Sotto il Tuo Manto

Sabato, 7 giugno 2025 - Sant' Andronico di Perm (Letture di oggi)

Egli mi ha amato veramente sino alla morte. So io amare Gesù sino a dare la mia vita? Come posso amare Gesù che non vedo se non so amare mia Sorel­la o mio Fratello... o il povero, che vedo? Se non ne sono capace, San Giovanni dice: « Sei un bugiardo ». (Madre Teresa di Calcutta)

CAPO II. ANNA CATERINA VIEN MESSA IN STATO DI PRIGIONIA. SUE VISIONI ANNUNZIATRICI DI COTESTO EVENTO. LORO ULTERIORI RISULTAMENTI.



1.Col principiar dell'anno ecclesiastico 1818-1819 Anna Caterina fu da Dio preparata a gravi ed imminenti patimenti di espiazione. Cotesti patimenti le vennero indicati siccome missione a lei imposta per quel periodo di tempo, e le fu fatto intendere che comincierebbero senza tardanza. Quantunque il pieno e visibile principio di certi orribili eventi stesse ancora in seno al futuro, ciò nondi meno le potenze nemiche ed invisibili, da cui derivavano i disegni ed i preparativi dell'attacco, mostravansi già oltre modo attive. Quindi doveva scendere in lotta con esse, opporsi ai loro assalti, e così allontanare dalla Chiesa di Dio i perigli, e sconcertare i piani dei suoi più maliziosi e potenti nemici. Il mistero della iniquità che secondo il detto dell'Apostolo ( 1 ), non cessa mai, era appunto allora occupato nei maggiori suoi sforzi, onde, precisamente cogli stessi mezzi della malizia, della menzogna e della prepotenza, cui vedremo cadere in preda Anna Caterina, porsossopra e distruggere in molte diocesi del gregge di Gesù Cristo il sacro deposito della Fede. Furono appunto, come sempre ed ovunque, anche allora certi ecclesiastici trista mente caduti nel tenebroso servigio delle sette segrete, o dei nemici della Chiesa, coloro che inventarono e si resero strumenti esecutori di quei mezzi, che sotto il titolo di: Principii elementarii, Pragmatiche, Convenzioni, Atti di fondazioni, e simili, dovevano tendere ad un'intera ma sorda distruzione della Chiesa di Cristo. Quanto più la parte difficile di cotesta spaventosa lotta approssimavasi, tanto più chiare e larghe avvenivano le visioni preparatorie, durante le quali quella vergine consacrata a Dio e priva d'ogni umano soccorso, veniva investita dalla forza del divino Spirito, onde coi patimenti ottenere il trionfo sopra i nemici di Dio. Nè coteste visioni erano per lei soltanto semplici immagini istruttive o profetiche, ma eran piuttosto avvenimenti sempre più significanti, e l'uno all'altro concatenati; m'entre da un lato avveniva il continuo sviluppo della di lei gran lotta in pro della Chiesa, e dall'altro Anna Caterina in realtà soffriva, praticava, e compiva tutto ciò, che aveva scorto nelle visioni. Tutte le disposizioni d'animo, tutti i progetti e le misure adottate da coloro che agivano contro la Chiesa, le venivan rappresentati agli occhi dello spirito, onde vi lottasse contro, coi meriti dei suoi patimenti e colla potenza della orazione. Quindi deriva che se le di lei visioni non eran soltanto vane immagini di un sogno, molto meno ciò che appresso le avvenne deve considerarsi come vana conseguenza di sogno; ma deve piuttosto tenersi per conferma della di lei maravigliosa e possente vita spirituale, che una era come veggente, una e medesima come operante, quantunque agisse ad un tempo secondo due ordini diversi e con doppie leggi: cioè nell'ordine soggetto ai sensi, e nell'ordine spirituale posto al disopra dei sensi. Ciò che essa in visione prega, soffre, trionfa, è altrettanto opera, merito, azione, lotta e frutto di benedizione in pro della Chiesa, quanto ciò che ella soffre desta nella vita naturale, quanto ciò che ella deve compire secondo l'ordine esterno e le sue esigenze e relazioni; giacchè quaggiù come lassù, nell'ordine naturale come nel soprannaturale, ella è pienamente e perfettamente libera, pienamente conscia e signora di sè stessa, e nel più alto senso fornita di tutti i requisiti naturali e soprannaturali, con cui ogni essere vivente nella carne può compire opere degne della ricompensa eterna. La di lei esterna vita è coordinata da Dio all'adempimento della missione che le fu imposta, e perciò i giornalieri ed esterni eventi, gli scontri, i patimenti, i varii trattamenti cui va esposta la sua vita naturale, si riferiscono appunto alla sua vita interna, soprannaturale e veggente, siccome il quadro si riferisce a ciò che rappresenta, come la parabola si riferisce alla verità, come la scorza o l'involucro esterno al germe ed al contenuto interno; e coloro che a lei esternamente si accostano in nemico contatto, le sono avversi e le riescono oppressori, senza pur presentire e molto meno volere essere i rappresentanti delle molte plici tendenze, delle istituzioni, e dei poteri che in allora combattevano colle parole e coi fatti la fede cattolica, la purità dei costumi, e la Chiesa di Dio, o che almeno colla negligenza, colla pigrizia e la trascuranza dei doveri la danneggiavano.

Forma invero ben piccolo frammento ciò che Anna Caterina potè manifestare di tutte coteste annunziatrici visioni; ma riuscì cosa sorprendente pel Pellegrino, nè meno lo riuscirà pel lettore, il vedere come venisse ad adempirsi nel modo il più preciso ognuna delle circostanze relative ai guai che la minacciavano, e che le vennero anticipatamente mostrate in visione.

2. Nell'Avvento del 1818 Anna Caterina narrò così: Ho ricevuto dalla mia Guida l'ammonimento di prepararmi alla difficil lotta. Debbo supplicare lo Spirito Santo onde m'ispiri ciò che dovrò rispondere. Il cuore era al punto di scoppiarmi in seno per l'angoscia, ma mi rivolsi al mio Sposo celeste e gli dissi: Tu hai cominciato la cosa e tu la continuerai sino al fine; mi abbandono interamente a te. E ciò dicendo mi parve sentire come se rimettessi l'affare nelle sue mani, e me ne ebbi gran tranquillità e forza nel Signore, e dissi: Con gioia voglio lasciarmi squartare, ove ciò soffrendo possa alcun poco giovare al mondo. Fra i tormentatori mi furono mostrati un medico ed un ecclesiastico, che vennero l'un dopo l'altro ad assalirmi. Si mostrarono in sembianza molto amichevole; ma vidi la malizia nei loro cuori. »

18 Maggio: « Questa ultima notte l'ho passata male assai; tutti da ogni lato mi cadevano addosso e mi maltrattavano, ed alla fine mi han lacerato in piccoli frammenti. Frattanto io me ne stava tranquilla e mi rallegrava nel pensare che ormai morrei, e la sarebbe finita per me. Vidi e conobbi gli autori di questo assalto, e ne vidi pure le principali cagioni; costoro ciarlavano e si infuriavano. a me d'intorno, ed alla fine mi lacerarono in piccoli pezzi. Niuno dei miei amici trovavasi presente. Niuno mi aiutò; nemmeno alcun prete. Ne rimasi angustiata, e pensai a Pietro ed al come egli abbandonasse il suo Signore. Vidi un certo partito starsi in consiglio e ridere di amara gioia sulle sue bene ordite trame e sui mezzi inventati circa il modo d' impadronirsi di me. Volevano provar cose che non potevano mai essere provate. La mia Guida celeste mi disse di non impensierirmene affatto; quando ciò venisse ad accadere, riuscirebbe a loro maggiore vergogna ed a vantaggio della buona causa! »

28 Maggio 1819: Mi vidi nel tempo della persecuzione abbandonata da tutti, e ciò che mi riuscì più amaro si fu che nemmeno il confessore poteva sino a me penetrare. Sembrava che senza licenza egli dovesse restar lontano. Vidi per immagine come se mi trovassi sola nella mia stanza; mi pareva che soltanto la monaca Neuhaus mi fosse vicina. Quelle persone entravano dal lato destro e s'inoltravano ai piedi del mio letto. Io mi stava abbandonata affatto e senza soccorso. »

6 Giugno: « Ho passato una notte ben dolorosa; mi son veduta maltrattare più orribilmente che mai. Non posso palesare senza brividi ciò che mi accadde. Giacevami abbandonata da tutti i miei amici. Il mio letto era situato in mezzo ad una stanza, e persone straniere mi servivano. Seppi esser caduta in cotesti guai a cagione di una disputa nata fra certi ecclesiastici e il poter secolare. Vidi l'Overberg in lontananza, starsi silenzioso e tristo. Pareva che per me la cosa fosse finita. »

3. 17 Luglio 1819: Ho veduto di nuovo per immagini i guai che mi minacciano. Ho veduto come tutte le monache mie consorelle mi visitassero e parlassero come se avessero avuto qualche intimità con me, e come se in convento avessi lor rivelato tale o tal altra cosa circa il mio stato e cos? simili. Non capiva chiaramente che volessero, e dissi che Iddio sapeva ciò che io e ciò che elleno avesser fatto. Le vidi tutte andarsene a confessarsi e quindi alla santa Comunione; poi ritornare presso di me.

Del resto non valevano punto meglio di prima, e volevano risapere da me certe cose; ma non rammento quali mai fossero. Domandai se non sapessero che già da molto tempo innanzi aveva provato incomprensibili dolori nelle mani e nei piedi, talchè i diti me ne erano rimasi come morti, senza ch'io pur presentissi ciò che ne risulterebbe. Domandai loro se non fosse vero ch'io non avessi potuto, da lungo tempo, prender alcun nutrimento senza rivomitarlo sempre, e ciò sicuramente per sette continui mesi; e che ciò avvenisse senza ch'io vi annettessi altra importanza, fuor quella di una malattia; che per altro di rado mi tratteneva dall'adempire ai miei doveri, e mai m'impediva di rivolgermi supplice a Dio, unica mia brama e diletto. Trovai, a dir vero, tutte coteste monache mal sicure ed inesatte nelle loro affermazioni; nè cercavan altro fuorchè di levarsi d'impiccio, eccettuate però la superiora e la Nauhaus, che si mostrarono rette e sincere. Allora sopravvenne gran moltitudine delle mie conoscenze, ed esse agirono appunto come sempre avevano agito, e ciarlarono in un modo e nell'altro. Non eravi alcuno fra i presenti, che volesse interamente star per me ed a mia difesa. Il Lambert non poteva aiutarmi; niuno si occupava di lui. Il confessore non era lontano, ma pieno di affanni ed angustie. Allora mi si accostarono forse sei individui fra secolari ed ecclesiastici, e fra loro due protestanti. Vennero anche separati e l'un dopo l'altro, e fra essi eranvene alcuni talmente falsi e maligni, che impossibile riesce il raccontarlo; e questi appunto eran coloro che agivano nel modo il più lusinghiero ed il più blando, mentre più duramente mi maltrattavano. Entrò poi un uomo nella mia stanza ed esclamò: ?Tutto ciò che si dice di questa donna deve dirsi anche di me! - Io non sapeva chi fosse costui, ed egli si pose disteso presso di me, e mi si mostrava probo e fedele, e tutto pure osservava. Per altro non poteva aiutarmi. Quei persecutori che si aggiravano a me d'intorno (giacchè il mio letto stava in mezzo alla stanza), si guardavano colla maggior cura dall'urtare costui. Mi dimandarono sul principio ogni sorta di cose, ed io risposi soltanto ciò che per tre volte era stato anticipatamente scritto nei Protocolli, e dichiarai non aver altro da aggiungere. Il Vicario Generale stava in prossimità ed era anch'egli una delle cause di questa faccenda. Vidi anche il Decano occupato nell'affare; dava intorno a ciò degli ordini, ed anch'egli non mostravasi in mio favore. L'Overberg era lontano e pregava per me. Le due monachelle Francesca e Ludovica mi consolavano e continuamente sclamavano: - Su, coraggio! Abbi soltanto coraggio e tutto andrà bene. - Allora principiarono costoro a distaccarmi la pelle dalle mani e dai piedi; eppure le ferite ne apparvero molto più rosse che sopra la pelle. Mi strapparono inoltre la pelle dal petto e trovarono in esso la croce ben più profondamente impressa di quello che nol comparisse per sopra la pelle! Ne rimasero talmente attoniti, che non sapevano più come dovessero proseguire. Divennero sgomenti, e l'un dopo l'altro chetamente se ne andarono; e ognuno di essi aveva certo numero di seguaci, cui narrava l'accaduto in un modo o nell'altro; tutti eran rimasti svergognati. Mentre così mi giaceva aspettando una imminente operazione sulle ferite e provava smisurata angoscia; mentre le due sante monache mi animavano dicendo: - Non ti farà male alcuno; ecco che a me ne venne un giovanetto meravigliosamente bello. Il di lui volto raggiava luminoso come il sole; portava una lunga veste, e prendendomi per mano disse: - Vieni, vogliamo ringraziare il nostro caro Padre.

E tosto seco mi condusse. Col di lui sostegno potei penetrare in una cappella bellamente ornata, che aperta sul dinanzi e non per anco compiuta, sembrava come tagliata per mezzo. Sull'altare vidi le immagini di santa Barbara e di santa Caterina. Dissi allora a quel giovine: - La cappella sembrami come solo a mezzo costrutta! Ed egli risentii come un spose: Sì, è invero soltanto mezza intimo senso della prossimità di una magnifica residenza, ove molti e molti mi aspettavano. Eranvi d'attorno giardini e campi ornati di sentieri e di boschetti, siccome un piccolo possesso di agricoltore. Ma tutto ciò lo sentiva quasi che fosse ancor lontano da me, e come se non per anco avessi colà stabilito un permanente soggiorno. Soltanto io so distintamente, che insieme a quel giovane osservai l'interno della cappella e vidi le immagini. Tutto ciò accadeva quasi che fossi stata rapita in spirito, mentre quegli uomini mi strappavan la pelle dalle ferite; giacchè non sentii dolore alcuno, e vidi dipoi gli insanguinati stracci ammucchiati, e vidi lo sbigottimento di cotesti individui nello scorger l'interno delle mie ferite, e come eglino si grattassero dietro l'orecchio. Mi destai in seno ad un senso misto e confuso della cappella e di cotesta operazione. L'immagine delle monache e di quelle persone straniere era oscura, e mi sembrava come se fosse una precognizione accordatami dell ' esame cui andrei soggetta. Vidi anche come una specie di tumulto nella città.

Ed il giovane mi disse altresi: Or vedi! Tutto ciò che ti angosciava e ti tormentava, durò per poco tempo soltanto, ma la eternità non ha fine. Or su, prendi animo! Ti sovrasta ancora un violento assalto, ma tu lo sopporterai egregiamente, e non ti riuscirà così duro in effetto quale l'hai scorto in visione. Molto può pure venir rimosso per forza della preghiera; consolati! Mi fu inoltre indicato come dovessi pregare nelle mie veglie notturne:  Giacchè molti e molti individui periranno; gravi tempeste si avvicinano. Non ritenerti; parla aperto e chiaro; esorta ed invita ognuno alla preghiera!
4. Pochi giorni dopo ebbe Anna Caterina una visione in modo straordinariamente sensibile, del martirio di una delicata vergine; visione che le infuse grande fortezza nell'accingersi alla lotta che omai le sovrastava, ed un ardente desio per una simil corona. « Stavami in orazione. Ed ecco che a me vennero due uomini sconosciuti, che m'invitarono a seguirli a Roma, nel luogo destinato ai martirii.

Mi dissero esservi in quel giorno gran lotta, e che vi erano certi loro parenti pronti ad incontrar la morte per amore di Gesù, e che essi volevano vederli morire. Domandai loro perchè si esponessero a cotesto pericolo, e mi risposero che siccome eran cristiani solo in segreto, così non eran conosciuti, ed inoltre siccome eran parenti, così avevano licenza d'intervenire in uno spazio propriamente loro destinato, onde rimanessero spaventati dall'orror di quei supplizi; essi però vi andavano nell'intenzione di fortificarsi collo spettacolo della morte dei loro, ed anche per animarli colla presenza; e così mi condussero nell'anfiteatro. Al di sopra del vacuo interno, in faccia all'ingresso, a diritta del seggio del giudice, dilatavasi nello spazio circolare una porta situata fra due aperture. Entrammo per colà in un'ampia e ricca stanza, in cui si trovavano circa trenta buone persone, vecchi e giovani, uomini e donne, giovanetti e fanciulle. Eran tutti cristiani segreti e pel medesimo scopo ivi raccolti.
« Il giudice, uomo vecchio e tirannico, accennò colla sua verga da un lato e dall'altro, ed al suo cenno i carnefici già pronti nell'anfiteatro cominciarono ad agire: eran dodici in circa. ? A sinistra nell'arco situato in faccia alle nostre aperture, vidi alcunchè di somigliante ad un idolo: non so precisamente ciò che fosse, ma mi destò spaventosa impressione; da quel lato stavan pure le carceri. I martiri vennero trascinati fuori coppia per coppia; li sospinge vano innanzi pungolandoli con ferri acuti. Prima furono addotti dinanzi al giudice, e dopo brevi parole martirizzati. Tutta la intera altezza di quell'edifizio circolare era formata da gradini che sormontavano gli uni agli altri, zeppi di spettatori che urlavano ed infuriavano.

« Il primo martirio cadde in sorte ad una delicata fanciulletta di dodici anni. Il carnefice la gittò in terra e le appoggiò il braccio sinistro sul petto inginocchiandovisi sopra: indi con un largo e corto istrumento le incise come un anello intorno alla articolazione della mano, e ne rialzò poi la pelle persino ai gomiti: così fece pure colla mano sinistra e poscia ad ambidue i piedi. Mi sentiva quasi fuor di me alla vista degli spaventevoli dolori di quella tenera fanciulletta: uscii dalla porta ed accorsi laggiù, gridando misericordia e voleva esser con lei martirizzata, ma il carnefice mi respinse con tal violenza che la sentii vivamente. I lamenti di quella fanciulletta mi straziavano talmente il cuore, che pregai d'essere martoriata in sua vece. Sembravami come se ciò principalmente mi si spettasse ed anche mi fosse in breve destinato. Non posso in verun modo esprimere come cotesto atroce scorticamento mi angosciasse. Ecco che allora il carnefice legò a quella misera ambo le mani in croce, e mi parve come se volesse segargliele. Quando di bel nuovo rientrai nella stanza (che dal lato posteriore era di forma ritonda, nell' anteriore poi retta ed in cui stavano pietre quadrangolari o triangolari per sedervi sopra), alcune pie persone mi vollero consolare: queste erano il padre e la madre di quella fanciulletta, e mi dissero che i martirii di cotesta delicata bambina eran per certo atroci e laceranti, ma che essa se li era attirati con troppa audacia. Per somma sciagura, era la loro unica figlia, e mal guardinga aveva voluto sempre accorrere nelle catacombe onde istruirsi nel Cristianesimo, e poi avea parlato con troppa audacia, cercando, a cosi dire, il martirio con prepotenza. Allora due carnefici l'afferrarono e la collocarono sopra un rogo elevato in forma circolare nel centro della piazza. Ella toccava coi piedi al punto di mezzo, e sotto era disposto molto legname, cui rapidamente si appiccò il fuoco, che serpeggiò attraverso quei secchi rami. La buona gente intorno a me aveva l'aria commossa e rassegnata. Una donna in quel numero trasse fuori un rotolo, avvolto per mezzo con un largo legame; lo spiegò ritraendosi addietro: e poi tre o quattro per sone per volta strettamente avvicinandosi, incominciarono a leggervi, pregando con voce sommessa; e così passò quel rotolo di mano in mano, mentre gli uni dopo gli altri ritraevansi indietro per pregare. Io intendeva benissimo quanto leggevano: eran semplicemente sentenze o versetti brevi ed insieme raccolti, ma così possenti ed elevati da non potersi esprimere. Riferivansi sempre a questo, cioè: che coloro che soffrono sen vanno direttamente a Dio da questo misero mondo. Mi pensai allora che sicuramente non dimenticherei mai simili parole; eppure adesso non posso altro che sentirne intimamente il senso, ma non è in mio potere lo esprimerlo. Quella donna che era la principale lettrice, dopo aver pronunziato un corto versetto, prorompeva sovente in queste parole: Che ne pensate voi? Coteste preghiere parlavano a Dio con forza straordinaria. Io pure guardava in quel rotolo, ma non poteva riconoscere nemmeno una lettera; era scritto con rossi caratteri.

Durante quel martirio mi sentiva oppressa da indescrivibile angoscia: mai cotesto spettacolo mi aveva lacerato l'anima quanto questa volta: quella vergine colla pelle strappata alle braccia ed alle gambe e coi suoi dolorosi lamenti mi era sempre dinanzi allo spirito. Non poteva muovermi di là: non lasciavano uscire dall'anfiteatro. Molti altri venner poi martirizzati: li ferivano qua e là nelle membra con acuti ferri: il sangue spruzzava lontano all'intorno; poi con clave pesanti li percuotevano, e le loro povere ossa stritolavano. Alla fine si elevarono veementi grida fra il popolo, e sentii come il ruggito di un uomo. Era l'ultimo fra i martoriati che così ruggiva: lo maltrattaron talmente, ch ' ei vacillò nella fede, proruppe in maledizioni, urlò contro i carnefici; era orribile a vedersi nella sua disperazione combattuto dalla rabbia e dal dolore. Tutta la buona gente che stavami attorno, molto si era rattristata a causa di lui. E pur dovette morire. Allorchè tutti quei cadaveri venner gettati sull'ardente rogo, mi sentii molto turbata circa la povera anima di costui; aveva un tristo presentimento come se quell'anima infelice non fosse giunta alla gloria. Quando tutto fu finito, quella buona gente che era stata meco mi lasciò sola. I cadaveri non erano ancora appieno consunti. Vidi in seguito scavare il suolo per sotterrarvi quell' ossa. Vidi poi scender dal cielo una candida e splendente piramide di luce ed abbassarsi; da cotesta piramide raggiavano luminose le anime di quei martiri sereni come fanciulli e ridenti di celeste amabilità. Vidi per altro uno di cotesti spiriti ricadere sulle fiamme del rogo che sparì, e si cambiò in luogo oscuro, ove fu ricevuto da altri spiriti. Quella era l'anima del martire caduto. Egli non è perduto per sempre, ma trovasi in purgatorio, e ciò molto mi rallegra. Ah! egli vi è forse ancora. Prego sempre per coloro che sono affatto dimenticati.

« Ho il presentimento che cotesto martire mi sia stato mostrato, onde esortarmi alla pazienza nei miei patimenti, e perchè ho recentemente veduto che anche a me sarà strappata la pelle dalle mani e dai piedi. Cotesti antichi Romani devono essere stati veramente ferrei, tanto i carnefici quanto gli spettatori, tanto i martiri quanto i loro amici. Ora ognuno è tepido, molle e vile; molti pregano ora Iddio altrettanto male, quanto male anticamente pregavano gli idoli. »

5. A partire dalla festività della Visitazione di Maria Santissima, sino agli ultimi giorni del mese di luglio, ebbe Anna Caterina a patire sì grave infiammazione di petto, che anche il minimo moto nell'aria prodotto dall'aprirsi di una porta, o dall'approssimarsi di una persona, bastava a cagionarle la più violenta tosse spasmodica. Cotesti dolori corporei si sciolsero in sudori straordinariamente abbondanti e specialmente nella regione pettorale, e per cotesti sudori venne la inferma in molto maggior debolezza. Fu poi ad un tempo presa da cotanta ansietà involontaria a cagione degli eventi che pure allora cominciavano a sopravvenire, che soltanto coi più gravi sforzi poteva resistere all' abbattimento il più completo. Ai 2 d'agosto il Pellegrino la trovò molto turbata e commossa: cercò di consolarla, ma invece fu dalla medesima ai vicini eventi preparato. Già dal giorno innanzi era giunta in Dülmen una così detta Commissione inquisitoria prussiana, che aveva alla testa il Consigliere Bönninghausen. Gli altri membri erano i medici Rave di Ramsdorf e Busch di Münster, gli ecclesiastici Niesert parroco di Erlau, il vicario Rosèri di Leyden, ed il professore Roling di Münster. Il Bönnin ghausen si recò insieme al Rosèri da Anna Caterina, ad annunziarle l' esame inquisitorio. Ella rispose: « Non sapere cosa volessero esaminare, giacchè era preparata a dar loro schiarimenti intorno a tutto ciò che potessero desiderare di sapere. Ed inoltre non esisteva cosa alcuna, che non fosse stata già precedentemente soggetta ad esame. »

Ciò non basta, rispose il Consigliere provinciale: una inquisizione è stata di bel nuovo ordinata e deve incominciare immediatamente. È quindi d'uopo che la monaca Emmerich consenta a venir subito trasportata in casa del Consigliere di Finanza Mersmam. »

« Se tale è il comando del mio superiore ecclesiastico, rispose la Emmerich, consento volentieri a lasciarmi fare quel che vorranno, poichè credo che Iddio avrà voluto che necessariamente così accada. Sono una monaca, e quantunque il Monastero sia soppresso, rimango pur sempre una monaca: nè posso far cosa alcuna senza il consenso del mio superiore ecclesiastico. Il vicario aveva già altra volta progettato una inquisizione mista: se fosse stata intrapresa, mi vi sarei tosto adattata, giacchè non può riuscirmi che gradito il veder venire in luce la verità. » Disse allora il Consigliere: « Questa faccenda non riguarda più ora l'autorità ecclesiastica. Per altro son pure qui presenti tre sacerdoti cattolici. » A coteste parole si rivolse Anna Caterina al vicario Rosèri e disse: « Come può mai ella che è sacerdote, intervenire quando ciò non riguarda l'autorità ecclesiastica? Anche all'ultima inquisizione ella già assisteva in modo non conveniente ad un prete, ed è perciò che tanto più mi sento conturbata nel qui rivederla, e da ciò pure deriva ch'io mi sento avere perduta in lei ogni fede. »

Il Rosèri si scusò coll'asserire che la volta passata erasi trovato assistere all'esame, solo per accidente; ma che ora l'avevano ricercato per cotesto oggetto, ed alle sue domande il vicario Generale aveva risposto non solo concedergli di assistere al nuovo esame ma che anzi sarebbesi veduta con piacere la sua assistenza; egli si rammaricò inoltre di non avere in quel momento presso di sè la lettera che gli annunziava cotesta autorizzazione (1 ).

(1) Queste parole costituivano una formale menzogna, come gli Atti Ufficiali susseguenti lo mostreranno; e quindi Anna Caterina che vedeva il deplorabile stato dell'anima di cotesto giovine, non poteva che dirgli aver essa perduta ogni fede in lui.

Dipoi Anna Caterina ripetè al Consigliere la dichiara zione di non poter consentire volontariamente ad essere trasportata in altra casa, giacchè anche il suo medico non lo approverebbe. Il Consigliere si ritirò allora dichiarando che intorno a questo punto avrebbe riferito per iscritto a Münster.

Il Diario del Wesener così si esprime in data del 3 agosto: « Quando a sera venni dall'ammalata, la trovai molto commossa, ma punto imbarazzata; mostrò temer soltanto che il vecchio Lambert, il quale appunto è infermo, non venisse per questa faccenda a peggiorare nel suo stato. »

Mercoledì 4 agosto. « Oggi ho trovato la inferma affattorassegnata. In una visione avuta nella trascorsa notte le era stato mostrato che molto e bene le si prometterebbe sul bel principio, ma che dopo la tratterebbero in modo tale, che ne riuscirebbe affatto misera e mortalmente debole. Quando venisse a trovarsi in cotesto stato, ella dovrebbe domandare l'assistenza del suo confessore. »

6. Il Pellegrino fu da coteste occorrenze sì dolorosamente commosso, che fece ogni sforzo onde prestare qualche assistenza alla povera inferma, sì gravemente oppressa. Nella sera medesima del 3 agosto le diresse una lettera ostensibile (1 ), esortandola a volerlo proporre alla commissione siccome un testimonio atto e capace del pari ad assistere all'esame, e ad attestare al mondo intero che i procedimenti dalla Commissione medesima eran stati condotti in modo conforme alle leggi ed all'umanità. Quando però Anna Caterina presentò cotesta lettera al Consigliere, costui dichiarò il Pellegrino esser specialmente escluso. Egli si rivolse allora con la medesima preghiera al Supremo

Presidente prussiano di Vincke a Münster, e questi di propria mano così gli rispose: « In replica alla di lei pregiatissima del 4 di questo mese, debbo esprimerle il mio dispiacere per non poter soddisfare al di lei desiderio d'essere ammesso all' esame inquisitorio prescritto circa lo stato della monaca Emmerich. Mi è stato espressamente ordinato da comando supremo il rimuovere dalla prossimità della inferma tutti coloro che sin qui l'hanno circondata, e ciò d'altronde è talmente essenziale allo scopo ch'io non posso in verun modo da coteste prescrizioni allontanarmi. All'opposto, tutto ciò che ella crederà poter partecipare alla Commissione siccome resultante dalle proprie osservazioni, riuscirà alla Commissione medesima molto gradito. Debbo pure considerare che la di lei presenza potrebbe forse riuscir disaggradevole alla monaca Emmerich, giacchè, nel trascorso inverno, in occasione di una visita di medici che ebbe luogo in quel tempo, la inferma in sentir pronunziare il nome di V. S. mostrossi sempre molto turbata. È stato prescritto siccome un vero dovere alla Commissione l'usare il trattamento più dolce e più mite possibile verso la inferma, quantunque la natura degli individui di cui è composta, mi garantisse che non avrebber punto abbisognato di una simile prescrizione. La conoscenza personale del cognato del degnissimo Savigny mi riuscirà sempre oltremodo grata, ed in occasione della mia prossima venuta in Dülmen spero potermela procurare. »


(1 ) Neila raccolta di lettere di Clemente Brentano trovasi, Vol. I pag. 361-380, una lunga e particolare lettera diretta al Vicario Generale. Ma siccome non gli fu mai inviata e rimase solo in progetto, non è quindi opportuno di avervi qui ulteriore riguardo.

Siccome poi anche una supplica fatta a voce dal Pelle grino al Consiglier provinciale non produsse alcun frutto: così egli, per desiderio della inferma, si recò a Böckholt nella casa paterna del Cardinale Dippenbrock per ivi attendere il corso degli avvenimenti.

7. Ai 4 di agosto il Consigliere rinnovò la dimanda a che Anna Caterina di buona voglia consentisse ad essere trasportata fuori della sua abitazione, ma essa persistette sempre più fermamente nel rifiuto di sottoporsi a qualsiasi misura all'insaputa dell' ecclesiastica autorità. « Desidero (così disse ella) comandi e persone destinate dal vicariato generale come testimonii imparziali; e poi succeda di me quel che Dio vuole, che non avrò nulla a temere. »

Il Consigliere non osò per anco impiegare alcuna violenza; ma dopo di lui si approssimarono alla inferma il Rosèri ed il Parroco Niesert; il primo le domandò: « Come vuole ella or adunque essere trattata? » Anna Caterina: « Perchè mai me lo dimanda? Ha ella forse il comando di trattarmi come voglio io? Io desidero dei sacerdoti che sieno inviati dall'autorità ecclesiastica, e di più due testi moni, che anche per conto mio e nel mio interesse scrivano e leggano i Protocolli, affinchè io possa sapere cosa mi verrà imputato. »

« Ella non ha cagione di lamentarsi (soggiunse a ciò il Parroco Niesert), ella giace qui comodamente ed ha l'aria di trovarsi molto bene. »

Il come io mi senta e mi stia (soggiunse la inferma), lo sa Iddio; » e volgendosi al Rosèri gli disse: « Ho risaputo dal signor Decano (Rensing) che ella non ha alcun permesso del Vicariato Generale per ritrovarsi qui. » Nel venerdì 6 Agosto sopravvenne da Münster in Dülmen il consigliere di medicina dottore Borges, protestante, in compagnia di un magnetizzatore. Già dal momento del suo ingresso nella casa di Posta, si espresse col più grossolano disprezzo, dicendo: « Che egli la finirebbe presto con quella donnicciuola e che non scherzerebbe. Che la trasporterebbe accompagnata dai gendarmi a Berlino, senza che ne avesse a patire alcun danno. » Cotesti discorsi echeggiarono ben presto per Dülmen ed eccitarono fra quei cittadini il timore che venisse impiegata la prepotenza, e per di più anche il maggiore interesse verso la perseguitata inferma. Fu tenuta un'assemblea di cittadini, ove venne decisa la redazione di una formale protesta contro un procedimento così contrario al diritto ed alla legge, e cotesta solenne protesta fu redatta dal commissario di giustizia Reus. Fu poi cotesta solenne protesta rimessa al consigliere Bönninghausen, che la ricevè e promise solennemente di sottoporla alle autorità superiori. Cotesta assicurazione tranquillò gli spiriti, e molti si abbandonarono alla persuasione di aver con quel mezzo allontanato dalla povera monaca il colpo più grave.

Intanto il Borges ed il magnetizzatore suo compagno, eransi in un col Bönninghausen dalla Posta recati presso Anna Caterina, per ripetutamente insistere a che di buona grazia si arrendesse a lasciarsi trasportar fuor di casa. La prossimità di cotesto Borges, rivestito di alto grado tra i Frammassoni, e che chiaramente faceva mostra di essere un libertino, riusciva alla inferma di ineffabil supplizio; e più agevolmente sopportò minaccie ed insulti, che quelle parole melate, alle quali costui degnò condiscendere, onde ottenere il di lei consenso all'esser portata via. « Oh! come ha torto (così disse egli deridendola) di rifiutare una sì bella offerta, come quella di venir circondata da nobili e perfetti galantuomini, e di godere per parte loro ogni buon trattamento in luogo molto migliore! »

« La bontà di questi signori (rispose Anna Caterina) l'abbandono al giudizio di Dio. Desidero in loro ogni bontà, ma non ne ho sperimentato ancora il minimo effetto. Se hanno tanto a cuore la verità, possono benissimo osservarmi anche qui in questa stanza. Ma so benissimo che non si curan punto di trovar quella verità che soltanto troverebbero realmente. Se volevano la verità, o perchè mai allora non l'hanno cercata qui in questo stesso luogo presso di me? »Quando quei due di bel nuovo le dimandarono cosa chiedesse in suo prò nell'occasione di quel l'esame inquisitorio, rispose: « Desidero come gravemente ammalata, la presenza del mio medico e del mio confessore; di una mia consorella per avermi in cura, di due sacerdoti e di due secolari come testimonii. Inoltre rinnovo la dichiarazione di non volermi lasciar portar via da questa casa se non che colla violenza! » Dopo coteste parole ella protestò pure contro la presenza del dottor Rave, perchè questi nel mese di febbraio decorso, oltre il suo Protocollo ufficiale, aveva redatto una descrizione di differente tenore e poi fattala circolare, a grave pregiudizio della inferma. Quali conseguenze avesse cotesta protesta apparirà chiaramente ben presto. Il magnetizzatore aveva, durante tutti questi discorsi, dato a vedere col suo modesto e discreto contegno, che non poteva riconoscere in Anna Caterina il menomo contrassegno atto a farla passare agli occhi suoi come una sonnambula (1).


(1) Il Bönninghausen medesimo dichiarò pubblicamente: Del magnetismo animale non se ne può parlare a proposito della Emmerich. Per finire ogni quistione su cotesto punto, farò osservare che ella detesta il magnetismo animale e tutti i suoi seguaci in massa e separatamente, finchè di cuore pentito non sien rinvenuti dai loro errori.

Il Wesener parla così di cotesta giornata: « Sul mattino ritrovai la inferma ancora passabilmente in forze. Non volle per altro consentire al desiderio del Borges di trasportarla altrove. Costui tentò di persuadere anche me; ma siccome gli dichiarai che l'ammalata non era trasportabile, si mise in collera e dichiarò che impiegherebbe la forza. Sulla mezzanotte si volle difatto portarla via colla violenza; ma siccome il popolo accorse in folla, la misura andò per questa volta a vuoto. L'ammalata rinnovò di bel nuovo una formale protesta contro il progetto di traslocazione. »


8. Un testimone oculare, il signor di Schilgen, racconta cotesta sorpresa notturna nel modo seguente: « Tutti i cittadini ben pensanti avevano con me profittato della circostanza del ricevimento della nostra protesta per parte del Consiglier provinciale, onde tranquillare gli abitanti di Dülmen, e persuader loro non esservi più luogo a te mere alcun atto di violenza contrario alle leggi. Era di ciò talmente persuaso io medesimo, che ne andai tranquilla mente al riposo; ma prima della mezzanotte venni destato da un gendarme, che disse ad un suo compagno alloggiato in casa mia, ed anche a me, aver ordine di chiamare tutta la gendarmeria al luogo di riunione indicato. Ne rimasi stupito. poichè mi accorsi che si approssimava qualche scena di violenza, e me ne andai a casa della inferma, ove trovai molte persone riunite in aspettazione dell'andamento delle cose. La gendarmeria era in gran moto. A mezzanotte comparvero il Borges, il Böuninghausen ed il Busch. Si approssimarono all'uscio conducente alle camere della inferma, ma tornarono indietro dopo avere per un certo spazio di tempo a quello bussato senza venire ammessi; quindi si recarono nella cucina dell'oste, e si fecero da lui mostrare la camera che dà sulla pubblica strada; la dichiararono molto adatta alla intrapresa di un nuovo esame inquisitorio, e con ciò indussero (come ne avevano concepito il disegno) tanto l'oste, quanto il popolo raccolto in torno alla casa, nella persuasione che la inferma dovesse essere esaminata in quel medesimo alloggio e non già trasportata altrove. Rimasero intanto molte e molte persone sempre riunite nella via, sinchè sul nascer del giorno ognuno se ne andò pei fatti suoi. Nel mattino susseguente di buon'ora, riseppi che il trasporto dell'inferma doveva aver luogo col mezzo della forza circa le ore otto. Per pormi almeno in stato di potere un giorno dar conto al giudice competente del modo con cui cotesto evento erasi compito, me ne andai circa le sette e mezzo presso l'abbandonata inferma, la quale dopo i primi saluti, alla mia domanda intorno a ciò che avesse deciso, così rispose:Mi trovo nel più estremo imbarazzo; il Consigliere si è recato dal signor Decano ( 1 ), affinchè egli mi persuada ad assoggettarmi volontariamente al trasporto e ad una nuova inquisizione. Il Decano si è recato da me per questo motivo; io non so che debba farmi. - Allorchè io le soggiunsi: Convien pure prendere una decisione; — ella mi rispose così: No: io non mi sottopongo volontariamente! Persisto nella mia protesta!
Mi pregò a rimanere presso di lei e ad invitare il Reus addetto al Tribunale a mettere in opra quanto potesse tentare in di lei pro. Sopraggiunse allora il Consigliere, che si adoprò di bel nuovo a tutt'uomo ad ottenere il di lei consenso. Presi allora la parola e ne appellai alla nostra protesta rimessagli ieri, come pure a quella rinnovata dalla inferma, ma invano! Il Consigliere medesimo afferrò tosto per le spalle l'ammalata giacente in letto ed avvolta nei suoi lenzuoli, ed una infermiera a ciò requisita la prese pei piedi; così la portaron giù per la scala a chiocciola nella capanna, ed ivi la collocarono in un letto appositamente disposto, che venne preso e sollevato da quattro agenti di polizia.

(1) Il Decano Rensing aveva detto all'ammalata: Il Consigliere ha pianto e si è lamentato dicendo, che perderà il suo impiego se ella non si lascia trasportare. (Osservazione del Pellegrino.)

Si avviarono allora verso la casa del consigliere Mersmann, e la processione era chiusa da un luogotenente di gendarmeria coi suoi uomini. La tranquillità non fu disturbata, giacchè gli spettatori accorsi a centinaia, manifestavano il loro interesse soltanto colle lagrime e coi singhiozzi. Con gran soddisfazione aveva risaputo che l'ammalata dal momento in cui fu inviluppata nei suoi lenzuoli, cadde nel così detto stato catalettico, talmentechè rimase affatto insensibile a cotesti atti esterni ( 1). »

9. Più tardi Anna Caterina medesima così narrava intorno a questo fatto: « Nelle ore pomeridiane del giorno precedente a quello in cui mi trasportarono, vidi, essendo per altro pienamente desta, come un quadro dell'evento che effettivamente venne a compirsi il giorno di poi. Ne soffrii talmente, che non era nemmeno in grado di esprimere ciò che tanto mi angosciava. Il Decano Rensing voleva che mi vi adattassi di buona voglia; anche il Consigliere mi disse che perderebbe il suo impiego e sarebbe un uomo rovinato, ove io volonterosamente non mi arrendessi. Gli dichiarai peraltro che mi arrenderei soltanto alla forza. Tostochè il Consigliere mi afferrò, fui nel medesimo momento ritolta a questo misero mondo, e mi sentii rapita in ispirito ad un immaginario quadro della mia gioventù, che prima dello ingresso in monastero ho spesso avuto dinanzi agli occhi. Rimasi di continuo in quelle immagini, ed allorchè nel giorno susseguente mi destai e mi vidi in quell'estranea camera, mi credetti di nuovo bambina,  pensai quanto mi era fin allora avvenuto essere un puro sogno. Per tutto il tempo della prigionia son rimasta immersa in una tal consolazione di spirito, che è riuscita meravigliosa anche per me medesima. Sovente era serena, sentiva la più gran compassione verso quei ciechi inquisitori, pregava per loro.

(1) Allorchè l'autore nel settembre 1859 visitò l'abitazione della Emmerich in Dülmen, ritrovò ancora sugli usci le tracce dei sigilli amministrativi, che vi furono allora apposti. Di più il fratello del P. Limberg, allora ancor vivente e proprietario della casa, gli narrò che al momento in cui la monaca Emmerich venne portata via, le vacche della vicina stalla proruppero nei più lamentevoli muggiti.. Mi era prefissa di sopportare il tutto, applicandolo in pro delle povere anime del Purgatorio, ond'esse pregassero per coloro che mi tormentavano. Io scendeva anche spesso in Purgatorio e vi conosceva le mie pene per equivalenti a quelle che là si soffrono. Più collerici divenivano i miei tormentatori, e più io mi sentiva di me padrona e contenta; e ciò per lo più faceva infuriare il Consigliere. Il Signore mi preservava da ogni violenta parola che mi potesse sfuggire come in sogno; le grazie consuete eran sospese é come silenziose. Senza benedizione sacerdotale e senza alcuna cosa sacra, ottenni per altro da Dio una sorgente di forza quasi a me sconosciuta, e di più la inspirazione di tutte le parole ch'io dovea pronunziare, quantunque un sol momento innanzi non conoscessi pur una di coteste parole. Ogni qualvolta i miei oppressori si scatenavano interrogandomi e deridendomi da un lato del mio letto, io vedeva dall'altro una luminosa apparizione, da cui mi derivavano forza e grazia. Anche ogni parola di quello ch'io doveva dire mi veniva ispirata, e ciò era sempre breve, preciso e dolce, e sentivami piena di compassione. Quando poi parlava da me medesima, mi accorgeva sempre di una gran differenza; era una voce diversa più bassa, più dura e pungente.

« Nel giorno della festa di S. Lorenzo vidi il suo martirio. Vidi pure l'assunzione di Maria SS. in cielo; e nel giorno della festa di sant'Anna ( 1 ), giorno onomastico di mia madre, fui rapita e trasportata presso di lei nel suo beato soggiorno. Desiderai di restare a lei dappresso; ma essa mi consolò e mi disse: Quand'anche molti guai ti sien preparati, pure col mezzo dell'orazione molti mali ti verranno risparmiati, e mi indicò quindi molti luoghi, dove erasi per me pregato.
Tu, mi disse, hai sopportato già il peggio, ma hai ancora molto da sopportare e da fare.

(1) La festa di S. Anna secondo il Calendario di Münster cade ai 6 d'Agosto.

« Nel dì della festa del santo protettore del mio Ordine, ebbi una visione della mia situazione, tal quale avrebbe dovuto essere secondo l'intendimento dei miei nemici. Vidi una parte di costoro esser sicura e convinta di opprimere in me gli altri cattolici, e di arrecar loro vera onta e vergogna. Vidi anche gli ecclesiastici che facean parte di quel numero, molto mal pensanti e mal disposti. Mi vidi in un oscuro e profondo sotterraneo e sembravami di non doverne uscire mai più. Ma ogni giorno io ne saliva più in alto e sempre maggior luce facevasi a me d'attorno. I miei persecutori per altro, cadevan sempre più nel profondo della notte e della oscurità; si aggiravano confusi ed urtavano l'un contro l'altro, e sedevano come in una profonda caverna. Sant'Agostino da cui io implorava soccorso, venne nel giorno della sua festa presso il mio letto e stette in faccia a colui che sì duramente mi opprimeva, Anche Giovanni venne presso di me nel dì della sua festa, e mi annunziò la liberazione.

Vidi inoltre il maligno nemico esser sempre presente quando costoro a me venivano. Avea sembianza di essere un composto di tutti i cattivi spiriti uniti e misti insieme; talora piangente; quando mal dicente; talora con finta pietà; spesso menzognero, ipocrita, lusinghiero, irritante. Egli è il diavolo delle sètte secrete.

«In quella visione venni condotta dalla mia Guida che mi menava per mano. Mi sollevò facendomi uscire dalla finestra del casolare paterno e mi condusse attraverso i prati, il campo arenoso e le lande, e quindi attraverso spazii deserti per lunga e pericolosa via, e poi per sopra una scoscesa montagna. Egli era costretto a trarmi dietro di sè, onde non rimanessi arrestata senza potermi inoltrare. Mi destava meraviglia il pensare di trovarmi bambina ed essere ad un tempo sì vecchia. Quando fummo giunti in alto mi disse: Vedi, se tu non fossi stata una piccola bambina, non avrei potuto condurti sin quassù. Ora rivolgiti all'indietro, e guarda per quali infiniti perigli, cui tu avresti dovuto soccombere, tu sei, condotta da Dio, qui felicemente arrivata. Rivoltami indietro, vidi l'intera via che avevamo percorsa, piena d'immagini di molteplici perigli, e di occasioni di cader in peccato, e vidi come meravigliosamente, grazie alla fida scorta del mio Angelo, ne fossi stata preservata. Quelle che durante il viaggio mi eran sembrate soltanto asperità del cammino, le vidi poi, sotto forme umane, rappresentare tentazioni al peccato. Vidi le molteplici oppressioni che per grazia di Dio ho sormontate. Vidi anche individui con occhi bendati, il che significa sempre la loro mente oscurata e la cecità morale, a lungo aggirarsi sostenendosi in mezzo a molti abissi, e pur finalmente cadervi dentro. Ne ho veduti alcuni, pei quali son stata mezzo di salvezza. La vista di cotesti spaventevoli perigli mi rese affatto tremante; non poteva concepire.come mai vi fossi sfuggita.

« Tostochè la mia Guida mi ebbe ciò mostrato, mi lasciò ferma costà e proseguì innanzi per alcuni passi. Io mi sentii peraltro in quel medesimo momento sì debole e pronta a cadere, che, come un bambino, il quale non può camminare e cui vien sottratta la mano conduttrice, cominciai tosto a vacillare, e quasi a cadere. Proruppi nel pianto e nei lamenti siccome un fanciullo. Allora la mia Guida si rivolse di nuovo indietro e mi porse la mano dicendo queste parole: - Or tu vedi come sii soggetta a cadere ove non sii guidata. Ti puoi immaginare adesso come tu abbisogni di guida, per traversare felicemente quei perigli che hai visti laggiù dietro di te.« Allora mi condusse in giù al di là del monte, e ci avanzammo sopra un bel prato pieno di fiori bianchi, gialli e rossi. Vi crescevano sì folti, che io aveva sempre timore di calpestarli e spesso non mi sapeva dove posare i piedi. Vi erano inoltre fila di meli fiorenti ed ogni altra sorta di alberi. Al termine di cotesto prato vedemmo una strada profonda ed oscura, circondata da siepi alte e selvaggie; la via era ingombra di sassi e di fango. La traversai per altro felicemente per mano alla mia Guida, giacchè non toccava punto quel sudicio fango, ma piuttosto sembravami sorvolarvi per sopra. Quando avemmo superato quel cammino, venimmo di nuovo ai piedi di un grazioso monte, ma piuttosto alto, che era ricoperto soltanto di belle e luminose pietruzze. Quando vi fummo in cima guardai in giù sul prato e su quella via pericolosa, e la Guida mi disse che l'ultima piacevole strada da noi percorsa con quei suoi fiori ed alberi fruttiferi, significava la consolazione spirituale, il ristoro, ed i molteplici effetti della grazia, che nascono negli animi degli uomini dallé tentazioni e dai pericoli superati. Quel mio timore poi di calpestare i fiori significava gli scrupoli e la malintesa suscettibilità di coscienza; giacchè uno spirito semplice come quel di un bambino ed abbandonato interamente in Dio, nella sua semplicità cammina sopra tutti quei fiori, senza pur pensare di poterli infrangere od abbattere, ed infatti non cagiona loro alcun danno. Dissi alla mia Guida ch'io mi pensava esser con lui già da un anno in viaggio, sì lungo erami sembrato il cammino. Mi disse: « La via che tu hai veduta è tale che ti abbisognerebbero per percorrerla dieci interi anni.

« Allora guardai ingiù dall'altro lato del monte e vidi la via che mi stava dinanzi ancor da percorrere. Era molto corta. Vidi in retta linea e precisamente alla sua estremità la Gerusalemme celeste; e così io potei dalla vetta di cotesto monte veder da un lato la oscura e pericolosa strada della vita omai da me percorsa, e dall' altro lato il corto spazio che ancor mi rimane a percorrere, terminato dalla magnifica città di Dio raggiante di luce in mezzo all'azzurro dell'etere. Lo spazio ch'io doveva ancora percorrere era breve e traversato in linea retta da una via ch'io pur vedeva a me dinanzi; ma a dritta e a sinistra vidi pure qua e là molti sentieri di traverso, che pur di nuovo venivano a confondersi con la retta via; in modo tale che poteva avvenire di dover camminare ancora un buon tratto prima di giungere alla meta. Cotesti sentieri mi sembrarono non tanto pericolosi, sebbene pur si potesse inciampare qua e là percorrendoli. Guardai con gran gioia per entro alla celeste Gerusalemme, ch'io vidi colà molto più grande e vicina, di quello che mai l'avessi per lo innanzi veduta. Allora la mia Guida mi condusse per un lato obliquo giù dal monte. Sembrava che qualche pericolo ne minacciasse, e vidi il Pellegrino andarsene lontano, e mi sembrò che portasse via seco alcuna cosa, ed io attenta l'osservava. La Guida mi condusse allora in una casetta, e costà le due monache bene a me cognite mi prepararono un letto e mi vi posero sopra. Io era divenuta di nuovo una monachella, e tranquilla là dentro mi addormentai in una continua beata visione della celeste Gerusalemme, fino a che mi destassi. Debbo rammentare che durante tutto cotesto viaggio porsi più volte la mano ad altre persone, e meco le condussi per un buon tratto di via.

« Vidi la Gerusalemme celeste in forma di una luminosa, aurea e trasparente città, elevata nell'azzurra volta dell'aere senza fondamento terreno. Eranvi mura e porte, ma io vidi a traverso quei muri e quelle porte ed anche a traverso tutto quanto eravi dietro riposto. Cotesto modo di vedere si rassomiglia piuttosto ad una cognizione intima e simultanea di un tutto, che alla vista di molte e diverse cose susseguentemente l'una dopo l'altra, e con quelle di sposizioni ch'io debbo qui impiegare descrivendole. Erano là dentro molte strade, e palagi, e larghi spazi, e tutti erano popolati di umane sembianze, differenti peraltro di specie, di dignità e di grado. Distinsi inoltre intere classi e corporazioni insieme riunite. Quanto più a fondo io guardava nello interno della città, tanto più il tutto mi sembrava magnifico e meraviglioso. Le sembianze che vidi eran tutte luminose senza alcun colore, ma pure si distinguevano fra loro per la forma dei vestimenti e di ogni sorta d'insegne che portavano: come scettri, corone, serti di fiori, verghe pastorali, verghe terminanti in una croce, strumenti di martirio e cose simili. In mezzo all'intera vi sione scorgevasi in alto la forma di un albero, sovra i cui rami diversi, quasi come sopra seggi distinti, appariva ogni sorta di magnifiche figure. Quell'albero si dilatava nella guisa in cui le interne vene di una foglia si dilatano l' una dall' altra, ma poi di bel nuovo si riuniscono arrotondandosi nell' alto. Quelle figure che più alte sedevano, apparivano sempre più magnifiche ed immerse in più profonda adorazione. Sembravano lassù seduti venerandi e santi vecchi, e sulla estrema punta vidi come un globo sormontato da una croce, che rappresentava l'intero mondo: e vidi pure come se lassù stesse anche la Madre di Dio, ma in più magnifico splendore che mai. Tutto questo insieme per altro è assolutamente ineffabile.

« Immersa in questa visione mi addormentai nella casetta, sinchè col tempo mi risvegliai di bel nuovo. »