotto l'influsso degli spiriti planetarii. In ognuno di quei singoli giardini vidi di bel nuovo nel centro un albero, che sui suoi rami portava i frutti di tutte le specie del suo genere, e che nuovamente si propa gavano all'intorno nelle loro singole varietà. Circa questi giardini vidi immagini della significazione ed essenza di ciò che era rappresentato ed espresso da coteste piante. Vidi il senso del loro nome nella lingua universale.
L'influenza dei santi sopra le piante era meravigliosa; sembrava come alcune di esse per mezzo dei santi fossero liberate dalla maledizione e dall'influsso degli spiriti planetarii, e poste in certe religiose relazioni con quei santi medesimi, divenissero farmaci e contravveleni in alcune malattie; e come effettivamente lo sono in queste basse regioni terrene in alcuni morbi, ch'io veggo sotto la forma di peccati che han preso corpo, così nei giardini celesti hanno efficacia, nel significato della loro forma contro mancanze e peccati ch'io lassù vedo sotto l'apparenza di malattie spirituali. In uno di cotesti giardini trovavasi una casuccia o tenda, che avea pure il suo proprio significato. Vidi pure api di una più alta qualità. Ne vidi di molto grosse e di piccole, colle loro membra aeree e come di luce, i piedi come strali, le ale come argento; non posso esprimerlo. In quei giardini di frutti e di fiori eranvi degli alveari per loro uso, ove lavoravano, e tutto era trasparente; e venni ammaestrata circa quelle api e il loro lavoro, e loro forma e significazione, tanto sotto il rapporto morale quanto fisico, ma l'ho dimenticato. Fui condotta in molti di quei giardini di frutti, ed ho vedute meraviglie le più straordinariamente gioconde; e tutto ho conosciuto e saputo prima che venissi disturbata. Così mi fu insegnato che la significazione del noce nella lingua universale e nella visione è quella di lotta e di persecuzione; ed è perciò che ne ho veduto sì spesso vegetare presso la Chiesa; io stessa ne ho raccolto alcuni e dati ad altri. Vidi pure intorno ai giardini dei noci moltissimi quadri di ogni sorta di lotte e di combattimenti a squadre intere, ed a singole coppie. Ne vidi fra gli altri due che si azzuffavano armati di verghe e niun dei due mai riusciva a vin cere l'altro, finchè l'uno gettò della sabbia negli occhi del nemico, e quindi ottenne il disopra. Quegli avea voluto appunto allora di nuovo alzarzi e lottare, ma gli convenne star sotto. Cotesto quadro era ridicolo, e quelle figure erano vestite come oggigiorno.
Mi furono rivelate pure nelle differenti specie di noci le varie specie di lotte e di contrasti, e mi fu detto che significasse quel duello. Mi fu pure insegnato come cotesto mistero della lotta, della persecuzione, della discordia, che è riposto nelle noci di quel giardino spirituale, dopo la caduta del primo uomo e per l'influenza del maligno nemico, sia divenuto il germe della lotta e dell'odio, ed il padre dell'assassinio. Io fu in ogni giardino trasportata entro una casetta e mi sentiva come ammalata, e mi fu sempre indicato come la specie e la misteriosa essenza dei frutti, colti sotto certe condizioni e benedizioni e misti con altri, divenissero molto salutari in tale o tal altro caso. Sciaguratamente non mi ricordo più che di alcuni frammenti. Per esempio: mi fu detto, e vidi anche perchè ciò debba essere, il motivo per cui si debbano nel giorno di S. Giovanni Battista pungere le noci sull'albero in forma di croce con una scheggia o con una spina, e lasciarle sospese ai rami, sinchè non vi abbia piovuto sopra; quindi debbano esser cotte e confettate nel miele, e divengano così un eccellente farmaco per uno stomaco indebolito. Mi furono per altro accennate alcune altre cose necessarie nel prepararle, ma le ho dimenticate. Vidi chiara e distinta l'intima cagione di tutto ciò; il che, secondo la limitata conoscenza umana, è per me stessa inconcepibile. Riseppi pure che l'olio di noce è dannoso (essa disse attossicato), e ne riseppi la cagione; e mi fu mostrato come divenga perfetto ed innocuo, se vi si faccia cuocere dentro un pezzo di pane, che ne assorbe interamente le parti venefiche.
Vidi una misteriosa relazione di ciò con S. Giovanni Battista. Quella puntura delle noci in forma di croce, lo esporle poi alla pioggia, ed il loro divenir utili e salutari allo stomaco, si riferisce alle opere preparatorie del Precursore ed al suo battesimo; il pane ha relazione col santissimo Sacramento, l'olio con la unzione e consecrazione sacerdotale. Per ciò poi che riguarda il danno proveniente dall'ombra di un noce, ne ebbi già per l'innanzi una sensazione materiale. Non mi fu mai possibile il rimanere all'ombra di un noce situato nel chiostro del nostro convento, ove altre tranquillamente lavoravano e lavavano. Io provava sempre una sensazione offensiva e soffocante stando sotto quell'ombra, e preferiva l'ardore dei raggi solari. Delle mele poi molto mi fu detto, e tutto precisamente ordinato così e distinto, e nelle sue varie relazioni, come delle noci. Vidi alcunchè di un pomo che avea sei granelli da seme rossi, uno dei quali sorbito nella conveniente maniera in certe malattie, potea guarire anche un moribondo. Vidi in un di quei giorni l'immagine di certi pomi che rassomigliavansi ai limoni, o che forse effettivamente lo erano. Vidi precisamente in Roma una santa ammalata che avea un pomo simile; credo che avesse avuto una visione circa quel pomo. Vidi che uno schiavo per causa di un delitto venne condotto in una spelonca ove erano velenosi serpenti, e che quella santa porse quel pomo al suo medico, onde lo desse a quello schiavo, ed ei potesse per quel mezzo risanare. Vidi pure che mangiando quel frutto costui guarì dai morsi dei serpenti, e venne condotto dinanzi all'imperatore. Vidi un caso simile con un pomo di quella specie che, cotto nel latte e nel miele, diveniva un salutare rimedio contro le febbri le più violenti; eravi in questo caso alcunchè di relativo ad una festa di Maria, credo che si trattasse della Concezione, come anche della storia della partecipazione di cotesto mistero. Vidi pure alcunchè dei fichi, ma non ne rammento più la concatenazione.
Erano un eccellente farmaco se venivano preparati insieme con un certo pomo; separati poi erano dannosi. Quel pomo però dovea nella preparazione predo minare ed esser preferito. Da quell'albero celeste sul quale io vidi, al disotto dei cori degli angeli, raccolti tutti i frutti spirituali, quel pomo e quei fichi pendevano gli uni accanto agli altri. Vidi anche molto circa il frutto dell'albero del peccato, ossia del bene e del male; cotesto albero su nel paradiso era per disotto molto largo ed aveva un'alta ed acuta cima. Dopo la caduta per altro ebbe la proprietà di seguire il suo impulso verso la terra. I rami si curvarono e s'impiantarono nel suolo, e rigermogliarono fuori in un nuovo tronco, i cui rami fecero lo stesso, talmentechè un albero solo ben presto formò un bosco di tutto fogliame. Ho veduto nelle calde contrade di Oriente molte genti vivere all'ombra di cotesti alberi. I rami principali di quell'albero non hanno ramificazione secondaria; le foglie sono grandi come un largo scudo da guerra; i frutti rimangono affatto nascosti fra le foglie; convien cercarli, e quindi si trovano sempre in numero di cinque raccolti in un grappolo. Sono agro-dolci e non hanno più buon gusto; sono gialli e venati di rosso come di sangue. Vidi pure un quadro circa le pesche. Vidi che in una contrada della loro prima patria, sono maledette e mortalmente venefiche.
Vidi che colà gli uomini per mezzo della magia preparavano con coteste pesche una bevanda male detta per eccitare alla lussuria, seppellendole nella terra, nel concime, e con ogni sorta di distillazione. Vidi che per quel mezzo cadevano nei più spaventevoli abominii, e che perciò quel frutto era stato maledetto, talmentechè coloro che ne mangiavano, ne divenivano furiosi e si uccidevano. Vidi dipoi che altri popoli innocenti penetravano in quella regione, e che i Persiani davano loro di cotesti frutti onde per essi venissero a soffrire danno ed a perdersi; ma per disposizione di Dio riuscirono loro affatto innocui. Vidi cotesti frutti portati anche all'estero onde cagionar danno, ma si mantenevano venefici soltanto nel luogo nativo. Ne vidi due specie; ed una vegeta costà in quei paesi sopra alberi che somigliano a salici con sottili tronchi. Fui anche in un giardino di ciriegi e vidi che le ciriêgie significano ingratitudine, adulterio, tradimento. Ciò ha relazione alla polpa dolce ed al nocciolo duro ed amaro. Dell'alloro vidi che un imperatore se ne faceva corona quando minacciava una tempesta, onde non essere colpito dal fulmine. Fui pure avvertita, anzi vidi da per me stessa, che le esala zioni di cotesto albero hanno forza e potenza contro i tem porali. Vidi in ciò una relazione colla santissima Vergine. Tutto ciò che vidi era chiaro e meraviglioso. Vidi il mi stero delle piante prima della caduta dell'uomo e della na tura con lui; e dopo la caduta vidi l'influenza degli spiriti planetarii sugli uomini, come pur sulle piante. Vidi molte proprietà segrete delle piante usate ed abusate nel paga nesimo, e le vidi per mezzo di Gesù e della sua Chiesa, in lotta contro gli spiriti planetarii, santificate e poste in re lazione con varii santi e differenti usi di santificazione. »
3. Nei mesi di agosto e di settembre 1821 era con gran premura e fatica occupata in campi di grano. Una volta disse così: « Sono molto stanca ed affatto abbattuta a cagion del grave lavoro in molti campi di cui conosceva i padroni. Devo seminare e poi lavorare coll'erpice, ma senza ca vallo e con un erpice senza manico. Eran campi di chiesa; alcuni avevano già grano; ad alcuni altri mancava tutto, e per questi dovea raccogliere seme dai campi migliori onde con esso coltivarli. »
Quindi ella descrisse tutte le forme di una grandiosa coltivazione dei campi e gli strumenti a ciò necessarii, ma con vocaboli di idioma basso tedesco, che il Pellegrino non poteva interpretare; e de scrisse inoltre tutte le insidie del nemico, che volea impe dirla dal lavoro.
« Mi ebbi da Satana un colpo così potente, che mi sembrò provenire come da una cazzuola di muratore, tal mentechè ne venni a gridare ad alta voce. Sul mattino tro vai la camicia aver penetrato nella lesione che quel colpo mi cagionò sotto la mia ferita del lato destro. Non si lasciò per altro traviare da veruna insidia del nemico, ma anzi senza esitare incominciò animosa un lavoro molto più grave. Dovea prender possesso di un certo numero di capanne e riempirle colle messi raccolte. La vastità del la voro non stava punto in proporzione col tempo in cui do vea venir compiuto; dovea con tanta rapidità mietere le spiche, che temeva dover soccombere; ciò nondimeno con dusse il lavoro a fine. Doveva mietere, rilegare, battere, empire i sacchi colle biade, metter da banda il grano da seme o ad altro uso destinato. Durante l'intero lavoro sen tivasi angosciata ed eccitata alla fretta, come dal timore di un temporale o di dannosa pioggia, che minacciasse di struggere l'intiera raccolta. L'opera venne a buon fine, ma era sì stanca che non potè raccontare l'intima significa zione della medesima. Disse soltanto: Vidi cader tante spiche fra quelle che non eran state mietute, che dovetti affrettarmi in aiuto ai mietitori. Vidi tutto in cotesto caso così distintamente, che riconobbi anche le genti, e la loro mancanza. Quel quadro mi forniva una rapida e chiara intelligenza di tutta la faccenda, perchè io conosco ogni lavoro della campagna, e l'ho io stessa esercitato sin dalla prima gioventù. Il mio lavoro era collegato con fervente orazione, e in quell'orazione mi accorgeva che altri soffri vano unitamente a me. Spesso sembravami come se man dassi loro il mio angelo per ottenerne la cooperazione. Ebbi per altro anche quadri dei trascurati, dei negligenti, dei paurosi, e degli indecisi, pei quali io doveva corrispondere e supplire. Vidi pur qua e là qualche amministrazione ecclesiastica vacillante ed inclinata verso la perdita; vacillante cioè ed esitante a sottoscrivere o non sottoscri scere alcunchè in buono o in cattivo senso, e a dare or dini; ed io doveva col mezzo della mia orazione costrin gerle a scegliere il giusto, a difendere il bene, a tra lasciare il male. Tutto ciò in quel momento apparivami sì chiaro e naturale, eppure adesso non posso più esprimerlo. »
4. Altre e del pari frequenti forme delle opere sue in orazione consistevano nel risarcimento e purificazione di ogni sorta di vestimenta ecclesiastiche. Talora era un gran bucato di biancheria che da tutte le parti della con trada veniva portato nella crociata del duomo di Münster, ove in mezzo ad infiniti disturbi dovea lavarla, stirarla, e ristaurarla, onde poter essere degnamente usata pel servizio divino, spesso dovca fare interamente nuove pianete, stole, manipoli. Cotesto lavoro (disse ella) è un'imma gine simbolica dell'orazione in pro del sacerdozio, e precisamente nell'istessa significazione ed azione che coteste vesti santificate hanno nella Chiesa e nel sacerdozio me desimo.
Una volta, dopochè ebbe compiuto un consimile lavoro di cucitura in mezzo a molteplici incrociati dolori, si ebbe un ammaestramento circa la di lei missione, e ne raccontò quanto segue: « Non posso meravigliarmi dei miei patimenti. Vidi un quadro indescrivibilmente vasto e grandioso tanto del peccato quanto della guarigione del medesimo per mezzo di Gesù, e dello stato del sacerdozio, e riconobbi come con mille e mille pene e stenti tutto debba essere risanato e riacconciato, onde rannodare e raddrizzare tutto il guasto, ruinato, perduto, lacerato, e riporlo in via di risarcimento e di salute. Ho veduto una incommensurabile concatenazione di quadri di ogni peccato e di ogni guarigione. Abbiso gnerei di un anno per raccontare il tutto, giacchè vidi tutti i misteri chiaramente e distintamente e li compresi; ma non posso esprimerli. Fui nella Magion delle nozze, e nelle sue innumerevoli camere vidi in simboliche rappresentazioni ogni sorta di colpe e di riabilitazioni.
Vidi i peccati dalla caduta degli angeli e da quella di Adamo sino al dì d'oggi, nelle loro innumerevoli ramificazioni; e vidi ad un tempo tutte le disposizioni e preparazioni della salute e della ristaurazione sino alla venuta di Gesù Cristo, sino alla sua morte in croce. Vidi la sua,forza trasmessa a sacerdoti circa il potere di guarire, e come ogni cristiano riceva la guarigione da Gesù. Vidi le mancanze e la decadenza del sacerdozio e le sue cagioni. Vidi i castighi che erano imminenti, e gli effetti dell'espiazione per mezzo dei patimenti in pro degli altri. Ebbi co nizione e sentii l'intreccio e la concatenazione delle colpe e dei castighi nell'intreccio e nella concatenazione dei miei proprii dolori. Vidi la ventura guerra, e molti pericoli ed ancor più minacciosi patimenti per me. Tutte coteste cognizioni e vedute delle più diverse specie nella storia, nella natura, e nei misteri del regno di Dio sulla terra, mi riuscivano chiari ed intelligibili nella più precisa e conse guente concatenazione, giacchè tutto mi fu illustrato e ri schiarato in opere, in lavori e disposizioni, siccome in parabole. Così i patimenti, la soddisfazione, i risarcimenti e riabilitazioni mi vennero mostrati in quadri simbolici, col l'arte e coi lavori del cucire. Ebbi innumerevoli lavori di cucitura di altri da racconciare, ed alcuni anche miei, che dovei di bel nuovo separare e quindi ricucire con spaven tevoli fatiche e stenti, e dovetti vedere tutte le perversità e malvagità da cui eran derivate coteste opere di sartorìa, e sopprimere gli scandali, e rimetterle in buono stato.Vidi nelle forme dei differenti oggetti di vestiario e nelle di verse specie di cucitura, negli ornamenti, e nelle trascuraggini, tutte le influenze e gli effetti interni ed esterni di tutti i peccati, e riconobbi nel lavoro intorno a cotesti oggetti, la destinazione e lo scopo dei patimenti spirituali e delle opere di orazione.
Riconobbi molti lavori fatti da individui del circolo delle mie antiche conoscenze già morte da lungo tempo; lavori che erano stati effettiva mente fatti, e che cotesti individui a me portavano per racconciarli. Anche alcuni lavori fatti di mia propria mano dovetti di bel nuovo riacconciare; esempligrazia una camicia che, secondo il desio pieno di vanità di una signora, io avea ricamata troppo riccamente, ed altre cose. Vidi benissimo tutti i miei lavori di cucitura in pro delle chiese e dei poveri. Andai in quella Magion delle nozze siccome a scuola, ed il mio Sposo mi spiegò tutto; tutto mi mostrò ciò che dal principio della caduta fu da lui di sposto e preparato per la riabilitazione. Ciò tutto ho veduto in grandi quadri ed immagini della Storia sacra, e come se quegli avvenimenti si compissero una seconda volta dinanzi ai miei occhi.
Ciò nondimeno sempre appa rivami come se tutto ciò io vedessi entro uno specchio, e che quello specchio fossi io medesima. «Il mio Sposo mi fe vedere la straordinaria mischianza ed interna impurità di tutte le cose, e mi dimostrò tutte le opere sue sin dal principio in pro della ristaurazione e del risarcimento. Nella caduta degli angeli vennero molti cattivi spiriti sulla terra e nell'aria, ed io vidi molte cose compenetrate ed ossesse in modi diversi dalla loro rabbia.
« Il primo uomo era un'immagine di Dio, era come il cielo; tutto era uno con lui ed in lui; la sua forma era un'impressione della forma divina; ei dovea possedere le creature e goderne, ma come date da Dio e con riconoscenza. Era per altro libero e quindi soggetto alla prova. Il paradiso terrestre e tutto ciò che lo circondava era la completa immagine di un consimile regno di Dio, e così era anche l'albero della scienza, il cui frutto e il suo effetto non dovea penetrare nell'uomo, giacchè per mezzo di questo l'uomo diveniva un essere in sè stesso indipen dente e da sè stesso creante, e quindi usciva da Dio ed entrava in sè stesso; talmentechè tutte quelle cose che sono infinite venivano ad esser racchiuse ed imprigionate in lui finito. Non posso esprimere tutto ciò come lo vidi. Per ciò gli fu proibito di mangiare dei frutti di quell'albero. Al principio tutto era uguale e piano. Allorchè quella luminosa collinetta su cui Adamo stava nel paradiso, venne a sorgere ed elevarsi, ed allorchè quella candida valle fiorente in cui vidi star Eva, cominciò ad approfondarsi, già si accostava il perverso nemico. Dopo la caduta essi mutarono.
Tutte le forme della creazione una, divennero separatamente creanti e per loro stesse disseminanti e segreganti; tutto ciò che era uno cessò dall'esserlo; dall'uno uscirono molti, e non attinsero più soltanto da Dio, ma altresì da loro stessi. Allora furono per la prima volta due e poi divennero tre, e finalmente un numero infinito. Poi chè aveano voluto essere come Iddio, cioè come tutto in uno, divennero invece un numero infinito, e una separazione da Dio ripetentesi in infinite separazioni. Erano immagini di Dio e divennero invece allora immagini di loro stessi, che poi produssero immagini del loro peccato. Essi caddero allora in relazione colla sfera degli angeli caduti; ricevettero ed attinsero da loro stessi e dalla terra, mentre e con loro e colla terra gli angioli caduti aveano relazione. E dall'infinita commistione e dissipamento degli uomini fra loro stessi e colla natura caduta, ne venne a nascere un'infinita moltiplicità di peccati, di colpe, e di miserie.
Il mio Sposo mi mostrò tutto ciò chiaramente, distintamente, ed intelligibilmente; più chiaro assai che non veggonsi gli avvenimenti della vita giornaliera. Ed io allora opinava che un bambino potrebbe capirli, e adesso non posso più rappresentarli od esprimerli. Il mio Sposo mi mostrò il disegno e le vie del riscatto e della salva zione sin dal principio, e tutto ciò che egli ha fatto. In tesi pure che non era perfettamente giusto il dire che Iddio non avrebbe avuto bisogno di farsi uomo e di morire per noi sulla croce, potendo egli fare altrimenti colla sua onnipotenza.
Vidi che egli ciò fece per infinita perfezione e misericordia e giustizia; giacchè, in vero, non havvi dovere in Dio, ma egli fece quel che fece, ed è quel che è. Vidi Melchisedech siccome un angelo e immagine simbolica di Gesù come sacerdote sulla terra; in quanto che il sacerdozio è in Dio, così egli era un sacerdote dell'ordine eterno siccome angelo. Vidi le sue preparazioni, fondazioni, costruzioni, separazioni delle varie famiglie umane, ed i suoi avviamenti.
Ho veduto anche Enoch e Noè nella loro significazione simbolica e nelle loro opere, ed accanto a tutto ciò ho veduto agire ed operare il regno dell'inferno e le apparenze mille volte variate, e gli effetti d'una terrena, carnale, diabolica idolatria; e quindi ho veduto da per tutto certe forme consimili fra loro, ma pestifere,seducenti, e adducenti a sempre maggiore e continua di spersione e discordia, consimili per altro fra loro per se greta ed intima necessità.
Così io vidi tutti i peccati e tutte le preparazioni, simboli, e primordii del risorgimento, che secondo la loro specie erano immagini delle forze di Dio, come l'uomo medesimo era immagine di Dio. Così mi fu mostrato il tutto da Abramo a Mosè e da Mosè ai profeti, e sempre in correlazione ed in quadri di similitudine con ciò che è avvenuto ed avviene nel nostro mondo contemporaneo. E qui esempligrazia, mi fu data la spiegazione del perchè i sacerdoti più non aiutino e non guariscano, e del perchè ciò loro più non riesca, o almeno sì diversamente dal passato. Cotesto dono e potere nel sacerdozio mi fu mostrato nei profeti, e mi fu spiegata la cagione delle sue forme.
Vidi, per esempio, la storia del come Eliseo desse la sua verga a Giezi, onde egli la de ponesse sul morto fanciullo della donna di Sunam. In cotesta verga era riposta in modo mistico la forza e la missione di Eliseo. Era come il suo braccio, o come la conti nuazione di quello. E qui vidi l'intima cagione e significanza della verga pastorale dei vescovi, e dello scettro dei re, e della loro potenza, purchè sien da entrambi portati con quella fede che in certo modo li rilega con chi li ha inviati, e li separa dagli altri.
Giezi per altro non avea assai fede, e la madre del morto fanciullo credeva poter ottenere aiuto dal solo Eliseo, e quindi fra la potenza di Eliseo, derivante da Dio, e la di lui verga, eransi frapposti dubbi nati da presunzione umana, e quella verga non guarì. Vidi però Eliseo distendersi su quel fanciullo mano con mano, bocca con bocca, petto con petto, ed orare, e l'anima di quel fanciullo rientrare nel suo corpo.
Ebbi pure spiegazione di cotesta forma di guarigione, e delle di lei relazioni simboliche colla morte di Gesù. In Eliseo per mezzo della fede e per dono di Dio, eransi in pro degli uomini aperte tutte le porte della grazia e della riconciliazione, già chiuse dopo il peccato di Adamo; e queste erano il capo, il petto, le mani e i piedi. Ed egli si distese siccome una vivente simbolica croce, sopra la morta e chiusa croce della forma di quel fanciullo; e per mezzo dell'orazione e della sua fede fece scorrere in lui di nuovo la vita e la salute; e così espiò e cancellò i peccati dei genitori commessi da loro colla testa, col cuore, colle mani e coi piedi, e coi quali avean comunicato la morte al fanciullo.
Nel vedere cotesti quadri, vidi pur sempre per contrapposizione la morte in croce e le piaghe di Gesù e come in ciò vi fosse crescente somiglianza ed armonia. Dopo la morte in croce di Gesù, vidi poi cotesto dono di ristabilimento e guarigione venire in piena misura concesso al sacerdozio della sua Chiesa; ed in quanto in lui vi viamo ed in lui siamo crocifissi, sono in noi aperte le porte di grazia delle sue sante piaghe.
Riseppi pur molto circa la imposizione delle mani, ed anche sugli effetti delle be nedizioni, e sull'azione della mano a distanza, ed anche ciò mi fu dimostrato coll'esempio della verga di Eliseo. Come poi i sacerdoti di oggigiorno così raramente guariscano e producano effetti di benedizione, mi fu dimostrato in un esempio derivante dalla somiglianza simbolica in cui si fondano tutti cotesti effetti. Vidi tre diversi pittori che imprimevano figure sulla cera. L'uno di essi avea cera bella e bianca, ed era egli stesso avveduto ed abile; ma avea la testa piena di sè medesimo e non aveva punto in sè stesso impressa l'immagine di Cristo, e quindi la sua immagine non valeva nulla.
Un altro aveva cera pallida ed era indolente ed ostinato. Un altro era mal destro e la vorava con molta goffaggine, ma con diligenza e semplicità, sopra una cera gialla e comune, ed il suo lavoro riuscì ottimo e di parlante somiglianza, quantunque con rozzi lineamenti operato. Così anche vidi io sacerdoti eleganti parlatori, orgogliosi per sapienza mondana, non riuscire ad operare cosa alcuna; e ne vidi altri, poveri e semplici, continuare soli nella loro semplicità colle opere la potenza del sacerdozio nel benedire e nel guarire.
« In tutto ciò ch'io vedeva sembravami di andare nella Magion delle nozze come a scuola, ed il mio Sposo mi mostrò come egli dal suo concepimento sino alla sua morte avesse sempre sofferto, e sempre riconciliato e soddisfatto. Ed io ciò vidi in puri e soli quadri della sua vita. E vidi pure come per mezzo dell'orazione e dell'offerta di patimenti in pro di altrui, più di un'anima che affatto nulla ha lavorato su questa terra, possa nell'ora della morte venire indotta a conversione e salvata. Vidi pure che gli Apostoli furono inviati nella mag gior parte della terra, per infranger dappertutto la po tenza di Satana ed apportare la benedizione; e che quelle contrade ove essi operavano, eran quelle precisamente più infette dal nemico. Vidi però che Gesù colla sua perfetta soddisfazione verso Iddio, ha guadagnata e perpetuamente fondata cotesta potenza nei sacerdoti che riceveano ed ancora ricevono il suo santo spirito.
E mi fu mostrato come cotesto dono di sottrarre per mezzo della sacerdotale potenza e benedizione la terra e ciò che l'avvicina alla potenza di Satana, è designata in quelle espressioni: Voi siete il sale della terra. E che appunto perciò anche il sale è un ingrediente dell'acqua consacrata o benedetta. Che poi quelle contrade non abbian persistito nel Cristia nesimo, e che anche adesso sieno come incolte, vidi che de rivava da una saggia previdenza. Dovevano essere sol tanto benedette ed ingrassate per l'avvenire; e adesso sono incolte, affinchè di bel nuovo seminate producano magnifici frutti, quando le altre saranno di bel nuovo inselvatichite.
Vidi pure che Davide antiveggendo comprese il processo e lo sviluppo della Redenzione; ma non così Salomone, il quale troppo si compiaceva nella sua sapienza; conobbi pure che anche molti profeti, e specialmente Ma lachia, conoscevano il mistero del Cristianesimo, e vidi in numerevoli altre cose. E tutto era intimamente concate nato, ed una cosa era natural conseguenza dell'altra. Mentre così veniva ammaestrata, vidi ancora circa venti altri in dividui semoventesi, o giacenti in diverse situazioni e cir costanze, ma da me lontani ed in luoghi svariatissimi, e fra loro più donne che uomini, che sembravauo aver parte allo stesso ammaestramento. Vidi come degli strali di partecipazioni e rivelazioni venire e giungere sino a loro, derivando dal ciclo di queste meravigliose rappresen tanze; ma ognuno riceveva quegli strali di partecipazione in modo diverso. Avrei volentieri con loro parlato, ma non poteva accostarmi ai luoghi ove erano ! Pensai entro me stessa: vorrei pur sapere se tutto ciò è da essi ricevuto puramente e senza miscuglio alcuno. Ma vidi pur troppo che tutti lo turbavano in qualche sua piccola parte, e pensai: Io per altro non vi mescolo la minima cosa.
Allora subitaneamente venne a me una defunta donna assai grossa e mi recò una camicia da lei cucita. Intorno al collo ed alle braccia era bellamente cucita, ma nel resto molto ne gletta e mal lavorata. Allora pensai subito; vedi un poco che lavorono, così male io non lavoro di certo! Ed ecco che tosto sentii che anch'io mescolava, che era vana, e che precisamente quel bel lavoro ben contornato ed interna mente malfatto, era un quadro simbolico del modo in cui io riceveva cotesti ammaestramenti. Questo mi conturbò. Del resto vidi pure in cotesto gran quadro ed a suo luogo, che il servizio cerimonioso della vita carnale del mondo viene colla più alta scrupolosità esercitato, e che la male dizione, i perversi scongiuri, ed i miracoli nel regno di Satana, il culto della natura, la superstizione, la magia, il magnetismo, la sapienza e l'arte mondana, e tutti i mezzi di imbellettare la morte, di ornare il peccato, e di addormentare la coscienza, vengono con severa e superstiziosa osservanza esercitati da coloro medesimi che pretendono e vogliano trovare nei misteri della Chiesa cattolica pure forme di superstizione, forme che potrebbero, secondo loro, essere benissimo sostituite in qualsiasi altra maniera; ed intanto coteste genti colla maggior coscienziosa esat tezza conducono la vita loro e tutti i loro mondani affari nelle forme che esattamente vi corrispondono, in modo tale che soltanto il regno di Dio divenuto uomo viene ad essere negletto. E vidi pure il servizio del mondo perfet tamente esercitato, ma il servizio di Dio sì spesso scan dalosamente trascurato ! Oh ! quando le anime una volta esigeranno i loro diritti da quel clero, che per trascuranza e indifferenza ha dissipato cotanto di ciò che loro appar teneva, ne nascerà certo un terribile spavento. »
5. Più si approssimava il fine dell'anno ecclesiastico, e più frequenti e penose divenivano quelle opere di orazione che Anna Caterina, prima del termine di quel sacro tempo, doveva compire in tutte quelle forme sotto le quali avea per tutto l'anno operato. Il carattere del soddisfaci mento, della restituzione del perduto, del richiamo del trascurato, il raccoglimento del prodigato, il risarcimento e la ristaurazione del distrutto, in una parola, l'espiatorio compenso di ogni mancanza si produsse e ?i fece travedere nelle aumentate pene e stenti dei lavori, e dello stato di patimento che quei lavori accompagnava, e ciò allora avvenne appunto perchè un intero preciso periodo di tempo si accostava al suo fine; e divennero quei dolori molto più intensi di prima, giacchè ella doveva soddisfare e compen sare anche per suo proprio conto il malo uso e la perdita del tempo, e non soltanto per quei mezzi messi in di lei potere in pro dell'eterna salute di tanti.
Niun bene creato - viene mai sì bassamente apprezzato e con tanta leggerezza dissipato dalla parte infinitamente più numerosa dei mortali, quanto quei fuggitivi incompensabili momenti della corta vita terrena, nei quali dovrebbesi guadagnare l'eternità; ed è perciò che Anna Caterina dovea grave mente espiare la cecità di innumerevoli individui, che forse senza il di lei aiuto non sarebbero mai giunti allo scopo. Un quadro simbolico delle ricche benedizioni che dalle di lei opere di orazione derivavano in pro dei bisognosi, ci si appresenta nelle seguenti partecipazioni: « Nella trascorsa notte fui nella Magion delle nozze. Vi trovai tre vacche ritrose e che davan di corna; io dovetti mungerle. Quindi ebbi a spremere in un largo vaso e con grave stento del latte dallo stesso mio volto, dalle mie mani e dai piedi, ed anche dal mio costato, e ciò per l'uso e vantaggio di molti. Mi fu allora detto: Costoro hanno dissipato e gettato via i loro doni, ed ora mancano di tutto; tu poi hai tanto raccolto dalla Chiesa, che puoi compensar loro il perduto... Venni di nuovo colla mia Guida nella Magion delle nozze e dovei mungere le tre vacche. Allora eran divenute dolci e belle, e il loro strame era sì mondo che si sarebbe potuto dormirvi sopra. Munsi per la prima quella di mezzo e poi altre due, ed ottenni tre grandi vasi pieni di latte, che dovetti portar fuori sopra una piazza, ove il latte veniva misurato da alcuni sacerdoti in piccoli vasi, che venivano venduti e pagati. Ne presero molte e molte persone, sacerdoti, maestri e maestre. Quel latte si propagò e si diffuse fuori della Magione. Domandai pure alla mia Guida perchè mai alcun latte non restasse in casa, e perchè dovessi sempre mungere. Me ne ebbi in risposta ch'io non doveva domandare, ma piuttosto fare ciò che mi veniva commesso. Io doveva servire, e rammentarmi Isacco, cui Abramo nemmeno rispose quando ei gli domandò dove fosse la vittima. Quel latte che ho munto vien diviso, giacchè il sesso femmineo non porta frutto alcuno; perciò non è disposto e preparato.
Esso raccoglie soltanto, custodisce, conserva ed ha cura. I frutti ed il lavoro vengono distribuiti e diffusi dal sacerdozio. Quindi tu devi mungere e non domandare. I sacerdoti lo impiegano e per mezzo loro fruttifica... Mi fu condotta anche una vacca magra in sì misero stato, ch'io mi credeva dovesse cadere. Restò presso di me e non volle più da me al lontanarsi; io non sapeva da che cominciare. Supplicai Maria, che mi comparve e mi disse: Devi prender sopra di te la cura di questo animale. La magrezza di questa vacca proviene dal che il di lei guardiano che ha il dovere di la vorare per lei, di fare per lei pregare, non vuole a ciò in vitare gli altri. Mi disse pure come e con che dovesse essere alimentata, e ciò consisteva in pura orazione, svariati dolori, mortificazioni, resistenze alle proprie inclinazioni, elemosine e cose simili; il che tutto mi fu rappresentato sotto la forma di molteplici erbe e frutti. Ebbi pure una notte sì ripiena di patimenti cagionati dalla colica ed altri dolori, che dovetti piangere. Infine perdei i sensi per cotante pene; e fui costretta a prendere in aiuto olio bene detto, che mi arrecò mitigazione...
« Ebbi di bel nuovo molto da fare nella stalla della Magion delle nozze colle vacche, che dovetti nettare e gover nare. Avea i piedi scalzi e provava ribrezzo per le brutture e il sudiciume. Dovea passare tanto per le strette, che più d'una volta rimasi come sospesa a quelle vacche. Non mi fecero male alcuno. Avea molte altre anime che mi aiutavano. La Madre di Dio è per altro colei che in casi simili sempre dà consiglio ed ammonimento. Essa mi indicava quella o quell'altra vacca. Mi indicò pure certe amare radici per una vacca che era troppo grassa. Oggi non ho avuto da mungere, ma tutte quelle erbe dovettero essere raccolte a grande stento, fra sassi e spine, e a piedi nudi, e tutto dovea farsi con patimenti e con carità. La Madre di Dio sempre mostravasi alle mie preghiere sic come un'apparizione librata nell'aere. Essa è bella, è can dida come neve; il di lei vestimento leggero non è ri stretto da alcuna cintura, e dall'alto sino al basso consiste in puri raggi di luce ed in larghe pieghe; quantunque non possa in lei riconoscersi alcuna forma corporea, è per altro una nobile figura soprannaturale...
« Venni nella vigna della Magion delle nozze, e trovai tutti quei fanciulli, pei quali ho lavorato e che ho vestiti, intrecciati e come innestati nelle viti, e con essi vegetati e cresciuti. I maschi erano attortigliati per sopra ai varii nodi dei tralci, ai cui rami dilatati colle mani e coi piedi si rilegavano, tenendo le braccia aperte in croce; dal loro corpo vegetavano nuovi tralci, da cui pendevano grappoli. Dalle femmine non vegetavano grappoli, ma grosse spighe di grano. Costà ebbi grave lavoro; giacchè alle spi ghe ed ai grappoli del vino eransi intralciate due diverse specie di male erbe, di quelle che il Signore ammonì un tempo in Sicar le genti della nozza di por mente a strap parle nel coltivare i campi e le vigne. Dalle viti si possono bensì agevolmente strappare quelle erbe, ma dal frumento è cosa assai difficile. Io presi quindi le spighe che quelle fanciullette mi porgevano, stropicciai i granelli colle mani e li recai a macinare sotto una pietra. La farina che mi parve essere troppo grossolana, la stiacciai per un velo sot tile, e la portai unitamente ad una intera botte di vino da me spremuto dai grappoli, nella sagrestia della chiesa. Mi fu anche detto che significassero le viti con quei bam bini; ma nei miei dolori ho di nuovo tutto dimenti cato. Vidi allora uscire dalla vigna persone claustrali e andarsi a raccogliere in conventi di ordini religiosi. Fra loro ne riconobbi tali, a cui io avea fatto vestiti, e che avea preparati alla scuoia, alla confessione, alla Comunione. Quelle fanciullette che mi avevano porto le spiche per macinarle e prepararne il pane, divennero monache; i giovanetti che portavano i grappoli in chiesa, onde, come il pane si trasforma nel corpo, così il vino si trasformasse nel sangue del Signore, divennero sacerdoti. Il frumento è più pesante e terrestre, e significa nutrimento, esso è carne; -il vino è spirito, è sangue. Mentre essa ciò raccontava, parlò pure dei gravi pericoli della Chiesa, e provocò il Pellegrino a cooperar seco lavorando, per mezzo dell'ora zione, delle vittorie interne sopra sè medesimo, e della mortificazione. Lo esortò a lottare per divenire migliore e lo avvertì: - Spesso non posso venire sin presso al Pel legrino, son ritenuta indietro, l'anima mia non può a lui approssimarsi. Ciò proviene unicamente dai nostri peccati. ? Quando più tardi io venni di nuovo nella Magione delle Nozze, trovai in due sale dei giovani e delle giova nette, che dovevano fare ingresso in ordini diversi. Erano quei fanciulli delle viti, che per altro erano già stati rim piazzati da altri. In ambedue le sale vidi l'apparizione della Madre di Dio sopra un trono. Quei due spazii erano pure ripieni dei più magnifici e luminosi frutti celesti; spa rirono insieme ai futuri religiosi e religiose dalla Magione e si diffusero per tutta la Chiesa. Quei fanciulli intralciati dalle viti sono tutti coloro che in tutta la mia vita sin quì ho vestiti e diretti. »
6. Tutti cotesti lavori, come già fu osservato, erano ac compagnati dalle più severe e molteplici pene corporee. « Ora corre un sacro tempo (così esprimevasi talvolta, cercando di consolarsi ), il nuovo anno ecclesiastico si approssima, e nel vecchio vi è ancora molto di negletto e di ritardato, che deve essere scontato con patimenti. Ho preso sulle mie spalle troppo lavoro, e quindi debbo patire.Sovente sentivasi vicina a morte; e quando una volta provò presso il cuore e nello stomaco un freddo glaciale, e pregò la sorella di porgerle un caldo pannolino, costei le pose sullo stomaco un pannolino inzuppato in vino caldo, dal che fu provocato un tormentoso vomito. Ai 27 di novembre si risvegliò dall'estasi con un acuto grido di dolore, e dalla ferita del costato sgorgò all'improvviso sangue abbondante. « Vidi ( narrò essa) su in alto una forma luminosa sospesa al disopra di me, che mi inviava luminosi strali. Essi terminavano in un'acuta freccia che mi trapassò il costato, talmentechè dovetti gridar per do lore. Ho sempre in questi giorni un duplice quadro della Chiesa dinanzi agli occhi. La veggo sempre siccome una celeste e perfetta Chiesa situata sopra un monte di pietre preziose, ed in essa veggo raccolti santi pastori ed angeli, che sopra certe tavole e rotoli vanno facendo conti. E sembra come se conteggiassero circa un'altra Chiesa ter rena situata al disotto di loro, vale a dire circa le colpe e le mancanze dei fedeli e di tutti gli stati ecclesiastici, mancanze che si scontrano in ogni angolo e in ogni lato. Veggo pure in un quadro innumerevoli colpe e negligenze di tutti i doveri cui i pastori non soddisfanno verso il loro gregge. Veggo genti che si accostano alla Comunione mal preparate. Ne veggo altre mal consolate e mal dirette nel confessionale. Veggo sacerdoti negligenti, sucidi addobbi e utensili di altare, infermi non confortati, individui che troppo tardi ricevono il Viatico, malcurate e neglette reli quie, e cose simili. Ed allora mi sento presa da vivo desìo di aiutare, e prego Iddio di voler soddisfare la sua giusti zia sopra di me, e di compensare colla mia buona volontà della Chiesa, le mancanze di altri deboli membri del corpoe quindi riunisco i miei dolori coi patimenti inesauribil mente soddisfacenti di Gesù, e veggo come per mezzo degli angeli e dei santi vengano cancellate le colpe, e come per vie straordinarie tutto venga di nuovo restau rato per servizio del Signore ed a salute delle anime ne glette... La Madre di Dio ha distribuito cotesto lavoro fra sette persone, la maggior parte donne. Ho visto fra loro la stimmatizzata di Cagliari e la Rosa Maria Serra, ed altre che non posso nominare; un francescano nel Ti rolo, ed un sacerdote in una casa ecclesiastica situata fra i monti, il quale soffre indescrivibilmente per cagione dei falli commessi in seno della Chiesa. Mi ebbi anch'io la mia parte, e seppi perchè fossero tutti i miei dolori, e vidi sem pre quel che faceva quando soffriva. Debbo per altro sof frire ancor tutta questa settimana. »
2 Dicembre. Essa è rimasta fino alle ore pomeridiane di oggi (riferisce il Pellegrino) in uno stato di indescrivi bile patimento. Dalla testa sino ai piedi era tutta compe netrata di dolori, ed inoltre le di lei mani erano fredde come ghiaccio. Aveva sembianza di una persona morta sotto la tortura. I dolori del capo erano potentissimi, e pativa con ineffabile pazienza ed amore. Potè manifestare ben poco. Disse: - Nella trascorsa notte ho veduto santa Bibiana, che non mi ha dato aiuto; ma la di lei bontà e tutti i suoi patimenti ch'io vidi, dovevano fortificarmi nei miei. Ebbi pure un quadro di infinite specie di tormenti, e vidi i santi martiri fabbricare con tutti gli strumenti di martirio un'alta e maravigliosa torre, ed in vetta di quella vidi apparire la Croce. Vidi tutti i martiri circondare co testo trofeo, e al disopra degli altri la santissima Vergine Maria. Vidi anche coloro che hanno sofferto come me, ed anche quelli che ora sul fine dell'anno ecclesiastico sono occupati meco in simili lavori. Vidi pure me stessa e mi sentii dall'alto in basso trafitta da spine. Ho continua mente la visione delle due Chiese, e ritengo di aver lavo rato per tre luoghi ove tutto mancava. Alla fine ho do vuto raccogliere miele dai cardi, e questo era un difficile ed amaro lavoro; principiai da racccogliere fichi dalle spine, e finii col raccogliere miele dai cardi. Nella grossa e matura testa del cardo racchiudesi in mezzo ai semi un piccolo e pallido vermiciattolo, di gran potenza e valore contro la febbre e reumatismi, e specialmente contro gl'in guaribili dolori delle orecchie. Ai bambini conviene legarlo intorno ai polsi delle mani; i grandi lo trangugiano.
« Già per l'innanzi avea una volta fatto menzione di cotesto verme. Disse che era solitario, e non si trovava in tutti i cardi. « Verso sera la lasciarono quei dolori che da otto giorni erano cominciati in quell'ora medesima. Quasi come sve nuta venne per corti momenti in leggiero sopore, ed avea in ciò una sembianza estremamente dolce e di grazia in fantile, gioconda. Quando le fu porta acqua da bere, la ri fiutò e disse sorridendo: Non oso inaffiare la mia pena coll'acqua, altrimenti ritornerà e vegeterà di nuovo. Veggo appunto che se ne va adesso.
3 Dicembre: « È ancora molto stanca, e tormentata da cure domestiche; ciò nondimeno ha raccontato un quadro simbolico veduto nella notte, e relativo alla Chiusa dell'anno ecclesiastico.
7. « Ho veduto un gran quadro del saldo dei conti di quest'anno fra la Chiesa celeste e la terrena. Ho veduto la Chiesa celeste non già come un edifizio, ma bensì come un compendio ed una riunione di apparizioni. Vidi sopra la santissima Trinità, e tutto da lei scaturente. Gesù stava alla dritta. Anche Maria stava più bassa. Sulla sinistra vidi i cori dei martiri e dei santi. Intorno a Gesù vidi tutti gli strumenti della sua Passione. E poi vidi tutta la sua vita, insegnamento e passione, in una serie di quadri sus seguenti l'uno all'altro, ed in vero tutti quelli avvenimenti che in sè contengono i misteri della misericordia di Dio e gli atti della nostra redenzione, e sono i fondamenti delle solennità della Chiesa militante. Vidi coll'aiuto di cotesti quadri, nella Chiesa trionfante le fondamenta e l'eterna sorgente di grazia di tutti i principali momenti della liberatrice vita terrena di Gesù, siccome eternamente per noi e verso di noi scorrente e per noi refrigerante, mentre la Chiesa militante nelle sue solennità festeggiando quei mo menti, misteriosamente li riassume e ne rende grazie, e col mezzo del sacrifizio e col ricevere il santissimo Sacra mento li rinnova in pro della comunità dei fedeli.
Vidi coteste correnti di grazia e tutti cotesti sacri effetti derivare dalla santissima Trinità e dalla Passione di Cristo in modo infinito ed espandersi sopra il tutto. Vidi pure il grande risultamento del viaggio di Gesù nell'Arabia prima della sua Passione, e vidi come ei dicesse alle genti dei tre re, che alcuni verrebbero e li battezzerebbero, e come egli loro indicasse una contrada ove doveano raccogliersi e di venirvi un popolo. Sembrava che loro indicasse un paese ove troverebbero bentosto sacerdoti e maestri. Vidi pure con uno sguardo la loro posteriore emigrazione diretta fra il meriggio e l'occaso, non già l'emigrazione di un popolo intero, ma piuttosto quella di un centinaio di uomini, e anche questa divisa in singole squadre. Essi portavano seco i corpi dei loro re estinti, racchiusi in casse e che io vidi distintamente. Erano ancora coperti di pelle e vestiti affatto secondo la loro antica foggia. Poteano vedersi le mani ed i piedi, il loro vestiario era bianco. Vidi anche le donne seguire cotesti arabi, ma più tardi, e dopochè gli uomini ebbero fondato una nuova patria. Li vidi crescere e formare un popolo, e vidi fra loro un vescovo, che prima era un orefice. Cotesto vescovo molto in loro si compia ceva giacchè con tanta gioia ricevevano tutti gli insegna menti, e tanto si distinguevano fra gli altri abitanti di quelle contrade. Potei benissimo distinguere ancora i di scendenti di quelle varie tribù che inviarono la mirra, l'incenso, e l'oro.
« Vidi inoltre tutte le solennità ecclesiastiche dei mi steri della vita di Gesù sino alla discesa dello Spirito Santo, e riseppi che in questi giorni la Chiesa, siccome giunta al punto del rinnovamento del ciclo dei suoi lavori, riceve in tutti i suoi puri e preparati membri lo Spirito Santo, purchè ne supplichino ferventemente; e che ognuno che per amore e zelo desidera di compensare ciò che potrebbe impedire o distornare il ricevimento universale di questo santo Spirito, e che sopporta per amore di Gesù patimenti, e che riunendoli ai di lui meriti li offre in pro della Chiesa per quest'oggetto, costui può invocare per sè il torrente della grazia e dei lumi del Santo Spirito, per quanto vale il suo amore ed il sacrifizio di sè stesso in unione al gran sacrifizio di Gesù.
Dipoi vidi la trasfusione dello Spirito Santo nelle opere degli apostoli, dei discepoli, dei martiri e di tutti i santi, e vidi come essi per amor di Gesù soffrissero in Gesù e nel suo corpo la Chiesa, e così divenissero viventi arterie del torrente di grazia della sua espiatoria Passione; anzi, siccome essi soffrivano in Gesù, così Gesù soffriva in loro, e da Gesù deri vava quel merito che essi poi deponevano in grembo della Chiesa. Vidi qual moltitudine di conversioni avvenisse per mezzo dei martiri; erano come canali scavati dai do lori, che trasportavano il sangue vivente della redenzione in mille cuori. Vidi pure tutti i quadri di martirio, d'insegnamento, di orazione e di penitenza, che appariscono su nella Chiesa celeste, siccome l'essenza delle molteplici grazie ecclesiastiche che contano in pro e vantaggio della Chiesa militante, e che vengono rinnovate o prese in possesso nei giorni solenni della festa dei varii santi. Vidi il compendio dei loro patimenti in quadri, e vidi i loro effetti temporali e l'eternità della loro essenza e del loro merito nella Passione di Gesù, e i loro eterni effetti nella Chiesa, e ciò in vero per mezzo delle colleganti arterie della so lennità, della viva fede, della orazione, della pietà, e delle buone opere.
Vidi quali ineffabili tesori e grazie possegga la Chiesa, e come alcuni membri ne facciano mal governo. Ciò avviene come se un magnifico giardino stesse sopra una contrada desolata e deserta e lasciasse cadere i tesori della sua felicità a mille a mille, e che niuno al disotto li ricevesse, talmentechè quei campi rimanessero deserti e quei tesori andassero dispersi e perduti. Vidi la Chiesa terrena, cioè la terrena comunità dei fedeli, la greggia di Gesù Cristo nel suo temporaneo stato sulla terra, affatto oscura ed abbandonata; e come là in alto io aveva veduto il perfetto ciclo annuale della partecipazione delle grazie, così qui nel basso vidi la pigrizia, l'incredulità e l'empietà nel riceverle. Tutto venìa festeggiato in modo talmente sonnolento, pigro e leggiero, che le grazie che in queste solennità avrebbero dovuto essere ricevute e raccolte, cadevano sperse sul suolo, e molti tesori della Chiesa si mu tavano in debiti. Vidi tutto ciò in modo universale ed in quadri innumerevoli. Vidi anche che tutte coteste negli genze dovevano essere espiate per mezzo di dolori, giacchè senza di ciò la Chiesa militante non potrebbe in questo anno saldare i conti colla trionfante, e dovrebbe ancor più scadere. Vidi per altro come la santissima Vergine avesse cura di cotesto pareggio, ed in ciò consisteva quel lavoro che nel giorno di santa Caterina io avea intrapreso nella Magion delle nozze sotto la direzione della santissima Vergine, e che si effettuava sotto la forma di una penosa raccolta di ogni sorta di erbe e di difficili preparativi, come pure innumerevoli quadri simbolici di lavamenti di chiese, ed astersioni, e purificazioni.
Ciò è difficile a descriversi, perchè la natura intera e gli uomini sono talmente caduti e in uno stato talmente angusto e limitato, che i quadri nei quali io realmente compio alcunchè di essenziale, ed in cui anche comprendo senza alcuna meraviglia quello che faccio, tostochè mi trovo desta nello stato naturale, mi rie scono ugualmente strani come lo riuscirebbero a tutti gli altri individui che sempre sono desti. Così, esempligrazia, debbo colle mie mani spremere miele dai cardi, e debbo portare cotesto miele alla santissima Vergine, in pareggio dei conti della Chiesa; ed essa se ne serve di nuovo per cucinare, e lo fa entrare in più alto stato di preparazione, in quella vivanda che ne mancava. Ciò per altro si gnifica che durante l'anno ecclesiastico dai membri della Chiesa molto è stato trascurato, perduto, e mal prodigato di quella grazia di Dio, la quale avrebbe dovuto essere con diligenza nelle molte e varie forme del suo amore raccolta e preparata come refrigerante e dolce cibo; e che molte anime, che avrebbero avuto bisogno di cotesta grazia così preparata, ne sono venute per mancanza a languire e a desolarsi.
Il Signore ha per altro a questo scopo elargito ogni ricchezza della Chiesa trionfante, e la militante deve riconoscerlo con gratitudine, e compensare quei doni con gli interessi e l'usura. Quindi le mancava nel pareggio dei conti dell'impiego e dell'amministrazione dei tesori della Chiesa trionfante cotanto miele, poichè quella grazia pro veniente da Dio corrispondeva spiritualmente a ciò che è il miele nel mondo corporeo, e cotesto miele dovea essere compensato. Ciò che per altro nella stagione dei fiori per mezzo della attenta educazione delle api avrebbesi po tuto con facilità raccogliere ed era stato negletto, ora do vevasi con istento e con pena procurare. I fiori sono spariti e non restano che i cardi. Ed ecco che un membro del corpo della Chiesa viene impiegato dal misericordioso Gesù, ed arreca le proprie pene e dolori in offerta espiato ria per l'altrui negligenza, e spreme con sanguinose mani il miele dai cardi pungenti; e la santissima Vergine, Madre della Chiesa, impiega nel cucinare cotesto miele; laddove quel dono di grazia che è significato dal miele è stato dalla Chiesa negletto o mal impiegato nel corso di quest'anno. In questa guisa, durante i giorni e le notti trascorse, i miei martirii furono compresi sotto la forma di molteplici quadri e lavori, e vidi la Chiesa bassa e terrena alzarsi sorgendo dalla oscurità, a misura che il suo debito veniva soddisfatto.
« Precisamente come aveva veduti i membri della Chiesa trionfante, vidi pure i membri della militante. Vidi circa altri centomila veracemente credenti e semplici nel loro modo di agire. Vidi poi operare in pro della Chiesa nel modo ch'io opero sei altre persone con me; cioè tre donne e tre uomini; la stimmatizzata di Cagliari, la Rosa Maria Serra, un'altra persona molto ammalata di gravi infermità corporali, il francescano del Tirolo, che spesso ho veduto meco unito nella medesima intenzione, e di più un giovine ecclesiastico in una casa ove sono molti altri sacerdoti, in una contrada montuosa. Costui deve avere un'anima pri vilegiata; prova ineffabile dolore per lo stato della Chiesa, e deve coll'aiuto della grazia di Dio sopportare non co muni dolori. Ogni sera sclama con fervente preghiera a Dio, implorando ch'ei voglia farlo soffrire per tutte le mancanze che oggidì avvengono in seno della Chiesa. Il terzo è un personaggio di distinzione, ammogliato, con molti figli, una pessima e pervertita moglie, e largo e si gnorile modo di vivere. Vive in una grande città, ove sono cattolici, protestanti, giansenisti, e liberi pensatori. Tutto va in casa sua col maggior ordine; è molto benefico verso i poveri, e sopporta i suoi patimenti con quella cattiva moglie in modo nobilissimo. In quella città havvi una strada separata pei giudei, chiusa all'una ed all'altra estre mità con porte; là dentro havvi molto traffico.
I miei lavori per la più parte hanno avuto luogo nella Magion delle nozze e nel giardino che ne dipende. Il quadro simbolico del mungere, e del come, io spremessi il latte da tutte le mie membra ed alla fine ne divenissi sì debole, si riferisce alle mie continue effusioni sanguigne in questi giorni. I lavori in pro delle singole persone erano pure in forma di bucati e purificazioni. Ed ora mi si presenta alla mente un caso. Un così detto bacchettone, che frequenta tutte le devozioni e percorre tutti i pellegrinaggi, portò anch'egli il suo fagotto a purificare. Spesso aveva pensato in sè stesso perchè gli uni e gli altri non facessero come lui. Vidi che egli ebbe un sogno, in cui vide la più parte degli individui dei quali in sè stesso trionfava, star molto meglio e al disopra di lui nei loro affari spirituali, e che egli ne rimase svergognato. Quand'ebbi finito i miei lavori, vidi presso il Re dentore due grandi tavole preparate, sulle quali po sava tutto ciò che era stato negletto e tutto ciò che era stato compensato; allora mi furono mostrati anche in modo simbolico tutti i miei lavori, e vidi costà tutto ciò che era stato perduto; da un lato le più belle corone, or namenti e fiori, dall'altro serti lacerati, cattive vesti a mezzo consunte, ed ogni sorta di legumi e di erbe sminuzzate e guaste. Vidi da un lato un trofeo adorno dei più magnifici doni di Dio, e dall'altro lato un mucchio miserabile di immondezze e di frantumi. Quando vidi cotesto miserabile compenso che non consisteva altro che nell'avere trasportato e messo insieme un cumulo di frantumi e di rovine, nel che io avea impiegato ogui forza da Dio ricevuta; quando vidi tutto ciò che era stato lacerato, infranto, macolato, fui compresa da una spaventevole tristezza. Caddi prostrata sul mio volto e piansi per due ore con tal violenza, che parevami il cuore mi si spezzasse nel seno. Vidi per altro che tutto cotesto cumulo di frantumi appa riva come posto dietro a Gesù e che in vero era situato dietro gli omeri suoi. Mentre io così piangeva mi si accostò il misericordioso Redentore e disse: di Mancavano soltanto ancora queste lagrime.
Ti ho lasciato però vedere tutto questo, affinchè tu non t'immagini che sia riuscita alcuna cosa per opera tua; ora poi ho preso il tutto sulle mie spalle. Vidi piangere così anche gli altri miei sei com pagni di aiuto, e li vidi consolati nel medesimo modo dal Salvatore. Vidi allora la santissima Vergine approssimarsi alla Chiesa, e sopra di lei stendere il suo ammanto, e vidi molti poveri, ammalati, e storpii sospingere in alto la Chiesa terrena, e così essa si sollevò chiara e luminosa verso l'altra trionfante e si riunì con essa. Vidi Gesù e gli apostoli apparire nel più alto coro della Chiesa, e vidi di stribuire la cena siccome nuovo elemento di forza, e vidi molte anime anche di principi e re passare dal seno di Abramo nel seno di quella Chiesa. Veggo sopratutto varie anime che sulla terra già sono tenute per sante, trovarsi ancora nel seno di Abramo, e non per anche nella visione beatifica; ne vedo altre dopo due o tre giorni di purificazione andare diritte al cielo. Vidi pure in cotesto quadro anche il purgatorio siccome la Chiesa soffrente, e vidi come una scura e larga vôlta, ove le anime apparivano come liberate dalla loro prigionia. Eravi dentro un rosseggiante fulgore di ceri e come un altare, e vidi un angelo venirvi entro e ristorare quelle anime porgendo loro al cuna cosa. Ciò succede alcune volte nel corso dell'anno, ma collo sparire dell'angelo sparisce pure di là ogni che di ecclesiastico. Seppi pure che le povere anime che non possono aiutare sè stesse, pregano nondimeno in pro della Chiesa. Quand'io veggo un quadro così universale della Chiesa, veggo pur sempre fra l'occidente e il settentrione un vacuo profondo e nero, ove non penetra alcun raggio di luce; e là mi sembra che debba essere l'inferno. Vidi dipoi una grande solennità nella Chiesa, e molti che con lei si riunirono. Vidi pure molte altre chiese o piuttosto case di preghiera, sulle quali stava in alto una banderuola, e vidi come molte genti senz'ordine e senza alcuna relazione colla Chiesa celeste, soltanto di tempo in tempo ac correvano insieme colà, siccome accorrono i mendicanti laddove si distribuisce pane, ma senza che ne conseguisse alcuna relazione colla Chiesa sofferente e colla trionfante. Coteste genti non erano già collegate nel preparare e di sporre in sana e ben fondata guisa un legame che le riannodasse colla Chiesa militante, o sofferente, o trionfante, e ricevevano non già il corpo del Signore nella cena, ma pane soltanto. Coloro per altro, i quali essendo innocenti nel loro errore, con pietà e ardente desiderio aspiravano al Corpo di Gesù, venivano ristorati spiritualmente, ma non già col mezzo di cotesta cena; coloro che comune mente partecipavano a quella cena senza viva aspirazione di amore, non ricevevano pro alcuno da un atto, da cui il vero figlio della Chiesa riceve si grande ristoro. »
14 Dicembre. Essa è dopo questo martirio e tanti sforzi che hanno durato otto giorni, oltremodo debole e soffrente. Durante tutto questo tempo ha giornalmente vomitato sangue, ed anche ha sanguinato dalla ferita del costato e sudato sudore sanguigno. Il violento piangere le ha la sciato la sensazione come se avesse un vacuo profondo nel cuore. Durante tutte coteste pene non ha mai cessato dal cucire dei retini da notte pei poveri bambini, e preparare fila per il P. Lambert. Essa teme un nuovo principio del di lui male. Ha passato tutta la decorsa notte desta e se duta sul letto, col capo posato sulle ginocchia e cadente or qua or là, perchè è tanto debole e non può tenersi dritta sulla schiena. E già da molti giorni costretta a passare una parte della notte in cotesta posizione, per causa di violenti dolori nel cuore e nel petto, dolori che sono stati princi palmente accresciuti dai suoi pianti continui. Ebbe di nanzi a sè un quadro, in cui vide come la Chiesa, con tanto stento e tante pene purificata, fosse stata di bel nuovo malmenata dagli ecclesiastici e di bel nuovo ridotta in cattiva ed immonda situazione. Fu di ciò consolata da santa Barbara, che le disse non dover essere sì dolente, giacchè ella medesima non avea potuto ottenere dal Si gnore la conversione di suo padre. Dipoi ebbe un quadro ed un avvertimento circa molti preti, i quali, se ciò dipendesse soltanto da loro, non vorrebbero nemmeno distri buire e dare ciò che devono dare per grazia di Dio. Vide per altro che sarebbero costretti a rendere conto per tutte le opere di carità, le consolazioni, le esortazioni, gli am monimenti, le istruzioni nelle regole della fede, che non prestano e negligentano, e per tutte quelle benedizioni e potenza di benedire, in loro trasmessa dalla mano di Gesù, e di cui non si servono, e per tutto ciò che hanno trascurato nella imitazione di Gesù loro modello. Ebbe pure un lavoro, durante il quale dovè trasportare molti ecclesia stici con grave stento attraverso certe acque, e dovè pre gare in favore di alcuni tentati.
8. Come a santa Ildegarda ed a santa Caterina da Siena fu rappresentata la Chiesa come sposa di Cristo, sotto l'immagine di una vergine o di una matrona nei più diversi stati di patimento, perseguitata, malmenata, deru bata, colpita dall'infermità o dalla lebbra, e che esse dovevano compire le loro missioni di orazione espiatoria in modo a tutti quei mali corrispondente; così pure Anna Caterina trovò nella Magion delle nozze e nei suoi dintorni la Chiesa sotto la figura di una matrona in tutti gli stati e circostanze possibili ad immaginarsi. La qualità e lo stato delle vestimenta, la situazione corporale, i movimenti, il soggiorno, l'esterna apparenza, gli andamenti ed il com mercio di quella matrona con altre figure, erano il quadro simbolico dei contemporanei maltrattamenti, profanazioni, ferite, oppressioni, che la Chiesa effettivamente doveva soffrire per parte di coloro che le appartenevano, come della situazione in cui era stata ridotta in faccia agli scismatici, al poter temporale, ed a tutte le esterne nemiche influenze; e quindi in cotesti varii sensi si dirigevano le singole opere che ella dovea intraprendere e compire in espiazione delle ingiustizie ed offese commesse contro quella matrona.
« Venni (così narrò essa nell'ultima settimana dell'Avvento 1819) in Betlemme, e scontrai la vecchia matrona sulla via che conduce alla Magione delle nozze. Era tutta coperta di enfiagioni e tumori, che nascondeva sotto un lu rido mantello. Invocando il Saverio, riuscii a vincere la mia nausea e succhiai i tumori di costei; ed allora da essi scoppiarono raggi di luce che diffusero il più chiaro splendore. Quel suggere mi riuscì straordinariamente dolce e piacevole, ed al mio dritto lato scese dall'alto una si gnora radiante di luce, ritolse alla matrona, che avea ancora poche ferite, quel lurido e duro mantello, la rivestì col proprio ammanto folgoreggiante e disparve. Ed allora la matrona fu di bel nuovo tutta lucente, ed io la condussi nel giardino della casa delle nozze. Pareva come essa fosse stata di là cacciata via, e che nell'andare errando fosse divenuta così ammalata; ma non potei per altro ricondurla entro in casa. Trovai però nel giardino molte cattive erbe, e quasi tutti i fiori ne erano rimasti soffocati, perchè i giardinieri aveano tutto diviso e suddiviso, ed ognuno faceva a modo suo, e non più consultavano e ben poco si curavano di quell'uomo attempato che era posto sopra di loro. Trovai anche costui ammalato, e vidi ch'ei nulla sapeva di quelle lussureggianti erbaccie, finchè non gli germogliarono proprio sotto le sue finestre nella forma di cardi e di spine; allora avrebbe voluto che ciò fosse strappato e divelto. La matrona che avea ricevuto l'ammanto dalla Madre di Dio portava seco in un vaso un tesoro, un dono santo già da lei ottenuto, ma che ella me desima non conosceva più esattamente. Questo tesoro è la misteriosa potenza spirituale e forza della Chiesa, che co loro che stavano dentro nella Magion delle nozze più non volevano e più non comprendevano. Ma cotesta potenza crescerà di nuovo nel silenzio, e coloro che vi si oppon gono dovranno uscire dalla Magione, e tutto sarà di nuovo ristaurato. »
Durante cotesto racconto essa avea più di una volta guardato da lato come osservando e spiando. Essa sentiva l'approssimarsi del suo Sposo celeste, e venne subita neamente rapita in profonda estasi, in cui pregollo colle più dolci parole di poter patire in pro della Matrona, ed anche per tre donne senza patria nè tetto coi loro poveri fanciulli, e coteste donne le apparivano come quadro sim bolico di quelle comunità separate dalla Chiesa ed er ranti fuori del vero ovile delle pecorelle. Colassù non posso più patire (diceva essa pregando), colassù non havvi che pura gioia ! Lasciami ancor qui ! Lasciami ancora aiutare. »
In quel momento giunse alla porta una delle antiche sue consorelle, che il giorno innanzi aveva a sè chiamata, e volle tosto ritirarsi; ma Anna Caterina sclamò senza per altro uscire dall'estasi: « Ecco una persona che deve aver qualche cosa ! Questo è per lei, questo per la sua padrona di casa. »
E con queste parole prese dal suo armadio alcuni pacchetti di caffè e li porse alla conso rella. Appena costei erasi allontanata, che Anna Caterina cominciò colla più grande gioia a ringraziare, poichè « ho (disse ella) ottenuto dal mio Sposo la liberazione di una povera anima del purgatorio col mezzo di questo dono. Avrei desiderato di ottenere tante anime quanti sono i granelli di quel caffè, ma una pure la ho ottenuta. »
Vide la gioia e la gloria di quell'anima liberata. Pel santo Natale essa raccontò: « Fui nel giardino della Magion delle nozze. La matrona era sempre inferma, ma pure metteva in ordine, ripuliva e spazzava qua e là nel giardino. Vidi l'ovile della Magion delle nozze essere di venuto chiesa. Le siepi dei noci ( 1 ) che circondano la stalla erano disseccate sino in fondo, e le noci erano vuote ed appassite. Vidi molti santi in antiche vesti sacerdotali che ripulivano la chiesa e ne spazzavano i ragnateli.
(1) Le noci significano discordia e dissidio.
Le porte erano aperte e la chiesa diveniva sempre più luminosa. Era come quando i padroni fanno le opere che dovrebbero fare i servi; giacchè coloro che erano dentro alla Magion delle nozze non facevano cosa alcuna ed in parte erano di mala voglia; ma pure eravi un gran moto anche là dentro. Pareva come se dovessero, quando la chiesa fosse affatto in ordine, entrarvi anche loro; alcuni però doveano tosto esserne cacciati affatto lontani. Mentre la chiesa diveniva sempre più pura e luminosa, ecco che sca turi all'improvviso in lei una bella e chiara fonte, che si versò da ogni lato fuora e attraverso le mura con onde cri stalline, e tutto ravvivò scorrendo pel giardino. Al mo mento dello scaturire di quel fonte tutto divenne più lumi noso e più lieto, e al disopra di quello vidi anche un altare luminoso come uno spirito celeste; e vidi un sopravveniente apparire e crescere, e tutto era come se vegetasse e cre scesse in quella chiesa; le mura, il tetto, gli ornamenti, le forme, tutto; ed i santi seguitavano a lavorare, ed il moto nella Magione delle nozze sempre più cresceva. »
Delle comunità degli erelici e apostati raccontò quanto segue: Trovai la casa colle banderuole, dove le genti coi libri entrano ed escono. Qui non havvi altare, e perciò fa molto brutta vista. Vi fui condotta per mezzo, ed è come se vi passasse una pubblica via. I banchi ed i seggi sono buttati qua e là, ed in parte rubati; il tetto è caduto giù, ed a traverso i travi si vede l'azzurro del cielo. Allora vidi due madri coperte e guaste da tumori, ciascuna te nente due bambini per mano, aggirarsi qua e là erranti e come smarrite. Una terza poi, la più misera fra loro, gia ceva molto più in dietro presso quel rovinato tempio, con un piccolo fanciullo. Non potevasi muovere da quel luogo. Coteste donne non erano già molto vecchie, ed il loro ve stiario era lungo e stretto, e non nelle consuete forme delle vestimenta degli abitanti della città. Sembrava come se fossero soltanto avvolte in quelle vesti, per nascondere la miseria dei loro tumori.
Riconobbi che non già quei bambini attingevano forza da loro, ma che al contrario esse attingevano qualche vigore dai loro bambini. Cote ste madri non valevano gran cosa; ma quei poveri fan ciulli erano innocenti di tanti guai. L'una vacillava cam minando dietro l'altra. Non avevano più vera e propria casa, e si erano così in qua e là trascinate vagabondando e raccogliendosi in sì cattivi alberghi, che aveano guada gnato tutte coteste infermità. Le ho vedute più tardi al cune volte di notte, ho succhiato i loro tumori e li ho con erbe medicinali fasciati. Le avrei anche volentieri con dotte in chiesa, ma erano ancora troppo timide e vergo gnose e vi si rifiutavano.... Cotesti cristiani separati dalla Chiesa non hanno nemmeno alcun posto presso il S. Se polcro, quantunque appunto adesso tentino di ficcarsi in varii luoghi; ma hanno presso di loro interrotta la sacra ordinazione sacerdotale, ed hanno rigettato e perduto il santo sacrifizio della Messa; e questa è la sciagura di quei poveri cristiani...
« Ho parlato con quelle povere donne che coi loro figli errano qua e là sul prato; al certo fra poco andrà al quanto meglio per loro. Quelle che hanno figli, sono come vecchi alberi che di nuovo germogliano dalla radice, e perciò non vengono gettati sul fuoco. I fanciulli significano quelle anime che si sforzano di rientrare in seno della Chiesa, e seco trascinano le madri prive di ogni nutri mento; poichè quelle donne sono prive di ogni possa e di ogni vigore, e vengono dominate dai loro figli. Le due smarrite donne che sono più vicine alla Chiesa, hanno già ciascuna due figli che corrono sostenuti per la mano, dai quali esse sono interamente dominate. La terza, la quale tanto inferma giace sulla via presso quel tempio scoperto e devastato, non ha che un bambino, che è molto più pic colo, ma pure è un figlio, ed anch'essa verrà...
« Trovai di bel nuovo le due donne coi quattro figli. Erano più vicine alla Magione delle nozze. Quei bambini non si fermavano punto; le trascinavano innanzi, ed esse doveano seguirli. Ma non penetravano nemmeno nel giar dino; rimaneanvi dinanzi timide vergognose ed affatto meravigliate. Non avevano mai nemmeno sognato quanto vedevano ivi... Pregai di nuovo dinanzi al presepio per coteste povere madri, affinchè pur pervenissero a pene trare nel giardino delle nozze, ed allora vidi come la ma trona uscisse a cercarle ed invitarle a riunirsi di bel nuovo con lei. Essa però si diè un'aria di agire come di nascosto, e fece sembiante come se fosse uscita soltanto al passeg gio; procedeva con gran timidezza e come se si nascon desse. Ciò mi riempi di inquietudine, tanto più quando vidi che ella dirigevasi primieramente verso un pastore separato, ed io temeva che essa non avesse seco il suo vaso e quindi non avesse forza alcuna, talmentechè il pastore avrebbe potuto di lei impadronirsi, e non lasciarla più tornare nel giardino delle nozze. Io per altro avrei desiderato che si avviasse dapprima verso quelle madri coi loro bambini.
Quindi le andai incontro e parlai molto con lei, e mi rallegrai che avesse seco il suo vasetto. Riconobbi dal mio proprio stato di patimento, che essa non era in teramente risanata; alcune delle sue piaghe si erano chiuse troppo presto ed il male vi era rimasto internamente. Vidi che da ciò veniva impedita a fare convenientemente il suo invito a quelle madri, e che quel suo procedere furti vamente, quella sua timidezza ne erano le conseguenze; non andò franca innanzi nel nome di Gesù. Parlai molto con lei. Non era tutta piena di amore, e parlò tanto dei suoi diritti e dei suoi possessi, che le si prestava poca cre denza quando veniva a parlare di amore. Mi aveva par lato di tutti i suoi diritti e grazie: quando le domandai che cosa portasse in quel vasetto, mi rispose che era un se greto, una cosa santa; e non sapeva propriamente cosa fosse, e non ne usava, ma lo portava così chiuso con sè. Era anche di malumore che non l'avessi appieno guarita e risanata. La condussi, passando oltre quel pastore, verso quelle madri vagabonde che le venivano trascinate incon tro dai quattro fanciulli. Parlò con loro, ed esse sul prin cipio si mostrarono alquanto ritenute ed in sussiego.
La invitò a riunirsi e riconciliarsi secolei, e ad entrare nel giardino delle nozze. I figli lo desideravano di buona vo glia; le madri per altro volevano prima parlare con quel tal pastore, e quindi tutti insieme ne andarono verso co stui. La vecchia matrona parlò con esso, ed io era sempre inquieta temendo che quella vecchia signora, non essendo peranco perfettamente guarita, si conducesse con certo malumore, e non con abilità e destrezza. E ciò avvenne anche in parte, giacchè parlò e disse di aver tutto e che tutto le apparteneva, forza, e grazia, e beni, e diritti, e cose simili. Quel pastore dal cappello a tre punte non si sentì punto mosso nè ben disposto, e: ? Che hai tu costà disse in quel vasetto che porti intorno? Essa rispose che era un mistero, e ben si vedeva che ciò era un mistero anche per lei. Il pastore divenne a quella risposta di un umore - affatto cattivo e disse: Sì, tu vieni fuori di nuovo col tuo mistero; di ciò non ne voglio punto sentir parlare. A causa di cotesto tuo traffico di misteri ci siamo appunto da te divisi. Ciò che non si può pubblicamente dichiarare e mostrare in piena luce del giorno e dinanzi agli occhi di tutti gli uomini, non ha alcun valore. E su questo si separarono. Le due madri allora non vollero più andare colla matrona. Essa ritornò con me verso il giardino delle nozze. Ma i bambini di quelle madri non si lasciarono rite nere e ci corsero dietro. Avevano e provavano una speciale inclinazione per quella vecchia signora ed entrarono con lei nel giardino. « Costà guardarono ed esaminarono ogni cosa; ma non erano ancora atti a restarvi; e quindi corsero di nuovo verso le madri a raccontare loro il tutto; erano per altro molto commossi. »
Nell'ultima settimana dell'anno ecclesiastico, sul finire di novembre del 1820, Anna Caterina vide il seguito delle opere sue in pro della conversione degli scismatici, e circa di ciò narrò quanto segue: « Nei miei dolori invocai la cara Madre di Dio in soccorso, onde tutti i cuori omai prossimi alla verità alla fine si convincessero e si rivolgessero verso la Chiesa. Essa a me venne nella Magion delle nozze, e mi insegnò come dovessi cucinare per due centoventi ospiti. Io doveva raccogliere molteplici erbe e frutti dal giardino delle nozze, sul quale era caduta una rugiada dai giardini celesti. Il mio lavoro era simile a quello che ha l'uomo in una apoteca; doveva cuocere e preparare molte e svariate misture secondo le differenti malattie e mancanze delle anime. Era tutt'altra cosa che il cucinare ordinario. In ogni cosa doveva quanto vi era ancora di terreno venire prima consumato dal fuoco della carità; poi con la penosa e faticosa attività doveva otte nersi una mistura ed una compenetrazione perfetta fra le più svariate sostanze ed essenze. Maria mi spiegò ciò che io faceva, e m'insegnò pure il significato e lo scopo dei varii condimenti e spezie ch'io doveva impiegare nei cibi, secondo le circostanze dell'uno e dell'altro ospite. Tutti cotesti lavori simbolici in visione si cambiavano in dolo rosi patimenti e molteplici pene nella mia natura terrena. Vidi per mezzo del mio cucinare e lavorare tosto consu marsi le durezze e le resistenze in alcune nature di uo mini, e secondo le mancanze e i difetti degli animi diversi, riusciva più o meno difficile ed artificiosa l'opera mia. Fi nalmente li vidi tutti venire entro la Magion delle nozze, ove ognuno si ebbe il suo cibo. E dopo li vidi nelle più svariate contrade, accostarsi coi figli della Chiesa al con vito del Signore. »
9. Conversione di un'antica setta (Maronitica?)
«Viaggiai verso Betlemme e percorsi quella via al certo con grave stento, ma velocissimamente. In prossimità della Magion delle nozze trovai una vecchissima donna sulla strada; vecchia quasi come se fosse contemporanea della nascita di Gesù Cristo. Era da capo a piedi sì strettamente avviluppata in una negra veste, che appena poteva cam minare. Mi dimandò aiuto. E lo ricevè in elemosina e vestito. Mi nascondeva bensì alcuna cosa ch'io per altro sentiva e che propriamente verso lei mi attraeva. Questo era un bambino affatto piccolo posto sotto il di lei mantello, e che non volea mostrare, come se se ne vergognasse, ovvero temesse ch'io glielo potessi togliere; giacchè sembrava come se non avesse altro che quel bambino e vivesse sol tanto in grazia di lui. Lo teneva talmente nascosto, come se lo avesse rubato.
Per altro dovette mostrarmelo. Ah! era proprio una miseria il vedere come quel bambino fosse così strettamente e dispettosamente fasciato; non poteva affatto muoversi; io lo disciolsi dalle tenaci fasce che lo rendevano sì miserabile e dolente. Lo purificai ed alquanto lo risanai, e lo voleva anche ritenere presso di me, ma quella vecchia non mel volle in alcun modo lasciare. Pen sia: se questo bambino fosse libero e nella Magione delle nozze, crescerebbe e si svilupperebbe prestissimo. Sem brava che quel bambino mi volesse tanto bene, e colle sue libere manine a me si appigliava. Pensava pure in me stessa che se avessi la vecchia meco nel giardino delle nozze, mi potrebbe aiutare a svellere i cardi. Le dissi pure che presto sarei di ritorno, ed ove trovassi che avesse trattato il bambino in modo ragionevole, avrebbe da me ottenuto ancor più in dono. Aveva alcunchè nel suo modo di essere di quel vecchio ostinato colla croce. Mi promise di fare tutto secondo il mio volere.
Cotesta decaduta persona è molto orgogliosa per la sua origine e per la pura continuazione degli usi primitivi della primitiva Chiesa, e quindi si tiene così strettamente avviluppata e rimane così solitariamente qua e là aggruppata in piccole squadre. Non ha a vero dire veruna cattiva intenzione, ma è di venuta in modo spaventevole ignorante ed ostinata. Così succede allorchè la moglie si separa dal marito e vuol pre dicare: essa va affatto segregata su pei monti. Fascia così strettamente il suo bambino e lo nasconde, affinchè non divenga diverso da lei e conservi l'intera innocenza della fanciullezza e dell'origine, come appunto essa, quella vec chia così fasciata, si crede aver conservata l'intera sua in nocenza; eppure cotesta povera vecchia non ha altro che la sua misera indurata ostinazione, e vacilla senza alcun aiuto e conforto qua e là nel deserto.
Io le misi sott'occhio con tutta la compassione del cuore e con ogni possibile ca rità, la di lei perversità,povertà, ostinazione, sino al morire di fame, tutto il suo orgoglio e l'intera sua miseria; e lo feci ripetutamente, e la supplicai ad aver pietà di sè stessa ed affrettarsi ad uscire da quel suo sragionevole isolamento e correre verso la sorgente della vita, verso i santi Sacramenti della Chiesa; ma ella era sempre osti nata e dura, e mi affrontava bruscamente colle sue parole. Diceva che i cattolici non praticavano ciò che insegnavano; io per altro le risposi essere altrettanto assurdo e perverso lo scostarsi dagli insegnamenti della verità per cagione del mal fare di alcuni, quanto il volere evitare e rigettare la virtù perchè esistono alcuni viziosi. Essa non sapeva che replicare, ma rimase sempre dura. Cotesta povera donna è stata scacciata dalla chiesa del santo Sepolcro, non ha più costà nè luogo nè asilo; ma colassù nella Chiesa cele ste e spirituale, che io veggo al disopra della grotta del presepio in Betlemme, veggo ancora che viene in suo pro pregato e festeggiato. In ciò è riposta la di lei felicità, e questo è ancora un sottile filo di vita, per cui le deriva alcun ristoro. Ah lo spero, essa sta per rientrare in sè stessa ! »
Sin dall'Avvento dell'anno antecedente Anna Caterina avea avuto che fare coi membri di cotesta setta e col loro capo, ed aveva perciò ricevuto un compito di orazione du raturo per cinque anni, che chiuse nell'ottobre del 1822 con una missione che doveva adempire allo scopo del ritorno di questa setta nel grembo della Chiesa Romana.
«Fra le genti colle quali ho avuto da fare durante il mio viaggio alla Magion delle nozze (così narrò nel dicembre 1818) eranvi più donne che uomini, il che mi destò mera viglia. Portavano lunghe vestimenta ed avevano il capo avviluppato in certi pannilini dai quali pendeva una fascia scendendo sulle spalle. Con loro eravi un sacerdote ma senza alcuna forza e potenza, e come se non fosse un sa cerdote. Ei leggeva e pregava male assai. Allora fu con dotto ad un tratto innanzi un selvaggio e focoso cavallo, che cotesto sacerdote dovea domare. Ma egli si spaventò e fuggì, e con lui tutti gli altri. Allora la mia Guida mi comandò di montare cotesto cavallo. La mia Guida mi sollevò in alto ed io sedei da lato su quel cavallo, ed esso divenne quieto e buono. Dovetti per cinque volte, e sempre in cerchi più larghi, percorrere attorno il luogo ove quelle genti erano riunite; onde tenerne lontani quegli animali ch'io aveva da loro rimossi, ma che pur sempre prova vansi a tornare. Alla fine li scacciai totalmente, durante il quinto giro vidi un ovile e pensai: Anche tu devi en trarvi dentro con me, e ve lo feci entrare cavalcando. Al lora ritornai col cavallo verso quel sacerdote. Non aveva Bella, ma bensì aveva un freno ed era diventato affatto dolce e buono. »
Questo cavallo delle steppe o del deserto, è il quadro simbolico di un naturale sbrigliato, e selvaggio che un sa cerdote privo di forza e di potenza non può domare. Essa per altro lo monta e lo doma, in prova che esso può essere benissimo domato sotto la disciplina della vera Chiesa armata della forza e potenza divina.
Il quintuplice circuito fatto calvalcando significa il corso di cinque anni ec clesiastici, dopo i quali quel gregge traviato rientrerebbe di nuovo nell'ovile. Ai 4 di ottobre 1821 essa raccontò quanto segue: « Ebbi da fare un viaggio straordinariamente penoso. Do veva soddisfare ad una ambasciata, ma mi si presentarono migliaia di ostacoli sulla via. Fui perseguitata, maltrat tata, soffrii fame e sete, caldo e stanchezza, e venni molto tormentata dagli spiriti maligni; pure pervenni a soddi sfare alla mia missione. Dovetti sotto la forma dell'esplo ratore di Mosè, di Maleachi, da Iagbecha andarmene ad una antica setta cristiana, che sospirava con gran desiderio per un maestro della vera dottrina. Mi fu messa indosso la veste di Maleachi, e fui accompagnata dal profeta Ma lachia, che mi istruì circa tutto ciò ch'io dovea fare. Passammo per la Giudea, il deserto del Sinai, e lungo il Mar Rosso. Durante l'intera via vidi tutti gli avvenimenti anteriori che eransi costà compiuti e che aveano qualche rapporto alla sostanza della mia missione. Vidi anche molte cose della vita di Malachia. Le genti alle quali era inviata abitavano in cinque stabilimenti ed erano sotto poste a un capo spirituale che dava la norma in cose di religione. Cotesto sacerdote attenevasi molto all'antico Testamento ed alla legge di Mosè. Ebbi perciò da spiegargli il significato di alcune profezìe; esempligrazia quelle parole: Tu sei un sacerdote eterno secondo l'ordine di Melchisedech, e se Aronne fosse stato un simile sacerdote; se Mosè sul Sinai avesse ricevuto altro che una semplice legge esterna e disciplinare per un popolo che credeva già all'antica offerta del pane e del vino, se cotesta offerta non fosse la più santa possibile ed il vero principio ed il fine; se Abramo offrisse a Melchisedech pane e vino e gli pagasse le decime, e così si fosse inclinato riconoscendole, dinanzi le offerte di cotesta Chiesa. Poi dovetti rischia rarè anche alcuni luoghi dei salmi, esempligrazia: Disse il Signore al mio Signore; ed anche quei luoghi di Mala chia che si riferiscono ad un'offerta incruenta. Dovetti esortarlo a recarsi a Roma, a farsi istruire ed esporre il de siderio che in cotesta istruzione gli fossero principalmente dichiarati e spiegati quei luoghi ch'io gli avea indicati. Vidi che quell'uomo alle mie parole si alzò, prese un antico Testamento e ricercò quei passi. Coteste genti non aveano alcuna permanente abitazione; parea piuttosto che allora principiassero a stabilirne. Occuparono un certa estensione di terreno, la circondarono d'un muro, e fabbricarono ca solari di argilla e rami intessuti. Sembravami che discen dessero dai Madianiti. Il bene fatto dagli antenati riesce in vantaggio anche ai discendenti. Chi fa il male inter rompe cotesti legami; chi fa il bene ed in sè stesso trionfa del male, prolunga le sorgenti della benedizione. »
Essa descrisse lo scisma greco in questa guisa: « Sulla mia strada da Betlemme verso il giardino della Magione delle nozze, scontrai un uomo con grigi capelli, vecchio di nobili sembianze, ma molto infermo e ferito; anch'egli avea perduto o gettato via alcunchè che non apparteneva propriamente a lui, ma piuttosto alla sua famiglia, e che doveva di bel nuovo cercare. Ciò gli stava affatto vicino, ed ei nulla ne sapeva. Mi sembrò che egli appartenesse propriamente a una matrona, che avvolta in un ammanto vidi starsi più vicina al giardino delle nozze. Cotesto uomo sembrava non voler andare verso di lei ed essere molto meno di lei disposto a una riunione. Teneva sempre presso di sè un'antica croce lunga quanto un braccio, di nero legno, e della forma di un Y. Pensai che cotesta croce dovea aver molto servito, giacchè era molto consunta e resa liscia dall'uso. Ei teneva al possesso di cotesta croce tanto da far meraviglia. Ah tu, caro vecchio, ed a che mai ti può giovare cotesta croce di legno, se tu poi ti scordi il Redentore? Egli è sì irrigidito, ostinato, e pieno di sè stesso, che non può venir rimosso dal luogo ove si è piantato, ed anche da sè medesimo non può an dare un passo più lungi. Ei si è separato da lungo tempo da quella Matrona; non vuole adattarsi ed accomodarsi con lei, ed essa non può concedergli tutto ciò che egli pretende. Temo che da ciò proverrà ancora grave miseria nel mondo. Pure ho guarito alcunchè in quel vecchio perverso. »
Allorchè il Pellegrino nell'udire le surriferite parteci pazioni espresse il suo stupore circa le mirabili disposizioni del Signore, per le quali la narratrice era stata resa degna non solo di rivestire e di sostentare corporalmente povere donne e bambini, ma anche di prestare spirituale aiuto a madri e figli spirituali, essa rispose: Ciò appare meraviglioso a chi soltanto vive e si occupa delle cose sin gole e separate; ma tutto si unifica e si immedesima, quando si agisce per amore di Gesù. Ogni elemosina va in pro di tutta la Chiesa come al corpo intero di Gesù Cri sto, anche quando vien fatta ad alcuni suoi singoli mem bri, e là dove le ferite sue sono aperte. »
E quindi conti nuò: « Quel vecchio stravagante ed ostinato colla sua croce non ha figli alcuni. Ei non vuole annettere a ciò alcuna importanza. Alla fine non verrà dentro in casa. Di certo incomincierà a cagionare di bel nuovo molti guai e gravi avvenimenti. Anche quella inferma Matrona con le cose sante nel vasetto non ha alcun figlio. Essa è la Chiesa me desima in una forma che rappresenta come essa sia in molti modi ammalata nei suoi membri, e come sia stat?, malmenata e scacciata da molti dei suoi figli medesimi. Ora per altro è di nuovo nel giardino.
5. Per fare chiaramente apparire la corrispondenza di cotesta visione colle visioni e l'intera missione di santa Ildegarda, basti il qui riferire la magnifica epistola che Ildegarda diresse nell'anno 1170 al proposto Wermer in Kirchheim. Essa durante un viaggio intrapreso per divino comando, era venuta in Svevia ed in Kirchheim, e dinanzi il clero avea descritto lo stato della Chiesa. L'impressione delle sue parole fu si possente, che Wermer pregò la Santa per lettera, in pro suo e dei suoi fratelli serventi al Signore nelle parrocchie, a volergli partecipare anche per iscritto quelle parole che ella avea imparate dallo Spirito Santo circa la trascuraggine dei sacerdoti nel santo sacrificio della Messa, e che avea pronunziate a voce in Kirchheim, onde egli ed i suoi confratelli potessero più accuratamente ed attentamente pesarle.
La santa corrispose a cotesta preghiera e scrisse: « Ritenuta a lungo nel letto dalla mia infermità, vidi nell'anno 1170 dell'Incarnazione del Signore, essendo de sta nel corpo e nello spirito, un quadro straordinariamente bello, ed in esso vidi la forma di una donna che appariva di una sì straordinaria amabilità e sì attraenti grazie di aspetto, quali niun spirito umano può concepirle. La di lei figura giungeva dalla terra fino al cielo. Il di lei volto splendeva della più alta chiarezza, ed i di lei occhi erano rivolti verso il cielo. Era rivestita di una luminosa veste di candida seta, ed avvolta in un ammanto ornato di gemme preziose, smeraldi, zaffiri, aurei fiori, e perle. Ai piedi portava calzari di onice. Il di lei volto per altro era asperso di cenere; nel lato dritto della veste eravi una lacerazione; l'ammanto avea perduta la sua luminosa bellezza, e i calzari erano anneriti.
Sclamava con alta e lamentosa Voce verso il cielo: ??Odimi, o cielo, perchè il mio volto è insozzato; e tu, o terra, affliggiti, perchè la mia veste e lacera; e tu trema, o abisso, perchè i miei calzari sono an neriti. Le volpi hanno le loro caverne e gli augelli i loro nidi: io per altro non ho aiuto nè consolatore, e nemmeno una verga sulla quale io possa appoggiarmi e sostenermi ! E di bel nuovo disse: Io rimasi nascosa nel cuore del Padre, sino a che il Figlio dell'uomo, che è stato concepito e nato nella verginità, versasse il suo sangue, nel quale egli anche meco si sposò e mi dotò, affinchè potessi di nuovo partorire nella pura e semplice rinascenza dello spirito e dell'acqua, coloro che hanno succhiato il veleno del serpente, e sono stati quindi contaminati.
I miei nutricatori per altro, cioè i sacerdoti, che avrebbero dovuto man tenere il mio volto luminoso come l'alba del mattino, la mia veste sfolgoreggiante come il lampo, il mio ammanto scintillante come gioielli, i miei calzari in luminosa niti dezza, hanno imbrattato il mio volto di cenere, mi hanno lacerato la veste, mi hanno insozzato il mantello, e reso neri i calzari; e colcro che in ogni guisa avrebbero do vuto ornarmi, mi hanno lasciata decadere in ogni cosa. Essi insozzarono il mio volto mentre toccano e consumano la carne ed il sangue del mio Sposo nella maggiore impurità dei rilasciati loro erramenti, nella più scandalosa svergognatezza delle loro fornicazioni e adulteriii, nelle più vili rapine della loro avarizia, nel vendere e com prare ciò che loro non è lecito; anzi di più coprono di tal disonore la sua carne ed il suo sangue, come se un neonato bambino dovesse essere gittato fra le sozzure dei maiali. Imperocchè nel modo stesso in cui l'uomo dopo che Dio lo formò dalla polvere della terra e gli inspirò il soffio della vita, divenne carne e sangue; così l'istessa po tenza di Dio cambia sull'altare alle parole del sacerdote che invoca la Divinità, l'offerta del pane, del vino e del l'acqua nella vera carne e nel vero sangue di Cristo mio Sposo, che per altro, a cagione della cecità di cui è cieco per la caduta di Adamo, non può con occhi corporei rico noscere. La lacerazione delle ferite del mio Sposo resta nuova ed aperta, per quanto restano aperte le ferite degli uomini colpevoli.
E coteste ferite di Cristo vengono insozzate da quei sacerdoti, che invece di conservarsi immacolati per me, invece di servirmi nella purità dei costumi, vanno a caccia con smisurata avidità di una prebenda dopo l'altra. Essi lacerano la mia veste, perchè non osser vano nè la legge, nè l'evangelio, nè il sacerdozio; ricuo prono il mio ammanto di sozzure, perchè trascurano in ogni modo le regole loro prescritte invece di soddisfarvi, con buona volontà e con perfetta condotta; invece d'ornarle colla continenza simile all'ornamento degli smeraldi, colla diffusione di elemosine come con zaffiri, e coll'esercizio di buone e giuste opere, dalle quali Iddio viene onorato come da ogni specie di gemme preziose. Per di più poi fanno annerire i miei calzari, giacchè nè si mantengono sulla retta via e sul duro e difficile cammino della giustizia, nè danno alcun buon esempio ai sottoposti; e dipiù è giù nei calzari ch'io scorgo, come in segreto, presso di alcuni lo splendore della verità.
I falsi preti ingannano loro stessi; vogliono l'onore del ministero sacerdotale senza provarne le fatiche e le pene. Ciò per altro riesce impossibile giacchè a niuno sarà accordato il premio, quando non abbiano preceduto opere degne di ricompensa. Quando poi la grazia di Dio ha commosso gli uomini, allora dà ad essi im pulso alle opere onde guadagnare il premio. Siccome poi Iddio più volte per castigo fa piovere guai dannosi per gli uomini e lascia dalla nebbia ricoprire la terra, dimodochè il di lei verde sparisce, ed il suo ornamento si oscura; cosi tremerà pure l'abisso, giacchè dalla collera divina sarà chiamato nel dì dei guai e della vendetta insieme col cielo e colla terra. Principi e popoli baldanzosi e temerari ca dranno sopra di voi, o sacerdoti, che finora mi avete ne gletta; essi vi scaccieranno e rigetteranno, e vi rapiranno quelle ricchezze perchè, durante il tempo del vostro ser vizio sacerdotale, non avete a quello rivolto veruna cura o attenzione. E diranno di voi: Ecco, lasciateci scacciare dalla Chiesa cotesti adulteri, cotesti ladri pieni di ogni iniquità. E con tali principii credono aver reso un servizio a Dio, perchè dicono che voi avete contaminata la Chiesa. E perciò dice la Scrittura: E perchè infuriano i pagani, ed i popoli meditano cose vane? Perchè per permissione di Dio moltissime tribù di popoli si leveranno furibonde nei loro consigli contro di voi, e molti penseranno circa di voi cose vane e spregievoli, perchè voi avete in niun conto te nuta la vostra sacerdotale dignità e consecrazione. Costoro verranno aiutati da'principi della terra nella loro opera di reiezione; e quei principi che dominano sopra di voi ver ranno unanimi nella decisione di cacciarvi lungi dai loro confini, e ciò perchè voi avete colle vostre malvagie azioni cacciato da voi lontano l'innocente Agnello.
Ed io sentii una voce dal cielo sclamante: Questo quadro significa la Chiesa. E perciò tu, o creatura umana, annunzia che hai tutto ciò veduto e che hai sentito coteste parole di lamento e di accusa; annunzialo ai sacerdoti, che son destinati e consecrati a guidare e ad ammaestrare il popolo, mentre è stato detto loro insieme cogli Apostoli: Andate nel mondo intero ed annunziate il Vangelo ad ogni creatura. Poichè quando Iddio creò l'uomo egli designò in lui ogni altra creatura, precisamente come vien descritto il tempo e la cifra di un anno intero sopra un piccolo frammento di pergamena; così Iddio chiamò l'uomo ogni creatura. « E di bel nuovo io povera creatura femminea vidi li brata su nell'aere una nuda spada, un lato tagliente della quale era rivolto verso il cielo, e l'altro verso la terra. E cotesta spada era stata sguainata contro un popolo eccle siastico che il profeta in passato avea preveduto, quando sclamò con meraviglia: Chi sono costoro che volano come le nubi e come le colombe alle loro aperture? (Is. 60). Giacchè coloro che dovrebbero vivere sopra la terra elevati e separati dal comune degli uomini e santi, e nelle opere e nel contegno semplici come le colombe, sono pes simi nelle opere e nei costumi. E vidi come quella spada in molti luoghi tagliasse a pezzi quel popolo ecclesiastico, come Gerusalemme era stata distrutta dopo la Passione del Salvatore. Soltanto vidi anche come l'Eterno si conser verà in mezzo a cotesto flagello molti sacerdoti timorosi di Dio, puri e semplici, come egli disse ad Elia di avere la sciati in Israele superstiti mille uomini che non aveano piegato il ginocchio dinanzi a Baal. Ed ora che in voi si diffonda l'inestinguibile fuoco del Santo Spirito, che vi con verta a seguire la miglior parte. »
Sin qui santa Ildegarda.
6. Anna Caterina trovò nella Magion nelle nozze, oltre i quadri universali delle varie Chiese, anche lo stato della diocesi di Münster e di quanto essa avrebbe a prestare in 553 pro di quella diocesi, rappresentato nelle più svariate in magini simboliche. Il primo quadro di cui ella raccontò le particolarità nel dicembre del 1819, fa chiaramente cono scere come fosse sua missione rinnovare l'antica pietà nella contrada di Münster, ravvivando l'amore e il culto della santissima Vergine, e preparare il ristabilimento delle congregazioni monastiche. Vide nella Magion delle nozze una località speciale chiamata la camera della sposa, ove ella dovea distribuire e consegnare le vesti nuziali da porsi in ordine, ed il corredo spirituale, onde ivi tutto ciò rimanesse conservato per certe designate persone, sinchè giungesse il tempo di effettivamente rivestirsene. Coteste disposizioni e preparativi erano l'immagine simbolica degli effetti e dei frutti dei di lei patimenti di orazione, per opera dei quali essa ottenne per molte future persone monastiche la grazia della vocazione, ed anche l'esterna pos sibilità di corrispondere a quella chiamata coll'ingresso in una religiosa famiglia.
Cotesti suoi patimenti e preghiere dovevano inoltre combattere i pericoli per la fede e la di sciplina nascenti da influenze estranee, come pure espiare e soddisfare pel tradimento, l'abbandono dei beni e delle giuste pertinenze della Chiesa, il vile rispetto umano ed ossequio al mondo, e le civetterie e compiacenze verso lo spirito dei tempi per parte dei servi della Chiesa, ed agire di più in senso contrario alle conseguenze derivanti da tutti cotesti mali. In cotesta lotta essa rappresentò quella diocesi, e soffrì in visione ed in attualità gli stessi attacchi e pericoli che erano per la diocesi preparati, e li soffrì per parte dei rappresentanti di quei nemici, principii, di segni, e poteri, che aveano progettato di estinguere la fede.
Essa così narrò: «Viaggiai verso Betlemme incontro a Maria ed a Giu seppe; voleva disporre per loro un albergo per la notte. Portava con me biancheria e coperte ed anche i miei uten sili da cucire, giacchè non era peranco giunta al fine dei miei lavori. Venni pure in una casa ove io credeva che Maria e Giuseppe giungerebbero quella notte. Cotesta casa non avea già un tetto pari e pianeggiante, ma somigliava piuttosto a una gran casa di contadini delle nostre vici nanze. Quelle genti erano dure e di malavoglia. Avevano vasta economia domestica. e quand'io dissi loro che do vevano preparare un albergo per Giuseppe e per Maria, mi risposero non aver luogo ed aspettare molti ospiti. Ed allora sopravvennero effettivamente molti ospiti, gentume d'ogni sorta, giovane e sguaiato, ed incominciarono ad ammannire una tavola, a cucinare, ad arrostire, ed a bal lare pazzamente fra loro. Io seguitava ognora a doman dare albergo per la Madre di Dio, ma quei danzanti mi calpestavano coi piedi e mi sospingevano qua e là. Allora venne a me quel bambino vestito in verde, che era la pazienza, e che una volta santa Cecilia aveva presso di me condotto, ed io tutto sopportai tranquillamente. Mi sem brava di conoscere quelle genti sguaiate. Eranvi fra loro molti protestanti e certe persone che mi avevano perse guitata e derisa. Mentre non volevano acconciarmi e ren dere libero alcun locale per Maria e per Giuseppe, avea da per me stessa discoperto una cameruccia che non era rivolta ad alcun uso. Non vollero per altro lasciarmivi en trare, e sembrava che si opponessero per qualche miste riosa ragione. Io per altro vi entrai ed a mia gran mera viglia vi trovai dentro una vecchissima donna che vi ave vano miseramente incarcerata e che era tutta ricoperta di ragnateli. La ripulii interamente e la condussi fuori alle nozze. Allora quelle genti si mostrarono oltre ogni modo attonite.
Rimprocciati da me della loro condotta verso quella donna, si allontanarono e vuotarono la casa. La vecchia poi incominciò allora a praticare un'altra econo ma domestica, e preparò una refezione; e vidi molti altri giovani e specialmente giovanette, ch'io sapeva aver vo lontà di condurre una vita spirituale. Nell'istesso tempo scoprii un'altra camera, che meravigliosamente si dilatava ed appariva sempre più luminosa. Vidi nella medesima pure anime di defunti delle nostre vicinanze e di questa contrada, fra le altre anche quelle di mia madre e della signora moglie del membro del Tribunale segreto, e con esse i loro angeli custodi. Tutte coteste anime erano ve stite di abbigliamenti all'antica foggia germanica, usati già in questi paesi; pensai che mia madre, coperta di quelle magnifiche vesti, non mi riconoscerebbe. Io aveva preparato tutto in quella camera per la sacra Famiglia, ? Giuseppe e Maria giunsero effettivamente e furono anche molto amichevolmente ricevuti. Non badarono per altro a niuna di quelle cose, ma si ritrassero nella camera oscura e si sedettero appoggiandosi al muro. La camera divenne subito tutta luce. Li onorai con ogni riverenza. Maria e Giuseppe non rimasero per altro a lungo costà; i più at tempati fra coloro che si trovavano in casa li guardavano attraverso la porta. Mi sembrò che se ne andassero per umiltà. Intanto la vecchia donna da me liberata (1) erasi fatta giovine e molto bella, ed era divenuta la prima in casa, anzi era la sposa; anche essa era bellamente ve stita secondo l'antica moda di questo nostro paese. Tutta l'intera casa divenne a poco a poco come una chiesa, e là dove sorgeva il focolare sorse un altare.
(1) La vecchia donna rappresenta l'antica pietà, l'antica fede vivace, l'antica religione nel paese, che deve ritornar giovine, vale a dire che deve esser rinnovata e ravvivata. Il vestiario in cui appariscono quelle anime intercedenti, richiama alla memoria quel tempo in cui la pietà regnava nel paese e che deve essere di bel nuovo ristabilita.
Viaggiai quindi per la Terra promessa e dovei passare per sopra il mare. Ad un tratto scorsi una navicella aperta in seno ad una tempesta, piena di molti cattivi omacci che urlavano, e pensai: Costoro hanno una nave e non trovano fondo, ed io come farò a passare per sopra queste acque? Appena aveva io concepito cotesto dubbio, che caddi nell'acqua, e mi successe come a Pietro allorchè du bitava. Ma la mia guida afferrandomi pel braccio mi tra sportò a terra e mi rimproverò il mio dubbio. Nella pros simità di Betlemme vidi la Magion delle nozze; voleva passar oltre, ma vi fui condotta entro. La percorsi per in tero; eranvi per altro dentro genti straniere, uomini e donne. Un giovane di piacevole figura ed in uuiforme azzurra, pareva che là dentro comandasse. Oltre di ciò eravi anche una donna grossa, ambiziosa, e che si ficcava per tutto, ed arditamente, e con aria di darsi da fare, volea far tutto e tutto sapere meglio degli altri.
Gli ecclesiastici erano stati come scacciati di casa. La stanza ove stavano riposte le vesti nuziali era chiusa, ma pure vi penetrai. Le mura erano interamente ricoperte di ragnateli; ma tutte le vesti nuziali vi erano ed in buono stato di conservazione. Trovai anche venti candele preparate nei candelieri e quattro non ancora preparate; come pure venti sacchi pieni e quattro ancora vuoti. Mentre così mi aggirava per la casa, quel giovane mi seguiva per tutto e si meravi gliava di quanto io faceva e diceva. Mi mostrò una buca ove egli e le sue genti avevano a grande stento e fatica rincacciato tutte le bestie impure, come rospi, botte ecc., e mi voleva impedire di sollevare il coperchio di quella buca, dicendomi che incorrerei pericoli. Ma io risposi che ciò non mi nuocerebbe punto, e che già pel passato spesso avea colà ripulito. Guardai quelle brutte bestie e richiusi la buca col coperchio. Mi disse che le sue genti non erano in grado di cacciar via animali immondi; io gli risposi che i nostri sacerdoti lo potevano, e che ei doveva riflettere qual prova ciò fosse della loro forza e po tenza. Trovai anche un pacchetto contenente scritti e sug gellato, e quel giovane disse di nuovo che le sue genti erano affatto incapaci di sciogliere o rompere quel sigillo; ed allora gli feci di bel nuovo osservare la loro totale im potenza.
Soggiunse che ove fosse vera quella grave mancanza di forze delle sue genti, era molto ingiusto per parte loro lo strascinarsi così per casa insieme ad essi quella grossa, ardita ed ambiziosa donna. Cotesta signora era molto sdegnata verso di me ed espresse il suo cattivo umore sul che quell'uomo meco così a lungo si trattenesse. Aveva già contrastato a lungo meco e schernite le spose che essa chiamava damigelle, ed a proposito di quella donna col vasetto, ed altre simili cose. Ora poi, siccome temeva che quel giovane che comandava in casa avrebbe potuto scacciarla, incominciò a far l'importante ed a volersi far credere necessaria col darsi da fare e con ogni sorta di maneggi. Raccolse insieme da tutti gli abitanti della casa le vesti ed incominciò un gran bucato (confessione generale).
La conca del bucato per altro cadeva ora dall'uno ora dall'altro lato, ed essa non potè condurre nulla a buon fine, ed il tutto in istato umido e sudicio dovette di nuovo venir separato. Allora volle mettersi a fare il pane, ma anche ciò andò affatto di traverso e riuscì male. Poi volle mettersi a cucinare, e accese un gran fuoco, e vi sospese una gran caldaia, e vi si piantò dinanzi con tutto il volume della sua larghezza; niuno dovea pervenire sino a quella caldaia. Essa mi borbottava pur sempre, rumi nando eterne chiacchiere di Papa e di Anticristo. Ed ecco ad un tratto l'uncino colla catena e la caldaia ed il ca mino precipitare con un rumore enorme sul focolare e sui carboni, e gittare le faville ed i tizzi accesi in qua e in là, ed in tal modo che quella donna e tutti gli altri scappa rono di casa, tranne quel giovane che rimase, e disse voler recarsi nella chiesa del giardino delle nozze (cioè a dire convertirsi, diventare cattolico).
Cotesto giovane significava il nuovo e profondo (moderno pietistico) modo di vedere dei protestanti circa la Chiesa; il suo uniforme si gnificava il vestiario secolare; il suo comando nella casa delle nozze significava l'oppressione del potere secolare sulla Chiesa del nostro paese; e quella sfacciata donna rap presentava l'antico lievito luterano. Fui nella casa delle nozze e spazzai la stanza dell'austero superiore. Spazzai fuori paglia, frammenti e ramoscelli come quelli che, re stano dopo aver disposto le legne per riscaldare una stufa, ed anche un nero fracidume. Eravi costà una buca peri colosa, sul di cui orlo angusto io dovea stare con grande attenzione, e là dentro gettai tutte le spazzature. Quella vecchia signora luterana che si era accantonata in un an golo di casa, si inquietò molto vedendomi di nuovo costà e cominciò a mormorare contro di me. Buttò anche fuori, per farmi dispetto, del sudiciume che cominciò a scorrere nella mia direzione, e siccome nello spazzarlo venni a toccare lo spazio da lei occupato, sclamò ch'io non aveva bi sogno di spazzare in camera sua, che ciò lo faceva da sè stessa; io le risposi che in tal caso non doveva nemmeno mandare verso di me quelle sozzure. La di lei figlia (cioè il sottile razionalismo) era sempre intenta ed occu pata ad adornarsi e farsi bella onde nascondere le sue brutture e dar nell'occhio agli altri ed attirarli a sè; non era punto pudica. Questa fatale giovine già fatta scaltra, stavasi in mezzo agli ecclesiastici. Il severo superiore sor vegliava adesso molto meglio i di lei maneggi, e con ogni impegno vi si opponeva e lavorava a sventarli. Spazzai pure la sucidissima stanza del Decano quale l'aveva in quella casa quando vi giunse. Ei mostravasi perciò imba razzato ed alquanto vergognoso. Il maestro di scuola (Overberg) aveva un'altra sposa che voleva sospingere fra i protestanti. Vidi pure che il severo superiore avrebbe sempre volentieri desiderato avermi in Darfeld; vidi per altro un quadro del miserabile stato in cui mi vi sarei trovata, mentre mi vidi costà come sopra un letto di ap parato; e vidi specialmente come la monaca Söntgen avrebbe desiderato rappresentare una gran parte quando io mi fossi trovata in Darfeld. »
Domenica 6 febbraio; il Vangelo del Seminatore. « Vidi tre giardini, paesi, parti della terra. Il primo era pieno di scogli, di monti e di sassi; il secondo pieno di cespugli, di spine e di male erbe; soltanto qua e là scorgevasi una aiuola di fiori. Il terzo, più vasto e meglio disposto, era pieno di mari, di acque e di isole. Esso riceveva il seme e concepiva meglio degli altri ed era molto fruttifero. Io mi trovai nel secondo. Dapprima andai, ovvero guardai in quel giardino pieno di rupi, che al primo sguardo appa riva essere un giardino o un paese, ma col rimanervi più a lungo e coll'aggirarmi qua e là era divenuto un mondo, come succede in tutti cotesti quadri di visione. Vidi in qua e in là un buon granello di seme spuntare dal terreno sterile in fra le pietre, e vidi anche in un angolo certe genti che portavano raccolte le pianticelle che da vano speranza di riuscita, e le volevano trapiantare in un'aiuola. Ma un uomo venne verso di loro e disse che non doveano far ciò, giacchè ove le circostanti spine non sostenessero più a lungo lo stelo di quelle pianticelle, esse verrebbero a cadere a terra. Il migliore suolo era propria mente quello del giardino delle isole. Ciò che costà veniva seminato prosperava e rendeva il centuplo; ma qua e là fu di bel nuovo interamente divelto e desolato.
Il seme vi fu con semplicità ed innocenza ricevuto ed i piccoli campi vennero circondati da forti siepi. Riconobbi in cotesto giardino quelle altre parti del mondo ed isole, ove ora sì spesso veggo diffondersi il Cristianesimo. Nel giardino di mezzo, ove mi trovava io stessa, riconobbi dalle erbaccie e dalla negli genza un giardino provveduto di molti ma pigri giardinieri. Nulla mancava, ma tutto era trascurato e sopraffatto dalle male erbe, dai cardi, dalle spine. Riconobbi in quel giardino lo stato di tutte le comunità d'Europa, e vidi anche il giardino del Papa, che non era nella migliore condizione. Nella parte ove era situato il mio patrio giardinetto, vidi un signore riempire con danaro una gran cavità, ove suoleva venir raccolto il prodotto di tutti i campi; ma sopra il coperchio di quella cavità stava seduto il diavolo.
Vidi con mia gran meraviglia, e quasi dovetti riderne, una mezza dozzina di lesti e furbi omaccini, che da lontano aveano praticato certe vie segrete e sotterranee sino al suolo di cotesta buca, e che per disotto colla maggior tranquillità e sicurezza trascinavano via tutto ciò che in quella cavità era stato versato dalla parte di sopra e con grande stento spremuto e raccolto nel giardino. Vidi anche una volta che quel signore vide uno di quei monelli che con molto oro intascato se la svignava. Allora quel signore andò a guardare quel pozzo del tesoro, che disopra parea così ben cu stodito dal diavolo, e disotto poi era derubato dai suoi servi. Quand'egli l'ebbe visitato ed espresse la sua meraviglia per non esservi là dentro che sì poco danaro, gli dis sero che non ne veniva più affatto dal giardino, che non produceva più nulla, che era sì mal coltivato e conci mato, ecc. Allora venni anche in quella parte del giardino, dove vivo; vidi una quantità di campi con giardinieri e col tivatori a me ben cogniti, ed in quei campi vidi pure al tre aiuole, cui presiedevano dei sotto-giardinieri.
Ne vidi pochi che seminassero e coltivassero passabilmente. Vidi anzi il tutto pieno d'erbaccie e di immondezze, appassito, ed in miserabile condizione. Passai in rivista aiuola per aiuola e conobbi tutti e lo stato di tutti. Ne vidi molti in grave pericolo che correvano verso l'orlo di un nero abisso; altri dormivano; altri coltivavano grano pessimo e vuoto. Fra loro vidi altre genti che correvano qua e là e che in quei luoghi comandavano e dirigevano, ma propriamente non vi aveano che fare. Coteste genti zappavano, sca vavano e concimavano a larga mano, ma nulla volea prosperare. Tutto a un tratto portarono innanzi un bam bino come se l'avessero trascinato, e con esso eranvi al cuni di quella gente. Lo portarono adagio adagio; ed ecco che ad un tratto quel luogo dove io vedea il bambino mi divenne la città di Münster, e riconobbi tosto la mag gior parte di quelle persone. Cotesto bambino mi produceva un effetto di straordinaria ripugnanza e contrarietà. Vidi che era un bambino illegittimo, che non conosceva il padre, e che sua madre avea vissuto in dissolutezze con molti. Sul bel principio quel bambino soltanto giuocava e scherzava, ma bentosto si mostrò in tutta la sua nauseabonda bruttezza. Appariva vecchio, ammalato, pallido, macchiato dal vaiuolo, ed era inoltre ardito, lusinghiero, sprezzante, orgoglioso, e non andava in chiesa. Sorrideva derisoria mente di tutto e si trascinava dietro molti libri e scritture. Quei signori ecclesiastici se lo rimandavano l'uno all'altro, e da tutti ei si faceva ben volere con lusinghe adulatrici. Vidi a mia meraviglia che anche certi ecclesiastici francesi di mia conoscenza si lasciavano da lui guadagnare. Pochi ne vidi a lui contrarii, giacchè sapeva tosto ed in tutto farla tanto per benino, e capiva tutto e potea parlare tutte le lingue. Lo vidi specialmente accostarsi ai maestri di scuola; quanto alle maestre tirava di lungo, ovvero le scherniva; quanto a me ei mi evitò interamente. Ebbi paura di lui, giacchè cagiona grosse rovine; ed anche per tutto ove trovavasi, la coltivazione del giardino dive niva sempre peggiore, e pessime lussuriose piante che non portano alcun frutto venivano fuori vegetavano. Vidi che il pio maestro di scuola (Overberg) si allontanò intera mente da lui, e non volle con esso aver nulla che fare. L'austero Superiore (Droste) lo lasciò andare per la sua strada; un altro con molto interesse si trattenne con lui; il Decano poi prese a sè quel faciullo con speciali carezze, anzi lo trattenne e volle che dormisse in casa sua. Quel bambino mi cagionò inquietudine per tutto il giorno; lo avevano portato così pian pianino e di soppiatto, e si era si presto infiltrato per tutto, che mi avea tutta l'aria di una vera peste. L'ho ancora sempre davanti agli occhi con quei suoi antichi e temerarii modi che non sono punto in fantili. So che rappresenta il nuovo (razionalistico) sistema di istruzione che sta per introdursi. Ebbi dopo di ciò una" visione spaventosa di persecuzione. Sembravami come se mi trovassi fra le mani di nemici mascherati che di nasco sto mi trascinavano via. Mi avevano già portata all'aria aperta. Io mi abbandonai alla volontà di Dio; ed ecco ve nire a me una colomba che incominciò un tal rumore di gemiti e richiamò tanti altri uccelli, che i nemici mi ripor tarono di nuovo in casa. Pareva come se nascesse un tu multo. Riconobbi anche cotesti uccelli, ed erano i miei antichi amici; un'allodola che il mio confessore aveva scacciata per mortificarmi, una colomba che io aveva nutrita dalla finestra mentre era in convento, e fringuelli, e petti rossi che mi volavano sulla testa e sulle spalle, quando traversava il cortile del monistero o andava in giardino. »
7. Cotesti quadri di spavento si ripeterono a misura che quell'illegittimo bambino, causa di perdizione, trovò acco glienza e protezione nella diocesi; giacchè, siccome Anna Caterina rappresentava tutti quei beni spirituali che da ciò venivano messi in periglio, così dovea in sè medesima sperimentare e patire tutto ciò che i protettori spirituali e fautori di quel bambino facevano soffrire alla diocesi. Così, esempligrazia, essa vide come i di lei nemici meditassero il piano di prendere occasione dalla sopravvenienza di nuove effusioni sanguigne, per portarla via da Dülmen, e per ottener? (secondo il suggerimento del Rensing) il concorso e l'approvazione dell'autorità suprema ecclesia stica per cotesto disegno. Essa però a cotesta vista fu presa da cotanta compassione verso i di lei oppressori, che nell'estasi si sollevò sino a porsi in ginocchio onde recitare un rosario in pro loro. Siccome per altro trova vasi allora in istato di sudore abbondante, si raffreddò tal mente in quell'atto, che per molti giorni ebbe a soffrire attacchi di tosse convulsa. Un'altra volta provò un senso come se si trovasse giacente in mezzo ai campi, ove dei cani venivano eccitati contro di lei, e fra questi un le vriero ed un alano. Nella sua mortale angoscia si trovò alla fine circondata da ventiquattro bambini, che essa avea ri vestiti nell'occasione del Natale, e costoro allontanarono da lei quei cani. In uno di cotesti patimenti spirituali ebbe pure soccorso da s. Benedetto in guisa meravigliosa. « Ebbi (così narrò) da prendere sopra di me cotante pene, che senza il soccorso di Benedetto ne sarei morta. Ei ni promise aiuto, ma aggiunse però ch'io non dovessi ?bigottirmi quando l'aiuto non sopravvenisse tanto imme diato. Allora ebbi una visione di me stessa come se fossi un'altra persona. Mi vidi sopra una seggiola appoggiata al muro come moribonda ed impotente a parlare od a muovermi. Vi erano a me dattorno ecclesiastici ed anche alcuni laici, che pomposamente parlavano di una cosa e dell' altra, ed intanto mi lasciavano perire. Provai per cotesta povera creatura (ch'era io stessa) la più viva com passione, e vidi ad un tratto S. Benedetto ( 1 ) pieno di sdegno verso quegli ecclesiastici, accostarsi a lei.
(1) Cotesta apparizione del gran maestro dell'Occidente è concate nata ed ha relazione coi di lei patimenti cagionati da quel bambino delle scuole.
Egli le parlò, ed allora sentii ch'io medesima era quella crea tura. Disse che mi avrebbe mandato la SS. Comunione, e mi condusse un giovine ed amabile sacerdote e martire in cotta e stola, che mi amministrò il Sacramento. Benedetto mi disse: Non meravigliarti della sua gioventù; egli è sacerdote e martire, ed è il mio scolaro Placido. Io sentii e gustai che avea ricevuto il Sacramento e fui salva. Parve che quei signori si accorgessero dalla mia attitudine di ciò che mi succedeva e se ne mostrarono intimiditi. Soprav venne anche uno straniero avvolto in un mantello, che parlò molto severamente e li svergognò. Benedetto disse: Così son questi preti; anelano a impieghi ed ufficii, e passano oltre dinanzi ai bisognosi dicendo: non ho tempo, ovvero: non è mio ufficio, non è consueto e non ho alcun ordine. Placido mi spiegò la parabola del Samaritano e come mi succedesse precisamente lo stesso; il sacer dote ed il levita passarono oltre, ed uno straniero dovè aiutarmi. »
Dalla domenica di Quinquagesima in poi essa provò per una settimana intera senza veruna interruzione, do lori in tutte le sue stimate e di tale intensità che spesse volte ne rimase affatto stordita. In quel tempo trovavasi sempre in istato di visione, e si ebbe in mezzo alle sue pene un commovente quadro consolatorio. Vide molte vecchie e povere genti, verso le quali era stata benefica nella sua gioventù, a lei successivamente accostarsi. Costoro diffusero e sparsero quanto avevano già ricevuto sopra una tavola a lei dinanzi. La vista di quella gente e di tutti i suoi antichi doni di vestimenta e di cibi le riuscì cosa sì consolante, che in mezzo ai più acuti dolori dovè sorridere, tanto più che tutte quelle persone le apparivano ringiovanite, mentre essa appariva sempre più vecchia, e per chè tutte quelle vesti che aveva loro donate avevano ap parenza molto migliore che in quel momento in cui ne avea fatto loro il donativo. Così, esempligrazia, essa vide una povera donna a cui in un angolo di Köesfeld in pieno e chiaro giorno avea donato un vestito che si era levata di dosso; e poi un povero uomo infermo a cui avea fatto un abito ed avea mandato ciambelle, mentre essa, essendo pure ammalata, null'altro avea nell'armadio, e per di più avea comprato un pacchetto del miglior tabacco. Coteste ciambelle comparvero di nuovo sulla tavola ma invec chiate di venti anni, e ciò la rese molto lieta, ed invece del tabacco quel vecchio depose un bel mazzo di fiori (pene e dolori). In seguito comparve una vecchissima donna, ora per altro anch'essa ringiovanita, di cui disse: « Per lun ghissimo tempo non ho più pensato a cotesta donna; avea una figlia che era riuscita a male. Cotesta donna si lagnò meco della sua miseria e del come non riuscisse a ricon durre la figliuola su miglior via. Fece voto onde ottenere da Dio la guarigione della cecità della figliuola, di percor rere strisciando sulle ginocchia tutta la Via Crucis. Ciò per altro le riusciva affatto impossibile, perchè ne sarebbe morta. Erano tre ore di strada ed essa era vecchia e de bole. Si lagnò meco di cotesto suo voto e della sua grave angoscia per non poterlo sciogliere. La consolai e le pro misi di soddisfare a Dio per lei con qualche altra cosa. Più di una volta in pro suo mi trascinai nella notte sino a una croce situata nel nostro campo. »
Venni in Terra santa e vidi Nostro Signore sulle rive del Giordano. Disse che era venuto il tempo che da sè stesso volea salvare le sue pecorelle e ridurle in sicuro; gli agnelli doveano esser posti in sicurezza sopra di un monte, e le pecorelle collocate e distribuite così a lui d'in torno. Quando lo vidi tanto affannato pei suoi agnelli, pensai ai miei persecutori, e li vidi collo sguardo come se cor ressero attraverso un deserto. Il buon pastore disse: Ogni qualvolta mi accosto a loro, mi sprezzano e mi tirano dei calci. Ma io cominciai a pregare per essi, di tutto cuore, ed ottenni anche il dono di poter orare, e spero di avere un tantino giovato. Riconobbi che i miei nemici hanno molto giovato al mio interno. Mentre io così pregava per loro, mi fu mostrato come anche il Decano fosse eccitato contro di me in tal modo, che ne rimasi molto meravigliata (1)....
(1) Il Pellegrino accompagna cotesta manifestazione colle parole:. Ciò sembra alquanto esagerato; ma come Anua Caterina avesse giustamente veduto, apparisce dal fatto già per lo innanzi riferito, che il Rensing tentava d'infamarla col marchio dell'impostura.
« Ebbi da portare molta gente, infermi, zoppi, storpi, dalla strada pubblica sino ad una chiesa, ove tutto era di disposto nell'ordine il più perfetto. Vi portai il Rave, che trovai sul punto di annegarsi; il Consigliere lo portai per disopra un immondo stagno; il Rosèri lo trovai macolato ed infranto come dalla caduta in un abisso; anche per lui ho dovuto proprio stancarmi portandolo... Mi trovai in vi sione presso un campo di grano e di segala, che era situato assai in alto, e non molto lungi eranvi scavi profondi e fracidi stagni e deserto, e là dentro molte rabbiose bestie che voleano dilaniare e divorare la gente. Io dovei governare e nutrire queste bestie, onde non trascorressero nei campi. Dovei cercare con gran fatica e sudore per ognuna di esse erbe e radici diverse, come pure diverse qualità di bacche, e tutto ciò con straordinaria ansietà ed angoscia ed in mezzo ai continui attacchi di cotesti animali. Dovei portare ed alimentare gatti, tigri, porci ed un cane mordace. Durante cotesta visione mi son quasi affatto disciolta in sudore. Coteste bestie significano le passioni di quegli uo mini che meditavano di ridurmi in loro potere. Mi sono posta sulle spalle un grave còmpito. Ho intrapreso di im plorare da Dio in questo tempo solenne il miglioramento dei miei nemici e l'estinzione dei loro debiti. Ho finalmente lavorato tanto, che per tutto ciò che finora essi hanno con tro me praticato non verranno puniti, purchè rientrino in sè medesimi. Sento bene che significhi portar sulle spalle peccati ed espiarli con patimenti... Ho pure rimosso con la forza dell'orazione molti di quei pericoli che mi minac ciavano, ed ho intorno a ciò ricevuto ammonimento preciso, e mi è stato anche detto ciò che doveva in riconoscenza alla protezione delle sante reliquie. Devo ai Santi che il progettato attacco sia stato da me rimosso. Non ho errato, ma ho veduto in modo sicuro che quel progetto era derivato dal Decano. Io dovea di nuovo essere por tata via di qui da sei uomini, fra i quali due ecclesiastici, e di nuovo inquisita; ma ha veduto che il Vicario Ge nerale non ha voluto dare il suo consenso. »
8. Anna Caterina era talmente sicura dell'esaudimento delle sue suppliche, che senza alcun timore o ritegno fece annunziare al Decano l'effusione sanguigna sopravve nuta dalle sue ferite ai 9 di marzo. Ecco come riferisce il Pellegrino: Sulla sera del 9 marzo sanguinò da tutte le stimate, ma più specialmente dal capo. Non avea nessuna inquietudine malgrado i molti discorsi contraddittorii circa al se ed al come ciò dovesse essere annunziato. Essa è continua mente, ed anche in istato di veglia, veggente; e vede in tutte le direzioni ciò che le genti fanno e dicono nelle loro case. Alla fine passò nello stato di estasi formale, e du rante cotesta estasi apparve affatto giovine e fiorente, senza veruna traccia di età e di patimento. Inoltre diffondevasi un particolare splendore sopra le sue sembianze, e sorrideva in pio e severo raccoglimento. Effuse sangue anche nella notte dal 9 al 10 marzo, e sul mattino lo fece annunziare al Decano dal confessore, e ritenne di aver con ciò soddisfatto al suo debito verso il Consigliere... Giacque sanguinando sin circa le tre dopo il meriggio; ciò nondimeno il Decano non venne a convincersi del fatto. Essa gli aveva fatto dire dal confessore di annun ziarlo da sè al Vicariato o al Consigliere.
Venerdì santo, 30 marzo.
« A causa della solennità, questo giorno i di lei patimenti crescono sempre. Trovasi continuamente immersa in visione, ed ha per di più da sopportare visite di parenti. La pienezza dei suoi dolori e la grave violenza patita dalla di lei vitale organizza zione, che deve subire una trasformazione e cangiar di giro, onde dare testimonianza della morte dell'Uomo - Dio, le fanno sentire meno gli esterni disturbi; essa è affatto abbandonata in braccio alle sue pene. Alle dieci antimeridiane il Pellegrino la trovò colle fronte piena di sangue, e molte goccie ne erano in giù stillate; sovra ambe le di lei mani vedevansi pure stille di sangue e nella loro parte in terna vedevansi quelle stille che erano trascorse per le varie sinuosità dell'epidermide. Lo stesso accadeva sui piedi. Ei le asterse per quanto era possibile in sì possenti dolori. Essa per di più trovavasi nella continua inquietu dine di venire sopresa ed attaccata. Nascose coteste effu sioni sanguigne al medico ed al Lambert, per risparmiare lo spavento a quell'infermo ed angoscioso vecchio. Ne fece avvisato il Decano, che le mandò a dire di tranquillare la coscienza, e promise di prendere sopra di sè l'omissione del di lei annunzio al Consigliere. Ma il Decano, cui per due volte fu annunziato l'evento, non venne a convincer sene ! Essa annunziò che Gesù verso l'una ora avea esalato il suo spirito sulla croce, e provò sino a circa le sei pome ridiane sempre gravissime angoscie. Quando vide il quadro della Deposizione della Croce, e come Maria ricevesse in grembo il cadavere del Figlio, pensò: Come è mai forte Maria! non è mai caduta nemmeno una sol volta in sveni mento ! Tosto udì la voce della sua Guida celeste che ri prendendola le disse: Ebbene, prova tu quel che essa ha provato. E tosto sentì come un colpo di spada attra verso il corpo in modo tale che cadde svenuta in presenza del Pellegrino. Egli le avea posto sotto i sanguinanti e ad dolorati piedi un pannolino, in cui stavano avvolte reliquie, e questo era rimasto asperso da alcune, stille di sangue. Quand'egli a sera le pose quelle reliquie avvolte in quel pannolino sugli omeri, che straordinariamente le duole vano, ella sclamò in estasi: Cosa mirabile ! Qui veggo il mio Sposo vivente in mezzo a mille santi nella celeste Gerusalemme, e là lo veggo estinto giacer nel sepolcro ! E che mai è questo? Fra quei tanti santi veggo una persona, una monaca, che sanguina dalle mani e dai piedi, dal costato dalla testa, ed i santi stanno vicini alle di lei mani ed ai piedi, al costato ed agli omeri ! »
Nell'anno susseguente ebbe in visione quest'ammonimento: Sta attenta; tu soffrirai e con- patirai sangui nando nei giorni istorici, e non negli ecclesiastici »
Il Venerdì Santo dell'anno 1821 venne ai 20 di aprile, ed il Pellegrino così riferisce dei casi di quel giorno: Seguì ciò che non è mai seguito da che ha quelle ferite; non ha punto sanguinato nel Venerdì Santo, e le stimate, visibi lissime alcuni giorni or sono, sembravano come sparite. Essa non poteva concepirlo. Ed ecco ! nel minuto in cui vide inchiodare il Signore alla Croce, entrò il Borgomastro nella stanza, come disse, per ordine superiore. Guardò ad occhi spalancati, interrogò, partì. Qual senso davvero annichilante quel vedere ad un tempo quel povero uomo e la inferma ! »
Il Pellegrino avea per altro per l'innanzi in data dei 30 marzo riferito: « Essa celebra oggi il Venerdì santo. Il Pellegrino l'ha trovata questa mattina alle dieci col volto rigato di sangue, ed il corpo e le braccia rico perti di segni somiglianti a colpi di frusta. Circa le due il sangue cominciò a sgorgare dalle mani e dai piedi. Essa era in estasi, non sapea nulla del mondo esterno, e non provava veruna inquietudine pel timore di essere veduta allo sco perto. Era tutta immersa nella visione dell'opera della Redenzione. »
9. Patimenti a cagione dei matrimonii misti.
« Vidi molte chiese qui nelle nostre contrade in trista e penosa decadenza. Sembrava come se vedessi il loro futuro destino. Vidi giovani sacerdoti che tutto facevano più pre sto e peggio, e molte comunità mi apparivano come se l'approvassero interamente. Vidi la Magion delle nozze di Münster. La vecchia colla figliuola eran fuori, ma eravi invece dentro un vecchio (diplomatico negoziatore) che sembrava esser stato istruito dal diavolo, tanto era lusinghiero e sottile. La seppe far così bene e la portò tanto innanzi, che gli ecclesiastici si trovarono divisi in due partiti. Vi era tra loro come una specie di concilio e vidi come l'Austero ( Droste) e l'Overberg di gran cuore si col legarono e si tennero d'accordo. Trattavasi di cose matri moniali. L'affare era molto torbido. Con cotesti due, vale a dire dal lato della giustizia, tenevano al più altri cinque, e fra essi un uomo vecchissimo. Gli altri erano opposti. Eravene un gran numero riunito, ed incominciarono a di sputare in tal modo che ne rimasi spaventata. Allora i più severi si allontanarono, ma gli altri si racchiusero coi lute rani. Il peggio si era che alcuni singoli in seguito si uni rono di bel nuovo e segretamente ai cattivi, esempligrazia R..., perlocchè io vidi il Droste e l'Overberg molto afflitti ed irritati......
« Venni di nuovo nella Magion delle nozze; era piena zeppa di uomini. Erano fra loro divisi. Al disotto erano i migliori intorno all'Overberg e al Droste; e fra loro eravi pure quel giovane colla uniforme azzurra, che avea l'aria di volersi convertire. Egli adesso non portava più quel l'uniforme. E quei signori non avevano ora più altro giuramento che nel nome suo; egli per loro era il tutto. Eranvi costà al piano inferiore anche tavole con urne, e furono inviati dei giovani, ma l'affare non volea avviarsi bene. Verso il piano superiore era stata dal di fuori fab bricata una scala che vi conduceva, e su quella si affollava montando una moltitudine di persone, uomini e donne, ecclesiastici e secolari, cattolici e protestanti. Lassù poi regnava una straordinaria attività separata per altro affatto dalla Chiesa, anzi interamente a lei contraria. Ciò nondi meno vidi lassù molti sacerdoti a me cogniti trafficare coi protestanti contro quelli che stavano al piano di sotto, e ne vidi parecchi che portavano roba sulle spalle andare e portare dal piano superiore all'inferiore, e andare in su e in giù. Ciò che per altro straordinariamente mi spaventò fu quand'io vidi quel giovine che si dava per convertito, cui quelli di sotto interamente si abbandonavano ed in cui tanto confidavano, essere uno svergognato traditore che se gretamente svelava a quelli del piano di sopra che cosa fa cevano coloro che trovavansi al piano inferiore. Ne fui tal mente sdegnata, ch'io voleva affrettarmi, penetrare colà dentro, e scoprire il suo tradimento. Ciò mi fece tanto male che ne dovetti piangere; ma la mia Guida mi trattenne e mi disse: Non è ancora tempo, aspetta finchè egli si tradisca da sè medesimo. Così guardai a lungo co testo quadro, e vidi finalmente che qualcosa succedeva a coloro del piano superiore, e che gli uni cogli altri erano tutti mandati fuori. Tutti coloro che per quella scala esterna erano montati in alto, e quindi non erano entrati nell'ovile per la vera porta, vennero cacciati via e fuggi rono. Vidi dipoi nel giardino un campo di fiori, e su quello un'angusta scala che montava verso il cielo; e vidi salirvi moltitudine dei dispersi che non erano stati ammessi. Ne vidi altri i quali erano per là montati, e che di nuovo scendevano a cercare altri compagni. Vidi per sone apparentemente molto importanti venire scacciate, e la scala rimontare in su dinanzi a loro, giacchè essa scen deva dal cielo. Ma presso i gradini stava un giovane colla spada in mano che respingeva gli ingiusti. »
Cotesto quadro si riferiva ai matrimonii misti, pei quali Anna Caterina ebbe a patire ineffabili patimenti sino alla morte. Così una volta ella giacque per molti giorni op pressa da atroci dolori di basso ventre, e per lo più orante a braccia aperte e distese. Lavorava nella Magione delle nozze, e conobbe il progetto della cuoca luterana di legare in matrimonio la propria figlia bastarda col quasi adulto giovanetto delle scuole. Vide gli ecclesiastici in mol teplici imbarazzi e guai, a causa dei matrimonii misti che si moltiplicavano. Dovè eccitare molti altri praticanti del l'orazione, e metterli in moto affinchè ottenessero che quei vacillanti sacerdoti si decidessero a camminare per la via del giusto. Vide tutto ciò in quadri simbolici. Le fu mostrata pure in un quadro tutta la storia ecclesiastica inco minciando da Mosè, e come la Chiesa non abbia mai per messo i matrimonii misti tranne in casi di grave necessità, e come sempre da questi risultassero per la Chiesa gravi svantaggi ed indebolimento.
Così ella disse: « Ho veduto come Mosè anche prima di giungere al monte Sinai, sepa rasse appieno dal popolo e rimandasse indietro certi israe liti duri di cuore, che si erano già uniti o si volevano unire con donne pagane; e come costoro, voglio dire quei com misti a donne Madianite, non avessero alcuna stabilità nella loro unione, ma di bel nuovo si separassero e venissero fra i Samaritani, che mescolandosi di nuovo cogli Assiri, vidi divenire eretici ed idolatri. Vidi durante la cattività Ba bilonica nascer la commistione dei matrimoni dalla neces sità, ma la vidi cagionare altissimi danni. Vidi sul na scere della Chiesa matrimonii fra persone di fede diversa permessi e per necessità, e per favorire la propagazione della fede; ma vidi che la Chiesa mal sopportava che i fi gli di cotesti matrimonii divenissero pagani od éretici, e se ciò avveniva, lo considerava effetto di prepotenza. Tosto chè per altro la Chiesa fu fermamente stabilita, non la vidi più permettere simili matrimonii. Ho veduto contrade intere, dalle quali la vera fede era stata interamente sban dita per effetto di simili commistioni; anzi ho veduto che ove riescano i disegni concepiti circa questi matrimonii e circa quel giovinetto delle scuole, fra cento anni le cose andranno molto male anche in questo paese. »
Luglio 1821.
Essa è da una settimana in poi immersa in sì gravi pene, che ben sovente gemendo e querelandosi si raggomitola e si contorce sul letto. Non trova tre gua alcuna e non può a causa delle sue pene rimanere ferma in veruna posizione. È per di più immersa in conti nue visioni ed in opere da compirsi a distanza. È giorno e notte occupata della chiesa di questo paese, e vede ogni miseria vicina e lontana. Disse come le riusciva difficile il parlare con coloro che la circondavano, poichè non si trova mai collo spirito presente.
Debbo andare or qui or là da singoli ecclesiastici, pastori e consiglieri, ed anche quando sono fra loro riu niti debbo a ciascuno di essi sommessamente suggerire alcuna cosa, e cotesto lavoro dura sovente per l'intero allora veggo giorno. Se io vengo in mezzo ai loro consigli,come talvolta alcuno voglia consentire o sottoscrivere carte e cose che non vanno, e come quando nol fa, e non riesce talvolta a far prevalere il dritto, debba almeno tralasciare sempre quel che sarebbe ingiusto. Veggo pure ognora quadri relativi alle scuole, e veggo dei grossi e grandi giovanetti venire calpestati da piccoli bambini non ancor nati, dei quali per altro io conosco l'origine; e veggo nello stesso modo grandi fanciullette calpestate da piccole bambine. Questi sono quadri simbolici di nuovi piani che derivano dall'illegittimo connubio dell'orgoglio e dell'illu minismo. Veggo tutto ciò in mere figure e conosco la più parte dei padri di cotesti fanciulli, ossiano disegni. »
Un bel mattino il Pellegrino la trovò affatto raggomitolata per le doglie ed ardente di calore febbrile. Era in istato di visione e nulla sapeva di ciò che intorno à lei succedeva. Allora la sorella aununziò la presenza di un povero; il Pellegrino gli dette quattro grossi in nome della inferma, senza che questa potesse nulla saperne e nemmeno accor gersene. Appena per altro la sorella avea portato quel do nativo al povero che aspettava dinanzi alla porta, la in ferma cominciò a muover la lingua e le labbra come se gu stasse alcuna cosa, e sussurrò sommessamente: « Oh come è dolce, come è dolce ! Ove è quel boccone che tu mi hai dato? »
Ed allora essa, che un momento innanzi non poteva neppure muover la mano, si sollevò sedendosi in alto, e disse sorridendo senza destarsi dall'estasi: « Vedi come tu mi hai fortificato con quel dolce boccone. È stato colto sopra un albero celeste ed io l'ho ottenuto ! »
Il Pellegrino sorpreso da cotesto incidente notò nel suo Diario: « Oh quanto è mai intima l'unione di cotest'anima con Cristo, poichè in lei così sensibilmente si verifica la parola: Quel che avete fatto a un povero lo avete fatto a me. »
Natura e sostanza del Razionalismo.
10. Fui nella Magione delle nozze e vidi in molti coc chi arrivare un corteo nuziale lunghissimo e molto rumoroso. La sposa, che avea intorno a sè molti uomini e donne, era una grande e sfacciata persona di meretricii orna menti adornata. Portava sulla testa una corona ed aveva sul seno molti gioielli e tre catene e fermagli di similoro, da cui pendeva una quantità di strumenti e figure, come gran chi, rane, rospi, grilli, come pure piccoli corni, cerchi, zufoli e cose simili. Il suo vestito era di scarlatto; sulle sue spalle volteggiava qua e là una civetta, talora a manca e talora a dritta, parlandole all'orecchio; sembrava che fosse il suo genio ispiratore. Cotesta donna entrò con tutto il suo seguito e molti bagagli con altera pompa nella Magion delle nozze, e ne scacciò fuori quanti eranvi dentro. Quei vecchi signori e gli ecclesiastici ebbero ap pena il tempo di agguantare in fretta i loro libri e le carte. Tutti doverono uscire; molti con orrore e ribrezzo, altri presi da simpatia per quella meretrice ( 1).
(1) Essa vide una volta nella Magion delle nozze la madre di cotesta donnaccia preparare una zuppa cotta nell'acqua con erbe frescamente germogliate a forza, e con grossi fiori gialli di potente odore; cotesta zuppa era preparata per certi dotti che dovean pure germogliare a forza ed in fretta come quell'erbe. Vennero effettivamente, e con avi dità mangiarono di quella zuppa cotta nell'acqua.
Alcuni si avviarono verso la chiesa, altri qua e là in isquadre ovvero dispersi. Essa per altro là dentro rovesciò tutto ed anche la tavola coi calici. La sola camera che racchiudeva le vesti nuziali e quello spazio ch'io vidi divenire cappella sacra alla Madre di Dio, rimasero chiuse ed intatte. Fra gli altri avea presso di sè quel sottile ipocrita che ultimamente vidi lusingare ad un tempo ambo i partiti, ed egli vale più che ogni altro presso di lei. Il dotto giovinastro era suo figlio; crebbe ad essere uomo, e per tutto si ficcava con impudenza sfacciata. Notabil cosa si era che la meretrice e tutti i suoi libri formicolassero di luminosi vermicciuoli, e che ella puzzasse come quel fosforico scarafaggio che fra noi chiamasi Mutfiste. Quelle donne che le stavano d'attorno erano profetesse magnetiche, e profetizzavano e la sostenevano. È buona ventura che sieno tali; si mostrano e si producono nelle loro tresche, e così finalmente l'affare viene in chiaro, e così il bene si separa dal male. Dopo chè ebbe tutto rovesciato e devastato in casa, passò la me retrice nel giardino delle nozze e coll'aiuto del suo seguito vi abbattè molte piante e dovunque passò fece tutto disseccare ed annerire, e tutto riempì di puzza e di vermi. Cotesta svergognata sposa volea per altro maritarsi, ed invero, con un pio ed illuminato giovane sacerdote.
Credo che fosse uno di quei dodici, cui vedo spesso operare im portanti cose sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. Egli era pure, vedendola, fuggito di casa. Essa lo fece ritor nare attraendolo coi più dolci e melliflui discorsi. E quando ritornò gli fece vedere il tutto e tutto gli volle trasmettere. Egli non vi resse che per breve tempo; e mentre ella lo trattava con sfacciata impudenza ed insi steva, e ad ogni modo volea deciderlo a sposarla, ei mo strossi ad un tratto solenne e severo, e maledisse colei e le arti sue come quelle di una maledetta meretrice, e tosto partissi. Ed allora vidi ad un tratto tutto ciò che era con lei ed intorno a lei fuggire ed appassire, morire ed annerire. L'intera Magion delle nozze divenne tenebrosa e nera, e gli innumerevoli vermi incominciarono a corrodere e divorare ogni cosa. E quella stessa donna veniva in parte divorata dai vermi, e cadde e giacque sul suolo colla intera sua forma; ma bentosto tutto in lei si disfece, distaccossi in frammenti siccome esca. Io ho pure spezzati alcuni di quei vermi che là giacevansi morti, eppure fosfo ricamente lucevano; erano internamente secchi e carbo nizzati. Quando il tutto fu putrefatto in mortale silenzio, venne di bel nuovo quel giovane sacerdote, e due altri ne sopravvennero con lui; uno di costoro, uomo attempato, sembrava inviato da Roma.
Portò una croce e la piantò dinanzi all'annerita Magion delle nozze, e prese alcunchè dalla croce e penetrò nell'interno della Magion delle nozze, ed aprì ogni finestra ed ogni porta, e sembrava come se gli altri orassero, consecrassero, o esorcizzassero dinanzi alla casa. Ed ecco che si sollevò fragorosa tempesta e sof fiò per entro quella Magione, e ne cacciò fuori un nero e denso vapore, e lo cacciò lungi sino ad una gran città, ove quel vapore si condensò posandosi in diversi nubi. La Ma gione poi venne di bel nuovo occupata da un eletto numero degli antichi abitatori; anco alcuni di coloro che erano venuti colla meretricia sposa e poi si erano conver titi, furono là dentro collocati. Tutto divenne puro e cominciò a prosperare. Anche il giardino si riebbe. »
1. Il corpo della Chiesa. Lavori per la raccolta delle messi.
Giugno 1820. « Mi trovava nella chiesa della Magione delle nozze. Eravi costà festa solenne siccome quella della preparazione all'uscita per la raccolta della messe. Vidi nella chiesa il Signore Gesù come pastore, gli apostoli e i discepoli, molti santi ed anime beate in alti cori, e sul pa vimento vidi molti viventi ecclesiastici e laici, fra i quali molti individui riconobbi. E sembrava come se venissero orando ad implorare benedizioni sulla raccolta, ed operai per farla, e come se Gesù invitasse a quell'opera e dicesse: La messe è grande, ma gli operai son pochi; pregate adun que il padrone della messe ond'egli invii operai a racco glierla. E sembrava come se il Signore inviasse i suoi di scepoli ed apostoli colle forme ecclesiastiche, come avea fatto prima vivendo. Ed io andai pure fuori alla raccolta, e meco anche alcuni fra quei sacerdoti e laici viventi. Molti per altro non vollero andarvi e si scusarono e rima sero addietro. Invece di costoro però vidi farsi innanzi molti santi e beati. Allora vidi il campo della messe presso la Magion delle nozze, e scorsi su quel campo stare un corpo sollevato e diretto verso il cielo. Esso era orribil mente mutilato; alcune parti delle mani e dei piedi gli erano state mozzate, ed in molti punti vedevansi larghe aperture e ferite. Alcune di coteste ferite erano recenti e sanguinavano ancora; altre eransi riempite di mal cresciuta e putrida carne; altre erano come cicatrizzate ed ossificate; un lato intero di quel corpo era per altro dive nuto nero e cancrenoso, e come consunto.
La mia guida mi dichiarò come cotesto corpo fosse quel della Chiesa ed anche quello di tutti gli uomini, e nell'indicarmi ogni ferita o mutilazione, m'indicò ad un tempo come fossero disposte nella direzione di ogni parte del mondo. Ed io vidi con un solo sguardo popoli ed uomini separati e nella più remota lontananza, starsi dinanzi a me nei loro usi e costumi. E sentii i dolori della separazione di quei membri come se fossero tagliati dal mio proprio corpo. E non deve un membro sospirare di unirsi coll'altro e provar dolore per lui, ed affaticarsi onde guarisca e di bel nuovo si colleghi col corpo? e non deve un membro soffrire dolori onde l'altro risani? Mi disse la mia Guida che i più prossimi e più dolorosamente divisi son per altro coloro cui è stato divelto il cuore dal seno. Mi pensava nella mia semplicità: Cotesti sono i parenti e consanguinei, e volgeva il pensiero a mia sorella; ma mi fu detto: Chi sono i miei fratelli? coloro che osservano i comandamenti del Padre mio sono i miei fratelli, e non già i consanguinei sono i più prossimi al cuore. I consanguinei di Cristo sono i consentanei nel modo di pensare, e poi i cattolici che sono disgraziata mente caduti e separati. Vidi peraltro che quel lato nero e cancrenoso verrà presto a risanarsi. Quella carnosità mal cresciuta che riempie le ferite rappresenta gli eretici; coloro per altro che non sentono più affatto alcun senso religioso, trovansi in stato di fredda cancrena. Vidi ogni membro, ogni ferita con la sua significazione. Quel corpo giungeva sino al cielo. Era anche il corpo di Gesù Cristo. Quella vista mi fece scordare i miei dolori, ed incominciai a lavorare con ogni mia forza, a mietere, a legare e a portar tutto nella Magion delle nozze. Vidi come i santi aiutassero dall'alto, e come i dodici futuri apostoli l'uno dopo l'altro prendessero parte al lavoro. Dei cooperatori viventi ne vidi pochi, e l'un dall'altro situati a distanza. Soggiacqui quasi alla fatica del lavoro, e le dita mi duole vano a forza di legare. Il sudore mi grondava a rivi. Avea appunto da fare con un manipolo di grano rigoglioso e le spiche mi pungevano e mi sentiva esausta affatto; ed ecco che mi si fa innanzi un uomo ben liscio e ben azzimato mi dice di lasciare da banda quel lavoro, che non potrei sopportarlo, e che d'altronde non era cosa che mi spettasse. Sul principio nol riconobbi; ma siccome cominciò a corteggiarmi ed a promettermi giorni felici secolui, vidi bene che era il diavolo e lo cacciai via per le brutte, ed egli si dileguò. Vidi inoltre tutto quel campo della messe circondato da una vite smisuratamente grande, e vidi i nuovi apostoli lavorarvi intorno con voglia ed invitarvi anche altri. Sul principio stavan lontani gli uni dagli altri. Al chiudersi poi della raccolta ebbe luogo gran festa di ringraziamento, celebrata da tutti coloro che avevano insieme lavorato. »
Consolante quadro simbolico delle sue opere di orazione.
« Sono ancora affatto stanca e tutte le membra mi dolgono pel lavoro. Nei campi della Magion delle nozze venni entro una vasta e vuota capanna ivi situata, e vi trovai in un angolo alcune povere genti. Coteste genti pativano la fame ed io dentro me stessa rivolgeva come poterle aiutare; ma ecco che sopravvenivano sempre più persone d'alto affare ed umili, vicine e lontane, conosciute ed incognite, ecclesiastiche e secolari di ogni età, d'ogni stato e d'ogni sesso, e tutte volevano aiuto. La mia Guida disse che avrei potuto procacciare provvigioni per tutti coloro, se pur volessi lavorare con diligenza. E siccome a ciò mi mostrai pronta e disposta, mi condusse sopra una pianura presso un vasto campo di segale e di grano. Tutte quelle genti mi seguirono e si saziarono colle spiche; ma io le ordinai tutte bentosto per mietere, e per legare e per trasportare, e dovei tutto dirigere ed aver cura di tutto. Quei di più alta condizione ebbero soltanto in cura la sorveglianza. Ma tutte coteste genti eran per la più parte infingarde e poco abili; i loro manipoli non regge vano insieme. Io dovea sempre piantarvene uno per mezzo, cui esse appoggiavano gli altri. La messe venne allora portata nella capanna, battuta, e collocata separatamente in una quantità di recipienti. Nel piano superiore del granaio ve ne era una gran parte, e quella se la ebbe il Papa. Una parte se la ebbe un piissimo Vescovo a me sconosciuto, ed un'altra parte l'ottenne il Vicario Generale coi nostri vicini. Vidi allora le comunità, e qua e là anche alcuni singoli preti della nostra vicinanza ricevere la loro porzione. Alcuni ottennero molto, altri poco. I buoni ottennero di più. I migliori più grano che segala. I cattivi non si ebbero nulla. Pochissimo di quel raccolto pervenne sin qui; moltissimo ne ottenne il Parroco di H.; il confessore s'ebbe il quartuccio di uno staio. Il resto se l'ebbero tutto coloro che lo desiderarono. Talvolta ottenne soltanto alcunchè un semplice vicario, ed il parroco non ottenne cosa alcuna. La mia Guida lavorava e faceva le parti. Sono talmente stanca per cotesto lavoro che non posso ancora riavermi. »
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Ai 20 di giugno 1820 essa narrò così: « Venni condotta dalla mia Guida in una vigna, situata all'occaso della Magione delle nozze. Cotesta vigna era in miserabile stato; eravi bensì qualche ceppo ancor buono e valido, ma i tralci non erano stati potati, ed inoltre era disordinata, non con cimata, non assiepata, e resa selvaggia da grandi e da piccole ortiche. Laddove le viti erano ancora valide e buone, le ortiche apparivano alte e grosse e non pungevano co tanto; dove poi le viti erano basse e spossate nei tralci, mostravansi sormontate da densa vegetazione di ortiche piccole, ma molto pungenti. Non eravi nella vigna nè via alcuna, nè scala; tutto era selvaggio e vegetante a capriccio. Vidi là dentro molte belle casette, ma sin dalla porta arrivando su in alto e sotto le finestre erano cresciute le ortiche e le erbe cattive. Nell'interno di quelle case tutto ciò che si spetta alla vita appariva nel più bell'ordine; e vidi là dentro certi ecclesiastici che leggevano e studia vano in ogni sorta di libri inutili; ma niuno usciva da quelle soglie per far nemmeno il minimo lavoro nella vigna. In mezzo a questa sorgeva una specie di edifizio di economia rurale e contadinesca situato presso ad una chiesa; ma non esisteva strada alcuna per giungervi. Tutto aveva vegetato alla ventura e la chiesa intera sembrava tappezzata di verde. Eravi il Sacramento in quella chiesa, ma non eravi lampada pendente innanzi all'altare. Tostochè pervenni nella vigna, sentii subito la vicinanza delle ossa di S. Liborio, e trovai che giacevano in cotesta chiesa, ma non erano più costà in grande onoranza e venerazione. Il vescovo di cotesta chiesa pareva esser lontano, e non esisteva più via alcuna per giungere nella chiesa medesima. Tutta quella vigna destava una desolante impressione, e mi fu detto che dovea colà dentro lavorare. Eravi per là un coltello a manico d'osso, curvo quasi quanto una falce e tagliente da due lati; con esso io doveva rimondare e potare i tralci. Eranvi pure una marra per zappare, ed una cesta per portar concime, che mi furono indicate, e mi fu dimostrato qual lavoro dovessi fare. Il cominciamento riuscirebbe la parte più difficile; verso il fine la faccenda verrebbe a farsi più agevole. Mi fu ancora insegnato il modo di vendemmiare e l'uso del torco lare. Ma ciò l'ho di bel nuovo dimenticato. Dacchè ho da fare con cotesta vigna, i miei dolori son diventati troppo diversi. Sembrami come se il corpo mi venisse traforato con un coltello acuto e a tre tagli. Da quella ferita i do lori si diramano in tutte le membra, e provo soprattutto insopportabili punture nelle ossa ed in tutte le articolazioni sino alla punta delle dita. »
22 Giugno. « Essa (così riferisce il Diario del Pellegrino) è ancora immersa in queste opere di patimento; può collocarsi in ogni situazione che si voglia, prova sempre la sensazione dell'esser posta a giacere fra le più acute spine ed ortiche. Fui (così disse ella una volta) al lavoro nella vigna divenuta selvaggia, e vi fui sorpresa da uno sciame di nuovi tormenti. Non sapea più la minima cosa del mio stato esterno. Secondo le mie sensazioni, parevami di essermi rovinata affatto col lavorare nella vigna, e provava il doloroso senso del giacere non già nel mio letto, ma bensì fra le ortiche; e vedendo vicino a me uno spazio, da cui già per l'innanzi io aveva divelto coteste ortiche, supplicai di venir collocata costà a giacere. Si penetrarono del mio stato e mi dissero che sì, che sarei messa a giacere colà ove non eranvi più ortiche. Ed allora venni colcata nel mio letto e mi lagnai dicendo: Ecco che mi hai ingannata, e mi hai posta in mezzo alle ortiche. Così io vedeva e sentiva e nulla sapeva del mio stato esterno, ma mi pareva essere nella vigna. Sempre era più e più punta ed abbruciata dal divelgere quelle ortiche; e quel tagliare e rimondare con quel falciato coltello dal manico di osso, mi cagionava dolori nel corpo ed in tutte le artico lazioni. Sono nel mio lavoro già giunta sino alla prima casa laddove la vigna è più inselvatichita. Nei più gravi dolori mi posi addosso le reliquie delle ossa dei santi Ignazio e Saverio, e li supplicai di qualche diminuzione per quelle doglie, e l'ottenni. Vidi su in alto quei due santi, ed una luce si effuse dall'alto sopra di me e mi penetrò siccome un fremito, e ne sentii sollievo in tutte le membra.
Cotesti suoi dolori ed il suo esterno miserabile stato (aggiunge il Pellegrino) eran tali, che quanti le circostavano, quantunque a simile stato abituati, ne eran pure molto commossi. Le trovai le mani e i piedi largamente segnati di macchie consimili a quelle che cagionano le urenti ortiche. Quando nei suoi lavori fu giunta sino alla chiesa, le apparve Francesca Romana molto magra e consunta, ed avente l'aria di uno scheletro. Guarda, le disse, ho dovuto lavorare come te e perciò sono venuta in sì misero stato come quello in cui ora sei, ma per altro non ne sono morta. Coteste parole la consolarono; il di lei pallido volto cominciò a rósseggiare alquanto, e ne venne in uno stato di vivacità, come alcuno che riscaldasi nel lavoro. I di lei diti sono convulsi e fremono agitandosi, i diti medii sono irrigiditi e ricurvi. Ad un tratto sclamò sorridendo dolorosamente: Ecco che mi sono data un buon colpo nel ginocchio ! L'osso ne ha scricchiolato una volta. Son sempre tanto frettolosa e zelante ! Mi sono urtata contro un grosso ceppo della vigna; debbo sarchiare, e pulire, e rimondare. Questo coltello dal manico d'osso mi fa tanto male alla mano ! Effettivamente la di lei mano destra è appieno gonfia, e le di lei braccia ed ambo le mani sono coperte di punture di ortiche. »
Ai 26 giugno disse: « Ho ancora da lavorare per pochi giorni; grazie ai miei sforzi il lavoro mi è doppiamente riuscito. Ora debbo ridurre in polvere le erbaccie. Il più duro lavoro l'ho avuto in una casa parrocchiale, ove governa una cattiva operaia di merletti. Costà mi è comparsa Chiara da Montefalco e mi ha detto: Il peggio è ora passato ! Per altro i di lei dolori erano sì gravi, che il confessore ne temeva la morte. »
2 Luglio. « Il lavoro della vigna è terminato. Mi è stata raccomandata orazione ed aiuto per quelle viti. Le orti che nella vigna significano le passioni carnali. La mia Guida mi ha detto: Tu hai lavorato da brava ed ora avrai un po' di quiete; ma questa non l'ho ancor avuta. »
15 Luglio: Nella trascorsa notte ho avuto un lavoro di orazione. Mi è stato mostrato un brav'uomo che conosco, come profondamente caduto da molto tempo. Ho pregato per lui e perciò egli ha avuto il cuore commosso. Egli non ne sa nulla e da lungo tempo non è più stato qui. Sentii però che mi verrebbe presentato di notte, e quindi nella trascorsa pregai con zelo per lui, ed egli cambiò nelle sue disposizioni di spirito e vuole andare a confessarsi. Questa mattina inaspettatamente è venuto da me e l'ho consolato. Non sa affatto che ho un presentimento del suo stato e che l'ho aiutato e sospinto per mezzo della pre ghiera; ora egli è sul sentiero del buon ritorno. Quel che gli ho detto è Iddio che me l'ha ispirato. »
« - 29 Luglio. Fui in un pomario, intorno al quale si ergevano collinette coperte di vigne, alcune illuminate dal sole, altre situate nell'ombra. In quel giardino di pomi sorgeva un edifizio rotondo a guisa di cantina. Entro eranvi tini e botti e un gran vaso di legno, sotto il quale eranvi molti forami. Aveva doppio fondo ed era un torco lare. Fu una di quelle antiche monachine che sovente mi aiutano, colei che mi accompagnò in quel giardino. Do vetti raccogliere di quelle mele, e le raccolsi da un albero alto, e me ne duolevano molto le braccia. Ne versai prima un pieno grembiule in quel gran vaso. Mi fu detto di non gettarvene alcuna immatura. E mentre pensava in me stessa che quella piccola quantità da me raccolta non va leva la pena di essere strizzata, mi fu mostrato quanto succo ne verrebbe a scaturire. Non comprendo quel quadro nella sua significazione; è per altro il principio del lavoro che mi è stato annunziato. »
30 Luglio. In quel giardino eravi soltanto un melo che fosse grande. Oggi non raccolsi verun frutto, ma dovetti soltanto raddrizzare, trapiantare, dar sostegno alle pianticelle poste sotto quell' albero, svellere le secche, inaffiare le appassite, e porle all'ombra. Mi tu indicato come ciò si riferisse ai settarii (falsi mistici). Quell'albero portava mele troppo mature e punte dai vermi; alcune erano marce per soprabbondanza di succo, ed in queste i vermi erano le conseguenze dell'orgoglio, dell'ostinazione, e di una pericolosissima comunanza. Coteste mele cadendo dall'albero guastavano le pianticelle poste al disotto e le infettavano d'insetti. Se per altro venivano raccolte e git tate nello strettoio, fornivano una bevanda che poteva usarsi. Coteste mele significavano i maestri e dottori delle sedotte comunità che venivano rappresentate dalle piante poste appiè dell'albero. Le mie compagne in cotesto lavoro erano le antiche beate monachelle del mio convento. Ebbi in seguito anche un quadro dello stato di coteste genti. Vidi fra esse coloro che avevano emigrato verso il Nord sulle vie le più pericolose, e più divisi e separati degli altri; e riconobbi quanto si dovesse pregare il Signore per chè degnasse ritogliere le piante più orgogliose e lussureggianti da coteste comunità, affinchè le migliori potessero esser conservate a pro della Chiesa. »
2 Agosto. « Ho dovuto nella trascorsa notte lavorare sul serio nel giardino. Tostochè ebbi finito colla raccolta delle mele già troppo mature, dovei principiare il lavoro sopra uno dei colli e vigneti situato nei dintorni. Aveva presso di me una tinozza, e grappolo per grappolo dovea raccogliere gli acini maturi ed anche quelli troppo maturi e gittarli nella tinozza, affinchè quelli ancora acerbi avessero campo di maturare e non si originasse alcun marciume. Io doveva, quando la bigoncia era piena, vuotarla in uno strettoio più piccolo del torcoliero delle mele. Faceva cotesto lavoro in continue preghiere e meditazioni, e vedeva contemporanee immagini dell'aiuto che da ciò deriva. Cotesto lavoro si riferisce sempre alla nuova setta. Era presso di me soltanto la mia Guida. »
«3 Agosto. Ho di bel nuovo per lungo tempo trascelto e raccolto gli acini ed èmpita e vuotata la bigoncia. Molti acini a mezzo guasti ho dovuto separarli e purificarli. Solo la mia Guida era presso di me. Ho già compiuto un buon tratto di lavoro, e mi è stato dimostrato che porta buon frutto. »
5 Agosto. Ho dovuto nella trascorsa notte con tal fatica lavorare nella vigna, che me ne sento ancora molto stanca. Eranvi grappoli mostruosamente grossi, grossi quasi come me stessa, ed erano tanto pesanti ! Non sapeva davvero come fare a trasportarli. Mi fu detto che cotesta era la vigna vescovile, e riconobbi anche i grappoli di ogni vescovo. Ebbi da fare con circa dieci vescovi. Mi ricordo fra loro del Vicario Generale, del Vescovo d'Ermeland, ed anche di uno ancora da venire. Dovei inoltre trascegliere e cogliere molti acini. Siccome non sapea come farmi a trasportare quei grappoli, mi rammentai come da bambina trasportava sulla testa, piegandomivi, fasci d'erba per le bestie, che eran più grossi di me medesima. Allora mi strisciai sotto quei grappoli, e siccome temeva di schiacciarli, con attenta fatica li involsi e guarnii con musco e pampini, e così li trasportai felicemente nella bigoncia; ed allora di nuovo mi angustiai perchè essa scoppiò crepando, ma me ne consolai perchè mi fu detto che ciò dovea essere. Ciò tutto feci stando in continua orazione. Mi fu dato di cogliere un acino da tre grappoli per ristorarmi; fra questi eravi il grappolo del Vicario Generale. Non so che mai ciò significasse »
8 Agosto. Ho dovuto nella trascorsa notte con indicibil fatica lavorare alle viti della spalliera di Köesfeld. Era in miserabile stato; quasi tutti gli acini eran mezzo marci. Vi trovai ben pochi cristiani veramente pii. Gli ecclesiastici sedevano nella cantina. In un luogo pel quale dovei passare eranvi molte genti che mormoravano deridendomi, e nondimeno mi mandarono a far quel lavoro. Vidi anche N., che adocchia sempre su in alto sbirciando, e lascia andar tutto in rovina a sè d'intorno. »
10 Agosto. Nella notte passata ho avuto grave lavoro fra i vigneti delle colline a cagione della mancanza di carità nel clero. La mia pena era interamente di quella specie di patimenti del giardino di Chiara di Montefalco, che travavasi pure presso di me, e mi indicò un'aiuola piena di pianticelle ed erbe odorose. Nel bel mezzo cresceva una pianta di reseda, ed eravi anche un'altra pianticella aromatica che nei climi caldi cresce molto alta. L'altra aiuola era piena di pianticelle a foglia liscia, sotto le quali per altro eranvi lunghe spine. Siccome io non sapeva come fare ad afferrárle, Chiara mi disse di gettarmivi sopra, e che ciò facendo, per ricompensa avrei salvato le buone erbe nel mezzo. Essa mi raccontò e mi indicò molte cose della sua vita medesima. Vidi come da bambina si genuflettesse e pregasse presso un cespo di rose. Sopravvenne Gesù bambino e le porse una carta in cui era scritta una prece. Volle conservar quella carta, ma ei se ne andò portandola via. Mi ricordo ancora di cotesta prece ciò che segue: Sii benedetta, o Maria, nel dolce cuore di Gesù. Sii benedetta, o Maria, salvezza di tutte le anime del purgatorio. Sii benedetta, o Maria, in tutti i Serafini e i Cherubini. Fra questi differenti versetti doveva baciare la terra. Ho dimenticato la bella fine di quella prece. Quando trovavasi in mezzo alla gente, doveva baciare la propria mano e pensare che era polvere e terra. Mi getta allora su quell'aiuola e fui tutta lacerata dalle spine. I miei do lori specialmente nelle membra erano sì acuti, che ne venni costretta a gridare ad alta voce. Ed allora Chiara mi lasciò, ma sopravvenne Francesca Romana e mi disse quali spaventevoli dolori e noie avesse dovuto sopportare. Mi raccontò come sant'Alessio l'avesse aiutata, e mi disse che anch'ella voleva adesso aiutarmi. Mi narrò come la sua infermità fosse quella della donna Cananea che toccò l'orlo della veste del Signore. Perciò sant'Alessio avea gettato sopra di lei il suo mantello, e le aveva fatto leggere nel libro dei Vangeli il passo che si riferisce a quella guarigione. Promise anche a me che avrei ben presto ottenuto mitigazione al mio doloroso stato. (Di cotesta meravigliosa guarigione ebbe, ai 17 di luglio e nell'istessa ora in cui nell'anno 1398 si verificò in Francesca, la seguente visione): Vidi santa Francesca Romana maritata, ma ancor molto giovine, che oravá stando in letto, ove giaceva da lungo tempo ammalata. Una donna di età provetta le dormiva in prossimità, e si accostava il mattino. Vidi la sua camera riempirsi di luce e sant'Alessio in abito di pellegrino presentarsi innanzi al suo letto. Teneva in mano un libro precisamente simile all'Evangelario dorato donato gli da sua madre. Non so se era quel libro, ovvero soltanto un'immagine in quel libro; credo che fosse così. Chiamò a nome Francesca che si drizzò sedendo sul letto. Le disse che egli era Alessio e che dovea guarirla, ed aggiunse che egli aveva attinto ogni salute da quel libro, e che essa pur doveva leggervi; e le tenne il libro dinanzi. Non so più esattamente ciò che egli inoltre facesse. Essa guarì ed egli sparve. Discese dal letto e destò quella donna che mostrossi molto sorpresa della di lei guarigione, e andarono tosto insieme, così sull'albeggiare, alla chiesa di sant'Alessio, a ringraziare Iddio nei suoi santi. »
11 Agosto. Nella trascorsa notte ho giaciuto di bel nuovo affatto sola su quel letto di spine in mezzo ai vigneti, che significa gli ecclesiastici privi di carità. Grazie a Dio, verso le ore tre mi destai. »
12 Agosto. Nella notte passata ho provato nella vigna una pena veramente oppressiva, e santa Chiara mi ha allora fortificata e consolata. Io dovea distendermi sui tralci delle viti tagliati a sghembo, il che mi cagionava spaventose pene di puntura. Santa Chiara mi indicava come ognuna di quelle punte simboleggiasse il parroco di una comunità; e quanti mai grappoli ed acini nascerebbero e crescerebbero quand'io offrissi i miei patimenti ed atti di carità in pro di quei sacerdoti in unione coi patimenti di Gesù. Allora vidi uno straordinario numero di comunità, alle quali questo mio patire recava vantaggio.
2. Ai 5 di settembre disse in estasi: « Debbo dal giorno della Natività di Maria sino alla festa di S. Michele molto lavorare e molto viaggiare. Son venuti qui da me angeli di tutti i luoghi; sono in tanti e tanti posti desiderata come operaia a lavoro. Nella passata notte mi fu detto ch'io avea già in molte parrocchie divelto le ortiche e le spine dalle vigne, e rilegate e potate le viti, e che ora l'uva maturava, ma che ogni sorta di bestie e di ladroncelli la trangugiavano, e ch'io doveva perciò piantarvi delle siepi attorno con opera di orazione. Vidi per opera mia l'uva ingrossare; i grappoli si imporporavano, e furono calcati, ed il succo rubicondo ne scorse sulla terra; e ciò vuol dire che quando la vita si risveglia negli uomini ritornati a pietà, allora lottano, vengono oppressi, e soffrono tentazioni. Mi fu detto ch'io aveva concimato e purificato, ma che ora dovea anche far siepi d'intorno onde i grappoli non venissero derubati dalla persecuzione e dalla seduzione. Ora è il tempo in cui i grappoli maturano e debbono esser guardati. Vidi allora innumerevoli comunità sotto il sim bolo di vigne, nelle quali io debbo ciò fare, e questo deve avvenire nel tempo che corre dalla Natività di Maria santissima sino al giorno di S. Michele. »
7 Settembre.
Fui condotta nella mia vigna e mi fu rimproverato di non aver assiepato il mio lavoro; ed in vero avea portato tutte le erbaccie al mulino, e quindi me n'era scappata via lieta di esser risanata, e non avea più oltre oltre continuato l'opera mia di orazione. Avrei dovuto con tutto il divelto e lo sfasciume costruire un muro, ed assieparlo dattorno con cardi, spine ed ortiche, affinchè il vigneto si trovasse difeso mentre maturava l'uva. Vidi allora di nuovo tutto l'intero vigneto di Liborio in tutte le singole sue parti, e vidi i frutti del mio lavoro, cioè nei villaggi molti destati dal sonno dell'anima, pochissimi nelle città. Vidi la chiesa dove riposa Liborio molto abbandonata e deserta, e come se fosse in mano ai protestanti. Dovei con gran solerzia e col mezzo dell'orazione tessere siepi intorno alle vigne. Iddio usò pure con me la gran misericordia di lasciarmi vedere il morale significato della vite e quindi quello di molti frutti. La vite è Gesù Cristo in noi, ed il molto legno superfluo deve esser potato secondo certe leggi, affinchè quel legno non consumi il succo che dee divenire grappoli e vino, e nel Sacramento il sangue di Gesù che ha riscattato il sangue nostro peccaminoso, e che deve farlo, mutandolo, passare dalla caduta al risorgimento, dalla morte alla vita. Cotesto tagliare secondo certe leggi, significa spiritualmente la soppressione del superfluo, l'astinenza e la mortificazione, affinchè quanto havvi di santo in noi possa ben vegetare, fiorire e portar vino; altrimenti la nostra pervertita natura produce soltanto legno o pampini. Quel taglio deve succedere secondo certe leggi, perchè è solo il superfluo, di cui mi è stato mostrato esserne infinitamente molto nella natura umana, che dee venire estirpato. Il di più sarebbe mutilazione e riuscirebbe peccaminoso. Il ceppo medesimo non deve esser tagliato, giacchè è piantato nell'umanità per mezzo della santissima Vergine, e resterà sino alla consumazione dei tempi; anzi eternamente, poichè trovasi con Maria in cielo. Mi vennero pure spiegati molti altri frutti. Vidi un albero spirituale splendente di colorata luce.
Quel suolo in cui radicava sembrava come un monte o uno scoglio librato in alto, e formato di colorate pietre preziose a foggia di cristalli. Il tronco era un vero torrente di luce dorata. I rami ed i ramoscelli sin nelle vene e nei nervi delle foglie erano formati da più densi o più tenui fili luminosi, di diverso colore e figura. Le foglie erano di verde e gialla luce, e di forma diversa. Avea tre corone di rami a foggia di cori; uno basso, uno medio, e poi un ultimo sul vertice. Eran circondati da tre cori angelici e sopra sulla cima posava un serafino intorno adombrato dalle ale sue. Avea uno scettro col quale accennava all'intorno. Il coro più alto riceveva strali ed effusione di -luce e di forza da Dio per mezzo di quel serafino, come pure rugiada celeste e vigore. Quel coro che trovavasi circa la media larghezza di quell'albero che portava ogni genere di fiori e di frutti, si dilatava dinanzi a quelli. Ambedue cotesti cori erano immobili, cioè a dire operavano ed agivano senza lasciare il loro posto, e comandavano al più basso coro angelico che circondava la parte inferiore dell'albero. Cotesti angeli erano mobili e portavano i frutti spirituali dell'albero verso innumerevoli giardini della loro specie, giacchè ogni frutto aveva il suo giardino in cui si divideva in molti altri secondo le sue varietà. Cote sto era l'albero universale che nasce da Dio; i giardini erano le diverse specie dei frutti derivanti dall'albero che proveniva da Dio. Giù sulla terra eranvi gli stessi frutti, ma guasti nel seno della natura caduta, e più o meno avvelenati; giacchè, a cagione di usi peccaminosi cui avean servito, erano caduti sotto l'influsso degli spiriti planetarii. In ognuno di quei singoli giardini vidi di bel nuovo nel centro un albero, che sui suoi rami portava i frutti di tutte le specie del suo genere, e che nuovamente si propa gavano all'intorno nelle loro singole varietà. Circa questi giardini vidi immagini della significazione ed essenza di ciò che era rappresentato ed espresso da coteste piante. Vidi il senso del loro nome nella lingua universale.
L'influenza dei santi sopra le piante era meravigliosa; sembrava come alcune di esse per mezzo dei santi fossero liberate dalla maledizione e dall'influsso degli spiriti planetarii, e poste in certe religiose relazioni con quei santi medesimi, divenissero farmaci e contravveleni in alcune malattie; e come effettivamente lo sono in queste basse regioni terrene in alcuni morbi, ch'io veggo sotto la forma di peccati che han preso corpo, così nei giardini celesti hanno efficacia, nel significato della loro forma contro mancanze e peccati ch'io lassù vedo sotto l'apparenza di malattie spirituali. In uno di cotesti giardini trovavasi una casuccia o tenda, che avea pure il suo proprio significato. Vidi pure api di una più alta qualità. Ne vidi di molto grosse e di piccole, colle loro membra aeree e come di luce, i piedi come strali, le ale come argento; non posso esprimerlo. In quei giardini di frutti e di fiori eranvi degli alveari per loro uso, ove lavoravano, e tutto era trasparente; e venni ammaestrata circa quelle api e il loro lavoro, e loro forma e significazione, tanto sotto il rapporto morale quanto fisico, ma l'ho dimenticato. Fui condotta in molti di quei giardini di frutti, ed ho vedute meraviglie le più straordinariamente gioconde; e tutto ho conosciuto e saputo prima che venissi disturbata. Così mi fu insegnato che la significazione del noce nella lingua universale e nella visione è quella di lotta e di persecuzione; ed è perciò che ne ho veduto sì spesso vegetare presso la Chiesa; io stessa ne ho raccolto alcuni e dati ad altri. Vidi pure intorno ai giardini dei noci moltissimi quadri di ogni sorta di lotte e di combattimenti a squadre intere, ed a singole coppie. Ne vidi fra gli altri due che si azzuffavano armati di verghe e niun dei due mai riusciva a vin cere l'altro, finchè l'uno gettò della sabbia negli occhi del nemico, e quindi ottenne il disopra. Quegli avea voluto appunto allora di nuovo alzarzi e lottare, ma gli convenne star sotto. Cotesto quadro era ridicolo, e quelle figure erano vestite come oggigiorno.
Mi furono rivelate pure nelle differenti specie di noci le varie specie di lotte e di contrasti, e mi fu detto che significasse quel duello. Mi fu pure insegnato come cotesto mistero della lotta, della persecuzione, della discordia, che è riposto nelle noci di quel giardino spirituale, dopo la caduta del primo uomo e per l'influenza del maligno nemico, sia divenuto il germe della lotta e dell'odio, ed il padre dell'assassinio. Io fu in ogni giardino trasportata entro una casetta e mi sentiva come ammalata, e mi fu sempre indicato come la specie e la misteriosa essenza dei frutti, colti sotto certe condizioni e benedizioni e misti con altri, divenissero molto salutari in tale o tal altro caso. Sciaguratamente non mi ricordo più che di alcuni frammenti. Per esempio: mi fu detto, e vidi anche perchè ciò debba essere, il motivo per cui si debbano nel giorno di S. Giovanni Battista pungere le noci sull'albero in forma di croce con una scheggia o con una spina, e lasciarle sospese ai rami, sinchè non vi abbia piovuto sopra; quindi debbano esser cotte e confettate nel miele, e divengano così un eccellente farmaco per uno stomaco indebolito. Mi furono per altro accennate alcune altre cose necessarie nel prepararle, ma le ho dimenticate. Vidi chiara e distinta l'intima cagione di tutto ciò; il che, secondo la limitata conoscenza umana, è per me stessa inconcepibile. Riseppi pure che l'olio di noce è dannoso (essa disse attossicato), e ne riseppi la cagione; e mi fu mostrato come divenga perfetto ed innocuo, se vi si faccia cuocere dentro un pezzo di pane, che ne assorbe interamente le parti venefiche.
Vidi una misteriosa relazione di ciò con S. Giovanni Battista. Quella puntura delle noci in forma di croce, lo esporle poi alla pioggia, ed il loro divenir utili e salutari allo stomaco, si riferisce alle opere preparatorie del Precursore ed al suo battesimo; il pane ha relazione col santissimo Sacramento, l'olio con la unzione e consecrazione sacerdotale. Per ciò poi che riguarda il danno proveniente dall'ombra di un noce, ne ebbi già per l'innanzi una sensazione materiale. Non mi fu mai possibile il rimanere all'ombra di un noce situato nel chiostro del nostro convento, ove altre tranquillamente lavoravano e lavavano. Io provava sempre una sensazione offensiva e soffocante stando sotto quell'ombra, e preferiva l'ardore dei raggi solari. Delle mele poi molto mi fu detto, e tutto precisamente ordinato così e distinto, e nelle sue varie relazioni, come delle noci. Vidi alcunchè di un pomo che avea sei granelli da seme rossi, uno dei quali sorbito nella conveniente maniera in certe malattie, potea guarire anche un moribondo. Vidi in un di quei giorni l'immagine di certi pomi che rassomigliavansi ai limoni, o che forse effettivamente lo erano. Vidi precisamente in Roma una santa ammalata che avea un pomo simile; credo che avesse avuto una visione circa quel pomo. Vidi che uno schiavo per causa di un delitto venne condotto in una spelonca ove erano velenosi serpenti, e che quella santa porse quel pomo al suo medico, onde lo desse a quello schiavo, ed ei potesse per quel mezzo risanare. Vidi pure che mangiando quel frutto costui guarì dai morsi dei serpenti, e venne condotto dinanzi all'imperatore. Vidi un caso simile con un pomo di quella specie che, cotto nel latte e nel miele, diveniva un salutare rimedio contro le febbri le più violenti; eravi in questo caso alcunchè di relativo ad una festa di Maria, credo che si trattasse della Concezione, come anche della storia della partecipazione di cotesto mistero. Vidi pure alcunchè dei fichi, ma non ne rammento più la concatenazione.
Erano un eccellente farmaco se venivano preparati insieme con un certo pomo; separati poi erano dannosi. Quel pomo però dovea nella preparazione predo minare ed esser preferito. Da quell'albero celeste sul quale io vidi, al disotto dei cori degli angeli, raccolti tutti i frutti spirituali, quel pomo e quei fichi pendevano gli uni accanto agli altri. Vidi anche molto circa il frutto dell'albero del peccato, ossia del bene e del male; cotesto albero su nel paradiso era per disotto molto largo ed aveva un'alta ed acuta cima. Dopo la caduta per altro ebbe la proprietà di seguire il suo impulso verso la terra. I rami si curvarono e s'impiantarono nel suolo, e rigermogliarono fuori in un nuovo tronco, i cui rami fecero lo stesso, talmentechè un albero solo ben presto formò un bosco di tutto fogliame. Ho veduto nelle calde contrade di Oriente molte genti vivere all'ombra di cotesti alberi. I rami principali di quell'albero non hanno ramificazione secondaria; le foglie sono grandi come un largo scudo da guerra; i frutti rimangono affatto nascosti fra le foglie; convien cercarli, e quindi si trovano sempre in numero di cinque raccolti in un grappolo. Sono agro-dolci e non hanno più buon gusto; sono gialli e venati di rosso come di sangue. Vidi pure un quadro circa le pesche. Vidi che in una contrada della loro prima patria, sono maledette e mortalmente venefiche.
Vidi che colà gli uomini per mezzo della magia preparavano con coteste pesche una bevanda male detta per eccitare alla lussuria, seppellendole nella terra, nel concime, e con ogni sorta di distillazione. Vidi che per quel mezzo cadevano nei più spaventevoli abominii, e che perciò quel frutto era stato maledetto, talmentechè coloro che ne mangiavano, ne divenivano furiosi e si uccidevano. Vidi dipoi che altri popoli innocenti penetravano in quella regione, e che i Persiani davano loro di cotesti frutti onde per essi venissero a soffrire danno ed a perdersi; ma per disposizione di Dio riuscirono loro affatto innocui. Vidi cotesti frutti portati anche all'estero onde cagionar danno, ma si mantenevano venefici soltanto nel luogo nativo. Ne vidi due specie; ed una vegeta costà in quei paesi sopra alberi che somigliano a salici con sottili tronchi. Fui anche in un giardino di ciriegi e vidi che le ciriêgie significano ingratitudine, adulterio, tradimento. Ciò ha relazione alla polpa dolce ed al nocciolo duro ed amaro. Dell'alloro vidi che un imperatore se ne faceva corona quando minacciava una tempesta, onde non essere colpito dal fulmine. Fui pure avvertita, anzi vidi da per me stessa, che le esala zioni di cotesto albero hanno forza e potenza contro i tem porali. Vidi in ciò una relazione colla santissima Vergine. Tutto ciò che vidi era chiaro e meraviglioso. Vidi il mi stero delle piante prima della caduta dell'uomo e della na tura con lui; e dopo la caduta vidi l'influenza degli spiriti planetarii sugli uomini, come pur sulle piante. Vidi molte proprietà segrete delle piante usate ed abusate nel paga nesimo, e le vidi per mezzo di Gesù e della sua Chiesa, in lotta contro gli spiriti planetarii, santificate e poste in re lazione con varii santi e differenti usi di santificazione. »
3. Nei mesi di agosto e di settembre 1821 era con gran premura e fatica occupata in campi di grano. Una volta disse così: « Sono molto stanca ed affatto abbattuta a cagion del grave lavoro in molti campi di cui conosceva i padroni. Devo seminare e poi lavorare coll'erpice, ma senza ca vallo e con un erpice senza manico. Eran campi di chiesa; alcuni avevano già grano; ad alcuni altri mancava tutto, e per questi dovea raccogliere seme dai campi migliori onde con esso coltivarli. »
Quindi ella descrisse tutte le forme di una grandiosa coltivazione dei campi e gli strumenti a ciò necessarii, ma con vocaboli di idioma basso tedesco, che il Pellegrino non poteva interpretare; e de scrisse inoltre tutte le insidie del nemico, che volea impe dirla dal lavoro.
« Mi ebbi da Satana un colpo così potente, che mi sembrò provenire come da una cazzuola di muratore, tal mentechè ne venni a gridare ad alta voce. Sul mattino tro vai la camicia aver penetrato nella lesione che quel colpo mi cagionò sotto la mia ferita del lato destro. Non si lasciò per altro traviare da veruna insidia del nemico, ma anzi senza esitare incominciò animosa un lavoro molto più grave. Dovea prender possesso di un certo numero di capanne e riempirle colle messi raccolte. La vastità del la voro non stava punto in proporzione col tempo in cui do vea venir compiuto; dovea con tanta rapidità mietere le spiche, che temeva dover soccombere; ciò nondimeno con dusse il lavoro a fine. Doveva mietere, rilegare, battere, empire i sacchi colle biade, metter da banda il grano da seme o ad altro uso destinato. Durante l'intero lavoro sen tivasi angosciata ed eccitata alla fretta, come dal timore di un temporale o di dannosa pioggia, che minacciasse di struggere l'intiera raccolta. L'opera venne a buon fine, ma era sì stanca che non potè raccontare l'intima significa zione della medesima. Disse soltanto: Vidi cader tante spiche fra quelle che non eran state mietute, che dovetti affrettarmi in aiuto ai mietitori. Vidi tutto in cotesto caso così distintamente, che riconobbi anche le genti, e la loro mancanza. Quel quadro mi forniva una rapida e chiara intelligenza di tutta la faccenda, perchè io conosco ogni lavoro della campagna, e l'ho io stessa esercitato sin dalla prima gioventù. Il mio lavoro era collegato con fervente orazione, e in quell'orazione mi accorgeva che altri soffri vano unitamente a me. Spesso sembravami come se man dassi loro il mio angelo per ottenerne la cooperazione. Ebbi per altro anche quadri dei trascurati, dei negligenti, dei paurosi, e degli indecisi, pei quali io doveva corrispondere e supplire. Vidi pur qua e là qualche amministrazione ecclesiastica vacillante ed inclinata verso la perdita; vacillante cioè ed esitante a sottoscrivere o non sottoscri scere alcunchè in buono o in cattivo senso, e a dare or dini; ed io doveva col mezzo della mia orazione costrin gerle a scegliere il giusto, a difendere il bene, a tra lasciare il male. Tutto ciò in quel momento apparivami sì chiaro e naturale, eppure adesso non posso più esprimerlo. »
4. Altre e del pari frequenti forme delle opere sue in orazione consistevano nel risarcimento e purificazione di ogni sorta di vestimenta ecclesiastiche. Talora era un gran bucato di biancheria che da tutte le parti della con trada veniva portato nella crociata del duomo di Münster, ove in mezzo ad infiniti disturbi dovea lavarla, stirarla, e ristaurarla, onde poter essere degnamente usata pel servizio divino, spesso dovca fare interamente nuove pianete, stole, manipoli. Cotesto lavoro (disse ella) è un'imma gine simbolica dell'orazione in pro del sacerdozio, e precisamente nell'istessa significazione ed azione che coteste vesti santificate hanno nella Chiesa e nel sacerdozio me desimo.
Una volta, dopochè ebbe compiuto un consimile lavoro di cucitura in mezzo a molteplici incrociati dolori, si ebbe un ammaestramento circa la di lei missione, e ne raccontò quanto segue: « Non posso meravigliarmi dei miei patimenti. Vidi un quadro indescrivibilmente vasto e grandioso tanto del peccato quanto della guarigione del medesimo per mezzo di Gesù, e dello stato del sacerdozio, e riconobbi come con mille e mille pene e stenti tutto debba essere risanato e riacconciato, onde rannodare e raddrizzare tutto il guasto, ruinato, perduto, lacerato, e riporlo in via di risarcimento e di salute. Ho veduto una incommensurabile concatenazione di quadri di ogni peccato e di ogni guarigione. Abbiso gnerei di un anno per raccontare il tutto, giacchè vidi tutti i misteri chiaramente e distintamente e li compresi; ma non posso esprimerli. Fui nella Magion delle nozze, e nelle sue innumerevoli camere vidi in simboliche rappresentazioni ogni sorta di colpe e di riabilitazioni.
Vidi i peccati dalla caduta degli angeli e da quella di Adamo sino al dì d'oggi, nelle loro innumerevoli ramificazioni; e vidi ad un tempo tutte le disposizioni e preparazioni della salute e della ristaurazione sino alla venuta di Gesù Cristo, sino alla sua morte in croce. Vidi la sua,forza trasmessa a sacerdoti circa il potere di guarire, e come ogni cristiano riceva la guarigione da Gesù. Vidi le mancanze e la decadenza del sacerdozio e le sue cagioni. Vidi i castighi che erano imminenti, e gli effetti dell'espiazione per mezzo dei patimenti in pro degli altri. Ebbi co nizione e sentii l'intreccio e la concatenazione delle colpe e dei castighi nell'intreccio e nella concatenazione dei miei proprii dolori. Vidi la ventura guerra, e molti pericoli ed ancor più minacciosi patimenti per me. Tutte coteste cognizioni e vedute delle più diverse specie nella storia, nella natura, e nei misteri del regno di Dio sulla terra, mi riuscivano chiari ed intelligibili nella più precisa e conse guente concatenazione, giacchè tutto mi fu illustrato e ri schiarato in opere, in lavori e disposizioni, siccome in parabole. Così i patimenti, la soddisfazione, i risarcimenti e riabilitazioni mi vennero mostrati in quadri simbolici, col l'arte e coi lavori del cucire. Ebbi innumerevoli lavori di cucitura di altri da racconciare, ed alcuni anche miei, che dovei di bel nuovo separare e quindi ricucire con spaven tevoli fatiche e stenti, e dovetti vedere tutte le perversità e malvagità da cui eran derivate coteste opere di sartorìa, e sopprimere gli scandali, e rimetterle in buono stato.Vidi nelle forme dei differenti oggetti di vestiario e nelle di verse specie di cucitura, negli ornamenti, e nelle trascuraggini, tutte le influenze e gli effetti interni ed esterni di tutti i peccati, e riconobbi nel lavoro intorno a cotesti oggetti, la destinazione e lo scopo dei patimenti spirituali e delle opere di orazione.
Riconobbi molti lavori fatti da individui del circolo delle mie antiche conoscenze già morte da lungo tempo; lavori che erano stati effettiva mente fatti, e che cotesti individui a me portavano per racconciarli. Anche alcuni lavori fatti di mia propria mano dovetti di bel nuovo riacconciare; esempligrazia una camicia che, secondo il desio pieno di vanità di una signora, io avea ricamata troppo riccamente, ed altre cose. Vidi benissimo tutti i miei lavori di cucitura in pro delle chiese e dei poveri. Andai in quella Magion delle nozze siccome a scuola, ed il mio Sposo mi spiegò tutto; tutto mi mostrò ciò che dal principio della caduta fu da lui di sposto e preparato per la riabilitazione. Ciò tutto ho veduto in grandi quadri ed immagini della Storia sacra, e come se quegli avvenimenti si compissero una seconda volta dinanzi ai miei occhi.
Ciò nondimeno sempre appa rivami come se tutto ciò io vedessi entro uno specchio, e che quello specchio fossi io medesima. «Il mio Sposo mi fe vedere la straordinaria mischianza ed interna impurità di tutte le cose, e mi dimostrò tutte le opere sue sin dal principio in pro della ristaurazione e del risarcimento. Nella caduta degli angeli vennero molti cattivi spiriti sulla terra e nell'aria, ed io vidi molte cose compenetrate ed ossesse in modi diversi dalla loro rabbia.
« Il primo uomo era un'immagine di Dio, era come il cielo; tutto era uno con lui ed in lui; la sua forma era un'impressione della forma divina; ei dovea possedere le creature e goderne, ma come date da Dio e con riconoscenza. Era per altro libero e quindi soggetto alla prova. Il paradiso terrestre e tutto ciò che lo circondava era la completa immagine di un consimile regno di Dio, e così era anche l'albero della scienza, il cui frutto e il suo effetto non dovea penetrare nell'uomo, giacchè per mezzo di questo l'uomo diveniva un essere in sè stesso indipen dente e da sè stesso creante, e quindi usciva da Dio ed entrava in sè stesso; talmentechè tutte quelle cose che sono infinite venivano ad esser racchiuse ed imprigionate in lui finito. Non posso esprimere tutto ciò come lo vidi. Per ciò gli fu proibito di mangiare dei frutti di quell'albero. Al principio tutto era uguale e piano. Allorchè quella luminosa collinetta su cui Adamo stava nel paradiso, venne a sorgere ed elevarsi, ed allorchè quella candida valle fiorente in cui vidi star Eva, cominciò ad approfondarsi, già si accostava il perverso nemico. Dopo la caduta essi mutarono.
Tutte le forme della creazione una, divennero separatamente creanti e per loro stesse disseminanti e segreganti; tutto ciò che era uno cessò dall'esserlo; dall'uno uscirono molti, e non attinsero più soltanto da Dio, ma altresì da loro stessi. Allora furono per la prima volta due e poi divennero tre, e finalmente un numero infinito. Poi chè aveano voluto essere come Iddio, cioè come tutto in uno, divennero invece un numero infinito, e una separazione da Dio ripetentesi in infinite separazioni. Erano immagini di Dio e divennero invece allora immagini di loro stessi, che poi produssero immagini del loro peccato. Essi caddero allora in relazione colla sfera degli angeli caduti; ricevettero ed attinsero da loro stessi e dalla terra, mentre e con loro e colla terra gli angioli caduti aveano relazione. E dall'infinita commistione e dissipamento degli uomini fra loro stessi e colla natura caduta, ne venne a nascere un'infinita moltiplicità di peccati, di colpe, e di miserie.
Il mio Sposo mi mostrò tutto ciò chiaramente, distintamente, ed intelligibilmente; più chiaro assai che non veggonsi gli avvenimenti della vita giornaliera. Ed io allora opinava che un bambino potrebbe capirli, e adesso non posso più rappresentarli od esprimerli. Il mio Sposo mi mostrò il disegno e le vie del riscatto e della salva zione sin dal principio, e tutto ciò che egli ha fatto. In tesi pure che non era perfettamente giusto il dire che Iddio non avrebbe avuto bisogno di farsi uomo e di morire per noi sulla croce, potendo egli fare altrimenti colla sua onnipotenza.
Vidi che egli ciò fece per infinita perfezione e misericordia e giustizia; giacchè, in vero, non havvi dovere in Dio, ma egli fece quel che fece, ed è quel che è. Vidi Melchisedech siccome un angelo e immagine simbolica di Gesù come sacerdote sulla terra; in quanto che il sacerdozio è in Dio, così egli era un sacerdote dell'ordine eterno siccome angelo. Vidi le sue preparazioni, fondazioni, costruzioni, separazioni delle varie famiglie umane, ed i suoi avviamenti.
Ho veduto anche Enoch e Noè nella loro significazione simbolica e nelle loro opere, ed accanto a tutto ciò ho veduto agire ed operare il regno dell'inferno e le apparenze mille volte variate, e gli effetti d'una terrena, carnale, diabolica idolatria; e quindi ho veduto da per tutto certe forme consimili fra loro, ma pestifere,seducenti, e adducenti a sempre maggiore e continua di spersione e discordia, consimili per altro fra loro per se greta ed intima necessità.
Così io vidi tutti i peccati e tutte le preparazioni, simboli, e primordii del risorgimento, che secondo la loro specie erano immagini delle forze di Dio, come l'uomo medesimo era immagine di Dio. Così mi fu mostrato il tutto da Abramo a Mosè e da Mosè ai profeti, e sempre in correlazione ed in quadri di similitudine con ciò che è avvenuto ed avviene nel nostro mondo contemporaneo. E qui esempligrazia, mi fu data la spiegazione del perchè i sacerdoti più non aiutino e non guariscano, e del perchè ciò loro più non riesca, o almeno sì diversamente dal passato. Cotesto dono e potere nel sacerdozio mi fu mostrato nei profeti, e mi fu spiegata la cagione delle sue forme.
Vidi, per esempio, la storia del come Eliseo desse la sua verga a Giezi, onde egli la de ponesse sul morto fanciullo della donna di Sunam. In cotesta verga era riposta in modo mistico la forza e la missione di Eliseo. Era come il suo braccio, o come la conti nuazione di quello. E qui vidi l'intima cagione e significanza della verga pastorale dei vescovi, e dello scettro dei re, e della loro potenza, purchè sien da entrambi portati con quella fede che in certo modo li rilega con chi li ha inviati, e li separa dagli altri.
Giezi per altro non avea assai fede, e la madre del morto fanciullo credeva poter ottenere aiuto dal solo Eliseo, e quindi fra la potenza di Eliseo, derivante da Dio, e la di lui verga, eransi frapposti dubbi nati da presunzione umana, e quella verga non guarì. Vidi però Eliseo distendersi su quel fanciullo mano con mano, bocca con bocca, petto con petto, ed orare, e l'anima di quel fanciullo rientrare nel suo corpo.
Ebbi pure spiegazione di cotesta forma di guarigione, e delle di lei relazioni simboliche colla morte di Gesù. In Eliseo per mezzo della fede e per dono di Dio, eransi in pro degli uomini aperte tutte le porte della grazia e della riconciliazione, già chiuse dopo il peccato di Adamo; e queste erano il capo, il petto, le mani e i piedi. Ed egli si distese siccome una vivente simbolica croce, sopra la morta e chiusa croce della forma di quel fanciullo; e per mezzo dell'orazione e della sua fede fece scorrere in lui di nuovo la vita e la salute; e così espiò e cancellò i peccati dei genitori commessi da loro colla testa, col cuore, colle mani e coi piedi, e coi quali avean comunicato la morte al fanciullo.
Nel vedere cotesti quadri, vidi pur sempre per contrapposizione la morte in croce e le piaghe di Gesù e come in ciò vi fosse crescente somiglianza ed armonia. Dopo la morte in croce di Gesù, vidi poi cotesto dono di ristabilimento e guarigione venire in piena misura concesso al sacerdozio della sua Chiesa; ed in quanto in lui vi viamo ed in lui siamo crocifissi, sono in noi aperte le porte di grazia delle sue sante piaghe.
Riseppi pur molto circa la imposizione delle mani, ed anche sugli effetti delle be nedizioni, e sull'azione della mano a distanza, ed anche ciò mi fu dimostrato coll'esempio della verga di Eliseo. Come poi i sacerdoti di oggigiorno così raramente guariscano e producano effetti di benedizione, mi fu dimostrato in un esempio derivante dalla somiglianza simbolica in cui si fondano tutti cotesti effetti. Vidi tre diversi pittori che imprimevano figure sulla cera. L'uno di essi avea cera bella e bianca, ed era egli stesso avveduto ed abile; ma avea la testa piena di sè medesimo e non aveva punto in sè stesso impressa l'immagine di Cristo, e quindi la sua immagine non valeva nulla.
Un altro aveva cera pallida ed era indolente ed ostinato. Un altro era mal destro e la vorava con molta goffaggine, ma con diligenza e semplicità, sopra una cera gialla e comune, ed il suo lavoro riuscì ottimo e di parlante somiglianza, quantunque con rozzi lineamenti operato. Così anche vidi io sacerdoti eleganti parlatori, orgogliosi per sapienza mondana, non riuscire ad operare cosa alcuna; e ne vidi altri, poveri e semplici, continuare soli nella loro semplicità colle opere la potenza del sacerdozio nel benedire e nel guarire.
« In tutto ciò ch'io vedeva sembravami di andare nella Magion delle nozze come a scuola, ed il mio Sposo mi mostrò come egli dal suo concepimento sino alla sua morte avesse sempre sofferto, e sempre riconciliato e soddisfatto. Ed io ciò vidi in puri e soli quadri della sua vita. E vidi pure come per mezzo dell'orazione e dell'offerta di patimenti in pro di altrui, più di un'anima che affatto nulla ha lavorato su questa terra, possa nell'ora della morte venire indotta a conversione e salvata. Vidi pure che gli Apostoli furono inviati nella mag gior parte della terra, per infranger dappertutto la po tenza di Satana ed apportare la benedizione; e che quelle contrade ove essi operavano, eran quelle precisamente più infette dal nemico. Vidi però che Gesù colla sua perfetta soddisfazione verso Iddio, ha guadagnata e perpetuamente fondata cotesta potenza nei sacerdoti che riceveano ed ancora ricevono il suo santo spirito.
E mi fu mostrato come cotesto dono di sottrarre per mezzo della sacerdotale potenza e benedizione la terra e ciò che l'avvicina alla potenza di Satana, è designata in quelle espressioni: Voi siete il sale della terra. E che appunto perciò anche il sale è un ingrediente dell'acqua consacrata o benedetta. Che poi quelle contrade non abbian persistito nel Cristia nesimo, e che anche adesso sieno come incolte, vidi che de rivava da una saggia previdenza. Dovevano essere sol tanto benedette ed ingrassate per l'avvenire; e adesso sono incolte, affinchè di bel nuovo seminate producano magnifici frutti, quando le altre saranno di bel nuovo inselvatichite.
Vidi pure che Davide antiveggendo comprese il processo e lo sviluppo della Redenzione; ma non così Salomone, il quale troppo si compiaceva nella sua sapienza; conobbi pure che anche molti profeti, e specialmente Ma lachia, conoscevano il mistero del Cristianesimo, e vidi in numerevoli altre cose. E tutto era intimamente concate nato, ed una cosa era natural conseguenza dell'altra. Mentre così veniva ammaestrata, vidi ancora circa venti altri in dividui semoventesi, o giacenti in diverse situazioni e cir costanze, ma da me lontani ed in luoghi svariatissimi, e fra loro più donne che uomini, che sembravauo aver parte allo stesso ammaestramento. Vidi come degli strali di partecipazioni e rivelazioni venire e giungere sino a loro, derivando dal ciclo di queste meravigliose rappresen tanze; ma ognuno riceveva quegli strali di partecipazione in modo diverso. Avrei volentieri con loro parlato, ma non poteva accostarmi ai luoghi ove erano ! Pensai entro me stessa: vorrei pur sapere se tutto ciò è da essi ricevuto puramente e senza miscuglio alcuno. Ma vidi pur troppo che tutti lo turbavano in qualche sua piccola parte, e pensai: Io per altro non vi mescolo la minima cosa.
Allora subitaneamente venne a me una defunta donna assai grossa e mi recò una camicia da lei cucita. Intorno al collo ed alle braccia era bellamente cucita, ma nel resto molto ne gletta e mal lavorata. Allora pensai subito; vedi un poco che lavorono, così male io non lavoro di certo! Ed ecco che tosto sentii che anch'io mescolava, che era vana, e che precisamente quel bel lavoro ben contornato ed interna mente malfatto, era un quadro simbolico del modo in cui io riceveva cotesti ammaestramenti. Questo mi conturbò. Del resto vidi pure in cotesto gran quadro ed a suo luogo, che il servizio cerimonioso della vita carnale del mondo viene colla più alta scrupolosità esercitato, e che la male dizione, i perversi scongiuri, ed i miracoli nel regno di Satana, il culto della natura, la superstizione, la magia, il magnetismo, la sapienza e l'arte mondana, e tutti i mezzi di imbellettare la morte, di ornare il peccato, e di addormentare la coscienza, vengono con severa e superstiziosa osservanza esercitati da coloro medesimi che pretendono e vogliano trovare nei misteri della Chiesa cattolica pure forme di superstizione, forme che potrebbero, secondo loro, essere benissimo sostituite in qualsiasi altra maniera; ed intanto coteste genti colla maggior coscienziosa esat tezza conducono la vita loro e tutti i loro mondani affari nelle forme che esattamente vi corrispondono, in modo tale che soltanto il regno di Dio divenuto uomo viene ad essere negletto. E vidi pure il servizio del mondo perfet tamente esercitato, ma il servizio di Dio sì spesso scan dalosamente trascurato ! Oh ! quando le anime una volta esigeranno i loro diritti da quel clero, che per trascuranza e indifferenza ha dissipato cotanto di ciò che loro appar teneva, ne nascerà certo un terribile spavento. »
5. Più si approssimava il fine dell'anno ecclesiastico, e più frequenti e penose divenivano quelle opere di orazione che Anna Caterina, prima del termine di quel sacro tempo, doveva compire in tutte quelle forme sotto le quali avea per tutto l'anno operato. Il carattere del soddisfaci mento, della restituzione del perduto, del richiamo del trascurato, il raccoglimento del prodigato, il risarcimento e la ristaurazione del distrutto, in una parola, l'espiatorio compenso di ogni mancanza si produsse e ?i fece travedere nelle aumentate pene e stenti dei lavori, e dello stato di patimento che quei lavori accompagnava, e ciò allora avvenne appunto perchè un intero preciso periodo di tempo si accostava al suo fine; e divennero quei dolori molto più intensi di prima, giacchè ella doveva soddisfare e compen sare anche per suo proprio conto il malo uso e la perdita del tempo, e non soltanto per quei mezzi messi in di lei potere in pro dell'eterna salute di tanti.
Niun bene creato - viene mai sì bassamente apprezzato e con tanta leggerezza dissipato dalla parte infinitamente più numerosa dei mortali, quanto quei fuggitivi incompensabili momenti della corta vita terrena, nei quali dovrebbesi guadagnare l'eternità; ed è perciò che Anna Caterina dovea grave mente espiare la cecità di innumerevoli individui, che forse senza il di lei aiuto non sarebbero mai giunti allo scopo. Un quadro simbolico delle ricche benedizioni che dalle di lei opere di orazione derivavano in pro dei bisognosi, ci si appresenta nelle seguenti partecipazioni: « Nella trascorsa notte fui nella Magion delle nozze. Vi trovai tre vacche ritrose e che davan di corna; io dovetti mungerle. Quindi ebbi a spremere in un largo vaso e con grave stento del latte dallo stesso mio volto, dalle mie mani e dai piedi, ed anche dal mio costato, e ciò per l'uso e vantaggio di molti. Mi fu allora detto: Costoro hanno dissipato e gettato via i loro doni, ed ora mancano di tutto; tu poi hai tanto raccolto dalla Chiesa, che puoi compensar loro il perduto... Venni di nuovo colla mia Guida nella Magion delle nozze e dovei mungere le tre vacche. Allora eran divenute dolci e belle, e il loro strame era sì mondo che si sarebbe potuto dormirvi sopra. Munsi per la prima quella di mezzo e poi altre due, ed ottenni tre grandi vasi pieni di latte, che dovetti portar fuori sopra una piazza, ove il latte veniva misurato da alcuni sacerdoti in piccoli vasi, che venivano venduti e pagati. Ne presero molte e molte persone, sacerdoti, maestri e maestre. Quel latte si propagò e si diffuse fuori della Magione. Domandai pure alla mia Guida perchè mai alcun latte non restasse in casa, e perchè dovessi sempre mungere. Me ne ebbi in risposta ch'io non doveva domandare, ma piuttosto fare ciò che mi veniva commesso. Io doveva servire, e rammentarmi Isacco, cui Abramo nemmeno rispose quando ei gli domandò dove fosse la vittima. Quel latte che ho munto vien diviso, giacchè il sesso femmineo non porta frutto alcuno; perciò non è disposto e preparato.
Esso raccoglie soltanto, custodisce, conserva ed ha cura. I frutti ed il lavoro vengono distribuiti e diffusi dal sacerdozio. Quindi tu devi mungere e non domandare. I sacerdoti lo impiegano e per mezzo loro fruttifica... Mi fu condotta anche una vacca magra in sì misero stato, ch'io mi credeva dovesse cadere. Restò presso di me e non volle più da me al lontanarsi; io non sapeva da che cominciare. Supplicai Maria, che mi comparve e mi disse: Devi prender sopra di te la cura di questo animale. La magrezza di questa vacca proviene dal che il di lei guardiano che ha il dovere di la vorare per lei, di fare per lei pregare, non vuole a ciò in vitare gli altri. Mi disse pure come e con che dovesse essere alimentata, e ciò consisteva in pura orazione, svariati dolori, mortificazioni, resistenze alle proprie inclinazioni, elemosine e cose simili; il che tutto mi fu rappresentato sotto la forma di molteplici erbe e frutti. Ebbi pure una notte sì ripiena di patimenti cagionati dalla colica ed altri dolori, che dovetti piangere. Infine perdei i sensi per cotante pene; e fui costretta a prendere in aiuto olio bene detto, che mi arrecò mitigazione...
« Ebbi di bel nuovo molto da fare nella stalla della Magion delle nozze colle vacche, che dovetti nettare e gover nare. Avea i piedi scalzi e provava ribrezzo per le brutture e il sudiciume. Dovea passare tanto per le strette, che più d'una volta rimasi come sospesa a quelle vacche. Non mi fecero male alcuno. Avea molte altre anime che mi aiutavano. La Madre di Dio è per altro colei che in casi simili sempre dà consiglio ed ammonimento. Essa mi indicava quella o quell'altra vacca. Mi indicò pure certe amare radici per una vacca che era troppo grassa. Oggi non ho avuto da mungere, ma tutte quelle erbe dovettero essere raccolte a grande stento, fra sassi e spine, e a piedi nudi, e tutto dovea farsi con patimenti e con carità. La Madre di Dio sempre mostravasi alle mie preghiere sic come un'apparizione librata nell'aere. Essa è bella, è can dida come neve; il di lei vestimento leggero non è ri stretto da alcuna cintura, e dall'alto sino al basso consiste in puri raggi di luce ed in larghe pieghe; quantunque non possa in lei riconoscersi alcuna forma corporea, è per altro una nobile figura soprannaturale...
« Venni nella vigna della Magion delle nozze, e trovai tutti quei fanciulli, pei quali ho lavorato e che ho vestiti, intrecciati e come innestati nelle viti, e con essi vegetati e cresciuti. I maschi erano attortigliati per sopra ai varii nodi dei tralci, ai cui rami dilatati colle mani e coi piedi si rilegavano, tenendo le braccia aperte in croce; dal loro corpo vegetavano nuovi tralci, da cui pendevano grappoli. Dalle femmine non vegetavano grappoli, ma grosse spighe di grano. Costà ebbi grave lavoro; giacchè alle spi ghe ed ai grappoli del vino eransi intralciate due diverse specie di male erbe, di quelle che il Signore ammonì un tempo in Sicar le genti della nozza di por mente a strap parle nel coltivare i campi e le vigne. Dalle viti si possono bensì agevolmente strappare quelle erbe, ma dal frumento è cosa assai difficile. Io presi quindi le spighe che quelle fanciullette mi porgevano, stropicciai i granelli colle mani e li recai a macinare sotto una pietra. La farina che mi parve essere troppo grossolana, la stiacciai per un velo sot tile, e la portai unitamente ad una intera botte di vino da me spremuto dai grappoli, nella sagrestia della chiesa. Mi fu anche detto che significassero le viti con quei bam bini; ma nei miei dolori ho di nuovo tutto dimenti cato. Vidi allora uscire dalla vigna persone claustrali e andarsi a raccogliere in conventi di ordini religiosi. Fra loro ne riconobbi tali, a cui io avea fatto vestiti, e che avea preparati alla scuoia, alla confessione, alla Comunione. Quelle fanciullette che mi avevano porto le spiche per macinarle e prepararne il pane, divennero monache; i giovanetti che portavano i grappoli in chiesa, onde, come il pane si trasforma nel corpo, così il vino si trasformasse nel sangue del Signore, divennero sacerdoti. Il frumento è più pesante e terrestre, e significa nutrimento, esso è carne; -il vino è spirito, è sangue. Mentre essa ciò raccontava, parlò pure dei gravi pericoli della Chiesa, e provocò il Pellegrino a cooperar seco lavorando, per mezzo dell'ora zione, delle vittorie interne sopra sè medesimo, e della mortificazione. Lo esortò a lottare per divenire migliore e lo avvertì: - Spesso non posso venire sin presso al Pel legrino, son ritenuta indietro, l'anima mia non può a lui approssimarsi. Ciò proviene unicamente dai nostri peccati. ? Quando più tardi io venni di nuovo nella Magione delle Nozze, trovai in due sale dei giovani e delle giova nette, che dovevano fare ingresso in ordini diversi. Erano quei fanciulli delle viti, che per altro erano già stati rim piazzati da altri. In ambedue le sale vidi l'apparizione della Madre di Dio sopra un trono. Quei due spazii erano pure ripieni dei più magnifici e luminosi frutti celesti; spa rirono insieme ai futuri religiosi e religiose dalla Magione e si diffusero per tutta la Chiesa. Quei fanciulli intralciati dalle viti sono tutti coloro che in tutta la mia vita sin quì ho vestiti e diretti. »
6. Tutti cotesti lavori, come già fu osservato, erano ac compagnati dalle più severe e molteplici pene corporee. « Ora corre un sacro tempo (così esprimevasi talvolta, cercando di consolarsi ), il nuovo anno ecclesiastico si approssima, e nel vecchio vi è ancora molto di negletto e di ritardato, che deve essere scontato con patimenti. Ho preso sulle mie spalle troppo lavoro, e quindi debbo patire.Sovente sentivasi vicina a morte; e quando una volta provò presso il cuore e nello stomaco un freddo glaciale, e pregò la sorella di porgerle un caldo pannolino, costei le pose sullo stomaco un pannolino inzuppato in vino caldo, dal che fu provocato un tormentoso vomito. Ai 27 di novembre si risvegliò dall'estasi con un acuto grido di dolore, e dalla ferita del costato sgorgò all'improvviso sangue abbondante. « Vidi ( narrò essa) su in alto una forma luminosa sospesa al disopra di me, che mi inviava luminosi strali. Essi terminavano in un'acuta freccia che mi trapassò il costato, talmentechè dovetti gridar per do lore. Ho sempre in questi giorni un duplice quadro della Chiesa dinanzi agli occhi. La veggo sempre siccome una celeste e perfetta Chiesa situata sopra un monte di pietre preziose, ed in essa veggo raccolti santi pastori ed angeli, che sopra certe tavole e rotoli vanno facendo conti. E sembra come se conteggiassero circa un'altra Chiesa ter rena situata al disotto di loro, vale a dire circa le colpe e le mancanze dei fedeli e di tutti gli stati ecclesiastici, mancanze che si scontrano in ogni angolo e in ogni lato. Veggo pure in un quadro innumerevoli colpe e negligenze di tutti i doveri cui i pastori non soddisfanno verso il loro gregge. Veggo genti che si accostano alla Comunione mal preparate. Ne veggo altre mal consolate e mal dirette nel confessionale. Veggo sacerdoti negligenti, sucidi addobbi e utensili di altare, infermi non confortati, individui che troppo tardi ricevono il Viatico, malcurate e neglette reli quie, e cose simili. Ed allora mi sento presa da vivo desìo di aiutare, e prego Iddio di voler soddisfare la sua giusti zia sopra di me, e di compensare colla mia buona volontà della Chiesa, le mancanze di altri deboli membri del corpoe quindi riunisco i miei dolori coi patimenti inesauribil mente soddisfacenti di Gesù, e veggo come per mezzo degli angeli e dei santi vengano cancellate le colpe, e come per vie straordinarie tutto venga di nuovo restau rato per servizio del Signore ed a salute delle anime ne glette... La Madre di Dio ha distribuito cotesto lavoro fra sette persone, la maggior parte donne. Ho visto fra loro la stimmatizzata di Cagliari e la Rosa Maria Serra, ed altre che non posso nominare; un francescano nel Ti rolo, ed un sacerdote in una casa ecclesiastica situata fra i monti, il quale soffre indescrivibilmente per cagione dei falli commessi in seno della Chiesa. Mi ebbi anch'io la mia parte, e seppi perchè fossero tutti i miei dolori, e vidi sem pre quel che faceva quando soffriva. Debbo per altro sof frire ancor tutta questa settimana. »
2 Dicembre. Essa è rimasta fino alle ore pomeridiane di oggi (riferisce il Pellegrino) in uno stato di indescrivi bile patimento. Dalla testa sino ai piedi era tutta compe netrata di dolori, ed inoltre le di lei mani erano fredde come ghiaccio. Aveva sembianza di una persona morta sotto la tortura. I dolori del capo erano potentissimi, e pativa con ineffabile pazienza ed amore. Potè manifestare ben poco. Disse: - Nella trascorsa notte ho veduto santa Bibiana, che non mi ha dato aiuto; ma la di lei bontà e tutti i suoi patimenti ch'io vidi, dovevano fortificarmi nei miei. Ebbi pure un quadro di infinite specie di tormenti, e vidi i santi martiri fabbricare con tutti gli strumenti di martirio un'alta e maravigliosa torre, ed in vetta di quella vidi apparire la Croce. Vidi tutti i martiri circondare co testo trofeo, e al disopra degli altri la santissima Vergine Maria. Vidi anche coloro che hanno sofferto come me, ed anche quelli che ora sul fine dell'anno ecclesiastico sono occupati meco in simili lavori. Vidi pure me stessa e mi sentii dall'alto in basso trafitta da spine. Ho continua mente la visione delle due Chiese, e ritengo di aver lavo rato per tre luoghi ove tutto mancava. Alla fine ho do vuto raccogliere miele dai cardi, e questo era un difficile ed amaro lavoro; principiai da racccogliere fichi dalle spine, e finii col raccogliere miele dai cardi. Nella grossa e matura testa del cardo racchiudesi in mezzo ai semi un piccolo e pallido vermiciattolo, di gran potenza e valore contro la febbre e reumatismi, e specialmente contro gl'in guaribili dolori delle orecchie. Ai bambini conviene legarlo intorno ai polsi delle mani; i grandi lo trangugiano.
« Già per l'innanzi avea una volta fatto menzione di cotesto verme. Disse che era solitario, e non si trovava in tutti i cardi. « Verso sera la lasciarono quei dolori che da otto giorni erano cominciati in quell'ora medesima. Quasi come sve nuta venne per corti momenti in leggiero sopore, ed avea in ciò una sembianza estremamente dolce e di grazia in fantile, gioconda. Quando le fu porta acqua da bere, la ri fiutò e disse sorridendo: Non oso inaffiare la mia pena coll'acqua, altrimenti ritornerà e vegeterà di nuovo. Veggo appunto che se ne va adesso.
3 Dicembre: « È ancora molto stanca, e tormentata da cure domestiche; ciò nondimeno ha raccontato un quadro simbolico veduto nella notte, e relativo alla Chiusa dell'anno ecclesiastico.
7. « Ho veduto un gran quadro del saldo dei conti di quest'anno fra la Chiesa celeste e la terrena. Ho veduto la Chiesa celeste non già come un edifizio, ma bensì come un compendio ed una riunione di apparizioni. Vidi sopra la santissima Trinità, e tutto da lei scaturente. Gesù stava alla dritta. Anche Maria stava più bassa. Sulla sinistra vidi i cori dei martiri e dei santi. Intorno a Gesù vidi tutti gli strumenti della sua Passione. E poi vidi tutta la sua vita, insegnamento e passione, in una serie di quadri sus seguenti l'uno all'altro, ed in vero tutti quelli avvenimenti che in sè contengono i misteri della misericordia di Dio e gli atti della nostra redenzione, e sono i fondamenti delle solennità della Chiesa militante. Vidi coll'aiuto di cotesti quadri, nella Chiesa trionfante le fondamenta e l'eterna sorgente di grazia di tutti i principali momenti della liberatrice vita terrena di Gesù, siccome eternamente per noi e verso di noi scorrente e per noi refrigerante, mentre la Chiesa militante nelle sue solennità festeggiando quei mo menti, misteriosamente li riassume e ne rende grazie, e col mezzo del sacrifizio e col ricevere il santissimo Sacra mento li rinnova in pro della comunità dei fedeli.
Vidi coteste correnti di grazia e tutti cotesti sacri effetti derivare dalla santissima Trinità e dalla Passione di Cristo in modo infinito ed espandersi sopra il tutto. Vidi pure il grande risultamento del viaggio di Gesù nell'Arabia prima della sua Passione, e vidi come ei dicesse alle genti dei tre re, che alcuni verrebbero e li battezzerebbero, e come egli loro indicasse una contrada ove doveano raccogliersi e di venirvi un popolo. Sembrava che loro indicasse un paese ove troverebbero bentosto sacerdoti e maestri. Vidi pure con uno sguardo la loro posteriore emigrazione diretta fra il meriggio e l'occaso, non già l'emigrazione di un popolo intero, ma piuttosto quella di un centinaio di uomini, e anche questa divisa in singole squadre. Essi portavano seco i corpi dei loro re estinti, racchiusi in casse e che io vidi distintamente. Erano ancora coperti di pelle e vestiti affatto secondo la loro antica foggia. Poteano vedersi le mani ed i piedi, il loro vestiario era bianco. Vidi anche le donne seguire cotesti arabi, ma più tardi, e dopochè gli uomini ebbero fondato una nuova patria. Li vidi crescere e formare un popolo, e vidi fra loro un vescovo, che prima era un orefice. Cotesto vescovo molto in loro si compia ceva giacchè con tanta gioia ricevevano tutti gli insegna menti, e tanto si distinguevano fra gli altri abitanti di quelle contrade. Potei benissimo distinguere ancora i di scendenti di quelle varie tribù che inviarono la mirra, l'incenso, e l'oro.
« Vidi inoltre tutte le solennità ecclesiastiche dei mi steri della vita di Gesù sino alla discesa dello Spirito Santo, e riseppi che in questi giorni la Chiesa, siccome giunta al punto del rinnovamento del ciclo dei suoi lavori, riceve in tutti i suoi puri e preparati membri lo Spirito Santo, purchè ne supplichino ferventemente; e che ognuno che per amore e zelo desidera di compensare ciò che potrebbe impedire o distornare il ricevimento universale di questo santo Spirito, e che sopporta per amore di Gesù patimenti, e che riunendoli ai di lui meriti li offre in pro della Chiesa per quest'oggetto, costui può invocare per sè il torrente della grazia e dei lumi del Santo Spirito, per quanto vale il suo amore ed il sacrifizio di sè stesso in unione al gran sacrifizio di Gesù.
Dipoi vidi la trasfusione dello Spirito Santo nelle opere degli apostoli, dei discepoli, dei martiri e di tutti i santi, e vidi come essi per amor di Gesù soffrissero in Gesù e nel suo corpo la Chiesa, e così divenissero viventi arterie del torrente di grazia della sua espiatoria Passione; anzi, siccome essi soffrivano in Gesù, così Gesù soffriva in loro, e da Gesù deri vava quel merito che essi poi deponevano in grembo della Chiesa. Vidi qual moltitudine di conversioni avvenisse per mezzo dei martiri; erano come canali scavati dai do lori, che trasportavano il sangue vivente della redenzione in mille cuori. Vidi pure tutti i quadri di martirio, d'insegnamento, di orazione e di penitenza, che appariscono su nella Chiesa celeste, siccome l'essenza delle molteplici grazie ecclesiastiche che contano in pro e vantaggio della Chiesa militante, e che vengono rinnovate o prese in possesso nei giorni solenni della festa dei varii santi. Vidi il compendio dei loro patimenti in quadri, e vidi i loro effetti temporali e l'eternità della loro essenza e del loro merito nella Passione di Gesù, e i loro eterni effetti nella Chiesa, e ciò in vero per mezzo delle colleganti arterie della so lennità, della viva fede, della orazione, della pietà, e delle buone opere.
Vidi quali ineffabili tesori e grazie possegga la Chiesa, e come alcuni membri ne facciano mal governo. Ciò avviene come se un magnifico giardino stesse sopra una contrada desolata e deserta e lasciasse cadere i tesori della sua felicità a mille a mille, e che niuno al disotto li ricevesse, talmentechè quei campi rimanessero deserti e quei tesori andassero dispersi e perduti. Vidi la Chiesa terrena, cioè la terrena comunità dei fedeli, la greggia di Gesù Cristo nel suo temporaneo stato sulla terra, affatto oscura ed abbandonata; e come là in alto io aveva veduto il perfetto ciclo annuale della partecipazione delle grazie, così qui nel basso vidi la pigrizia, l'incredulità e l'empietà nel riceverle. Tutto venìa festeggiato in modo talmente sonnolento, pigro e leggiero, che le grazie che in queste solennità avrebbero dovuto essere ricevute e raccolte, cadevano sperse sul suolo, e molti tesori della Chiesa si mu tavano in debiti. Vidi tutto ciò in modo universale ed in quadri innumerevoli. Vidi anche che tutte coteste negli genze dovevano essere espiate per mezzo di dolori, giacchè senza di ciò la Chiesa militante non potrebbe in questo anno saldare i conti colla trionfante, e dovrebbe ancor più scadere. Vidi per altro come la santissima Vergine avesse cura di cotesto pareggio, ed in ciò consisteva quel lavoro che nel giorno di santa Caterina io avea intrapreso nella Magion delle nozze sotto la direzione della santissima Vergine, e che si effettuava sotto la forma di una penosa raccolta di ogni sorta di erbe e di difficili preparativi, come pure innumerevoli quadri simbolici di lavamenti di chiese, ed astersioni, e purificazioni.
Ciò è difficile a descriversi, perchè la natura intera e gli uomini sono talmente caduti e in uno stato talmente angusto e limitato, che i quadri nei quali io realmente compio alcunchè di essenziale, ed in cui anche comprendo senza alcuna meraviglia quello che faccio, tostochè mi trovo desta nello stato naturale, mi rie scono ugualmente strani come lo riuscirebbero a tutti gli altri individui che sempre sono desti. Così, esempligrazia, debbo colle mie mani spremere miele dai cardi, e debbo portare cotesto miele alla santissima Vergine, in pareggio dei conti della Chiesa; ed essa se ne serve di nuovo per cucinare, e lo fa entrare in più alto stato di preparazione, in quella vivanda che ne mancava. Ciò per altro si gnifica che durante l'anno ecclesiastico dai membri della Chiesa molto è stato trascurato, perduto, e mal prodigato di quella grazia di Dio, la quale avrebbe dovuto essere con diligenza nelle molte e varie forme del suo amore raccolta e preparata come refrigerante e dolce cibo; e che molte anime, che avrebbero avuto bisogno di cotesta grazia così preparata, ne sono venute per mancanza a languire e a desolarsi.
Il Signore ha per altro a questo scopo elargito ogni ricchezza della Chiesa trionfante, e la militante deve riconoscerlo con gratitudine, e compensare quei doni con gli interessi e l'usura. Quindi le mancava nel pareggio dei conti dell'impiego e dell'amministrazione dei tesori della Chiesa trionfante cotanto miele, poichè quella grazia pro veniente da Dio corrispondeva spiritualmente a ciò che è il miele nel mondo corporeo, e cotesto miele dovea essere compensato. Ciò che per altro nella stagione dei fiori per mezzo della attenta educazione delle api avrebbesi po tuto con facilità raccogliere ed era stato negletto, ora do vevasi con istento e con pena procurare. I fiori sono spariti e non restano che i cardi. Ed ecco che un membro del corpo della Chiesa viene impiegato dal misericordioso Gesù, ed arreca le proprie pene e dolori in offerta espiato ria per l'altrui negligenza, e spreme con sanguinose mani il miele dai cardi pungenti; e la santissima Vergine, Madre della Chiesa, impiega nel cucinare cotesto miele; laddove quel dono di grazia che è significato dal miele è stato dalla Chiesa negletto o mal impiegato nel corso di quest'anno. In questa guisa, durante i giorni e le notti trascorse, i miei martirii furono compresi sotto la forma di molteplici quadri e lavori, e vidi la Chiesa bassa e terrena alzarsi sorgendo dalla oscurità, a misura che il suo debito veniva soddisfatto.
« Precisamente come aveva veduti i membri della Chiesa trionfante, vidi pure i membri della militante. Vidi circa altri centomila veracemente credenti e semplici nel loro modo di agire. Vidi poi operare in pro della Chiesa nel modo ch'io opero sei altre persone con me; cioè tre donne e tre uomini; la stimmatizzata di Cagliari, la Rosa Maria Serra, un'altra persona molto ammalata di gravi infermità corporali, il francescano del Tirolo, che spesso ho veduto meco unito nella medesima intenzione, e di più un giovine ecclesiastico in una casa ove sono molti altri sacerdoti, in una contrada montuosa. Costui deve avere un'anima pri vilegiata; prova ineffabile dolore per lo stato della Chiesa, e deve coll'aiuto della grazia di Dio sopportare non co muni dolori. Ogni sera sclama con fervente preghiera a Dio, implorando ch'ei voglia farlo soffrire per tutte le mancanze che oggidì avvengono in seno della Chiesa. Il terzo è un personaggio di distinzione, ammogliato, con molti figli, una pessima e pervertita moglie, e largo e si gnorile modo di vivere. Vive in una grande città, ove sono cattolici, protestanti, giansenisti, e liberi pensatori. Tutto va in casa sua col maggior ordine; è molto benefico verso i poveri, e sopporta i suoi patimenti con quella cattiva moglie in modo nobilissimo. In quella città havvi una strada separata pei giudei, chiusa all'una ed all'altra estre mità con porte; là dentro havvi molto traffico.
I miei lavori per la più parte hanno avuto luogo nella Magion delle nozze e nel giardino che ne dipende. Il quadro simbolico del mungere, e del come, io spremessi il latte da tutte le mie membra ed alla fine ne divenissi sì debole, si riferisce alle mie continue effusioni sanguigne in questi giorni. I lavori in pro delle singole persone erano pure in forma di bucati e purificazioni. Ed ora mi si presenta alla mente un caso. Un così detto bacchettone, che frequenta tutte le devozioni e percorre tutti i pellegrinaggi, portò anch'egli il suo fagotto a purificare. Spesso aveva pensato in sè stesso perchè gli uni e gli altri non facessero come lui. Vidi che egli ebbe un sogno, in cui vide la più parte degli individui dei quali in sè stesso trionfava, star molto meglio e al disopra di lui nei loro affari spirituali, e che egli ne rimase svergognato. Quand'ebbi finito i miei lavori, vidi presso il Re dentore due grandi tavole preparate, sulle quali po sava tutto ciò che era stato negletto e tutto ciò che era stato compensato; allora mi furono mostrati anche in modo simbolico tutti i miei lavori, e vidi costà tutto ciò che era stato perduto; da un lato le più belle corone, or namenti e fiori, dall'altro serti lacerati, cattive vesti a mezzo consunte, ed ogni sorta di legumi e di erbe sminuzzate e guaste. Vidi da un lato un trofeo adorno dei più magnifici doni di Dio, e dall'altro lato un mucchio miserabile di immondezze e di frantumi. Quando vidi cotesto miserabile compenso che non consisteva altro che nell'avere trasportato e messo insieme un cumulo di frantumi e di rovine, nel che io avea impiegato ogui forza da Dio ricevuta; quando vidi tutto ciò che era stato lacerato, infranto, macolato, fui compresa da una spaventevole tristezza. Caddi prostrata sul mio volto e piansi per due ore con tal violenza, che parevami il cuore mi si spezzasse nel seno. Vidi per altro che tutto cotesto cumulo di frantumi appa riva come posto dietro a Gesù e che in vero era situato dietro gli omeri suoi. Mentre io così piangeva mi si accostò il misericordioso Redentore e disse: di Mancavano soltanto ancora queste lagrime.
Ti ho lasciato però vedere tutto questo, affinchè tu non t'immagini che sia riuscita alcuna cosa per opera tua; ora poi ho preso il tutto sulle mie spalle. Vidi piangere così anche gli altri miei sei com pagni di aiuto, e li vidi consolati nel medesimo modo dal Salvatore. Vidi allora la santissima Vergine approssimarsi alla Chiesa, e sopra di lei stendere il suo ammanto, e vidi molti poveri, ammalati, e storpii sospingere in alto la Chiesa terrena, e così essa si sollevò chiara e luminosa verso l'altra trionfante e si riunì con essa. Vidi Gesù e gli apostoli apparire nel più alto coro della Chiesa, e vidi di stribuire la cena siccome nuovo elemento di forza, e vidi molte anime anche di principi e re passare dal seno di Abramo nel seno di quella Chiesa. Veggo sopratutto varie anime che sulla terra già sono tenute per sante, trovarsi ancora nel seno di Abramo, e non per anche nella visione beatifica; ne vedo altre dopo due o tre giorni di purificazione andare diritte al cielo. Vidi pure in cotesto quadro anche il purgatorio siccome la Chiesa soffrente, e vidi come una scura e larga vôlta, ove le anime apparivano come liberate dalla loro prigionia. Eravi dentro un rosseggiante fulgore di ceri e come un altare, e vidi un angelo venirvi entro e ristorare quelle anime porgendo loro al cuna cosa. Ciò succede alcune volte nel corso dell'anno, ma collo sparire dell'angelo sparisce pure di là ogni che di ecclesiastico. Seppi pure che le povere anime che non possono aiutare sè stesse, pregano nondimeno in pro della Chiesa. Quand'io veggo un quadro così universale della Chiesa, veggo pur sempre fra l'occidente e il settentrione un vacuo profondo e nero, ove non penetra alcun raggio di luce; e là mi sembra che debba essere l'inferno. Vidi dipoi una grande solennità nella Chiesa, e molti che con lei si riunirono. Vidi pure molte altre chiese o piuttosto case di preghiera, sulle quali stava in alto una banderuola, e vidi come molte genti senz'ordine e senza alcuna relazione colla Chiesa celeste, soltanto di tempo in tempo ac correvano insieme colà, siccome accorrono i mendicanti laddove si distribuisce pane, ma senza che ne conseguisse alcuna relazione colla Chiesa sofferente e colla trionfante. Coteste genti non erano già collegate nel preparare e di sporre in sana e ben fondata guisa un legame che le riannodasse colla Chiesa militante, o sofferente, o trionfante, e ricevevano non già il corpo del Signore nella cena, ma pane soltanto. Coloro per altro, i quali essendo innocenti nel loro errore, con pietà e ardente desiderio aspiravano al Corpo di Gesù, venivano ristorati spiritualmente, ma non già col mezzo di cotesta cena; coloro che comune mente partecipavano a quella cena senza viva aspirazione di amore, non ricevevano pro alcuno da un atto, da cui il vero figlio della Chiesa riceve si grande ristoro. »
14 Dicembre. Essa è dopo questo martirio e tanti sforzi che hanno durato otto giorni, oltremodo debole e soffrente. Durante tutto questo tempo ha giornalmente vomitato sangue, ed anche ha sanguinato dalla ferita del costato e sudato sudore sanguigno. Il violento piangere le ha la sciato la sensazione come se avesse un vacuo profondo nel cuore. Durante tutte coteste pene non ha mai cessato dal cucire dei retini da notte pei poveri bambini, e preparare fila per il P. Lambert. Essa teme un nuovo principio del di lui male. Ha passato tutta la decorsa notte desta e se duta sul letto, col capo posato sulle ginocchia e cadente or qua or là, perchè è tanto debole e non può tenersi dritta sulla schiena. E già da molti giorni costretta a passare una parte della notte in cotesta posizione, per causa di violenti dolori nel cuore e nel petto, dolori che sono stati princi palmente accresciuti dai suoi pianti continui. Ebbe di nanzi a sè un quadro, in cui vide come la Chiesa, con tanto stento e tante pene purificata, fosse stata di bel nuovo malmenata dagli ecclesiastici e di bel nuovo ridotta in cattiva ed immonda situazione. Fu di ciò consolata da santa Barbara, che le disse non dover essere sì dolente, giacchè ella medesima non avea potuto ottenere dal Si gnore la conversione di suo padre. Dipoi ebbe un quadro ed un avvertimento circa molti preti, i quali, se ciò dipendesse soltanto da loro, non vorrebbero nemmeno distri buire e dare ciò che devono dare per grazia di Dio. Vide per altro che sarebbero costretti a rendere conto per tutte le opere di carità, le consolazioni, le esortazioni, gli am monimenti, le istruzioni nelle regole della fede, che non prestano e negligentano, e per tutte quelle benedizioni e potenza di benedire, in loro trasmessa dalla mano di Gesù, e di cui non si servono, e per tutto ciò che hanno trascurato nella imitazione di Gesù loro modello. Ebbe pure un lavoro, durante il quale dovè trasportare molti ecclesia stici con grave stento attraverso certe acque, e dovè pre gare in favore di alcuni tentati.
8. Come a santa Ildegarda ed a santa Caterina da Siena fu rappresentata la Chiesa come sposa di Cristo, sotto l'immagine di una vergine o di una matrona nei più diversi stati di patimento, perseguitata, malmenata, deru bata, colpita dall'infermità o dalla lebbra, e che esse dovevano compire le loro missioni di orazione espiatoria in modo a tutti quei mali corrispondente; così pure Anna Caterina trovò nella Magion delle nozze e nei suoi dintorni la Chiesa sotto la figura di una matrona in tutti gli stati e circostanze possibili ad immaginarsi. La qualità e lo stato delle vestimenta, la situazione corporale, i movimenti, il soggiorno, l'esterna apparenza, gli andamenti ed il com mercio di quella matrona con altre figure, erano il quadro simbolico dei contemporanei maltrattamenti, profanazioni, ferite, oppressioni, che la Chiesa effettivamente doveva soffrire per parte di coloro che le appartenevano, come della situazione in cui era stata ridotta in faccia agli scismatici, al poter temporale, ed a tutte le esterne nemiche influenze; e quindi in cotesti varii sensi si dirigevano le singole opere che ella dovea intraprendere e compire in espiazione delle ingiustizie ed offese commesse contro quella matrona.
« Venni (così narrò essa nell'ultima settimana dell'Avvento 1819) in Betlemme, e scontrai la vecchia matrona sulla via che conduce alla Magione delle nozze. Era tutta coperta di enfiagioni e tumori, che nascondeva sotto un lu rido mantello. Invocando il Saverio, riuscii a vincere la mia nausea e succhiai i tumori di costei; ed allora da essi scoppiarono raggi di luce che diffusero il più chiaro splendore. Quel suggere mi riuscì straordinariamente dolce e piacevole, ed al mio dritto lato scese dall'alto una si gnora radiante di luce, ritolse alla matrona, che avea ancora poche ferite, quel lurido e duro mantello, la rivestì col proprio ammanto folgoreggiante e disparve. Ed allora la matrona fu di bel nuovo tutta lucente, ed io la condussi nel giardino della casa delle nozze. Pareva come essa fosse stata di là cacciata via, e che nell'andare errando fosse divenuta così ammalata; ma non potei per altro ricondurla entro in casa. Trovai però nel giardino molte cattive erbe, e quasi tutti i fiori ne erano rimasti soffocati, perchè i giardinieri aveano tutto diviso e suddiviso, ed ognuno faceva a modo suo, e non più consultavano e ben poco si curavano di quell'uomo attempato che era posto sopra di loro. Trovai anche costui ammalato, e vidi ch'ei nulla sapeva di quelle lussureggianti erbaccie, finchè non gli germogliarono proprio sotto le sue finestre nella forma di cardi e di spine; allora avrebbe voluto che ciò fosse strappato e divelto. La matrona che avea ricevuto l'ammanto dalla Madre di Dio portava seco in un vaso un tesoro, un dono santo già da lei ottenuto, ma che ella me desima non conosceva più esattamente. Questo tesoro è la misteriosa potenza spirituale e forza della Chiesa, che co loro che stavano dentro nella Magion delle nozze più non volevano e più non comprendevano. Ma cotesta potenza crescerà di nuovo nel silenzio, e coloro che vi si oppon gono dovranno uscire dalla Magione, e tutto sarà di nuovo ristaurato. »
Durante cotesto racconto essa avea più di una volta guardato da lato come osservando e spiando. Essa sentiva l'approssimarsi del suo Sposo celeste, e venne subita neamente rapita in profonda estasi, in cui pregollo colle più dolci parole di poter patire in pro della Matrona, ed anche per tre donne senza patria nè tetto coi loro poveri fanciulli, e coteste donne le apparivano come quadro sim bolico di quelle comunità separate dalla Chiesa ed er ranti fuori del vero ovile delle pecorelle. Colassù non posso più patire (diceva essa pregando), colassù non havvi che pura gioia ! Lasciami ancor qui ! Lasciami ancora aiutare. »
In quel momento giunse alla porta una delle antiche sue consorelle, che il giorno innanzi aveva a sè chiamata, e volle tosto ritirarsi; ma Anna Caterina sclamò senza per altro uscire dall'estasi: « Ecco una persona che deve aver qualche cosa ! Questo è per lei, questo per la sua padrona di casa. »
E con queste parole prese dal suo armadio alcuni pacchetti di caffè e li porse alla conso rella. Appena costei erasi allontanata, che Anna Caterina cominciò colla più grande gioia a ringraziare, poichè « ho (disse ella) ottenuto dal mio Sposo la liberazione di una povera anima del purgatorio col mezzo di questo dono. Avrei desiderato di ottenere tante anime quanti sono i granelli di quel caffè, ma una pure la ho ottenuta. »
Vide la gioia e la gloria di quell'anima liberata. Pel santo Natale essa raccontò: « Fui nel giardino della Magion delle nozze. La matrona era sempre inferma, ma pure metteva in ordine, ripuliva e spazzava qua e là nel giardino. Vidi l'ovile della Magion delle nozze essere di venuto chiesa. Le siepi dei noci ( 1 ) che circondano la stalla erano disseccate sino in fondo, e le noci erano vuote ed appassite. Vidi molti santi in antiche vesti sacerdotali che ripulivano la chiesa e ne spazzavano i ragnateli.
(1) Le noci significano discordia e dissidio.
Le porte erano aperte e la chiesa diveniva sempre più luminosa. Era come quando i padroni fanno le opere che dovrebbero fare i servi; giacchè coloro che erano dentro alla Magion delle nozze non facevano cosa alcuna ed in parte erano di mala voglia; ma pure eravi un gran moto anche là dentro. Pareva come se dovessero, quando la chiesa fosse affatto in ordine, entrarvi anche loro; alcuni però doveano tosto esserne cacciati affatto lontani. Mentre la chiesa diveniva sempre più pura e luminosa, ecco che sca turi all'improvviso in lei una bella e chiara fonte, che si versò da ogni lato fuora e attraverso le mura con onde cri stalline, e tutto ravvivò scorrendo pel giardino. Al mo mento dello scaturire di quel fonte tutto divenne più lumi noso e più lieto, e al disopra di quello vidi anche un altare luminoso come uno spirito celeste; e vidi un sopravveniente apparire e crescere, e tutto era come se vegetasse e cre scesse in quella chiesa; le mura, il tetto, gli ornamenti, le forme, tutto; ed i santi seguitavano a lavorare, ed il moto nella Magione delle nozze sempre più cresceva. »
Delle comunità degli erelici e apostati raccontò quanto segue: Trovai la casa colle banderuole, dove le genti coi libri entrano ed escono. Qui non havvi altare, e perciò fa molto brutta vista. Vi fui condotta per mezzo, ed è come se vi passasse una pubblica via. I banchi ed i seggi sono buttati qua e là, ed in parte rubati; il tetto è caduto giù, ed a traverso i travi si vede l'azzurro del cielo. Allora vidi due madri coperte e guaste da tumori, ciascuna te nente due bambini per mano, aggirarsi qua e là erranti e come smarrite. Una terza poi, la più misera fra loro, gia ceva molto più in dietro presso quel rovinato tempio, con un piccolo fanciullo. Non potevasi muovere da quel luogo. Coteste donne non erano già molto vecchie, ed il loro ve stiario era lungo e stretto, e non nelle consuete forme delle vestimenta degli abitanti della città. Sembrava come se fossero soltanto avvolte in quelle vesti, per nascondere la miseria dei loro tumori.
Riconobbi che non già quei bambini attingevano forza da loro, ma che al contrario esse attingevano qualche vigore dai loro bambini. Cote ste madri non valevano gran cosa; ma quei poveri fan ciulli erano innocenti di tanti guai. L'una vacillava cam minando dietro l'altra. Non avevano più vera e propria casa, e si erano così in qua e là trascinate vagabondando e raccogliendosi in sì cattivi alberghi, che aveano guada gnato tutte coteste infermità. Le ho vedute più tardi al cune volte di notte, ho succhiato i loro tumori e li ho con erbe medicinali fasciati. Le avrei anche volentieri con dotte in chiesa, ma erano ancora troppo timide e vergo gnose e vi si rifiutavano.... Cotesti cristiani separati dalla Chiesa non hanno nemmeno alcun posto presso il S. Se polcro, quantunque appunto adesso tentino di ficcarsi in varii luoghi; ma hanno presso di loro interrotta la sacra ordinazione sacerdotale, ed hanno rigettato e perduto il santo sacrifizio della Messa; e questa è la sciagura di quei poveri cristiani...
« Ho parlato con quelle povere donne che coi loro figli errano qua e là sul prato; al certo fra poco andrà al quanto meglio per loro. Quelle che hanno figli, sono come vecchi alberi che di nuovo germogliano dalla radice, e perciò non vengono gettati sul fuoco. I fanciulli significano quelle anime che si sforzano di rientrare in seno della Chiesa, e seco trascinano le madri prive di ogni nutri mento; poichè quelle donne sono prive di ogni possa e di ogni vigore, e vengono dominate dai loro figli. Le due smarrite donne che sono più vicine alla Chiesa, hanno già ciascuna due figli che corrono sostenuti per la mano, dai quali esse sono interamente dominate. La terza, la quale tanto inferma giace sulla via presso quel tempio scoperto e devastato, non ha che un bambino, che è molto più pic colo, ma pure è un figlio, ed anch'essa verrà...
« Trovai di bel nuovo le due donne coi quattro figli. Erano più vicine alla Magione delle nozze. Quei bambini non si fermavano punto; le trascinavano innanzi, ed esse doveano seguirli. Ma non penetravano nemmeno nel giar dino; rimaneanvi dinanzi timide vergognose ed affatto meravigliate. Non avevano mai nemmeno sognato quanto vedevano ivi... Pregai di nuovo dinanzi al presepio per coteste povere madri, affinchè pur pervenissero a pene trare nel giardino delle nozze, ed allora vidi come la ma trona uscisse a cercarle ed invitarle a riunirsi di bel nuovo con lei. Essa però si diè un'aria di agire come di nascosto, e fece sembiante come se fosse uscita soltanto al passeg gio; procedeva con gran timidezza e come se si nascon desse. Ciò mi riempi di inquietudine, tanto più quando vidi che ella dirigevasi primieramente verso un pastore separato, ed io temeva che essa non avesse seco il suo vaso e quindi non avesse forza alcuna, talmentechè il pastore avrebbe potuto di lei impadronirsi, e non lasciarla più tornare nel giardino delle nozze. Io per altro avrei desiderato che si avviasse dapprima verso quelle madri coi loro bambini.
Quindi le andai incontro e parlai molto con lei, e mi rallegrai che avesse seco il suo vasetto. Riconobbi dal mio proprio stato di patimento, che essa non era in teramente risanata; alcune delle sue piaghe si erano chiuse troppo presto ed il male vi era rimasto internamente. Vidi che da ciò veniva impedita a fare convenientemente il suo invito a quelle madri, e che quel suo procedere furti vamente, quella sua timidezza ne erano le conseguenze; non andò franca innanzi nel nome di Gesù. Parlai molto con lei. Non era tutta piena di amore, e parlò tanto dei suoi diritti e dei suoi possessi, che le si prestava poca cre denza quando veniva a parlare di amore. Mi aveva par lato di tutti i suoi diritti e grazie: quando le domandai che cosa portasse in quel vasetto, mi rispose che era un se greto, una cosa santa; e non sapeva propriamente cosa fosse, e non ne usava, ma lo portava così chiuso con sè. Era anche di malumore che non l'avessi appieno guarita e risanata. La condussi, passando oltre quel pastore, verso quelle madri vagabonde che le venivano trascinate incon tro dai quattro fanciulli. Parlò con loro, ed esse sul prin cipio si mostrarono alquanto ritenute ed in sussiego.
La invitò a riunirsi e riconciliarsi secolei, e ad entrare nel giardino delle nozze. I figli lo desideravano di buona vo glia; le madri per altro volevano prima parlare con quel tal pastore, e quindi tutti insieme ne andarono verso co stui. La vecchia matrona parlò con esso, ed io era sempre inquieta temendo che quella vecchia signora, non essendo peranco perfettamente guarita, si conducesse con certo malumore, e non con abilità e destrezza. E ciò avvenne anche in parte, giacchè parlò e disse di aver tutto e che tutto le apparteneva, forza, e grazia, e beni, e diritti, e cose simili. Quel pastore dal cappello a tre punte non si sentì punto mosso nè ben disposto, e: ? Che hai tu costà disse in quel vasetto che porti intorno? Essa rispose che era un mistero, e ben si vedeva che ciò era un mistero anche per lei. Il pastore divenne a quella risposta di un umore - affatto cattivo e disse: Sì, tu vieni fuori di nuovo col tuo mistero; di ciò non ne voglio punto sentir parlare. A causa di cotesto tuo traffico di misteri ci siamo appunto da te divisi. Ciò che non si può pubblicamente dichiarare e mostrare in piena luce del giorno e dinanzi agli occhi di tutti gli uomini, non ha alcun valore. E su questo si separarono. Le due madri allora non vollero più andare colla matrona. Essa ritornò con me verso il giardino delle nozze. Ma i bambini di quelle madri non si lasciarono rite nere e ci corsero dietro. Avevano e provavano una speciale inclinazione per quella vecchia signora ed entrarono con lei nel giardino. « Costà guardarono ed esaminarono ogni cosa; ma non erano ancora atti a restarvi; e quindi corsero di nuovo verso le madri a raccontare loro il tutto; erano per altro molto commossi. »
Nell'ultima settimana dell'anno ecclesiastico, sul finire di novembre del 1820, Anna Caterina vide il seguito delle opere sue in pro della conversione degli scismatici, e circa di ciò narrò quanto segue: « Nei miei dolori invocai la cara Madre di Dio in soccorso, onde tutti i cuori omai prossimi alla verità alla fine si convincessero e si rivolgessero verso la Chiesa. Essa a me venne nella Magion delle nozze, e mi insegnò come dovessi cucinare per due centoventi ospiti. Io doveva raccogliere molteplici erbe e frutti dal giardino delle nozze, sul quale era caduta una rugiada dai giardini celesti. Il mio lavoro era simile a quello che ha l'uomo in una apoteca; doveva cuocere e preparare molte e svariate misture secondo le differenti malattie e mancanze delle anime. Era tutt'altra cosa che il cucinare ordinario. In ogni cosa doveva quanto vi era ancora di terreno venire prima consumato dal fuoco della carità; poi con la penosa e faticosa attività doveva otte nersi una mistura ed una compenetrazione perfetta fra le più svariate sostanze ed essenze. Maria mi spiegò ciò che io faceva, e m'insegnò pure il significato e lo scopo dei varii condimenti e spezie ch'io doveva impiegare nei cibi, secondo le circostanze dell'uno e dell'altro ospite. Tutti cotesti lavori simbolici in visione si cambiavano in dolo rosi patimenti e molteplici pene nella mia natura terrena. Vidi per mezzo del mio cucinare e lavorare tosto consu marsi le durezze e le resistenze in alcune nature di uo mini, e secondo le mancanze e i difetti degli animi diversi, riusciva più o meno difficile ed artificiosa l'opera mia. Fi nalmente li vidi tutti venire entro la Magion delle nozze, ove ognuno si ebbe il suo cibo. E dopo li vidi nelle più svariate contrade, accostarsi coi figli della Chiesa al con vito del Signore. »
9. Conversione di un'antica setta (Maronitica?)
«Viaggiai verso Betlemme e percorsi quella via al certo con grave stento, ma velocissimamente. In prossimità della Magion delle nozze trovai una vecchissima donna sulla strada; vecchia quasi come se fosse contemporanea della nascita di Gesù Cristo. Era da capo a piedi sì strettamente avviluppata in una negra veste, che appena poteva cam minare. Mi dimandò aiuto. E lo ricevè in elemosina e vestito. Mi nascondeva bensì alcuna cosa ch'io per altro sentiva e che propriamente verso lei mi attraeva. Questo era un bambino affatto piccolo posto sotto il di lei mantello, e che non volea mostrare, come se se ne vergognasse, ovvero temesse ch'io glielo potessi togliere; giacchè sembrava come se non avesse altro che quel bambino e vivesse sol tanto in grazia di lui. Lo teneva talmente nascosto, come se lo avesse rubato.
Per altro dovette mostrarmelo. Ah! era proprio una miseria il vedere come quel bambino fosse così strettamente e dispettosamente fasciato; non poteva affatto muoversi; io lo disciolsi dalle tenaci fasce che lo rendevano sì miserabile e dolente. Lo purificai ed alquanto lo risanai, e lo voleva anche ritenere presso di me, ma quella vecchia non mel volle in alcun modo lasciare. Pen sia: se questo bambino fosse libero e nella Magione delle nozze, crescerebbe e si svilupperebbe prestissimo. Sem brava che quel bambino mi volesse tanto bene, e colle sue libere manine a me si appigliava. Pensava pure in me stessa che se avessi la vecchia meco nel giardino delle nozze, mi potrebbe aiutare a svellere i cardi. Le dissi pure che presto sarei di ritorno, ed ove trovassi che avesse trattato il bambino in modo ragionevole, avrebbe da me ottenuto ancor più in dono. Aveva alcunchè nel suo modo di essere di quel vecchio ostinato colla croce. Mi promise di fare tutto secondo il mio volere.
Cotesta decaduta persona è molto orgogliosa per la sua origine e per la pura continuazione degli usi primitivi della primitiva Chiesa, e quindi si tiene così strettamente avviluppata e rimane così solitariamente qua e là aggruppata in piccole squadre. Non ha a vero dire veruna cattiva intenzione, ma è di venuta in modo spaventevole ignorante ed ostinata. Così succede allorchè la moglie si separa dal marito e vuol pre dicare: essa va affatto segregata su pei monti. Fascia così strettamente il suo bambino e lo nasconde, affinchè non divenga diverso da lei e conservi l'intera innocenza della fanciullezza e dell'origine, come appunto essa, quella vec chia così fasciata, si crede aver conservata l'intera sua in nocenza; eppure cotesta povera vecchia non ha altro che la sua misera indurata ostinazione, e vacilla senza alcun aiuto e conforto qua e là nel deserto.
Io le misi sott'occhio con tutta la compassione del cuore e con ogni possibile ca rità, la di lei perversità,povertà, ostinazione, sino al morire di fame, tutto il suo orgoglio e l'intera sua miseria; e lo feci ripetutamente, e la supplicai ad aver pietà di sè stessa ed affrettarsi ad uscire da quel suo sragionevole isolamento e correre verso la sorgente della vita, verso i santi Sacramenti della Chiesa; ma ella era sempre osti nata e dura, e mi affrontava bruscamente colle sue parole. Diceva che i cattolici non praticavano ciò che insegnavano; io per altro le risposi essere altrettanto assurdo e perverso lo scostarsi dagli insegnamenti della verità per cagione del mal fare di alcuni, quanto il volere evitare e rigettare la virtù perchè esistono alcuni viziosi. Essa non sapeva che replicare, ma rimase sempre dura. Cotesta povera donna è stata scacciata dalla chiesa del santo Sepolcro, non ha più costà nè luogo nè asilo; ma colassù nella Chiesa cele ste e spirituale, che io veggo al disopra della grotta del presepio in Betlemme, veggo ancora che viene in suo pro pregato e festeggiato. In ciò è riposta la di lei felicità, e questo è ancora un sottile filo di vita, per cui le deriva alcun ristoro. Ah lo spero, essa sta per rientrare in sè stessa ! »
Sin dall'Avvento dell'anno antecedente Anna Caterina avea avuto che fare coi membri di cotesta setta e col loro capo, ed aveva perciò ricevuto un compito di orazione du raturo per cinque anni, che chiuse nell'ottobre del 1822 con una missione che doveva adempire allo scopo del ritorno di questa setta nel grembo della Chiesa Romana.
«Fra le genti colle quali ho avuto da fare durante il mio viaggio alla Magion delle nozze (così narrò nel dicembre 1818) eranvi più donne che uomini, il che mi destò mera viglia. Portavano lunghe vestimenta ed avevano il capo avviluppato in certi pannilini dai quali pendeva una fascia scendendo sulle spalle. Con loro eravi un sacerdote ma senza alcuna forza e potenza, e come se non fosse un sa cerdote. Ei leggeva e pregava male assai. Allora fu con dotto ad un tratto innanzi un selvaggio e focoso cavallo, che cotesto sacerdote dovea domare. Ma egli si spaventò e fuggì, e con lui tutti gli altri. Allora la mia Guida mi comandò di montare cotesto cavallo. La mia Guida mi sollevò in alto ed io sedei da lato su quel cavallo, ed esso divenne quieto e buono. Dovetti per cinque volte, e sempre in cerchi più larghi, percorrere attorno il luogo ove quelle genti erano riunite; onde tenerne lontani quegli animali ch'io aveva da loro rimossi, ma che pur sempre prova vansi a tornare. Alla fine li scacciai totalmente, durante il quinto giro vidi un ovile e pensai: Anche tu devi en trarvi dentro con me, e ve lo feci entrare cavalcando. Al lora ritornai col cavallo verso quel sacerdote. Non aveva Bella, ma bensì aveva un freno ed era diventato affatto dolce e buono. »
Questo cavallo delle steppe o del deserto, è il quadro simbolico di un naturale sbrigliato, e selvaggio che un sa cerdote privo di forza e di potenza non può domare. Essa per altro lo monta e lo doma, in prova che esso può essere benissimo domato sotto la disciplina della vera Chiesa armata della forza e potenza divina.
Il quintuplice circuito fatto calvalcando significa il corso di cinque anni ec clesiastici, dopo i quali quel gregge traviato rientrerebbe di nuovo nell'ovile. Ai 4 di ottobre 1821 essa raccontò quanto segue: « Ebbi da fare un viaggio straordinariamente penoso. Do veva soddisfare ad una ambasciata, ma mi si presentarono migliaia di ostacoli sulla via. Fui perseguitata, maltrat tata, soffrii fame e sete, caldo e stanchezza, e venni molto tormentata dagli spiriti maligni; pure pervenni a soddi sfare alla mia missione. Dovetti sotto la forma dell'esplo ratore di Mosè, di Maleachi, da Iagbecha andarmene ad una antica setta cristiana, che sospirava con gran desiderio per un maestro della vera dottrina. Mi fu messa indosso la veste di Maleachi, e fui accompagnata dal profeta Ma lachia, che mi istruì circa tutto ciò ch'io dovea fare. Passammo per la Giudea, il deserto del Sinai, e lungo il Mar Rosso. Durante l'intera via vidi tutti gli avvenimenti anteriori che eransi costà compiuti e che aveano qualche rapporto alla sostanza della mia missione. Vidi anche molte cose della vita di Malachia. Le genti alle quali era inviata abitavano in cinque stabilimenti ed erano sotto poste a un capo spirituale che dava la norma in cose di religione. Cotesto sacerdote attenevasi molto all'antico Testamento ed alla legge di Mosè. Ebbi perciò da spiegargli il significato di alcune profezìe; esempligrazia quelle parole: Tu sei un sacerdote eterno secondo l'ordine di Melchisedech, e se Aronne fosse stato un simile sacerdote; se Mosè sul Sinai avesse ricevuto altro che una semplice legge esterna e disciplinare per un popolo che credeva già all'antica offerta del pane e del vino, se cotesta offerta non fosse la più santa possibile ed il vero principio ed il fine; se Abramo offrisse a Melchisedech pane e vino e gli pagasse le decime, e così si fosse inclinato riconoscendole, dinanzi le offerte di cotesta Chiesa. Poi dovetti rischia rarè anche alcuni luoghi dei salmi, esempligrazia: Disse il Signore al mio Signore; ed anche quei luoghi di Mala chia che si riferiscono ad un'offerta incruenta. Dovetti esortarlo a recarsi a Roma, a farsi istruire ed esporre il de siderio che in cotesta istruzione gli fossero principalmente dichiarati e spiegati quei luoghi ch'io gli avea indicati. Vidi che quell'uomo alle mie parole si alzò, prese un antico Testamento e ricercò quei passi. Coteste genti non aveano alcuna permanente abitazione; parea piuttosto che allora principiassero a stabilirne. Occuparono un certa estensione di terreno, la circondarono d'un muro, e fabbricarono ca solari di argilla e rami intessuti. Sembravami che discen dessero dai Madianiti. Il bene fatto dagli antenati riesce in vantaggio anche ai discendenti. Chi fa il male inter rompe cotesti legami; chi fa il bene ed in sè stesso trionfa del male, prolunga le sorgenti della benedizione. »
Essa descrisse lo scisma greco in questa guisa: « Sulla mia strada da Betlemme verso il giardino della Magione delle nozze, scontrai un uomo con grigi capelli, vecchio di nobili sembianze, ma molto infermo e ferito; anch'egli avea perduto o gettato via alcunchè che non apparteneva propriamente a lui, ma piuttosto alla sua famiglia, e che doveva di bel nuovo cercare. Ciò gli stava affatto vicino, ed ei nulla ne sapeva. Mi sembrò che egli appartenesse propriamente a una matrona, che avvolta in un ammanto vidi starsi più vicina al giardino delle nozze. Cotesto uomo sembrava non voler andare verso di lei ed essere molto meno di lei disposto a una riunione. Teneva sempre presso di sè un'antica croce lunga quanto un braccio, di nero legno, e della forma di un Y. Pensai che cotesta croce dovea aver molto servito, giacchè era molto consunta e resa liscia dall'uso. Ei teneva al possesso di cotesta croce tanto da far meraviglia. Ah tu, caro vecchio, ed a che mai ti può giovare cotesta croce di legno, se tu poi ti scordi il Redentore? Egli è sì irrigidito, ostinato, e pieno di sè stesso, che non può venir rimosso dal luogo ove si è piantato, ed anche da sè medesimo non può an dare un passo più lungi. Ei si è separato da lungo tempo da quella Matrona; non vuole adattarsi ed accomodarsi con lei, ed essa non può concedergli tutto ciò che egli pretende. Temo che da ciò proverrà ancora grave miseria nel mondo. Pure ho guarito alcunchè in quel vecchio perverso. »
Allorchè il Pellegrino nell'udire le surriferite parteci pazioni espresse il suo stupore circa le mirabili disposizioni del Signore, per le quali la narratrice era stata resa degna non solo di rivestire e di sostentare corporalmente povere donne e bambini, ma anche di prestare spirituale aiuto a madri e figli spirituali, essa rispose: Ciò appare meraviglioso a chi soltanto vive e si occupa delle cose sin gole e separate; ma tutto si unifica e si immedesima, quando si agisce per amore di Gesù. Ogni elemosina va in pro di tutta la Chiesa come al corpo intero di Gesù Cri sto, anche quando vien fatta ad alcuni suoi singoli mem bri, e là dove le ferite sue sono aperte. »
E quindi conti nuò: « Quel vecchio stravagante ed ostinato colla sua croce non ha figli alcuni. Ei non vuole annettere a ciò alcuna importanza. Alla fine non verrà dentro in casa. Di certo incomincierà a cagionare di bel nuovo molti guai e gravi avvenimenti. Anche quella inferma Matrona con le cose sante nel vasetto non ha alcun figlio. Essa è la Chiesa me desima in una forma che rappresenta come essa sia in molti modi ammalata nei suoi membri, e come sia stat?, malmenata e scacciata da molti dei suoi figli medesimi. Ora per altro è di nuovo nel giardino.
5. Per fare chiaramente apparire la corrispondenza di cotesta visione colle visioni e l'intera missione di santa Ildegarda, basti il qui riferire la magnifica epistola che Ildegarda diresse nell'anno 1170 al proposto Wermer in Kirchheim. Essa durante un viaggio intrapreso per divino comando, era venuta in Svevia ed in Kirchheim, e dinanzi il clero avea descritto lo stato della Chiesa. L'impressione delle sue parole fu si possente, che Wermer pregò la Santa per lettera, in pro suo e dei suoi fratelli serventi al Signore nelle parrocchie, a volergli partecipare anche per iscritto quelle parole che ella avea imparate dallo Spirito Santo circa la trascuraggine dei sacerdoti nel santo sacrificio della Messa, e che avea pronunziate a voce in Kirchheim, onde egli ed i suoi confratelli potessero più accuratamente ed attentamente pesarle.
La santa corrispose a cotesta preghiera e scrisse: « Ritenuta a lungo nel letto dalla mia infermità, vidi nell'anno 1170 dell'Incarnazione del Signore, essendo de sta nel corpo e nello spirito, un quadro straordinariamente bello, ed in esso vidi la forma di una donna che appariva di una sì straordinaria amabilità e sì attraenti grazie di aspetto, quali niun spirito umano può concepirle. La di lei figura giungeva dalla terra fino al cielo. Il di lei volto splendeva della più alta chiarezza, ed i di lei occhi erano rivolti verso il cielo. Era rivestita di una luminosa veste di candida seta, ed avvolta in un ammanto ornato di gemme preziose, smeraldi, zaffiri, aurei fiori, e perle. Ai piedi portava calzari di onice. Il di lei volto per altro era asperso di cenere; nel lato dritto della veste eravi una lacerazione; l'ammanto avea perduta la sua luminosa bellezza, e i calzari erano anneriti.
Sclamava con alta e lamentosa Voce verso il cielo: ??Odimi, o cielo, perchè il mio volto è insozzato; e tu, o terra, affliggiti, perchè la mia veste e lacera; e tu trema, o abisso, perchè i miei calzari sono an neriti. Le volpi hanno le loro caverne e gli augelli i loro nidi: io per altro non ho aiuto nè consolatore, e nemmeno una verga sulla quale io possa appoggiarmi e sostenermi ! E di bel nuovo disse: Io rimasi nascosa nel cuore del Padre, sino a che il Figlio dell'uomo, che è stato concepito e nato nella verginità, versasse il suo sangue, nel quale egli anche meco si sposò e mi dotò, affinchè potessi di nuovo partorire nella pura e semplice rinascenza dello spirito e dell'acqua, coloro che hanno succhiato il veleno del serpente, e sono stati quindi contaminati.
I miei nutricatori per altro, cioè i sacerdoti, che avrebbero dovuto man tenere il mio volto luminoso come l'alba del mattino, la mia veste sfolgoreggiante come il lampo, il mio ammanto scintillante come gioielli, i miei calzari in luminosa niti dezza, hanno imbrattato il mio volto di cenere, mi hanno lacerato la veste, mi hanno insozzato il mantello, e reso neri i calzari; e colcro che in ogni guisa avrebbero do vuto ornarmi, mi hanno lasciata decadere in ogni cosa. Essi insozzarono il mio volto mentre toccano e consumano la carne ed il sangue del mio Sposo nella maggiore impurità dei rilasciati loro erramenti, nella più scandalosa svergognatezza delle loro fornicazioni e adulteriii, nelle più vili rapine della loro avarizia, nel vendere e com prare ciò che loro non è lecito; anzi di più coprono di tal disonore la sua carne ed il suo sangue, come se un neonato bambino dovesse essere gittato fra le sozzure dei maiali. Imperocchè nel modo stesso in cui l'uomo dopo che Dio lo formò dalla polvere della terra e gli inspirò il soffio della vita, divenne carne e sangue; così l'istessa po tenza di Dio cambia sull'altare alle parole del sacerdote che invoca la Divinità, l'offerta del pane, del vino e del l'acqua nella vera carne e nel vero sangue di Cristo mio Sposo, che per altro, a cagione della cecità di cui è cieco per la caduta di Adamo, non può con occhi corporei rico noscere. La lacerazione delle ferite del mio Sposo resta nuova ed aperta, per quanto restano aperte le ferite degli uomini colpevoli.
E coteste ferite di Cristo vengono insozzate da quei sacerdoti, che invece di conservarsi immacolati per me, invece di servirmi nella purità dei costumi, vanno a caccia con smisurata avidità di una prebenda dopo l'altra. Essi lacerano la mia veste, perchè non osser vano nè la legge, nè l'evangelio, nè il sacerdozio; ricuo prono il mio ammanto di sozzure, perchè trascurano in ogni modo le regole loro prescritte invece di soddisfarvi, con buona volontà e con perfetta condotta; invece d'ornarle colla continenza simile all'ornamento degli smeraldi, colla diffusione di elemosine come con zaffiri, e coll'esercizio di buone e giuste opere, dalle quali Iddio viene onorato come da ogni specie di gemme preziose. Per di più poi fanno annerire i miei calzari, giacchè nè si mantengono sulla retta via e sul duro e difficile cammino della giustizia, nè danno alcun buon esempio ai sottoposti; e dipiù è giù nei calzari ch'io scorgo, come in segreto, presso di alcuni lo splendore della verità.
I falsi preti ingannano loro stessi; vogliono l'onore del ministero sacerdotale senza provarne le fatiche e le pene. Ciò per altro riesce impossibile giacchè a niuno sarà accordato il premio, quando non abbiano preceduto opere degne di ricompensa. Quando poi la grazia di Dio ha commosso gli uomini, allora dà ad essi im pulso alle opere onde guadagnare il premio. Siccome poi Iddio più volte per castigo fa piovere guai dannosi per gli uomini e lascia dalla nebbia ricoprire la terra, dimodochè il di lei verde sparisce, ed il suo ornamento si oscura; cosi tremerà pure l'abisso, giacchè dalla collera divina sarà chiamato nel dì dei guai e della vendetta insieme col cielo e colla terra. Principi e popoli baldanzosi e temerari ca dranno sopra di voi, o sacerdoti, che finora mi avete ne gletta; essi vi scaccieranno e rigetteranno, e vi rapiranno quelle ricchezze perchè, durante il tempo del vostro ser vizio sacerdotale, non avete a quello rivolto veruna cura o attenzione. E diranno di voi: Ecco, lasciateci scacciare dalla Chiesa cotesti adulteri, cotesti ladri pieni di ogni iniquità. E con tali principii credono aver reso un servizio a Dio, perchè dicono che voi avete contaminata la Chiesa. E perciò dice la Scrittura: E perchè infuriano i pagani, ed i popoli meditano cose vane? Perchè per permissione di Dio moltissime tribù di popoli si leveranno furibonde nei loro consigli contro di voi, e molti penseranno circa di voi cose vane e spregievoli, perchè voi avete in niun conto te nuta la vostra sacerdotale dignità e consecrazione. Costoro verranno aiutati da'principi della terra nella loro opera di reiezione; e quei principi che dominano sopra di voi ver ranno unanimi nella decisione di cacciarvi lungi dai loro confini, e ciò perchè voi avete colle vostre malvagie azioni cacciato da voi lontano l'innocente Agnello.
Ed io sentii una voce dal cielo sclamante: Questo quadro significa la Chiesa. E perciò tu, o creatura umana, annunzia che hai tutto ciò veduto e che hai sentito coteste parole di lamento e di accusa; annunzialo ai sacerdoti, che son destinati e consecrati a guidare e ad ammaestrare il popolo, mentre è stato detto loro insieme cogli Apostoli: Andate nel mondo intero ed annunziate il Vangelo ad ogni creatura. Poichè quando Iddio creò l'uomo egli designò in lui ogni altra creatura, precisamente come vien descritto il tempo e la cifra di un anno intero sopra un piccolo frammento di pergamena; così Iddio chiamò l'uomo ogni creatura. « E di bel nuovo io povera creatura femminea vidi li brata su nell'aere una nuda spada, un lato tagliente della quale era rivolto verso il cielo, e l'altro verso la terra. E cotesta spada era stata sguainata contro un popolo eccle siastico che il profeta in passato avea preveduto, quando sclamò con meraviglia: Chi sono costoro che volano come le nubi e come le colombe alle loro aperture? (Is. 60). Giacchè coloro che dovrebbero vivere sopra la terra elevati e separati dal comune degli uomini e santi, e nelle opere e nel contegno semplici come le colombe, sono pes simi nelle opere e nei costumi. E vidi come quella spada in molti luoghi tagliasse a pezzi quel popolo ecclesiastico, come Gerusalemme era stata distrutta dopo la Passione del Salvatore. Soltanto vidi anche come l'Eterno si conser verà in mezzo a cotesto flagello molti sacerdoti timorosi di Dio, puri e semplici, come egli disse ad Elia di avere la sciati in Israele superstiti mille uomini che non aveano piegato il ginocchio dinanzi a Baal. Ed ora che in voi si diffonda l'inestinguibile fuoco del Santo Spirito, che vi con verta a seguire la miglior parte. »
Sin qui santa Ildegarda.
6. Anna Caterina trovò nella Magion nelle nozze, oltre i quadri universali delle varie Chiese, anche lo stato della diocesi di Münster e di quanto essa avrebbe a prestare in 553 pro di quella diocesi, rappresentato nelle più svariate in magini simboliche. Il primo quadro di cui ella raccontò le particolarità nel dicembre del 1819, fa chiaramente cono scere come fosse sua missione rinnovare l'antica pietà nella contrada di Münster, ravvivando l'amore e il culto della santissima Vergine, e preparare il ristabilimento delle congregazioni monastiche. Vide nella Magion delle nozze una località speciale chiamata la camera della sposa, ove ella dovea distribuire e consegnare le vesti nuziali da porsi in ordine, ed il corredo spirituale, onde ivi tutto ciò rimanesse conservato per certe designate persone, sinchè giungesse il tempo di effettivamente rivestirsene. Coteste disposizioni e preparativi erano l'immagine simbolica degli effetti e dei frutti dei di lei patimenti di orazione, per opera dei quali essa ottenne per molte future persone monastiche la grazia della vocazione, ed anche l'esterna pos sibilità di corrispondere a quella chiamata coll'ingresso in una religiosa famiglia.
Cotesti suoi patimenti e preghiere dovevano inoltre combattere i pericoli per la fede e la di sciplina nascenti da influenze estranee, come pure espiare e soddisfare pel tradimento, l'abbandono dei beni e delle giuste pertinenze della Chiesa, il vile rispetto umano ed ossequio al mondo, e le civetterie e compiacenze verso lo spirito dei tempi per parte dei servi della Chiesa, ed agire di più in senso contrario alle conseguenze derivanti da tutti cotesti mali. In cotesta lotta essa rappresentò quella diocesi, e soffrì in visione ed in attualità gli stessi attacchi e pericoli che erano per la diocesi preparati, e li soffrì per parte dei rappresentanti di quei nemici, principii, di segni, e poteri, che aveano progettato di estinguere la fede.
Essa così narrò: «Viaggiai verso Betlemme incontro a Maria ed a Giu seppe; voleva disporre per loro un albergo per la notte. Portava con me biancheria e coperte ed anche i miei uten sili da cucire, giacchè non era peranco giunta al fine dei miei lavori. Venni pure in una casa ove io credeva che Maria e Giuseppe giungerebbero quella notte. Cotesta casa non avea già un tetto pari e pianeggiante, ma somigliava piuttosto a una gran casa di contadini delle nostre vici nanze. Quelle genti erano dure e di malavoglia. Avevano vasta economia domestica. e quand'io dissi loro che do vevano preparare un albergo per Giuseppe e per Maria, mi risposero non aver luogo ed aspettare molti ospiti. Ed allora sopravvennero effettivamente molti ospiti, gentume d'ogni sorta, giovane e sguaiato, ed incominciarono ad ammannire una tavola, a cucinare, ad arrostire, ed a bal lare pazzamente fra loro. Io seguitava ognora a doman dare albergo per la Madre di Dio, ma quei danzanti mi calpestavano coi piedi e mi sospingevano qua e là. Allora venne a me quel bambino vestito in verde, che era la pazienza, e che una volta santa Cecilia aveva presso di me condotto, ed io tutto sopportai tranquillamente. Mi sem brava di conoscere quelle genti sguaiate. Eranvi fra loro molti protestanti e certe persone che mi avevano perse guitata e derisa. Mentre non volevano acconciarmi e ren dere libero alcun locale per Maria e per Giuseppe, avea da per me stessa discoperto una cameruccia che non era rivolta ad alcun uso. Non vollero per altro lasciarmivi en trare, e sembrava che si opponessero per qualche miste riosa ragione. Io per altro vi entrai ed a mia gran mera viglia vi trovai dentro una vecchissima donna che vi ave vano miseramente incarcerata e che era tutta ricoperta di ragnateli. La ripulii interamente e la condussi fuori alle nozze. Allora quelle genti si mostrarono oltre ogni modo attonite.
Rimprocciati da me della loro condotta verso quella donna, si allontanarono e vuotarono la casa. La vecchia poi incominciò allora a praticare un'altra econo ma domestica, e preparò una refezione; e vidi molti altri giovani e specialmente giovanette, ch'io sapeva aver vo lontà di condurre una vita spirituale. Nell'istesso tempo scoprii un'altra camera, che meravigliosamente si dilatava ed appariva sempre più luminosa. Vidi nella medesima pure anime di defunti delle nostre vicinanze e di questa contrada, fra le altre anche quelle di mia madre e della signora moglie del membro del Tribunale segreto, e con esse i loro angeli custodi. Tutte coteste anime erano ve stite di abbigliamenti all'antica foggia germanica, usati già in questi paesi; pensai che mia madre, coperta di quelle magnifiche vesti, non mi riconoscerebbe. Io aveva preparato tutto in quella camera per la sacra Famiglia, ? Giuseppe e Maria giunsero effettivamente e furono anche molto amichevolmente ricevuti. Non badarono per altro a niuna di quelle cose, ma si ritrassero nella camera oscura e si sedettero appoggiandosi al muro. La camera divenne subito tutta luce. Li onorai con ogni riverenza. Maria e Giuseppe non rimasero per altro a lungo costà; i più at tempati fra coloro che si trovavano in casa li guardavano attraverso la porta. Mi sembrò che se ne andassero per umiltà. Intanto la vecchia donna da me liberata (1) erasi fatta giovine e molto bella, ed era divenuta la prima in casa, anzi era la sposa; anche essa era bellamente ve stita secondo l'antica moda di questo nostro paese. Tutta l'intera casa divenne a poco a poco come una chiesa, e là dove sorgeva il focolare sorse un altare.
(1) La vecchia donna rappresenta l'antica pietà, l'antica fede vivace, l'antica religione nel paese, che deve ritornar giovine, vale a dire che deve esser rinnovata e ravvivata. Il vestiario in cui appariscono quelle anime intercedenti, richiama alla memoria quel tempo in cui la pietà regnava nel paese e che deve essere di bel nuovo ristabilita.
Viaggiai quindi per la Terra promessa e dovei passare per sopra il mare. Ad un tratto scorsi una navicella aperta in seno ad una tempesta, piena di molti cattivi omacci che urlavano, e pensai: Costoro hanno una nave e non trovano fondo, ed io come farò a passare per sopra queste acque? Appena aveva io concepito cotesto dubbio, che caddi nell'acqua, e mi successe come a Pietro allorchè du bitava. Ma la mia guida afferrandomi pel braccio mi tra sportò a terra e mi rimproverò il mio dubbio. Nella pros simità di Betlemme vidi la Magion delle nozze; voleva passar oltre, ma vi fui condotta entro. La percorsi per in tero; eranvi per altro dentro genti straniere, uomini e donne. Un giovane di piacevole figura ed in uuiforme azzurra, pareva che là dentro comandasse. Oltre di ciò eravi anche una donna grossa, ambiziosa, e che si ficcava per tutto, ed arditamente, e con aria di darsi da fare, volea far tutto e tutto sapere meglio degli altri.
Gli ecclesiastici erano stati come scacciati di casa. La stanza ove stavano riposte le vesti nuziali era chiusa, ma pure vi penetrai. Le mura erano interamente ricoperte di ragnateli; ma tutte le vesti nuziali vi erano ed in buono stato di conservazione. Trovai anche venti candele preparate nei candelieri e quattro non ancora preparate; come pure venti sacchi pieni e quattro ancora vuoti. Mentre così mi aggirava per la casa, quel giovane mi seguiva per tutto e si meravi gliava di quanto io faceva e diceva. Mi mostrò una buca ove egli e le sue genti avevano a grande stento e fatica rincacciato tutte le bestie impure, come rospi, botte ecc., e mi voleva impedire di sollevare il coperchio di quella buca, dicendomi che incorrerei pericoli. Ma io risposi che ciò non mi nuocerebbe punto, e che già pel passato spesso avea colà ripulito. Guardai quelle brutte bestie e richiusi la buca col coperchio. Mi disse che le sue genti non erano in grado di cacciar via animali immondi; io gli risposi che i nostri sacerdoti lo potevano, e che ei doveva riflettere qual prova ciò fosse della loro forza e po tenza. Trovai anche un pacchetto contenente scritti e sug gellato, e quel giovane disse di nuovo che le sue genti erano affatto incapaci di sciogliere o rompere quel sigillo; ed allora gli feci di bel nuovo osservare la loro totale im potenza.
Soggiunse che ove fosse vera quella grave mancanza di forze delle sue genti, era molto ingiusto per parte loro lo strascinarsi così per casa insieme ad essi quella grossa, ardita ed ambiziosa donna. Cotesta signora era molto sdegnata verso di me ed espresse il suo cattivo umore sul che quell'uomo meco così a lungo si trattenesse. Aveva già contrastato a lungo meco e schernite le spose che essa chiamava damigelle, ed a proposito di quella donna col vasetto, ed altre simili cose. Ora poi, siccome temeva che quel giovane che comandava in casa avrebbe potuto scacciarla, incominciò a far l'importante ed a volersi far credere necessaria col darsi da fare e con ogni sorta di maneggi. Raccolse insieme da tutti gli abitanti della casa le vesti ed incominciò un gran bucato (confessione generale).
La conca del bucato per altro cadeva ora dall'uno ora dall'altro lato, ed essa non potè condurre nulla a buon fine, ed il tutto in istato umido e sudicio dovette di nuovo venir separato. Allora volle mettersi a fare il pane, ma anche ciò andò affatto di traverso e riuscì male. Poi volle mettersi a cucinare, e accese un gran fuoco, e vi sospese una gran caldaia, e vi si piantò dinanzi con tutto il volume della sua larghezza; niuno dovea pervenire sino a quella caldaia. Essa mi borbottava pur sempre, rumi nando eterne chiacchiere di Papa e di Anticristo. Ed ecco ad un tratto l'uncino colla catena e la caldaia ed il ca mino precipitare con un rumore enorme sul focolare e sui carboni, e gittare le faville ed i tizzi accesi in qua e in là, ed in tal modo che quella donna e tutti gli altri scappa rono di casa, tranne quel giovane che rimase, e disse voler recarsi nella chiesa del giardino delle nozze (cioè a dire convertirsi, diventare cattolico).
Cotesto giovane significava il nuovo e profondo (moderno pietistico) modo di vedere dei protestanti circa la Chiesa; il suo uniforme si gnificava il vestiario secolare; il suo comando nella casa delle nozze significava l'oppressione del potere secolare sulla Chiesa del nostro paese; e quella sfacciata donna rap presentava l'antico lievito luterano. Fui nella casa delle nozze e spazzai la stanza dell'austero superiore. Spazzai fuori paglia, frammenti e ramoscelli come quelli che, re stano dopo aver disposto le legne per riscaldare una stufa, ed anche un nero fracidume. Eravi costà una buca peri colosa, sul di cui orlo angusto io dovea stare con grande attenzione, e là dentro gettai tutte le spazzature. Quella vecchia signora luterana che si era accantonata in un an golo di casa, si inquietò molto vedendomi di nuovo costà e cominciò a mormorare contro di me. Buttò anche fuori, per farmi dispetto, del sudiciume che cominciò a scorrere nella mia direzione, e siccome nello spazzarlo venni a toccare lo spazio da lei occupato, sclamò ch'io non aveva bi sogno di spazzare in camera sua, che ciò lo faceva da sè stessa; io le risposi che in tal caso non doveva nemmeno mandare verso di me quelle sozzure. La di lei figlia (cioè il sottile razionalismo) era sempre intenta ed occu pata ad adornarsi e farsi bella onde nascondere le sue brutture e dar nell'occhio agli altri ed attirarli a sè; non era punto pudica. Questa fatale giovine già fatta scaltra, stavasi in mezzo agli ecclesiastici. Il severo superiore sor vegliava adesso molto meglio i di lei maneggi, e con ogni impegno vi si opponeva e lavorava a sventarli. Spazzai pure la sucidissima stanza del Decano quale l'aveva in quella casa quando vi giunse. Ei mostravasi perciò imba razzato ed alquanto vergognoso. Il maestro di scuola (Overberg) aveva un'altra sposa che voleva sospingere fra i protestanti. Vidi pure che il severo superiore avrebbe sempre volentieri desiderato avermi in Darfeld; vidi per altro un quadro del miserabile stato in cui mi vi sarei trovata, mentre mi vidi costà come sopra un letto di ap parato; e vidi specialmente come la monaca Söntgen avrebbe desiderato rappresentare una gran parte quando io mi fossi trovata in Darfeld. »
Domenica 6 febbraio; il Vangelo del Seminatore. « Vidi tre giardini, paesi, parti della terra. Il primo era pieno di scogli, di monti e di sassi; il secondo pieno di cespugli, di spine e di male erbe; soltanto qua e là scorgevasi una aiuola di fiori. Il terzo, più vasto e meglio disposto, era pieno di mari, di acque e di isole. Esso riceveva il seme e concepiva meglio degli altri ed era molto fruttifero. Io mi trovai nel secondo. Dapprima andai, ovvero guardai in quel giardino pieno di rupi, che al primo sguardo appa riva essere un giardino o un paese, ma col rimanervi più a lungo e coll'aggirarmi qua e là era divenuto un mondo, come succede in tutti cotesti quadri di visione. Vidi in qua e in là un buon granello di seme spuntare dal terreno sterile in fra le pietre, e vidi anche in un angolo certe genti che portavano raccolte le pianticelle che da vano speranza di riuscita, e le volevano trapiantare in un'aiuola. Ma un uomo venne verso di loro e disse che non doveano far ciò, giacchè ove le circostanti spine non sostenessero più a lungo lo stelo di quelle pianticelle, esse verrebbero a cadere a terra. Il migliore suolo era propria mente quello del giardino delle isole. Ciò che costà veniva seminato prosperava e rendeva il centuplo; ma qua e là fu di bel nuovo interamente divelto e desolato.
Il seme vi fu con semplicità ed innocenza ricevuto ed i piccoli campi vennero circondati da forti siepi. Riconobbi in cotesto giardino quelle altre parti del mondo ed isole, ove ora sì spesso veggo diffondersi il Cristianesimo. Nel giardino di mezzo, ove mi trovava io stessa, riconobbi dalle erbaccie e dalla negli genza un giardino provveduto di molti ma pigri giardinieri. Nulla mancava, ma tutto era trascurato e sopraffatto dalle male erbe, dai cardi, dalle spine. Riconobbi in quel giardino lo stato di tutte le comunità d'Europa, e vidi anche il giardino del Papa, che non era nella migliore condizione. Nella parte ove era situato il mio patrio giardinetto, vidi un signore riempire con danaro una gran cavità, ove suoleva venir raccolto il prodotto di tutti i campi; ma sopra il coperchio di quella cavità stava seduto il diavolo.
Vidi con mia gran meraviglia, e quasi dovetti riderne, una mezza dozzina di lesti e furbi omaccini, che da lontano aveano praticato certe vie segrete e sotterranee sino al suolo di cotesta buca, e che per disotto colla maggior tranquillità e sicurezza trascinavano via tutto ciò che in quella cavità era stato versato dalla parte di sopra e con grande stento spremuto e raccolto nel giardino. Vidi anche una volta che quel signore vide uno di quei monelli che con molto oro intascato se la svignava. Allora quel signore andò a guardare quel pozzo del tesoro, che disopra parea così ben cu stodito dal diavolo, e disotto poi era derubato dai suoi servi. Quand'egli l'ebbe visitato ed espresse la sua meraviglia per non esservi là dentro che sì poco danaro, gli dis sero che non ne veniva più affatto dal giardino, che non produceva più nulla, che era sì mal coltivato e conci mato, ecc. Allora venni anche in quella parte del giardino, dove vivo; vidi una quantità di campi con giardinieri e col tivatori a me ben cogniti, ed in quei campi vidi pure al tre aiuole, cui presiedevano dei sotto-giardinieri.
Ne vidi pochi che seminassero e coltivassero passabilmente. Vidi anzi il tutto pieno d'erbaccie e di immondezze, appassito, ed in miserabile condizione. Passai in rivista aiuola per aiuola e conobbi tutti e lo stato di tutti. Ne vidi molti in grave pericolo che correvano verso l'orlo di un nero abisso; altri dormivano; altri coltivavano grano pessimo e vuoto. Fra loro vidi altre genti che correvano qua e là e che in quei luoghi comandavano e dirigevano, ma propriamente non vi aveano che fare. Coteste genti zappavano, sca vavano e concimavano a larga mano, ma nulla volea prosperare. Tutto a un tratto portarono innanzi un bam bino come se l'avessero trascinato, e con esso eranvi al cuni di quella gente. Lo portarono adagio adagio; ed ecco che ad un tratto quel luogo dove io vedea il bambino mi divenne la città di Münster, e riconobbi tosto la mag gior parte di quelle persone. Cotesto bambino mi produceva un effetto di straordinaria ripugnanza e contrarietà. Vidi che era un bambino illegittimo, che non conosceva il padre, e che sua madre avea vissuto in dissolutezze con molti. Sul bel principio quel bambino soltanto giuocava e scherzava, ma bentosto si mostrò in tutta la sua nauseabonda bruttezza. Appariva vecchio, ammalato, pallido, macchiato dal vaiuolo, ed era inoltre ardito, lusinghiero, sprezzante, orgoglioso, e non andava in chiesa. Sorrideva derisoria mente di tutto e si trascinava dietro molti libri e scritture. Quei signori ecclesiastici se lo rimandavano l'uno all'altro, e da tutti ei si faceva ben volere con lusinghe adulatrici. Vidi a mia meraviglia che anche certi ecclesiastici francesi di mia conoscenza si lasciavano da lui guadagnare. Pochi ne vidi a lui contrarii, giacchè sapeva tosto ed in tutto farla tanto per benino, e capiva tutto e potea parlare tutte le lingue. Lo vidi specialmente accostarsi ai maestri di scuola; quanto alle maestre tirava di lungo, ovvero le scherniva; quanto a me ei mi evitò interamente. Ebbi paura di lui, giacchè cagiona grosse rovine; ed anche per tutto ove trovavasi, la coltivazione del giardino dive niva sempre peggiore, e pessime lussuriose piante che non portano alcun frutto venivano fuori vegetavano. Vidi che il pio maestro di scuola (Overberg) si allontanò intera mente da lui, e non volle con esso aver nulla che fare. L'austero Superiore (Droste) lo lasciò andare per la sua strada; un altro con molto interesse si trattenne con lui; il Decano poi prese a sè quel faciullo con speciali carezze, anzi lo trattenne e volle che dormisse in casa sua. Quel bambino mi cagionò inquietudine per tutto il giorno; lo avevano portato così pian pianino e di soppiatto, e si era si presto infiltrato per tutto, che mi avea tutta l'aria di una vera peste. L'ho ancora sempre davanti agli occhi con quei suoi antichi e temerarii modi che non sono punto in fantili. So che rappresenta il nuovo (razionalistico) sistema di istruzione che sta per introdursi. Ebbi dopo di ciò una" visione spaventosa di persecuzione. Sembravami come se mi trovassi fra le mani di nemici mascherati che di nasco sto mi trascinavano via. Mi avevano già portata all'aria aperta. Io mi abbandonai alla volontà di Dio; ed ecco ve nire a me una colomba che incominciò un tal rumore di gemiti e richiamò tanti altri uccelli, che i nemici mi ripor tarono di nuovo in casa. Pareva come se nascesse un tu multo. Riconobbi anche cotesti uccelli, ed erano i miei antichi amici; un'allodola che il mio confessore aveva scacciata per mortificarmi, una colomba che io aveva nutrita dalla finestra mentre era in convento, e fringuelli, e petti rossi che mi volavano sulla testa e sulle spalle, quando traversava il cortile del monistero o andava in giardino. »
7. Cotesti quadri di spavento si ripeterono a misura che quell'illegittimo bambino, causa di perdizione, trovò acco glienza e protezione nella diocesi; giacchè, siccome Anna Caterina rappresentava tutti quei beni spirituali che da ciò venivano messi in periglio, così dovea in sè medesima sperimentare e patire tutto ciò che i protettori spirituali e fautori di quel bambino facevano soffrire alla diocesi. Così, esempligrazia, essa vide come i di lei nemici meditassero il piano di prendere occasione dalla sopravvenienza di nuove effusioni sanguigne, per portarla via da Dülmen, e per ottener? (secondo il suggerimento del Rensing) il concorso e l'approvazione dell'autorità suprema ecclesia stica per cotesto disegno. Essa però a cotesta vista fu presa da cotanta compassione verso i di lei oppressori, che nell'estasi si sollevò sino a porsi in ginocchio onde recitare un rosario in pro loro. Siccome per altro trova vasi allora in istato di sudore abbondante, si raffreddò tal mente in quell'atto, che per molti giorni ebbe a soffrire attacchi di tosse convulsa. Un'altra volta provò un senso come se si trovasse giacente in mezzo ai campi, ove dei cani venivano eccitati contro di lei, e fra questi un le vriero ed un alano. Nella sua mortale angoscia si trovò alla fine circondata da ventiquattro bambini, che essa avea ri vestiti nell'occasione del Natale, e costoro allontanarono da lei quei cani. In uno di cotesti patimenti spirituali ebbe pure soccorso da s. Benedetto in guisa meravigliosa. « Ebbi (così narrò) da prendere sopra di me cotante pene, che senza il soccorso di Benedetto ne sarei morta. Ei ni promise aiuto, ma aggiunse però ch'io non dovessi ?bigottirmi quando l'aiuto non sopravvenisse tanto imme diato. Allora ebbi una visione di me stessa come se fossi un'altra persona. Mi vidi sopra una seggiola appoggiata al muro come moribonda ed impotente a parlare od a muovermi. Vi erano a me dattorno ecclesiastici ed anche alcuni laici, che pomposamente parlavano di una cosa e dell' altra, ed intanto mi lasciavano perire. Provai per cotesta povera creatura (ch'era io stessa) la più viva com passione, e vidi ad un tratto S. Benedetto ( 1 ) pieno di sdegno verso quegli ecclesiastici, accostarsi a lei.
(1) Cotesta apparizione del gran maestro dell'Occidente è concate nata ed ha relazione coi di lei patimenti cagionati da quel bambino delle scuole.
Egli le parlò, ed allora sentii ch'io medesima era quella crea tura. Disse che mi avrebbe mandato la SS. Comunione, e mi condusse un giovine ed amabile sacerdote e martire in cotta e stola, che mi amministrò il Sacramento. Benedetto mi disse: Non meravigliarti della sua gioventù; egli è sacerdote e martire, ed è il mio scolaro Placido. Io sentii e gustai che avea ricevuto il Sacramento e fui salva. Parve che quei signori si accorgessero dalla mia attitudine di ciò che mi succedeva e se ne mostrarono intimiditi. Soprav venne anche uno straniero avvolto in un mantello, che parlò molto severamente e li svergognò. Benedetto disse: Così son questi preti; anelano a impieghi ed ufficii, e passano oltre dinanzi ai bisognosi dicendo: non ho tempo, ovvero: non è mio ufficio, non è consueto e non ho alcun ordine. Placido mi spiegò la parabola del Samaritano e come mi succedesse precisamente lo stesso; il sacer dote ed il levita passarono oltre, ed uno straniero dovè aiutarmi. »
Dalla domenica di Quinquagesima in poi essa provò per una settimana intera senza veruna interruzione, do lori in tutte le sue stimate e di tale intensità che spesse volte ne rimase affatto stordita. In quel tempo trovavasi sempre in istato di visione, e si ebbe in mezzo alle sue pene un commovente quadro consolatorio. Vide molte vecchie e povere genti, verso le quali era stata benefica nella sua gioventù, a lei successivamente accostarsi. Costoro diffusero e sparsero quanto avevano già ricevuto sopra una tavola a lei dinanzi. La vista di quella gente e di tutti i suoi antichi doni di vestimenta e di cibi le riuscì cosa sì consolante, che in mezzo ai più acuti dolori dovè sorridere, tanto più che tutte quelle persone le apparivano ringiovanite, mentre essa appariva sempre più vecchia, e per chè tutte quelle vesti che aveva loro donate avevano ap parenza molto migliore che in quel momento in cui ne avea fatto loro il donativo. Così, esempligrazia, essa vide una povera donna a cui in un angolo di Köesfeld in pieno e chiaro giorno avea donato un vestito che si era levata di dosso; e poi un povero uomo infermo a cui avea fatto un abito ed avea mandato ciambelle, mentre essa, essendo pure ammalata, null'altro avea nell'armadio, e per di più avea comprato un pacchetto del miglior tabacco. Coteste ciambelle comparvero di nuovo sulla tavola ma invec chiate di venti anni, e ciò la rese molto lieta, ed invece del tabacco quel vecchio depose un bel mazzo di fiori (pene e dolori). In seguito comparve una vecchissima donna, ora per altro anch'essa ringiovanita, di cui disse: « Per lun ghissimo tempo non ho più pensato a cotesta donna; avea una figlia che era riuscita a male. Cotesta donna si lagnò meco della sua miseria e del come non riuscisse a ricon durre la figliuola su miglior via. Fece voto onde ottenere da Dio la guarigione della cecità della figliuola, di percor rere strisciando sulle ginocchia tutta la Via Crucis. Ciò per altro le riusciva affatto impossibile, perchè ne sarebbe morta. Erano tre ore di strada ed essa era vecchia e de bole. Si lagnò meco di cotesto suo voto e della sua grave angoscia per non poterlo sciogliere. La consolai e le pro misi di soddisfare a Dio per lei con qualche altra cosa. Più di una volta in pro suo mi trascinai nella notte sino a una croce situata nel nostro campo. »
Venni in Terra santa e vidi Nostro Signore sulle rive del Giordano. Disse che era venuto il tempo che da sè stesso volea salvare le sue pecorelle e ridurle in sicuro; gli agnelli doveano esser posti in sicurezza sopra di un monte, e le pecorelle collocate e distribuite così a lui d'in torno. Quando lo vidi tanto affannato pei suoi agnelli, pensai ai miei persecutori, e li vidi collo sguardo come se cor ressero attraverso un deserto. Il buon pastore disse: Ogni qualvolta mi accosto a loro, mi sprezzano e mi tirano dei calci. Ma io cominciai a pregare per essi, di tutto cuore, ed ottenni anche il dono di poter orare, e spero di avere un tantino giovato. Riconobbi che i miei nemici hanno molto giovato al mio interno. Mentre io così pregava per loro, mi fu mostrato come anche il Decano fosse eccitato contro di me in tal modo, che ne rimasi molto meravigliata (1)....
(1) Il Pellegrino accompagna cotesta manifestazione colle parole:. Ciò sembra alquanto esagerato; ma come Anua Caterina avesse giustamente veduto, apparisce dal fatto già per lo innanzi riferito, che il Rensing tentava d'infamarla col marchio dell'impostura.
« Ebbi da portare molta gente, infermi, zoppi, storpi, dalla strada pubblica sino ad una chiesa, ove tutto era di disposto nell'ordine il più perfetto. Vi portai il Rave, che trovai sul punto di annegarsi; il Consigliere lo portai per disopra un immondo stagno; il Rosèri lo trovai macolato ed infranto come dalla caduta in un abisso; anche per lui ho dovuto proprio stancarmi portandolo... Mi trovai in vi sione presso un campo di grano e di segala, che era situato assai in alto, e non molto lungi eranvi scavi profondi e fracidi stagni e deserto, e là dentro molte rabbiose bestie che voleano dilaniare e divorare la gente. Io dovei governare e nutrire queste bestie, onde non trascorressero nei campi. Dovei cercare con gran fatica e sudore per ognuna di esse erbe e radici diverse, come pure diverse qualità di bacche, e tutto ciò con straordinaria ansietà ed angoscia ed in mezzo ai continui attacchi di cotesti animali. Dovei portare ed alimentare gatti, tigri, porci ed un cane mordace. Durante cotesta visione mi son quasi affatto disciolta in sudore. Coteste bestie significano le passioni di quegli uo mini che meditavano di ridurmi in loro potere. Mi sono posta sulle spalle un grave còmpito. Ho intrapreso di im plorare da Dio in questo tempo solenne il miglioramento dei miei nemici e l'estinzione dei loro debiti. Ho finalmente lavorato tanto, che per tutto ciò che finora essi hanno con tro me praticato non verranno puniti, purchè rientrino in sè medesimi. Sento bene che significhi portar sulle spalle peccati ed espiarli con patimenti... Ho pure rimosso con la forza dell'orazione molti di quei pericoli che mi minac ciavano, ed ho intorno a ciò ricevuto ammonimento preciso, e mi è stato anche detto ciò che doveva in riconoscenza alla protezione delle sante reliquie. Devo ai Santi che il progettato attacco sia stato da me rimosso. Non ho errato, ma ho veduto in modo sicuro che quel progetto era derivato dal Decano. Io dovea di nuovo essere por tata via di qui da sei uomini, fra i quali due ecclesiastici, e di nuovo inquisita; ma ha veduto che il Vicario Ge nerale non ha voluto dare il suo consenso. »
8. Anna Caterina era talmente sicura dell'esaudimento delle sue suppliche, che senza alcun timore o ritegno fece annunziare al Decano l'effusione sanguigna sopravve nuta dalle sue ferite ai 9 di marzo. Ecco come riferisce il Pellegrino: Sulla sera del 9 marzo sanguinò da tutte le stimate, ma più specialmente dal capo. Non avea nessuna inquietudine malgrado i molti discorsi contraddittorii circa al se ed al come ciò dovesse essere annunziato. Essa è continua mente, ed anche in istato di veglia, veggente; e vede in tutte le direzioni ciò che le genti fanno e dicono nelle loro case. Alla fine passò nello stato di estasi formale, e du rante cotesta estasi apparve affatto giovine e fiorente, senza veruna traccia di età e di patimento. Inoltre diffondevasi un particolare splendore sopra le sue sembianze, e sorrideva in pio e severo raccoglimento. Effuse sangue anche nella notte dal 9 al 10 marzo, e sul mattino lo fece annunziare al Decano dal confessore, e ritenne di aver con ciò soddisfatto al suo debito verso il Consigliere... Giacque sanguinando sin circa le tre dopo il meriggio; ciò nondimeno il Decano non venne a convincersi del fatto. Essa gli aveva fatto dire dal confessore di annun ziarlo da sè al Vicariato o al Consigliere.
Venerdì santo, 30 marzo.
« A causa della solennità, questo giorno i di lei patimenti crescono sempre. Trovasi continuamente immersa in visione, ed ha per di più da sopportare visite di parenti. La pienezza dei suoi dolori e la grave violenza patita dalla di lei vitale organizza zione, che deve subire una trasformazione e cangiar di giro, onde dare testimonianza della morte dell'Uomo - Dio, le fanno sentire meno gli esterni disturbi; essa è affatto abbandonata in braccio alle sue pene. Alle dieci antimeridiane il Pellegrino la trovò colle fronte piena di sangue, e molte goccie ne erano in giù stillate; sovra ambe le di lei mani vedevansi pure stille di sangue e nella loro parte in terna vedevansi quelle stille che erano trascorse per le varie sinuosità dell'epidermide. Lo stesso accadeva sui piedi. Ei le asterse per quanto era possibile in sì possenti dolori. Essa per di più trovavasi nella continua inquietu dine di venire sopresa ed attaccata. Nascose coteste effu sioni sanguigne al medico ed al Lambert, per risparmiare lo spavento a quell'infermo ed angoscioso vecchio. Ne fece avvisato il Decano, che le mandò a dire di tranquillare la coscienza, e promise di prendere sopra di sè l'omissione del di lei annunzio al Consigliere. Ma il Decano, cui per due volte fu annunziato l'evento, non venne a convincer sene ! Essa annunziò che Gesù verso l'una ora avea esalato il suo spirito sulla croce, e provò sino a circa le sei pome ridiane sempre gravissime angoscie. Quando vide il quadro della Deposizione della Croce, e come Maria ricevesse in grembo il cadavere del Figlio, pensò: Come è mai forte Maria! non è mai caduta nemmeno una sol volta in sveni mento ! Tosto udì la voce della sua Guida celeste che ri prendendola le disse: Ebbene, prova tu quel che essa ha provato. E tosto sentì come un colpo di spada attra verso il corpo in modo tale che cadde svenuta in presenza del Pellegrino. Egli le avea posto sotto i sanguinanti e ad dolorati piedi un pannolino, in cui stavano avvolte reliquie, e questo era rimasto asperso da alcune, stille di sangue. Quand'egli a sera le pose quelle reliquie avvolte in quel pannolino sugli omeri, che straordinariamente le duole vano, ella sclamò in estasi: Cosa mirabile ! Qui veggo il mio Sposo vivente in mezzo a mille santi nella celeste Gerusalemme, e là lo veggo estinto giacer nel sepolcro ! E che mai è questo? Fra quei tanti santi veggo una persona, una monaca, che sanguina dalle mani e dai piedi, dal costato dalla testa, ed i santi stanno vicini alle di lei mani ed ai piedi, al costato ed agli omeri ! »
Nell'anno susseguente ebbe in visione quest'ammonimento: Sta attenta; tu soffrirai e con- patirai sangui nando nei giorni istorici, e non negli ecclesiastici »
Il Venerdì Santo dell'anno 1821 venne ai 20 di aprile, ed il Pellegrino così riferisce dei casi di quel giorno: Seguì ciò che non è mai seguito da che ha quelle ferite; non ha punto sanguinato nel Venerdì Santo, e le stimate, visibi lissime alcuni giorni or sono, sembravano come sparite. Essa non poteva concepirlo. Ed ecco ! nel minuto in cui vide inchiodare il Signore alla Croce, entrò il Borgomastro nella stanza, come disse, per ordine superiore. Guardò ad occhi spalancati, interrogò, partì. Qual senso davvero annichilante quel vedere ad un tempo quel povero uomo e la inferma ! »
Il Pellegrino avea per altro per l'innanzi in data dei 30 marzo riferito: « Essa celebra oggi il Venerdì santo. Il Pellegrino l'ha trovata questa mattina alle dieci col volto rigato di sangue, ed il corpo e le braccia rico perti di segni somiglianti a colpi di frusta. Circa le due il sangue cominciò a sgorgare dalle mani e dai piedi. Essa era in estasi, non sapea nulla del mondo esterno, e non provava veruna inquietudine pel timore di essere veduta allo sco perto. Era tutta immersa nella visione dell'opera della Redenzione. »
9. Patimenti a cagione dei matrimonii misti.
« Vidi molte chiese qui nelle nostre contrade in trista e penosa decadenza. Sembrava come se vedessi il loro futuro destino. Vidi giovani sacerdoti che tutto facevano più pre sto e peggio, e molte comunità mi apparivano come se l'approvassero interamente. Vidi la Magion delle nozze di Münster. La vecchia colla figliuola eran fuori, ma eravi invece dentro un vecchio (diplomatico negoziatore) che sembrava esser stato istruito dal diavolo, tanto era lusinghiero e sottile. La seppe far così bene e la portò tanto innanzi, che gli ecclesiastici si trovarono divisi in due partiti. Vi era tra loro come una specie di concilio e vidi come l'Austero ( Droste) e l'Overberg di gran cuore si col legarono e si tennero d'accordo. Trattavasi di cose matri moniali. L'affare era molto torbido. Con cotesti due, vale a dire dal lato della giustizia, tenevano al più altri cinque, e fra essi un uomo vecchissimo. Gli altri erano opposti. Eravene un gran numero riunito, ed incominciarono a di sputare in tal modo che ne rimasi spaventata. Allora i più severi si allontanarono, ma gli altri si racchiusero coi lute rani. Il peggio si era che alcuni singoli in seguito si uni rono di bel nuovo e segretamente ai cattivi, esempligrazia R..., perlocchè io vidi il Droste e l'Overberg molto afflitti ed irritati......
« Venni di nuovo nella Magion delle nozze; era piena zeppa di uomini. Erano fra loro divisi. Al disotto erano i migliori intorno all'Overberg e al Droste; e fra loro eravi pure quel giovane colla uniforme azzurra, che avea l'aria di volersi convertire. Egli adesso non portava più quel l'uniforme. E quei signori non avevano ora più altro giuramento che nel nome suo; egli per loro era il tutto. Eranvi costà al piano inferiore anche tavole con urne, e furono inviati dei giovani, ma l'affare non volea avviarsi bene. Verso il piano superiore era stata dal di fuori fab bricata una scala che vi conduceva, e su quella si affollava montando una moltitudine di persone, uomini e donne, ecclesiastici e secolari, cattolici e protestanti. Lassù poi regnava una straordinaria attività separata per altro affatto dalla Chiesa, anzi interamente a lei contraria. Ciò nondi meno vidi lassù molti sacerdoti a me cogniti trafficare coi protestanti contro quelli che stavano al piano di sotto, e ne vidi parecchi che portavano roba sulle spalle andare e portare dal piano superiore all'inferiore, e andare in su e in giù. Ciò che per altro straordinariamente mi spaventò fu quand'io vidi quel giovine che si dava per convertito, cui quelli di sotto interamente si abbandonavano ed in cui tanto confidavano, essere uno svergognato traditore che se gretamente svelava a quelli del piano di sopra che cosa fa cevano coloro che trovavansi al piano inferiore. Ne fui tal mente sdegnata, ch'io voleva affrettarmi, penetrare colà dentro, e scoprire il suo tradimento. Ciò mi fece tanto male che ne dovetti piangere; ma la mia Guida mi trattenne e mi disse: Non è ancora tempo, aspetta finchè egli si tradisca da sè medesimo. Così guardai a lungo co testo quadro, e vidi finalmente che qualcosa succedeva a coloro del piano superiore, e che gli uni cogli altri erano tutti mandati fuori. Tutti coloro che per quella scala esterna erano montati in alto, e quindi non erano entrati nell'ovile per la vera porta, vennero cacciati via e fuggi rono. Vidi dipoi nel giardino un campo di fiori, e su quello un'angusta scala che montava verso il cielo; e vidi salirvi moltitudine dei dispersi che non erano stati ammessi. Ne vidi altri i quali erano per là montati, e che di nuovo scendevano a cercare altri compagni. Vidi per sone apparentemente molto importanti venire scacciate, e la scala rimontare in su dinanzi a loro, giacchè essa scen deva dal cielo. Ma presso i gradini stava un giovane colla spada in mano che respingeva gli ingiusti. »
Cotesto quadro si riferiva ai matrimonii misti, pei quali Anna Caterina ebbe a patire ineffabili patimenti sino alla morte. Così una volta ella giacque per molti giorni op pressa da atroci dolori di basso ventre, e per lo più orante a braccia aperte e distese. Lavorava nella Magione delle nozze, e conobbe il progetto della cuoca luterana di legare in matrimonio la propria figlia bastarda col quasi adulto giovanetto delle scuole. Vide gli ecclesiastici in mol teplici imbarazzi e guai, a causa dei matrimonii misti che si moltiplicavano. Dovè eccitare molti altri praticanti del l'orazione, e metterli in moto affinchè ottenessero che quei vacillanti sacerdoti si decidessero a camminare per la via del giusto. Vide tutto ciò in quadri simbolici. Le fu mostrata pure in un quadro tutta la storia ecclesiastica inco minciando da Mosè, e come la Chiesa non abbia mai per messo i matrimonii misti tranne in casi di grave necessità, e come sempre da questi risultassero per la Chiesa gravi svantaggi ed indebolimento.
Così ella disse: « Ho veduto come Mosè anche prima di giungere al monte Sinai, sepa rasse appieno dal popolo e rimandasse indietro certi israe liti duri di cuore, che si erano già uniti o si volevano unire con donne pagane; e come costoro, voglio dire quei com misti a donne Madianite, non avessero alcuna stabilità nella loro unione, ma di bel nuovo si separassero e venissero fra i Samaritani, che mescolandosi di nuovo cogli Assiri, vidi divenire eretici ed idolatri. Vidi durante la cattività Ba bilonica nascer la commistione dei matrimoni dalla neces sità, ma la vidi cagionare altissimi danni. Vidi sul na scere della Chiesa matrimonii fra persone di fede diversa permessi e per necessità, e per favorire la propagazione della fede; ma vidi che la Chiesa mal sopportava che i fi gli di cotesti matrimonii divenissero pagani od éretici, e se ciò avveniva, lo considerava effetto di prepotenza. Tosto chè per altro la Chiesa fu fermamente stabilita, non la vidi più permettere simili matrimonii. Ho veduto contrade intere, dalle quali la vera fede era stata interamente sban dita per effetto di simili commistioni; anzi ho veduto che ove riescano i disegni concepiti circa questi matrimonii e circa quel giovinetto delle scuole, fra cento anni le cose andranno molto male anche in questo paese. »
Luglio 1821.
Essa è da una settimana in poi immersa in sì gravi pene, che ben sovente gemendo e querelandosi si raggomitola e si contorce sul letto. Non trova tre gua alcuna e non può a causa delle sue pene rimanere ferma in veruna posizione. È per di più immersa in conti nue visioni ed in opere da compirsi a distanza. È giorno e notte occupata della chiesa di questo paese, e vede ogni miseria vicina e lontana. Disse come le riusciva difficile il parlare con coloro che la circondavano, poichè non si trova mai collo spirito presente.
Debbo andare or qui or là da singoli ecclesiastici, pastori e consiglieri, ed anche quando sono fra loro riu niti debbo a ciascuno di essi sommessamente suggerire alcuna cosa, e cotesto lavoro dura sovente per l'intero allora veggo giorno. Se io vengo in mezzo ai loro consigli,come talvolta alcuno voglia consentire o sottoscrivere carte e cose che non vanno, e come quando nol fa, e non riesce talvolta a far prevalere il dritto, debba almeno tralasciare sempre quel che sarebbe ingiusto. Veggo pure ognora quadri relativi alle scuole, e veggo dei grossi e grandi giovanetti venire calpestati da piccoli bambini non ancor nati, dei quali per altro io conosco l'origine; e veggo nello stesso modo grandi fanciullette calpestate da piccole bambine. Questi sono quadri simbolici di nuovi piani che derivano dall'illegittimo connubio dell'orgoglio e dell'illu minismo. Veggo tutto ciò in mere figure e conosco la più parte dei padri di cotesti fanciulli, ossiano disegni. »
Un bel mattino il Pellegrino la trovò affatto raggomitolata per le doglie ed ardente di calore febbrile. Era in istato di visione e nulla sapeva di ciò che intorno à lei succedeva. Allora la sorella aununziò la presenza di un povero; il Pellegrino gli dette quattro grossi in nome della inferma, senza che questa potesse nulla saperne e nemmeno accor gersene. Appena per altro la sorella avea portato quel do nativo al povero che aspettava dinanzi alla porta, la in ferma cominciò a muover la lingua e le labbra come se gu stasse alcuna cosa, e sussurrò sommessamente: « Oh come è dolce, come è dolce ! Ove è quel boccone che tu mi hai dato? »
Ed allora essa, che un momento innanzi non poteva neppure muover la mano, si sollevò sedendosi in alto, e disse sorridendo senza destarsi dall'estasi: « Vedi come tu mi hai fortificato con quel dolce boccone. È stato colto sopra un albero celeste ed io l'ho ottenuto ! »
Il Pellegrino sorpreso da cotesto incidente notò nel suo Diario: « Oh quanto è mai intima l'unione di cotest'anima con Cristo, poichè in lei così sensibilmente si verifica la parola: Quel che avete fatto a un povero lo avete fatto a me. »
Natura e sostanza del Razionalismo.
10. Fui nella Magione delle nozze e vidi in molti coc chi arrivare un corteo nuziale lunghissimo e molto rumoroso. La sposa, che avea intorno a sè molti uomini e donne, era una grande e sfacciata persona di meretricii orna menti adornata. Portava sulla testa una corona ed aveva sul seno molti gioielli e tre catene e fermagli di similoro, da cui pendeva una quantità di strumenti e figure, come gran chi, rane, rospi, grilli, come pure piccoli corni, cerchi, zufoli e cose simili. Il suo vestito era di scarlatto; sulle sue spalle volteggiava qua e là una civetta, talora a manca e talora a dritta, parlandole all'orecchio; sembrava che fosse il suo genio ispiratore. Cotesta donna entrò con tutto il suo seguito e molti bagagli con altera pompa nella Magion delle nozze, e ne scacciò fuori quanti eranvi dentro. Quei vecchi signori e gli ecclesiastici ebbero ap pena il tempo di agguantare in fretta i loro libri e le carte. Tutti doverono uscire; molti con orrore e ribrezzo, altri presi da simpatia per quella meretrice ( 1).
(1) Essa vide una volta nella Magion delle nozze la madre di cotesta donnaccia preparare una zuppa cotta nell'acqua con erbe frescamente germogliate a forza, e con grossi fiori gialli di potente odore; cotesta zuppa era preparata per certi dotti che dovean pure germogliare a forza ed in fretta come quell'erbe. Vennero effettivamente, e con avi dità mangiarono di quella zuppa cotta nell'acqua.
Alcuni si avviarono verso la chiesa, altri qua e là in isquadre ovvero dispersi. Essa per altro là dentro rovesciò tutto ed anche la tavola coi calici. La sola camera che racchiudeva le vesti nuziali e quello spazio ch'io vidi divenire cappella sacra alla Madre di Dio, rimasero chiuse ed intatte. Fra gli altri avea presso di sè quel sottile ipocrita che ultimamente vidi lusingare ad un tempo ambo i partiti, ed egli vale più che ogni altro presso di lei. Il dotto giovinastro era suo figlio; crebbe ad essere uomo, e per tutto si ficcava con impudenza sfacciata. Notabil cosa si era che la meretrice e tutti i suoi libri formicolassero di luminosi vermicciuoli, e che ella puzzasse come quel fosforico scarafaggio che fra noi chiamasi Mutfiste. Quelle donne che le stavano d'attorno erano profetesse magnetiche, e profetizzavano e la sostenevano. È buona ventura che sieno tali; si mostrano e si producono nelle loro tresche, e così finalmente l'affare viene in chiaro, e così il bene si separa dal male. Dopo chè ebbe tutto rovesciato e devastato in casa, passò la me retrice nel giardino delle nozze e coll'aiuto del suo seguito vi abbattè molte piante e dovunque passò fece tutto disseccare ed annerire, e tutto riempì di puzza e di vermi. Cotesta svergognata sposa volea per altro maritarsi, ed invero, con un pio ed illuminato giovane sacerdote.
Credo che fosse uno di quei dodici, cui vedo spesso operare im portanti cose sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. Egli era pure, vedendola, fuggito di casa. Essa lo fece ritor nare attraendolo coi più dolci e melliflui discorsi. E quando ritornò gli fece vedere il tutto e tutto gli volle trasmettere. Egli non vi resse che per breve tempo; e mentre ella lo trattava con sfacciata impudenza ed insi steva, e ad ogni modo volea deciderlo a sposarla, ei mo strossi ad un tratto solenne e severo, e maledisse colei e le arti sue come quelle di una maledetta meretrice, e tosto partissi. Ed allora vidi ad un tratto tutto ciò che era con lei ed intorno a lei fuggire ed appassire, morire ed annerire. L'intera Magion delle nozze divenne tenebrosa e nera, e gli innumerevoli vermi incominciarono a corrodere e divorare ogni cosa. E quella stessa donna veniva in parte divorata dai vermi, e cadde e giacque sul suolo colla intera sua forma; ma bentosto tutto in lei si disfece, distaccossi in frammenti siccome esca. Io ho pure spezzati alcuni di quei vermi che là giacevansi morti, eppure fosfo ricamente lucevano; erano internamente secchi e carbo nizzati. Quando il tutto fu putrefatto in mortale silenzio, venne di bel nuovo quel giovane sacerdote, e due altri ne sopravvennero con lui; uno di costoro, uomo attempato, sembrava inviato da Roma.
Portò una croce e la piantò dinanzi all'annerita Magion delle nozze, e prese alcunchè dalla croce e penetrò nell'interno della Magion delle nozze, ed aprì ogni finestra ed ogni porta, e sembrava come se gli altri orassero, consecrassero, o esorcizzassero dinanzi alla casa. Ed ecco che si sollevò fragorosa tempesta e sof fiò per entro quella Magione, e ne cacciò fuori un nero e denso vapore, e lo cacciò lungi sino ad una gran città, ove quel vapore si condensò posandosi in diversi nubi. La Ma gione poi venne di bel nuovo occupata da un eletto numero degli antichi abitatori; anco alcuni di coloro che erano venuti colla meretricia sposa e poi si erano conver titi, furono là dentro collocati. Tutto divenne puro e cominciò a prosperare. Anche il giardino si riebbe. »
1. Il corpo della Chiesa. Lavori per la raccolta delle messi.
Giugno 1820. « Mi trovava nella chiesa della Magione delle nozze. Eravi costà festa solenne siccome quella della preparazione all'uscita per la raccolta della messe. Vidi nella chiesa il Signore Gesù come pastore, gli apostoli e i discepoli, molti santi ed anime beate in alti cori, e sul pa vimento vidi molti viventi ecclesiastici e laici, fra i quali molti individui riconobbi. E sembrava come se venissero orando ad implorare benedizioni sulla raccolta, ed operai per farla, e come se Gesù invitasse a quell'opera e dicesse: La messe è grande, ma gli operai son pochi; pregate adun que il padrone della messe ond'egli invii operai a racco glierla. E sembrava come se il Signore inviasse i suoi di scepoli ed apostoli colle forme ecclesiastiche, come avea fatto prima vivendo. Ed io andai pure fuori alla raccolta, e meco anche alcuni fra quei sacerdoti e laici viventi. Molti per altro non vollero andarvi e si scusarono e rima sero addietro. Invece di costoro però vidi farsi innanzi molti santi e beati. Allora vidi il campo della messe presso la Magion delle nozze, e scorsi su quel campo stare un corpo sollevato e diretto verso il cielo. Esso era orribil mente mutilato; alcune parti delle mani e dei piedi gli erano state mozzate, ed in molti punti vedevansi larghe aperture e ferite. Alcune di coteste ferite erano recenti e sanguinavano ancora; altre eransi riempite di mal cresciuta e putrida carne; altre erano come cicatrizzate ed ossificate; un lato intero di quel corpo era per altro dive nuto nero e cancrenoso, e come consunto.
La mia guida mi dichiarò come cotesto corpo fosse quel della Chiesa ed anche quello di tutti gli uomini, e nell'indicarmi ogni ferita o mutilazione, m'indicò ad un tempo come fossero disposte nella direzione di ogni parte del mondo. Ed io vidi con un solo sguardo popoli ed uomini separati e nella più remota lontananza, starsi dinanzi a me nei loro usi e costumi. E sentii i dolori della separazione di quei membri come se fossero tagliati dal mio proprio corpo. E non deve un membro sospirare di unirsi coll'altro e provar dolore per lui, ed affaticarsi onde guarisca e di bel nuovo si colleghi col corpo? e non deve un membro soffrire dolori onde l'altro risani? Mi disse la mia Guida che i più prossimi e più dolorosamente divisi son per altro coloro cui è stato divelto il cuore dal seno. Mi pensava nella mia semplicità: Cotesti sono i parenti e consanguinei, e volgeva il pensiero a mia sorella; ma mi fu detto: Chi sono i miei fratelli? coloro che osservano i comandamenti del Padre mio sono i miei fratelli, e non già i consanguinei sono i più prossimi al cuore. I consanguinei di Cristo sono i consentanei nel modo di pensare, e poi i cattolici che sono disgraziata mente caduti e separati. Vidi peraltro che quel lato nero e cancrenoso verrà presto a risanarsi. Quella carnosità mal cresciuta che riempie le ferite rappresenta gli eretici; coloro per altro che non sentono più affatto alcun senso religioso, trovansi in stato di fredda cancrena. Vidi ogni membro, ogni ferita con la sua significazione. Quel corpo giungeva sino al cielo. Era anche il corpo di Gesù Cristo. Quella vista mi fece scordare i miei dolori, ed incominciai a lavorare con ogni mia forza, a mietere, a legare e a portar tutto nella Magion delle nozze. Vidi come i santi aiutassero dall'alto, e come i dodici futuri apostoli l'uno dopo l'altro prendessero parte al lavoro. Dei cooperatori viventi ne vidi pochi, e l'un dall'altro situati a distanza. Soggiacqui quasi alla fatica del lavoro, e le dita mi duole vano a forza di legare. Il sudore mi grondava a rivi. Avea appunto da fare con un manipolo di grano rigoglioso e le spiche mi pungevano e mi sentiva esausta affatto; ed ecco che mi si fa innanzi un uomo ben liscio e ben azzimato mi dice di lasciare da banda quel lavoro, che non potrei sopportarlo, e che d'altronde non era cosa che mi spettasse. Sul principio nol riconobbi; ma siccome cominciò a corteggiarmi ed a promettermi giorni felici secolui, vidi bene che era il diavolo e lo cacciai via per le brutte, ed egli si dileguò. Vidi inoltre tutto quel campo della messe circondato da una vite smisuratamente grande, e vidi i nuovi apostoli lavorarvi intorno con voglia ed invitarvi anche altri. Sul principio stavan lontani gli uni dagli altri. Al chiudersi poi della raccolta ebbe luogo gran festa di ringraziamento, celebrata da tutti coloro che avevano insieme lavorato. »
Consolante quadro simbolico delle sue opere di orazione.
« Sono ancora affatto stanca e tutte le membra mi dolgono pel lavoro. Nei campi della Magion delle nozze venni entro una vasta e vuota capanna ivi situata, e vi trovai in un angolo alcune povere genti. Coteste genti pativano la fame ed io dentro me stessa rivolgeva come poterle aiutare; ma ecco che sopravvenivano sempre più persone d'alto affare ed umili, vicine e lontane, conosciute ed incognite, ecclesiastiche e secolari di ogni età, d'ogni stato e d'ogni sesso, e tutte volevano aiuto. La mia Guida disse che avrei potuto procacciare provvigioni per tutti coloro, se pur volessi lavorare con diligenza. E siccome a ciò mi mostrai pronta e disposta, mi condusse sopra una pianura presso un vasto campo di segale e di grano. Tutte quelle genti mi seguirono e si saziarono colle spiche; ma io le ordinai tutte bentosto per mietere, e per legare e per trasportare, e dovei tutto dirigere ed aver cura di tutto. Quei di più alta condizione ebbero soltanto in cura la sorveglianza. Ma tutte coteste genti eran per la più parte infingarde e poco abili; i loro manipoli non regge vano insieme. Io dovea sempre piantarvene uno per mezzo, cui esse appoggiavano gli altri. La messe venne allora portata nella capanna, battuta, e collocata separatamente in una quantità di recipienti. Nel piano superiore del granaio ve ne era una gran parte, e quella se la ebbe il Papa. Una parte se la ebbe un piissimo Vescovo a me sconosciuto, ed un'altra parte l'ottenne il Vicario Generale coi nostri vicini. Vidi allora le comunità, e qua e là anche alcuni singoli preti della nostra vicinanza ricevere la loro porzione. Alcuni ottennero molto, altri poco. I buoni ottennero di più. I migliori più grano che segala. I cattivi non si ebbero nulla. Pochissimo di quel raccolto pervenne sin qui; moltissimo ne ottenne il Parroco di H.; il confessore s'ebbe il quartuccio di uno staio. Il resto se l'ebbero tutto coloro che lo desiderarono. Talvolta ottenne soltanto alcunchè un semplice vicario, ed il parroco non ottenne cosa alcuna. La mia Guida lavorava e faceva le parti. Sono talmente stanca per cotesto lavoro che non posso ancora riavermi. »
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