CAPITOLO XXVI. - NEL SANTO GIORNO DI PARASCEVE O VENERDI' SANTO

Un Venerdì santo, all'ora di Prima, mentre Geltrude ringraziava il
Signore per essersi abbassato fino a comparire davanti al tribunale di
un pagano, vide il Figlio di Dio raggiante di serenità e gioia. Era
seduto su di un trono regale, a destra del Padre, che gli dimostrava
un'ineffabile tenerezza affine di compensarlo degli oltraggi e delle
bestemmie che aveva sopportato per salvarci. Tutti i Santi,
inginocchiati rispettosamente davanti a Lui, lo ringraziavano di averli
preservati dall'eterna dannazione con la sua morte atroce.
Alle parole della Passione « Sitio - Ho sete » Gesù presentò a Geltrude
un calice d'oro destinato a ricevere le sue lagrime d'amore. Ella sentì
allora il cuore preso da tale commozione, che pareva liquefarsi e
sciogliersi in pianto. Tuttavia frenò le lagrime, per discrezione e per
non svelare il segreto della sua tenerezza; chiese poi a Gesù se il suo
modo di fare Gli fosse gradito. Allora un getto limpidissimo parve
scaturire dal cuore di Geltrude e penetrare nella bocca di Gesù che le
disse: « Così, figlia mia, io attiro le lagrime di divozione che si
frenano per motivi tanto nobili e puri ».
A Terza ella si sentì infiammata d'amore, ricordandosi che Gesù, in
quell'ora, era stato trafitto di spine, crudelmente flagellato e
caricato dalla pesante Croce. Ella GIi disse: « O mio Diletto, per
corrispondere all'amore che mi hai dimostrato sopportando l'iniqua
Passione, ti offro tutto il mio cuore e desidero, da questo momento
fino alla morte, di sopportare l'amarezza, il dolore, lo spasimo dello
stesso tuo dolcissimo Cuore e del tuo Corpo immacolato; se per umana
fragilità, dimenticassi un istante i tuoi dolori, accordami una
sofferenza sensibile che corrisponda degnamente all'angoscia della tua
Passione ». Rispose Gesù «
Il tuo buon volere e la fedeltà dell'amore tuo mi hanno pienamente
sodisfatto; ma perchè possa gustare tutte le mie delizie nel tuo cuore,
dammi, la libertà di operare e di custodire in esso tutto quello che
voglio, senza che ti dica, se vi verserò gioie o amarezze
».
Nella Passione si lesse che Giuseppe raccolse il Corpo del Signore.
Geltrude chiese: « Il tuo santissimo Corpo, o Gesù, venne dato al
fortunatissimo Giuseppe; a me, quantunque indegna, cosa darai? ». Tosto
il Salvatore le porse il suo dolcissimo Cuore, sotto l'aspetto di un
incensiere d'argento, da cui salivano verso il Padre, tante onde
olezzanti d'incenso quanti furono i popoli riscattati dalla Passione;
in seguito secondo il rito liturgico, si lessero le orazioni per tutti
gli ordini della Chiesa con le relative genuflessioni. Mentre il
sacerdote cantava: « Oremus dilectissimi etc. » ella vedeva quelle
preghiere fondersi con l'incenso ch'esalava dal divin Cuore ed
elevarsi, con esso, unica oblazione al Padre.
Tale unione con Cristo dava alle preghiere della Chiesa un magnifico
splendore ed un profumo delizioso. Cerchiamo quindi. di pregare più
divotamente in questo giorno per la S. Chiesa, poichè la Passione di
Cristo è quella che dà maggior valore alle nostre suppliche, rendendole
gradite al Padre.
In altro Venerdì santo, sentendosi Geltrude dolcemente penetrata dal
ricordo della Passione di Gesù, desiderava ardentemente darGli un degno
ricambio di amore; perciò Gli disse: « Insegnami o unica speranza e
salvezza dell'anima mia, come potrei ringraziarti, almeno un po' di
tutte le sofferenze che per te furono così crudeli e per me così
salutari! ». Il buon Maestro rispose: « Se alcuno rinuncia al suo
giudizio proprio per seguire l'altrui, mi risarcisce della prigionia
subita, dei legami e delle ingiurie che ho sopportato il mattino dei
giorno mio estremo. Chi confessa umilmente i peccati, mi compensa delle
false accuse lanciate contro di me e della sentenza di morte. Chi
mortifica i sensi, mi compensa della flagellazione subita a Terza. Chi
si sottomette a Superiori indegni ed esigenti, toglie le spine dalla
mia corona. Chi, offeso, fa i primi passi per ottenere la pace,
alleggerisce il fardello della mia Croce. Chi si dà tutto,
generosamente alle opere di carità, ripara lo stiramento spasmodico
delle mie membra quando, all'ora di Sesta, venni crocifisso. Chi non
teme il disprezzo, nè la sofferenza quando si tratta di ritrarre il
prossimo dal peccato, mi ripaga degnamente per la morte da me sofferta,
all'ora di nona, nel redimere il genere umano. Chi risponde con umiltà
agl'insulti, mi stacca dalla Croce. Infine chi preferisce il prossimo a
se stesso e lo ritiene degno di onore e di riguardi, mi ricompensa
della mia sepoltura».
In altro Venerdì santo, mentre Geltrude pregava il Signore, prima di
comunicarsi, perchè la preparasse a quell'atto solenne, sentì queste
parole: « Mi sento
talmente attratto verso di Te, che nessuna cosa al mondo potrebbe
trattenermi. Sappi che ho raccolto tutto quello che oggi si è compiuto
nella Chiesa in memoria della mia Passione, con pensieri, parole,
opere, ed ora mi preme deporre questo tesoro nel tuo cuore, col
Sacramento dell'altare, a vantaggio della tua salvezza eterna
». « Ti ringrazio immensamente, o mio Gesù, - rispose Geltrude - però
vorrei che mi permettessi di far parte di questo dono a coloro che io
desidero beneficare ». Il Salvatore rispose sorridendo: « Cosa mi darai tu, mia diletta,
perchè Io t'accordi questo grande favore? ». « Ahimè -
riprese la Santa - non ho nulla che sia degno di Te: ma se avessi tutto
quello che Tu possiedi, sento che ti cederei ogni cosa affìnchè tu
potessi, a tua volta, farne dono a chi più t'aggrada». E il Signore con
bontà: « Se davvero tu
mi ami fino a questo punto; puoi star certa che anch'io agirò nello
stesso modo a tuo riguardo, ma in prqporzione somma, cioè quanto il mio
amore supera il tuo ». Ella aggiunse: « Quali meriti ti
offrirò nella tua venuta Eucaristica, mentre Tu a me vieni con tanta
generosità? ». Gesù affermò: « Una
cosa sola ti domando. Vieni a me completamente vuota e disposta a
ricevere, perchè il bene che potrà piacermi in te, sarà dono della mia
bontà infinita ». Ella comprese che quel vuoto è l'umiltà,
per mezza della quale l'uomo riconosce di non aver nulla da se stesso e
di nulla potere senza l'aiuto di Dio, giacchè tutto ciò che può fare,
va contato per niente.