CAPITOLO XXVII. - RISURREZIONE DI GESU' CRISTO

Nella notte sacra alla gloriosissima Risurrezione del Signore, mentre
Geltrude, prima di Mattutino, pregava con grande divozione, Gesù le
apparve pieno di splendore e di grazia, nella gloria della sua divina,
immortale Maestà. Ella si prostrò ai suoi piedi e, adorandolo con
amore, Gli disse: «Sposo diletto, onore e gloria degli Angeli, Tu ti
sei degnato di prendermi per tua Sposa, quantunque sia la più indegna
delle creature; la mia anima e il cuor mio non hanno sete che di Te,
del tuo onore, della tua gloria, e considero come parenti i tuoi più
cari amici. Ti domando, amatissimo Gesù, in quest'ora gioiosa della tua
Risurrezione, che Tu abbia d'assolvere le anime di tutti coloro che ti
sono particolarmente cari. Per ottenere questa grazia, ti offro, in
unione alla tua innocentissima passione, tutto quello che il mio cuore
e il mio corpo hanno sofferto nelle continue mie infermità ».
Allora Gesù, con ineffabile dolcezza, le mostrò una moltitudine di
anime sciolte dalle loro pene e le disse: « Le consegno tutte in dote
al tuo amore; in cielo si vedrà eternamente che furono liberate dalle
tue preghiere e, davanti a tutti i Santi, godrai per sempre di tale
onore ». La Santa chiese: « Quante son queste anime? ». Rispose il
Signore « Solo la
scienza della mia Divinità ne conosce il numero ».
Siccome poi Geltrude s'accorse che esse, quantunque liberate dalle
pene, non erano però ancora nel pieno possesso delle eterne gioie,
s'abbandonò tutta alla divina bontà, per soffrire nel corpo e
nell'anima tutto ciò che il Signore vorrebbe per ottenere ad esse il
gaudio completo. Tale offerta intenerì il Signore, il Quale in quello
stesso istante, ammise quelle anime alla pienezza dell'eterno gaudio.
Poco dopo Geltrude, sentendo un dolore acutissimo al fianco,
s'inginocchiò davanti al Crocifisso. Gesù trasmise i meriti di quella
sofferenza alle anime di cui abbiamo parlato, in accrescimento della
loro gioia, dicendo loro: « Vi
presento quest'omaggio di devozione che la mia Sposa mi ha offerto,
perchè metta il colmo alla vostra beatitudine; a vostra volta
sforzatevi di onorarla, accordandole il dono delle vostre preghiere
».
Geltrude, con un nuovo slancio d'amore, si mise tutta a disposizione di
Gesù, dicendo: « Ecco che nella mia estrema indegnità, dolcissimo unico
Amico, mi presento con amore davanti a Te, Signore e Re dei dominanti.
Ti offro interamente il cuore e l'anima mia affinchè ti servano, per
tutta la vita, in onore della tua adorabile Risurrezione». Rispose il
Signore: « Quest'offerta
della tua buona volontà sarà come lo scettro della mia divina
magnificenza; me ne glorierò eternamente davanti alla SS. Trinità ed a
tutti i Santi, come di dono prezioso ricevuto dalla mia diletta Sposa
». Geltrude riprese: « Ah, mio Dio! quantunque sappia che questo mio
atto di completo abbandono è effetto della tua grazia, pure temo, per
la mia incostanza, di dimenticare l'offerta che ti ho presentata». Gesù
le rispose: « Non
turbarti, poichè la mia Mano non lascerà mai cadere lo scettro che mi
fu donato; lo conserverò sempre come pegno e ricordo del tuo amore per
me. Ogni volta poi che tu rinnovi quest'intenzione, lo scettro si
adornerà di fiori stupendi e di gemme preziose».
Mentre Geltrude, in questo mirabile movimento d'amore consumava le
forze ed animava i sensi tanto interni che esterni per prepararsi a
cantare il Mattutino della Risurrezione, si cominciò ad intonare
l'Inviatorio; ella disse al Signore: « Insegnami, o migliore dei
Maestri, come posso lodarti mediante l'Alieluja che oggi tante volte si
ripete ». Egli rispose: « Potrai degnamente esaltarmi, unendoti alle
lodi che la Corte celeste mi prodiga con questa stessa parola. Nota
che, nell'Alleluja vi sono tutte le vocali, tranne l'o che è simbolo
del dolore; ma, al suo posto, si ripete l'a. Lodami dunque con la
vocale « a » unendoti alla lode magnifica con la quale i Santi,
trasalendo di gioia, celebrano il soave diletto che l'influsso della
Divinità procura alla mia Umanità deificata. Questa mia Umanità è ora
elevata alla gloria dell'immortalità, per le amarezze della Passione e
della morte che ho subito per salvare l'uomo da orrenda sorte. Con la
vocale « e » loda quelle inesprimibili delizie che procura al mio
sguardo la vista dei pascoli fioriti della suprema, indivisibile
Trinità. Con la vocale « u » loda quell'armonia ineffabile che
accarezza l'orecchio della mia Umanità deificata, ascoltando le
meravigliose sinfonie dell'adorabile Trinità e le lodi continue che le
prodigano gli angeli, i santi, gli eletti. Con la lettera « i » loda
quella brezza profumata dei più squisiti olezzi, soffio soavissimo
della SS. Trinità, che appaga l'odorata della mia immortale Umanità. In
seguito con la lettera « a », sostituita alla vocale «o», loda
l'incomprensibile, inestimabile, magnifica effusione di tutta la
Divinità nella mia Umanità deificata, perché questa Umanità, divenuta
immortale ed Impassibile, raccoglie dalla Mano di Dio, in cambio della
sofferenza corporale, che per essa più non esiste, questo doppio,
grazioso beneficio: l'immortalità e l'impassibilità ».
Mentre Geltrude continuava a recitare Mattutino riceveva a ciascun
Salmo, responsorio e Lezioni lumi abbondanti, accompagnati da
ineffabili delizie che convenivano tanto alla Risurrezione del Signore
che al reciproco amore, e alla gioia della intima unione con Dio. Il
racconto di tali meraviglie sarebbe forse gradito al divoto lettore, ma
noi lo custodiremo sotto silenzio, insieme a molte altre cose, per
evitare la prolissità che crea la noia; noi lo confideremo alla divina
bontà, da cui procedono tutti i beni così generosamente accordati
all'eletta del Signore.