CAPO IV. IL TEMPO DELLA PRIGIONIA.

1. Anna Caterina (1) nella casa del Consigliere di finanza Mersmann venne trasportata in una sala del secondo piano, alla quale eravi un solo ingresso dalla precedente anticamera. Il letto sul quale venne collocata trovavasi situato nel mezzo; era libero ed accessibile da ogni lato e poteva altresì venir sorvegliato colla massima precisione dall'anticamera medesima. Costà. secondo le prescrizioni del Presidente supremo, dovevano stare constantemente due dei commissarii, onde non perder mai d'occhio la inferma. Ogni sei ore a quella coppia doveva subentrarne un' altra. La lettiera, con tutto ciò che al letto si appartiene ed anche i pannilini e biancheria necessaria al corpo, venne dai commissarii accuratamente esaminata, onde vedere che non vi fosse nascosto verun pungente istrumento o qualche preparazione chimica, coi quali mezzi, secondo la loro opinione, la inferma doveva promuovere le effusioni sanguigne. Vennero esaminate attentamente anche le unghie delle sue dita, per vedere se a caso non fossero assai lunghe da poter graffiare la pelle.
( 1) Pel racconto e l'esposizione dei fatti susseguenti, oltre le opere contemporaneamente stampate e citate nel testo, sono state a disposizione ed uso dell'autore le accuratissime note del Pellegrino, e specialmente del Wesener, al quale, a cominciare dal 5 Settembre 1819, Anna Caterina raccontò durante più settimane, la storia della sua prigionia. Il Wesener suoleva ogni giorno rileggere quanto aveva notato, onde completare e perfezionare coteste note secondo le di lei indicazioni, dimodochè ei potè raggiungere la maggiore integrità e perfezione, e, ciò che più vale, la maggior fedeltà ed esattezza pel suo racconto.
Da Münster fu dal Presidente supremo spedita una spe ciale infermiera, la signora Wiltner, che era stata proposta dal professore Bodde siccome la più adatta a quella faccenda. La signora Wiltner non aveva mai veduto per l'innanzi Anna Caterina, ed era stata disposta dai commissarii a considerarla come un'impostora, che doveva con la maggior cura sorvegliare, onde alla fine esporre in piena luce l'inganno.
Inoltre le istruzioni date dal Presidente supremo alla commissione portavano che l'esame inquisitorio doveva esser protratto senza la minima interruzione, sino ad un resultamento finale.
2. Soltanto sul venir della sera di quel primo giorno, ritornò Anna Caterina al senso della vita esterna, e si fece accorta della sua cambiata situazione e dei nuovi circostanti. Ma ciò avvenne solo per breve tempo, poichè ben tosto fu di nuovo rapita in visione,ed invero vi rimase sino al mattino del giorno seguente. Intanto aveva ripreso assai forza per poter considerare con tranquilla chiarezza gli ultimi avvenimenti, la di lei presente posizione, e le possibili ulteriori conseguenze. Onde essere premunita ed armata contro ogni evento, espresse il desiderio che le venisse amministrata la santissima Comunione dal proprio confessore. Ella si offrì con tutti i suoi mali presenti e futuri siccome vittima al Signore: pregò pei suoi tormentatori, e si sentì dalla Santissima Comunione talmente rinvigorita, che con piena tranquillità d'animo e perfetto abbandono alla santissima volontà di Dio, guardò in faccia al futuro. Era la domenica 8 agosto. Cotesto giorno trascorse tranquillamente, giacchè i sorvegliatori spesso bensì, ma pure con gentilezza, a lei si accostavano. Il professor Roling di Münster non sapeva meravigliarsi abbastanza della serena disposizione di spirito della inferma, ed espresse il suo stupore con queste parole: « Non posso comprendere come essa possa mostrarsi sì forte e serena in simile situazione. » Anche la infermiera signora Wiltner di Münster dette a conoscere la sua meraviglia a quel proposito; e siccome Anna Caterina avea rimarcato quanta cura ponesse costei nell'osservare l'intero suo contegno e nel notare ogni parola, se ne rallegrò moltissimo e pensò: « Ora la verità verrà finalmente alla luce! »
La notte dalla domenica al lunedì 9 agosto riuscì molto inquieta, giacchè i sorveglianti l'un dopo l'altro e con brevi intervalli si accostavano: le approssimavano un lume alla faccia, e la chiamavano. Ciò tutto le cagionò una costante e involontaria paura, talmentechè ne rimase affatto esausta. « Nondimeno non rimasi (così raccontò in seguito) anche in cotesta situazione senza soccorso. Mentre essi si aggiravano intorno a me col lume, il mio buon Angelo era sempre presente: lo seguiva, lo ascoltava e mi rispondeva; sovente mi venne detto da lui: Destati! e quando io doveva parlare ed i miei oppressori usavano insidiose domande, ei mi suggeriva ciò che dovessi rispondere.
3. Nel mattino susseguente incominciarono gli esami. Il dottor Rave invano da lei rifiutato, vi dette principio. Anna Caterina dovette di bel nuovo soggiacere alla ispezione,così orribilmente sensibile ai suoi delicati sentimenti, delle sue ferite: ispezione che ebbe luogo colla ruvidità la più scevra di ogni riguardo. Il Rave tosto metteva in carta le ricevute risposte. Trovò la inferma in tal debolezza, che ben si accorse quanto le riuscisse grave il parlare. Le domandava più spesso se dovesse interrompere, ma essa lo pregava a continuare: « Giacchè (diceva) sono così innanzi, devo anche andar sino in fondo. » Di tempo in tempo venivano anche il Borges ed il Bönninghausen; si assidevano ai piedi del letto, ed attentamente l'osservavano. Ella si sforzava a porgere ad ogni domanda la più precisa risposta, mentre continuamente consolavasi nella espettazione che alla fin fine la verità e l'innocenza riuscirebbero a trionfare. L'interrogatorio durò quel giorno intero sino a sera, e finchè la inferma esausta di forza cadde svenuta. Il Rave ed il Bönninghausen sembravano essersi dati la intesa, onde l'uno nell'assenza dell'altro sopraccaricasse Anna Caterina di elogi e di assicurazioni circa la molta benevolenza che nutrivan per lei, e per dimostrare soprattutto un tale accordo fra le parole e l'intero contegno, che la inferma ne venisse indotta a credere esser costoro i suoi più sinceri protettori ed amici. Il Borges le riusciva, a causa dei suoi modi cinici, un vero terribil tormento. Riconosceva in lui la principal cagione di quei procedimenti sì contrarii ad ogni giustizia, ed egli profittava d'ogni occasione per offender la inferma con derisoria audacia ed impertinenza. Nella sera di quel terzo giorno le venne annunziato, che nè alla di lei consorella Neuhaus, nè al P. Limberg sarebbe più oltre accordato l'accesso. Al solo Decano Rensing venne permesso di visitarla, ed egli ogni settimana le recava il santissimo Sacramento. La notte trascorse in mezzo agli stessi disturbi della precedente. La inferma si sentì oppressa dalla medesima ansietà paurosa. Questa volta l'osservazione cadeva più specialmente sulle ferite delle mani, che dai sorvegliatori venivano incessantemente toccate ed esaminate. Essa tutto sopportava tacendo (1).
4. Il martedì 10 tanto l'esame orale, quanto le ispezioni ripresero il loro andamento. Quantunque nella sera precedente il dottor Rave avesse dichiarato esser finita la sua missione, ciò nondimeno incominciò di bel nuovo in compagnia del Borges e del Bönninghausen ad interrogare ed esaminare. Erano le antiche materie d'esame, ma presentate diversamente e disposte in modo tale da poter far cadere la inferma in contraddizione con le sue risposte.
(1) Cotesta sua pazienza nel sopportare tacendo siffatti dolori servì pel consiglier provinciale Bönnighausen per prima e distintissima prova, che Anna Caterina era una ingannatrice; poichè se quel che le accadeva le cagionasse dolori, avrebbe dovuto urlare. Un solo inganno, così scrive egli, una sola dissimulazione, bastava a dimostrare cosa si dovrebbe pensare di tutto l'affare. Ottenemmo di esser rischiarati intorno a ciò più presto di quello che ci eravamo aspettati. E questo avvenne grazie ad un'apparente bagattella.Tanto la monaca quanto coloro che la circondano, ne avevano anticipatamente assicurati che i punti non cicatrizzati delle di lei ferite, le cagionano sempre al più lieve contatto sensibilissimi dolori, e che essa più d'una volta quando le venivan toccate, si era ad alta voce lamentata di cotesti dolori. In occasione peraltro in cui la di lei attenzione era attratta da interessante discorso o diretta ad estranea circostanza, le cicatrici delle di lei mani sono state da me e da altri fortemente compresse e stropicciate, senza che ne conseguisse il minimo segno di alcun dolore. Risultamenti ottenuti precedente mente all'esame ecc. ecc. comunicati dal Consigliere di Böuninghau sen. Ham 1819.
Siccome il Rave in febbraio aveva divulgato che l'ammalata aveva certe gonfiezze ne' piedi, che provavano come ella di nascosto si muovesse e camminasse, così al momento delle ripetute ispezioni dei piedi, essa gli domandò: « Che ne pensa, sig. dottore, poss'io camminare coi miei piedi? » Sul che costui dovette confessare dinanzi ai circostanti: « Di ciò non se ne può nemmeno discorrere: ella è troppo debole e soffre troppo. »
Dopochè l'interrogatorio ebbe durato due ore, tutti i membri della commissione venner chiamati dal Borges ad assistere alla lettura del Protocollo. Cotesta faccenda occupò quattro ore intere senza interruzione, cioè dalle dieci ore della mattina sino alle due del dopo pranzo, giacchè ogni membro della commissione agì in modo come se dovesse per propria ispezione convincersi, che le circostanze erano con ogni precisione narrate e la descrizione delle ferite perfetta. Il corpo martoriato della paziente venne trattato da cotesti individui come se fosse un pezzo di legno, mentre nella loro atroce sfrontatezza non permisero nemmeno una sol volta che quella pudica vergine a Dio consacrata, si ricoprisse il petto. Ogni qualvolta tremando si ricopriva, tosto il pannolino le veniva con duri modi strappato, ed alle sue lamentevoli supplicazioni risponde vasi con cinico scherno. Alle due finalmente ebbe tregua la faccenda e si pretese accordarle qualche riguardo e tranquillità; ma ecco che dopo un' ora tutti ritornarono, ed il martirio incominciò di bel nuovo. Iddio peraltro la chiamò a sè in visione, nè ella seppe più oltre cosa alcuna di ciò che intorno a lei esternamente succedeva. Vide il martirio di S. Lorenzo. Potè soltanto in seguito rammentarsi che a sera le venne detto: Ora sta tutto bene, di qui a sabato ella potrà di nuovo tornare a casa. « Cotesta giornata ( confessò essa in seguito ) riuscì la più difficile della mia vita. Mi sentiva interamente annichilata dalla vergogna e dal turbamento per ciò che doveva soffrire, e per le parole che udir doveva. Pensava in me stessa, durante quegli svergognati trattamenti che doveva sopportare: Così l'anima mia è prigioniera del corpo; ed ora anche il corpo medesimo è prigione e la pover'anima rannicchiata nel piccolo spazio, deve abbandonare questo corpo di peccato. Crocifiggetelo, svergognatelo, non è altro che un miserabil pezzo di legno.
5. Nel mercoledì 5 agosto, i commissarii impresero a rappresentare un'altra parte. L'esistenza delle ferite, a seconda dei risultamenti del giorno antecedente, non poteva più rivocarsi in dubbio, e quindi Anna Caterina doveva con astuzia essere indotta a confessare che il prete francese emigrato aveva in lei prodotte coteste ferite artificialmente. Il dottor Rave prese sopra di sè di ottener. dalla inferma cotesta confessione. Venne sulle nove del mattino colla maggior possibile apparente amichevolezza: si assise presso il di lei letto, e manifestò la intenzione, « di conversare una volta con lei proprio a cuore aperto. »
Fece allontanar l'infermiera ed incominciò con pompose parole di lode a vantare la virtù, la perspicacia, e la vita intera della inferma. Si battè il petto ed esclamò: « Oh sì, in verità provo per lei la più cordiale compassione, nel vederla così inferma e dolente; ho verso di lei le più rette intenzioni, e le voglio prestare aiuto ad ogni costo. Anche il Consigliere la stima e la compatisce; anch'egli è pronto a far tutto per lei. Così pure il signor Presidente Supremo di Vinke, che appunto iersera ci ha scritto con quanta cura egli voglia adoprarsi in pro suo e di tutta la di lei famiglia. Ella deve soltanto ripor confidenza in noi e mostrarsi a nostro riguardo affatto sincera ed aperta. » A coteste parole lo interruppe Anna Caterina e disse: « Desidererei soltanto che ella e tutti gli altri suoi compagni potessero vedermi il cuore, per convincersi che niente di segreto e di malizioso vi è dentro nascosto. »
« Oh sì (seguitò egli) ella può confidare in me come nel suo confessore; rinchiudo tutto in me stesso; nemmeno il Consigliere risaprà ciò che ella mi confida. Disporrò tutto pel meglio, e presto ella vedrà il fine di questa faccenda. »
« Io non comprendo (rispose la inferma) come ella voglia tener nascosta alla Commissione alcuna cosa che mi riguardi. Cotesta deve sapere e saprà tutto ciò che ho da dire. »
Allora egli percorse la di lei vita intera, insinuando soltanto di tempo in tempo estranee domande onde accalappiarla.
« Ella si sarà al certo in convento data talora la disciplina (cioè flagellata)? »
«Essa. La mia prediletta disciplina si era quella di vincere con ogni sforzo le mie interne disposizioni, e l'estirpazione delle mie mancanze. »
«Egli. Ella peraltro ha avuto sempre al certo gran riverenza per le Cinque sacre Piaghe: e non è senza esempio che pie persone, per stragrande amore alle medesime, le abbiano visibilmente impresse nel loro corpo. »
« Essa. Non so nulla di ciò. Ho già manifestato quanto poteva dire intorno all'origine delle piaghe.
« Egli. Oh, non creda già ella ch'io pensi che si sia impresse coteste ferite con cattiva intenzione per ipocrisia. No, no: la conosco troppo bene; la ritengo qual sempre l'ho sentita considerare da tutti,come una virtuosissima persona sin dalla prima sua infanzia. Peraltro non è sicuramente cosa cattiva l'aversi voluto render simile al nostro Salvatore; anzi si può benissimo esser dalla pietà indotti a simili cose. »
«Essa. No, in questo modo no; ciò sarebbe peccaminoso, e quindi proibito. »
«Egli. « Oh si, lo credo anch'io: la ritengo per troppo pia e sincera. Deploro che ella ora si trovi così separata dai suoi ed abbandonata. Vuol ella ch'io faccia chiamare la di lei sorella, ovvero l'abate Lambert? »
« Essa. No, li voglio evitare, onde non indurre verun sospetto sul conto loro. »
« Egli. Ella è stata peraltro visitata anche da altri ecclesiastici francesi, nè può conoscere ciò che possa esser stato fatto da loro, mentre essa trovavasi in uno stato da non poterlo conoscere. »
« Essa. Nel primo tempo susseguente alla soppressione del convento è ben vero ch' io mi trovava spesso immersa in lunghi svenimenti; ma son peraltro sicura che niuno mi fece mai cosa alcuna. Presso di me stavasi soltanto la infermiera, la quale per la prima si accorse delle effusioni sanguigne. »
«Egli. Non è possibile che una cosa simile venga a nascere da sè medesima. Gli ecclesiastici francesi che sono molto pii, tengono molto a cose simili; lo han fatto con buona intenzione, ed ella lo ha sofferto per pura pietà. »
«Essa. No: ciò non sarebbe nè buona intenzione, nè pietà. Sarebbe piuttosto sì grave ingiustizia, che vorrei soffrir la morte prima che lasciar fare cosa simile. »
«Egli. Rifletta bene alla di lei posizione! Non lasci venir le cose sino ad un giuramento, che l'autorità ecclesiastica potrebbe imporle.
«Essa. Ciò ch'io dico lo posso sempre giurare. L'autorità ecclesiastica può venir quando vuole. »
«Egli. Come se noi tutti stessimo nell'oscurità, ed ella sola nella luce! »
«Essa. Cosa intende dire con ciò? »
«Egli. Ella trovasi in istato così miserabile, sì piena di dolori, sì tormentata da ogni lato! Può esser mai questo il destino degli uomini? »
«Essa. Oh eglino si affliggono e si tormentano ben molto più per cose cattive e mondane, e vivono in continua inquietudine, e si rompon la testa per cose che non possono approfondire! Il mio patire non mi riesce tanto grave, giacchè io so perchè soffro. »
«Egli. « No, le ripeto, coteste ferite non son nate come ella dice! Ciò è impossibile; se ella non se le è fatte, gliele hanno fatte altri. » "
«Essa. «Ora veggo bene ciò che ella ha in mente, e qual doppio giuoco ella abbia giuocato nel trascorso inverno. »
«Egli. Ebbene, noi restiamo sempre però buoni amici. »
«Essa. « No! così non può esistere veruna amicizia. Ella non m'indurrà a mentire. »
Dopo che il Rave si fu allontanato, si appressò il Consiglier Bönninghausen, il quale alla dichiarazione della inferma d'essere in stato di confermare ogni sua parola col giuramento, rispose: Oh non si tratta di questo: simile giuramento non ha valore! Non si riceverà alcun giuramento. »
Ed allorchè essa riferendosi alla duplicità del Rave, volle fargli sentir la necessità di difendersi col mezzo di una deposizione giurata, egli soggiunse: Il dottor Rave non ha scritto niente di male contro di lei; anzi il suo Protocollo era redatto in senso buono. Del resto egli potrebbe parlare e scrivere quanto e come vuole, ciò poco m'importa quando il Protocollo officiale sia preciso e veridico. »
6. Nel giovedì 12 agosto la inferma fu poco tormentata dai commissarii. In tutte le ore antimeridiane soffrì molto per violenti vomiti; ma non le passò già inosservato che i commissarii si davano ben poco pensiero di lei. Di tempo in tempo le appariva l'uno o l'altro, ma ben presto si allontanava di nuovo. Il solo Busch, appena appena allora uscito dalle scuole, veniva di frequente e la tormentava con vera arroganza da studente: « Ebbene, avrà ella domani effusioni sanguigne? Come non lo sa ella? Quando il sangue comincerà ad uscire me lo deve dir subito!» e cose simili.
Sul principio cercò la inferma di difendersi da costui con ferma e silenziosa severità; ma siccome questo non giovò punto, gli diresse alfine le seguenti parole: « Giovinetto, stia in guardia! Non si lasci indurre all' ingiustizia ed ai giudizi temerari. Non è già cosa facile il sentenziar di cose di simil natura, circa le quali uomini più sperimentati e più maturi si rattengono dal sentenziare. Ella è un principiante, ed appunto ai giovani medeci più che ad altri conviene la discrezione ed una osservazione tranquilla. » Il giovine si sentì fortemente penetrato da quelle parole e così si espresse dinanzi all' infermiera: L'inferma ha davvero il potere di commuover la coscienza. Se ella è innocente, davvero ch'io dovrò piangere lagrime di sangue. Pure egli resistette a cotesta commozione, ed anzi divenne più grossolano ed offensivo degli altri vecchi medici. La infermiera, peraltro, non potè più da quel momento in poi ritenersi dal manifestare pienamente la sua compassione e venerazione verso l'innocenza tormentata. »
Nelle ore pomeridiane il Rave portò all'inferma certo brodo di avena da bersi. Ella si rifiutò a prenderlo, ma costui insistè nel farglielo sorbire; lo bevve, ed il vomito principiò di bel nuovo.
7. 13 Agosto. In questo giorno che era il primo venerdì dopo la di lei prigionia, la commissione stava nella più vivace ed estrema aspettativa. Succedesse o no una effusione sanguigna, era già preparata a scorgere un inganno in cotesto caso, come in ogni altro. Il consigliere Bönninghau sen stette col Rave tutta la notte precedente di guardia presso la inferma, e per rassicurarla, come egli pensava, ripetutamente espresse il più ardente desiderio che all'indomani avesse per certo luogo un'effusione sanguigna.
« Vede ella, disse, non lo desidero già per me, ma soltanto pel signor Borges. Anche ieri ho parlato con lui di questa faccenda; se egli vede un'effusione, diventerà sicuramente cattolico. Me lo ha proprio assicurato. »
Anna Caterina penetrata di cordoglio gli dette questa risposta: « Andrà forse meno male la cosa per cotesto uomo nel giorno del giudizio, anche quando egli rimanga qual è, che per coloro, i quali posseggono la legge e non agiscono a tenore di essa. Egli non è forse così colpevole quanto lo è ella. »
Durante la intera notte del venerdì rimase costantemente immersa in visione, talmentechè allo spuntar del giorno, si sentì fortificata. Pregai (così narrò in seguito) la infermiera a porgermi dell'acqua perchè voleva lavarmi.
Costei me la porse e disse:
Che Iddio e la santa Madre di Dio le concedano che il di lei capo effonda sangue, poi chè allora cotesti signori rimarranno convinti della di lei innocenza. Con intimo dolore respinsi cotesto suo desiderio e dissi:
Spero che non avrà luogo alcuna effusione sanguigna. E a che servirebbe? Quei signori non si lascierebbero convincere nemmeno in cotesto caso! Pure abbandoniamoci alla volontà di Dio! -Mi lavai e dissi scherzando: - Voglio lavarmi in modo particolare la fronte.
Dipoi mi misi la cuffia, e la infermiera mi cinse la testa con un puro e bianco pannolino. Poco dopo, ecco di nuovo venire il dottore Busch colle sue solite domande; ei mi disse: ? Ella deve far sanguinare le ferite! - Più tardi, dopo circa un buon quarto d'ora mi fece ritogliere le fascie dal capo, ed ecco che vi erano sopra macchie sanguigne.
Cotesto caso mi riuscì molto sgradevole; aveva sperato che nessuna effusione avrebbe luogo. Non mi fu più concesso di ricoprirmi il capo e vennero chiamati tutti i commissarii. Essi esaminarono le fascie e la testa e tosto mi lavaron la fronte, prima con un liquido caldo e poi con un freddo; il che mi cagionò potenti dolori. (Secondo le assicurazioni dell'infermiera la fronte le venne lavata, prima con saliva, in seguito con aceto concentrato, e poi con essenza di vetriolo; sul che l'ammalata esclamò: « Brucia come il fuoco! ») E come la infermiera mi disse, apparvero sulla mia fronte striscie di color rosso. La ispezione, le abluzioni e le astersioni con freghe della fronte, durarono sino al meriggio, talmentechè pei dolori venni fuor di me stessa. I signori commissarii dettero a vedere un grande imbarazzo. Presero ad esaminar l'infermiera e le fu con ogni rigore domandato come mai quel sangue fosse comparso sulle fascie? Essa raccontò il tutto, come ciò fosse succeduto, e quello che si era detto fra noi; ma quei signori sentenziarono ch'io m'era ferita da me medesima. Dolorosamente attonita venne la infermiera a me, contorcendo le mani ed esclamando:
Suor Emmerich, ella è tradita, è venduta! Dicono che quel sangue nelle fascie lo ha fatto sgorgare per opera sua. Oh! povera me, che son caduta in mezzo a gente simile! ma mi consola che ora ho imparato a conoscerla e che posso starle allato e difenderla! Consolai la povera donna e le assicurai aver avuto in pensiero che così succederebbe, e la invitai a confidare in Dio. »
Cotesta spontanea testimonianza della verità riuscì pei commissarii dispiacente nel più alto grado, talmentechè nel susseguente giorno la signora Wiltner venne di bel nuovo chiamata, di bel nuovo interrogata, e con malizia ed insistenza le fu imposto di dichiarare che due minuti circa prima dell'arrivo del dottor Busch, erasi allontanata dalla inferma onde vuotare la catinella. Ma la signora Wiltner rimase ferma; non si lasciò in verun modo indurre a far sua quella premeditata menzogna, anzi si offrì a formal giuramento per confermare di non aver mai lasciato la stanza, e con formal giuramento voleva pure asserire che la inferma dopo aver avuto la testa fasciata, mai aveva colla mano toccato il capo, ma sempre era rimasta giacente per tutto quel tempo colle mani incrociate sul petto. Anzi forzò il dottor Busch a confessare che al suo arrivo la catinella piena d'acqua posava ancora sopra la sedia. Tutto ciò per altro non giovò punto. Nel Protocollo vennero inserte come pretese dichiarazioni della infermiera le seguenti parole: « La signora Wiltner si è allontanata pel tempo di due minuti, onde vuotare la catinella. » E quando in seguito, finito cotesto esame inquisitorio, costei fece pubblicare la di lei testimonianza per mezzo del dottor Teodoro Lutterbeck di Dülmen, ripetendo la dichiarazione di esser pronta a confermare cotesta sua testimonianza con solenne giuramento dinanzi a qualsiasi tribunale, il Consigliere provinciale Bönninghausen ebbe la sfacciataggine di far stampare la seguente dichiarazione: « Che il signor Lutterbeck neghi alla Commissione il diritto alla pubblica fede, ciò sarà tenuto da pochi per sentenza di oracolo. Io per altro pretendo tanto più in mio favore la fede pubblica, in quanto con ogui imparzialità e con spirito perfettamente libero, ho accuratamente esaminato ogni occorrenza. Se debbasi prestar più fede alla affermazione alla fin fine insignificante di un'infermiera, di quello che alla mia, debbo lasciarne il giudizio al lettore. Farò soltanto osservare che la signora Wiltner sino nei primi otto giorni lasciò travedere una tale attitudine alle ciarle ed una sì grande venerazione per la Emmerich, che la Commissione ne fu indotta a discutere, se non sarebbe meglio far venire in sua vece altra persona più discreta e meno bacchettona. Siccome per altro la signora Wiltner manteneva frattanto la monaca in buon umore, ed era per noi di ogni importanza di tenerla per quanto era possibile scevra d'ogni sospetto, così la lasciammo al suo posto (1) »
8. Nel dopo pranzo vennero di bel nuovo tutti insieme i commissarii dinanzi al letto della paziente. Pretendevano col mezzo di un tentativo immaginato dal dottor Rave e praticato sopra sè stesso, aver acquistato la certezza che la effusione sanguigna della mattina erasi procurata da Anna Caterina con propria opera ed artifizio. Il Consigliere Bönninghausen ne ha lasciato il seguente racconto.
« Il fatto (2), col quale venne provato in generale, ancora più chiaramente, se ciò era possibile, l'inganno, e col quale ad un tempo venne dimostrato che Anna Caterina Emmerich non solo sopportava l'inganno, ma che ne era inoltre effettivamente attiva partecipante, fu stabilito nel modo seguente. La circostanza che le effusioni sanguigne del capo non erano interamente cessate come quelle delle altre ferite, era il solo fondamento sul quale si potesse in qualche modo basare un tentativo. L'artifizio solo poteva far sanguinare il capo, e ciò sicuramente non era facile, giacchè trovavasi esso in una situazione che esigeva la maggior avvedutezza; ma inoltre un certo individuo interamente contrario al vero spirito della Commissione, voleva assolutamente andar per le corte e senza riguardi camminare per una via che non adduceva allo scopo, e sempre più rendeva guardinga e diffidente la Emmerich. Ciò nondimeno il tentativo era da farsi, ed a questo fine le fu detto che la commissione non poteva sciogliersi, prima di avere ottenuto un risultamento sicuro. Ella medesima aveva confessato che la di lei testa seguitava ancora talvolta a sanguinare, e cotesta manifestazione potrebbe alla fine e ben presto liberar lei e la Commissione da cotesto noioso esame; quindi doveva pregare Iddio a non differire più a lungo cotesta manifestazione. Siccome tale discorso trovò buona accoglienza (al che il sempre più stringente bisogno di maggior alimento può aver in parte contribuito), le fu ripetuto sulla sera con la maggior possibile apparenza d'ingenuità, ed essa lasciò sfuggirsi il profetico annunzio, esser possibile che nel susseguente giorno, venerdì 13 agosto, qualche poco di sangue si mostrasse sulla sua fronte. La speranza del desiderato risultamento cominciava quindi a mostrarsi, ed affinchè Anna Caterina Emmerich non venisse trattenuta od impedita da troppo severa sorveglianza, la intrapresi io stesso e mi collocai, allorchè tutti dormivano, anch'io tranquillamente a letto nell'anticamera. Sulla mezzanotte intesi qualche leggiero romore; mi alzai e vidi per un certo tempo dalla porta aperta, la Emmerich che si era mossa e mi rivolgeva il dorso, agitarsi nel letto colle sue coperte finchè non si fu di me avveduta. I raggi del lume non cadevano sul di lei volto, nè potrei dire fino a che punto l'avessi in quel momento disturbata; ma nel mattino susseguente alle sei, nulla ancora appariva sul di lei capo. Io era già disposto per quella volta almeno ad abbandonare ogni speranza, quando una mezz'ora piu tardi, la infermiera con faccia turbata arrecò la notizia, per me desideratissima, per due altre persone per altro spaventosa, che la Anna Caterina Emmerich mostrava sulla testa qualche poco di sangue.
Cotesta apparizione venne tosto da tutti accuratissima mente esaminata, e quindi ciascuno fu invitato a dichiarare separatamente e per iscritto quale gli apparisse cotesto fenomeno e che ne giudicasse. Ritenni ciò per la cosa la più importante e per la più feconda in conseguenze che noi potessimo mai scontrare in quell'esame inquisitorio, e quindi ebbi cura, d'accordo cogli altri miei colleghi, di non trascurare la minima cosa circa questo fatto. Il risulta mento del nostro esame e l'unanime sentenza si fu che le macchie rosse apparenti sulla fronte di Anna Caterina Emmerich, presentavano la più perfetta somiglianza con quelle che possono prodursi colla fregagione o colla graffiatura; e che ve ne erano due laddove l'epidermide er? offesa, e la solita linfa era sgorgata; perlocchè una parte erasene attaccata alla fascia che cingevale la fronte, un'altra incominciava a far crosta. Questa consentanea dichiarazione scritta da uomini imparziali e spregiudicati, e di sensi sani e completi, sarebbe forse già bastante a convincere anche i più increduli; ma fu giudicato utile di osservare altresì attentamente i susseguenti casi. Onde avere una misura adattata a sicuri confronti, il dottor Rave in quella medesima mattina si fregò la fronte in due luoghi sino ad ottener la separazione dell'epidermide e l'apparizione della linfa. Le conseguenze furon le medesime in questi due casi. Quei punti semplicemente fregati sino al divenir rossi, persero quel colore dopo un paio di giorni; sugli altri punti rimase soltanto la crosta sei giorni, e quindi cadde allorchè l'epidermide fu ricompletata; e ciò avvenne sopra quelle due teste nello stesso settimo giorno. Mentre così erasi raggiunta la più convincente certezza che cotesta manifestazione sul di lei capo, non solo era intera mente, diversa da quelle effusioni sanguigne quali venivano con unanimità in passato descritte; ma che inoltre eran cose puramente umane e prodotte in modo piuttosto semplice e rozzo, apparve dall'altro lato desiderabile e conveniente, di vedere fino a che punto Anna Caterina Emmerich saprebbe e potrebbe spingere le sue negative assicurazioni. Potrà agevolmente dedursi, come lo dimostrano i protocolli redatti all'uopo, che essa deve aver prodotto sopra sè medesima quelle leggiere lesioni soltanto nel corto spazio di due o tre minuti, mentre trovavasi in istato di veglia e di piena cognizione, e la infermiera erasi allontanata per gettar via l'acqua delle abluzioni. Perciò, in presenza di alcuni altri membri della Commissione, venne la inferma da me invitata all'esame del Protocollo e dichiarò non essersi fatta da sè medesima coteste lesioni, nè cagionate coteste macchie sulla fronte, nè esserle state fatte o cagionate da alcun altro; giacchè poteva asserire che sin dal nascer del mattino, tempo in cui nulla appariva sulla sua fronte, era rimasta sempre desta, e che ciò senza veruna esitazione potrebbe affermare con giuramento.
« Io sentii nascer nell'animo mio uno spiacevole senso, nell'udire cotesta conferma giurata di una menzogna così manifesta, e fatta col maggior sangue freddo e con un viso sorridente da una persona cui io, in considerazione del suo deplorabile stato, avrei prestato volentieri tutti gli aiuti di un'attiva compassione. Ella mostrossi in cotesto momento come una ingannatrice orribilmente indurata, da non meritare più oltre alcuna compassione o alcun riguardo, ma anzi degna d'esser costretta a confessar il tutto coi mezzi più duri. Per altro, è sì grande il potere che l'aspetto della miseria ha sopra di me, che dopo non lungo tempo il di lei deplorabile stato cancellò dal mio spirito la maggior parte di cotesta avversione, e solo mi apparve con più orribili colori quell'impostore, che sino a cotesto grado aveva perduto e corrotto quella misera. »
9. Siccome poi erano state osservate macchie di sangue anche nella camicia della inferma a cagione dell' effusione del costato, così era d'uopo scoprire anche in questo caso la causa fondamentale di questo fenomeno apparente. Il Bönninghausen le descrive semplicemente per macchie nate da caffè vomitato. Ma la sig. Wiltner dichiarò allora, ed anche più tardi pubblicamente per mezzo del dottor Lutterbeck, esser pronta ad attestare con giuramento di aver ricevuto quel caffè vomitato dalla inferma tosto dopo averlo sorbito, sotto forma di un liquido biancastro e poco abbondante, in un pannolino di colore azzurro che sempre era pronto a tal uopo; talmentechè nemmeno una goccia di cotesto fluido avrebbe potuto pervenire sino alla camicia, difesa da quattro coperte. L'ammalata dovette peraltro ritogliersi dal corpo quella camicia, e quantunque tutti i commissarii dovesser convincersi del color rosso di sangue della medesima, e sebben la signora Wiltner mostrasse loro più tardi dell'acqua colorata da quel sangue che aveva ritolto dalla camicia lavandola, pure il Bönninghausen si ostinò colla maggiore veemenza a persistere nelle sue macchie di caffè, e proibì con la maggiore severità alla signora Wiltner di lasciar vedere quella camicia e quell ' acqua al dottor Zunbrinck, che il giorno innanzi era arrivato da Münster. Nondimeno essa fece inserire tutto l'andamento della cosa nel Protocollo, aggiungendovi espressamente esser pronta e volonterosa di confermare quanto aveva di chiarato con giuramento (1).
(1) Dopo la pubblica dichiarazione che la signora Wilfner emise per mezzo del Dottor Teodoro Lutterbeck, il Consigliere Bonninghausen si espresse così: I molti inganni già scoperti, e gli enimmi di finzione non ancora sciolti, mi autorizzano al sospetto che quelle macchie rossiccie provenissero da sangue derivato dai denti; giacchè certe macchie rossiccie erano state osservate nella camicia di Anna Caterina Emmerich e nei di lei pannilini. In ogni caso questa affermazione non è altrettanto ridicola quanto quella già conosciuta e tratta dall'analogia dei vasi capillari, e tendente a provare che il sangue doveva provenir dall'interno del di lei corpo, perchè questa camicia era più fortemente colorata nella sua parte esterna che nella interna. Jo peraltro non intendo già di negare in alcun modo che anche il sudore di Anna Caterina abbia potuto essere sino a un certo punto sanguigno. »
(1) Quando Anna Caterina nel settembre susseguente narrò al Pellegrino cotesto evento, vi aggiunse quanto segue; Il Consigliere fu mando tabacco da prima erasi collocato alla diritta del mio letto: presso di lui stava il farmacista. Colui ( il Consigliere) mostrava come se mi compatisse per essere stata ridotta in sì misero stato per colpa dei miei amici; ma aggiungeva non esser io ancora troppo vecchia e poter benissimo guarire, e cose simili; anzi riprese di bel nuovo le sue lusinghe ed adulazioni. Ed ecco che a un tratto vidi il Diavolo starsi precisamenie dietro il Consigliere. Ne provai tal orrore da non poter sì tosto parlare; la infermiera portò dell'acqua, perchè credeva fossi caduta in svenimento. Allora venne il discorso sull'autorità; ed io dissi: prima di tutto vien Dio ecc.
Allorchè nel dopo pranzo i commissarii minacciarono di rinnovare al letto della inferma i tormenti del mattino, essa si oppose con una certa ferma severità, perlocchè venne esortata dal Consigliere all' ubbidienza ed alla pazienza.
«Ognuno (disse egli) deve adempire ciò che gli è imposto. Noi tutti siamo servitori dello Stato, e tutti dobbiamo adoperarci l'uno per l'altro. Anche ella deve render conto allo Stato di ciò che di straordinario in lei apparisce. »
Anna Caterina rispose: « Io venero l'autorità secolare e volontieri voglio adempire al mio dovere; ma tutti loro quanti son qui non riconosco per giudici competenti in simili cose! Allora nacque un diverbio, ma Anna Caterina confutò tutti i principii, coi quali quei signori volevan dimostrare la loro competenza in quell'esame. Quindi il consigliere prese di nuovo la parola e domandò: « Ma per chi dunque ci prende ella? » Immediatamente Anna Caterina rispose in tuono solenne: « Io ritengo lor tutti per servitori del diavolo ( 1)! »
Coteste parole pronunciate dalla bocca di una povera monaca abbandonata e data senza alcuna difesa in preda ai suoi tormentatori, scossero sì profondamente uno dei commissarii, il farmacista Nagelschmidt di Dülmen, che egli ruppe in queste parole: « No, io non voglio esser servitore del diavolo. » Lasciò quella stanza e non volle prender più alcuna parte a cotest'opera di iniquità. Tutti tacquero come internamente colpiti: anche lo stesso Consigliere non ebbe in pronto alcun mezzo per interrompere quel subitaneo silenzio. Gli uni dopo gli altri se ne andarono, ed Anna Caterina ottenne quiete.
Tardi nella serata venne pure il giovine dottor Busch: finse compassione per l'ammalata e le offrì il suo soccorso. Le fece poi dall' infermiera ritoglier la cuffia dal capo e le versò alcune goccie di un certo liquido sul vertice culminante della testa, in modo tale che per improvvisi dolori ella cadde in deliquio, e la infermiera la ritenne per morta.
« Coteste goccie mi cagionarono un tal dolore (raccontò poi Anna Caterina), che mi corse istantaneamente per tutte le membra e mi tolse ogni conoscenza. In seguito mi disse la infermiera esser io rimasta per un'ora nel più profondo svenimento, ed essa aver temuto che fossi morta. »
10. Nel sabato 14 sul mattino ricominciarono di bel nuovo le fregagioni, le lozioni, e le ispezioni della testa. Era sopravvenuto un nuovo medico da Münster, il dottor Zunbrinck, che esaminò accuratamente il tutto. Pure egli si condusse con si bene educato e conveniente contegno, che Anna Caterina prese in lui fiducia; e sino dal dopo pranzo potè convincersi, dopo la conversazione avuta con lui, di non essersi ingannata nel suo presentimento. « Prima che egli venisse (raccontò essa in seguito) lo vidi in visione, e mi parve che venisse verso di me un uomo lungo e piuttosto magro, che mi porgeva la mano. Credei che fosse mandato da Dio per salvarlo, e lo raccontai alla infermiera. Venne poi difatto, ed era uomo probo; gli altri lo temevano e facevan tutto segretamente tra loro. Il Consigliere lo chiamava per ironia mordace il mio Dottore, diceva che esso teneva le mie parti, e domandava se io non mi sentissi specialmente inclinata verso di lui. Risposi ch'io sperava che ognuno agirebbe secondo il suo dovere. Cotest' uomo non era nè lusinghiero, nè adulatore: era più attento e più diligente di tutti gli altri. Mi disse sin dal primo momento: Scriverò ciò che troverò. La non si lasci traviare da cosa alcuna, nè da adulazione, nè da minaccia! Si attenga alla verità: attenendosi ad essa, niuno può mai perire (1). »
« Vidi in visione gli altri starsi nella nera, sudicia, quadrangolare pseudo-chiesa senza campanile, con alto comignolo di tetto: e li vidi in grande intimità collo spirito che vi presiede. Cotesta pseudo- chiesa è piena di immondizie, d'inanità, di trivialità e di tenebre. Niuno quasi può giungere a vincer l'oscurità in cui è costretto ad agire. Tutto vi è tenebre, e tenebre vacue. Le mura ne sono erte, vuote e disadorne affatto. Un seggio serve d'altare. Sopra una tavola sta un teschio coperto, in mezzo ai lumi. Talvolta viene scoperto; nelle loro consacrazioni e solennità adopran soltanto spade nude. Tutto è ivi compenetrato di malizia e di iniquità: è la comunione dei dannati. Non posso esprimere quanto sia orribile, pernicioso, vano tutto il loro operare, il che molti fra loro stessi ignorano. Pretendono incorporarsi e divenire membri di tutt'altro fuorchè del Signore. A causa della diserzione di uno di loro, son divenuti tanto arrabbiati contro di me. Quando la scienza si separò dalla Fede, ne nacque cotesta chiesa senza Salvatore, la pretesa santificazione delle opere senza la fede, la comunione di pretesi santi per le opere, ma privi d'ogni fede, insomma la falsa chiesa di cui centro e base sono l' iniquità, l'errore, la menzogna, l'ipocrisia, la debolezza, la malizia inspirata dal demonio regnante in quell'epoca. Ne nacque un corpo ed una comunione estranea al corpo di Gesù Cristo che è la vera Chiesa, e stette quindi, come falsa chiesa, priva di Salvatore. Il di lei solo mistero è il non aver mistero, e perciò dovunque e per tutto è cosa temporale e finita, superba, solo in sè stessa compiacentesi e quindi perniciosa, e malgrado ogni pretesa santità di opere, adducente in perdizione.
(1) 11 Dottore Lutterbeck dichiarò pubblicamente nel suo secondo opuscolo: Aggiunta necessaria alla mia lettera al signor di Bonninghausen, aver letto il rapporto del dottor Zunbrinck nel quale cotesto medico dice: « Che negli ultimi sette anni trascorsi non avendo mai veduto la Emmerich, non aveva nessun criterio formato sopra la origine delle di lei ferite, ma che peraltro non si era mai avveduto di alcun inganno durante cotesto esame inquisitorio; come pure che non riteneva la Emmerich per capace di alcun simile inganno, a cagione del di lei carattere, tal quale gli era apparso durante quel tempo..
La cosa la più pericolosa in cotesta falsa chiesa è la sua apparente innocenza. Essa esiste, vuole, ed agisce da per tutto in modi affatto diversi; in alcuni luoghi opera senza fare apparentemente alcun male; in altri prepara perdizione ai poco esperti; e così tutti finiscono, diversamente agitandosi, col riunirsi in un sol centro, cioè in colui che fu maligno sin dal principio, vivendo col pensiero e coll'azione totalmente fuori del grembo di Gesù Cristo, da cui soltanto vien santificata la vita umana, e fuor del quale ogni pensiero ed ogni azione rimane in potere della morte e del demonio. »
Nella sera di cotesto giorno ella rammentò al Consigliere la di lui promessa di farla trasportare nel corso del sabato a casa.
Ciò non può essere, rispose egli, la cosa non è ancor finita, non è peranco assai chiara. » Nel giorno seguente peraltro scherzò dinanzi Anna Caterina cogli altri commissarii, pronunziando le seguenti parole: La Emmerich non ci scappa via di certo: non abbiamo quindi bisogno di spender qui l'intera giornata e di star sempre all'erta con tanta sollecitudine! » Ma il Zunbrinck fece travedere il suo disgusto esclamando: Come! E questa si chiama una seria inquisizione? Qui si mangia, si beve, si dorme, si va a passeggiare e si sta in panciolle. La cosa non va come deve andare. Non ho nessuna confidenza in cotesta gente! »
Nel dì festivo dell'Assunzione di Maria e nei due susseguenti giorni Anna Caterina venne meno tormentata che per l'ordinario. I commissarii non potevano intendersi fra loro sul nuovo da farsi. Il Consigliere andava avanti e indietro; ma pur si trattenne a lungo e parlò solo di cose indifferenti.
11. Ai 17 di agosto Anna Caterina chiese la fine di cotesti procedimenti, enumerò tutte le sopportate tormentose angustie, e domandò che mai i commissarii potessero più oltre da lei desiderare? Il Consigliere rispose: « Son al venute da Münster tante domande da dirigersi a lei,l'abate Lambert, al P. Limberg, ed alla di lei sorella, che io non vedo ancora alcuna apparenza di finirla. » Essa rispose turbata: « Mi hanno rinviato da un giorno all'altro con vuote promesse; ed ora mi si aggiorna sempre più il momento del fine! »
Il Consigliere cominciò allora a parlare con una certa collera e minacciò: « Se ella oserà far soltanto un rimprovero, le prometto che le cose andranno tosto in modo diverso! Ella troverà in me un uomo duro secondo il bisogno! Ella medesima col suo prete francese è causa che non la possiamo ancor rilasciar libera. »
L'ingresso del Decano interruppe gli imminenti insulti, poichè Anna Caterina si rivolse a costui con la seguente lagnanza: « Si pretendono da me confessioni che non posso fare. »
Il Decano. Se si tratta delle di lei dichiarazioni, ella può confermarle col giuramento. »
Essa. Sicuramente! Ma mi è stato detto che il mio giuramento non sarebbe valido. »
Chi glielo ha detto? sclamò a lei rivolto il Consigliere. »
« Chi me lo ha detto (rispose Anna Caterina) lo sa benissimo! »
Giovedì 18 agosto.
Questa giornata trascorse senza ulteriori oppressioni, meno che, ogniqualvolta il Consigliere entrava nella stanza caricava la inferma ed il confessore presente di rimproveri e di minaccie, alle quali ella rispondeva col silenzio. Sulla sera vennero il Borges ed il Busch per vegliare quella intera notte (1 ) presso il di lei letto, giacchè accostandosi il venerdì, essi speravano in una effusione sanguigna.
(1) Mi fu data sul venir della notte (raccontò essa) con molta premura una piccola boccetta involta in un cencio di seta nera, annunziandomi che proveniva dall' Overberg, e che dovessi per alcun tempo tenerla sul petto. Io ne provava una indescrivibile ripugnanza e nausea, specialmente verso quel cencio, come se provenisse da persona affatto impura. Quando mi ingiunsero di depor cotesta boccetta sul mio petto, provai istantaneamente tali palpitazioni ed angoscie che tosto la gettai via. »,
Per buona ventura era interve nuto anche il dottor Zunbrinck, la di cui presenza teneva in briglia la rozza e sguaiata disposizione degli altri due. L'ammalata avea passato una dolorosissima notte per causa di orribili visioni, ma l'espettazione dei commissarii non fu soddisfatta. A gran consolazione della inferma non sopravvenne alcuna effusione sanguigna. « Cotesta circostanza (così narrò Anna Caterina) parve riuscir gratissima al Consigliere, poichè trovava da ciò confermata la sua opinione circa la esistenza di un inganno. Forse sperava altresì di sentirselo confessare anche da me, giacchè altrimenti non saprei spiegarmi la gentilezza e le adulazioni colle quali, dimenticandosi le scene passate, mi sopraccaricò nel susseguente giorno. Coteste adulazioni peraltro mi riuscivano assai più insopportabili delle sue stesse minaccie. » Il Borges, che a cagione del suo stato infermiccio sentivasi molto stanco per la vegliata notte, e molto in cattivo umore per la delusa espettazione, lasciò Dülmen e se ne ritornò a Münster.
Sulla sera del venerdì comparve in scena di bel nuovo anche il Rave, il quale erasi tenuto lontano per un'intera settimana. Egli non potè nascondere nel vederla la impressione che i di lei patimenti in lui producevano. « In qual misero stato è ella mai e quanto soffre! » esclamò
«egli, e volgendosi al Consigliere ripetè: Essa è straordinariamente misera e dimagrita. Ha giornalmente la febbre.
Non posso rispondere che valga a durare così più a lungo! » Pure allorchè Anna Caterina gli rammentò che l'indomani correrebbe il terzo sabbato dacchè essa costà giaceva, e pregò che alla fine le si mantenesse la parola di trasportarla a casa, costui si mostrò di mala voglia ed esclamò: « Non ci posso far nulla! Sono anch'io stanco di dover star qui più a lungo. Se ella non ha più confidenza in noi, anche noi non abbiamo più confidenza in lei, ecc.» Anna Caterina pose sott' occhio a cotesti due individui il loro oltraggioso procedere, e domandò con grave serietà: « E chi mai di voi due può rimproverarmi una menzogna? » Ed essi lasciarono cotesta interrogazione senza risposta.
12. Nel sabato 20 agosto vennero insieme col Consigliere molti commissarii innanzi al letto dell'inferma, senza propriamente sapere da che cominciare. Parlarono della lor noia e sazietà di tutta cotesta faccenda e mostrarono desiderare il fine della inquisizione. La infermiera non potè a ciò più a lungo tacersi ed aggiunse: « Quante mai spese cagiona tutta cotesta faccenda. E d'onde viene il denaro con cui cotesti signori si fanno pagare? Lo paga il Re, rispose uno di loro.
Il Re, soggiunse Anna Caterina, è mal servito dai suoi servitori. È ingannato e spende male il suo danaro, dal quale gronda il sudore dei poveri contadini dissanguati sino all'ultima goccia. A che serve quest'esame con tutte le scritture di persone che non capiscon nulla di un tal genere, di cose, che non hanno verun senso morale, veruna chiave per penetrarle? Varrebbe meglio assai distribuir cotesto danaro ai poveri, e chiamare ad esame e a render conto i delinquenti secreti e gli astuti impostori: ciò almeno produrrebbe utilità e buon frutto. »
Essa pronunziò ancora molte gravi parole, alle quali i commissarii non opposero veruna contradizione; anzi potè accorgersi dal loro susseguente contegno, che la impressione prodotta da quelle parole era stata profonda. Al consigliere Bönninghausen, siccome presidente della commissione, riusciva peraltro tutto cotesto affare sempre più penoso, e gli cagionava ad ogni nuovo momento irritabilità sempre crescente.
Il Borges erasi ritirato di pessimo umore perchè non riuscivasi ad indurre l'ammalata alla confessione dell' inganno. Il Rave aveva veduto naufragare la sua intera ma lizia. Il Nagelschmidt ed il Zunbrinck eransi pienamente dichiarati in favor dell'innocenza; gli altri eran commossi e vacillanti, ed il Consigliere medesimo, a malgrado tutte le sue adulazioni, tutti i suoi oltraggi e minaccie, non era peranco riuscito a scoprire cosa, che potesse dare nemmeno il minimo apparente appiglio al suo giudizio d'inganno e d'impostura, già concepito anche prima che la inquisizione incominciasse! E come mai avrebbe egli potuto comparire innanzi al Presidente supremo, cui aveva promesso la buona e sicura riuscita di quella inquisizione? Era costretto per forza a tentare di scoprir mezzi e vie, onde pervenire allo scopo. Durante tre giorni, dal 21 al 23 agosto tentò egli col mezzo d' incessanti, offensivi, e subitanei di sturbi, di far perder pazienza e contegno alla inferma. Si approssimava a lei soltanto per rimproverarla, irritarla, imbrogliarla.
In che modo sta ella giacente (le diceva)! nemmeno un uomo sano potrebbe giacere in cotal guisa! Già tutto questo in lei è una commedia! Non prega, non lavora, e ciò non ostante è così esausta, debole e languente! Ma non m'inganna mica, sa ella! Non mi sfugge già che ha forza bastante a far tutto ciò che vuole, quando pur lo voglia! Può tutto ciò che vuole, quando pur lo voglia! Può parlare forte e a lungo quanto le piace. L'ho trovata a casa una volta, che cuciva! » e cose simili.
Anna Caterina rispondeva di rado una qualche parola, ma la di lei compassione verso cotesto pover uomo era si grande, che appena potè contenere il vivacissimo desiderio di succhiar la ferita della di lui moglie, ammalata di un cancro al petto, quando la medesima nel corso di quei giorni venne a visitarla. Era sul punto di domandarlo a quella signora siccome un favore, e la trattenne soltanto la certezza che cotesta preghiera verrebbe respinta.
Anche il dottor Busch assisteva il Consigliere nello insultare la inferma. « Oh si è mantenuta benissimo durante la inquisizione (disse egli), non soffre punto e non perde nulla. » Una volta la sorprese quando ella (come spesso succedeva) aveva vomitato sangue; le aprì la bocca, le introdusse il manico di un cucchiaio nel palato, lo esaminò, ed esaminò pur le gengive, senza nemmeno dare all' inferma una ragione di simile prepotenza. Solo dai susseguenti rimproveri del Consigliere potè essa comprendere qual fosse stato il disegno del Dottore. « La di lei storia, disse il Bönninghausen, è precisamente simile a quella della ingannatrice ultimamente scoperta in Osnabrück; costei aveva pure labbra asciutte e ruvide appunto così, ed anche vomiti sanguigni; ma si venne a scoprire che quel sangue lo ritraeva succiandolo dalle gengive, e così fa ella pure. » Poi seguitò parlando in tuono più dolce:
«Eppure mi rincresce di lei! Non la ritengo per così colpevole. Ma quei preti francesi hanno osservato esser lei donna religiosa e paziente, che si adatta a tutto; e quindi han creduto che potrebbero riuscire a rimettere in onoranza gli usi della Chiesa Cattolica e la fede nelle leggende ed in simili storie, ove col di lei mezzo pervenissero a metter di nuovo in corso cose di tal genere. »
Il dottor Zunbrinck per lo sdegno di cotesti maltratta menti era spesso come fuori di sè, e la infermiera così si lagnava:
Il Consigliere la vuol spacciare per una bugiarda ed ingannatrice comune! » Ma Anna Caterina non perse punto il suo contegno: veniva consolata da Dio.
« Una volta (così narrò essa) fui presa da un vecchio che aveva un fanciullo fra le braccia: mi portò via e mi nascose in un cespuglio di ortiche. Allorchè quelle ortiche mi pungevano, ne era lietissima: e ciò mi giovava tanto e mi era di conforto contro i discorsi di quell' uomo (1).
(1) Il Consigliere.
Quel vecchio era S. Giuseppe con Gesù Bambino. « Venne anche da me una notte quel giovanetto, che mi aveva già aiutato a custodir le vacche mentre io era bambina. Era molto allegro e contento, Aveva in mano un bastoncello e si aggirava lietamente qua e là d' attorno. Gli dissi Caro giovinetto, la cosa non va adesso come altre volte sul prato: ora sono in prigione! Quindi parlammo insieme allegramente e con gran semplicità. Un'altra volta aveva presso di me un bambino tutto luminoso giacente in una splendida culla. Io lo cullava e lo custodiva. Portava sulle spalle una croce, ed allorchè gli domandai cosa fosse quel legno, mi disse: È la tua croce che tu non vuoi portare! Nella terza settimana, mentre trovavami molto ammalata e vivamente desiderava il santissimo Sacramento, ebbi una visione: venni per un sentiero ombroso, piano, e stretto in un' isola circondata di mura. Ed allora si accostarono a me due spiriti: credo che vi fossero inoltre delle donne, e poichè io era cotanto debole mi porsero due bocconi che ritrassero da una piccola scatola. Mi ricordo che, onde la infermiera addormentata presso di me non vedesse cotesti bocconi, mi ricoprii il capo con la mia coltrice, poi chè cotesti spiriti mi si erano accostati venendo dal lato ove essa si trovava. »
13. Ai 25 d'agosto si sentì talmente fortificata che confessò: Ho perduto ogni timore, ogni impaziente desiderio di qualsiasi cosa, anzi ogni incertezza, ogni inquietudine. Son cresciuta in forza e serenità in quella misura, con cui cresceva l'oppressiva persecuzione. » Così disposta in vitò ella medesima il Consigliere provinciale ad esporle finalmente quelle domande ch'ei pretendeva aver preparate da molti giorni. Costui rispose: « Ella è troppo debole e soffre troppo: non potrebbe nemmeno rispondermi.
« Se mi è comandato di rispondere (essa riprese), ne avrò in tal caso anche il potere, giacchè il Signore me ne darà la forza! » Dopo alcune ore il Consigliere ritornò insieme col Rave, onde incominciar l'interrogatorio. Erano circa cinquanta punti quelli intorno a cui essa doveva rispondere. Il Rave intanto le si accostava di tempo in tempo per osservare, come disse all'infermiera, le forze e la possibilità di Anna Caterina (1).
(1) Egli osservò pure a suo modo nel protocollo: Quando la Emmerich non fa attenzione a se stessa, parla ad alta voce e con lunga durata; abitualmente poi parla soltanto a voce bassa ed incerta. Vera prova della sua grande simulazione! »
Essa raccontò dell' andamento di quella faccenda nel modo seguente:
Prima dell' interrogatorio mi sentiva molto debole e languente, ma durante le interrogazioni venni visibilmente confortata. Coteste domande poi erano talmente strane e spesso tanto ridicole, che me ne sentiva affatto rallegrata e spesso ne doveva rider di cuore. Così, esempligrazia, mi venne dimandato cosa venisse operato sopra di me o sulle mie ferite, mentre i visitanti che bussavano alla porta dovevano sovente aspettare lungo tempo, e cose simili. Allorchè tutte coteste dimande ebbero la loro risposta, venne letto il Protocollo, e lo sottoscrissi dopo che fu modificato e cambiato ciò che non consuonava con le mie risposte. Dopo l' interrogatorio caddi di bel nuovo in gran debolezza. »
Nel venerdì 27 agosto vennero rinnovati i soliti tormenti, specialmente per opera del giovine Busch. Deve sanguinare, sclamò costui, sì, deve sparger sangue alla fine! Stiamo qui inutilmente e non possiamo ottener nulla! Che dobbiamo dire di aver veduto? » e cose simili. « Non posso farci nulla, rispose Anna Caterina; avrebbero dovuto venir più presto, se volevan vedere lo spargimento del sangue. Se io poi potessi giovare a loro col sangue mio, lo farei di buon grado; ma non ho più sangue in tal copia quanto loro tutti insieme lo desiderano. »
Il Consigliere sembrò aver scelto cotesto giorno per tentare l'ultimo suo assalto; giacchè quando sulle dieci del mattino non pervenne a scoprire alcuna traccia di effusione sanguigna, gridò pieno di collera: Che uscirà mai da tutta questa faccenda? Non abbiamo ancora potuto vedere nulla di sicuro! » E quindi prorruppe in minaccie, ove la inferma non volesse alla fine confessargli la verità.
14. Dopo il meriggio, alle tre, egli comparve di nuovo; ordinò alla infermiera di allontanarsi, e chiuse la porta quando fu uscita. Anna Caterina che stava in procinto di prendere alcun poco di the, nel primo momento sentissi sorpresa e spaventata pei modi inurbani e brutali di costui, pure raccolse lo spirito e bentosto ottenne invincibile fortezza.
In ogni giorno, ad ogni ora, (cominciò egli a dire) apparisce soltanto più chiaro che tutta questa faccenda diventa sempre più seria ed imbrogliata. Le astuzie di questi francesi sono ora pienamente scoperte. Il Lambert, quantunque volpe vecchia, si è pure alla fin fine tradito: io son più fino di lui; i suoi rosarii che egli partecipa coll'abate Channes ed anche col padre Limberg, ora ben si capisce che vogliano dire. Sono anche sulle traccie di accertarmi che il Limberg faceva l'esorcizzatore nella parrocchia di Darup. Sì, glielo dico in parole tonde e chiare, i francesi han fatto sopra di lei tutta questa storia, ovvero ella da sè medesima si è fatte coteste ferite. Sì: ora glielo impongo! Confessi! »
Anna Caterina colla maggior possibile tranquillità gli rispose: « Mi tengo assolutamente a quanto ho già detto. Nè posso, nè voglio parlare altrimenti. Il P. Limberg non è mai stato nella parrocchia di Darup. »
Allora egli assunse modi molto solenni, dicendo: «Monaca Emmerich, io l'avverto e le parlo chiaro e franco: tutta questa storia è un inganno ed è opera dei francesi! »
Anna Caterina senza punto turbarsi si versò alquanto thè nella tazza e si tacque. Allora egli cambiò contegno, raddolcì il tuono della voce, e si provò a parlare all' amichevole: Non le accadrà alcun male (diceva), tutta la faccenda avrà tosto fine, quando ella confessi. Non abbia alcun timore! Verrà provveduto per lei e per tutti i suoi: si vuole decisamente fare ogni bene tanto a lei quanto a coloro che le appartengono!
« Essa. Non posso confessare quanto ella da me desidera; sarebbe vergognosa menzogna. »
Egli (nella più alta collera): « Lo confessi: se non l'han fatto i francesi, lo han fatto i tedeschi! Ma no, questi non sono pervertiti cotanto da tessere inganni così per giuoco. Me lo confessi: da sè stessa ella si è fatta sanguinare ultimamente il capo!Essa. Anche questa sarebbe una bugia. Interroghi la infermiera che era presente all' effusione sanguigna, come anche lo erano i commissarii. »
Egli. « Quanto può asserire la infermiera qui non ha alcun valore ed il suo buon dottore Zunbrinck non desiste neanch' egli? »
Essa. « La non si affatichi più a lungo! Vedo bene dove vorrebbe giungere. È inutile; non vi giungerà mai! »
Egli. « Sì menzognera ipocrita! Sì raffinata..... La conosco a fondo! L' ho osservata con bastante cura, e ben spesso le ho tastato il polso. Son persuaso che ha più che sufficienti forze quando lo vuole e quando ciò le salta in capo, ecc. ecc. »
Essa tacque. Quando il Consigliere ebbe così sfuriato, il tranquillo contegno della tacita innocenza gli divenne insopportabile: dimodochè incominciò di bel nuovo a tempestare con le parole: « Come! non mi vuole nemmeno dare risposta? »
Essa. Non ho che dirle; ella non vuole la verità! Io ho paura di lei più che dello intero inferno; pure ho Iddio con me, e quindi ella con tutte le sue bestemmie e le sue minaccie non potrà nulla sopra di me! »
Egli. «Eppure tutto questo è inganno e sarà sempre in ganno (1): lo confessi! Tutta questa faccenda non può provenir da Dio. Iddio non fa cose simili, e di un Dio che simili cose operasse, non ne vorrei sentir parlare! Io le parlo chiaro e con lealtà. Che coscienza ha mai ella? Anch'io ho qualcosa sul cuore, ma peraltro non vorrei cambiar di coscienza con lei. »
(1) Alcune settimane dopo il Bönninghausen fece stampare le seguenti parole: « La Emmerich stessa deve farmi testimonianza che io sul finir dell'esame inquisitorio, ho francamente confessato senza alcun ritegno la mia convinzione fondata sopra indubitabili fondamenti. L. C. pag. 10.
Essa. « Non è vino schietto e leale quello che ella pretende versarmi, ma piuttosto schietto fiele. Ella mi vuol strascinare in perdizione, ma Iddio mi custodirà e mi salverà. La verità trionferà. Non ho più nulla da dirle. »
Si tacque: rimosse da lui lo sguardo. Egli si allontanò con le parole: « Se ne pentirà, se ne pentirà molto! Non dimeno le voglio lasciare tempo di riflettere fino a dimani. Ma alla fine intenda ragione e si lasci consigliare! »
Cotesta orrenda scena avea durato per due ore. Dopochè si fu allontanato, la infermiera, che tutto aveva inteso dall'anticamera, si precipitò dentro altamente piangendo e contorcendo le mani, ed accorse a consolare Anna Caterina; ma invece si fu ella che venne consolata dalla inferma e che vide come meravigliosamente ella fosse stata fortificata da Dio. Anna Caterina fu in grado ai 28 di novembre, narrando al Pellegrino una sua visione, di confessare: « Durante l'esame, le due sante monachelle che si spesso mi eran venute in aiuto, si erano a me riaccostate ed avevanmi offerto di nuovo il loro soccorso. Pensai allora come anche S. Pietro fosse stato liberato dalla prigione, ma dissi: che sono io mai accanto a S. Pietro? Voglio star qui sino al fine. »
15. Ai 28 di agosto venne il Rave per l'ultima volta: « Bizzarra faccenda (disse egli con disprezzo), bizzarra faccenda! Non voglio più avervi nulla che fare. Me ne vado a casa. Me ne avrei a male davvero se ella ne uscisse bene! » Quando costui si fu allontanato, venne di bel nuovo il Consigliere ad annunziare un'altra scena per la sera con le seguenti parole: « Le cose per lei pigliano cattivo aspetto; e prima di tutto ella non tornerà per ora e forse mai più a casa. Nondimeno le lascio tempo di riflettere sino a questa sera. » Essa rispose:
Anche questa sera ella non otterrà da me altra risposta. » Nella giornata il borgomastro Mölmann si adoprò a tutto uomo a convincere la inferma delle buone intenzioni e della nobiltà di animo del Consigliere, onde indurla a dichiarare dinanzi a lui la sua. soddisfazione ed approvazione di tutto quanto era fin d'allora accaduto. La inferma rigettò severamente coteste insinuazioni. Sulle sei della sera venne il Consigliere in istato di brutale esaltamento. Chiuse di bel nuovo la porta ed incominciò a gridare all'ammalata: Si ricorda ella quel che le ho detto? Essa. Non ho altro da rispondere.
«Egli. Badi bene a quel che fa? Il Lambert ha ciarlato per bene. Me ne impadronirò. »
Essa. Lo prenda e lo tenga stretto. Ma intanto la mi faccia riportare a casa e mi ci lasci finchè il Lambert abbia tutto espettorato; son certa in questo caso di goder lunga quiete. »
«Egli. In quel caso sarebbe dunque anch'ella disposta a confessare? »
Essa. Anche in quel caso non potrei dire al certo altrimenti da quel che dico adesso. »
«Egli. Ella è un'ingannatrice! Non è punto ammalata. Sa benissimo e furbescamente fingere e simulare; ma io sono ben più fino di lei. L'ho ben bene spiata; ho osservato ogni moto del suo polso ed ogni suo respiro. La porteremo via da Dülmen. Ella non tornerà più presso i suoi e coi suoi buoni amici i francesi! Si, son cotesti francesi che l'hanno indotta in perdizione ecc. ecc.
Così quel suo infuriare durò per circa due ore; ma Anna Caterina gli oppose sempre un assoluto silenzio. Alla fine ei conchiuse con le seguenti parole: « Ora poi la mia pazienza è esausta. In questa medesima notte ella verrà portata via. »
«Essa. Ma ha ella davvero sì estesi poteri? Ella ha incessantemente ripetuto che qual servitor dello Stato, doveva strettamente attenersi agli ordini ricevuti! » E qui egli la interruppe esclamando: « Vado via e scrivo immediata mente il mio ragguaglio. Vedo chiarissimo in tutta questa faccenda. Ella non può confessare, perchè legata da spaventevoli giuramenti! Ma io riuscirò a metter tutto in piena luce. Conviene assolutamente portarla via da Dülmen. »
Essa. Faccia senza ritegno e senza esitazione ciò che ella vuole. Non temo nulla! Ella si dice cattolico, ma cosa è mai la sua religióne? Mi vede ricevere il santissimo Sacramento, e crede che io potrei sfacciatamente mentire e simulare i segni visibili della Redenzione? Potrebbe mai alcun giuramento legarmi e costringermi a simile menzogna? a dissimulare un sì orribil delitto? Qual religione è mai la sua? »
Egli si allontanò senza rispondere. Dopo un'ora ritornò con uno scritto in mano, ed- incominciò di bel nuovo a recitare la sua parte così: « Debb'io spedire questo rapporto? Ella è ancora in tempo; ci rifletta bene! Essa. Sì, lo mandi pur via. »
«Egli. L'avverto di nuovo; rifletta. »
Essa. In nome di Dio, lo spedisca pure!
«Egli (con solennità). « Per l'ultima volta le domando: debbo spedire il rapporto? Consideri le conseguenze! »
«Essa. Sì, lo spedisca in nome di Dio. »
Egli si allontanò con atti di grossolano disprezzo; pure ritornò dopo breve tempo con quella carta in mano, e continuò a ripetere per la seconda volta cotesta commedia, sinchè preso egli pure dalla stanchezza, la lasciò minacciandola, mentre ella col penetrante suo sguardo e con piena tranquillità di animo, aveva ben veduta e pesata tutta la miseria di quella commedia preparata e studiata, ed occupavasi a consólare la spaventata infermiera, e quindi per la prima volta in tutto quel tempo gustava per due ore intere un tranquillo e ristorante sonno. « Posso dire con sicurezza (raccontò in seguito) ch'io era così tranquilla, contenta e serena durante cotesta scena, quanto mai lo fossi stata in ogni tempo precedente. »
La notte della domenica 29 trascorse tranquillamente. Sulle dieci del mattino comparve di bel nuovo il Consigliere. Ebbene, vuol ella partire? » incominciò egli. Essa. Oh sì! vorrei bene ritornare alle mie stanze! » Egli. « No, no, io dico se vuole andarsene dalla città? » Essa. In ciò io non consento. » Egli. « Ma come vuol fare a recarsi a casa! Ella è troppo debole. »
Essa.
Ciò lo lasci a me in cura! Ella ha pensato a farmi portar qui; ora lasci a me il pensiero di farmi trasportare a casa! La serva del padrone di casa mi trasporterà sino alle mie stanze. » Egli. Ma pensi che è domenica! Come si può fare ad evitare di dar spettacolo? » Essa. « Coll'agir subito! La gente trovasi ancora alla Messa solenne e le strade sono.vuote e tranquille.«Egli. Ebbene, facciamo così! Ma prima ella mi deve fare una promessa. »
Essa. Se la posso fare, la farò. »
«Egli. La può fare benissimo. Mi prometta di avvi sarmi tostochè si presenti di bel nuovo un'effusione san guigna. »
Essa lo promise, ma di ciò non si appagò il Consigliere, e le presentò un foglio aggiungendo le seguenti parole:
« Ho qui redatta per iscritto la promessa; vi apponga sotto il nome, affinchè la di lei promessa mi venga garantita da questo foglio. »
Il vivacissimo desiderio di ritornare a casa fece dimenticare ad Anna Caterina, scevra di ogni sospetto, la cura di assicurarsi del contenuto di quello scritto prima di segnarlo. Soserisse senza punto preoccuparsi di ciò che le veniva sottoposto. Ma ecco che sin dal 14 ottobre il Bönninghausen emise la seguente pubblica dichiarazione: « La Emmerich mi ha solennemente promesso, stringendomi la mano ed anche per scritto, di tosto avvertirmi di qualsiasi ulteriore alterazione potesse sopravvenire nel suo corpo; e quindi mi ha espressamente autorizzato a contraddire qualsiasi cosa venisse di lei detta e risaputa senza mia anteriore cognizione, ed a dichiarare chiunque propalasse cose simili per bugiardo ed impostore (1). »
16. Tostochè il Consigliere ebbe in mano il foglio sotto scritto, soggiunse: « Io stesso la voglio trasportare a casa. L'ho trasportata qui, e la voglio di bel nuovo trasportare costà; » e dicendo queste parole afferrò le coperte del letto, ne avviluppò la inferma malgrado la sua resistenza, la sollevò dal letto, la trasportò giù per le scale, e giunto alla porta di casa la consegnò alla fantesca, che senza ulteriore disturbo o rumore, la trasportò all'antica abitazione. Sin dal momento in cui venne così afferrata, aveva perduto ogni esterna conoscenza. Il Consigliere la seguì nelle antiche stanze, e tostochè rientrò in sè stessa, le disse: Persisto nella mia opinione, ma nondimeno rimarremo buoni amici! » Essa tacque; egli si allontanò.Poche settimane dopo, per altro, ritornò di bel nuovo, e s'introdusse senza farsi annunziare nella stanza dell'ammalata, la quale venne perciò in tale spavento che ne fu sul punto di cadere svenuta. « Ciò nondimeno rivolsi (così raccontò al Pellegrino ed al Wesener, che ambedue riferiscono cotesta scena) il mio pensiero al Signore e da lui venni resa forte e tranquilla. Cotest'uomo mi riesce affatto incomprensibile. Agì con modi amichevoli, mi narrò piangendo la malattia di sua moglie, mi dichiarò la sua amicizia, e si vantò di avermi trattata sì bene, e finì col dirmi:-Ma ella non ha sparso sangue dal momento dell'esame in poi, altrimenti mi avrebbe al certo avvertito!
Quindi incominciò a parlare delle dichiarazioni pubbliche, ed opinò che i rapporti scritti e sopratutto stampati, avrebbero per me ben cattive conseguenze; anzi mi pregò con molte istanze e con lagrime agli occhi, di ritenere i miei amici dal pubblicare qualsiasi narrazione o schiarimento. Risposi che i miei più intimi amici non scrivevano sicuramente cosa alcuna pel pubblico, e che di ciò poteva stare sicuro. Di quello che altri possono fare, non ne prendo notizia veruna; nè invero saprei come impedirlo. Allora mi parve che ei divenisse ancor più affettuoso e sensibile, poichè disse: ? Ma la di lei situazione mi affligge moltissimo; le mie intenzioni verso di lei son tanto benevole! — No, risposi io interrompendolo, di ciò non posso esserne convinta; ella s'inganna moltissimo circa le proprie sue convinzioni! - Ebbene (soggiunse) le assicuro che le ho detto la pura verità. Non posso appagarmene, soggiunsi io; ma egli riprese: Non parliamo più di questo; ho la mia opinione ben stabilita e sicuramente non mi vergognerò punto di pubblicarla. Nondimeno mi ascolti e segua le mie parole con attenzione! Io le concederò quanto ella possa desiderare, e soccorrerò anche il di lei fratello, che vive pella casa paterna; ma ella deve andarsene via di qua! Quanti le stanno d'attorno le recano danno; i francesi la conducano per male vie. Ella è sì eccellente donna! É stata sempre buona figlia, brava fanciulla, e perfetta monaca. Conosco benissimo tutta la sua vita; è veramente degna di servir di modello; ed è appunto per ciò che mi affliggo tanto della situazione e dello stato in cui attualmente si trova. Gli risposi con piena tranquillità ed abbandono: Non posso nè parlare, nè agire, altrimenti da quel che ho fatto sinora. Niuno fra coloro che mi circondano ha avuto la minima parte in quelle cose che in me si manifestano. Sono poi attualmente contenta della mia situazione; da niuno accetto o desidero altra cosa benchè minima, fuor chè la quiete. Anche mio fratello non abbisogna del di lei danaro; egli è felice nella sua povertà, perchè ne è contento. - Allora con serietà e grave importanza egli soggiunse: Monaca Emmerich, ella si pentirà di non aver seguito i miei avvisi; rifletta a quello che fa! - La mia decisione, gli risposi, è stabile; mi appoggio sopra il Signore. Egli allora se ne partì. A cotesta visita susseguì dopo alcune settimane la pubblica dichiarazione del Bönninghausen: « La Emmerich vuole, come mi ha detto essa medesima, lasciar quel luogo ove ha scontrati tanti patimenti e miserie. Vuole andarsene ad abitare la sconosciuta capanna del suo fratello, il quale è un misero contadino delle vicinanze della città di Höesfeld, tostochè la temperatura più mite di primavera consentirà il viaggio del debole suo corpo. Una tranquilla stanza, in cui ella vuol passare il resto della sua vita, circa le di cui consolazioni molti s'ingannano, è già preparata; e chi mai non desidererebbe al pari di me che possa di bel nuovo trovar costà quella quiete, della cui perdita non può essere ella medesima appieno innocente? (1) »
17. Il giudizio sopra cotest'uomo, che sì spesso e sì decisamente contraddicevasi nelle azioni e nelle parole, ci riuscirà più agevole assai, ove prendiamo a considerare attentamente la di lui immutabile convinzione formata ben innanzi ad ogni esame, convinzione che egli pubblicamente confessa con le seguenti parole: « Le manifestazioni apparenti nella Emmerich, essendo interamente contrarie alle più conosciute leggi della natura, non possono quindi essere naturali; o sono un miracolo, ovvero sono opera d'inganno! » La credenza ad un miracolo ovvero ad un'immediata azione divina non glie la consentivano le sue idee religiose, secondo le quali era fuor d'ogni dubbio che Iddio non opera cose simili, talmentechè dichiarò dinanzi alla stessa in ferma senza alcun ritegno così: « Non voglio sapere di un Dio che fa cose simili.
Restava quindi il solo inganno per ispiegar la faccenda, e gli sembrava soltanto degna di esame la seguente questione; fino a che punto è Anna Caterina complice attiva; ovvero è essa soltanto complice passiva nel delitto d'impostura? Egli inclinava per questa ultima ipotesi, giacchè qualsiasi impressione riceveva da quella sì maltrattata innocenza, durante le scene le più violenti, gli strappava sempre di mano quelle armi colle quali aveva prima creduto riuscire ad annichilarla. Colla maggior rapidità poteva egli ad un tratto passare dalla più feroce collera ad istantanee lagrime di compassione, dai pazzi e furiosi insulti alle lodi le più infuocate, dalle minaccie le più spaventevoli ai più attenti servigi di carità; giacchè contro la misteriosa possanza dell'ineffabile purità e magnanimità della inerme ed abbandonata paziente, rompevasi siccome contro uno scoglio ognuna di quelle passioni, che egli nell'animo suo eccitava, onde scoprire prove d'inganno e d'impostura. Quindi venne ch'ei poteva senza ipocrisia dichiarare:
Chi potrebbe mai esservi sì privo di carità e di amore, per rifiutarle compassione? Prendo parte al di lei dolore, e voglio tutto mettere in opra per liberarla dai lacci in cui la ritengono forse il solo fanatismo e forse una infernale scelleratezza ( 1). » Se egli per altro avesse effettivamente potuto trasmettere anche l'ombra di un fondato sospetto sulla di lei sincerità al Presidente supremo, costui non avrebbe al certo mai consentito che il Bönninghausen confessasse pubblicamente: « Io era stato autorizzato dal signore Presidente supremo, a promettere piena assoluzione da ogni pena in caso di sincera confessione e di aperta designazione dei principali autori dell'inganno, che avevano ridotto quella infelice in sì misero stato, come pure aveva pieni poteri per tranquillarla circa il di lei futuro sostentamento ( 2 ). »
18. Il Bönninghausen non si diè cura alcuna di fornire una ragionevole spiegazione del come mai in una e medesima persona, potessero del paro combinarsi una infernale impostura e la più alta purità d'animo. Cotesta cura l'abbandonò appieno al decano Rensing, che egli seppe poco a poco guadagnare alla sua propria opinione, mentre l'Overberg ed il signor Druffel da allora in poi sempre più decisamente si dichiararono in favor di Anna Caterina. Nell'anno precedente aveva pure il Rensing assunto la difesa della inferma contro le calunnie del Bodde con le seguenti parole (3): « Sino a questo momento non ho trovato alcun fondato motivo di dubitar della legittima e non artificiale natura ed origine delle manifestazioni sunnominate (le Stimate). Non posso vantarmi di una speciale cognizione o scienza della natura; ma tanto meno poss'io confessarmi colpevole di rappresentare quasi preso da smania di miracoli, come soprannaturale tutto ciò che ha in sè l'apparenza di straordinario. E per parlarla come la penso la Emmerich non è sicuramente rea d'impostura. Ho sin qui indugiato ad ammirare siccome miracolo ciò che di straordinario in essa apparisce; ma per dichiararlo per cosa naturale, a ciò non giungono nè le mie povere cognizioni delle forze della natura, nè quello che ho sentito, nè quello che intorno a ciò ho inteso a dire, ovvero ho letto nelle opere di sagacissimi scienziati.
(1) L. C. pag. 42.
(2) L. C. pag. 54.
(3) Relazione sulle manifestazioni avvenute in Anna Caterina Emmerich ecc. del Rensing. Dorsten 1818,
Non ho potuto osservare la minima tendenza ad illuminare cotesta oscurità nel rapporto del signor professore, e quindi non lo apprezzo niente più di quello che i ben pensanti cristiani apprezzino tutte le spiegazioni di miracoli tentate da molti interpreti della Bibbia, in un'epoca in cui domina la smania di tutto ricondurre alle semplici leggi della natura. » Ed ai 29 maggio 1816 il Rensing in una particolareggiata lettera al Vicario generale si esprime pure così: « Precisamente siccome tre anni per lo innanzi io era fermamente persuaso, così lo sono anche adesso, che la monaca Emmerich non è rea di alcuna impostura. Più di una volta mi si sono presentate circostanze, che hanno potuto alquanto far crollare questa mia convinzione; ma dopo averle più severamente esaminate con impertubabile riguardo alle regole della critica, gli stessi dubbii servirono a collocare a poco a poco la mia convinzione sopra più solidi fondamenti. »
Ma il Bönninghausen seppe allora erigere per cotesto uomo inquieto di animo un ponte, pel quale potesse passare dalla difesa all'attacco e sottrarsi al tanto temuto biasimo dei nuovi impiegati governativi, ed all'insopportabil rimprovero di troppa credulità. Egli gli fece suonare all'orecchio quest'equivoco elogio: « Io debbo tanto più far qui menzione onorevolissima del signor decano Rensing, sotto ogni lato tanto rispettabile, in quanto che un'anteriore sua discussione letteraria col Bodde ha dato luogo a false interpretazioni. Egli tanto sul bel principio si è adoperato ad indurre la Emmerich a prestarsi di buona voglia all'esame inquisitorio, quanto più tardi ha impiegato ogni possibil mezzo onde lo scopo non andasse fallito ( 1 ), »
(1) Istoria e risultamenti preliminari ecc. pag. 18.
Questo pubblico elogio, secondo il quale il Decano si vide dinanzi agli occhi di tutti collocato subitamente dal lato dei commissarii, gli apparve anche sul principio sì pesante,che tentò personalmente di giustificarsene presso Anna Caterina; ma questa fu l'ultima sua visita. Egli evitò d'allora in poi l'apparenza di qualsiasi commercio con lei. Anzi al giungere del marzo 1821, e quindi poche settimane dopo la morte dell'abate Lambert, egli aveva condotto a fine una dissertazione col titolo: Esame critico della straordinaria storia di Anna Caterina Emmerich, monaca conventuale del soppresso convento agostiniano di Dülmen, scritta nel marzo dell'anno 1821; nel quale opuscolo, appoggiandosi al Bönninghausen, tentava di provare che Anna Caterina era una menzognera rea d'impostura (1).
L'esperienza delle virtù straordinarie di quella paziente, che sette anni innanzi lo aveva sì profondamente commosso durante l'inquisizione da lui stesso diretta per comando della suprema Autorità ecclesiastica, le innumerevoli testimonianze che nella sua posizione d'ufficio avea dovuto deporre secondo il suo dovere e coscienza, dinanzi ai suoi superiori ecclesiastici, e che anche da altri aveva dovuto raccogliere circa la inferma monaca, adesso, per la paura che egli aveva di incorrere la dispiacenza di quei nuovi impiegati esaminatori, aveano perduto ogni peso.
(1) L'autore non avrebbe potuto decidersi a far menzione di cotesti intimi e segreti erramenti del Rensing, se egli non fosse stato dalla Wesfalia minacciato della pubblicità di cotesta dissertazione, allorchè il primo volume di questa vita era già venuto in luce. Rensing medesimo, dietro la severa condanna pronunziata dall' Overberg e dal Raterkamp, aveva tenuto rinchiuso nello scrittoio cotesto suo esame critico, e ciò sino all'epoca della sua morte, accaduta nell'anno 1826. Di cotesto esame critico già da dieci anni ne venne nelle mani dell'autore una copia fatta sotto gli occhi del reverendo Sig. Dottore Krabbe e da lui stesso certificata come letteralmente conforme all'originale, e ciò affinchè in caso di possibile indiscrezione, l'autore fosse in grado di potere giustamente apprezzare il vero stato delle cose. Il signor Dottore Krabbe, che intimamente conobbe il Rensing, aveva ripetutamente assicurato l'autore di potere spiegare soltanto l'esistenza di cotesto esame critico coll' aiuto della influenza che il sig. di Bönninghausen, uomo fornito di rara e straordinaria arte di persuasione, aveva guadagnata sul Rensing. Il Krabbe peraltro era convinto che il Decano Rensing erasi da per sè stesso fatto accorto del suo errore, e per questo motivo non aveva mai osato far uso officiale di cotesto suo lavoro presso l'autorità ecclesiastica, o quella temporale. Quanto fosse giusta cotesta sentenza del sig. Decano Krabbe risulta chiaramente dal semplice fatto che il Rensing tre settimane dopo la morte di Anna Caterina, cioè nella Domenica del 29 febbraio 1824, non richiesto e di suo pieno e libero impulso, dichiarò dinanzi al Pellegrino: Sì, la Emmerich buon' anima è sicuramente una delle più straordinarie e privilegiate persone del secolo. »
« Ora (queste son le sue proprie parole) gli indizi di un profondo inganno partecipati al pubblico nello scritto del Direttore della commissione dell'esame inquisitorio, raffermano ognor più il sospetto che tutto non sia come la inferma sostiene, ed hanno fatto crollare anche la sua fede (di lui Rensing) nella di lei assoluta sincerità sino a tal segno, che egli non può più a lungo resistere all'impulso di penetrare oltre, colla face della critica in mano, nelle tenebre di quel mistero. E quindi egli trova ora soltanto che essa già anteriormente sentivasi infiammata da straordinario amore per gli esercizii di espiazione corporale, per dolorosi tormenti a sè medesima inflitti, e per varie pene di buon grado e volontariamente addossate alle proprie sue spalle; e che cotesto prepotente suo impulso a severe espiazioni ed a corporali mortificazioni non poco contribuì a fondare la supposizione di spregiudicati ricercatori della verità, che coteste straordinarie manifestazioni sul di lei corpo dovessero piuttosto l'esistenza ad apposito artificio, di quello che nol dovessero alla immaginazione... Quantunque la pietà da lei dimostrata, la tendenza sin dall'infanzia in lei apparente a condurre una vita pia e secondo il cuor del Signore, e il fatto dimostrato che sin dalla prima gioventù non è mai stata infedele a cotesti principii, l'assolvano da ogni sospetto d'inganno premeditato, per guadagnarsi la fama di speciale santità; ciò nondimeno può benissimo ammettersi che ella sulla proposizione, o colla approvazione del di lei francese direttore di spirito, siasi prestata a simulare artificialmente alcune esagera zioni, e siasi sottoposta a quell'estranee apparenze, onde per mezzo di quei segni impressi sul suo corpo venir indotta a ricordarsi più spesso della Passione del Nostro Salvatore; per mezzo poi della privazione d'ogni cibo, ottenere quel suo misterioso passaggio allo stato catalettico, e colla accidentale manifestazione di quei segni, guadagnare vie più possente azione sulle anime dei credenti; e così con quell'apparenza di santità artificialmente procuratasi, far nascere e fondare ogni dì maggiori beni. Quando una volta era riuscita con ragioni apparenti e speciose a tranquillarsi nella coscienza, e quindi adattarsi a rappresentare cotesta fanatica parte, e confidando nelle sue buone intenzioni, si era messa fermamente in capo di far così un'opera meritoria; facilmente doveva essere stata persuasa a promettere coi più terribili giuramenti il più severo segreto in qualsiasi caso, onde non tradire sè stessa e i suoi complici (1) ed attirare su quella religione, alla quale voleva servire, vergogna e danno. Questo era per certo un orrendo abuso del giuramento, ma il caso che i fanatici abbiano così del giuramento abusato, è tutt'altro che inaudito. E dove mai le devote non si lascian condurre, allorlorchè accecate dalla confidenza nello zelo religioso e nella superiore previdenza dei loro consiglieri spirituali, considerano ogni contrario avviso della coscienza come puri scrupoli, mentre si credono cooperatrici elette ad ottenere uno scopo in apparenza santo? »
(1) E nonostante il Rensing non potè fare a meno di designare in quella medesima dissertazione quel preteso complice, cioè il nobile abate Lambert, siccome un sacerdote generalmente stimato pel suo profondo senso religioso..
Ma il Rensing era stato pur testimone della ubbidienza con cui Anna Caterina erasi sottoposta a tutti i tentativi ordinati dal Vicario Generale per guarire le di lei ferite, ed inoltre erasi sentito sì profondamente penetrato e commosso alla vista dei di lei patimenti, ed alla apparizione di quell'effusioni sanguigne tanto superiori ad ogni possibile influsso o cooperazione umana! Ebbene, anche di ciò aveva adesso coll'aiuto della face della critica trovato la spiegazione e l'origine: Il diavolo! « Che non si domandi (sclama egli) come Iddio possa permettere che una persona la quale sin dall'infanzia si è data ogni cura per esser pia e per piacergli, venga in sì orribil guisa traviata dal diavolo; giacchè i disegni di Dio non sono i nostri di segni, le nostre vie non sono le sue vie. Che se poi vogliamo contrastare al demonio simile influenza sugli uomini, in tal caso noi operiamo in favore dell'incredulo spirito dei nostri tempi, quando anche ciò accada contro la nostra espressa volontà, e tanto più propaghiamo e raffermiamo l'impero del principe delle tenebre e di questo mondo, con quanto maggior zelo ci sforziamo di oppugnare la sua prepotenza. Ed ecco come la face della critica non aveva potuto preservare cotest' uomo, d'altronde dotato di acuta mente, dal brutto errore che un' anima talmente sincera, pia, e rimasta sempre fedele a Dio sin dall'infanzia, fosse stata dal diavolo presa in possesso e potesse servire indegnamente ad opere e scopi diabolici! Ed il lume di cotesta critica face non gli permise di riconoscere ch'ei con simile sentenza non offendeva nientemeno Iddio e la purità della fede, di quello che il facesse lo spirito incredulo dei suoi tempi, al quale presumibilmente non era intenzione sua di giovare.
19. Non si può qui passare sotto silenzio il come anche questa nuova persecuzione,quantunque soffocata nel primo suo germe, non fosse punto sfuggita agli occhi della inferma, occhi sempre illuminati dalla grazia; nè può tacersi di quali mezzi si servisse la provvidenza di Dio, che sempre sopra di lei così meravigliosamente vegliava, per preservarla dalle ulteriori conseguenze di quella obbrobriosa calunnia. Ecco ciò che sotto la data del 24 gennaio 1822 riferisce il Diario del Pellegrino: Essa ringrazia Iddio pei suoi gravi patimenti; si rallegra pei molti lavori a lei imposti (in pro della Chiesa), e del come sin dal bel principio del nuovo anno, si trovi in via di compirli, e di quanto abbia già lasciato dietro a sè di ormai compiuto. Nella trascorsa notte ella è inoltre giunta al compimento di un altro lavoro, ed ha avuto una visione simbolica di certe prugne che sul bel principio l'ha di molto angustiata. - Io mi sedeva (disse ella) presso una fonte situata in mezzo ad un vasto campo di grano, ove le spiche molto curvavansi sotto il loro peso e cadevano. Il mio confessore s' inoltrò assai addentro in quel campo e ne salvò di molte; aveva già mietuto una buona estensione di terreno; io intanto conservava il suo cappello, giacchè vi erano ancora molti luoghi ch'ei doveva percorrere per raccogliervi la messe. Ad ogni momento certi neri nuvoloni gravidi di grandine mi passavano al disopra come se volessero percuotermi e triturarmi, ma soltanto pochi di quei globi di grandine mi percuotevano. Vidi pure un sacco pieno di piccole e meschine prugne, che sembrava essere stato preparato per me.
Eran prugne di quella sorta che qui fra noi si chiamano witker. Coteste prugne erano colte per me e così preparate da varie ragguardevoli persone; ma un solo era quegli che aveva riempito il sacco. Cotesti frutti sono dannosi, equivoci, lusinghieri bensì, ma pieni di falsità e d'inganno. Dagli alberi che li producono scola sempre di molta ragia, bella in apparenza, ma che corrode il tronco dell'albero. Quel sacco giaceva steso sopra una fossa, e posava a mezzo sopra terreno d' eretici. Ho veduto le persone che hanno avuto a fare con cotesto sacco; le conosco, ma non le voglio conoscere ( cioè voglio dimenticare i loro nomi e tacerli). Cotesto sacco significava gravi ciarle e calunnie che una certa persona mi ha apposte. Ei mi cagionava grave dispiacere, e davvero io mi vergognava per quelle prugne. Ciò peraltro mi fu rimproverato dall'anima d'una povera donna, morta già da gran tempo, e che meco aveva lavorato in convento, ed ora era presso di me venuta, perchè in di lei pro io facessi alcuna cosa. Mi domandò come mai io, che altre volte non aveva punto badato a prugne sì grosse, volessi ora badare a sì piccole e miserabili! Allora vidi coprire da alcuni sacerdoti quel sacco con bianchi pannilini, onde più nol potessi vedere.
Vidi fra loro l'Overberg, il Raterkamp, il Padre Limberg, ed altri che conosceva. Dimenticai peraltro affatto le per sone che mi avevan preparato cotesti patimenti e non mi scandalizzai, nè mi inquietai più di loro. Le opere campestri del Padre (Limberg) significavano la sua cura d'anime in Fischbach ed i suoi dispersi penitenti, che da altre parrocchie venivano.Io gli conservava intanto il cappello, siccome in pegno ch'ei non si allontanerebbe dal campo del lavoro; giacchè costantemente lo pregava a non rinviare o respingere le persone, quand'anche si sentisse stanco ed affaticato. La stagione, lo stato dei campi ed il tutto insomma, era tale siccome quando l' Overberg qui si trovava. »
Cosa mirabile! (così soggiunge il Pellegrino alla sua narrazione) cotesto quadro allegorico delle prugne si riferisce ad un avvenimento e ad uno scritto, che le sono sinqui totalmente sconosciuti. Il Decano (Rensing), durante il suo soggiorno in Münster ha fatto circolare uno scritto contro di lei, nel quale dichiara di aver cambiato opinione in forza di un arguto e sagace opuscolo del Consigliere, e fa cadere tutte le colpe sulla buon'anima dell'abate Lambert. Con questo suo scritto peraltro non ha fatto che attirarsi disprezzo. L' Overberg, il Raterkamp ed altri sonscesi in campo contro di lui. Essa peraltro non sa di tutto ciò nemmen la minima cosa. »
31 gennaio 1822. « Il di lei nipote è giunto da Münster, ove è pervenuta la voce della di lei grave malattia. Costui ha parlato dell'opuscolo del Decano contro di lei. Essa sene trattenne con lui con piena serenità e senza rancore, e disse che vi avevano parte le relazioni e le ciarle di una consorella. La Söntgen legge ad ognuno la lettera colla quale il Decano si difende e si scusa per cotesto scritto. »
In occasione di cotesto discorso col nipote essa raccontò le seguenti particolarità del tempo della sua prigionia: «Quando feci pregare il Decano di venire a confessarmi, egli venne bensì, ma mi tolse ogni animo e mi fece gelare il cuore. Fui rapita in visione; e per ardente desiderio della mano sacerdotale, ricercai la sua. Egli peraltro in presenza del Consigliere mi porse un sol dito. M' impadronii della sua mano e dissi: non devo adunque aver questa mano? Ei soggiunse: non l'ha mai avuta sin qui. Allora la respinsi e dissi: so peraltro benissimo ciò che sarà fatto per opera di cotesta mano. Egli parlò a voce bassa col Consigliere. Ciò mi è stato raccontato posteriormente dalla infermiera. »
La Söntgen era sicuramente stata precipua cagione che il Rensing, facilissimo a offendersi, erasi preso contro il veramente pio e benevolo abbate Lambert ed anche contro Anna Caterina di un'avversione, che alla fine aumentò sempre sino a divenire il più brutto sospetto; giacchè era stata appunto costei che,sino dall'epoca della prima inquisizione nell'anno 1813, aveva sempre riferito al Decano ogni parola che il Lambert, il Wesener e più tardi anche il Pellegrino avevano pronunziata, o potevano aver pronunziata; ed inoltre e più specialmente soleva riempirgli la testa di tutte le sue inquietudini ed i suoi scrupoli circa le imperfezioni della inferma e circa coloro che la circondavano, e ciò accadeva quando riputavasi offesa per opera del Lambert o del Pellegrino. Siccome l'abate Lambert riconosceva nell' estrema propensione alle ciarle insita nella Söntgen, l'unica cagione per cui eran venute in pubblica cognizione le Stimate di Anna Caterina, e quindi prevedeva tutte le dolorose conseguenze che ne resulterebbero, e che a lui, povero infermo prete straniero, esule dalla patria, amareggerebbero gli ultimi anni della vita; così vedeva con ispavento la Söntgen accostarsi alla casa dell'inferma, e sotto il duro peso di calunnie che sì spesso si rinnovavano, non era sempre assai padrone di sè medesimo, per nascondere alla Söntgen i suoi lamenti. Costei peraltro sentivasi da quei lamenti tanto più offesa, quanto meno era disposta a deplorar le conseguenze delle sue ciarle; giacchè appunto coteste ciarle l'avevano posta in posizione sì piace vole e luminosa, che riusciva difficile a sopportarsi con moderazione da un debole spirito femminile. Appena l'apparizione delle Stimate venne per di lei mezzo conosciuta dal pubblico, tostochè il Superiore ecclesiastico del paese di Münster la prescelse la destinò per la durata della inquisizione da lui prescritta, a fargli segreti rapporti e ad immediata corrispondenza con lui, che essa sentissi da ciò talmente sollevata in alto al disopra della modesta sfera della sua vita abituale e delle solite sue funzioni, che tosto si mise in capo di volere ad ogni costo conservarsi e raffermarsi in sì elevato posto ed in tanto onorevoli relazioni. All'epoca del fine dell' inquisizione ecclesiastica scrisse al Vicario Generale in questa guisa: « Ben volentieri io vorrei dire a V. S. alcunchè nella più stretta confidenza, ma dirlo soltanto e non scriverlo. » Quando però il Vicario senza alcuna ambage od esitanza domandò comunicazione per scritto, rispose la Söntgen: « Ciò che volentieri avrei detto a V. S. soltanto a quattr' occhi, consiste principalmente in questo: ho già da qualche tempo osservato nella Emmerich alcune piccole imperfezioni, che sovente mi hanno cagionato disturbo e dato a pensare se non fosse convenevole avvertirne la medesima. Spesso ho giudicato in me stessa che ciò sarebbe sconvenevole per parte mia, e ciò specialmente ascoltando sentenze ben diverse da coloro che la circondavano; ma ciò mi si è sempre di bel nuovo affacciato allo spirito e me ne era impensierita per essa, come se coteste imperfezioni potessero nuocerle ed esserle svantaggiose nel suo stato. Anche il Decano ha notato in lei le cose medesime, e mi ha detto che ne avrebbe al certo avvertita la Emmerich, se egli fosse il di lei confessore. »
Ed alcuni mesi più tardi scrisse così: « V. S. vorrà permettermi di scriverle anche una volta. È verissimo che la Emmerich incorre in quotidiane debolezze come tutti gli altri uomini; ma esse provengono da coloro che la circondano..... e chi può dire il perchè Iddio permetta che essa peranco nol veda e non abbia sufficiente forza a liberarsi da costoro! Vedo bene che il Decano si tira affatto indietro ed ormai va poco a visitarla. »
Siccome poi il Vicario Generale fece il sordo a quei cenni e non allontanò dalla inferma coloro che la circondavano, cioè l'abate Lambert, la Söntgen senza alcuno apparente motivo riprese dopo l'intervallo di mezz' anno le sue partecipazioni, ma sopra un altro tuono: « Già da lungo tempo io sentiva in me l'impulso di scrivere a V. S. In verità. Ogni dì più mi rallegro nell'animo, mentre in silenzio contemplo i patimenti della mia cara consorella e il come la di lei anima sempre più si perfezioni. È invero un peccato che ella abbia ormai sì poca lena da poter parlare. E più tardi: « La mancanza di ogni energia di volontà nella Emmerich apparisce sempre maggiore che pel passato; e molte cose delle più interessanti accaddero appunto nel tempo in cui il signor Decano di rado la visitava. Mi sono rammaricata bene spesso con vero dolore di ciò che ne soffriva la buona causa. È certo peraltro, che una volta o l'altra verrà in luce tutto ciò che potrà servire a maggior gloria di Dio. Siccome io sempre la visito ogni giorno, così ho campo di molto osservare, e specialmente l'interna sua quiete e perfezionamento. Il dottor Wesener è stato peraltro alquanto improvvido nel leggere alla Emmerich una gazzetta medica settimanale, in cui trovavasi un articolo intorno a lei. Ciò non è conveniente per parte sua e riesce imbarazzante per la persona più interessata. Il signor Decano non sa ch ' io le scriva. » Ma anche il Vicario Generale ne ebbe assai, nè volle saperne più a lungo, e cotesta parte della Söntgen ebbe un fine.
Nè minor interesse ebbero per costei le visite che da pie persone di ogni condizione venivan fatte ad Anna Caterina. Ogniqualvolta una visita di tal sorta veniva annunziata dal Rensing, regolarmente si presentava anche la Söntgen; ed essa che per lo innanzi, al pari delle altre sue consorelle, sì poco si curava della inferma, ora dinanzi agli stranieri compariva come se fosse la sua più fedele e più caramente affezionata amica, alla di cui mediazione Anna Caterina doveva anzi essere principalmente grata per aver potuto farsi monaca. Cotesta sua posizione presso Anna Caterina guadagnò per la Söntgen l'accesso alle più distinte famiglie; ma i circostanti vedevano più addentro, e da ciò al certo non nacque miglior disposizione di spirito nella Söntgen verso di loro. Ne riferiremo in prova un fatto solo. «La Söntgen (così racconta il Wesener) aveva in varii luoghi ricevuto doni per l' ammalata, e li aveva mostrati con molte ambagi e pretesti, e poi li aveva ritenuti per sè. Pervennero all'inferma brutte ciarle circa l'aver ricevuto simili donativi. La esortai a farsi dare coteste cose dalla Söntgen ed a farle rendere ai donatori. Ah! (mi disse) non posso esser così severa verso persone che mi son state tanto vicine. Sicuramente, soggiunse l'abate Lambert, essa sa bene che la Söntgen ha fatto male a far così, ma ciò nondimeno non può sentir parlar male di lei! La inferma mi pregò a tacermi intorno a cotesta faccenda. »
Il Wesener e l'abate Lambert si lasciarono pur sempre indurre dalle preghiere della inferma a non disturbare la pace con violente dimostrazioni, ma non così il Pellegrino, che pretendeva aver fatto ogni suo possibile, allorchè in contrandosi colla Söntgen o con qualcun'altra delle monache nella stanza dell'ammalata, riusciva a contenersi e star zitto. Ma una malevolenza amarissima che gli appariva sul volto, e gli sguardi pungenti che si spiccavano come dardi dai suoi occhi agitati, sospingevano coteste visite fuor della porta altrettanto presto, quanto avrebbero potuto farlo gli atti o le parole. Anna Caterina, che nel suo cuore risentiva le ferite di cotesti muti sguardi, ne provava ad ogni volta nuova pena e cordoglio, ben conoscendo che alla fin fine le conseguenze di tutto ciò su lei medesima ricadrebbero.
20. Appena Anna Caterina era rimasta libera dalla prigionia, che l'Overberg le diresse per lettera le seguenti parole di consolazione: « Che mai adunque le è successo in fatto di guai personali di cui ella abbia a lamentarsi? Dirigo questa domanda ad un' anima che null' altro più desidera, quanto di somigliar sempre plù al di lei Sposo celeste. Non è forse ella stata trattata molto più dolcemente di quello che non avvenisse al di lei Sposo? E secondo lo spirito, non deve forse riuscirle a gran contento lo esser stata aiutata a divenire vieppiù simile allo Sposo e quindi sempre più aggradevole a lui? Ella aveva già per lo innanzi sofferto molti dolori per Gesù Cristo, ma in paragone ben pochi insulti e vergogne. Ella aveva la corona di spine, ma le mancava ancora il mantello di porpora e la veste di derisione. Così pure mancava sempre quel grido: Su via in croce! Sia crocifisso! Non dubito che questi miei pensieri debbano pure essere i suoi. »
Tostochè la salute glielo permise, venne in persona accompagnato dal suo amico, sig. di Druffel a Dülmen. Quest'ultimo volle convincersi dello stato della inferma e delle sue stimate, onde in caso di necessità prestar testimonianza in di lei favore. L' Overberg, nel secondo giorno dopo il suo arrivo, le portò la SS. Comunione e passò tutte le ore pomeridiane presso di lei. « Essa gli aprì tutto l' intimo del suo cuore (come riferisce il Pellegrino) e ne ricevette tutta quella consolazione che può fornire un sant' uomo, quantunque non le potesse dire altrimenti, o verosimilmente le dicesse anche meno di quel che suolevan dirle gli amici che conoscevano le di lei circostanze ( 1).
(1) L'autore riporta queste parole del Pellegrino in prova di quanto gli riuscisse grave un fatto di sovente sperimentato: cioè che Anna Caterina si sentisse infinitamente più confortata e consolata dalle semplice parole di quel venerabile vecchio sacerdote, che dalle sue proprie conferenze con lei, essendo egli semplicemente laico e non ecclesiastico.
Essa gli manifestò l'intera sua situazione e tutte le sue cure. Parlò del Pellegrino e n'ebbe in risposta di bel nuovo dovergli tutto manifestare. Gli raccontò della sorella; egli si espresse in modo indeciso e nondimeno ella ne fu consolata e fortificata! Parlò seriamente e degnamente circa il di lei dono straordinario del riconoscimente delle reliquie e circa la importanza delle note trascritte dal Pellegrino. Disse tutto ciò dinanzi al confessore ed in modo che egli lo sentisse. Il Wesener poi narrò a lungo lo stato dell'ammalata e parlò dei di lei vomiti dopo la prigionia.... Essa raccontò al signor Overberg, prima che egli partisse, molte cose circa diverse visioni. Egli l'ascoltò con gioia e commozione. Le lasciò partendo tre pacchetti sigillati di reliquie. Essa ottenne dalla di lui presenza molta consolazione. »
Siccome anche l'Overberg riferì al Vicario Generale circa i maltrattamenti sofferti da Anna Caterina durante la sua prigionia, così quel dignitario ecclesiastico la eccitò a pregare il Bönninghausen a rilasciarle la copia del Protocollo della commissione, ed in caso ch' ei vi si rifiutasse, ad ottenere cotesta partecipazione per mezzo di una querela presentata al Tribunale supremo. » Ma il Bönninghausen seppe pure prevenire ogni progetto di simil sorta col mezzo della dichiarazione da lui inserta nella prefazione dell' opuscolo Risultamenti precedenti etc. etc. in cui si esprime così: Tutti gli atti raccolti durante l'esame inquisitorio sono stati rimessi al governo provinciale, e per opera di questo già da molto tempo inviati al regio ministero; per lo che farò osservare, così per semplice avviso, che io scrivo soltanto a seconda delle mie proprie ricordanze, e che quindi niuno deve sorprendersi o querelarsi per la mancanza di date e di cifre precise (1).
21. Anche in Dülmen eransi manifestate nel modo il più commovente la premura e l'onoranza che aveano riempito tutti i cuori per la malmenata monaca. Nel ricorrere della festa di S. Lorenzo erano state celebrate nella cappella della Croce preghiere pubbliche per la di lei felice liberazione dalla prigionia.
(1) Il sig. Decano Krabbe ed il direttore Aulike si son dati la maggiore premura per iscoprire i Protocolli di cotesta Commissione sia in Münster, sia in Berlino, ma invano. Non è mai stato possibile il ritrovarne alcuna traccia. In data dei 13 maggio 1860 il sig. Aulike scrisse così da Berlino all'autore: Per tutto ove in modo pur possibile potevasi aver speranza di ritrovare atti relativi a ciò che fu officialmente praticato sulla buon'anima di Anna Caterina per cagione dei tempi, ho praticato le più accurate ricerche; e non già semplicemente colle forme di un implorato favore, ma piuttosto, come le mie funzioni lo consentivano, anche in via di ricerca amministrativa. Da ogni lato peraltro mi fu risposto che tali atti non si trovavano. Il più antico dei protocollisti addetti alle autorità in ciò competenti, vecchio onoratissimo e degno d'ogni fede, fu in grado di parteciparmi, che sicuramente atti simili avevano esistito, ma che, siccome gli era stato assicurato, erano stati smarriti da uno dei più alti impiegati morto da più di trenta anni, di cui mi fece noto il nome, e che non si eran potuti più ritrovare tra i fogli da lui lasciati. ›
E dal giorno in cui ciò avvenne, il signor de Schilgen ne inviò la notizia al giornale intitolato l' Indicatore della Wesfalia Renana, colle seguenti parole: Questa mattina 29 agosto, dopo le dieci, la inferma ben avviluppata e coperta con un mantello, venne durante la Messa solenne, trasportata di nuovo nel suo proprio letto per opera della fantesca del signor Mersmann. Non posso descrivere la viva partecipazione che ogni uomo imparziale ha preso nella gioia comune. Ognuno giudica e ritiene che ove da questa inquisizione e dagli interrogatorii prolungati per tre settimane ed un giorno, fosse a svantaggio della Emmerich risultato alcunchè da farla apparire ingannatrice o ingannata, non sarebbe essa stata sicuramente di bel nuovo rimessa in piena libertà. »
Non si può immaginare con quale ansiosa espettativa non soltanto in Dülmen, ma anche in tutta la contrada di Münster si attendesse la pubblicazione dei risultamenti del così detto esame inquisitorio. Un uomo di carattere indipendente, il medico dottor Teodoro Lutterbeck di Munster, manifestò altamente cotesto desiderio, come pure la indignazione dominante nei cuori di tutti gli uomini ben pensanti per gli inauditi maltrattamenti esercitati contro una innocente, sfogandosi con queste parole (1): Giacchè Anna Caterina Emmerich sin dalla primissima gioventù (essa è attualmente in età di 44 anni) ha dato prove pienamente concordi di una vita irreprensibile, sincera, tranquilla e raccolta; giacchè non ha mai ritratto il minimo utile o guadagno dalle straordinarie manifestazioni in lei comparse (ed io so, dice il Kramner arciprete olandese, nel suo scritto intorno alla Emmerich, che da qui sono state a lei inviate in dono considerevoli somme, che ella ha per altro costantemente rifiutate); e giacchè ella non ha mai cercato di porsi in evidenza e come sul teatro, ma al contrario, per quanto le riusciva possibile, ha sempre allontanato ogni visita di pura curiosità; così per tutte coteste ragioni non poteva mai venirmi in mente che l'alta polizia secolare si potesse da sè sola credere autorizzata a dichiarare cotesta povera colomba sofferente e per certo in nulla nociva allo Stato, anche per un sol momento priva e scaduta dai suoi diritti di asilo e di pace nella propria casa, ed a sottoporla ad una stretta prigionìa di tre settimane e ad una pubblica prepotente inquisizione, che appena forse verrebbe esercitata contro i più spregievoli delinquenti.
(1) L'ultimo esame inquisitorio concernente la monaca di Dülmen nell'agosto 1819, del dottore. medico Teodoro Lutterbeck. Dorsten.
Noi abbiamo, peraltro, in quei giorni osservato, che anche ogni cittadino, cui d' altronde le manifestazioni apparenti nella Emmerich erano indifferenti, sentivasi leso nei proprii suoi dritti domestici, e sdegnato per simili procedimenti esercitati verso la innocenza, mentre per certo potevasi pervenire al medesimo risultamento, per vie molto più dolci. Secondo l'antica costituzione del paese di Münster, i tribunali avrebbero considerato un simile imprigionamento di un individuo, anche per opera dell'Alta Polizia, siccome un attacco usurpatorio dei proprii loro diritti, e quindi avrebbero proceduto contro una simile Commissione; tale era l'opinione di degni giureconsulti dei tempi passati. Allorchè in tempi più recenti alcuni vicariati della Germania, con piena giurisdizione e diritto, intrapresero inquisizioni ben più miti circa i loro subordinati, qual romore, quante mai misure si elevarono per parte dei governi e dei tribunali laicali a cotesto proposito!.... Tanto menoavrebbe dovuto adesso la Polizia secolare preoccuparsi della monaca Emmerich, con tanta tranquillità vivente nel ritiro, e di niente desiderosa fra le cose del mondo; e molto meno ancora dei fenomeni in lei manifestatisi, la di cui verità era omai constatata dall'osservazione per molti anni prolungata di uomini virtuosi ed onesti, come il Decano e Parroco Rensing, il Conte di Stolberg, il Consigliere di medicina e professore di Druffel, il medico di circondario Wesener ed una schiera di medici e non medici stranieri e sagaci; talmentechè nemmeno il sospetto il più ardito e severo di alcuni fra gli oppositori aveva potuto fino allora rivocarne in dubbio o sopprimerne nemmeno la minima circostanza. Siccome peraltro una parte del pubblico sospettava pur sempre di pia frode coloro che le stavan dattorno, cioè i degni ecclesiastici Lambert e Limberg; onde per quanto era possibile contentare cotesto partito, era generalmente desiderata una inquisizione conforme alle leggi e nei loro limiti, circa la persona della monaca Emmerich separata dalle sue solite circostanze locali e dalle persone che la circondavano. Ma siccome trattavasi altresì di provar la colpa o la innocenza di persone ecclesiastiche, così era senza alcun dubbio il Vicariato, siccome autorità ecclesiastica, che dovea da per sè stesso eleggere e costituire i suoi rappresentanti in una simile commissione inquisito ria; nè questo punto spettavasi all' Alta Polizia; come pure era dal solo vicariato che potevano desiderarsi ed emettersi le necessarie istruzioni. Insomma una commissione mista poteva in simil caso essere la sola conforme alle leggi, tanto più che venne messa in campo soltanto una commissione di Polizia e non già una commissione giuridica godente la pubblica fede. Frattanto e malgrado coteste anomalle, il pubblico domanda quali osservazioni abbia fatte cotesta qualsiasi commissione, quali risultamenti abbia ottenuto!
22. Siccome il Lutterbeck accompagnò cotesta pubblica domanda colle dichiarazioni della infermiera Wiltner e colle di lei offerte di confermare con giuramento le di lei affermazioni dinanzi le autorità competenti, così il Bönnin ghausen non potè più a lungo tacere. Il supremo Presidente medesimo desiderò ch' ei rispondesse, e quindi scaturi (scritto a norma delle sue rimembranze, com' ei pretende) l'opuscolo intitolato: Storia e risultamenti precedenti all' inquisizione ecc. ecc., che noi già sufficientemente conosciamo, e cui non ha mai susseguito alcuna pubblicazione amministrativa o estratta dagli atti.
Qual fosse l'impressione che cotesti preliminari risulta menti esercitassero sul paese di Münster, si può dedurre dall' operetta del Lutterbeck, il quale, senza alcun timido ritegno, oppose alla pubblicazione del Consigliere la se«guente dichiarazione: Colui che pubblicamente ha dichiarato la Emmerich per rea d'impostura, e non lo ha minimamente provato, costui (e l'intero pubblico concorda meco) può collocarmi insieme con lei sulla stessa linea. Il tempo ed il pubblico mi renderanno giustizia. »
Ed in data del 14 novembre 1819 il Diario del Pellegrino riferisce così: « Oggi ho trovato la inferma inusitatamente serena. Secondo quanto mi confessò, aveva letto l'opuscolo del Consigliere e si sentiva completamente tranquilla. »
23. Noi dobbiamo ora considerare lo stato della inferma e la posizione in cui si trovò dopo che fu liberata dalla prigionia. Il Wesener, che la visitò ai 29 d'agosto, subito dopo l'allontanamento del Consigliere, ne riferisce quanto segue: « L'aspetto della inferma mi riempì di spavento. Era affatto ridotta allo stato di scheletro; smorti e languidi i di lei occhi; il volto di un pallore di morte e sparuto; ciò nondimeno imperturbato era il di lei spirito. Parlò con energia e vivacità. Narrò dei sopportati patimenti, che ci riempirono di meraviglia, di compassione, e di dolore. »
2 settembre: La inferma ha sino ad oggi, con nostro stupore, conservato la chiarezza della mente e l ' energia dello spirito; ma il di lei polso è debolissimo; le mani ed i piedi son presi da un gelo di morte e prova un senso di grande rilassamento. Sulla sera si mostrò debolissima e sofferente. »
3 settembre: « Nella trascorsa notte venni chiamato presso la inferma e la trovai negli ultimi aneliti. Mi aspettava infallibilmente ad una prossima morte, quantunque il P. Limberg che era giunto prima di me un quarto d'ora, mi dicesse che si era alquanto riavuta, giacchè al momento del suo arrivo l'aveva già ritenuta per morta. Appariva affatto come moribonda. Vomitava di tempo in tempo un liquido di cattivo odore. Feci infondere fiori di camomilla nel vino, e quindi ne feci fare cataplasmi ed apporli sul di lei stomaco; ciò parve arrecarle alcun sollievo. Prima di andarmene le domandai se perdonasse a tutti, o se in cuor racchiudesse qualche amarezza verso alcuno. Mi rispose soltanto con un amichevole sorriso. Presi da lei commiato, poichè anch'essa colla maggior verosomiglianza aspettavasi la morte. Rimase il P. Limberg per amministrarle l' Estrema Unzione. »
4 settembre: La inferma si è pure riavuta alquanto, ma è mortalmente debole. Il vomito è ora cessato. »
5 settembre: Oggi ha potuto comunicarsi. L'ho trovata notabilmente rinvigorita. Principio oggi a notar la storia dei di lei patimenti durante l'ultimo esame inquisitorio. »
Il vomito di quel liquido di cattivo odore consisteva nel l'involontario rigettamento ( 1 ) di quelle cotte bevande, che la inferma, malgrado il quasi sempre susseguente vomito, avea dovuto sorbire per contentare i commissarii. Siccome la di lei incapacità a prender cibo era stata dichiarata in ganno e simulazione, quindi non avea mai opposto rifiuto a sumere quei nutrimenti liquidi che le venivano presentati, quantunque subito dopo d'averli sorbiti, dovesse per la maggior parte rigettarli.
(1) 11 Bonninghausen scrive intorno a ciò in data del 14 ottobre: Cotesti vomiti m'indussero nel pensiero che la Emmerich ben presto verrebbe costretta a cessare da quella severa dieta che in nostra presenza osservava..