Sotto il Tuo Manto

Venerdi, 13 giugno 2025 - Sant´Antonio da Padova (Letture di oggi)

Di uomini felici in questo mondo ci sono soltanto coloro che hanno la quiete dell'anima; in mezzo ai dolori della vita, essi gustano la gioia dei figli di Dio. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

CAPITOLO XXX. - DOLCE RIPOSO


Più tardi il Signore apparve a Geltrude come Colui la cui bellezza sorpassa infinitamente la bellezza dei figli degli uomini. Pareva accoglierla con tenerezza fra le sue braccia e prepararle un nido di riposo sul lato destro presso il suo divin Cuore, sorgente di ogni beatitudine. Vi poneva, quasi letto di riposo, i crudeli dolori del suo santissimo Corpo, sofferti sulla Croce per la salvezza del mondo e l'anima doveva trovarvi la sua eterna salvezza. Poneva sotto il capo, a modo di guanciale, lo strazio provato sulla Croce a causa dell'inutilità della sua Passione, per un gran numero di anime. I candidissimi lenzuoli erano l'estrema desolazione a cui fu ridotto quando Egli, l'Amico più fedele, si vide abbandonato da tutti gli amici, arrestato crudelmente come un ladro, legato senza pietà, condotto a morte ed insultato, beffeggiato, oltraggiato dai suoi nemici. Il Signore la coperse infine di tutti i frutti della sua morte preziosa, perchè fosse santificata, secondo il disegno della divina bontà.

Mentre Geltrude riposava dolcemente sul lato destro dei Figlio di Dio, rivolta verso il suo amantissimo Cuore, ella vide quel Cuore divino, sorgente di ogni bene, distendersi davanti a lei come un giardino celeste, ove sbocciava il grazioso sorriso di tutte le spirituali bellezze. L'alito che sfuggiva dalle labbra della santa Umanità di Gesù vi faceva germinare un'erba verdeggiante, mentre i pensieri del suo santissimo Cuore, sotto la forma di rose, di gigli, di violette e d'altri fiori magnifici, vi diffondevano delicati profumi.

Le virtù del Signore parevano una vigna feconda, la vigna d'Engaddi i cui frutti sono squisitamente dolci. Ora gli alberi delle virtù divine e le vigne delle amabili parole, stendevano intorno all'anima di Geltrude i rami per colmarla di delizie. Gesù nutriva quell'anima cara coi frutti di quegli alberi e la dissetava coi vino della vite. Tre ruscelli di limpidissima acqua sembravano zampillare dal centro del divin Cuore, ma lungo il loro corso meraviglioso, mescolavano le loro acque. Le disse il Signore: « All'ora della morte berrai di quest'acqua e l'anima tua vi attingerà una perfezione così compiuta che non ti sarà più possibile vivere nella prigione del corpo; intanto contempla questi ruscelli con delizia, per accrescere i tuoi meriti eterni».

Avendo Geltrude chiesto al Padre di mirarla attraverso l'innocentissima Umanità di Gesù, che fu pura, illibata, adorna di virtù per l'unione con l'eccellentissima Divinità, meritò di sentire gli effetti di tale preghiera. Ella chiese ancora: « Dammi, o Padre amantissimo, la dolce benedizione della tua tenerezza ». E il Signore, stendendo la Mano onnipotente, tracciò su di lei il segno della Croce. Tale benedizione, colma di grazie, parve formare al di sopra del suo letto una tenda dorata, ove erano sospesi tamburelli, lire, cetre ed altri strumenti di musica, tutti in finissimo oro essi simboleggiavano i frutti inestimabili della Passione santissima di Gesù e procuravano a quella eletta godimenti nuovi, variati, ineffabili.

Mentr'ella riposava fra tante delizie, non era più una malata trattenuta sul letto del dolore, ma una Sposa diletta che gustava le gioie delle nozze, o meglio, un'anima assetata di Dio che, dopo d'aver ricevuto la fecondità di Lia, beveva avidamente la dolcezza degli amplessi, così a lungo desiderati da Rachele. Dolcemente accarezzata dal soffio della divina misericordia, ella ricordava la lunga sterilità degli sforzi passati; quel ricordo non solo era senza amarezza, ma giocondo per f beni di cui il Signore la colmava. L'abbondanza dei pingui pascoli, ove Gesù l'aveva posta, le permetteva di riparare le passate negligenze e d'aumentare la perfezione, il pegno, la bellezza delle sue opere.

Perciò ella riunì alcune preghierine, altre ne compose più ferventi ancora, e volle dirle ordinatamente in nome delle membra del suo corpo, per riparare le negligenze ch'ella credeva d'aver avuto nella recita delle Ore canoniche, nell'Ufficio della Beata Vergine e dei defunti. Volle pure riparare l'imperfezione delle sue virtù, perchè le parve di non aver praticato abbastanza l'amore di Dio e del prossimo, l'umiltà, l'obbedienza, la castità, la concordia, la riconoscenza, l'unione alle gioie e alle pene del prossimo. Credeva pure di dover riparare per le opere di pietà nelle quali le sembrava di essere stata trascurata e specialmente nella lode divina, nello spirito di riconoscenza, nella correzione. della vita e nella meditazione; ella estendeva la, sua intenzione riparatrice alla Chiesa universale.

Geltrude non s'accontentava di recitare, per tali scopi una preghiera sodisfatoria, ma vi aggiunse duecentoventicinque brevi aspirazioni, in nome di tutte le membra del suo corpo, e un Pater con un'Ave dopo ciascuna di esse. Tutte quelle preghiere erano così soavi che, non solo, portavano i cuori a divozione, ma attraevano col loro incanto il Cuore di Dio, Re e Sposo di eterne delizie.

In seguito Geltrude si sforzò di pagare tutti i debiti, secondo le promesse che Gesù, Verità infallibile le aveva fatto. La sua confidenza era invincibile, pure ella non dimenticava mai la sua miseria e, con le suddette preghiere, s'applicava a rendersi meno indegna dei favori ch'ella sperava fermamente di ricevere dalla liberalità di Dio.

Infine Geltrude rilesse, punto per punto la S. Regola, accompagnando ciascuna parola da suppliche ferventi e da profondi sospiri, che supplivano alle sue negligenze, e nobilitavano tutti i suoi atti.

Dopo quei ferventi esercizi, ella concentrò le sue forze fisiche e morali a cose più elevate; ridisse migliaia di volte i versetti che meglio esprimevano l'ardente fervore delle sue brame, per attrarre fino nelle profondità dell'anima Colui che la faceva languire d'amore. Inalzò poi la sua intenzione per quanto le fu possibile, unendosi all'amore e alla gratitudine che le Persone della SS. Trinità si tributano fra loro, facendosi con ciò l'interprete dell'intera creazione.

In seguito ella ridisse ancora, con confidenza, questo versetto che le ritornava continuamente alla memoria: « Desiderate millies! ». E aggiungeva: « Veni jestinans propere - Vieni affrettati! ». « Sitivit anima mea (Sal. XLI). La mia anima è assetata ». « Tuus pi aevalens amor - Il tuo amore prevale » con la preghiera: « O Padre amantissimo ti offro la santa vita ecc. (Vedi Libro II, cap. XXIII: ma là comincia con queste parole: « Tutta penetrata ancora da quel ricordo ecc.). Questa preghiera le era stata ispirata da Dio stesso e gli effetti meravigliosi della medesima, dovevano applicarsi anche a tutti coloro che l'avessero recitata con fede e divozione. Geltrude praticò questo esercizio durante tutta la malattia, senza che l'estremo esaurimento delle forze glielo impedissero. Ogni giorno, fedelmente, offriva riparazioni per i peccati commessi con le membra, del suo corpo, a meno che l'amore non la portasse ad atti più sublimi.

Nell'abbondanza delle delizie, di cui il suo spirito così spesso si nutriva, ella si effondeva in preghiere ed esortazioni così dolci, con le persone che la visitavano, che tutti facevano a gara di servirla, onde gustare i suoi amabili colloqui. Pu appunto questo motivo che indusse molti a pregare Dio perchè prolungasse un'esistenza così preziosa; è fuori di dubbio che Dio, il quale ascolta sempre le preghiere degli umili, le abbia, conservato la vita per accrescere i suoi meriti e per favorire la carità delle Monache.

Ecco i passi dell'inno più sopra citato Desiderate millies

Mi Jesu, quando venies? Me laetum quando facies? De Te- quando me saties? Veni, Veni, Rex optime, Pater immensa¢ gloria¢: Efulge clare laettus: Jam expectamus saepius. Ut mala nostra superes Ut mala nostra supereos Partendo et voti compotes Nos tuo vultu saties.

E tu, mille volte desiderato, O mio Gesù, quando vieni? Quando mi farai felice? Quando potrò in Te saziarmi? Vieni, Vieni o Re dei re, Padre della gloria infinita: Portami la gioia e la luce Che attendo da tanto tempo. Il tenero tuo amore ti spinga a trionfare della nostra malizia: Perdonaci, esaudisci i nostri voti, e saziaci nella vista del tuo Volto.