Sotto il Tuo Manto

Sabato, 7 giugno 2025 - Sant' Andronico di Perm (Letture di oggi)

La superbia produce discordia, mentre l'amore produce l'unione. (Sant'Agostino)

CAPO V. ULTERIORI PATIMENTI SINO AL FINE DELL'ANNO ECCLESIASTICO.


1. Appena Anna Caterina, per aiuto soprannaturale, era stata sottratta al pericolo di morte sicura, che con rinnovato coraggio dovette di nuovo assumere la dura lotta spirituale, ed in essa persistere senza interruzione, sino al fine dell'anno ecclesiastico. Tu giaci qui e sei perseguitata, le disse un giorno il divino suo Sposo, affinchè gli animi discordi circa di te, si riuniscano e molti pervengano alla cognizione del vero e del bene!» Quindi l'opera già incominciata dovea condursi al fine nel modo il più perfetto, e tutti i tentativi del maligno e dei suoi strumenti dovevano per opera della pazienza e di un continuo esercizio di virtù venir trionfati. Nè trattavasi soltanto di lotta e di un paziente patire, ma altresì dei più eroici fatti d'amore, col mezzo dei quali essa, quale espiatorio strumento, doveva compire e migliorare tutto ciò che nelle di lei azioni poteva come imperfetto e mancante comparire agli occhi severi della giustizia di Dio. Ciò poi che essa per gli altri espiava, dovea riuscire ben più purificato dal fuoco dell'amore, che dall'ardor dei tormenti. A compire cotesta immensa missione, ella era fornita di tutti quegli aiuti che sono apprestati ai figli fedeli della Chiesa dalla comunione dei santi; ed infatti dai santi riceveva l'aiuto, riceveva la benedizione ed i frutti delle proprie sue opere di carità dalla protezione e soccorso delle preghiere delle povere anime del purgatorio, consolate e liberate per mezzo delle di lei offerte ed espiazioni, e finalmente dalle elemosine spirituali dei di lei contemporanei. Quello peraltro che coloro i quali, stando con lei in relazioni da Dio preordinate, tralasciavano o ritarda vano, ciò tutto era riparato dai loro avi, già da gran tempo defunti, giacchè la comunione dei fedeli mai può venire interrotta dall'aver vissuto prima o dal viver dopo. Ed allorchè le molestie o la sconsigliatezza, o le perturbazioni di mente dei più prossimi amici; allorchè le insidie di avversarii potenti ed instancabili minacciano di opprimere ed ingoiare la intimidita paziente, allora essa aiutata dalla sua guida celeste si rialza dai flutti del mare delle pene e delle sollecitudini, siccome una navicella dal seno delle onde irate, e riprende un nuovo corso verso lo scopo a lei prefisso sin dalla eternità. Ben sovente Anna Caterina gemendo parlava così: Io non vedo alcun fine ai miei patimenti; divengono sempre più grandi. Gli ho veduti ognora crescere durante la mia vita, siccome un albero che sempre più vegeta quanto più vien rimondato. Ho contemplato sovente cotesto fenomeno quando da bambina me ne andava nei campi, e da monaca nel giardino; ed internamente vedeva sempre cotest'albero crescere. Ho già fatto molto in addietro, ma pure mi duole assai che molti buoni espedienti onde sottrarsi all'impero del male sieno andati in noncuranza, e molte grazie siensi pure perdute. Sovente mi è stato mostrato che dalla trascuranza dei doni a me accordati, come pure dal tralasciare di raccogliere le mie visioni che in sè comprendono e fan testimonianza di tante ascose relazioni e concordanze di cose, ne è venuto gran danño. Bene spesso ne ho provato grave cordoglio, e sola consolazione mi è stata il sapermene innocente. Ma pure ho per troppa benevolenza d'animo gravemente mancato. »

2. Ella ebbe incessantemente in visione i più svariati quadri dei consecutivi progetti e piani dei suoi oppressori. Vide tutte le loro azioni ed agitazioni, e la loro profonda corrispondenza colle tendenze del suo tempo tanto nemiche alla Chiesa, alla fede, ed alla vita cristiana; tendenze contro le quali doveva combattere col mezzo dei suoi patimenti e della sua orazione. Ed ecco come lo raccontò: « Vidi le potenti minaccie colle quali io doveva sia per le buone, sia per le cattive e con prepotenza, esser portata via di casa. Un individuo mi si accostò e mi disse: o che viva o che muoia, dev'esser così! Allora mi gittai nelle braccia del mio Salvatore e sclamai fortemente verso di lui. Poi susseguirono altre visioni. Vidi uno che stava spiando in ascolto, e che raccoglieva tutte le ciarle della piccola città. Vidi andare e venire persone che mi tormentavano con domande e parole pungenti. Vidi più oltre venire visite maliziose e mi vidi vicini falsi amici che in molte cose mi nocquero. Tutto era divenuto tormento.

Vidi ecclesiastici immersi in profondo sonno, e quel poco che facevano somigliava a tela di ragno. Vidi la malizia, la simulazione, e la prepotenza progredir talmente da tanti lati, che per lor propria colpa si tradivano, s'interrompevano ed alfine si annientavano. Vidi alcuni perdere il loro posto ed altri subentrarvi, e vidi nel mondo tutta una gran catena di miserabili e vili persone alte e basse. Mi vidi con grande spavento abbandonata dai miei amici. Ho visto poi ora una schiera di uomini che sembrava avvicinarsi traversando un vasto prato, sul quale io guardava. L'uno fra cotesti uomini precedeva a tutti gli altri. Erano forse più di cento. Pensava in me stessa: non è egli questo il luogo ove il Signore cibò i settemila? Il Signore mi venne incontro con tutti i suoi discepoli, e lo vidi fra i molti scegliere i dodici apostoli. Vidi come egli fermasse il suo sguardo sugli uni e sugli altri. Li riconobbi tutti, tanto i semplici vecchi, quanto i bruni, giovani e forti uomini. Vidi come egli li mandasse lontano in ogni lato, e li seguitai collo sguardo ben lungi in mezzo ai popoli. E mentre in me pensava: Ah che posson mai fare questi pochi in mezzo ad immense moltitudini, il Signore mi disse così all'incirca: le loro voci risuoneranno lontane. Così anche adesso molti sono inviati. Sien uomini, sien donne, hanno a ciò uguale potere. Vedi: l'eterna salute che apportarono cotesti dodici, l'apportano anche adesso in questi tuoi tempi coloro ch'io mando, quantunque oscuri e dispregiati! Sentii in cuore che cotesta visione doveva servirmi di consolazione. »

3. Alla vista di minacciato assalto, di ripetizione di nuovo e più penoso tormento meditato dai di lei oppressori, suoleva essa tosto approntarsi e fortificarsi coll'orazione: Che possono farmi gli uomini (diceva); voglion forse lacerar questo corpo? Ebbene, l'offro per amor tuo o mio Salvatore! Signore, io sono la tua ancella! » Ed a sua consolazione ella si ebbe una volta, dopo una simile preghiera, una visione, nella quale le fu mostrato quanto mai potesse sperare anche nella desolata sua situazione:

« Mi trovai (diceva) trasportata in un vasto spazio scevro d'ogni apparenza di terrena natura. Il suolo che mi sosteneva, o sul quale mi trovava sospesa, era trasparente siccome un velo. Sotto ai miei piedi mi appariva la terra oscura come la notte, e nondimeno vidi sopra di lei molte immagini. Attorno a quel centro ove io mi stava, apparivano trasparenti e distese in infinito spazio schiere di spiriti distribuite in cori. Non erano propriamente santi, ma sembravano anime che pregavano, e che ricevevano dall'alto, prendevan dal basso, ed il ricevuto scambiavano. Prendevano le orazioni, pregavano, proteggevano ed imploravano aiuto dai più alti cori, che a quel loro supplicare inviando aiuto dalle più alte regioni, quando più, quando meno mostravansi nella luce. I più alti cori eran quelli dei santi. Quelli che mi circondavano parevano di anime destinate dal Signore a vedere tutti i pericoli della terra e ad implorare soccorso. Ogni stato, ogni ufficio terreno, sembrava avere le sue proprie anime oranti. Tutto a me d'intorno era occupato in benefica azione. Pregai io pure, giacchè vidi mille bisogni, ed Iddio inviò soccorso per mezzo dei suoi santi, e l'azione ne fu istantanea per mezzo di inaspettati ostacoli frapposti al male, di apparenti casualità, cangiamenti di pensiero e simili. Vidi in dividui mortalmente ammalati ed impenitenti, convertirsi per la forza vincitrice dell'orazione, e ricevere i Sacramenti. Vidi persone cadute pericolosamente o naufraghe venir salvate dalla preghiera, e sempre ciò appariva come se quasi fosse stato impossibile. Vidi molte cose che ad alcuni avrebber dovuto arrecar perdizione, venir portate via dalla preghiera, siccome una marra porta via la cattiva erba da un campo; ciò vidi, ed ammirai la giustizia di Dio. »

4. Essa vide una similitudine della sua situazione nel quadro simbolico di un agnello: « Io sogguardai una contrada come si guarda una carta geografica, e vidi boschetti, prati ed armenti coi loro pastori. Più vicino a me vidi un pastore con più numeroso gregge, ed all'intorno di quel gregge alcuni altri vicini gruppi di pecore. Cotesto pastore aveva altri guardiani sotto di sè. Egli pigliava alquanto il suo comodo. Fra i guardiani ve ne erano certi che facevano più di lui. Il suo gregge era in mediocre stato. Eravi in esso un agnello più pingue e più bello degli altri, e che aveva qualche cosa di meraviglioso nel suo modo di essere; e gli altri agnelli si affollavano più che potevano attorno a lui. Eranvi poi anche pecore tignose in quel gregge. Esso pascolava da un lato in faccia ad un boschetto, ove stava nascosto agli agguati uno spavente vole lupo, ed anche un secondo lupo stava dietro il primo spiando in altra selva. Eran lupi, ma come fan gli uomini, s'intendevano fra loro e più d'una volta si aggiravano qua e là insieme, e sempre stavano in agguato per quell'agnello,senza punto curarsi delle pecore tignose. Mi duoleva molto di quel povero agnello, nè poteva comprendere in verun modo, come mai i pastori se ne stessero così trascurati.

Un solo degli inferiori guardiani curavasi dell'agnello, ma non poteva già far gran cosa, quantunque ben custodisse la parte del gregge a lui affidata. Più d'una volta vidi i due lupi slanciarsi assieme ad afferrare l'agnello; ma tosto le altre pecore saltavano talmente qua e là d'attorno, e menavan tanto romore belando, che i lupi oltre non si arrischiavano. I pastori peraltro nulla facevano per venirgli in soccorso, ed io non poteva capirlo. Una volta i lupi l'avrebbero quasi afferrato, ma il lupo più lontano giunse troppo tardi, e le pecore fecero un tal romore che essi non poterono averlo. Non poteva comprendere come mai avessero esposto quell'agnello a sì vicino pericolo. Un altra volta i lupi l'avevan già portato via per un piccol tratto di strada, ma tutte le altre pecore corsero loro dietro ed allora ( compresi nella mia compassione che quell'agnello era io stessa. Scese però allora un uomo dall'alto, ed essi fuggirono dinanzi a lui; e vidi nel momento medesimo ch'io aveva le di lui ossa presso di me, e mi stupii che il suo corpo fosse così meco ed il suo spirito su in alto. Allora venne pure anche il guardiano delle pecore e riportarono a casa l'agnello. »

5. Siccome cotesto agnello era sì poco protetto dai suoi pastori, così gli fu concesso straordinario aiuto per mezzo di quelle anime beate, che in antichi tempi, nel medesimo luogo, ed in consimili circostanze, avevan sofferto come Anna Caterina.

Ai 9 di ottobre narrò così: « Venne presso di me una santa vedova che ha vissuto qui in Dülmen e qui è morta pure in una prigione. Cotesta vedova ha parlato a lungo meco e non abbiamo peranco esaurito i nostri discorsi. Mi ha parlato di quei tempi e della sua prigionia, siccome di cose analoghe a questi tempi. Anche allora non volevasi sentir parlare nè di giustizia, nè di fede; e perciò aveva anch'essa sofferto. Mi disse il suo nome di famiglia: era una Galen, e mi mostrò la prigione che in parte era sopra e in parte sotterra, in cui essa ed alcuni a lei appartenenti erano stati racchiusi. Parlò meco molto circa la mia propria storia e del come ciò tutto avesse dovuto avvenire a seconda dei disegni di Dio. Mi disse ch'io non doveva rispondere altra cosa fuor quelle che precisamente mi venivano in pensiero, e non stare a riflettere. Mi disse: Come meravigliosamente hai sopportato il pericolo! Se tu lo avessi conosciuto, ne saresti morta di spavento! Altre mirabili cose verran conosciute per mezzo tuo. Il periodo della incredulità è giunto al suo culmine; la confusione crescerà ancora incredibilmente, ma dopo la tempesta, si ristabilirà di nuovo la fede. Pareva che cotesta vedova bene mi couoscesse. Mi spiegò molte cose e la stessa mia vita; mi consolò pure, dicendomi che pel momento non aveva nulla di serio da temere. Parlò dello stato degli ecclesiastici ed anche delle reliquie. Sarebbe bene, disse ella, che venissero raccolte e di nuovo esposte in chiesa; è ben vero che operano, proteggendo e difendendo ovunque si trovino; ma quel tenerle in non cale e negligentarle, nuoce pur molto. Quella polvere nella quale giacciono dovrebbe essere sepolta in terra consacrata. Vi sono ancora molte di queste reliquie in Dülmen. Cotesta dama portava una sopravesta per dinanzi aperta e piegata a pieghe trasversali, che poi sul dorso con altre larghe pieghe si dilatava in lungo strascico. Quella vesta era stretta alle braccia, guarnita di rigidi manichini circa i polsi, mentre un poco più sopra ne pendevano larghe prolungazioni delle maniche. Essa è morta innocente nella carcere di una setta segreta o di una associazione scomunicata, che nei suoi tempi cagionò grave spavento e sciagure. Cotesta associazione somigliava alquanto a quella dei Frammassoni, ma era molto più prepotente. »

21 Ottobre: «Quella buona signora, moglie di un membro del tribunal segreto, mi comparve di bel nuovo e parlò meco a lungo. Mi confermò essere una Galen. Essa non ha una potenza di protezione come le reliquic, ma aiuta ed avvisa. Mi disse ch'io non doveva aver più alcuna inquietudine; giacchè i miei oppressori avevan più paura di me, di quel che io l'avessi di loro. Se ne eran partiti ripieni di pazza sfrontatezza e temerità, e paghi che loro non fosse succeduto alcun male.»

« Venni pure in relazione con un uomo contemporaneo di quella buona signora. Lo vidi nella di lei abitazione nella città di Dülmen. Veniva ad essa sovente e si tratteneva a lungo con lei, e quindi derivò la sua morte. Era uno dei più distinti personaggi del paese ed uno dei capi del tribunale segreto.... Cotest'uomo era segretamente molto buono e pio, e spesso gli pervenivano indizi delle scelleraggini e dei crudeli assassinii esercitati dal segreto tribunale, ed egli tentava di impedirli per mezzo di quella pia signora, moglie di uno dei membri del medesimo; ed essa avvisava e salvava per quanti più ne poteva. Ma una volta che per tale scopo era rimasto troppo a lungo presso di lei, i cattivi ne insospettirono e decisero la di lui morte. Vidi segreti notturni colloquii, ed ogni sorta di cupe per sone aggirarsi segretamente e di soppiatto da un luogo in un altro di questo paese; e quindi vidi siccome in un quadro un castello ed un giardino al di qua di Münster. Era un antico castello con torri, ed ivi abitava quell'illustre personaggio. Lo vidi avviluppato nel suo mantello nel giardino, come se volesse recarsi ad una delle loro riunioni. Tre uomini camuffati s'approssimarono a lui e lo pugnalarono. Lo trascinarono poi presso un muro, che doppiamente circondava cotesto giardino. Il sangue era copiosamente scaturito dalle sue ferite ed aveva fatto rigagnolo in terra. Si, dieron gran pena per asconderlo, ma sempre appariva di nuovo. Riempirono con quella terra sanguigna un sacco, che insieme col corpo trasportarono a Dülmen, ed ivi lo collocarono in un sotterraneo presso la chiesa, ove giacciono molte ossa di simili poveri assassinati. Egli era un Droste.... Quella signora mi disse esser stata buona ventura per costui che egli allora morisse, poichè era pio ed in buona disposizione. Non temere, mi soggiunse; il tutto ha dovuto così succedere. I tuoi oppressori non hanno nè verun diritto, nè verun motivo per farti alcun male. Non istare a pensare quando t'interrogheranno di soltanto quello che ti verrà in mente. »

Nella sua umiltà Anna Caterina era molto preoccupata da questo pensiero: «Ed in che mai io, povera peccatrice, ho mancato ed ho dato causa a cotesti oppressori di peccar tanto per cagion mia?» Cotesto pensiero l'angustiava, talmentechè invocava da Dio nuovi patimenti onde espiare per loro, mentre dall'altro lato doveva confessare avere avuto da Dio la consolante assicurazione di non avere alcuna colpa in quei loro peccati. La di lei compassione peraltro, verso quei suoi ciechi nemici, era sì profonda e vivace, ed il puro suo cuore accoglieva sì poca amarezza o desiderio di vendetta, che proprio letteralmente non cessava di pregare per loro e di offrire in loro pro i suoi patimenti. Quanto poi cotesti fossero grossi e molteplici, si manifestò specialmente dopo l'ultima settimana di ottobre. Non solo fu visitata dal più estremo interno abbandono, ma fu altresì tormentata da un tal calore febbrile, che spesso nella notte credevasi dover mancare per la sete. La lingua le si attaccava al palato, e non aveva la forza di prender l'acqua che le stava d'appresso. I dolori nel petto, nelle mani, e nei piedi divennero sì insopportabili, che spesso ne piangeva e ne veniva meno. Allorchè si sentì di nuovo sollevata, confessò di aver desiderato di patire onde espiare per coloro pei quali pregava. Il di lei dolore somigliava a quello che potrebbero cagionare migliaia di aghi pungenti in ogni parte del corpo. Sentivasi siccome fosse internamente ed esternamente abbruciata e lacerata affatto nell'esofago; non poteva sentir parlare di alcun dolore nè di alcuna colpa, senza supplicare che ciò tutto venisse imposto sulle di lei spalle. Allorchè lo stato suo necessitoso era giunto al colmo, aveva già ricevuto consolazione dal B. Nicolao da Flue.

«Venne presso di lei e le disse: « Voglio esserti buon amico ed aiutarti alquanto. » Le dette a odorare un fascetto di  erbe, ed ella sentissi da quell ' odore rinvigorita. « Tu soffri, egli le disse, in tutti i membri, perchè i mancamenti per cui tu soffri sono tanto molteplici. »

7. Nella notte della decimanona domenica dopo la Pentecoste, nella quale cade il Vangelo delle nozze e delle vesti nuziali, venne a suo conforto dal B. Nicolao rapita nella seguente visione: « Vidi il B. Nicolao in sembianza di un vecchio grande, con capelli bianchi come l'argento, incoronato di una corona bassa, frastagliata, e ricca di gemme preziose. Portava una veste talare, candida come neve, che gli scendeva sino ai malleoli, ed aveva in mano una corona alquanto più alta ed ingemmata. Gli domandai perchè avesse, invece delle erbe, quella sì luminosa corona in mano. Mi parlò seriamente e con brevi parole della mia morte e del mio destino, e disse che egli voleva guidarmi a grandi e magnifiche nozze. Mi pose quella corona sulla testa, e con lui fui sollevata sino al palazzo ch'io vedeva dinanzi a me negli spazii dell' aria. Io doveva costà divenire sposa; ma mi vergognava sì potentemente, ed era sì timida, che non sapeva affatto come contenermi. In quel palazzo celebravansi magnifiche nozze. Sembrava come se dovessi vedere costà il modo di agire e le usanze di tutti gli stati del mondo nell'occasione di un festino di nozze, ? l'azione e l'influsso dei santi antenati di tutti gli uomini sui loro discendenti e successori. E prima di tutto eravi costà una tavola nuziale preparata per gli ecclesiastici. Vidi il Papa ed i Vescovi coi pastorali ed i loro ornamenti sedervi attorno, e vidi molti altri ecclesiastici di alta e bassa sfera, ed ognuno di loro aveva al di sopra sedenti in più alto coro, i beati ed i santi della sua stirpe, i suoi antenati, i suoi protettori, ed i protettori del suo uffizio ecclesiastico, che influivan su di lui, e sentenziavano, e decide vano. A cotesta tavola sedevan pure spose spirituali delle più elevate condizioni, ed io dovei colla mia corona sedermi presso di loro, siccome fossi una loro uguale; del che molto mi vergognai. Costoro erano ancora viventi: non avevan peraltro ancora corona. Sopra di me stava colui che mi aveva invitata, e siccome io era tanto timida, egli tutto fece e dispose per me. Le vivande sopra alla tavola avevano invero forme ed apparenze di cibi, ma non erano per altro in alcun modo nutrimenti terreni. Vidi chiaramente tutto ed in tutto, e lessi in tutti i cuori. Vidi pure più oltre dietro quella sala del convento, molte stanze ed appartamenti d'ogni sorta, ove aggiravansi molte persone, e molte si avvicinavano. Moltissimi fra gli ecclesiastici vennero allontanati dal convito nuziale, perchè si erano troppo commisti coi laici, e troppo più a loro che alla Chiesa avevan servito. Cotesti laici furono i primi ad essere castigati, e quindi gli ecclesiastici furono rimossi dalla tavola e rinviati costì presso, o più lungi nelle altre stanze. Il numero dei giusti era ben piccolo. Questa era la prima tavola e la prima ora. »

« Gli ecclesiastici si ritirarono. Venne preparata un'altra tavola, alla quale peraltro io non mi assisi, ma me ne stetti sul suolo, confusa cogli spettatori. Il B. Nicolao rimase sempre al disopra di me, come mia guida e sostegno.

Venne allora gran moltitudine di imperatori, di re, e di dominanti principi a tavola, cui servivano altri gran personaggi. Al disopra di loro apparvero i santi che si annoverano fra gli antenati di ciascheduno di loro. Alcuni di cotesti regnanti fecero avvertenza a me. Io era timida: il B. Nicolao rispondeva sempre:in mia vece. Non sedettero a lungo a tavola. Eran tutti dell' istesso stampo. Il loro modo d'agire non era buono, ma debole e confuso; e seppure alcuno fra essi era maggiore degli altri, non lo era certo per virtù. Molti non pervennero ad assidersi a tavola, e furon tosto rinviati al di fuori ai loro posti. Mi ricordo avere specialmente veduto la famiglia di Croy, che deve avere avuto fra i suoi antenati una santa stimmatizzata, giacchè costei mi disse: Vedi? ecco costà sono i Croy! »

« Dipoi fu imbandita la tavola dell' alta nobiltà: ed io vidi fra le altre quella buona signora del tribunal segreto starsi al disopra della sua famiglia. Venne quindi la tavola dei ricchi cittadini, nè saprei dire in quali detestabili condizioni si trovasse cotesto stato. Vidi la più parte venir respinta, ed i respinti, assieme coi loro simili della nobiltà, venner racchiusi entro un forame somigliante ad una cloaca ove sguazzavano nelle immondezze.

« Dopo venne la tavola di uno stato piuttosto buono; quello degli antichi onorati borghesi e dei contadini. Vi era fra costoro molta buona gente; ve ne erano anche dei miei. Mio padre e mia madre pure stavano al disopra di loro. Vennero inoltre discendenti del fratello Nicolao, buonissime persone ed attive negli ufficii cittadineschi; ma pure egli ne scartò alcuni. Poi vennero i poveri e gli storpii, fra i quali molti eran pii, ed altri cattivi, che furono scacciati. Ebbi molto da fare con costoro. Ho veduto infinito numero di persone ed infiniti giudizii esercitati sopra di esse. Non posso raccontar tutto ciò. Quando le sei tavole furon scomparse, il santo vecchio mi riportò via. Egli mi riportò nel mio letto, laddove mi aveva in prima ritolta. Io era affatto debole e priva di conoscenza; non poteva nè alzarmi, nè muovermi, nè dare alcun segno di vita; era come se fossi in punto di morte. Il B. Nicolao dichiarò la mia vita per corta, ma non ne indicò con precisione il tempo. »

8. 1 Novembre. « Ebbi di bel nuovo una gran visione di persecuzioni, e vidi crescere la mia miseria. Vidi spiare e stare in aguato per vedere se alcuno mi soccorresse, e vidi i miei nemici occupati a raccogliere ogni discorso ed ogni affermazione contro di me. Vidi pure il demonio contro di me arrabbiatissimo, e lo vidi a gola spalancata precipi tarsi verso certe persone, confonderle ed eccitarle; ma quel che più mi duoleva si era che anche i miei stessi più prossimi circostanti mi caricavano di rimproveri, e col consigliare ed accusare a dritto e a rovescio, il diavolo li confondeva e li disturbava. Coloro che avrebber voluto aiutarmi, rimanevano soli, nè potevano far cosa alcuna. I persecutori mi oppressero in quel totale abbandono. Venni separata da ogni ecclesiastico e laicale sostegno. I nemici mi beffavano, perchè doveva adesso provare quel che la prima volta mai aveva sperimentato. E dove era adesso (dicevano) il mio supremo superiore ecclesiastico? Dove le altre ecclesiastiche autorità? Non era forse stato lor lasciato assai tempo per operare alcunchè in mio favore? E chi mai fra gli ecclesiastici mi aveva adunque protetto? e cose simili. Coteste parole m'indussero quasi nella impazienza, e ne fui ineffabilmente tormentata ed angustiata. Il più grave per me riusciva quel totale abbandono per parte di tutti, ed anche dei miei più prossimi circostanti. Mentre così la mia miseria era cresciuta sino al più alto grado, ed io quasi disperava, ottenni una consolazione. Mi apparve Nicolao da Flue; mi disse che io dovea ringraziare Iddio, che mi faceva antivedere simili cose, e che dovea armarmi di pazienza; che doveva soprattutto guardarmi da ogni collera nelle mie risposte, e sempre rispondere con discrezione. Quanto più sopporterei con maggiore pazienza, più presto passerebbe la tempesta. Prima di tutto soffrirei molto per parte dei miei amici, che opinerebbero dover io fare tale o tal altra cosa, e che userebbero verso di me più d'una ingiustizia, malgrado tutta la innocenza del loro cuore. Io doveva tutto ciò tranquillamente sopportare, e questo mi gioverebbe molto. Mi promise che cotesta faccenda non durerebbe più a lungo e che voleva aiutarmi. Quindi mi rimise una piccola carta contenente una corta prece ch'io doveva recitare. L'ho sempre recitata sin dalla prima gioventù, ed è stata in questo mondo la di lui preghiera particolare: - Signore, prendimi ecc. Mi dette inoltre una immagine grande quanto una mano; sopra vi stava un sole, e disotto quel sole stava scritto: Giustizia, e ne compresi che la divina giustizia imporrebbe fine alla mia persecuzione. Sotto poi vedevasi un volto benevolo ed amichevole ed eravi scritto: Misericordia. Compresi che la misericordia scenderebbe sopra di me. Al disotto di quel volto vedevasi un feretro con quattro lumi accesi. »

9. L'adempimento di cotesta visione non si fece a lungo attendere, giacchè una settimana più tardi venne in luce il beffardo opuscolo del Consigliere, che a causa della completa sua mancanza d'ogni prova anche apparente dell'accusa di preteso inganno, e per la mal nascosta sconsigliatezza dell'autore e di tutta la commissione, eccitò nella autorità superiore ecclesiastica, come pure in tutti gli amici della inferma, il vivo desiderio che costei tosto uscisse fuora con una formale querela contro il Consigliere, e intorno ai maltrattamenti sofferti durante la prigionia, e ciò dinanzi al supremo tribunale del paese. Cotesto progetto, al quale, quanto più da ogni parte veniva instantemente rinnovato, tanto meno Anna Caterina, ammonita dalla sua invisibile celeste guida, voleva consentire, le preparava i più gravi patimenti. Cotesti le furon mostrati sotto la immagine di una siepe foltissima di spine ch'ella dovea traversare, sospingendosi oltre per un sentiero seminato d'acute punte come di freccie. « Provai gravissima angoscia dinanzi a cotesta siepe (narrò essa); ma la mia guida mi disse: - Hai già tanto lasciato dietro di te oltrepassando, ed ora vuoi tu esitare dinanzi questo breve tratto di cammino? Mi genuflessi e pregai, e pregando attraversai quella siepe, e senza pur sapere il come. Sentiva però di avere invisibili aiuti a me d'attorno. Vidi quindi tre uomini a me venirne, che mi domandarono che intendeva di fare circa il Consigliere. Dissi loro che leggerei il suo scritto per vedere se corrispondesse al suo carattere; e che quando il superiore me lo dimandasse, direi la verità. Mi fu inoltre detto che nel prossimo venerdì santo non effonderei sangue, ma bensì in altro giorno, appunto perchè i nemici stavano spiando cotesta effusione. E seppi pure che essi mai vedrebbero simili effusioni sanguigne, perchè non cercavano punto la verità.

« Vidi pure molti fanciulli che venivano da Münster per vedere la rea d'impostura; ma si mostrarono tutti benevoli e si presero di grande affetto per la ingannatrice. Sembravami come se li ammaestrassi, ed eranvene fra loro anche dei più adulti. In coteste visioni aveva a me d'intorno molti santi; e, ciò che molto mi rallegrò, mi apparve anche fra loro S. Francesco. Era rivestito di una lunga e rozza tunica. La sua fronte appariva molto larga, le sue guancie smunte e cadenti; anche il suo mento era largo. Mi somministrò gran conforto; mi disse non dovermi lagnare, e che anch'egli era stato perseguitato. Teneva al più possibile nascoste le sue Stimate; ma il sangue gli era spesso trascorso a rigagnolo dal costato insino ai piedi, ed altri avean veduto le sue ferite, e nondimeno non vi avevano prestato fede. Mi disse che era molto meglio credere e non vedere, poichè il vedere non riesce a far credere coloro che non hanno la grazia della fede. Egli è alto di statura, magro ma vivace, e le sue guancie cadenti rosseggiavano per altro siccome in colui che arde d'interno in cendio. Aveva occhi neri, nè vidi barba alcuna. Non era punto caduco; ma aveva molto in sè di benevolo e di vivace. »

10. Allorchè Anna Caterina udì per la prima volta parlare del desiderio dell'autorità superiore ecclesiastica, che ella porgesse querela ai tribunali (e ciò avvenne nelle ore pomeridiane di una domenica), ciò sentendo, poichè la comunicazione le venne fatta a voce, chiuse subitaneamente gli occhi, e tosto, colla impronta di una profonda serietà sul volto, cadde in estasi. « Ho sclamato e supplicato (raccontò essa dipoi) a Dio Padre, onde voglia guardare il Figlio, il quale ad ogni minuto soddisfà pei peccatori; che si è appunto adesso di nuovo offerto, che in ogni minuto si offre! L'ho pregato a non volere troppo gravemente offendersi dei peccati di quel povero cieco Consigliere! Gli ho detto che doveva aiutarlo, illuminarlo, per amor di suo Figlio! Io aveva in quel momento la visione del Venerdì santo, e come il Signore si offrisse vittima in croce, e come Maria ed il discepolo ai piè della croce attentamente guardassero l'altare del sacerdote, che offriva il sacrifizio della Messa! Vidi ciò avvenire in ogni ora del giorno e della notte, e vidi tutti i fedeli, e come essi benejo male pregassero, e vidi pure come il sacerdote esercitasse il suo uffizio. La prima che vidi fu la chiesa che è qui, e poi le chiese e le comunità che sono d'attorno, presso a poco siccome si scorge illuminato dal sole un albero vicino coi suoi frutti, e ad un tempo se ne scorgono altri in lontananza distribuiti in gruppi, o ' riuniti in ?un bosco. Ho veduto celebrarla Messa nel mondo intero, ad ogni ora del giorno e della notte; anzi ho vedute lontane comunità di cristiani, ove la Messa vien celebrata precisamente, siccome al tempo degli Apostoli. Al disopra dell'altare io scorgo in visione un ufficio divino, ove gli Angeli compensano, adempiendo tutto ciò che vien dal sacerdote trascurato. Io allora offrii pure il mio cuore per le mancanze di pietà e devozione dei fedeli, e supplicai il Signore ad usar misericordia. Vidi molti sacerdoti celebrar deplorabilmente il sacrificio. I contegnosi e rigidi, che impiegano ogni cura onde non offendere le esterne apparenze, a causa appunto di cotesta eccessiva cura, trascurano spesso ogni intimo interno raccoglimento. Pensan continuamente al come il popolo li osserverà e considererà, e non pensano punto al come li considererà Iddio. Gli scrupolosi vogliono sempre avere il senso della loro pietà. Questo genere di sensazioni l'ho provato sin da bambina. Spesso durante il giorno vengo rapita in questa lontana visione della santa Messa ed intanto mi viene parlato, cosicchè mi sembra di provare un'impressione uguale a quella che provasi, quando durante il lavoro devesi parlare ad un fanciullo che interroga. Gesù ci ama talmente, che ha voluto nella Messa continuare l'opera della sua redenzione. La Messa è la Redenzione istorica velata e divenuta sacramento. Ho veduto tutto ciò sin dalla primissima gioventù ed ho creduto che tutti gli uomini ugualmente lo vedessero. »

11. Nelle ore pomeridiane del medesimo giorno trovandosi in estasi così disse: « Mi chiamano dissubbidiente, ma non posso fare altrimenti! Quando è troppo tardi, allora vogliono aiutarmi! Vedo quanto si affatichi il nemico infernale perchè nasca un processo; è suo desiderio il sospingermi a dar querela. Ei non può in altro modo nuocermi. Vedo che morrei quando si venisse ad un processo e che tutto allora verrebbe nascosto, soppresso e soffocato; e questo appunto è il disegno del diavolo. La mia guida celsete mi ha detto: -I tuoi migliori amici ti vorran persuadere a dar querela al magistrato, ma guardatene bene! Non dimenticare che i segni che tu porti non son già segni di accusa, ma bensì di riconciliazione. Non ti sono stati dati per litigare, ma per riconciliare. Due lettere del tuo libro di preghiere te lo indicano: un A ed un R! ciò significa Ama e Rammentati! I tuoi consiglieri devon dar querela e non tu! »

Come seguisse fedelmente cotesta esortazione della sua guida celeste, chiaramente apparisce dal ragguaglio del Pellegrino, che in data di pochi giorni posteriori così os serva nel suo Diario: « Essa è piena di dolori, vomita sangue, e la fronte e le stimate ardono potentemente. I dolori delle ferite son così intensi, che il letto vien mosso dal tremito delle sue ossa. Contuttociò mostrasi forte ed allegra. Non vuol ora cercare alcun aiuto dalle reliquie, e vuol sopportare quei dolori, giacchè soffre facendo offerta di sè e delle sue doglie in pro delle povere anime del purgatorio, e dei suoi nemici. »

Le povere anime del purgatorio la ringraziarono nella notte susseguente. « Sono stata causa (narrò la inferma) di una processione composta unicamente da povere anime del purgatorio. Eran tutti miei conoscenti che per me pregavano. Presi in chiesa la pesante croce dopo averne rimosso il crocifisso, e la portava. Era la sola vivente in quella processione. Quelle anime non portavano le vesti, di cui coprivansi in vita, ma pure eran tutte diversamente vestite, e così pure eran diverse le loro sembianze. Tutte andavano a piè nudi ed apparivano bianche o grigie le une più delle altre. Me ne andai partendo dalla porta assieme a cotesta processione, ed ebbi dappoi molto che fare con quelle buone anime. Così, per esempio, mi accostai a due, gesuiti, ai quali mi era confessata in gioventù. L'uno di essi abitava presso le sue sorelle, che erano fabbricanti di merletti e vendevano lavori fatti a rete, ma privatamente, giacchè non avevano pubblica bottega. Costà aveva io comprato qualche volta filo ritorto dopo la prima Messa del mattino. L'anima di quel buon vecchio mi additò quella casetta, e come il tutto vi si era cambiato. Mi disse ch'ei bene si ricordava di me, che sempre mi aveva voluto bene e che per me pregava. Anche l'altro si trattenne meco del pari parlando. »

12. Le vennero pure successivamente mostrate le conseguenze che deriverebbero da una accusa o querela porta per parte sua. Vide come a causa del mal successo e dello smacco risultante per la commissione dal derisorio opuscolo del Consigliere, niuna cosa potrebbe riuscir più grata ai suoi nemici, di quello che sotto il pretesto di nuovo e non disturbato esame, portarla via da Dülmen e collocarla altrove. Vide il piano dei suoi avversari a ciò relativo con tutte le minime circostanze, e lo vide come se già fosse messo in opera; e ne soffrì tanto maggiore interna oppressione, quanto meno poteva render comprensibile a coloro che più da vicino la circondavano, la propria angoscia e le intime cure.

Ora non ho più che Dio solo (sclamava ella dolorosamente e spesso) che mi possa aiutare; fuor di lui non ho più nè consolazione, nè aiuto! » In mezzo a coteste visioni le fu detto: « Questo è un avvertimento! Così essi progettano. » Ma le furono inoltre mostrati altri patimenti, coi quali potrebbe rimuovere cotesti pericoli, a lei dai nemici minacciati.

Tutto ciò che tu con la preghiera allontani di quelle sofferenze che i tuoi nemici. ti preparano, (le disse un giorno il di lei Sposo divino) sarà compensato da altri tuoi patimenti, e dai dispiaceri che ti cagionano coloro che ti circondano. Spesso ciò ti riuscirà talmente duro, da doverne sbigottire. » Ed ecco che tosto nel susseguente mattino venne a lei la propria sorella prorompente in rimproveri, che ella gettava via tutto il suo ai poveri, che era una prodiga, che la economia domestica andava in rovina, che si lasciava governar dal diavolo.

« La trovai (racconta intorno a ciò il Pellegrino) molto aggravata; avea pianto dirottamente: aveva vomitato sangue: veniva meno per la sete, e non poteva bere a cagione delle pene che cagionavale il ritener la bevanda. Il Demonio l'aveva gravemente tormentata. Esso erasele fatto presente dal momento in cui la sorella aveva principiato i suoi rimproveri.
Quand'era sola (così narrò essa) e pregava, mi riusciva di liberarmene alquanto, o anche quando prendeva in mano qualche reliquia; ma tostochè deponeva quelle reliquie, era qui tosto di nuovo. Ho combattuto contro di lui tutto il giorno. Ogni qualvolta il Pellegrino mi voleva consolare, quell'apparizione diveniva viepiù visibile e possente. Era quello stesso diavolo, che anche in casa del Mersmann era sempre presente quando venivano i commissarii. ·
Quando poi alla fine il nemico dovette cedere il campo, essa vide tutto il corso della sua vita sino al giungere nella celeste Gerusalemme, sotto l'apparenza di una strada dura e sagliente, piena di pericolosi precipizii, ingombra di lacci tesi dagli amici e dai nemici, e disposti per prenderla prigioniera, o condurla a cadere. Al disopra di molti di cotesti lacci ella vide per altro scritti e sospesi certi avvertimenti a lei utili, come esempligrazia: Taci, avverti, soffri con pazienza! Non guardare indietro, guarda dinanzi a te! Non dimenticarmi così sovente! Da queste ultime parole ella venne indotta in discorso col suo Sposo celeste. E per quel discorso di venne come nuova persona piena d'amore e di pazienza coi propri patimenti. Ah sì, lo veggo ora (sclamò la inferma); egli mi mostra tutto ciò che ho già sopportato! E chi mai ti ha aiutato a sopportare tutto questo, mi disse; e come mai puoi ora lamentarti? Oh tu mi dimentichi troppo spesso! O carissimo Sposo mio! adesso veggo il tutto! Così doveva succedere pel meglio! Voglio piuttosto esser teco sprezzata e schernita, che divenir glorificata nel mondo.

« Allorchè alcuni giorni dopo il nemico infernale mi tormentò nel mio dolore, di bel nuovo rappresentandomi ogni sorta d'immagini della mia miseria resa affatto insopportabile, io era giunta quasi al punto di soccombere. Pensava entro me stessa: voglio radunare tutte le mie forze e lasciar questo luogo; ma non aveva più alcun vigore e ricaddi, perchè aveva voluto agire colle mie proprie forze. Il diavolo continuava sempre a rappresentarmi l'insopportabilità della mia posizione. Alla fine mi stancai di cotesti quadri e sclamai: Ebbene, voglio sopportare la mia miseria insieme col mio Signore! In quel medesimo momento mi comparve il Signore trascinante la sua Croce verso il Golgota, e sì esausto di forze, sì misero, sì pallido, sì stanco, che stava sul punto di cadere. Tosto accorsi a lui rapidamente, sentii tutta la ingiustizia dei miei lamenti, deplorai i miei peccati, e presi l'estremità della sua croce sulle mie spalle. Ed allora mi ebbi forza e vigore, perchè agiva per amor di Gesù. Egli mi rappresentò i suoi patimenti sopportati per me, ed io mi sentii anni chilata dalla mia debolezza. Ora ho attinto da lui nuovo coraggio.

« Per la festa di S. Cecilia la mia pusillanimità fu sul punto di riprodursi. Il rimorso di non essere assai paziente durante la inquisizione cominciava a turbarmi. Allora invocai santa Cecilia, che mi consolasse, ed essa mi apparve nel momento stesso come se scendesse dall'etra. Commovente vista! Il di lei capo, a mezzo separato dal collo da larga ferita, inclinava sulla di lei spalla sinistra; non era molto alta di statura: aveva occhi e capelli neri; era bianca di pelle, e leggiadra e delicata. Portava una veste di stoffa greggia ma candida, ricamata a grossi, larghi e spessi aurei fiori: e così rivestita era stata martirizzata. Mi disse presso a poco le cose seguenti:ziente! Le tue mancanze ti verranno da Dio perdonate, purchè tu te ne penta. Non esser così turbata per aver detta la verità ai tuoi persecutori. Essendo innocente, si può bene animosamente parlare al nemico. Anch'io parlai sinceramente ai nemici miei e loro risposi, allorchè mi parlavano della mia fresca gioventù e degli aurei fiori della mia veste, ch'io mi curava di tutto ciò così poco come del fango da cui eran formati i loro dei, e che volentieri avrei cambiato quell'oro pel rosso di sangue del martirio. Vedi, con questa ferita ho campato ancora tre giorni, ed ho goduto del conforto dei servi di Gesù Cristo. Ti ho apportato la pazienza, un fanciullino vestito di verde: abbilo caro: esso ti aiuterà!
Allora scomparve, ed io piansi per gioia. Il bambino peraltro restò presso di me. Si assise a me d'accanto sul letto; sedeva con molto incomodo sopra un angusto posticino: teneva le manine ascose nelle sue manichette, e con una certa serena mestizia inclinava la piccola sua testa. Nulla domandava, di nulla si lagnava. Ciò mi commuoveva e mi consolava ineffabilmente. Mi rammento aver avuto il Bambino della pazienza presso di me già per lo innanzi. Quando quei certi olandesi tanto mi tormentavano, che stava quasi per soccombere, la Madre di Dio mi arrecò quel Bambino. In allora peraltro egli mi parlò e disse: Guarda! mi lascio prendere e passare da un braccio all'altro, e posare in grembo o per terra, e son sempre contento; fa anche tu così! Veggo questo Bambino dacchè mi è stato portato, sedersi presso di me anche quando son desta, ed ho veramente riacquistato pazienza e pace.»

13. Le furono inoltre imposti in visione altri tormenti, che aumentarono il peso delle esterne persecuzioni; e cotesti tormenti, secondo i disegni umani, avrebber dovuto effettivamente colpirla, ove la giustizia di Dio non se ne fosse pienamente compensata con quelli a lei imposti in visione.

13 Novembre: « Mi son veduta trasportare dai miei nemici, in mezzo alle più alte grida e clamori, sopra un palco alto bensì, ma sì stretto ch'io mi stava in pericolosa situazione, e cadendo mi sarei rotta il collo. Allorchè mi videro collocata lassù, ne trionfarono altamente. Io mi giaceva in grandissima angoscia. Alla fine apparve la Madre di Dio sotto le forme del suo simulacro di Einsiedlen: fece che il palco tosto si allargasse, talmentechè io poteva spaziarvi sopra; ed alla fine inaspettatamente ne discesi, perlocchè i miei nemici ne furono molto svergognati. »

25 Novembre: « Mi vidi di nuovo giacente sopra di un palco, che era d'intorno formato di tavole, ma nel centro aveva un'apertura, per la quale giù si vedeva in un oscuro baratro. Tutto era all'intorno silenzioso: non vidi alcuno. Sembrava come se io dovessi perire segretamente, precipitando per quell'apertura nel baratro. Sopravvennero però le sante Francesca e Lodovica, che sì spesso mi hanno aiutata, e sollevando una tavola, m'indicarono in un angolo un'apertura. Io dovetti di costà scendere per mezzo di una scala, la quale cadde al momento ch'io fui giunta sul suolo, e mi sentii libera d'ogni tormento. Allora una vecchia monachella del nostro monastero mi lavò i piedi, sui quali io aveva macchie che dovevano essere asterse. Le stimate peraltro non mi furon lavate. Di ciò io risentii gran timidezza e ritrassi addietro i piedi. »

«27 Novembre: Siccome doveva vedere quali perigli avessi superati, venni dalla mia guida trasportata in una casa quadrangolare, ma vuota, e somigliante ad una capanna. In cotesta casa stava da lato una gran caldaia, davvero altrettanto larga quanto questa mia stanza. In mezzo alla casa era preparato un gran fuoco, nel quale io doveva andar dentro. Dapprima vennero tutte le più giovani persone ch'io mi conoscessi, ed apportarono scheggie e minuti frantumi, ed accesero alta fiamma che ben tosto si spense. Allora venne una moltitudine di persone coniugate e di vecchie donne da me in passato conosciute, che apportarono grossi ciocchi e larghi pezzi di legno, ed accesero fuoco vivace. Io peraltro non vi andai dentro, e si estinse sì presto, che non arse nemmeno per l'intero, e vi rimase la metà delle legna semi-abbruciate. Allora vennero le monachelle, ed accesero un fuoco veramente ridicolo. Esse trascinavano quasi di nascosto e sottecchi ogni sorta di minuti stecchi, foglie aride, erbe disseccate, cannuccie e giunchi, travicelli marciti e vuoti legati insieme; insomma tutto ciò che era leggiero e che ascosamente potevan portare. Frattanto seguitavano sempre a mormorar preci e correvano in chiesa, e niuna di esse voleva lasciar travedere alle altre quel che faceva, ed intanto tutte facevan lo stesso. Era un lavorìo d'accender fuoco veramente da ridere, ed io potei benissimo in ognuna di esse riconoscere il modo speciale con cui lavorava. Venne più particolarmente la Söntgen ed impose a quel fuoco legne quante mai più poteva, e le dispose sì bene che tosto quei vecchi tizzi a mezzo estinti ricominciarono in parte a fiammeggiare. Allora le monache si separarono ed anch'io mi allontanai dal focolare. Ma vi tornai per altro bentosto. Ed allora sopravvenne ogni sorta di persone in carrozza, e fra loro anche dottori. Osservarono accuratamente ogni cosa: sospesero sul fuoco la caldaia più volte verificarono se fosse per divenir presto calda. Una volta volli anch'io provare se fosse calda. Allora venue la Söntgen e attizzò di bel nuovo maggiormente il fuoco ed intanto mi ciarlava con sì melata dolcezza, che alla fin fine m'indusse a portar da me stessa un grosso pezzo di legno in quel fuoco. Allora sopravvennero infiniti osservatori ed esploratori. Vidi fra loro il Consigliere, ed a un tratto mi agguantarono e mi gittarono in quella caldaia. Mi trovai davvero in miserabile stato: ad ogni momento mi credea di morire. Talora mi traevan fuori sino ai fianchi: talora m'immergevano dentro fino al collo: talora mi sospingevano fino in fondo, e per la immensa pena mi credeva ad ogni momento di morire. Ecco a un tratto comparire le due sante monachelle Ludovica e Francesca, che tante volte mi aiutarono in passato, e che anche allora degnarono aiutarmi. Io peraltro era in animo di reggere sino alla fine. Ma esse mi ritrassero col loro aiuto dalla caldaia. Mi presero a dritta e a sinistra sotto le ascelle e mi ritrassero fuori, e coloro che mi volevan cucinare ne rimasero, sebbene controvoglia, contenti. Se ne andarono dicendo: - Dobbiamo rinnovare la fac
- Vidi ancenda in altro luogo: qui vi è troppa gente  che visitarono un'alta e sicura stanza ove designavano cacciarmi, ma vidi pure che non mi vi porterebbero.

« Credo che per consolarmi da sì spaventosa angoscia, santa Ludovica mi trasportasse in Roma sotto una grandissima volta, ove mi lasciò. Trovavansi là dentro molte ossa di santi; ossa delle braccia, e minori ossami ordinati secondo la lor qualità, ed anche piccoli vasetti, urne e vasi di ogni foggia, ed un suolo tutto inzuppato del sangue dei santi, ma or reso asciutto, e che io per lo innanzi non aveva mai rimarcato. Trovai costà ossa, delle quali ne posseggo anch'io alcune, ed anche di quel sangue che ho presso di me. Quel sotterraneo era affatto lucido e splendeva illuminato da quelle sacre reliquie. Mi occupai là dentro ad ordinar quegli oggetti e ad onorarli, e già in me pensava del come farei a uscir di costà, quando a un tratto ivi mi apparve l'anima di una contadina a me cognita. Lo spirito di quella donna si avanzò verso di me e mi disse ch'io potrei aiutarla nella sua miseria. Essa mi aveva già cercato dappertutto, nè mi aveva trovata che costi. Essa una volta aveva rifiutato un piccolo pane imburrato ad una povera donna che, essendo incinta, provava potentissima voglia di un tal pane, che ella avrebbe potuto benissimo fornirglielo: ed ora l'anima sua soffriva per ciò un'indicibil fame di simil cosa, nè poteva pervenire a quiete alcuna, e ch'io doveva aiutarla ( 1 )!

( 1) Le anime le compariscono in un luogo dove ella stessa è presente come anima. Ella può ancora aiutarle perchè vive. Vien fatta attenzione alla misura, perchè deve esser fatto ciò solo che basta a soddisfare al mancamento. Il dare ad un'anima più di ciò che le abbisogna, vale quanto il levare ad un'altra. Essa riceve una parte dei meriti dei santi martiri, ed essi la danno ritraendola dal tempo della lor vita mondiale e come l'avevano in quel tempa acquistata.

Tosto mi apparve pure l'anima della donna incinta e mi pregò con ogni fervore ad aiutare quell'altra. Io conosceva pure costei. In cotesto sotterraneo delle reliquie mi sentiva presada gran cura ed imbarazzo per saper come troverei un pane imburrato. Mentre io peraltro desiderava di tutto cuore di aiutarla, mi si accostò un giovanetto tutto risplendente, che m'indicò nell'angolo di quel sotterraneo tutto ciò che io desiderava. Trovai costà un pane di forma ovale, lungo una spanna, alto due dita, di un color giallo pallido, e punto somigliante al nostro pane, e come se, involto in qualche cosa, fosse stato cotto nella cenere. Accanto a cotesto pane eravi in un vaso del butirro quasi come grasso strutto, e vi posava accanto un coltello. Voleva distendere sul pane il burro per quella buona donna, ma sempre cotesto burro mi ricadeva dal pane entro un vaso, e mentre ritentava sempre di stenderlo alto e denso, mi cadde giù nel fango, e quel giovinetto mi disse: - Vedi di ciò è causa quel tuo voler sempre far troppo!

Allora mi comandò di raccoglier da terra quel butirro e di purificarlo. Quando ebbi dato a quella donna il suo pane imburrato, mi ringraziò e disse che si troverebbe bentosto in una miglior situazione e che per me pregherebbe. Dopo di lei venne costà un'altra defunta a me cognita, con una piccola misura di sale. Era stata in vita un poco avara e si accusò a me di avere una volta negato ad una povera donna alquanto sale, e mi disse esser ora condannata a mendicare sale. Mi pregò a dargliene, e quel giovinetto mi mostrò nel medesimo posto un vaso che conteneva sale. Questo era peraltro un sale diverso dal nostro. Era umido, giallastro, e diviso in grossi frammenti. Ne trassi alquanto fuora e voleva dare a quella donna la sua misura ben piena; ma più volte mi sfuggì dalla mano precisamente al momento in cui aveva empito la misura, e me ne ebbi da quel giovine il medesimo avvertimento. Quando alla fine le ebbi dato il suo sale, quella donna sparve contenta e mi promise pure di pregare per me. Tutto era scuro come di notte framezzo a tutti quegli esseri luminosi: essi soli spandevan luce da loro stessi. Allora quel giovinetto mi trasportò in molti altri antichi luoghi di martirio ed ossuarii; essi erano tali come gli ho veduti altre volte. Ciò fece per dimostrarmi che quanto mi accadeva era positivo e reale, e quindi mi trasportò di nuovo nel mio letto.:

« 28 novembre. Vidi una grande calamità d'incendio. La casa del Consigliere bruciava ai quattro lati. Ne usciva una spaventosa quantità di scintille e di accese sostanze, che giù ricadevano ed offendevano persone vicine o lontane, ma non suscitavano però altri incendii. Mi doleva assai di cotest' uomo e che ne dovesse risultare a lui tanto danno; ma vidi bentosto come se quell' incendio non dovesse nuocergli punto. Pareva che fosse nato soltanto per nuocere a me. Intanto un enorme tizzo somigliante nella forma ad un acceso lardone, erasi diretto verso di me e parea dovermi cadere sulla testa; ma un' anima mi si fece vicina e frappose la mano in modo, che quel tizzo ignito respinto dalla sua mano, cadde a me vicino sul suolo. Quell' anima mi disse: Ciò non mi abbrucia: ho sopportato ben altro fuoco ora però mi va bene. -- Riconobbi allora con gran gioia l'anima di un'antica contadina, che nella mia infanzia mi aveva sempre molto amata, spesso erasi meco lagnata dei dolori a lei cagionati dalla propria figlia. Io le aveva dimostrato ogni possibile affetto e spesso l'aveva nettata e fatta monda dagli insetti. Quest'anima, che già da trenta anni era separata dal suo corpo, era straordinariamente lucida e bella: e mi ringraziò con pura e semplice gioia. Mi disse quanto si rallegrava di poter ora aiutar me, che tanto l'aveva colle mie preci aiutata, Mi disse ch' io dovea consolarmi: che avrei ben da soffrire ogni sorta di patimenti, ma che tutto aveva a ricevere con calma e senza mormorare dalle mani di Dio: che essa mi proteggerebbe ed aiuterebbe per quanto potesse, e disse: non sono io già la sola ad aiutarti: ah! tu hai una straordinaria quantità di anime che ti aiutano. Vedi! vi son tutti questi, per cui hai pregato, e coloro pure che tu hai aiutati, ed a tempo opportuno tutti ti aiuteranno! Quindi mi mostrò all' intorno gran quantità d'ogni sorta di anime ch'io avea conosciute: e le vidi in differenti stati, e che tutte mi sarebbero d'aiuto. Non potrei esprimere abbastanza qual gioia e consolazione ritraessi dallo splendore e dalla bellezza dell'anima di quella buona vecchia, che fra noi avevamo sempre chiamata per soprannome il Papavero.

« Mentre io peraltro continuava sempre a veder ardere la casa del Consigliere in più ampie fiamme, e conosceva in me stessa esser coteste un simbolo delle conseguenze del suo perverso agire, conseguenze che avrebbero consumato lui e distrutto la sua felicità: mi sentiva nel cuore una vera compassione per lui, e dissi a quell' anima che essa dovrebbe pregare Iddio ed invitare anche tutte le altre anime, presso le quali potesse pur qualche cosa, ad unirsi con lei nella preghiera, onde il Signore non volesse imporre a conto del Consigliere tutto quel male ch'ei mi aveva fatto o sarebbe per farmi. Dovrebbe il Signore così pregato ascrivergli tutto ciò, come se il Consigliere mi avesse arrecato soltanto i maggiori benefizi, ed io volentieri per ottener questa grazia accetterei ogni patimento. Quella buon' anima me lo promise e mi lasciò.

« Dovetti dipoi col più gran stento trasportare il Consigliere su per un monte. Già pel passato aveva dovuto farlo stesso con molte persone. Così appunto molto tempo innanzi io aveva in visione trasportato il Pellegrino prima che a me venisse. Cotesto portare significa il guidare alcuno con gran stento e fatica alla propria salvezza. Anche il Saverio portò soventi volte in visione uomini di quasi nero colore sulle sue spalle, prima che venisse inviato a convertire i pagani. »

Nella prima settimana dell'Avvento ebbe l' ultima visione circa i suoi persecutori. Essa raccontò « Ho dovuto per tutta la notte sempre lottare, e sono ancora appieno stanca pel continuo difendermi dalle triste immagini che ho avute dinanzi agli occhi. La mia Guida mi ha trasportata all'intorno della terra intera, e a dir vero quasi continuamente traversando spaziose caverne piene d'oscurità, nelle quali infinita gente erra confusa ed immersa nelle opere delle tenebre. Parevami come se andassimo pel di sotto di tutti i luoghi abitati della terra; nè vedevasi altro che il mondo dei vizii e della corruzione. Più d' una volta vidi nuove turme d'individui cadere in giù dall'alto in quelle cieche tenebre dei vizii; non vidi nè conversione, nè miglioramento. Sovente, quando non poteva più reggere sopraffatta dal doloroso turbamento, la mia Guida celeste mi trasportava per alcun poco al di fuori, a goder della luce. Costà io mi trovava sopra un prato, ovvero altre volte in bei contorni, ove il sole splendeva, ma non vi era uomo alcuno. Dipoi doveva di bel nuovo ritornar nelle tenebre, e di bel nuovo doveva scorgere la malizia, la cecità, la perversità, le insidie, le brame di vendetta, l'orgoglio, l'inganno, l'invidia, l'avarjzia, la collera, l'assassinio, la dissolutezza, e la più spaventevole empietà; per le quali cose tutte,nulla gli uomini guadagnano, ma sempre più ciechi e miserabili divengono, e sempre s'immergono in oscurità più profonda. Spesso provava un senso come se vedessi posare città intere sopra un sottilissimo strato di terra, e sentiva in me come se dovessero bentosto precipitar nel profondo. Vidi molti fra cotesta gente, preparare profonde fosse per altri individui e leggermente coprirle per disopra come tesi aguati; non vidi peraltro alcun giusto costà in quell ' orrenda notte, e quindi non ne vidi alcuno cadere in quelle fosse preparate. Vidi tutti cotesti empii aggirarsi tumultuosamente in grandi, larghi, svariati, oscuri spazii diramati in qua e in là; e quasi come nel tumulto di un mercato, peccar gli uni per opera degli altri e gli uni cogli altri, in ogni sorta di gruppi e di masse intrecciate, e vidi siccome un peccato tosto si annoda con altro peccato. Spesso sembravami di cadere ancor più nel profondo di quella tetra notte. La via ne scendeva precipitosa all' ingiù; ne scaturiva un infinito senso di orrore, che si estendeva per tutta la terra. Vidi popoli di ogni possibil sorta di colori e di vesti, e tutti immersi in quell' orrore. Sovente mi destava per l'angoscia e lo spavento, e vedeva la luna tranquillamente splendere sulla mia finestra: e querula sclamava a Dio, pregandolo a non lasciarmi omai più vedere quelle orribili immagini. Ma ecco che bentosto doveva di bel nuovo cadere in quegli orrendi notturni sogni e rivedere cotanto abominio. Una volta mi trovai posta in un sì spaventevole mondo di peccati, che mi credeva essere nell ' inferno, ed incominciai a lamentarmi altamente. Allora mi disse la mia Guida: -Sono presso di te, e dove son io sicuramente non arriva l'inferno.

« Allora mi rivolsi coi più ardenti desiderii del cuor  mio alle povere anime del purgatorio, ed ardentemente bramava di ritrovarmi piuttosto presso di loro. E fui presso loro trasportata. Sembravami come se quel luogo fosse vi ma cino alla terra. Anche costà vidi indicibili tormenti,pure erano anime pienamente a Dio consacrate e non peccavano. Vidi in loro una infinita aspirazione, una fame, una sete di liberazione e di salvezza. Tutte conoscevano ciò di che doveano sopportar la privazione, e che colla pazienza aspettare dovevano. I loro pazienti dolori ementi nel riconoscere le loro colpe, e l'assoluta impossibilità in cui si trovavano di darsi aiuto con le proprie forze, erano in modo ineffabile commoventi. Vidi anche tutti i loro peccati. Tutte sedevano a diversi gradi di profondità nel patimento o nell' abbandono. Alcune erano immerse fino al collo, altre sino al petto e via così, e tutte sclamavano ed imploravano soccorso. Allorchè ebbi pregato per esse e mi destai, sperava dover essere libera da quei quadri orrendi, e ne pregai Iddio con tutto il cuore. Ma appena mi fui di bel nuovo addormentata che venni da capo trasportata su quelle oscure e tenebrose vie. Dovetti soffrire per parte di Satana innumerevoli minaccie ed immagini di spavento. Una volta mi si affacciò un temerario demonio e mi disse all'incirca: ? - Davvero non è punto necessario che tu venga quaggiù e tu veda il tutto; già lassù te ne vanterai e farai sì che se ne scriva qualche cosa! Gli dissi che mi lasciasse in pace con coteste sue sciocchezze.

« In un certo luogo sembravami vedere come se una gran città più specialmente piena di ogni nequizia fosse in procinto di essere appieno per disotto minata. Molti diavoli eran costà intesi a quel lavoro. Avevan già molto oltre progredito, e mi pensava che i più vasti e più pesanti edifizi dovessero bentosto sprofondare. Circa la città di Parigi ho già spesso provato un intimo presentimento come se dovesse cader nel profondo; vi vedo sotto moltissime cavità e spelonche, ma non somiglianti a quelle ornate d' opere di scultura come a Roma.

Finalmente sembrommi di vedere un certo luogo che era amplissimo, e parevami vederlo più illuminato dal giorno. Sembrava l'immagine di una città di questa nostra parte del mondo. Costà mi fu mostrato un orrendo spettacolo. Io vi vidi crocifiggere di nuovo nostro Signore Gesù Cristo. Tremai sino nelle intime midolle delle ossa, perchè quei crocifissori eran tutti uomini del nostro tempo. Era un martirio del Signore molto più scandaloso ed orribile che al tempo dei Giudei. Dio sia lodato! Era soltanto una immagine. Così tratterebbero il Signore, mi disse la mia Guida, se egli potesse ancora patire. A mio grave terrore vidi fra costoro molte persone a me cognite ed anche sacerdoti. Verso quel luogo fatale tendevano molte linee e diramazioni ingombre da coloro che erravano girovaghi in mezzo alle tenebre. Vidi pure i miei persecutori e come mi avrebbero trattata se fossi stata abbandonata in loro potere. Essi avrebbero tentato colla tortura costringermi a confermare con menzogne la loro perversa opinione. Sulla fine di cotesta spaventosa visione, per la cui ricordanza il cuore le palpitava convulso e che non potè mai venire indotta in alcun modo a raccontar per lo intero, ella così narrò: «La mia Guida mi disse:

Ora tu hai veduto l'orrore e la cecità delle tenebre degli uomini; non star più a mormorare sul tuo destino; prega, prega piuttosto! Il tuo destino è assai mite. La causa poi che addusse cotesta visione si fu la frequente inquietudine che provo pensando di aver peccato ed essermi resa rea di qualche colpa, poichè tanti peccati vengono commessi per cagion mia. Lo scrupolo della disubbidienza sempre mi tormenta. La mia Guida celeste mi disse: ? Cadi in orgoglio quando credi che da te non possa cagionarsi altro che puro bene. E quando tu avessi mancato per disubbidienza, ciò sarebbe colpa mia e non riguarderebbe te, nè molto nè poco. »

Alcuni giorni dopo manifestò quanto segue: « I persecutori ora mi lascieranno alla fine in pace. Ho veduto come avessero il disegno di opprimermi e sorprendermi, ma son divenuti discordi e si sono separati. Ho veduto tutto ciò sotto l'immagine di un fuoco che stava acceso fra loro. L'uno diffidava dell' altro e temeva di venire da lui tradito. Io non temeva più cosa alcuna. Il mio Sposo Celeste mi aveva detto che dovessi mantenermi ed aspettare in pazienza, e che mi sarebbe accordato alquanto di quiete, onde potessi leggere le cinque ultime pagine del mio gran libro. Avrò quiete affinchè possa lasciare dopo di me il contenuto di quel libro. Ho ancora molto, moltissimo da fare. »

Ai 14 di dicembre ebbe una visione di una visita ed esame ecclesiastico, che avrebbe luogo soltanto dopo la sua morte, che in stato di estasi così raccontò al Pellegrino: « Vidi come se questa autorità ecclesiastica ricevesse da Roma per mezzo di lettere la commissione di procedere ad un esame inquisitorio, e vidi come volesse procedervi con ogni potere e dignità. Vidi dipoi una chiesa in cui non vi era alcun seggio e che mi sembrò profanata, o almeno in mezzo a lavori di rinnovamento. Era fortemente basata ed antica e piena di angoli; ciò nondimeno bella ed ornata, ma non già di lavori scolpiti in vuoto legno ed in similoro. Gli ecclesiastici vi penetrarono in pieno silenzio. Oltre di loro non eravi in chiesa niuno, fuorchè l'anima mia e molti santi. Una bara fu ritratta da un sotterraneo e portata innanzi all'altare. Gli ecclesiastici l'aprirono; avevano disegno di fare una prova. Fecero aprire quel feretro. Recitarono una solenne Messa e quindi presero di quel corpo un dito consacrato; era il dito di un santo vescovo. Posarono quella reliquia sull'altare, ed il feretro venne di bel nuovo collocato nel sotterraneo. Ebbi presentimento che con quella reliquia sarebbero da me venuti, e mi affrettai a tornarmene a casa. Vennero e si mostrarono molto rigorosi e severi. Non so quel che facessero sopra di me, giacchè io mi trovava in alto come in mezzo a belle praterie, e nello stesso tempo parevami essere fra le nuvole ed in prossimità di quell'antico vescovo, il cui dito quegli ecclesiastici avevan seco portato. Era inviluppato in rosso velluto ed un ecclesiastico portavalo sul petto. Ed ecco che subitaneamente da quel santo vescovo venni giù trasportata nel mio corpo, e mi alzai e guardai meravigliata quei signori. Finita cotesta prova, vidi di bel nuovo gli ecclesiastici in quella chiesa donde avevan portato via quel dito, e lo posarono di bel nuovo nel feretro sotto l'altare. Allora fuvvi gran festa di ringraziamento. Vi accorse molta gente e gran quantità di santi e di anime. Ed al canto di quelle anime unii anche il mio in latino.

Dopo di ciò ebbi pure la visione di un nuovo monastero. Soltanto tutto ciò appariva come se dovesse succedere dopo la mia morte. Avrei dovuto vivere ancora lungo tempo, ma siccome sarebbe sopra di me caduto il peso di nuovi gravi esperimenti ed esami, quindi dovea morir prima. Nondimeno dopo la mia morte doveva ugualmente bene raggiungersi lo scopo. Vidi pure che dopo la mia morte si farebbe alcun taglio alla mia mano; vidi come in qua e in là, ma col più gran silenzio, si farebbero in quella chiesa ogni sorta di cambiamenti, e che inoltre le reliquie verrebbero di bel nuovo tratte in luce e molto più onorate. »

Allorchè il Pellegrino parlò col confessore di cotesta visione, esso gli narrò così: « Essa, allorchè si credeva di morire ed io le aveva amministrato i Sacramenti, mi ha spesso, mentre trovavasi in estasi, ingiunto di reciderle una mano dopo la morte. Non so bene a qual oggetto dovesse servir questa mano, ma credo che forse dovesse conservare il dono e la potenza di riconoscere le reliquie. Difatto mi ha detto bene spesso in passato, che anche dopo morte il di lei corpo resterebbe sempre ubbidiente al mio comando spirituale. E circa le dita sacerdotali mi ha spesso asserito che anche quando l'intero corpo di un sacerdote siasi ridotto in polvere, e la di lui anima trovisi nell'inferno, ciò nondimeno la consacrazione delle dita resta riconoscibile anche nelle ossa, e che quelle dita arderanno un giorno di un fuoco distinto e particolare; talmente la consacrazione è profonda ed incancellabile. »