CAPITOLO LII. - DIGNITA' DELLA SANTA CROCE

Nel giorno dell'Esaltazione della santa Croce; mentre Geltrude
s'inchinava per onorare il sacro legno, Gesù le disse: «Vedi come onoro questa Croce,
eppure non vi fui sospeso che dall'ora di Sesta a quella del Vespro!
Capisci da ciò come ricompenserò i cuori nei quali ho riposato anni
interi». Rispose la Santa: «Ahimè, Signore, ben poche
delizie ti ho procurato nel mio cuore! ». E Gesù: « Provai forse
delizie su questo duro legno? Ma io l'onoro perchè nella mia gratuita
bontà, l'ho scelto a preferenza di altro: così coloro che dalla stessa
mia bontà furono scelti, saranno da me largamente ricompensati».
Mentre assisteva alla S. Messa, il Signore si degnò di istruirla: « Mira, o figlia, quali esempi
propongo ai miei eletti, in questi onori resi alla croce: innalzo la
croce, la corona di spine, la lancia che servirono per il mio
supplizio, a dignità maggiore degli altri oggetti creati che hanno
servito per le necessità della mia vita, per esempio dei recipienti nei
quali fui lavato durante l'infanzia ecc. Desidero che coloro che amo
imitino tale condotta, cioè che, per la mia gloria e per loro personale
vantaggio, mostrino un'affezione più grande ai loro nemici che agli
amici; ne ritrarranno profitto incomparabilmente maggiore. Se talora
poi, essendo offèsi, dimenticano al momento di rendere bene per male, e
soltanto più tardi si sforzano di rispondere alle offese coi benefici,
non saranno per questo meno graditi al mio sguardo, perché Io stesso ho
lasciato per qualche tempo la croce nascosta sotto terra per esaltarla
poi in seguito »; ed aggiunse: « Amo tanto la Croce soprattutto
perchè fu lo strumento con il quale raggiunsi l'oggetto dei miei più
ardenti desideri: la redenzione del genere umano! Così i miei devoti
serbano particolare affezione per i luoghi e per i giorni nei quali
hanno meritato di ricevere più abbondantemente la mia grazia ».
Siccome Geltrude cercava con gran desiderio di procurarsi qualche
reliquia della Santa Croce sì cara a Gesù, bramando di onorarla per
attrarre maggiormente la tenerezza del Salvatore, sentì dirsi dal
diletto suo Sposo: « Se vuoi avere delle reliquie che possano rivolgere
amorosamente il mio Cuore verso coloro che le posseggono, leggi la mia
Passione e considera le parole che ho detto con un più grande amore:
scrivile, figlia mia, e custodiscile come preziose reliquie.
Meditandole spesso meriterai di ricevere le mie grazie più facilmente
che se tu possedessi altre reliquie. Anche se la mia ispirazione non
t'illuminasse su questo punto, tu potresti con la sola ragione
rendertene persuasa; infatti un amico che volesse ricordare all'amico
suo l'antica tenerezza gli direbbe: « Ricordati dell'amore grande che
mi dimostrasti, quando mi dicevi quelle tali parole »; e non gli
ricorderebbe certo nè l'abito che indossava, nè il luogo del suo
incontro. Credi dunque che le reliquie più eminenti che di me si
possano avere in terra, sono le parole che esprimono la più dolce
affezione del mio Cuore».
Geltrude supplicò un giorno il Signore di darle la grazia di compiere
il digiuno, che i Religiosi praticano a metà dell'anno. Gesù le rispose
con bontà: « Quando un
Religioso,. spinto dallo zelo per l'osservanza della Regola, si
sottomette volontieri e con amore al digiuno, cercando non la sua, ma
la mia gloria, Io, benchè non abbia bisogno alcuno dei vostri doni
(Sal. XV) accetto quei digiuni come un re che gradisce l'opera di un
suo vassallo, che ogni giorno lo serve a mensa. Forse quel Religioso
dovrà in seguito interrompere il digiuno; ma, se, rimpiangendo di non
poter perseverare, obbedisce al suo Superiore e con umile buona volontà
inalza verso di me l'aníma sua, affermando che, per amor mio avrebbe
voluto osservare la Regola, ma obbedisce volontieri in unione alla
docilità che mi ha sottomesso agli uomini per la gloria del Padre,
gradirò molto il suo modo di agire; proprio come un amico seduto a
tavola di un amico, si commuove per i mille riguardi che gli vengono
usati ed è contento se chi l'ospita vuol gustare, prima di tutti, i
cibi che vengono serviti.
« Se un Religioso nello
slancio del suo fervore, digiuna contro il volere del Superiore, e poi
ritorna a me pentito col proposito di correggersi, io l'accolgo con la
stessa bontà di un re che perdona a un fedele capitano il quale, nella
foga del combattimento l'aveva leggermente ferito ».
In quello stesso giorno dell'esaltazione della Santa Croce, Geltrude
all'Elevazione del Calice, offerse al Signore le prove della Comunità e
ne ricevette questa risposta: «Sì, io berrò questo calice che il vostro
amore ha colmato di dolcezza. Ogni volta che voi me l'offrirete, Io lo
berrò, fino a quando mi abbiate così inebbriato, da esaudire ogni
vostra richiesta ». La Santa chiese: « In che modo possiamo offrirti il
Calice? ». Rispose Gesù che ogni anima, confessando la sua miseria,
deve presentarlo al Signore in lode eterna; è bene anche che,
rimproverandosi di non avere ricevuto Gesù con fervore convenìente, si
disponga a sentire volentieri fino alla morte, tutto l'ardore che un
cuore umano può provare, bramando il Cibo Eucaristico. In tale modo
potrà offrire a Dio un calice, il cui contenuto vincerà in squisitezza
il nettare ed il balsamo.
Comprese Geltrude che, quando una persona è impedita di comunicarsi, o
di fare altro bene, può supplire, offrendo a Dio questa preghiera: « O
torrente che scorri dalla sorgente della vita, pienezza dell'essere! io
presento alla tua sete la misera gocciolina della mia indigenza,
dolente di dover privarmi del Cibo celeste, interrompendo il fluire
della divina grazia! O creatore e Redentore del mio essere, poichè a Te
solo è dato, per la tua gloria, compiere le cose impossibili, degnati
di mettere in accordo perfetto il mio cuore con le mie parole. Io mi
offro volontieri a Te per raccogliere nell'anima mia fino al giorno
della morte, i tormentosi desideri che il cuore umano ebbe a sentire
per Te dal principio del mondo sino alla fine dei tempi. Te lo domando
affìnchè tu possa trovare gradita dimora in me. Ti ripagherò così delle
grazie ineffabili che tante volte hai offerto agl'indegni ed
agl'ingrati ».