Sotto il Tuo Manto

Sabato, 7 giugno 2025 - Sant' Andronico di Perm (Letture di oggi)

Mi chiuderò nella mia stanza segreta, ove cantarti canzoni d'amore fra gemiti, gli inenarrabili gemiti che durante il mio pellegrinaggio suscita il ricordo di Gerusalemme nel cuore proteso in alto verso di lei, Gerusalemme la mia patria, Gerusalemme la mia madre, e verso di te, il suo sovrano, il suo illuminatore, il suo padre e tutore e sposo, le sue caste e intense delizie, la sua solida gioia e tutti i suoi beni ineffabili, e tutti simultanei perché Tu sei unico, sommo, vero Bene. Non me ne distoglierò, fino a che nella pace di quella madre carissima, dove stanno le primizie del mio spirito, donde traggo queste certezze, tu non abbia adunato tutto ciò che sono da questa deforme dispersione, per uniformarlo definitivamente in eterno, o Dio mio, misericordia mia. (Sant'Agostino)

CXXV - Come per gli predetti defecti li subditi non si correggono. E de’ defecti de’ religiosi. E come, per lo non correggere li predetti mali, molti altri ne seguitano.


— In che modo possono questi, pieni di tanti difecti, correggere e fare giustizia e riprendere i difecti de’ subditi loro? Non possono, perché i loro difecti lo’ tolgono l’ardire e’l zelo della sancta giustizia. E se alcuna volta la facessero, sanno dire i subditi scellerati con loro insieme: — Medico, medica innanzi te medesimo, e poi medica me; e io pigliarò la medicina che tu mi darai. Egli è in maggiore difetto che non so’ io, e dice male a me! — Male fa colui la cui reprensione è solo con la parola e non con buona e ordinata vita: non che egli non debba però riprendere il male (o buono o gattivo che egli si sia) nel suo subdito; ma male fa che egli non corregge con sancta e onesta vita. E molto peggio fa colui che, per qualunque modo gli è facta la reprensione, o da buono o da gattivo pastore che sia, che egli non la riceve umilemente, correggendo la vita sua scellerata; però che egli fa male pure a sé e non altrui, ed egli è quello che sosterrà le pene de’ difecti suoi.

Tucti questi mali, carissima figliuola, adivengono per non correggere con buona e sancta vita. Perché non correggono? Perché sonno acciecati da l’amore proprio di loro medesimi, nel quale amore proprio sonno fondate tucte le loro iniquità, e non mirano se none in che modo possano compire i loro disordinati dilecti e piaceri, e subditi e pastori, e cherici e religiosi. Doh ! figliuola mia dolce, dove è l’obbedienzia de’ religiosi, e’ quali sonno posti nella sancta religione come angeli, ed eglino sonno peggio che dimòni; posti perché adnunzino la parola mia in doctrina e in vita, e essi gridano solo col suono della parola, e però non fanno fructo nel cuore de l’uditore? Le loro predicazioni sonno facte piú a piacere degli uomini e per dilectare l’ orecchie loro che ad onore di me; e però studiano non in buona vita, ma in favellare molto pulito.

Questi cotali non seminano el seme mio in veritá, perché non actendono a divellere i vizi e piantare le virtú. Onde, perché non hanno tracte le spine de l’orto loro, non si curano di trarle de l’orto del loro proximo. Tucti e’ loro dilecti sonno d’adornare i corpi e le celle loro e d’andare discorrendo per le città. E adiviene di loro come del pesce, el quale, stando fuore de l’acqua, muore. Cosí questi cotali religiosi con vana e disonesta vita, stando fuore della cella, muoiono. Partonsi dalla cella, della quale si debba fare un cielo, e vanno per le contrade cercando le case de’ parenti e d’altre genti secolari, secondo che piace a’ loro miseri subditi e a’ gattivi prelati, che gli hanno legati longhi e none corti. E come miserabili pastori non si curano di vedere il loro frate subdito nelle mani delle dimonia, anco spesse volte essi stessi ve ne mectono; e alcuna volta, cognoscendo che essi sonno dimòni incarnati, gli mandaranno per li monasterii a quelle che sonno dimonie incarnate con loro insieme, e cosí l’uno guasta l’altro con molti e sottili ingegni ed inganni. E il loro principio porrà el dimonio socto colore di devozione; ma perché la Trita loro è lasciva e miserabile, non sta molto colorato col colore della devozione: anco subbito appariscono e’ fructi delle loro devozioni: prima si veggono e’ fiori puzzolenti de’ disonesti pensieri con le foglie corrocte delle parole, e con miserabili modi compiono e’ desidèri loro. E’ fructi che se ne vegono, bene lo sai tu che n’hai veduti, che sonno e’ figliuoli. E spesse volte si conducono a tanto che l’uno e l’altra esce della sancta religione. Egli è facto uno ribaldo, ed ella una publica meretrice.

Di tucti questi mali e di molti altri sono cagione i prelati, perché non ebbero l’occhio sopra el loro subdito, anco gli davano largo, ed esso medesimo el mandava e faceva vista di non vedere le miserie sue. E perché il subdito non si dilectòe della cella, cosí per difecto dell’uno e de l’altro n’è rimaso morto. La lingua tua non potrebbe narrare tanti difecti, né per quanti miserabili modi essi m’offendono. Facti sonno arme del diavolo, e con le puzze loro avelenano dentro e di fuore. Di fuore ne’ secolari, e dentro nella religione. Privati sonno della caritá fraterna, e ogniuno vuole essere il maggiore e ogniuno mira di possedere. Unde essi fanno contra el comandamento e contra el voto che hanno facto. Essi hanno facta promessa d’observare l’ordine, ed eglino il trappassano: ché non tanto che l’observino eglino, ma essi faranno come lupi affamati sopra gli agnelli che vorranno essere observatori de l’ordine, beffandoli e schernendoli. E credono, e’ miserabili, con le persecuzioni, beffe e scherni che fanno a’ buoni religiosi e observatori de l’ordine, ricoprire i difecti loro: ed essi gli scuoprono molto piú. E tanto male è venuto ne’ giardini delle sancte religioni, però che sancte sonno in loro, perché sonno facte e fondate dallo Spirito sancto; e però l’ordine, in sé, non può essere guasto né corrocto per lo difecto del subdito né del prelato. E però colui che vuole intrare ne l’ordine non debba mirare a quegli che sonno gattivi, ma debba navigare sopra le braccia de l’ordine, che non è infermo né può infermare, observandolo infino alla morte. Dicevoti che a tanto erano venuti per li mali correggitori e per li gattivi subditi, che quelli, che tengono l’ordine schiettamente, lo’ pare che trapassino l’ordine, non tenendo i loro costumi e non observando le loro cerimonie, le quali hanno ordinate e observanole negli occhi de’ secolari, volendo compiacere, per mantellare i difetti loro.

Si che vedi che il primo voto de l’obbedienzia, d’observare l’ordine, non l’adempiono; della quale obbedienzia in un altro luogo ti parlarò. Fanno vato ancora d’observare volontaria povertà e d’essere continenti. Questo come essi l’observano, mira le possessioni e la molta pecunia che essi tengono in particulare, separati dalla caritá comune di comunicare co’ frati suoi le substanzie temporali e le spirituali, sí come vuole l’ordine della caritá e l’ordine suo. Ed essi non vogliono ingrassare altro che loro e gli animali; e l’una bestia nutrica l’altra, e il suo povero frate muore di freddo e di fame. E poi che è bene foderato egli e ha le buone vivande, di lui non pensa, né con lui si vuole ritrovare a la povera mensa del refettorio. El suo dilecto è di potere stare dove egli si possa empire di carne e saziare la gola sua. Impossibile gli è a questo cotale di observare il terzo voto della continenzia, però che ‘l ventre pieno non fa la mente casta, anco diventano lascivi con disordinati riscaldamenti. E cosí vanno di male in male, e molto ne l’adiviene del male per lo possedere; perché, se essi non avessero che spendere, non viverebbero tanto disordinatamente e non avarebbero le curiose amistà, però che, non avendo che donare, non si tiene l’amore né l’amistà, che è fondata per amore del dono e per alcuno dilecto e piacere che l’uno traie de l’altro, e non in perfetta caritá.

Oh miseri, posti in tanta miseria per li loro difetti, e da me sonno posti in tanta dignità ! Essi fuggono dal coro, come se fusse uno veleno. E se essi vi stanno, gridano con la voce, e il cuore loro è dilonga da me. A la mensa de l’altare se l’hanno presa per una consuetudine d’andarvi senza veruna disposizione, si come a la mensa corporale. Tucti questi mali e molti altri, de’ quali Io non ti voglio pia dire per non appuzzare l’orecchie tue, seguitano per difetto de’ gattivi pastori, che non correggono né puniscono e’ difetti de’ subditi e non si curano né sonno zelanti che l’ordine sia observato, perché essi non sonno observatori de l’ordine. Porranno bene le pietre in capo, delle grandi obbedienzie, a coloro che ‘l vogliono observare, punendoli delle colpe che non hanno commesse. E tutto questo fanno, perché in loro non riluce la margarita della giustizia, ma della ingiustizia. E però ingiustamente danno, a colui che merita grazia e benivolenzia, penitenzia e odio: a quegli che sonno membri del diavolo, come eglino, dànno amore dilecto e stato, commettendo in loro gli offizi de l’ordine. Come aciecati vivono, e come aciecati dànno gli offizi e governano e’ subditi. E se essi non si correggono, con questa ciechità giongono a la tenebre de l’etterna danazione, e convie’ lo’ rendere ragione a me, sommo giudice, de l’anime de’ subditi loro: anale e gattivamente me la possono rendere, e però ricevono da me, giustamente, quello che hanno meritato.