CAPITOLO L. - GRANDEZZA DEI SANTI AGOSTINO, DOMENICO, FRANCESCO

Memore del grande pontefice Agostino, per il quale Geltrude aveva, fin
dalla prima infanzia, nutrito grande divozione, ringraziò
fervorosamente Dio per tutti i benefici che aveva a lui accordati. Il
glorioso Pontefice le apparve a fianco di S. Bernardo, nello splendore
di un'identica gloria, giacchè non gli è inferiore nè per la sublimità
della vita, nè per la soavissima abbondanza della dottrina. Agostino
stava davanti al trono della divina Maestà, adorno dell'incomparabile
bellezza della gloria celeste; e, come S. Bernardo, mandava dal suo
cuore fino alla profondità del Cuore divino, dardi infiammati, simbolo
dell'ardente eloquenza con la quale aveva eccitati gli uomini al divino
amore. Dalla, sua bocca scaturivano raggi brillanti come quelli del
sole che si spandevano nella vasta regione del cielo, per simboleggiare
l'opulenza della sacra dottrina, che l'eminente Dottore aveva
distribuito a tutta la Chiesa. Al di sopra di queî raggi, si curvavano
archi di luce meravigliosa, la cui prospettiva avrebbe affascinato
qualsiasi sguardo. Mentre Geltrude era in ammirazione davanti a quel
luminoso edificio, S. Bernardo le disse che i raggi degli insegnamenti
di S. Agostino rifulgevano con speciale incanto, perchè l'incomparabile
Dottore aveva sempre cercato, con parole e scritti, di diffondere gli
splendori della fede cattolica. Dopo lunghi; traviamenti nelle vie
tortuose dell'errore, Dio l'aveva richiamato misericordiosa. mente
dalle tenebre dell'ignoranza alla luce delle supreme verità; desiderava
pertanto, procurare la gloria del Signore, chiudendo agli uomini le vie
dell'errore e dell'ignoranza, per mostrar loro la stella della fede che
guida a salvezza eterna.
Geltrude allora chiese a S. Bernardo: « Nei vostri scritti non avevate
forse, Padre Santo, la stessa intenzione? ». Egli rispose: « In tutti i miei atti, parole,
scritti non ebbi altro fine che l'amor di Dio. Ma questo grande Dottore
era spinto a lavorare per la salvezza delle anime, non solo dall'amore
divino, ma anche per le disgrazie. della sua personale esperienza ».
Il Signore attrasse poi nel suo divin Cuore tutti i frutti di fede, di
consolazione, di scienza, di luce, d'amore che le parole di Agostino
avevano prodotto negli abitanti del cielo e della terra, per rimandarli
in seguito nel cuore del Santo, dopo d'aver loro conferito pregio
ineffabile nel contatto col suo divin Cuore. Quella dolce effusione,
avendo colmata la anima del Santo Dottore e penetratala fin nelle più
intime fibre di gioie celesti, inondò anche il suo cuore, e lo fece
vibrare quasi lira melodiosa. Come il cuore di S. Bernardo aveva
prodotto i suoni dolcissimi dell'innocenza e dell'amore, quello di S.
Agostino fece echeggiare le gradite modulazioni di una generosa
penitenza e di un'ardente carità. Sarebbe stato difficile dire quale
delle due armonie offrisse maggior incanto all'anima degli uditori
estasiati! S. Bernardo disse poi a Geltrude: « Queste sono le
modulazioni di cui è scritto: c Omnis illa Deo sacrata et diletta
civitas plena modulamine in laude (Inno alla festa della Dedicazione:
non è però citato parola per parola, ma solo nel significato generico).
Tutta questa sacra città cara a Dio, è piena di modulazione e di lodi
». Infatti i cori dei Santi cantano armoniosamente le lodi di Dio,
secondo la varietà delle loro, virtù.
Nella festa del glorioso S. Agostino, mentre al Vespro si recitava il
Responsorio « Vulneraverat charttas Christi », l'illustre Pontefice
apparve in piedi, raggiante di gloria, tenendo in mano il cuore, quel
suo santissimo cuore tante volte ferito col dardo della carità divina.
Egli parve aprirlo ed offrirlo a lode di Dio, come magnifica rosa che
doveva rallegrarlo coi suo profumo, allietando in pari tempo tutta la
Corte celeste. Geltrude salutò con divozione il venerabile Padre,
pregando per tutti quelli che le si erano raccomandati, e anche per le
anime che nutrivano particolare affetto verso il grande Pontefice.
Agostino, a sua volta, supplicò il Signore, perché i cuori che
desideravano, per i suoi meriti, d'infiammarsi d'amore di Dio,
potessero dilatarsi e diffondere un delizioso profumo davanti alla
divina Maestà a lode e. gloria della risplendentissima, adorabile
Trinità. Mentr'ella recitava divotamente il Mattutino, desiderò sapere
quale ricompensa riceverebbe S. Agostino per la disposizione che
manifesta nelle Confessioni quando dice che, durante la vita mortale,
non poteva saziarsi di gustare la dolcezza incomparabile che provava,
considerardo la magnificenza del piano divino nell'opera della salvezza
degli uomini. Il venerabìle Padre le apparve bentosto, in una gloria
meravigliosa, secondo la parola d'Isaia: « Laetitia sempiterna super
capita eorum - Una gioia sempiterna coronerà il suo capo» (Isaia XXXV,
10). Infatti un globo stupenda roteava velocemente sul suo capo,
offrendo a ogni istante, un'alternativa di colori che procurava al
beato Padre delizie spirituali ineffabili, le quali ne allietavano i
sensi corporei. Gli occhi erano affascinati dallo splendore delle
stelle che si staccavano da quel globo nelle rapide evoluzioni, e tale
vista lo ricompensava delle considerazioni con le quali, in terra,
aveva cercato in Dio ogni suo bene; le orecchie erano rallegrate
dall'armonia che si sprigionava dai movimenti del globo, e tale
godimento era la degna rimunerazione per avere costantemente orientato
verso Dio la sua sublime intelligenza. Per avere poi disprezzate le
gioie del mondo e cercato Dio solo, egli aspirava un'aria balsamica,
ricca di soavi fragranze; la sua bocca gustava squisitissimo miele, pet
avere offerto al Signore gradito soggiorno nel suo cuore. Sappiamo
infatti dalla parola del Saggio, che Dio trova la sua delizia nel cuore
dell'uomo.
Il globo, al quale abbiamo accennato, stillava sul santo Pontefice
dolce rugiada che lo penetrava di soavità celeste, ricompensandolo
delle immani fatiche sopportate per la glo. ria di Dio e il bene della
Chiesa con la santità della parola, degli scritti, degli esempi.
La Corte celeste gioiva per le delizie dell'incomparabile Pontefice, e
il gaudio da essa provato era tale, che sarebbe stato sufficiente per
rendere felici tutti gli uomini.
Il Signore disse in seguito a Geltrude: « Guarda come il mio diletto
splende in un candore più scintillante della neve, per la dolce umiltà
ed ardente carità! ». La Santa rispose meravigliata: « O mio Gesù, come
puoi affermare che questo Santo abbia una purezza più splendente della
neve? Egli è degno di venerazione per la santa sua vita, ma è pur vero
che rimase a lungo nell'eresia e contrasse molta macchie di peccato ».
Rispose il dolce Maestro: « Ho
permesso che rimanesse a lungo nell'errore, appunto per dare risalto
alle vie misteriose della Provvidenza, e alla paziente misericordia con
cui l'ho atteso a conversione. Volli così manifestare la mia bontà
infinita, e la tenerezza gratuita di cui ha sentito il decisivo
influsso ».
Dopo queste ineffabili parole, Geltrude considerò più attentamente la
bellezza luminosa del grande Dottore. I suoi abiti erano trasparenti
come il cristallo, ed attraverso a vari colori, si vedevano rifulgere
purezza, umiltà, amore.
Aggiunse allora Geltrude: « Mio Gesù, il dolcissimo San Bernardo che ti
ha amato così teneramente, non ha forse anch'egli posto in te ogni sua
gioia, come il fervente S. Agostino? Eppure, quando lo contemplai nella
sua gloria, non mi parve così completa ». Rispose Gesù: Ho
ricompensato generosamente Bernardo, mio eletto; ma la debolezza della
tua mente non può capire, nella sua realtà, la gloria del più piccolo
dei miei Santi, a maggior ragione non puoi cogliere l'ineffabile gaudio
di Santi così grandi. Pure per sodisfare ai tuoi pii desideri, ti
mostrerò i meriti di alcuno de' miei eletti. Questa vista ti farà
crescere nell'amore e capirai meglio che: « Vi sono molte mansioni
nella casa di mio Padre - In. Domo Patris met mansiones multae sunt »
(Giov. XIV, 2). Ti sarà inoltre svelato perchè si dice a lode di ogni
Santo « Non est inventus similis illi qui conservaret legem Excelsi -
Non si è trovato chi, come lui, osservasse la legge dell'Altissimo »
(Eccl. XLIV, 20) perchè non c'è nessun eletto che sia perfettamente
simile ad un altro e non abbia qualche sua caratteristica».
« Se è così - riprese Geltrude - o Dio di verità, degnati rivelarmi,
malgrado la mia miseria, qualche cosa che riguarda i meriti delle
vergini che ho tanto amato, fino dalla prima età: l'amabile Agnese e la
gloriosa Caterina ». Tale favore le fu accordato come già fu
detto al capitolo VIII e si dirà al capitolo LVII di. questo stesso
libro. La Santa, sempre smaniosa di cognizioni celesti, amò pure
conoscere qualche cosa dei meriti di S. Domenico e S. Francesco,
Fondatori illustri dei due Ordini religiosi che fecero rifiorire
meravigliosamente la Chiesa di Dio. Quei venerabili Padri le apparvero
raggianti di gloria stupenda, simile a quella di S. Benedetto, adorni
di rose vaghissime, e portando in mano un brillante scettro d'onore.
Essi assomigliavano al Santi Agostino e Bernardo, a motivo del loro
zelo per la gloria di Dio, la salvezza delle anime e la pratica delle
stesse virtù. Avevano tuttavia qualche differenza: S. Francesco
brillava per la grande umiltà, S. Domenico. per i suoi ferventissimi
desideri. Durante la S. Messa, mentre Geltrude s'inabissava in Dio,
pensando a ciò che doveva cantare, fu rapita in spirito all'inizio
della sequenza e trasportata davanti al trono della divina Maestà.
Allora tutti i Santi, per ricordare e celebrare le spirituali delizie
che aveva gustate nella notte precedente, contemplando la gloria del
grande Agostino e degli altri Santi di cui abbiamo parlato, le
cantarono i sei primi versi della sequenza: « Interni lesti guadia
nostra sonet harmonta - La nostra armonia fa prorompere le gioie della
festa interiore ». (Vedi in appendice questa magnifica sequenza).
Geltrude ad ogni accento, raccolse in cuore illustrazioni e delizie
speciali. Dopo il sesto verso tutti i Santi tacquero e invitarono la
Santa a cantare a sua volta i versi seguenti, per restituire loro la
gioia ch'essi le avevano procurata. Seguendo la sua abittr dine, ella,
sul divino liuto del Cuore di Gesù, cantò a lode dell'intera Corte
celeste « Beata illa patria - Quella felice patria» e i cinque versi
che seguono. Ascoltandola i beati comprensori vennero colmati di gioie
ineffabili.
In seguito Gesù, Sposo tenerissimo, accarezzandola dolcemente, le cantò
questi due versi: « In hac valle miseriae - In questa valle di miserie
» e c Quo mundi post exilia - U dopo l'esilio del mondo »: Nello stesso
tempo, come un eccellente Maestro, o per meglio dire, come amorosissimo
Padre, insegnò alla diletta sua figliola in quale modo avrebbe potuto
meritare le gioie eterne, applicandosi frequentemente quaggiù alle cose
di Dio. I cori angelici vennero a presentare al grande pontefice
Agostino i voti della Chiesa cantando « Harum laudum praecontà - Ciò
che proclamano queste lodi, ecc. », e tutti i Santi si associarono,
cantando.. i versetti che seguono, per glorificare Dio nel suo servo.
In quel frattempo il beato Agostino illuminava e rallegrava la Corte
celeste coi raggi della sua gloria. Ai due ultimi versi:. « Cujus sequi
vestigia - A seguire le sue tracce », il Signore, volendo esaudire la
preghiera del santo Pontefice, alzò la mano tracciando un ampio segno
di croce su tutti coloro che l'avevano onorato con devote lodi.