CAPITOLO XXXVIII. - DELLA DOLCE FESTA DI PENTECOSTE

Nella santa vigilia di Pentecoste Geltrude chiese con fervore, durante
l'Ufficio, di essere preparata a ricevere degnamente lo Spirito Santo.
Sentì il Signore dirle con infinita tenerezza: « Riceverai la virtù
dello Spirito Santo che viene su di te » (Att. 1, 8). Quelle parole le
fecero provare dolcezze grandi che, colmandola di gaudio, la portarono
però a considerare anche la sua profonda miseria. Ella si accorse che
questo sentimento di sincera umiltà scavava in lei una specie di
abisso, che si faceva tanto più profondo, a misura che si stimava più
vile. Dal Cuore dolcissimo di Gesù scorreva un ruscello, dolce come
favo di miele che diffondeva le sue acque in quell'abisso per riempirla
completamente. Geltrude comprese che quella sorgente simboleggiava la
dolcezza dello Spirito Santo che, per mezzo del Cuore di Cristo, si
diffonde sull'anima degli eletti. Il Signore poi con la sua Mano
divina, benedisse quel cuore così colmo, come si benedice il fonte
battesimale, perchè l'anima potesse ivi immergersi spesso ed uscirne
sempre più pura, più gradita al divino sguardo.
Felice d'avere ricevuto quella benedizione, ella disse a Gesù: « Oh, mio Dio! Eccomi indegna
peccatrice al tuo cospetto; io confesso, con dolore che, per fragilità
umana, ho spesso offeso la tua Onnipotenza divina; per ignoranza ho
oltraggiato la tua suprema Sapienza, e per malizia ho reso molte volte
inutile la tua ineffabile Bontà. O Padre della misericordie, abbi pietà
di me! Fa che io trovi nella tua Onnipotenza la forza di resistere a
tutto ciò che non risponde al tuoi desideri. La tua impenetrabile
Sapienza mi dia la prudenza necessaria per prevedere tutto ciò che
potrebbe ferire la purezza del tuo sguardo; mi accordi la tua
inesauribile Bontà di restarti così fedelmente unita che nulla giammai
mi allontani dalla tua santa Volontà ». Dicendo questa
preghiera le sembrava d'immergersi in una fonte purificatrice e di
uscirne candida come la neve. I Santi si alzarono giubilanti e, per
supplire alle sue miserie, negligenze, imperfezioni offrirono a Dio
tutti i loro meriti, di cui ella si trovò magnificamente adorna. Il
Signore allora la pose davanti a sè, in modo che il suo divino soffio
aleggiava nell'anima di Geltrude e reciprocamente; Gesù le disse: «
Sono queste le delizie che mi compiaccio di gustare tra i figlioli
degli uomini ». L'alito dell'anima era la buona volontà, l'alito di
Dio, la misericordia accondiscendente che accetta tale buon volere.
Riposando così negli amplessi del Signore, ella sembrava essere in una
dolce attesa, che doveva prepararla degnamente alla discesa dello
Spirito Santo.
Mentre si sforzava di ottenere dal Signore, con suppliche speciali, i
sette doni del divino Paraclito e prima di tutti il santo timore che
allontana dal male, Gesù parve piantare nell'anima sua un grazioso
albero, i cui rami stesi coprivano la dimora del suo cuore.
Quell'albero portava spine ricurve, da cui uscivano splendidi fiori che
si inalzavano verso il cielo. L'albero simboleggiava il santo timore di
Dio, che trapassa l'anima con aculei per ritrarla dal male, i fiori
invece rappresentavano la buona volontà, che fa desiderare all'anima di
resistere a qualsiasi malsano influsso per non incorrere nel peccato.
L'albero del timore di Dio cresce appunto mediante la fuga del male e
la ricerca del bene. Quando poi Geltrude chiese al Signore gli altri
doni dello Spirito Santo, ciascuno di essi le apparve sotto forma di un
bell'albero ricoperto di flori, e dei frutti che gli erano propri.
L'albero della scienza e della pietà pareva stillare dolcissima
rugiada, perchè coloro che praticano queste virtù sono immersi in
celeste refrigerio che li fa germinare e fiorire. Agli alberi del
consiglio e della forza erano sospese piccole corde d'oro, per mostrare
che l'anima è attratta alle cose spirituali dal consiglio e dalla forza
dello Spirito Santo. Infine dagli alberi della sapienza e
dell'intelletto scaturivano piccoli ruscelli di nettare, per indicare
che l'anima è penetrata dal sapore delle cose divine, mediante lo
spirito di sapienza e d'intelletto.
Durante quella santa notte Geltrude si sentì talmente sfinita, da non
poter assistere più a lungo al Mattutino; confusa e mortificata disse a
Gesù: « O mio Dio, quale gloria e quale gioia posso io mai procurarti,
con una sì breve assistenza alle sante tue vigilie? ». Le rispose il
Salvatore: « Voglia
farti capire le cose spirituali, con un paragone tolto alle cose
esteriori. Rifletti alla felicità di uno Sposo quando la Sposa sua gli
prodiga, nella gioia del cuore, le prove della sua tenerezza. Eppure lo
Sposo non gusterà mai le delizie che m'inondano quando i miei eletti mi
offrono i loro cuori, perchè vi prenda le mie gioie, non fosse che per
un solo istante ».
Mentre stava per comunicarsi le parve che dalle membra del Signore
esalasse un dolcissimo soffio, il quale, penetrando la sua anima, le
faceva provare delizie ineffabili. Comprese che tale favore le era
accordato, perchè aveva chiesto con ardore i doni del divino Paracleto.
Dopo di essersi comunicata, Geltrude presentò al Padre la santissima
vita di Gesù Cristo, per supplire alla negligenza usata, dopo d'avere
ricevuto lo Spirito Santo nel Battesimo, offrendo all'Ospite Santo una
dimora sconveniente. Tale offerta fu una di provocazione per il
dolcissimo Paracleto, il Quale, rapido dell'aquila che si precipita
sulla preda, discese ad spiegate, quale mistica colomba, sui Sacramento
di vita. Egli vi ricercò il dolcissimo Cuore dì Gesù e, penetrandovi
delizia, mostrò quanto Gli era gradita la dimora, in seno a Dio.
A Terza, mentre si cantava l'inno Veni Creator, Gesù apparve e aprì con
le sue stesse mani il Cuore suo sacratissimo, colmo di divina dolcezza.
Geltrude cadde in ginoccbhio e chinò il capo posandolo sul cuore del
suo Dio, il quale racchiuse la testa della sua Sposa, come per unire a
sè la sua volontà, che è la testa dell'anima e per santificarla nella
mente.
Alla seconda strofa Qui Paracletus diceris, il Signore l'invitò a
mettere le mani sul suo Cuore, per ottenere che le aue azioni fossero
perfettamente gradite a Dio.
Al terzo versetto In septiformis gratia, applicò i piedi (che
significano i desideri) al Cuore di Gesù, perchè fossero santificati.
Alla quarta strofa, Accende lumen sensibus, ella affidò i sensi al
Signore e ricevette da Lui la promessa che sarebbero splendenti per
illuminare il prossimo nella scienza divina e renderlo fervente
nell'amore. Durante il quinto versetto Hostem repeilas tongim, Gesù
s'inchinò con tenerezza su di lei e le diede il suo celeste bacio,
perchè le servisse come scudo, contro i dardi del nemico. Durante
questa comunicazione soprannaturale, l'anima sua provò tale dolcezza,
che bene comprese come si erano in lei realizzate le parole udite alla
vigilia: « Riceverete la virtù dello Spirito Santo che viene a voi ».