CAPITOLO XXVII. - APPARECCHIO ALLA MORTE

Geltrude aveva composto un'istruzione assai utile per insegnarci come
pensare devotamente alla morte, almeno una volta all'anno, e prepararci
con fervore a quell'ora così incerta.
Il primo giorno di tale esercizio era consacrato all'ultima malattia,
il secondo alla Confesstone, il terzo all'Estrema Unzione, il quarto
alla Comunione, il quinto alla morte. Ella s'impegnò a praticare quanto
insegnava agli altri, e la domenica che precedeva i cinque giorni del
suo apparecchio, implorò l'assistenza divina nella S. Comunione.
Recitò, in quell'unione che fa dell'anima amante un solo spirito con
Dio, il salmo Quemadmodum (Sal. XLI) con l'inno Jesu nostra redemptio
(inno della festa dell'Ascensione, nella sua forma antica, conservato
nei breviari monastici).
Le disse il Signore: « Vieni a stenderti su di me come il profeta
Eliseo si è steso sul fanciullo che voleva risuscitare ». Elia chiese:
« Come farò? ». Egli rispose: « Applica
le tue mani sulle mie mani, cioè confidami tutte le tue opere. Applica
i tuoi occhi al miei occhi, tutte le tue membra alle mie sacratissime
membra, cioè unisci alle mie sante membra tutte le membra del tuo corpo
coi loro atti, di modo, che, in avvenire, non agiscano che per la mia
gloria, per mia lode e per mio amore ».
Ella obbedì e vide ben tosto uscire dal Cuore di Gesù, come una cintura
d'oro che legava la sua animi al Signore, col vincolo di un
indissolubile amore.
Al momento della S. Comunione, ricordandosi ella che si sarebbe
confessata volentieri. alla vigilia se l'avesse potuto, perchè bramava
il perdono di ogni colpa e negligenza, invocò il Signore il quale fece
uscire da ciascuna delle sue membra dei piccoli arpioni d'oro per
afferrare e racchiudere quell'anima benedetta, con la forza della sua
incomparabile Divinità, così come s'incastona nell'oro una gemma
preziosa.
All'indomani, siccome la sua debolezza cresceva, Geltrude recitò due
volte il salmo Quemadmodum, e l'inno Jesu nostra redemptio, in memoria
dell'unione della Divinità e dell'Umanità, realizzata in Cristo per la
salvezza del mondo. Le parve allora che gli arpioni d'oro, che uscivano
dalle membra di Gesù per imprigionare l'anima sua, fossero raddoppiati.
Al terzo giorno recitò tre volte lo stesso salmo per onorare l'unione
di Cristo con la Trinità sempre adorabile, unione che prepara la nostra
glorificazione; gli arpioni d'oro parvero triplicati. Infine alla
quarta feria, mentre celebrava l'esercizio da lei composto sull'ultima
malattia, con fervida divozione, le parve che la sua anima fosse
immersa nel Cristo, come una perla incastonata nell'oro. Quell'oro
aveva dei rosoni, in forma di foglie di vite, che si curvavano ai
margini della perla, per darle più vivo risalto. Geltrude comprese che
la Passione di Gesù Cristo, in unione della quale aveva offerto al
Signore la sua ultima malattia, rendeva l'anima sua gradita allo
sguardo della SS. Trinità. Nella quinta feria, essendosi messa alla
presenza di Dio, si ricordò i suoi peccati e li espresse sotto forma di
confessione, nell'amarezza del cuore; man mano che li ricordava, la
bontà divina li cancellava, ed essi comparivano come gemme brillanti,
che adornavano i rosoni d'oro di cui abbiamo parlato.
Nella VI feria, mentre faceva l'esercizio dell'Estrema Unzione, il
Signore Gesù parve assisterla con tenerezza grande: dalla profondità
del suo divín Cuore, faceva stillare un liquore che doveva purificare,
con la sua unzione, occhi, orecchie, bocca e le altre membra. Per
accrescerne lo splendore, Gesù le diede, come ornamento, i meriti delle
sue sacratissime membra e le disse: « Confidami il tuo ornamento
nuziale; come madre fedele lo custodirò fino al momento opportuno, e
non permetterò che tu ne offuschi lo splendore, con una sola negligenza».
Ella seguì devotamente tale consiglio, il Signore chiuse nel suo Cuore
sacratissimo quell'ornamento, come in un sicuro forziere.
Il sabato seguente, essendosi ella apparecchiata molto accuratamente
all'ultima S. Comunione, quattro gloriosi Principi della milizia
angelica le apparvero durante la S. Messa, all'Elevazione dell'Ostia,
davanti al trono della divina Maestà, disponendosi uno a destra, e uno
a sinistra, fiancheggiandolo, e circondandolo colle braccia; gli altri
due condussero Geltrude davanti a Gesù, che l'accolse con tenerezza, la
fece riposare sul suo Cuore, poi la coperse Lui stesso col vivificante
sacramento dell'altare, (che teneva fra mano sotto forma di velo), e se
l'unì in una felicità ineffabile.
Alla domenica, la Santa pensò al giorno nel quale renderebbe l'ultimo
respiro, e siccome recitava le preghiere annesse all'esercizio della
buona morte, il dolce Salvatore si degnò apparirle con la solita bontà.
Con la sua mano venerabile benedisse ciascuna delle sue membra, che
dovevano un giorno morire al mondo e ch'ella gli offriva perchè
vivessero, d'allora in poi, unicamente per la sua gloria e il suo
amore. Ricevendo. tale benedizione ciascun membro si trovò segnato con
una croce d'oro, così fortemente impressa che sembrava attraversarlo da
parte a parte. Quelle croci erano d'oro per significare che tutti gli
atti e i movimenti di Geltrude dovevano essere nobilitati dalla virtù
della divina unione: avevano forma di croce perché tutte le macchie che
la fragilità umana le avrebbe fatto contrarre ancora, dovevano essere
cancellate subito in virtù della Passione di Cristo.
All'Elevazione dell'Ostia, mentre offriva a Dio il suo cuore che stava
ormai per lasciare il mondo, domandò al Signore, per la sua santa
Umanità, di rendere pura e liberi da ogni colpa l'anima sua e per la
sua altissima Divinità di ornarla con tutte le virtù. Infine lo pregò
per l'amore che aveva unito la Divinità suprema, alla sua santissima
Umanità, di disporla a ricevere i suoi favori.
Tosto Gesù parve aprire con le due mani il Cuore suo divino, e
applicarlo con ineffabile amore a quello di Geltrude, che si trovava
aperto nello stesso modo davanti a Lui. La fiamma dell'amore divino,
sprigionandosi dalla fornace ardente del Cuore di Gesù, infiammò
talmente quello della Santa, che parve liquefarsi e scorrere nel Cuore
di Dio. Allora, da quei due Cuori, così felicemente uniti uno
all'altro, s'inalzò un albero di meravigliosa bellezza. Il tronco, era
formato da due fusti: uno d'oro, l'altro d'argentó, che si
attorcigliavano mirabilmente come i tralci dì una vite, slanciandosi a
grande altezza. Le foglie di quell'albero brillavano e parevano
illuminate dai raggi del sole: il loro splendore glorificava la
meravigliosa, sempre tranquilla Trinità, procurando delizie ineffabili
a tutta la Corte celeste. Disse Gesù: « Questo albero è spuntato per
l'unione della tua con la mia Volontà! ». Il fusto d'oro
Rappresentava la Divinità, quello d'argento, l'anima unita al Signore.
Mentre Geltrude pregava per le anime che le si erano raccomandate,
quell'albero produceva frutti speciali, che la fiamma dei divino amore
colorava in vermiglio. Quei frutti s'inchinavano spontaneamente verso
coloro per i quali Geltrude pregava, in modo ch'essi potevano coglierli
con divozione e ritrarne grande vantaggio per l'eterna salvezza.
Geltrude, sentendosi poi affranta per la debolezza, si distese sul
letto, dicendo: « Signore, ti offro per la tua gloria il riposo che
prendo, e ti prego di gradirlo come se fosse accordato alle membra
della tua santissima Umanità ». Rispose Gesù: « La virtù della mia Divinità
cancelli le colpe che la fragilità umana ti farà commettere in avvenire».
La Santa chiese poi al Signore se l'avesse chiamata a sè per la
malattia che la faceva allora soffrire. Egli rispose: « Questa malattia ti porrà in
luogo a me più vicino. Un fidanzato, che ha la sua diletta lontana,
arde d'amore per essa: allora per avvicinarla a sè, le manda una
numerosa scorta di cavalieri coi loro servi che portano doni stupendi,
e la rallegrano al suono dei tamburi, delle cetre, facendole corteggio
con apparati lussuosi fino al suo arrivo in un castello vicino al
palazzo. Là, il fidanzato va a trovarla lui stesso, accompagnato dal
suo seguito di valletti, signori, baroni e, con tenero amore, le dona
l'anello di fedeltà, come pegno della sua promessa. Ben presto le dà
l'arrivederci, giacchè ella rimarrà in quel castello fino al giorno
delle nozze nel quale la condurrà alfine, con un magnifico corteggio
d'onore, alla dimora reale. E io, poichè sono il tuo Dio e ti amo con
amore forte e geloso, sono con te, e in te realmente soffro tutti i
dolori del tuo corpo e del tuo cuore: i miei Santi mi accompagnano su
questo cammino regale, e partecipano alla tua grande felicità. I liuti,
i tamburi, i doni che ti offrono in tale viaggio, non sono altro che le
sofferenze e gli incomodi della malattia: strumenti di musica
armoniosa, essi mi risuonano continuamente all'orecchio, mi piegano a
sensi di pietà ed eccitano l'amore del mio divìn Cuore a colmarti di
benefici, per attirarti e unirti sempre più a me. Quando avrai meritato
il posto che ho prefisso per Te, e le tue forze, ormai sfinite, ti
faranno capire che la morte è vicina, allora, davanti a tutti i Santi,
ti darò il bacio soavissimo e l'anello dello sposalizio cioè il
sacramento dell'Estrema Unzione. Esso sarà un bacio perchè in te
diffonderò veramente l'unzione, con la dolcezza del mio soffio divino;
tale unzione penetrerà in modo così intimo l'anima tua, che nessun
pulviscolo di colpa, o di negligenza che potrebbe distogliere da te il
mio sguardo non potrà più sfiorarti. Più tu affretterai il momento
dell'Estrema Unzione e più la tua felicità sarà grande. In tale stato
tu sarai a me così vicina, che quando mi disporrò a condurti nel mio
eterno regno, ne sarai interiormente avvertita, a motivo appunto di
tale prossimità, e tutto il tuo essere trasalirà di allegrezza
nell'attesa della mia venuta. Io verrò raggiante di gioia, e
prendendoti nelle mie braccia, ti farò attraversare il torrente della
morte temporale, per condurti, immergerti e assorbirti nell'oceano
della mia Divinità, ove, diventata uno stesso spirito con me, regnerai
nei secoli dei secoli. Sarà appunto allora che, in ricambio delle dolci
armonie che le tue sofferenze mi avevano fatto gustare durante la
malattia, la musica celeste risuonerà al tuo orecchio. Tu dividerai le
delizie che la mia Umanità gode ora, in compenso dei dolori sofferti in
terra per la salvezza degli uomini».
E Gesù aggiunse: «
L'anima che desidera essere confortata in punto di morte con tali
grazie, deve aver cura di rivestirsi ogni giorno di abiti magnifici,
cioè d'imitare le opere della mia santissima vita; deve salire sul
carro del corpo, e lasciarsi guidare in tutto dalla grazia; sforzarsi
di soggiogare la natura e porre nelle mie mani le redini del corsiero,
cioè affidarmi la direttiva della volontà, credendo, con fiducia che la
mia bontà saprà condurla paternamente al vero bene. Non mancherà
d'offrire per la mia gloria tutti i suoi dolori, e io in ricambio,
l'ingemmerò di perle preziose e di vari ornamenti. Se, per l'umana
fragilità, riprenderà talora le redini che m'aveva affidate, per
seguire la sua volontà, cercherà di cancellare con la penitenza tale
colpa, rimettendo di nuovo la sua volontà fra le mie mani. Allora sarà
ricevuta dalla destra della mia misericordia, che la guiderà con onore
al regno dell'etema luce».
La domenica seguente, mentre Geltrude celebrava la gioiosa festa del
suo prossimo transito, che l'avrebbe ammessa alla presenza della SS.
Trinità, si mise a contemplare, in una specie di estasi, i meriti e i
gaudi di ciascun ordine degli Angeli e dei Santi, trovando ineffabili
delizie nel considerare i beni di cui sono colmati, ringraziando a nome
loro dall'intimo del cuore. Ella lodò pure il Signore, per l'onore,
grazia e gloria di cui ha arricchito la Vergine Maria; nè mancò di
supplicare la stessa Madre celeste perchè si degnasse, per amore di
Gesù, supplire alla sua indigenza, offrendo per essa al Signore tutte
le virtù della sua anima verginale, che erano state a Lui più gradite.
Allora la Regina del cielo, spinta da questa supplica, offerse a Gesù
la sua castità verginale, quasi manto di splendente candore; la sua
dolce umiltà sotto forma di una tunica verde; il suo fedelissimo amore,
sotto quello di un paludamente purpureo.
Il Salvatore rivestì Geltrude di quelle virtù, e tutti i Santi, rapiti
di vederla così meravigliosamente adorna, si alzarono chiedendo a Dio
di diffondere su di lei tutte le grazie che loro stessi avrebbero
ricevuto, se si fossero convenientemente preparati.
Gesù alla nobile preghiera degli eletti, pose sul petto della sua Sposa
una magnifica collana, adorna di preziosissime gemme: ciascuna di esse
pareva assorbire le grazie che gli eletti non avevano potuto ricevere
per difetto di preparazione. Non bisogna però concludere che una sola
persona possa essere arricchita dei favori che le altre hanno
trascurato, ma solo capire come la riconoscenza prepari un'anima a
ricevere, in una certa misura, le grazie di cui altre non hanno voluto
approfittare.