Sotto il Tuo Manto

Venerdi, 13 giugno 2025 - Sant´Antonio da Padova (Letture di oggi)

Ah, se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola fra loro, Teresa! Non una dispererebbe d'arrivare alla vetta della montagna d'amore, poiché Gesù non chiede grandi azioni, bensì soltanto l'abbandono e la riconoscenza. (Santa Teresina di Lisieux)

CAPITOLO LIX. - NELLA DEDICAZIONE DELLA CAPPELLA


La consacrazione della cappella era stata compiuta. Mentre a Mattutino si cantava il Responsorio: Vidi Civitatem, il Signore apparve in abita pontificale, seduto sul trono episcopale, addossato al muro, col viso rivolto verso l'altare. Aveva gli abiti raccolti intorno alla persona, come se avesse scelto quel luogo per stabilirvi la sua dimora.

Geltrude notò che il Signore era assai lontano dal luogo dove ella pregava e con ardenti desideri cercava di attirarlo vicino. Ma Egli le disse: « Io sono Colui che riempie il cielo e la terra; quanto maggiormente riempirò questa piccola casa! Non sai tu che l'arcere fissa più attentamente il punto d'arrivo della freccia, che quello di partenza? Sappi che trovo minor amore là dove sono corporalmente, che là dove l'occhio della mia divinità può riposarsi nel tesoro di un'anima amante ».

Allora, meraviglia!, nonostante la distanza, toccò l'altare come se fosse stato vicino, e disse: « E' qui ed è là! ». « Colui che cerca sinceramente la grazia mi troverà nei miei benefici; colui che cerca fedelmente il mio amore, mi riconoscerà nelle profondità della sua anima! ». Queste parole fecero comprendere a Geltrude che c'è grande differenza fra coloro che cercano il benessere del corpo, e la salvezza dell'anima secondo le brame della loro volontà, e quelli che si abbandonano con fiducia incondizionata alle cure provvidenziali del divino amore.

Durante la S. Messa, mentre si cantava « Domus mea, domus orationis vocabitur - La mia casa sarà chiamata casa di preghiera » il Signore posò la mano sul suo Cuore e disse con tenerezza: « Sì, lo proclamo: 'In mea omnis qui petit, accipit - Tutti coloro che in essa domandano, riceveranno'». Poi levò le braccia, stese la mano in mezzo al tempio e stette in quell'atteggiamento, come per mostrare che continue grazie sarebbero scese da quella Mano benedetta.

Durante la settimana, mentre all'antifona del Benedictus si cantavano le parole: « Fundamenta templi » gli spiriti celesti apparvero sulle cornici della Chiesa. Bellissimi, riccamente vestiti, deputati alla custodia del tempio, per fugarne i nemici. Sfiorandosi a vicenda con le ali d'oro, facevano risuonare una dolce melodia in onore della Divinità. Essi discendevano alternativamente dalla sommità al basso dell'edificio, per mostrare con quale tenerezza occupavano quel luogo, vigilando i loro futuri concittadini, per preservarli dal male.

Nella festa della dedicazione di quella Cappella, Geltrude, quantunque obbligata a letto, si sforzò di recitare il Mattutino come aveva fatto anni addietro, per una speciale grazia del Signore. Bramava che i nove cori angelici venissero a supplire alle sue deficienze, rendendo a Dio degne lodi e fervorosi ringraziamenti.

Sarebbe troppo lungo descrivere le delizie gustate dalla Santa. Ella vide un fiume le cui acque limpide, lievemente increspate, si diffondevano nell'immensità dei cieli. La luce divina, simile a fulgentissimo sole, si rispecchiava in quelle acque, sì che le mille ondulazioni brillavano come astri. Quel fiume simboleggiava la grazia della divozione, che le era stata elargita dal Signore con tanta abbondanza; la ondulazione delle acque voleva significare la varietà dei pensieri ch'ella si sforzava di volgere a Dio.

Il Re della gloria s'inchinò, immerse nel fiume un calice d'oro e lo ritrasse colmo, per darlo da bere a' suoi Santi. Essi, dopo d'avervi attinto un rinnovamento di gioie e di delizie, cantarono lodi e ringraziamenti per i favori accordati a Geltrude dal distributore di ogni bene. Dal fondo, del calice uscivano delle cannule d'oro, che si dirigevano verso quelle anime caritatevoli, le quali, con grande bontà, si erano sacrificate perchè la Santa potesse liberamente servire Dio; altre cannule si dirigevano verso le anime che, con speciale fervore, si erano raccomandate alle sue preghiere.

Geltrude disse a Gesù: « A che serve che io veda e comprenda tutte queste cose, se poi tali care anime non le capiscono affatto? ».

Rispose Gesù: « E' forse inutile che un previdente padre di famiglia raccolga nelle sue cantine del buon vino, sotto pretesto che non può berlo ad ogni istante? Avendolo alla mano quando gli occorre, potrà berne a piacimento. Così quando, pregato dai miei eletti, accordo grazie ad altre anime, esse non sentono subito il gusto della divozione; tuttavia è certo che, a tempo opportuno, esperimenteranno il benefico influsso della mia carità.

Si racconta di una S. Messa che il Signore Gesù celebrò in cielo per una Santa Vergine chiamata Trude, mentre ella viveva in terra.

Era la domenica Gaudete in Domino, terza d'Avvento Geltrude, dovendo comunicarsi, lamentava tristemente di non poter assistere alla S. Messa.. Gesù ebbe compassione della sua Sposa e, consolandola teneramente, le disse: « Vuoi tu, o mia diletta, che io stesso canti per te la S. Messa? ». Rispose Geltrude: « Oh, sì, dolcezza suprema dell'anima mia, te ne supplico, fammi questo immenso favore! ». « E quale Messa desideri ascoltare? » chiese il Signore. « Quella, Gesù, che Tu stesso brami cantare ». « Vuoi forse la Messa in medio Ecclesiae? » (Messa di S. Giovanni evangelista). « No » rispose Geltrude. E siccome Egli le proponeva parecchie altre Messe che Geltrude non accettava, le chiese infine se bramasse ascoltare la Messa Dominus dixit (la Messa di mezzanotte del S. Natale), ma la Santa rifiutò ancora.

Allora Gesù insistette con dolcezza, dicendole: «Potrei a ogni parola dell'Introito darti illustrazioni interiori che ti consolerebbero meravigliosamente ».

Mentre Geltrude chiedeva come mai ciò sarebbe avvenuto, essendo le parole di quell'introito adatte solo al Figlio di Dio, il Signore, con i suoi Santi, intonò ad alta voce l'Introito della domenica corrente, dicendo: « Gaudete in Domino, semper - Rallegratevi sempre nel Signore », eccitandola a rallegrarsi ed a porre in Lui ogni sua gioia. Poi s'assise sul trono della sua maestà regale, e la vergine, prostrandosi, baciò con tenerezza i suoi piedi.

Intonò poi a voce chiara: Kyrie eleison e due principi illustri, dell'ordine dei Troni, vennero a prendere la Vergine per condurla davanti al Padre celeste. Ella si prostrò con la faccia e terra, adorandolo profondamente. Il Padre, al primo kyrie, le rimise misericordiosamente ogni peccato commesso: per fragilità. Dopo di che due Angeli la rialzarono sulle ginocchia, e col secondo kyrie meritò di ricevere il perdono delle colpe d'ignoranza. Gli Angeli la rizzarono quindi completamente in piedi; ma ella si chinò per baciare le orme dei passi di Gesù, e ricevette la remissione di tutti i peccati commessi con malizia. Ed ecco giungerei due dignitari dell'ordine dei Serafini, i quali, ponendosi si fianchi della Vergine, le fecero scorta fino al Salvatore Gesù, che l'accolse con teneri amplessi, serrandola al suo divin Cuore.

Geltrude allora con fervente desiderio, attrasse a sè tutti i diletti prodotti dalle tenerezze degli uomini, e al primo Christe eleison li prese nel suo cuore, per poi deporli nel Cuore divino, come nella vera sorgente da cui procedono tutte le delizie create. Allora avvenne come una mirabile fusione di Dio nell'anima e dell'anima in Dio, in modo che, durante il suono delle note discendenti, il Cuore divino scorrever nell'anima, e durante quello delle note ascendenti, l'anima risaliva deliziosamente verso Dio.

Al secondo Christe eleison la Vergine raccolse in sè tutte le dolcezze gustate negli umani amplessi, e le offrì al suo unico Diletto, con un soave bacio, deposto su quelle sacre labbra che distillano il miele. Al terzo Chriate eleison, il Figlio di Dio, estendendo le mani, unì il frutto della sua santissima vita alle opere della sua diletta sposa.

Infine due principi elevatissimi del coro dei Serafini s'avvicinarono per prendere Geltrude e presentarla, con riverenza, allo Spirito Santo che penetrò tosto nelle sue tre potenze.

Col primo Kyrie eleison, diffuse nell'intelligenza lo splendore della Divinità, perché conoscesse in tutte le cose la sua adorabile Volontà.

Al secondo Kyrie eleison, fortificò l'appetito irascibile perchè resistesse agli agguati del nemico, trionfando da ogni male. All'ultimo Kyrie eleison, infiammò l'appetito concupiscibile per farle amare ardentemente Dia con tutta il cuore, con tutta l'anima, con tutta le forze,

I Serafini, cioè gli Angeli del primo coro, condussero quell'anima dallo Spirito Santo, i Troni, la guidarono a Dio Padre, i Cherubini al Figlio, per dimostrare che una è la Divinità del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, uguale la loro gloria, coeterna la, loro maestà, e che in una Trinità perfetta, Dio vive e regna nei secoli de' secoli.

Il Figlio di Dio, alzandosi allora dal suo trono regale, si volse verso Dio Padre, e intonò con voce soavissima: Gloria in excelsis Deo. Con la parola Gloria esaltava l'immensa e incomprensibile onnipotenza di Dio Padre. Con le parole in excelsis, (che parve assorbire in se stesso), lodava la sua inesauribile e inenarrabile sapienza. Infine, alla parola Deo, rese omaggio all'infinita bontà dello Spirito Santo. Tutta la Corte celeste continuò, con voce melodiosa: et in terra pax hominibus bonae voluntatis.

:Il Figlio di Dio s'assise nuovamente sul trono. L'anima, prostata ai suoi piedi, era tutta immersa nella cognizione del suo nulla e nel disprezzo di se stessa, il Signore s'inchinò verso di lei con bontà e l'attrasse con un gesto delicatissimo della sua venerabile mano. Geltrude allora si levò e, ritta davanti a Gesù, venne illuminata dal riflesso del divino splendore. Due principi dell'ordine dei Troni portarono un seggio squisitamente adorno, lo deposero davanti al Signore e stettero con somma riverenza. Due principi del coro dei Serafini collocarono l'anima su quel trono, e si diressero uno a destra, l'altro a sinistra.

Due gloriosi Cherubini, con fiaccole accese, stettero dar vanti all'anima gloriosamente assisa di fronte al suo Diletto, brillante sotto la porpora regale, del suo stesso splendore.

Quando la Corte celeste, continuando il canto, giunse alle parole che si rivolgono e Dio Padre: Domine Deus, Rex Coelestis, tacque, e il Figlio di Dio cantò solo la lode e la gloria del Padre.

Dopo il Gloria in excelsis Deo, Gesù, Sommo Sacerdote, si alzò e, salutando l'anima le cantò questa dolce melodia: « Dominus vobiscum, diletta ». Ella rispose: « Et spiritus meus tecum, Praedilecte! ».

Il Salvatore fece un inchino di riconoscenza, e felicitò la sua amatissima; Sposa così ben preparata, tanto che il suo spirito aveva acquistato la capacità di unirsi alla Divinità, le cui delizie sono di stare coi figli degli uomini.

In seguito il Signore lesse la Colletta: « Deus qui hanc sacratissimam noctem veri luminis illustrazione fecisti etc. - O Dio che hai illuminato questa sacratissima notte » (Colletta della S. Messa natalizia di mezzanotte), che concluse così: « per Jesum Christum Filium tuum » come per ringraziare Dio Padre della luce che aveva fatto brillare in Geltrude la cui miseria - espressa nella parola noctem - era chiamata tuttavia sacratissima notte, perchè nobilitata e santificata dalla conoscenza della propria infermità.

Allora il discepolo S. Giovanni si levò, raggiante di grazia e di giovinezza, glorificandosi di essersi riposato sul petto di Cristo. I suoi abiti erano gialli, cosparsi di aquile d'oro. Ponendosi fra lo Sposo e la Sposa, cioè fra Dio e l'anima, sì che da una parte aveva Gesù, dall'altra Geltrude, cantò l'Epistola dicendo: « Haec est sponsa ». L'assemblea dei Santi concluse: « ipsi gloria in saecula ».

Cantarono poi tutti insieme il Graduale: Specie tua et pulchritudine tua col versetto Audi, Filia, et vide (Comune delle Vergini). All'intonarsi dell'Alleluia, Paolo, l'illustre dottore, segnò a dito Geltrude esclamando: « Aemulor enim vos », il corteo dei Santi continuò il testo e cantò in seguito la sequenza: Exultent iliae Sion (festa delle Vergini), in onore di Geltrude, che, da quei canti, ritrasse meravigliose e consolanti illustrazioni interiori.

Mentre si cantava nella sequenza: « Dum non consentiret, sed illi resisterei, vincere qui solei tentatos, si non repugnet », Geltrude si ricordò delle sue negligenze nel resistere alle tentazioni, e voleva nascondere il volto, per sentimento di vergogna, ma Gesù, castissimo Amante, non potè sopportare la confusione della sua Sposa, e nascose lei sue negligenze sotto un gioiello d'oro, meravigliosamente cesellato, per significare la trionfante vittoria riportata negli attacchi del nemico. In seguito un altro Evangelista si avanzò per cantare il Vangelo: « Exultavit Dominus Jesus in Spiritu Saneto - Il Signore Gesù esultò nello Spirito Santo » (Luc. X, 21). A quelle parole Dio che è carità, eccitato dagli slanci di un amore senza misura e venendo meno, per così dire, sotto i torrenti delle sue divine voluttà, si alzò e con le mani tese, cantò melodiosamente le parole seguenti: « Con f teor tibi, Pater coeli et terrae », per ricordare all'Eterno Genitore con qual fervore riconoscente Egli aveva su la terra pronunciato le stesse parole. Ad ogni motto Egli ringraziava per i benefici passati e futuri, accordati a Geltrude, che assisteva alla S. Messa.

Terminato il Vangelo, Gesù fece cenno alla Santa di fare professione pubblica della sua fede cattolica, in nome della Chiesa, cantando: « Credo in unum Deum ». Poi, il coro dei Santi intonò l'Offertorio: « Domine Deus in simplicitate - Signore Dio, nella semplicità, ecc. » (Offertorio della Dedicazione della Chiesa) aggiungendo: « Sanctificavit Moyses » (Offertorio della XVIII Domenica dopo Pentecoste). Durante quel canto, il Cuore di Gesù, parve uscire dal petto, simile ad un altare d'oro, che brillava come fuoco ardente.

Allora gli Angeli, incaricati di custodire gli uomini, in volo vennero ad offrire, con gaudio immenso, sull'altare di quell'adorabile Cuore, degli uccelli vivi che simboleggiavano tutte le buone opere e le preghiero di coloro di cui erano i custodi.

I Santi offrirono i loro meriti al Signore su quell'altare, per la sua eterna gloria e la salvezza di Geltrude. Infine giunse un principe magnifico: era l'angelo custode della Santa. Portava un calice d'oro che offerse sull'altare del divin Cuore: quel calice conteneva le tribolazioni, le avversità, i dolori che Geltrude aveva sopportato fin dall'infanzia, nel corpo e nell'anima. Il Signore benedisse quel calice col segno della croce, come fa il Sacerdote quando consacra l'Ostia. Poi intonò, con voce melodiosa: « Sursum cordai ». Tutti i Santi, animati da quell'invito, s'avvicinarono e inalzarono i cuori sotto forma di tubi dorati fino all'altare del Cuore divino per raccogliere, ad aumento delle loro gioie, dei loro meriti e della loro gloria, qualche goccia del calice traboccante, benedetto dal Signore con tanto amore.

In seguito, il Figlio dell'Altissimo, cantò con intenso fervore, e con tutta la potenza della sua Divinità: Gratias agamus e: Vere dignum - a lode e gloria di Dio Padre, ed in ringraziamento di tutti i benefici passati e futuri accordati alla sua eletta. Dopo le parole del Prefazio: per Jesum Christum, Egli tacque; la Corte celeste proseguì con riverente giubilo: Dominum nostrum, come se avesse voluto giocondamente proclamare che Lui solo era il Signore Dio, Creatore e Redentore, generoso distributore di tutti i beni, a cui solo appartiene onore, gloria, lode, giubilo, potenza, impero e l'obbedienza di tutte le creature.

Quando cantò: per quem majestatem tuam laudant angeli, gli spiriti angelici agitarono le ali in un sussulto di felicità e batterono le mani, quasi per provocare la Corte celeste alla lode divina. Alle parole: adorant Dominationes, il coro cadde in ginocchio, adorò il Signore, confessando che davanti a Lui deve inchinarsi tutto quanto si trova in cielo, in terra e negli inferni,

Alle parole: tremunt Potestates, l'ordine delle potestà si prostrò tosto, col volto ai terra, per attestare che solo Dio deve essere adorato da tutte le creature. Dicendo: a Coeli, coelorumque Virtutes ac beata seraphim », i Serafini si unirono ai cori degli Angeli per celebrare il Signore con canti di dolcezza e melodia incomparabili. La milizia dei Sati aggiunse con soave letizia: Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas deprecamur.

In seguito la fulgida rosa della celeste aiuola, la Vergine Maria, benedetta al di sopra di tutte le creature, s'avanzò intonando con voce dolcissima: Sanctus, Sanctus, Sanctus, per esaltare con riconoscenza" con questa parola ripetuta tre volte, l'Onnipotenza incomprensibile, l'inesauribile Sapienza e la dolcissima Bontà della suprema, indivisibile Trinità. Ella provocava, in un certo senso, la Corte celeste a felicitarla perché, essendo l'immagine perfettissima di Dio, era dopo il Padre, il riflesso della sua Onnipotenza, dopo il Figlio, il riflesso della sua Sapienza, dopo lo Spirito Santo, quello della sua Bontà.

I Santi continuarono ancora: Dominus Deus Sabaoth: allora il Signore Gesù, vero Sacerdote e Pontefice supremo, si alzò dal suo regale trono e presentò con le mani aperte, a Dio Padre, il suo sacratissimo Cuore, sotto la forma di aureo altare, come più sopra abbiamo detto. Egli s'immolò per la sua Chiesa, in un modo così ineffabile e così nobile, da non poter essere compreso e penetrato da nessuna creatura.

Mentre il Figlio di Dia offriva al Padre il suo Cuore, 1a campana della chiesa squillava per annunciare l'Elevazione dell'Ostia; fu quindi nello stesso istante che il Salvatore operò in cielo quello che si verificava in terra, per mezzo del Sacerdote. Geltrude però ignorava quale ora fosse come pure quello che si cantava alla S. Messa in quel momento.

Mentre ella si deliziava nell'ammirazione di quanto avveniva davanti a lei, il Signore le fece segno di recitare il Pater noster, unendosi alla lunga preparazione d'amore che questa preghiera aveva subito nel suo Cuore, prima che fosse palesata al mondo con tanta tenerezza.

Il Salvatore accolse favorevolmente quei Pater, e lo diede agli Angeli e ai Santi per disporlo secondo il loro desiderio e procurare per suo mezzo, alla Chiesa ed ai defunti quanto una preghiera ha possibilità di ottenere.

Il Signore invitò nuovamente Geltrude a pregarlo per la Chiesa, e siccome ella lo supplicava per tutti gli uomini in generale e ciascuno in particolare, Egli unì tale preghiera alle azioni della sua Umanità e la comunicò alla Chiesa universale; dicendo: « Le suppliche che tu mi hai offerte con l'intenzione che portino vantaggio a tutta lai Chiesa, saranno per essa la salvezza delle salvezze, cioè la più abbondante salvezza che si possa immaginare, così come si dice nel Cantico dei cantici.

Geltrude chiese: « O Signore, come sarà ora il banchetto? ». E Gesù con tenerezza: « Non solo le orecchie del cuore te lo faranno comprendere, ma lo gusterai nell'intimo dell'anima tua ». E chiamandola a sè, la serrò al suo Cuore vino, accordandole parecchie volte il suo bacio celestiale, colmandola talmente delle effusioni della sua Divinità da formare come una sola cosa con lei, con tutto il cumulo di felicità che è possibile gustare in questa vita. Fu appunto in tale ineffabile unione, che gli si diede in cibo alla sua diletta Sposa.

Quando l'ebbe comunicata, il Cantore sommo, o meglio l'Amante, geloso di coloro che gli predilige, cantò con voce penetrante: a Ecce quod concupivi, jam video: quod speravi, lam terreo; illi sum junctus in spiritu, quam in terris, positus toto devoti dilexi - Ecco che vedo quanto ho desiderato, tengo quanto ho sperato, sono unito a colui che sulla terra ho amato senza riserva» (Antifona del Pontificale romano, lievemente modificata).

Con quelle parole a in terris positus,» affermò altamente che tutte le fatiche, le tribolazioni, le sofferenze che aveva sopportate in terra le avrebbe sofferte volentieri anche per quella sola anima e sarebbe stato felice che la sua santa Vita, Passione, Morte, non avessero prodotto altro risultato, tanto era deliziosa l'unione che aveva gustato con quell'anima.

O dolcezza incomparabile della divina accondiscendenza che brama così ardentemente di trovare le sue delizie nell'anima, tanto che l'unione con una sola creatura sembra ripagare gli atroci tormenti della Passione e morte di un Dio, quantunque una sola goccia del divin Sangue basterebbe per salvare il mondo intero!

In seguito il Signore intonò: Gaudete justi (Comune dei Martiri), e tutta la corte celeste continue il canto per congratularsi con Geltrude. Dopo l'antifona, Gesù recitò l'ultima orazione in nome della Chiesa militante: « Refecti cibo potuque coelesti, Deus noster, te supplices exoramus, ut in cujus haec commemoratione percepimus, ejus maniamur et precibus. Per Jesum Christum. - Saziati da cibo e bevanda celesti, noi ti supplichiamo, o Dio, di permettere che siamo protetti dalle preghiere di colui, in memoria del quale abbiamo ricevuto questo nutrimento divino ».

Il Signore salutò allora tutti i Santi, cantò Dominus vobiscum e, in vista della perfetta unione contratta con la Santa, mise il colmo ai meriti, alla gioia, alla gloria dei beati del cielo.

Invece dell'Ite Missa est, i cori dei santi Angeli cantaròno, con voce sonora, in lode e gloria della SS. Trinità, risplendente e ognora tranquilla, l'inno: Te decet laus ei honor Domine.

Il Figlio di Dio stese la mano regale e benedisse Geltrude, dicendo : « Io ti benedico, figlia dell'eterna luce, in modo che tutti coloro ai quali tu implorerai per speciale affetto, un bene qualunque, saranno più felici degli altri; come Giacobbe ebbe una felicità più grande di quella dei fratelli, per la benedizione del suo padre Isacco ».

Geltrude, ritornata in sè, si senti unita al suo Diletto, nelle profondità dell'essere, in modo indissolubile.