CAPITOLO IX. - SI PARLA DELLE ANIME DI G. E DI S. CHE IL SIGNORE COLMO' DELLE SUE GRAZIE

Secondo la S. Scrittura, ciascuno sarà punito nel modo con cui ha
peccato e ciascuno sarà ricompensato secondo avrà ben agito e ben
sofferto. A profitto del lettore, aggiungiamo quanto segue.
Nel Monastero vi furono due malate contemporaneamente. Una così
evidentemente affetta da etisia, che venne circondata, com'era
conveniente, da ogni sollecitudine.
L'altra, avendo una malattia non ben definita e meno grave, non fu
curata con la stessa premura.
Ma, essendo assai spesso falso il giudizio umano, avvenne che
quest'ultima; della quale si sperava la guarigione, morì un mese prima
dell'altra. Al termine dei suoi giorni, ella si era santificata, in
pazienza grande e acceso fervore, ma non era ancora perfettamente pura;
perciò l'infinita tenerezza del nostro amorosissimo Signore, che non
può soffrire ombra di macchia in una Sposa, volle purificarla della
poca premura che aveva avuto nel ricevere il Sacramento della
Confessione.
Infatti non sentendosi colpevole di peccato grave, ella aveva
trascurato di farsi assolvere dal Sacerdote, per togliere dall'anima
quella polvere di venialità, che è inerente alla fragile natura umana.
Talvolta aveva perfino simulato di dormire, quando arrivava il
Sacerdote, per non ricevere tale Sacramento.
Ecco come il fedelissimo Amico delle anime la purificò; nel momento in
cui stava per entrare con gioia nella camera nuziale dell'eternità.
Appena ella ebbe chiesto ansiosamente il confessore perdette l'uso
della parola. Lo spavento che provò al pensiero di dovere, dopo morta,
espiare le colpe che non poteva confessare, bastò a purificare la sua
anima. Allora tutta bella e immacolata, quell'anima diletta da Dio, si
svincolò dalla prigione del corpo per entrare, raggiante di gloria
incomparabile, nel palazzo celeste. Tale entrata in cielo diede luogo a
molte rivelazioni: noi ne citeremo soltanto una per l'edificazione del
lettore.
Quando quell'anima arrivò davanti al trono di gloria, il Signore volle,
con privilegio particolare, disporla Lui stesso a ricevere ciascuna
ricompensa, che voleva accordarle; si mostrò simile a una tenera madre
che colma di carezze il bimbo malato, per fargli accettare la medicina
che deve guarirlo. Il Signore agiva in tal modo per ricompensare la
pena che aveva provato talora vedendo che, mentre si usava ogni
delicatezza alla consorella malata, non si aveva punto riguardo per lei.
Gesù chiese allora a quell'anima beata: « Dimmi, figlia mia, che vuoi che
faccia per la tua compagna? Quale consolazione brami che le prodighi?
Sulla terra ella poteva scegliere il cibo che più gradiva e tu, che ne
avresti desiderato un altro, ti adattavi alla sua scelta. Adesso lascio
a te la scelta della consolazione e dei benefici che intendo accordarle
a Ella rispose: « O mio dolcissimo Gesù, dalle tutto
quello chi accordi a me stessa, perchè non so immaginare niente di
migliore». E il Signore l'assicurò, con bontà, che l'avrebbe
accontentata.
Un mese dopo morì l'altra consorella che apparve in una luce
meravigliosa di bellezza, all'indomani della sua morte. Quello
splendore le conveniva perchè, durante tutta la vita, era stata ricca
d'innocente semplicità, sempre intesa alla fervente osservanza della S.
Regola.
Le restava però ancora una macchia perchè, come dicemmo, durante la
malattia si era compiaciuta in qualche superfluità e dei piccoli doni,
gentilezze e conforti che le Suore le avevano prodigato.
Ecco come venne purificata. Sembrava stare alla porta del cielo,
rivolta verso il Re di gloria, che a lei si manifestava nella sua
incomparabile avvenenza, dolce ed amabile al di là di ogni umana
espressione.
Egli attirava l'anima che pareva venir meno per il desiderio di
incontrare Lui; ma non poteva giungervi, perchè ritenuta alla soglia da
chiodi che trattenevano a terra i suoi abiti, simbolo delle mancanze
leggere che aveva commesse durante la malattia.
Geltrude, favorita da questa visione, commossa di pietà, pregò per la
defunta, e la divina clemenza la liberò da quegli ostacoli.
Geltrude chiese al Signore: « La cara defunta ha fra di noi molte
persone amiche; come mai furono le sole mie preghiere che l'hanno
liberata? Chissà quanti avranno pregato per lei, fidenti nella tua
misericordia ». Rispose il Salvatore: « Ho accolto tutte le suppliche
che mi si rivolsero per la mia diletta Sposa; nella mia infinita bontà
ho risposto oltre le speranze di chi mi pregava. Però, non avendo
svelato l'ostacolo che mostrai a te, nessuno mi ha pregato di toglierlo
».
E Geltrude: « Tu hai affermato, mio amorosissimo Gesù, che avresti dato
a quest'anima lo stesso bene che hai concesso alla consorella che l'ha
preceduta; come ciò può avvenire? La prima ti ha servito più a lungo
nella religione, ella esercitò maggiori virtù, infine è a te salita
senza ostacolo alcuno, in una pienezza maggiore di gloria ». « La mia giustizia non muta
» affermò il Signore. « Ciascuno riceve il premio dovuto al suo lavoro,
nè capiterà giammai che colui che ha meritato meno, riceva di più di
chi ha maggiormente faticato; però può darsi che certe circostanze
aumentino il pregio degli atti, per esempio un'intenzione più retta,
una lotta più intensa, una carità più ardente. La mia bontà poi
aggiunge sempre qualche cosa alla ricompensa dovuta a ciascuno. Talora
anche le preghiere dei fedeli, o altre circostanze meritorie, fanno,
sentire la loro influenza. Secondo queste regole ho uguagliato le due
defunte, pur rimunerandole secondo i loro meriti».
Per renderci sempre più convinti che bisogna veramente temere qualsiasi
attacco alle cose della terra, quell'anima beata pareva ancora
trattenuta da qualche ostacolo. Sembrava infatti a Geltrude che ella si
tenesse davanti al trono di Dio con lo stesso desiderio di andare a
Lui, proprio come quando era fissata alla porta dai chiodi: avrebbe
voluto precipitarsi fra le braccia del suo Diletto e godere gli
amplessi di quello Sposo più bello di tutti i figlioli degli uomini
«che gli angeli desiderano contemplare: in quem desiderant Angeli
prospicere » (I Pet. 1, 12), ma vi era ai suoi piedi un ostacolo che
non riusciva a sormontare.
Poco dopo esso venne tolto, eppure l'anima non poteva ancora gustare
una gloria completa! Il Signore teneva in mano una corona di ricchezza
meravigliosa, e la defunta non avrebbe avuto delizia piena, se non dopo
di averla ricevuta.
Geltrude chiese: « Come va, o Gesù mio, che nel tuo stesso regno,
un'anima può essere torturata da una simile attesa? ». « Non è
torturata - rispose - ella attende la sua perfetta glorificazione come
una giovinetta la vigilia di una festa, che vede con gioia nelle mani
della mamma gli ornamenti con cui si adornerà il giorno seguente ».
Quell'anima in seguito gettò uno sguardo su Geltrude che aveva pregato
per lei e la ringraziò con grande tenerezza. Geltrude disse: « Tu mi
avevi sempre amata; però nell'ultima malattia non hai preso volentieri
gli avvisi che ti davo ». « E' vero - rispose l'anima - e le tue
preghiere mi sono state più utili, perchè le hai fatte unicamente per
la carità e l'amore di Dio ».